Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.

Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.

I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.

Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."

L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.

L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.

Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.

Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).

Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.

Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro. 

Dr Antonio Giangrande  

NOTA BENE

NESSUN EDITORE VUOL PUBBLICARE I  MIEI LIBRI, COMPRESO AMAZON, LULU E STREETLIB

SOSTIENI UNA VOCE VERAMENTE LIBERA CHE DELLA CRONACA, IN CONTRADDITTORIO, FA STORIA

NOTA BENE PER IL DIRITTO D'AUTORE

 

NOTA LEGALE: USO LEGITTIMO DI MATERIALE ALTRUI PER IL CONTRADDITTORIO

LA SOMMA, CON CAUSALE SOSTEGNO, VA VERSATA CON:

SCEGLI IL LIBRO

80x80 PRESENTAZIONE SU GOOGLE LIBRI

presidente@controtuttelemafie.it

workstation_office_chair_spinning_md_wht.gif (13581 bytes) Via Piave, 127, 74020 Avetrana (Ta)3289163996ne2.gif (8525 bytes)business_fax_machine_output_receiving_md_wht.gif (5668 bytes) 0999708396

INCHIESTE VIDEO YOUTUBE: CONTROTUTTELEMAFIE - MALAGIUSTIZIA  - TELEWEBITALIA

FACEBOOK: (personale) ANTONIO GIANGRANDE

(gruppi) ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE - TELE WEB ITALIA -

ABOLIZIONE DEI CONCORSI TRUCCATI E LIBERALIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI

(pagine) GIANGRANDE LIBRI

WEB TV: TELE WEB ITALIA

108x36 NEWS: RASSEGNA STAMPA - CONTROVOCE - NOTIZIE VERE DAL POPOLO - NOTIZIE SENZA CENSURA

 

ANNO 2021

 

L’AMMINISTRAZIONE

 

UNDICESIMA PARTE

 

 

 

 

DI ANTONIO GIANGRANDE

 

 

  

 

 L’ITALIA ALLO SPECCHIO

IL DNA DEGLI ITALIANI

 

 

L’APOTEOSI

DI UN POPOLO DIFETTATO

 

Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2021, consequenziale a quello del 2020. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.

Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.

 

IL GOVERNO

 

UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.

UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.

PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.

LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.

LA SOLITA ITALIOPOLI.

SOLITA LADRONIA.

SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.

SOLITA APPALTOPOLI.

SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.

ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.

SOLITO SPRECOPOLI.

SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.

 

L’AMMINISTRAZIONE

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.

SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.

IL COGLIONAVIRUS.

 

L’ACCOGLIENZA

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA.

SOLITI PROFUGHI E FOIBE.

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.

 

GLI STATISTI

 

IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.

IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.

SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.

SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.

IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.

 

I PARTITI

 

SOLITI 5 STELLE… CADENTI.

SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.

SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.

IL SOLITO AMICO TERRORISTA.

1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.

 

LA GIUSTIZIA

 

SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.

LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.

LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.

SOLITO DELITTO DI PERUGIA.

SOLITA ABUSOPOLI.

SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.

SOLITA GIUSTIZIOPOLI.

SOLITA MANETTOPOLI.

SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.

I SOLITI MISTERI ITALIANI.

BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.

 

LA MAFIOSITA’

 

SOLITA MAFIOPOLI.

SOLITE MAFIE IN ITALIA.

SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.

SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.

SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.

LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.

SOLITA CASTOPOLI.

LA SOLITA MASSONERIOPOLI.

CONTRO TUTTE LE MAFIE.

 

LA CULTURA ED I MEDIA

 

LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.

SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.

SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.

SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.

SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.

 

LO SPETTACOLO E LO SPORT

 

SOLITO SPETTACOLOPOLI.

SOLITO SANREMO.

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.

 

LA SOCIETA’

 

AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.

I MORTI FAMOSI.

ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.

MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?

 

L’AMBIENTE

 

LA SOLITA AGROFRODOPOLI.

SOLITO ANIMALOPOLI.

IL SOLITO TERREMOTO E…

IL SOLITO AMBIENTOPOLI.

 

IL TERRITORIO

 

SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.

SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.

SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.

SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.

SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.

SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.

SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.

SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.

SOLITA SIENA.

SOLITA SARDEGNA.

SOLITE MARCHE.

SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.

SOLITA ROMA ED IL LAZIO.

SOLITO ABRUZZO.

SOLITO MOLISE.

SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.

SOLITA BARI.

SOLITA FOGGIA.

SOLITA TARANTO.

SOLITA BRINDISI.

SOLITA LECCE.

SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.

SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.

SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.

 

LE RELIGIONI

 

SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.

 

FEMMINE E LGBTI

 

SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.

 

 

 

 

 

L’AMMINISTRAZIONE

INDICE PRIMA PARTE

 

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Burocrazia Ottusa.

Il Diritto alla Casa.

Le Opere Bloccate.

Il Ponte sullo stretto di Messina.

Viabilità: Manutenzione e Controlli.

Le Opere Malfatte.

La Strage del Mottarone.

Il MOSE: scandalo infinito.

Ciclisti. I Pirati della Strada.

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI. (Ho scritto un saggio dedicato)

L’Insicurezza.

La Strage di Ardea.

Armi libere e Sicurezza: discussione ideologica.

 

INDICE TERZA PARTE

 

SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)

Il Volontariato e la Partigianeria: Silvia Romano e gli altri.

Lavoro e stipendi. Lavori senza laurea e strapagati.

La Povertà e la presa per il culo del reddito di cittadinanza.

Le Disuguaglianze.

Martiri del Lavoro.

La Pensione Anticipata.

Sostegno e Burocrazia ai “Non Autosufficienti”.

L’evoluzione della specie e sintomi inabilitanti.

Malasanità.

Sanità Parassita.

La cura maschilista.

L’Organismo.

La Cicatrice.

L’Ipocondria.

Il Placebo.

Le Emorroidi.

L’HIV.

La Tripanofobia (o Belonefobia), ovvero la paura degli aghi.

La siringa.

L’Emorragia Cerebrale.

Il Mercato della Cura.

Le cure dei vari tumori.

Il metodo Di Bella.

Il Linfoma di Hodgkin.

La Diverticolite. Cos’è la Stenosi Diverticolare per cui è stato operato Bergoglio?

La Miastenia.

La Tachicardia e l’Infarto.

La SMA di Tipo 1.

L'Endometriosi, la malattia invisibile.

Sindrome dell’intestino irritabile.

Il Menisco.

Il Singhiozzo.

L’Idrocuzione: Congestione Alimentare. Fare il bagno dopo mangiato si può.

Vi scappa spesso la Pipì?

La Prostata.

La Vulvodinia.

La Cistite interstiziale.

L’Afonia.

La Ludopatia.

La sindrome metabolica. 

La Celiachia.

L’Obesità.

Il Fumo.

La Caduta dei capelli.

Borse e occhiaie.

La Blefarite.

L’Antigelo.

La Sindrome del Cuore Infranto.

La cura chiamata Amore.

Ridere fa bene.

La Parafilia.

L’Alzheimer e la Demenza senile.

La linea piatta del fine vita.

Imu e Tasi. Quando il Volontariato “va a farsi fottere”.

 

INDICE QUARTA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Introduzione.

I Coronavirus.

La Febbre.

Protocolli sbagliati.

L’Influenza.

Il Raffreddore.

La Sars-CoV-2 e le sue varianti.

Il contagio.

I Test. Tamponi & Company.

Quarantena ed Isolamento.

I Sintomi.

I Postumi.

La Reinfezione.

Gli Immuni.

Positivi per mesi?

Gli Untori.

Morti per o morti con?

 

INDICE QUINTA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Alle origini del Covid-19.

Epidemie e Profezie.

Quello che ci dicono e quello che non ci dicono.

Gli errori dell'Oms.

Gli Errori dell’Unione Europea.

Il Recovery Plan.

Gli Errori del Governo.

Virologi e politici, i falsi profeti del 2020.

CTS: gli Esperti o presunti tali.

Il Commissario Arcuri…

Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile.

Al posto di Arcuri. Francesco Paolo Figliuolo. Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure sanitarie di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19.

Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile.

 

INDICE SESTA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

2020. Un anno di Pandemia.

Gli Effetti di un anno di Covid.

Il costo per gli emarginati: Carcerati, stranieri e rom.

La Sanità trascurata.

Eroi o Untori?

Io Denuncio.

Succede nel mondo.

Succede in Germania. 

Succede in Olanda.

Succede in Francia.

Succede in Inghilterra.

Succede in Russia.

Succede in Cina. 

Succede in India.

Succede negli Usa.

Succede in Brasile.

Succede in Cile.

INDICE SETTIMA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Vaccini e Cure.

La Reazione al Vaccino.

 

INDICE OTTAVA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

I Furbetti del Vaccino.

Il Vaccino ideologico.

Il Mercato dei Vaccini.

 

INDICE NONA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Coronavirus e le mascherine.

Il Virus e gli animali.

La “Infopandemia”. Disinformazione e Censura.

Le Fake News.

La manipolazione mediatica.

Un Virus Cinese.

Un Virus Statunitense.

Un Virus Padano.

La Caduta degli Dei.

Gli Sciacalli razzisti.

Succede in Lombardia.

Succede nell’Alto Adige.

Succede nel Veneto.

Succede nel Lazio.

Succede in Puglia.

Succede in Sicilia.

 

INDICE DECIMA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Reclusione.

Gli Irresponsabili: gente del “Cazzo”.

Il Covid Pass: il Passaporto Sanitario.

 

INDICE UNDICESIMA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Il tempo della Fobocrazia. Uno Stato Fondato sulla Paura.

Covid e Dad.

La pandemia è un affare di mafia.

Gli Arricchiti del Covid-19.

 

 

 

 

 

L’AMMINISTRAZIONE

UNDICESIMA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

·        Il tempo della Fobocrazia. Uno Stato Fondato sulla Paura.

La Democrazia non è la Libertà.

La libertà è vivere con libero arbitrio nel rispetto della libertà altrui.

La democrazia è la dittatura di idioti che manipolano orde di imbecilli ignoranti e voltagabbana.

Per questo un popolo di coglioni sarà sempre governato ed amministrato, giudicato ed informato, educato ed istruito da coglioni.

Il Potere ti impone: subisci e taci…e noi, coglioni, subiamo la divisione per non poterci ribellare.

Una locuzione latina, un motto degli antichi romani, è: dividi et impera! Espediente fatto proprio dal Potere contemporaneo, dispotico e numericamente modesto, per controllare un popolo, provocando rivalità e fomentando discordie.

Comunisti, e media a loro asserviti, istigano le rivalità.

Dove loro vedono donne o uomini, io vedo persone con lo stesso problema.

Dove loro vedono lgbti o eterosessuali, io vedo amanti con lo stesso problema.

Dove loro vedono bellezza o bruttezza, io vedo qualcosa che invecchierà con lo stesso problema.

Dove loro vedono madri o padri, io vedo genitori con lo stesso problema.

Dove loro vedono comunisti o fascisti, io vedo elettori con lo stesso problema.

Dove loro vedono settentrionali o meridionali, io vedo cittadini italiani con lo stesso problema.

Dove loro vedono interisti o napoletani, io vedo tifosi con lo stesso problema.

Dove loro vedono ricchi o poveri, io vedo contribuenti con lo stesso problema.

Dove loro vedono immigrati o indigeni, io vedo residenti con lo stesso problema.

Dove loro vedono pelli bianche o nere, io vedo individui con lo stesso problema.

Dove loro vedono cristiani o mussulmani, io vedo gente che nasce senza volerlo, muore senza volerlo e vive una vita di prese per il culo.

Dove loro vedono colti od analfabeti, io vedo discultura ed oscurantismo, ossia ignoranti con lo stesso problema.

Dove loro vedono grandi menti o grandi cazzi, io vedo geni o cazzoni con lo stesso problema.

L’astensione al voto non basta. Come la protesta non può essere delegata ad una accozzaglia improvvisata ed impreparata. Bisogna fare tabula rasa dei vecchi principi catto comunisti, filo massonici-mafiosi.

Noi siamo un unicum con i medesimi problemi, che noi stessi, conoscendoli, possiamo risolvere. In caso contrario un popolo di “coglioni” sarà sempre governato ed amministrato, informato, istruito e giudicato da “coglioni”.

Ed io non sarò tra quei coglioni che voteranno dei coglioni.

Finestra di Overton. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. A sinistra la finestra di Overton che evidenzia come viene accolto un concetto in base al grado di libertà, a destra le nuove idee che possono debuttare come incomprensibili, possono nel tempo diventare ben accette

La finestra di Overton è un concetto introdotto dal sociologo Joseph P. Overton.

Descrizione. Overton descrisse una gamma di situazioni da "più libera" a "meno libera", alle quali sovrapporre la finestra delle "possibilità politiche" (ciò che politicamente può essere preso effettivamente in esame). Per semplicità le varie situazioni possono essere associate, per quanto riguarda l'atteggiamento dell'opinione pubblica, a una serie di aggettivi:

inconcepibile (unthinkable)

estrema (radical)

accettabile (acceptable)

ragionevole (sensible)

diffusa (popular)

legalizzata (policy)

A seconda di come la finestra si sposta o si allarga sullo spettro delle idee, un'idea può diventare più o meno accettabile. Un esempio preso da un fatto storico è quello del proibizionismo degli alcolici. Negli Stati Uniti c'è stato un periodo intorno al 1930 nel quale è stata considerata "ragionevole" l'idea di vietare la vendita di alcolici, e di fatto tale divieto è stato imposto per legge in alcune contee. Ma poi la finestra delle "possibilità politiche" si è spostata, e oggi la stessa idea nello stesso paese viene considerata inconcepibile o quanto meno estrema, e non più politicamente proponibile. La finestra di Overton è un approccio per identificare le idee che definiscono lo spettro di accettabilità di politiche governative. I politici possono agire soltanto all'interno dell'intervallo dell'accettabile. Spostare la finestra implica che i sostenitori di politiche al di fuori della finestra persuadano l'opinione pubblica ad espandere la finestra. Al contrario sostenitori delle politiche attuali, o simili all'interno della finestra, cercano di convincere l'opinione pubblica che politiche al di fuori della finestra dovrebbero essere considerate inaccettabili. Secondo Lehman, che ha coniato il termine: "Il più comune malinteso è che i legislatori stessi si occupano dello spostamento della finestra di Overton.". Sempre secondo Lehman, il concetto è solo la descrizione di come funzionino le idee, non l'appoggio a proposte di politiche estreme. In un'intervista al New York Times, disse: "Spiega soltanto come le idee diventano o passano di moda, nello stesso modo in cui la gravità spiega perché qualcosa cade al suolo. Posso usare la gravità per far cadere un'incudine sulla tua testa, ma questo è sbagliato. Potrei anche usare la gravità per lanciarti un salvagente, e questo sarebbe giusto." Ma data la sua incorporazione nel discorso politico, altri hanno usato il concetto di spostare la finestra per promuovere idee al di fuori di essa, con l'intenzione di rendere accettabili idee non convenzionali.

Carmen Scelsi: Dedicato...a chi non conosce la finestra di Overton. La finestra di Overton. Joseph Overton, sociologo e attivista statunitense: "nei suoi studi cercava di spiegare i meccanismi di persuasione e di manipolazione delle masse, in particolare di come si possa trasformare un’idea da completamente inaccettabile per la società a pacificamente accettata ed infine legalizzata.

Tecniche affinate che gli esperti di pubblicità e marketing ben conoscono e sempre di più vengono applicate su scala globale dai think tank dell’economia e della politica per orientare il modo di pensare e le inclinazioni dell’opinione pubblica.

In fondo è lo schema tipico delle dittature. Ci si chiede infatti, spesso a posteriori, come interi popoli, non solo e non sempre a seguito di pressioni violente, abbiano potuto a un certo punto trovarsi a pensare tutti nello stesso identico modo e a condividere supinamente stili di vita prima nemmeno immaginabili, per ritrovarsi infine rinchiusi in una caverna di prigionia, come nella fiaba del Pifferaio Magico.

Eppure è successo e succede. Anzi nell’era di internet e dell’intelligenza artificiale - che ai tempi di Overton era appena agli albori – si sono spalancati nuovi sconfinati orizzonti, dove paiono materializzarsi scenari degni dei romanzi distopici di Orwell e Benson, dominati da invisibili grandi fratelli e padroni del mondo. Overton studia il percorso e le tappe attraverso le quali, ogni idea, sia pur assurda e balzana, può trovare una sua “finestra” di opportunità. Qualunque idea, se abilmente e progressivamente incanalata nel circuito dei media e dell’opinione pubblica, può entrare a far parte del mainstream, cioè del pensiero diffuso e dominante. Comportamenti ieri inaccettabili, oggi possono essere considerati normali, domani saranno incoraggiati e dopodomani diventeranno regola, il tutto senza apparenti forzature."" Siamo partiti con l'inno d'Italia sul balcone...siamo arrivati a quattro ondate, tre o quattro punturine, un antinfluenzale....e un'emergenza infinita con fine di ogni libertà. 

Dagotraduzione dal Daily Mail il 30 novembre 2021. Della dottoressa Angelique Coetzee, il medico che ha allertato il mondo sulla variante Omicron. In qualità di presidente della South African Medical Association e medico di base da 33 anni, ho visto molto durante la mia carriera medica. Ma nulla mi ha preparato alla straordinaria reazione globale che ha incontrato questa settimana il mio annuncio di aver visitato un giovane che aveva un caso di Covid che si è rivelato essere la variante Omicron. Questa versione del virus circolava da tempo nell'Africa meridionale, essendo stata precedentemente identificata in Botswana. Ma dato il mio ruolo di fronte al pubblico, annunciando la sua presenza nel mio stesso paziente, l'ho inconsapevolmente portato all'attenzione globale. Molto semplicemente, sono rimasta sbalordita dalla risposta, in particolare della Gran Bretagna. E lasciatemi essere chiara: niente di ciò che ho visto su questa nuova variante giustifica l'azione estrema che il governo del Regno Unito ha intrapreso in risposta ad essa. Nessuno qui in Sud Africa è stato ricoverato in ospedale con la variante di Omicron, né si ritiene che qualcuno qui si sia ammalato gravemente di essa. Eppure la Gran Bretagna e altre nazioni europee hanno reagito con pesanti restrizioni di viaggio sui voli dall'Africa meridionale, oltre a imporre regole più severe a casa sull'uso di maschere, multe e quarantene estese. La semplice verità è: non sappiamo ancora abbastanza su Omicron per esprimere tali giudizi o imporre tali politiche. In Sudafrica, abbiamo mantenuto il senso della prospettiva. Non abbiamo avuto nuove restrizioni o parlato di lockdown perché stiamo aspettando di vedere cosa significhi effettivamente la variante. Ci siamo anche abituati qui all'emergere di nuove varianti Covid. Quindi, quando i nostri scienziati hanno confermato la scoperta di un’altra, nessuno ne ha fatto una cosa enorme. Molte persone non se ne sono nemmeno accorte. Ma dopo che la Gran Bretagna ne ha sentito parlare, il quadro globale ha iniziato a cambiare. Anche se i nostri scienziati hanno cercato di evidenziare le enormi lacune nella conoscenza mondiale di questa variante, le nazioni europee hanno immediatamente e unilateralmente vietato i viaggi da questa parte del mondo. Il nostro governo era comprensibilmente arrabbiato per questo, sottolineando che «la scienza eccellente dovrebbe essere applaudita, non punita». Se, come suggeriscono alcune prove, Omicron risulta essere un virus a rapida diffusione con sintomi per lo più lievi per la maggior parte delle persone che lo prendono, sarebbe un passo utile sulla strada per l'immunità di gregge. Se sarà così, nelle prossime due settimane impareremo. La situazione peggiore, ovviamente, sarebbe un virus a rapida diffusione con infezioni gravi. Ma non è qui che siamo al momento. Qui in Sudafrica, quello che io e i miei colleghi del GP stiamo vedendo non giustifica in alcun modo la reazione istintiva che abbiamo visto dal Regno Unito. Per prima cosa, non stiamo – almeno per ora – trattando pazienti gravemente malati. Prendi il mio primo caso Omicron, il giovane di cui ho parlato prima. Non gli è venuto in mente di avere il Covid: pensava di aver preso troppo sole dopo aver lavorato fuori. Dopo che è risultato positivo, lo hanno fatto anche sua moglie e il bambino di quattro mesi. Finora, i pazienti che sono risultati positivi per Omicron qui sono stati principalmente giovani uomini – un misto di vaccinati e non vaccinati (sebbene, nelle nostre statistiche, “non vaccinato” possa anche significare “vaccinato con una sola dose”). Solo ieri ho visto altri cinque pazienti che erano risultati positivi alla nuova variante. Avevano tutti una malattia molto lieve. Quindi, al momento, temo che mi sembra che la Gran Bretagna stia semplicemente lanciando l'allarme su questa variante inutilmente. Sì, l'immagine potrebbe un giorno sembrare diversa. Devo ancora vedere persone anziane, non vaccinate, infettate dalla nuova variante, ad esempio, e potrebbero presentarsi con una forma più grave della malattia. Ma la realtà è che il Covid è qualcosa con cui dobbiamo imparare a convivere. Abbiate cura di voi e fate i vaccini. Soprattutto, niente panico, e questo vale anche per i governi.

Da "Libero quotidiano" il 30 dicembre 2021. Il tasso di crescita dei ricoveri Covid negli ospedali sentinella Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) accelera del 13,7%. È in parte, probabilmente, l'effetto festività a incidere sul maggior numero di ospedalizzazioni per Covid, ma quello che i numeri consentono di osservare è sempre più un'epidemia dei non vaccinati. Nel mese di dicembre, infatti, l'incremento dei ricoveri di no Vax si è consolidato: dal 7 dicembre al 28 dicembre il numero è cresciuto del 46% mentre l'aumento dei pazienti vaccinati nello stesso periodo si è fermato al 19%. 

È quanto emerge dal Report degli ospedali sentinella di Fiaso: in tutto 21 strutture sanitarie e ospedaliere e 4 ospedali pediatrici distribuiti su tutto il territorio italiano. La rilevazione è stata effettuata in data 28 dicembre e riguarda un totale di 1.478 pazienti adulti e 66 pediatrici. Il report dei 21 ospedali evidenza un aumento dei ricoveri a doppia cifra, pari al 13,7%, con una accelerazione rispetto alla scorsa settimana quando l'incremento era stato del 7%. 

Dal 7 al 28 dicembre l'aumento complessivo è stato del 33%. Nei reparti ordinari la presenza di pazienti non vaccinati è del 54%. Permane la differenza di età fra vaccinati e non: i primi hanno in media 70 anni, i secondi 63 anni. Diverso anche lo stato di salute tra le due categorie: il 71% dei vaccinati ricoverati soffre di gravi patologie mentre meno della metà dei pazienti non vaccinati (47%) è affetto da altre malattie. In una settimana la crescita nei reparti intensivi negli ospedali sentinella Fiaso è stata del 18%, più consistente rispetto a quella registrata nei ricoveri ordinari. 

Decisamente maggiore risulta l'aumento di non vaccinati in rianimazione rispetto ai vaccinati (21,6% vs 10%). I letti delle terapie intensive continuano a essere occupati prevalentemente da pazienti che non si sono sottoposti alla profilassi vaccinale: i no Vax sono circa il 71% del totale dei pazienti in rianimazione contro il 29% di vaccinati.

Annalisa Chirico, la dittatura del terrore: "Ricordate i nostri nonni?", lo schiaffo a Speranza & Co. Libero Quotidiano il 28 dicembre 2021. Il dibattito sul Covid, in questi ultimi giorni, è focalizzato sulla quarantena. Già, con la complicità della psicosi di Natale e del boom di tamponi effettuati - la maggior parte dei quali su soggetti asintomatici, positivi o negativi che fossero -, ora ci sono milioni di italiani in isolamento fiduciario. Insomma, un Paese quasi bloccato, in lockdown di fatto. E non solo: con la scusa dell'isolamento, come sottolinea per esempio Alberto Zangrillo, molti riescono a trovare un escamotage per non lavorare. Un certificato e via: quarantena, sollevato da ogni obbligo. Insomma, una discreta vergogna. Dunque, il governo è al lavoro per il taglio dei tempi di quarantena, in tandem con il Cts, il quale però nutrirebbe alcune riserve. Nel dibattito, ora, piove anche il commento di Annalisa Chirico. Il tutto su Twitter, con un cinguettio tranchant, efficace, che va dritto al punto. Scrive infatti la firma del Foglio: "Bloccare un paese con milioni di persone in casa, tra vaccinati negativi o asintomatici. Ormai governano la paura e un principio di precauzione paralizzante - rimarca -. I nostri nonni han combattuto la guerra, quella vera, tra bombe e fucilate, a noi tocca una punturina nel braccio. Coraggio", conclude una ineccepibile Annalisa Chirico. E nelle sue parole, in quei riferimenti alla "paura", difficile non cogliere una stoccata a Roberto Speranza, il ministro ultrà delle chiusure che, stando a retroscena di stampa, si sarebbe opposto al taglio dei tempi della quarantena.

Già, chiaro il doppio messaggio: primo, i vaccinati non dovrebbero essere soggetti a queste regole. Secondo, i no-vax la smettano con la loro pantomima e vadano a vaccinarsi. Sul siero, solo poche ore fa, la Chirico aveva spiegato: "Non sono andata a vaccinarmi con gioia, ma bisogna ammettere che il vaccino è quello che ha cambiato il destino della pandemia". Eppure, qualcuno ancora non lo vuole capire...

Terrorismo, morte dell'Italia e farmacie ricche: la rabbia incontenibile di Alberto Zangrillo sul Covid. Il Tempo il 26 dicembre 2021. Un altro messaggio su Twitter al veleno da parte di Alberto Zangrillo, più che stufo di come si sta raccontando la situazione del Covid in Italia. “Santo Stefano, ore 10 a Milano. 200 metri di coda per alimentare le casse delle farmacie, il terrorismo giornalistico e certificare la morte del Paese” il cinguettio del primario del reparto Anestesia e rianimazione del San Raffaele di Milano, che ha accompagnato il post ad una foto per testimoniare la lunga fila all’esterno di una farmacia dove vengono effettuati i tamponi in grado di rilevare il Covid. Già prima di Natale il nuovo presidente del Genoa, squadra di calcio, era sbottato così: “Quando il Paese sarà irrimediabilmente distrutto ne chiederemo ragione agli scienziati e ai giornalisti innamorati del COVID19. #Paranoia”. 

Da liberoquotidiano.it il 26 dicembre 2021. Selvaggia Lucarelli ha risposto a tono all’ultima uscita pubblica di Alberto Zangrillo. Quest’ultimo ha condiviso sui social una foto scattata a Milano, nella mattina di Santo Stefano: “200 metri di coda per alimentare le casse delle farmacie, il terrorismo giornalistico e certificare la morte del Paese”. In poche parole Zangrillo ha palesato nuovamente la sua posizione sulla gestione dell’epidemia, che a suo dire richiederebbe di uscire dalla concezione emergenziale. “Non capisce che si fa fatica a fare molecolari in Lombardia e quindi si deve andare in farmacia, ma vabbè”, ha risposto Selvaggia Lucarelli, che poi ha aggiunto: “La vera domanda però è: cosa suggerisce di fare Zangrillo? Ci dia una linea guida. Fare finta di niente con positivi in casa? Con sintomi? Saltare la quarantena? Ci dica”. Effettivamente al momento la situazione della Lombardia non è delle migliori, e non solo a causa del picco di contagi dovuto alla variante Omicron sempre più diffusa. Da diversi giorni è scattato l’allarme tamponi: file lunghissime davanti alle farmacie, persone positive o in quarantena che non riescono a fare il tampone in tempi rapidi. In più in Lombardia c’è stato un malfunzionamento del sito dell’Ats. “Siamo molto preoccupati per la situazione dei tamponi e il malfunzionamento dei sistemi informatici”, ha fatto sapere l’ordine dei medici del capoluogo lombardo.

Essere umano, io ti odio. La stanza di Pascal, il mio Macbeth e la pandemia più noiosa di tutti i tempi. Guia Soncini su L'Inkiesta il 27 Novembre 2021. Pensavamo sarebbe durata qualche mese. E invece no, ogni stagione arriva una nuova variante con un nuovo esemplare di stronzo che non sa starsene tranquillo a casa sua. E io nel frattempo non avrò neppure scritto un capolavoro, impegnata come sono a capire se prima delle otto posso girare per la città senza mascherina. Essere umano, io ti odio. Ma non come in quel film di Nanni Moretti, non che trovo esasperanti gli individui presi uno per uno ma mi piace l’umanità nel suo insieme, macché: a me fai schifo in tutti e due i modi, essere umano, individualmente e aggregato. Ti odio perché t’innamori delle frasi senza capire cosa vogliano dire, le ripeti, le instagrammi, le usi come didascalie di foto mezze nude, e poi, quando finalmente le citazioni che ripetevi dandoti un tono sono applicabili alla realtà, frigni. Che ne è, dopo un anno e mezzo che sarebbe stato assai meno complicato se tu non fossi stato smanioso d’andare in giro, di quel Pascal che ti faceva venire il friccico prima? Come mai non dici più che tutti i guai dell’uomo dipendono dalla sua incapacità di starsene tranquillo nella sua stanza, ora che l’uomo sei tu? Ti odio perché è colpa tua se ora bisogna mettersi le mascherine anche all’aperto, e controllare dove sei, e che ora sia, e quale sia il centro, perché ogni città ha una diversa data da cui parte l’obbligo, e a Bologna non ho capito se da ieri, a Milano da oggi, a Verona già da due settimane, ma solo dopo le otto, solo nei fine settimana, solo nei giorni dispari di pioggia, e poi cosa vuol dire centro: corso Como è fuori bastioni, quindi lì si può fare lo struscio senza mascherina e in Duomo no? È colpa tua, barista che ogni mattina te la tiri su solo quando entro nel bar, la mascherina; come fossi un dodicenne che finge di fare i compiti quando arriva la mamma, come se i tuoi sputacchi nel frattempo non avessero fatto un volo a planare dentro le peggiori tazze in cui berrò il cappuccino; e poi arrivano clienti che conosci tutti con la mascherina abbassata e tutti a darsi gran pacche sulle spalle (ma non avevamo smesso di toccarci? Quasi rimpiango i deficienti che si salutavano col gomito) e a sputazzare in giro per il bar. È colpa tua, tizio che sei andato in Sudafrica e ne sei tornato con la variante di fine di mondo, cosa vai in Sudafrica a fare, c’è una cazzo di pandemia, lo volete capire o no che dovete starvene alla casa, siete gli esseri umani più stupidi di tutti i tempi, un anno e mezzo fa parlavo della peste shakespeariana come un’iperbole che a noi non sarebbe toccata mai, noi contemporanei frignoni che al massimo avremmo dovuto sacrificarci qualche mese, e invece guardaci, ogni stagione una nuova variante, ogni stagione un nuovo esemplare di stronzo che non sa starsene tranquillo nella sua stanza, ogni stagione un nuovo mettetevi la mascherina anche fuori, mi raccomando lavatevi le mani, mi raccomando non morite se non di noia. A questo ritmo d’eterno ritorno la pandemia più noiosa di tutti i tempi durerà dieci anni e cento varianti e io nel frattempo non avrò neppure scritto il Macbeth, impegnata come sono a capire se prima delle otto posso girare per la città senza mascherina, impegnata a scansarvi pure con la mascherina perché neanche quasi due anni di pandemia hanno insegnato all’umanità che l’altra umanità fa schifo, e quindi continuano ad affollarsi tutti negli stessi posti, a sputacchiarsi voluttuosamente addosso, a essere – quale orrore, quale raccapriccio – socievoli. A questo ritmo d’eterno ritorno tra un po’ si ricomincia non solo con la didattica a distanza, che quella pazienza, ma con la sempiterna lagna materna. È come se avessi già letto tutto – le madri che devono accollarsi il tenere la mano al pupo davanti al computer mentre i padri fanno carriera, i piccoli ciuchi di casa che sono ciuchi solo perché non vanno in classe tutte le mattine altrimenti sarebbero tutti Einstein, i soldi buttati nei banchi a rotelle, le finestre aperte, i piccini che prendono freddo, gli insegnanti eroici senza neanche gli incentivi economici che spettano a un qualunque netturbino romano non falsamente invalido – è come se avessi già letto tutto perché, dio delle repliche teatrali, ho in effetti già letto, già visto, già sentito. Già so come va a finire, che vale anche per Via col vento ma qui i dialoghi sono meno brillanti, che vale anche per Titanic dove infatti non vedi l’ora ogni volta che DiCaprio affoghi almeno ci leviamo la finta suspense di torno, che vale anche per Romeo e Giulietta che speri sempre fortissimo muoiano al primo atto e invece s’ostinano fino alla fine. Solo che so come va a finire ma non so come va a finire. Cioè so che ci toccano mille repliche di questa infernale rottura di coglioni che ci troviamo ad abitare da un po’, quella metti la mascherina non mettere la mascherina, manda i pupi a scuola no non mandarceli, fai il distanziamento sui mezzi pubblici no non farlo, prenota la terza dose dopo sei mesi no anzi dopo cinque no anzi la chiamiamo noi, apri il ristorante, chiudi il ristorante, salva il Natale, salva i saldi, salva i concerti, salva i cinema nei quali comunque non andava nessuno già da anni. Ma non so quand’è che si smonta questo spettacolo e se ne monta uno nuovo, una variazione, uno che non sia copia di mille riassunti, uno che non sappiamo già come vada a finire. Un’idea, un concetto, un’idea. Uno sceneggiatore che la tiri fuori, un drammaturgo che sappia che serve un terzo atto, un romanziere con una qualche familiarità coi colpi di scena. Mi metto la mascherina anche prima delle otto nelle piazze deserte del centro che non si riempirà d’insopportabili esseri umani per altre due ore, prometto. Se in cambio poteste non farmi morire di noia, grazie. 

In Onda, Ilaria Capua: "Quello che non potevamo dirvi prima sul vaccino". Pandemia, una pesante rivelazione. Libero Quotidiano il 14 novembre 2021. Siamo a In Onda, la puntata è quella su La7 di sabato 13 novembre. Ospite in collegamento con il programma condotto da David Parenzo e Concita De Gregorio ecco Ilaria Capua. Si parla di Covid, di vaccino, di terza dose. E Parenzo si rivolge all'esperta: "Non ci avevate detto che ci sarebbe stata una quarta ondata, ci avete detto che sarebbero bastate due dosi di vaccino. E in questo interstizio si infila la propaganda no-vax. Qual è il quadro che possiamo dare per il futuro?". "La scienza si muove per tentativi, tante cose le sappiamo ma tante non le sappiamo - premette con onestà Ilaria Capua -. Questo vuol dire che  bisogna anche saper comunicare che certe cose non le sappiamo. Ma comunque dobbiamo anche poter comunicare che nelle pieghe delle cose che un po' si sanno e un po' non si sanno si va avanti. Ma certe cose dette prima (il riferimento è ad alcune tesi no-vax che erano state fatte ascoltare, ndr) si sa che non sono vere: certe cose non sono accettabili. C'è un margine di incertezza nella scienza, come in tutto, ma non può essere preso come lazo per tirare dentro tutto", insiste la Capua. E ancora: "Volevo aggiungere che non è vero che era stato detto che non ci sarebbe stata una nuova ondata. Il virus, una volta sorpassato un certo tasso di infezione, si è endemizzato, e l'endemizzazione porta proprio a questo: delle ondate che si rincorrono, rincorrono l'inverno, gli emisferi più freddi. La terza dose? Non ve lo potevamo dire prima, come facevamo a dirvelo prima? Sappiamo che i vaccini si usano in una, due, tre dosi oppure anche in una dose l'anno. Noi, comunità scientifica, abbiamo sviluppato una serie di prodotti di cui non potevamo conoscere la durata. Abbiamo visto che l'immunità inizia a decadere dopo un numero di mesi, dunque bisogna ritirala un po' su perché siamo all'inizio dell'inverno. Questo virus purtroppo non andrà via: dobbiamo imparare a conviverci, entrare in una nuova mappa mentale in cui conosciamo molto meglio di prima l'avversario e abbiamo strumenti di prevenzione e cura", conclude Ilaria Capua. Insomma, la guerra contro il Covid sarà ancora lunga, molto lunga.

Vaccino, crollo della protezione: ecco qual è il siero peggiore, una differenza abissale. Libero Quotidiano il 13 novembre 2021. Qual è l'efficacia dei vaccini Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson a sei mesi dall'iniezione? Ha provato a rispondere a questa domanda uno studio americano, di recente pubblicato sulla rivista Science. La ricerca ha sottolineato che la protezione di questi farmaci dall'infezione è calata in modo drastico, soprattutto da quando la variante Delta è diventata predominante. Il vaccino che ha "perso" di più è il J&J. Lo studio americano, in particolare, si è concentrato sull'efficacia dei vaccini nel proteggere dal contagio, dalla malattia e dalla morte i veterani dell’esercito americano. L’indagine è stata condotta tra il primo febbraio e il primo ottobre 2021 su 780.225 veterani. Dunque i ricercatori, come riporta il Corriere della Sera, hanno scoperto che all’inizio di marzo, mentre la variante Delta stava iniziando a diffondersi negli Stati Uniti, i tre vaccini erano più o meno uguali nella loro capacità di prevenire le infezioni. La protezione dall’infezione era dell'86,4% per i vaccinati con J&J, dell'86,9% per i vaccinati con Pfizer-BioNtech e dell'89,2% per i vaccinati con Moderna. A sei mesi di distanza, però, la situazione è cambiata. A settembre 2021, infatti, l’efficacia nel proteggere dall’infezione è scesa al 13,1% per i vaccinati con J&J, al 43,3% per i vaccinati con Pfizer-BioNTech e al 58% per i vaccinati con Moderna. Il calo più pesante, come dimostrano i numeri, è quello registrato da Johnson&Johnson. Un discorso a parte merita invece la protezione dalla morte. Anche questo aspetto, infatti, è stato esaminato nello studio. A differenza del rischio di infezione, però, l’efficacia nei confronti dei decessi causati da Covid-19 è rimasta alta nel tempo. "Rispetto ai non vaccinati, i veterani completamente vaccinati avevano un rischio molto più basso di morte dopo l’infezione", hanno scritto i ricercatori, che incoraggiano la terza dose per tutta la popolazione così da bloccare la circolazione del virus.

Grazia Longo per “la Stampa” il 14 novembre 2021. Rispetto a un anno fa, in cui imperavano coprifuoco e divieti, il vaccino anti Covid ha sicuramente cambiato le nostre vite, restituendoci un po' di normalità. Ma purtroppo non è ancora finita, le insidie della quarta ondata sono dietro l'angolo. Secondo l'Istituto superiore di sanità, dopo i 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale «si osserva una forte diminuzione dell'efficacia vaccinale nel prevenire le diagnosi in corrispondenza di tutte le fasce di età. In generale, su tutta la popolazione, l'efficacia vaccinale passa dal 76% nei vaccinati con ciclo completo entro i sei mesi rispetto ai non vaccinati, al 50% nei vaccinati con ciclo completo oltre i sei mesi rispetto ai non vaccinati». Per quanto riguarda i ricoveri, poi, «quelli tra i non vaccinati sono 7 volte più alti rispetto ai vaccinati da meno di sei mesi e 6 volte più alti rispetto ai vaccinati da oltre sei mesi. Tra gli over 80, infine, i decessi tra i non vaccinati sono 10 volte più alti contro i vaccinati entro sei mesi e 6 volte più alti contro i vaccinati da più di 6 mesi». Anche per questo il governo è al lavoro per affrontare la quarta ondata ribadendo che è necessario non abbassare la guardia, mentre si discute su proroga stato emergenza e nodi legati alla durata e all'obbligo del Green Pass. A breve dovrebbe arrivare l'obbligo di terza dose per sanitari e personale Rsa. Le stime degli esperti dicono che in Italia per Natale i casi potrebbero essere fra 25 e 30 mila. Ieri i nuovi contagi di coronavirus sono stati 8.544 (contro gli 8.516 di venerdì), i decessi sono stati 53 (venerdì erano stati 68) per un totale di 132.739 vittime da febbraio 2020. In lieve discesa il tasso di positività da 1,7% a 1,6%. Il microbiologo Guido Rasi, consulente del Commissario all'emergenza Figliuolo, lancia l'allarme per il contagio dei bambini e la diffusione del virus a scuola: «Il problema vero è che per le scuole non è stato fatto niente di strutturale: non è tanto una questione di classi affollate, quanto di gestione dei flussi in entrata e in uscita». Ma il presidente dell'Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli replica che «più di così non si poteva fare. Sul tema dei trasporti non è stato fatto praticamente niente: è sotto gli occhi di tutti che i mezzi pubblici sono strapieni, che non c'è controllo su quanti salgono e sull'uso delle mascherine. Inoltre tutti gli studi dimostrano che le scuole non sono veicoli di contagio».

Così Mattarella si è schierato contro i “no green pass”. Le parole di Sergio Mattarella sulle manifestazioni anti green pass: "Gli atti violenti minano le basi della convivenza sociale". Antonella Rampino Il Dubbio l'11 novembre 2021. A breve, la responsabile dell’ordine pubblico Luciana Lamorgese varerà una stretta sulle manifestazioni novax e anti green-pass che purtroppo finiscono per segnare di violenza, non solo verbale, ormai ogni sabato italiano. Ma non è solo a copertura dei prossimi provvedimenti che Sergio Mattarella ieri ha detto chiaro e tondo che quelle manifestazioni non sono le “opinioni dissenzienti” contemplate dall’articolo 21 della Costituzione, ma una minaccia per la salute pubblica, dato che proprio a Trieste si è visto che quel che producono sono centinaia di contagi. “In queste settimane manifestazioni non sempre autorizzate hanno tentato di far passare come libera manifestazione del pensiero l’attacco recato, in alcune nostre città, al libero svolgersi delle attività” ha detto parlando a Parma all’Associazione nazionale dei Comuni italiani. E queste manifestazioni, “accanto alle criticità per l’ordine pubblico, spesso con l’ostentata rinuncia dispositivi di protezione personale e alle norme di cautela anti Covid, hanno provocato un pericoloso incremento del contagio”. Parole molto nette, suffragate dai dati sui contagi che ormai sono sotto gli occhi di tutti, ma anche se certo occorre guardare al contesto, alla fase segnata dalle preoccupazioni per evitare la quarta ondata della pandemia, proprio mentre grazie ai fondi Recovery si cerca di progettare la ripartenza dell’Azienda Italia, non val molto considerare che Sergio Mattarella abbia parlato con franchezza essendo nell’ultimo scorcio del suo settennato, che ha pure più volte affermato di non voler ripetere. Ci sono, oltre alle motivazioni di contesto, anche preoccupazioni più gravi. E infatti il passaggio più rilevante spinge lo sguardo in profondo. “Gli atti di vandalismo e di violenza sono gravi, inammissibili e suscitano qualche preoccupazione sembrando raffigurarsi come tasselli, più o meno consapevoli, di una intenzione che pone in discussione le basi stesse della nostra convivenza” scandisce il Presidente. Cosa si muove attraverso la contestazione a ciò che dalla pandemia ci difende, ovvero ai vaccini? Di cosa sono insieme espressione e sintomo quelle violenze di piazza, non solo verbali come sappiamo sin da quel tragico 9 ottobre di assalto alla Cgil, le cui sequenze ricordavano i fatti di Capitol Hill? E a cosa mirano, se non a una destabilizzazione, e proprio mentre l’Italia ha davanti a se’ sfide cruciali, ed è tornata ad avere credibilità internazionale? Non sono preoccupazioni casuali, e per l’appunto nemmeno solo un parlar liberamente di fine mandato. Il raggio dello sguardo che dal Colle si ha sulla società italiana è ampio, e l’alta funzione istituzionale è come fosse dotata di un sismografo. Si potrebbe dire anche a prescindere (ma naturalmente non è così) dall’Inquilino, perché analoghe preoccupazioni le ebbe anche Giorgio Napolitano, nella difficilissima fase politica e istituzionale che vide venir meno la maggioranza in Parlamento all’ultimo governo Berlusconi, per l’uscita di Alleanza Nazionale dalla coalizione che lo sorreggeva: al Quirinale c’era preoccupazione per le rabbiose manifestazioni che serpeggiavano anche allora, e soprattutto dal nascente (e poi abortito) movimento dei Forconi, che aggrediva i deputati all’angolo di Montecitorio. Oggi, è pura constatazione che quella rabbia contro le istituzioni è diventata rabbia contro il consesso civile, proprio perché si mette a rischio (oltretutto) la salute pubblica. E insomma, per stare alla Costituzione, non di articolo 21 e diritto d’opinione si tratta, ma piuttosto forse del 16, che pone le ragioni di limitazione al diritto di circolare liberamente -e dunque anche di manifestare- per ragioni di sicurezza o di salute pubblica. Che in una pandemia poi sono forse la stessa cosa. Le parole di Mattarella han poi dato di fatto voce a una larghissima maggioranza della pubblica opinione, poiché in Italia sono larga maggioranza i sì vax. Riportare il dissenso nell’alveo della civiltà e della ragionevolezza, anche: perché a furia di andare in piazza per combattere non il virus ma gli strumenti che abbiamo per fronteggiarlo, il diritto al dissenso rischia di perdere qualunque valore.

Dritto e Rovescio, Maria Giovanna Maglie: "Sta cominciando ad uscire...". Vaccino e complotti, inquietante profezia. Libero Quotidiano il 12 novembre 2021. Siamo a Dritto e Rovescio, il programma di Paolo Del Debbio in onda su Rete 4, la puntata è quella di giovedì 11 novembre. Siamo nell'immancabile segmento di trasmissione tutto dedicato alla pandemia, al Covid, al vaccino, ai complotti e ai complottisti. Già, perché ora, con i contagi in rialzo, in molti hanno più dubbi di prima rispetto al vaccino. Dubbi, in verità, non giustificati, perché il siero è una garanzia, la pandemia è quella dei non vaccinati. Ma tant'è. E a rimestare e rilanciare questi dubbi, ospite in studio, ecco Maria Giovanna Maglie, la quale afferma: "Io non so se questo corrisponde a verità. Io so che c'è una montagna di dubbi e di critiche che fanno parte di qualunque società e delle società liberali e democratiche che esercitano la critica e che sono state soffocate. Ora, stanno cominciando ad uscire". Insomma, la Maglie profetizza una sorta di "esplosione" di dubbi, di sospetti, di paure. Una teoria che per inciso la giornalista sostiene da giorni, seppur con argomentazioni differenti. Più volte, infatti, la Maglie ha detto che a suo parere il fatto che ora si vada verso l'obbligatorietà di quella terza dose di vaccino che, inizialmente, non era prevista, altro non farà che aumentare il fronte dei "sospettosi" e le cifre della cosiddetta evasione vaccinale. Un fenomeno che, in effetti, stiamo già toccando con mano.

Covid, Maria Giovanna Maglie: “C’è una montagna di dubbi e di critiche che ora stanno iniziando ad uscire”. Riccardo Castrichini il 12/11/2021  su Notizie.it. Per Maria Giovanna Maglie sono molte le ambiguità della scienza in questa fase della pandemia da covid: "Stanno emergendo una montagna di dubbi". “C’è una montagna di dubbi e di critiche che sono state soffocate e ora stanno iniziando ad uscire”, è con queste parole che la saggista Maria Giovanna Maglie ha descritto a Dritto e Rovescio quella che, dal suo punto di vista, sarebbe l’attuale situazione socio culturale in un’Italia ancora alle prese con il covid. “Io non so se questo corrisponde a verità – ha detto Maria Giovanna Maglie – Io so che c’è una montagna di dubbi e di critiche che fanno parte di qualunque società e delle società liberali e democratiche che esercitano la critica e che sono state soffocate. Ora, stanno cominciando ad uscire”. Dubbi, dunque, sul vaccino, sulle misure di contenimento e chissà, forse anche sull’intero periodo pandemico. Perplessità che la scienza smentisce con i numeri che mostrano, ad oggi, come anche con l’aumento dei contagi le situazioni più gravi restino collegate ai casi di persone smunite di vaccino. La Maglie a sostegno della sua tesi riporta anche quanto sta avvenendo con la terza dose. Per la saggista il fatto che questa possa diventare obbligatoria indicherebbe che qualcosa di non programmato alla fine sia verificato. Una sorta di corsa ai richiami che potrebbe aumentare il fronte dei sospettosi.

Covid, non solo Carlo Freccero: "Come ci vogliono controllare". Nasce il partito del complotto: ecco tutti i nomi. Libero Quotidiano il 12 novembre 2021. Si salvi chi può. Già, perché il movimento no-Green pass e no-Vax sembra volersi trasformare in un partito. Le prove generali si svolgono a Torino, prove generali per un movimento "no-Pass", appunto. Se non un partito, come spiega La Stampa, almeno un modo "per restare in contatto e scambiare informazioni", per dirla con le parole di Ugo Mattei, il giurista che si è scontrato giusto ieri sera, giovedì 11 novembre, in tv con Matteo Bassetti. L'occasione per porre le basi per questo network è stato un convegno dal titolo "Le politiche pandemiche". Ed ecco che a questo convegno si sono presentati Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, quest'ultimo in collegamento. Dunque l'immancabile Carlo Freccero, il celebre autore televisivo che ultimamente flirta con le più farneticanti posizioni no vax. E ancora, il portuale Stefano Puzzer e l'immancabile Mattei, oltre a una serie di parlamentari di L'alternativa e del Gruppo Misto. A spiegare quale sia il filo conduttore del movimento ci pensa Cacciari: "Lo stato di emergenza non finirà: c'è l'intenzione di trasformare il Green Pass in uno strumento di controllo e sorveglianza permanente sempre più pervasivo", spara ad alzo zero il filosofo. Questa la sintesi della conferenza-fiume, iniziata alle 10 del mattino e terminata a tardo pomeriggio. E ancora, Cacciari ha aggiunto: "La pandemia non finirà. Il virus muterà e ci sarà bisogno di altre vaccinazioni, con ognuno che dovrà avere una carta per vivere liberamente. Il governo si sta riorganizzando in chiave tecnocratica per neutralizzare preventivamente dei conflitti che tra poco saranno enormi, visto che saremo in una stagione delicatissima, tra il debito e i fondi da spendere". E il complotto è servito...

Mattia Feltri per "la Stampa" il 12 novembre 2021. Giorgio Agamben e Massimo Cacciari sulle limitazioni alla libertà personale dicono cose anche sensate, perché sono limitazioni drammatiche e non si sa come uscirne. La sensatezza evapora un po' se si legge della loro partecipazione al primo think tank contro la dittatura sanitaria, tenuto mercoledì a Torino sulle seguenti basi scientifiche: il green pass segue i metodi di Goering, i nuovi congiurati sono George Soros e Bill Gates, il piano è stato ordito da politica, tecnica e finanza. Alè, manca soltanto Ufo Robot. Lo so, il sarcasmo è brutto, soprattutto se rivolto a due del livello di Agamben e Cacciari, ma da mesi lamentano la ghettizzazione del loro dissenso nel dibattito pubblico (Cacciari lo dice soprattutto in tv, curiosa idea di ghetto) e poi il dissenso lo esprimono, cito alla rinfusa dall'uno e dall'altro, sostenendo che la situazione è giuridicamente e moralmente abnorme, da sempre i regimi dispotici introducono discriminazioni contenute poi dilaganti, è un sistema di sorveglianza permanente, la scienza serve la politica come quando la servì per il manifesto sulla razza, siamo in prossimità delle leggi razziali fasciste, siamo in una condizione peggiore di quella dei cittadini dell'Unione sovietica sotto Stalin. Ma se davvero la pensano così, se davvero scorgono rinascite naziste e bolsceviche, forse la conseguenza logica sarebbe di lasciare le università e gli studi televisivi e unirsi alle piazze di resistenti che ripetono la loro lezione. O sennò torniamo ancora lì: lungi da colpi e da conflitti / comodamente d'ingrassar soffrite / baritonando ai poveri coscritti / armiamoci e partite.

Bernardo Basilici Menini per "la Stampa" il 12 novembre 2021. A Torino si tengono le prove generali per il futuro del movimento No Pass. Se non un partito, almeno un modo «per restare in contatto e scambiare informazioni», per dirla come Ugo Mattei, professore di diritto che ha organizzato il meeting di ieri. Il luogo: l'International University College of Turin, una piccola realtà in centro in cui si entra da una porta senza cartelli o insegne, al secondo piano di un bello stabile. L'occasione: un convegno dal titolo «Le politiche pandemiche». I protagonisti, tutti nomi noti. Ci sono gli intellettuali Massimo Cacciari e Giorgio Agamben (quest' ultimo in collegamento), l'autore tv Carlo Freccero, il portuale triestino Stefano Puzzer, lo stesso Mattei, diversi parlamentari de l'Alternativa c'è e del gruppo misto, e altri ancora. Il filo conduttore lo sintetizza una frase di Cacciari: «Lo stato di emergenza non finirà: c'è l'intenzione di trasformare il Green Pass in uno strumento di controllo e sorveglianza permanente sempre più pervasivo». Su pandemia e vaccino conferenzieri e pubblico (tutti rigorosamente senza mascherina) hanno posizioni diverse. C'è chi il Covid lo nega. Per altri è meglio quello del vaccino. Per il direttore del College «è un insulto dirmi che sono negazionista o No Vax: ho perso due zii per colpa del virus e mi sono regolarmente vaccinato». «Uno strumento di controllo» I giornalisti sono ammessi, non senza diffidenze, e c'è pure qualche momento di tensione ma alla fine prevale la linea del dialogo. La conferenza è un fiume che dura dalle 10 del mattino al tardo pomeriggio, in cui intellettuali, medici e politici parlano della certificazione verde. E l'ospite più atteso è appunto Cacciari: «La pandemia non finirà - dice -. Il virus muterà e ci sarà bisogno di altre vaccinazioni, con ognuno che dovrà avere una carta per vivere liberamente. Il governo si sta riorganizzando in chiave tecnocratica per neutralizzare preventivamente dei conflitti che tra poco saranno enormi, visto che saremo in una stagione delicatissima, tra il debito e i fondi da spendere». Il fatto è che la linea moderata, quella non «complottista», va in parallelo con l'altra. Mariano Bizzarri, della Sapienza, cita studi e ricerche tra i più accreditati al mondo. Ma poi non si trattiene: «Già Goering (il gerarca nazista, ndr) aveva messo in pratica il concetto di emergenza in occasione dell'incendio al Reichstag. Ora si comincerà a fare il controllo e la mappatura del Dna: l'eugenetica non l'ha inventata il nazismo». Mattei arriva a sostenere la necessità «di un Aventino scientifico». Freccero - uno dei più importanti nomi nella storia della tv italiana - dice che «la battaglia è di controinformazione, che è la vera informazione». Coerentemente, alla richiesta se sia possibile intervistare i presenti, la risposta degli organizzatori è «prima le altre testate». Ad esempio? «Byoblu», il portale che ha sostenuto l'esistenza del complotto del «Piano Kalergi» sull'immigrazione. 

Il Gran Maestro Di Bernardo: "Stop democrazia: Uno-dio cinese per controllare le pandemie". I progetti della massoneria internazionale finalmente esplicitati. Andrea Cionci Libero Quotidiano il 09 novembre 2021.

Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore. Se siete confusi, se non avete molto chiaro quello che sta succedendo, arriva l’”aiutino da casa”. “Le pandemie saranno la regola e non l’eccezione; dovranno essere controllate senza la democrazia, che è un sistema pieno di debolezze. Tutto il mondo dovrà essere governato da un “Uno-dio”, che potrà fare tutto, come il presidente della Cina. Per fare l’uomo nuovo, si dovranno utilizzare cellule embrionali e i cattolici dovranno ingoiare il rospo. Si dovrà mandare in soffitta la Natura e il transumanesimo non potrà essere gestito col consenso delle masse”.

Sono i concetti espressi PUBBLICAMENTE, nei video che riportiamo, dal Prof. Giuliano Di Bernardo, docente di Filosofia della scienza all’Università di Trento. Entrato in Massoneria a 16 anni, vi ha militato per 40 fino a diventare nel 1990 Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. Poi, orripilato dalle infiltrazioni della ‘ndrangheta,   è uscito nel '93 e ha fondato la Gran Loggia regolare d’Italia, ma, date le ulteriori infiltrazioni, ha lasciato anche questa.

“Un fiore sulla palude della massoneria”, così è stato definito dal Procuratore Agostino Cordova: certamente Di Bernardo è una persona onesta e sincera, dall’eloquio affascinante. Il problema è che, nella sua sincerità rivela quali sono gli obiettivi della più pura massoneria internazionale, dato che è molto legato a quella – potentissima - inglese.

Ascoltiamo il suo preambolo  (min. 3.00) in trasmissione da Luttazzi: “La massoneria è una concezione della vita e dell’uomo: libertà, tolleranza, fratellanza trascendenza e fondamento iniziatico. Nei rituali della più antica massoneria, quella inglese, vi troviamo tracce della filosofia occulta - di cui uno dei maggiori rappresentanti fu Pico della Mirandola - e consiste nell’ermetismo, nella cabala cristiana, nella magia, nell’alchimia, nel ROSACROCIANESIMO”.  

Ed ecco cosa spiega (dal minuto 7:20) durante la trasmissione "Segnalibro":

“La globalizzazione altro non è che un processo di omogeneizzazione delle differenze umane; in tempi recenti, ha avuto una forte accelerata da parte della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche e questo ha cambiato tutto.

Il fenomeno di globalizzazione ormai sta andando sempre più avanti ed è irreversibile per una ragione semplice: se sono la scienza e le applicazioni tecnologiche a spingere verso la globalizzazione del pianeta, bene, noi potremmo arrestare la globalizzazione fermando la scienza. Lei pensa che questo sia possibile?

La scienza andrà avanti e più la scienza va avanti più ci sarà globalizzazione. Arriveremo a un punto in cui ci sarà una sola società su tutto il pianeta Terra e allora la domanda è: chi  governerà questo “paese”? (Il Nuovo ordine mondiale? n.d.r.) Chi governerà questo mondo? Per ragioni che ho spiegato ampiamente nel libro NON POTRÀ ESSERE LA DEMOCRAZIA, LA DEMOCRAZIA RIVELA TUTTE LE SUE DEBOLEZZE E LE SUE CONTRADDIZIONI.

La società completamente globalizzata sarà governata da colui che ho chiamato l’UNO,  ma questo che cosa significa? Significa che i fenomeni che oggi noi stiamo affrontando potranno trovare soluzione soltanto all’interno di una società governata dall’UNO.

La pandemia, ecco, la pandemia è un ulteriore fattore di accelerazione verso la società globalizzata dell’UNO-dio, perché? Perché la pandemia di cui parliamo oggi non è l’eccezione, ma è la regola.

Noi ci dobbiamo  aspettare, in tempi brevi, altre pandemie che metteranno a rischio la sopravvivenza dell’umanità.

Allora dobbiamo trovare il modo, che non è quello di evitare le pandemie, ma quello di controllarle e allora dobbiamo vedere quali forme di governo consentono di controllare le pandemie.

Rispetto al futuro da me ipotizzato, che è quello dell’UNO-dio, oggi noi abbiamo una piccola anticipazione nel nostro presente, rappresentato appunto dalla CINA.

Per noi osservatori occidentali, quasi sempre distratti, la Cina sta creando condizioni del tutto particolari. Il presidente è stato eletto a vita, il che significa che per tutta la sua vita può dare quella impostazione che lui desidera per la Cina e per tutto il pianeta.

Non ha, quindi, le interruzioni previste dalla democrazia, ma, proprio per questo, avendo a disposizione la scienza, la tecnologia, l’intelligenza artificiale e tutto ciò che rappresenta le potenzialità scientifiche, è veramente UN DIO CHE PUÒ FARE TUTTO, che ha un potere assoluto, ecco perché io l’ho chiamato l’UNO-dio, ma l’UNO-dio può governare con successo un popolo di 1miliardo e 400.000 mila individui anche perché questo popolo non ha una religione, ma ha una filosofia pratica che è il Confucianesimo”. 

Ed ecco quali sono i progetti sull’uomo e come li intende il già Gran Maestro Di Bernardo (dal minuti 13.00)  :

“La biologia ci dice tutto ciò che sappiamo sull’uomo come organismo vivente. Con Darwin cominciano quegli studi portati poi avanti dalla genetica e dalla biologia molecolare che ci fanno capire come si produce la vita. Oggi noi lo sappiamo: entro 50 anni saremo in grado di produrre qualsiasi forma di vita. Se conosciamo il meccanismo della vita POSSIAMO MANDARE IN SOFFITTA LA NATURA. Per 4 miliardi di anni l’evoluzione è stata governata dalla natura, ora che l’uomo, questa scimmia pensante ha scoperto il meccanismo della vita può dire alla natura: “Tu non servi più, adesso decido io come l’uomo deve svilupparsi”. Si parla di uomo nuovo, di clonazione… Sono termini ancora molto forti. Si arriverà al punto in cui l’uomo potrà dire “Io l’uomo lo voglio cosi”. La scienza faccia in modo che tutte le malattie che hanno afflitto l’umanità siano eliminate. Questo ci consentirà di usare le CELLULE EMBRIONALI STAMINALI, non solo quelle mature. Ci sarà un po’ di resistenza da parte di certi ambiti, ma se il benessere è quello dell’uomo senza malattie si ingoierà il rospo e si andrà avanti. Così la vita umana si allunga. Come lo vogliamo quest’uomo? Ci troveremo di fronte a tante possibilità di come costruire l’uomo. Se ci mettiamo in 5 milioni a dire come vogliamo l’uomo, ci troveremo a 5 milioni di immagini dell’uomo. A questo punto l’umanità si troverà di fronte a un bivio tragico: o trova una soluzione o è destinato all’estinzione. Ma allora: questa immagine nuova dell’uomo, può ESSERE RISULTATO DEL CONSENSO? Questa è la domanda. SECONDO ME NO”. 

Non fa una grinza, tuttavia, come capite si tratta di concetti che da un punto di vista cristiano, ma anche della sensibilità di molti laici, verrebbero interpretati come del tutto LUCIFERINI.  E se Di Bernardo è il “fiore sulla palude”, il pensatore puro e onesto, potete immaginarvi cosa sia la palude.

E non è un caso che l’ex Gran Maestro, da coscienzioso massone, sia un fierissimo anticattolico. Un documento pubblicato anni fa dalla rivista ''30 giorni'', riguardante una conferenza segreta dell’allora Gran Maestro, riportava il suo incitamento alla lotta contro la religione cattolica”.

Avvantaggiandosi di quelle modeste conquiste evolutive che il prof. Di Bernardo guarda con sufficienza, anche una mente limitata riesce però a collegare fenomeni apparentemente inspiegabili e slegati fra loro:  immigrazione selvaggia (omogeneizzazione dell’umanità), globalizzazione, politiche abortiste (uso delle staminali), genderismo (rivolta contro la natura), Transumanesimo ateo, soggezione alla Cina e importazione del suo sistema di governo, “controllo” delle pandemie, manipolazioni genetiche e tutte quelle altre meraviglie che ci passano sotto il naso oggi.

C’è però qualcosa che non torna: stranamente, nel 2016 Di Bernardo rispondeva Giancarlo Amadori in un’intervista del 22 febbraio 2016, a Libero: “Qual è il suo prototipo di tiranno illuminato?”. Il professore ha risposto: “Se devo indicare un nome, direi il Papa“.  

Ma come: nel 1990 Di Bernardo non diceva che bisognava combattere la Chiesa cattolica?

Così, per uno di quegli scherzi della memoria, tornano in mente la croce pettorale ROSACROCIANA che porta al petto Bergoglio,  i suoi appelli alla fratellanza,  la rugiada dei rosacroce nella messa,  gli abbracci col superabortista Biden, la conferenza sul Transumanesimo in Vaticano, l’immigrazionismo accoglientista … Ma… ma…. non sarà che … ?

Ma noooo, sono solo teorie del “gomblotto”. Tranquilli. Andrà tutto bene. Voi non siete abbastanza evoluti per capire. Lasciate fare ai saggi, ai Gran Maestri e ai buoni scienziati che ci renderanno più intelligenti.

Il nuovo Cts lavora nell'ombra. Nessun verbale online, alla faccia della trasparenza. Il Tempo l'11 maggio 2021. Comitato nuovo, abitudini vecchie. Come quella alla scarsa trasparenza. Già perché il Comitato tecnico-scientifico (Cts) che supporta il governo di Mario Draghi nella gestione dell'emergenza Covid fornendo le indicazioni scientifiche che, almeno in teoria, dovrebbero stare alla base delle misure contro la diffusione del Covid, è stato rinnovato il 16 marzo scorso con una nuova squadra guidata da Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità del ministero della Salute, che ha preso il posto dell'ex coordinatore Agostino Miozzo. Ma la pubblicazione dei verbali delle riunioni in cui si discute del futuro degli italiani sul sito della Protezione civile è ferma al 12 marzo, ultimi lampi del primo Cts. Dopo le pressioni sulla divulgazione dei resoconti ci eravamo abituati a un ritardo di trenta-quaranta giorni tra lo svolgimento delle riunioni degli esperti e la pubblicazione dei resoconti. Ma qui si attende ancora il verbale della prima riunione e siamo ben oltre i tempi visti finora. Non è escluso che ci siano difficoltà tecniche e di "avvio" delle operazioni di segreteria, ma certo che la pubblicazione dei verbali ferma a marzo rappresenta un passo indietro notevole nella trasparenza dell'azione del Cts. Il nuovo Cts varato dopo la nascita del governo Draghi è formato da 12 componenti: il coordinatore è Locatelli, come portavoce è stato scelto invece Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di Sanità. Partecipano al Cts, Sergio Fiorentino (segretario), Giuseppe Ippolito, Cinzia Caporale, Giorgio Palù, Giovanni Rezza, Fabio Ciciliano, Sergio Abrignani, Alessia Melegaro, Alberto Giovanni Gerli, Donato Greco.  

Daniela Lauria per blitzquotidiano.it l'1 dicembre 2021. Una settimana in terapia subintensiva per Covid gli ha fatto cambiare idea. Così Lorenzo Damiano, leader dei No Vax trevigiani e già candidato sindaco a Conegliano con la lista Norimberga 2, si è convertito al vaccino. Secondo quanto riportato dai giornali locali, Damiano avrebbe ammesso di avere ripensamenti, una volta uscito dal pericolo, quando cioè le sue condizioni sono migliorate. “Dopo questo periodo ho un’altra visione del mondo – ha detto – mi vaccinerò”. L’uomo era finito nei giorni scorsi in ospedale a Vittorio Veneto per complicanze dovute al coronavirus. I giorni difficili trascorsi e un quadro clinico complicato sono bastati a fargli cambiare visione. “Sarò pronto quanto prima – ha detto – quando Dio vorrà, a far sapere al mondo intero quanto sia importante seguire collettivamente la scienza, quella che ti salva”. “A volte bisogna passare per una porta stretta – ha aggiunto – per capire le cose come sono. Vaccinatevi tutti, io mi vaccinerò”. A settembre con la lista Norimberga 2 Lorenzo Damiano è stato candidato sindaco a Conegliano. In campagna elettorale aveva organizzato diversi incontri pubblici con No Vax e No Green pass. In precedenza, alle europee del 2019, Damiano è stato candidato con Forza Nuova, insieme a Roberto Fiore e Luca Castellini. Il suo partito “I Pescatori di Pace” ha come primi tre punti del programma: no all’aborto, no all’adozione di bambini da parte di coppie promiscue, no all’eutanasia. 

Laura Berlinghieri per "la Stampa" l'1 dicembre 2021. Il 12 ottobre scriveva su Facebook: «A Medjugorje no Green Pass, no mascherine e comunione in bocca... Come mai? Perché con Gesù si vince». È tornato dal pellegrinaggio con l'infezione da Covid Lorenzo Damiano, 56 anni, tra i leader veneti del movimento No Vax. Candidato sindaco a Conegliano (Treviso) con la lista Norimberga 2 (sottotitolo: «Crimini di Stato ai tempi del Covid 19»), dopo una settimana di ricovero nel reparto di terapia sub-intensiva dell'ospedale di Vittorio Veneto il suo punto di vista sulla pandemia e sulla vaccinazione è completamente cambiato, e ora promette, senza esitazioni: «Mi vaccinerò». Un ripensamento totale per un uomo che, con la sua lista, si prefiggeva l'obiettivo di sconfiggere la dittatura sanitaria. E che, appena il 12 novembre, postando sui social un video del microbiologo Andrea Crisanti, scriveva: «I vaccini sperimentali sono pericolosissimi. Vaccino a gennaio? No, grazie». Non ha fatto in tempo, Damiano: l'infezione è arrivata prima, in una delle forme più severe, tanto da obbligarlo al ricovero in terapia sub-intensiva. Fortunatamente ieri è stato dimesso dall'ospedale, ma sono bastati quei sette giorni di andata all'inferno e ritorno per farlo rinsavire. «Dopo questo periodo, la mia visione del mondo è cambiata e sarò pronto quanto prima a far sapere a tutti quanto sia importante seguire collettivamente la scienza, quella che ti guarisce e ti salva la vita», le sue parole, poco prima delle dimissioni. Lui che, ultracattolico, respingeva i vaccini perché non arrivano da Dio. Contagiato a Medjugorje Ora ringrazia i medici e gli infermieri che l'hanno curato: «Sono stati meravigliosi. Sono stato sottoposto a una cura con gli anticorpi monoclonali. Adesso mi sto riprendendo, mi sento bene». E promette che si spenderà per convincere tutti i suoi "seguaci", che periodicamente riuniva in piazza per manifestare contro Green Pass e obbligo vaccinale. «Sarò pronto quanto prima, quando Dio vorrà, a far sapere al mondo intero quanto sia importante seguire collettivamente la scienza, quella che ti salva. A volte bisogna passare per una porta stretta per capire le cose come sono». Parole che hanno spiazzato i suoi ex sodali, alcuni dei quali interpretano il dietrofront di Damiano come un vero e proprio tradimento. L'ex candidato sindaco, che fino a pochi giorni fa riteneva che il Covid si potesse curare benissimo con le terapie domiciliari, fa spallucce e prosegue dritto per la sua strada. Ha persino chiesto un incontro con Papa Francesco, sperando in una sorta di investitura ufficiale come «testimone di verità», la verità del vaccino. Quella stessa verità che credeva fosse frutto di una montatura architettata da chissà chi. Dopo avere sperimentato sulla sua pelle gli effetti della polmonite, non ha più dubbi: il Covid esiste e non è una semplice influenza. «Mi vaccinerò e dico a tutti di farlo». 

Biella, voleva vaccinarsi su un “finto avambraccio” (in silicone). Un 50enne di Biella si è presentato al centro vaccinale, sperando che nessuno si accorgesse dell'anomalia. Ora è scattata la denuncia in procura. Il Dubbio il 3 dicembre 2021. Si è presentato in un centro vaccinale di Biella con un “finto avambraccio” (un deltoide in silicone), pensando di poter ingannare gli operatori sanitari, raggirare il sistema e ottenere così il green pass senza aver realmente fatto il vaccino. Il piano è però fallito perché, nonostante l’applicazione in silicone fosse molto simile alla vera pelle, il colore e la percezione al tatto hanno insospettito l’operatrice sanitaria impegnata nella vaccinazione, che ha chiesto quindi alla persona di mostrare per intero il proprio braccio. Una volta scoperto, l’uomo ha cercato di convincere l’operatrice a chiudere un occhio. Il 50enne verrà ora denunciato ai carabinieri e l’asl segnalerà il caso anche in Procura. «Il caso rasenta il ridicolo, se non fosse che parliamo di un gesto di una gravità enorme, inaccettabile di fronte al sacrificio che la pandemia sta facendo pagare a tutta la nostra comunità, in termini di vite umane e di costi sociali ed economici», sottolineano il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore alla Sanità Luigi Genesio Icardi.  «La prontezza e la bravura dell’operatrice hanno rovinato i piani di questo soggetto che ora ne risponderà alla giustizia. Il nostro grazie va, invece, a tutti gli operatori sanitari impegnati ininterrottamente da mesi nella nostra campagna vaccinale senza mai abbassare l’attenzione e la professionalità, a cominciare proprio da chi ha agito con prontezza a Biella, una delle prime Asl ad aver anche già raggiunto virtuosamente più del 93% del target di somministrazioni giornaliere che la Regione ha dato alle proprie aziende sanitarie per correre sempre più veloci con le terze dosi» concludono Cirio e Icardi.

Simona De Ciero per il Corriere.it il 3 dicembre 2021. «Sono passata in pochi istanti da una situazione di normalità, a una d’imbarazzo e poi, ancora, a una di stupore e incredulità». A parlare è Filippa Bau, l’infermiera che giovedì mattina, all’hub vaccinale Biverbanca di Biella, ha scoperto la truffa del finto braccio in silicone orchestrata da un cinquantenne no vax che, secondo le ricostruzioni di quanto avvenuto, sperava di ottenere il green pass fingendo di farsi vaccinare. 

Come si è accorta che qualcosa non andava?

«Quando ho scoperto il braccio dell’utente, al tatto ho percepito una “pelle” gommosa e fredda; non solo, l’incarnato era troppo chiaro».

E cos’ha pensato?

«Che il signore avesse subito l’amputazione di un arto e avesse prestato per l’iniezione il braccio sbagliato. Ero dispiaciuta, pensavo di averlo messo involontariamente in una situazione imbarazzante e così, immediatamente, gli ho chiesto di darmi l’altro braccio». 

L’uomo come ha reagito?

«Subito ha cercato di tergiversare ma poi mi ha dato l’altro braccio. Immagini il mio stupore quando ho sollevato la maglietta e mi sono trovata di fronte un arto esattamente uguale al precedente. Lì ho capito, in un istante, che l’uomo che avevo davanti stava cercando di eludere la vaccinazione attraverso una protesi in silicone sulla quale sperava che io, inconsapevole, iniettassi il farmaco».

Cosa ha fatto a quel punto?

«Sono andata dal medico che poco prima aveva fatto l’anamnesi al paziente e, insieme, abbiamo fatto una seconda valutazione agli arti dell’uomo». 

L’uomo come ha reagito?

«Ha sorriso e ha confessato di aver indossato un busto di scena, evidentemente, nel tentativo di ottenere il super green pass senza fare veramente il vaccino. E se n’è andato. Non è stato né scortese né maleducato: si è alzato ed è andato via».

E voi, invece, come vi siete mossi?

«Ci siamo fermati a riflettere un istante e abbiamo capito che non si trattava solo una situazione surreale ma di una vera e propria truffa. Così, abbiamo redatto una relazione che abbiamo consegnato ai nostri superiori, a cui spetta fare la denuncia in casi come questi. Subito dopo, ovviamente, ho ripreso la mia attività di vaccinatrice». 

Cosa prova dopo aver vissuto quest’esperienza?

«Sono incredula e molto stressata. Nelle ultime settimane, tutti quelli che si presentano a fare la prima dose di vaccino sono arrabbiati con il “sistema” e si sentono obbligati». 

E lei, come reagisce?

«Io e i colleghi cerchiamo di abbassare il livello di tensione non prestando il fianco a nessuna provocazione. Ma sono davvero stanca e altrettanto dispiaciuta, nel vedere tutte queste persone che non comprendono quanto il vaccino sia indispensabile per tutelare la salute loro, e dei loro cari». 

Lei crede nel vaccino?

«Assolutamente sì, ho fatto la terza dose appena possibile e tutti i giorni svolgo questo lavoro non solo perché mi dà da vivere, ma con dedizione e grande convinzione, nonostante tutto».

Guido Russo ospite da Giletti: «Il braccio di silicone l’ho costruito io, ero no vax poi mi sono vaccinato». Floriana Rullo su Il Corriere della Sera il 9 dicembre 2021. «Una provocazione». L’ha definita una «performance» Guido Russo, 57 anni, il dentista No Vax di Biella finito sui giornali di tutto il mondo per essersi presentato al centro vaccinale, giovedì scorso, con un braccio in silicone nel tentativo di farsi iniettare il siero nell’arto finto ottenendo ugualmente il Green Pass.

«Volevo che venissero tutti, che chiamassero i carabinieri. Volevo una piccola audience, ma non pensavo che avrei avuto questo pubblico. Ho costruito io il braccio finto con la gommapiuma e il silicone. Era una cosa artigianale. Sapevo se ne sarebbero accorti. Il giorno dopo mi sono vaccinato».

L’odontoiatra, ospite a “Non è l’Arena” di Giletti su La 7, ha raccontato la sua verità, una ricostruzione che, ha fatto notare Giletti, contrasta con quella fatta dell’infermiera che l’ha scoperto. «Volevo sollevare un problema sul fatto che i sanitari sono obbligati a fare il vaccino ma in questo caso i pazienti come possono esse sicuri che non siano stati contagiati? Meglio fare i tamponi ogni 48 ore». Russo ha anche parlato di se stesso.

«Faccio il dentista, ho una famiglia normale, un figlio che studia per fare il mio stesso mestiere, una sorella avvocato, una vita tranquilla che adesso è cambiata».

Il corpetto finto ha raccontato di essere autocostruito con silicone e gommapiuma. Un gesto pianificato che nei mesi precedenti lo avrebbe portato a fare altri quattro vaccini nei mesi precedenti, dall’antirabbica all’antitetanica. Del giorno in cui si è recato nel centro vaccinale racconta: «Ho fatto la coda, mi sono iscritto, ho compilato il modulo e aspettato il mio turno».

Le reazioni in studio sono state decisamente poco favorevoli all’odontoiatra. Lo stesso Giletti si è chiesto se il gesto per diventare efficace non avrebbe dovuto essere filmato e se quindi la spiegazione non sia arrivata soltanto in un secondo tempo. «Non ci ho pensato» ha ribattuto Russo. «O forse perché la sua idea era un’altra» ha detto Giletti. Poi il colpo di scena. Appena due minuti prima si è detto no vax ma solo contro il vaccino covid per poi confessare che, il giorno dopo, si è regolarmente vaccinato. «Sono stato obbligato dal sistema. Dovevo lavorare. Credo che il vaccino sia una soluzione ma l’obbligo è sbagliato. «Mi hanno giudicato e condannato prima ancora di ascoltare i fatti. Non sono contrario a tutti i vaccini ma solo al vaccino contro il Covid».

Russo è indagato dalla procura di Biella ed è accusato di tentata truffa ai danni dello Stato. Nei prossimi giorni, assistito dal suo avvocato Max Veronese, chiederà di essere ascoltato in Procura per raccontare la sua versione dei fatti.

Guido Russo, chi è il dentista no vax con il falso braccio di silicone: denunciato per truffa. Floriana Rullo su Il Corriere della Sera il 3 dicembre 2021. Ha 57 anni ed era già stato sospeso per aver detto no al vaccino. Sulla porta del suo studio il cartello: «Presentazione green pass esclusivamente volontaria». «Ho bisogno del vaccino per lavorare». Per questo Guido Russo, l’unico medico odontoiatra sospeso a Biella proprio perché aveva rifiutato di vaccinarsi, ieri 2 dicembre ha deciso di presentarsi con un braccio in silicone, che comprendeva la spalla col muscolo deltoide in cui infilare l’ago, nel centro vaccinale Biverbanca di Biella. Da qualche tempo, da quando il vaccino per la categoria sanitaria era diventato obbligatorio, non poteva più lavorare. Si era sempre rifiutato di fare il vaccino e quindi non poteva operare sui pazienti. «Anche se spesso lo vedevamo in studio», raccontano alcuni condomini del palazzo di via Roma dove il medico ha l’ambulatorio.

Cinquantasette anni, residente a Ronco Biellese — dove però non risulta vivere da almeno due anni, e dove la casa risulta disabitata — Russo lavorava oltre che nel suo studio in centro a Biella anche sulle montagne di Vallemosso. «Il martedì era qui», specificano i colleghi. Descritto come una persona particolare, ma anche scherzosa e divertente nel palazzo, per lo più formato da professionisti come avvocati e medici, nessuno si aspettava che quell’uomo potesse essere il medico che ieri ha tentato di utilizzare un braccio finto pur di non vaccinarsi. In realtà, che fosse contrario al vaccino era chiaro a tutti. Sulla porta del suo studio aveva sottolineato con un cartello che non aveva intenzione di controllare il green pass dei pazienti. «Presentazione green pass esclusivamente volontaria», aveva scritto nero su bianco chiedendo però agli stessi pazienti di mettere in pratica tutte le precauzioni per prevenire il Covid. Una simpatia che alcuni definiscono quasi geniale. «Se non fosse che il gesto ha messo in cattiva luce l’intera categoria, sarebbe anche stato simpatico — dicono alcuni abitanti dello stabile —. Ma durante la pandemia non si possono fare cose simili». A descriverlo come simpatico era stata la stessa infermiera che ieri ha cercato di ingannare. Con calma, tranquillità e sorridendo, aveva mostrato l’arto finto. Con il sorriso sulle labbra, senza mai dire una parola fuori posto. Una volta pizzicato ha cercato di convincere l’operatrice a chiudere un occhio. Ha anche sollevato la maglietta e fatto vedere l’arto. Probabilmente era stato lui a parlare su Twitter, sotto falso nome, di quell’idea così assurda. Era il 24 novembre scorso quando un certo Giuseppe Maria Natale raccontava sul social di una tuta-busto di silicone che su Amazon veniva venduta a poco meno di 500 euro. Il testo del tweet, che oggi non compare, si può ancora trovare attraverso i motori di ricerca. Diceva: «Se vado con questo se ne accorgono? Magari sotto sto busto in silicone mi metto pure qualche altro indumento per evitare di far arrivare l’ago al mio braccio vero». E mentre per lui è scattata la denuncia per truffa, anche l’Ordine dei medici si interroga se e come adottare provvedimenti: «Appena avremo sufficienti prove per affermare che la persona sia lui, chiederemo un provvedimento disciplinare nei suoi confronti. Ciò che ha fatto è molto grave, soprattutto per un medico che dovrebbe aver fatto della scienza la sua ragione di vita».

Floriana Rullo per corriere.it il 5 dicembre 2021. «Andate via. Mi avete rovinato la vita». È ormai barricato dietro la porta della villetta isolata della frazione san Francesco a Pettinengo, in Alto Biellese, Guido Russo, il dentista biellese che l’altro giorno si è presentato a fare il vaccino con un braccio di silicone. A chi suona il campanello ora minaccia di chiamare i carabinieri. «Andate via, chiamo i carabinieri», urla. L’uomo, 57anni, sospeso dall’albo dei medici odontoiatri perché non vaccinato, aveva affisso sulla porta del suo studio il cartello «esibizione del Green pass solo volontaria». Intanto la notizia ha fatto il giro del mondo. A parlarne ieri anche il New York Times che ha titolato «A man in Italy tries to get a shot in a fake arm to qualify for a vaccination certificate», e nell’articolo ha descritto la sconcertante vicenda. Analoga notizia è comparsa sul sito della CNN, su quello della BBC e sui media del Golfo come Al Arabiya. Intanto l’Ordine dei Medici di Biella annuncia provvedimenti contro Guido Russo, al momento denunciato per truffa. «Quando abbiamo appreso che un cittadino si era recato in un centro vaccinale con un arto in silicone - si legge nella nota dell’ordine- abbiamo pensato a un ennesimo delirante espediente per ottenere il green pass. Saputo che si trattava di un odontoiatra iscritto al nostro Ordine Provinciale abbiamo provato uno sdegno profondo». «Il nostro Codice di Deontologia e il nostro Giuramento - prosegue la nota - ci impongono di evitare anche al di fuori dell’esercizio della professione ogni atto che leda il decoro e la dignità della professione. Agiremo con tutti i possibili mezzi per perseguirlo disciplinarmente». In realtà Russo, che vive in un paesino dell’alto Biellese e che esercitava la sua professione in due studi in provincia, non ha mai fatto mistero delle sue posizioni no vax: sulla porta dell’ambulatorio campeggiava un cartello che recitava «La presentazione del green pass è esclusivamente volontaria».

La società incellophanata. L’infermiera di Biella, il braccio di silicone e il no vax porn assicurato. L'Inkiesta il 4 Dicembre 2021. Dopo un anno e mezzo di giornali monotematici sulla pandemia abbiamo così bisogno di variazioni che siamo disposti a credere a tutto. Pure a due medici che costringono una addetta alle somministrazioni a ingigantire per i media una semplice storia: uno poco sveglio si è impacchettato una parte del corpo per non ricevere la dose. Chissà cosa farebbe Joyce Maynard di Filippa Bua, che incarna l’inizio e la fine della società dello spettacolo. Joyce Maynard è una scrittrice americana. Chi ama l’orrore la ricorda perché da ragazza ebbe una relazione con J.D. Salinger, e poi ne mise all’asta le lettere e scrisse, a proposito della loro storia, roba rancorosa – quando ancora questi comportamenti facevano di te una bisbetica e non un’eroina del neofemminismo. Chi ama le meraviglie la ricorda per Da morire, il romanzo degli anni Novanta – poi diventato film di Gus Van Sant – in cui appare quel personaggio vertiginoso che è Suzanne Maretto, la donna disposta a tutto pur di diventare famosa, la giornalista che c’insegna che «non sei nessuno, in America, se non sei in televisione». Filippa Bua è l’infermiera di Biella che avrebbe rifiutato il vaccino a un tizio che si è presentato «con un braccio di silicone», scrivono i giornali, apparentemente non turbati dall’inverosimiglianza della dinamica. Il tizio è una variazione fantasiosa del cliché del picchiatello antivaccinaro, e dopo un anno e mezzo di giornali monotematici sulla pandemia abbiamo così bisogno di variazioni che siamo disposti a credere a tutto (sì: persino più del solito), anche a un braccio di silicone. Dopotutto abbiamo quasi tutti fatto il Dams, e abbiamo imparato da Guy Debord (o da Freccero, che è una sua variazione antivaccinara) che la realtà sorge nello spettacolo, e lo spettacolo è reale. I due minuti d’intervista a Filippa Bua che ieri stavano sul sito del Corriere mi hanno fatto pensare a come si potrebbe riscrivere Suzanne Maretto oggi. Oggi che la tv non conta più niente: oggi che non sei nessuno se non sei virale. Oggi che quell’ambizione e quella spietatezza nessun produttore te li farebbe passare, devi umanizzarla, devi darle una madre anziana cui badare, un dolore d’infanzia, un trauma primario. Oppure farla vittima delle circostanze. Ecco, forse così Filippa Bua funziona. Come vittima d’un qualcosa, magari dei due tizi al centro dell’inquadratura (dirigenti dell’ospedale?), i Grandi Suggeritori che le imboccano risposte alle domande dei giornalisti. Lei racconta che il tizio aveva un busto teatrale di silicone: «Crede che io abbia questi pettorali», pare abbia detto allorché scoperto. Mi piace immaginarlo col tono con cui Cuticchia Cesare dice a Benvenuti Sergio «T’ho raccontato un sacco di fregnacce»: è una citazione di Borotalco, quando i comici romani facevano film che non credevano fossero dialogati in italiano. Nessuno le chiede – giacché è maleducato interrompere un’emozione, e maleducatissimo mettere in dubbio la realtà che sorge nello spettacolo – quanto fosse spesso questo silicone. Mezzo centimetro? Cinque centimetri? Quanto dovrebbe essere spesso per riuscire a impedire all’ago d’arrivare alla carne? Quanto per vestircisi sopra? I giornalisti le chiedono a che ora fosse arrivato il tizio, se ci fosse molta gente, confusione, sognano che lei dica per poco non ci ha fregato, fossimo stati di fretta avremmo mandato in giro uno che s’era vaccinato il costume di scena, e la Suzanne Maretto che ci possiamo permettere dice «era una giornata…» e poi cerca l’aggettivo, e i due suggeritori s’intromettono con lo zelo di chi pensa di capire come vada a finire la barzelletta e interrompe a casaccio. «Intensa». Lei non vuol dire ma cosa cazzo dite, e quindi dice sì, «emotivamente intensa», ma non è che ci fosse tanta gente. «Non credevo», dice Filippa Suzanne, sorpresa dell’investitura a eroina del giorno, e i due al centro la rassicurano, «è stata bravissima», e poi procedono a tradurre una domanda che non abbiamo sentito, o che forse non è mai stata fatta, forse sono i Boncompagni che inventano un nuovo diavolo che sta con Occhetto e lei non è più Suzanne ma Ambra, fatto sta che dicono «Giustamente loro chiedono, alla fine, oltre che irrispettoso, inqualificabile, vi ha fatto anche perdere tempo», e lo dicono senza mettersi a ridere, mentre s’attardano in una conferenza stampa che non può aver portato via meno d’un’ora per narrare dei trenta secondi in cui un pirla s’è presentato coperto di domopak a farsi vaccinare. «Siete rimasti quasi scioccati, lì per lì quasi increduli», suggeriscono i Grandi Suggeritori, e Filippa Suzanne ha la mascherina come tutti, quindi non si vede se faccia smorfie, ma si percepisce la sua insofferenza, la sua idea che forse sarebbe meglio tornare a lavorare e smetterla di perdere tempo con questa stronzata, ma è l’unica a pensarla così. I due tizi gongolano, e i giornalisti più di loro: anche per oggi le prime pagine sono assicurate, anche per oggi non ci tocca farci venire un’idea, anche per oggi quello che una mia amica saggia chiama il «no vax porn» è assicurato, per grandi e piccini. Ed è allora che capisco d’aver sbagliato il casting. Scusami, Filippa: sei scartata. Suzanne sono loro. Sono quei due che credono che «la tv è il posto che ci dice chi siamo». La tv, o i video socializzabili che hanno preso il suo posto. Sono loro che sanno che «che senso ha fare qualcosa di buono se nessuno ti guarda?». Loro sanno, come Suzanne, che Gorbaciov sarebbe ancora al potere se si fosse tolto quella cosa viola dalla fronte: loro la società dello spettacolo la conoscono. Sei solo tu, povera ingenua, che puoi pensare di passare le giornate a fare punture a picchiatelli d’ogni categoria, quando si possono indire conferenze stampa e perdere tempo a farsi tronfi d’essere quelli intelligenti. Cioè: quelli più intelligenti di uno che si presenta incellophanato.

Non è l'arena, il no-vax pentito Pasquale Bacco: "Facevo parte di un gruppo di criminali, chi ci proteggeva". Libero Quotidiano il 02 dicembre 2021. Era un medico no vax, un negazionista come quelli che vanno nelle piazze a protestare senza mascherine contro il vaccino e contro il Green pass. Ma ora Pasquale Bacco, medico legale, componente dell'associazione L'Eretico, uno dei 'guru' degli anti vax, è pentito di tutto quello che ha detto. Il Covid esiste e il vaccino è l'unica soluzione. Ospite di Massimo Giletti a Non è l'arena, su La7, nella puntata di mercoledì 1 dicembre, suona la sveglia ai no vax ma anche a quella parte di persone che non ascoltano quelle persone che non si vaccinano solo perché hanno dubbi o paura. "La situazione nelle terapie intensive è più drammatica di quella che si vede, oggi il virus colpisce soprattutto i giovani sani", racconta Bacco. "Mi sento in colpa, non possiamo andare sui palchi e dire 'baciatevi e abbracciatevi'. In questo momento il virus è pericolosissimo", avverte dallo studio. E invita quindi chi protesta a seguire le regole e tutte le norme di protezione come mascherine e distanziamento. Poi Pasquale Bacco fa mea culpa: "Mi autoaccuso, facevo parte di una fazione, criminali come Castellino e Fiore vanno sui palchi... La maggior parte dei no vax non sentendosi ascoltati trovano protezione in questi criminali. Sono stato minacciato di morte perché ho abbandonato la linea dei no vax, sono pericolosi, usano un metodo mafioso e strumentalizzano le persone". Però non tutti i no vax sono "feccia". Quindi, conclude Bacco, "bisogna ascoltarli. Dobbiamo uscire insieme da questa storia. Isoliamo quella parte di no vax, negazionista del virus, veramente inascoltabile. Ma dall'altra parte pure i media e i 'si vax' devono cominciare a dare attenzione alle perplessità sul vaccino di una parte della popolazione, che non è giusto non ascoltare". 

Benedetta Moro per il "Corriere della Sera" il 3 dicembre 2021. C'era anche lui al varco 4 nelle giornate di protesta contro il green pass, capeggiate da Stefano Puzzer. Faceva il duro e puro. «E adesso sono qua», dice Eduard Irinel Ciobanu, 47 anni, portuale di origini romene ricoverato nel reparto Pneumo Covid dell'ospedale di Cattinara, a Trieste. Quando il respiro è diventato affannoso ha cambiato idea in fretta: «Non bisogna sottovalutare il Covid». In poco tempo è diventato un no vax pentito. Lo dice ai microfoni del giornalista di Non è l'Arena, il programma di Massimo Giletti su La7 , entrato nel reparto per intervistare i pazienti. Per respirare meglio adesso Eduard ha dei tubicini nel naso. «Mi hanno bucato dappertutto per salvarmi - racconta -, perché mi hanno detto che i polmoni sono veramente distrutti». Chissà se aveva in mente queste immagini, di lui allettato in semi-intensiva, quando aveva deciso di scendere in piazza. Al momento non è certo dove abbia contratto il Covid. Probabilmente non alle proteste, che ormai risalgono a più di un mese fa. La moglie è a casa che lo aspetta con il figlio. È in pena per lui, dicono gli amici. Molti di loro lavorano all'Agenzia per il lavoro portuale del Porto di Trieste, la stessa azienda partecipata dell'Autorità portuale da cui è stato licenziato Fabio Tuiach. Il motivo principiale ormai è noto: aveva preso parte alle manifestazioni nonostante risultasse in malattia. E poi l'ex campione di pugilato ed ex consigliere comunale per Lega e Forza Nuova era rimasto a casa perché aveva contratto il Covid. Per lui niente ospedalizzazione però. «Infatti è come un'influenza», ha sostenuto più volte in queste settimane, affermando inoltre come il suo contagio si deve attribuire agli idranti utilizzati il 18 ottobre dalla polizia per liberare il presidio al varco 4. Ciobanu non era molto distante dalle sue idee. «Ecco, io sono uno che non ha proprio creduto al virus, sono stato molto rigido - evidenzia -, però ora ho cambiato idea: il Covid non è da sottovalutare, bisogna stare sempre in guardia, per te e per gli altri. È l'unico modo, purtroppo è così». Ha visto con i suoi occhi chi ha continuato a sottovalutarlo: «È arrivata una persona - dice -, lo hanno provato a intubare, ma lui ha detto: "Io non credo a questo, lasciatemi stare". È morto poco dopo».

Da fanpage.it l'1 dicembre 2021. Johann Biacsics, uno dei più ostinati e convinti No Vax austriaci, è morto dopo aver contratto il Covid-19. Come racconta il quotidiano Die Zeit l'uom è stato accompagnato dai familiari all'ospedale di Vienna all'inizio di novembre in condizioni già severe, con gravi difficoltà respiratorie causate dall'infezione da coronavirus. Biacsics – esponente di spicco del movimento dei cosiddetti "pensatori laterali" – dopo aver rifiutato in precedenza il vaccino ha ripetutamente detto "no" anche alle cure che i dottori gli avevano proposto: il 65enne, infatti, si era convinto di essere già guarito dal Covid nonostante un tampone molecolare avesse dato un esito completamente diverso e fosse positivo. L'attivista No Vax ha insistito per essere riportato a casa e lì ha deciso di "curarsi" – per modo di dire – con una soluzione a base di candeggina, una sostanza presentata come cura miracolosa contro il Covid-19 e di gran voga tra scettici, negazionisti e cultori delle terapie alternative e domiciliari in Austria. A propagandarne l'uso – al grandi quantità e tramite un clistere – è da mesi il medico e giornalista Christoph Specht. La scelta di non affidarsi ai dottori e al metodo scientifico si è però rivelata ben presto sbagliatissima perché nel giro di alcuni giorni il 65enne è morto. Poco prima i suoi familiari hanno chiamato un'ambulanza, ma quando i soccorritori sono arrivati a casa dell'uomo era ormai troppo tardi. Johann Biacsics era noto tra i No Vax austriaci per i suoi libri, articoli e video di YouTube sul tema dell'autoguarigione. Il 65enne era convinto che la medicina alternativa potesse curare anche malattie gravi come il cancro. Due settimane prima della sua morte, Biacsics ha preso parte a diverse manifestazioni contro le chiusure organizzate a Vienna, diffondendo fake news e teorie del complotto. "Ci sono principalmente persone vaccinate nelle unità di terapia intensiva. Il 67 percento è vaccinato", disse Biacsics ai giornalisti televisivi presenti. Quando i cronisti lo corressero, aggiunse di avere "informazioni privilegiate".

Johann Biacsics, battaglia sulla morte del no vax austriaco che si curava con la candeggina: «Avvelenato», «Ucciso dai medici». Paolo Valentino su Il Corriere della Sera il 2 dicembre 2021. Johann Biacsics, ricoverato in gravi condizioni, aveva rifiutato le terapie. Attivo da anni nella divulgazione di cure fai da te, due settimane prima di morire aveva guidato una manifestazione no vax a Vienna. «Master Mineral Solution», l’ha chiamata il suo inventore, il santone americano Jim Humble, spacciandola per l’elisir di lunga vita, la medicina definitiva buona per tutte le malattie. Concretamente è un trattamento di clisteri a base di biossido di cloro, o più volgarmente candeggina. Per un momento anche Donald Trump, in uno dei suoi tanti deliri, aveva suggerito l’uso di qualcosa di simile, chiedendo se per caso l’idrossiclorochina non facesse al caso contro il Covid-19. È molto probabilmente questa la causa della morte, avvenuta l’11 novembre scorso, di Johann Biacsics, 65 anni, campione dei no vax austriaci, da anni attivo nella divulgazione di cure fai da te che sperimentava e metteva a punto personalmente. L’uomo era stato ricoverato all’inizio di novembre in una clinica viennese, in seguito a crisi respiratorie, ed era risultato positivo al Covid-19, ma aveva rifiutato ogni cura. Contro il parere dei medici, che avevano giudicato le sue condizioni gravissime, Biacsics si era fatto dimettere convinto che il trattamento col biossido di cloro lo avrebbe salvato. Ma quando le sue condizioni sono ulteriormente peggiorate, la sua famiglia ha chiamato un’ambulanza per riportarlo in ospedale. Era troppo tardi. Due giorni dopo è deceduto. Molto popolare per i suoi libri e blog sul tema delle auto-cure, compresa una per il cancro, due settimane prima della morte Biacsics aveva guidato una manifestazione no vax per le strade di Vienna. In un reportage trasmesso in settembre dalla Orf, la prima rete pubblica austriaca, lo stregone era stato intervistato davanti alla sede del Parlamento: «In terapia intensiva il 67% dei ricoverati sono vaccinati», aveva urlato. E di fronte alle contestazioni del giornalista, aveva ribattuto di possedere «informazioni riservate». Sulla pagina Facebook di Biacsics si possono già leggere molti post dei suoi fan, dove viene ipotizzato che il loro guru sia stato avvelenato. Mentre la sua famiglia accusa i medici di averlo ucciso. Suo figlio Marcus ha indetto una raccolta fondi per lanciare un’azione legale contro i media (in primis il settimanale tedesco Die Zeit ) per aver riportato «false notizie» sul padre, di cui il giovane rivendica l’autorevolezza. Biacsics, secondo il figlio, era un campione della lotta contro lo strapotere delle case farmaceutiche.

Covid e pandemia dei non vaccinati, le bugie sono dannose e ingrossano il popolo no vax. Franco Bechis su Il Tempo il 06 novembre 2021. Il coordinatore del Cts, professore Franco Locatelli, ieri in conferenza stampa ha voluto platealmente sposare la tesi del ministro della Salute tedesco, Jens Spahn, secondo cui oggi saremmo in presenza di una “pandemia dei non vaccinati”. L'affermazione non è lontana dalla verità anche in Italia, perché è vero che la maggioranza dei ricoverati in terapia intensiva e dei decessi nell'ultimo mese secondo il bollettino Iss è effettivamente di non vaccinati. In terapia intensiva per Covid sono finiti in tutto 474 italiani dai 12 anni in su, e di questi 332 erano non vaccinati (70%), 128 avevano ricevuto due dosi di vaccino e 14 una sola dose. Sui decessi il confronto è ancora più risicato: fra il 3 settembre e il 3 ottobre sono stati in tutto 1.012 e di questi 511 erano di non vaccinati (50,49%), 461 di vaccinati con ciclo completo e 40 di vaccinati con una sola dose. Nella categoria degli ultraottantenni per altro il 57,5% dei decessi (337 ) è stato fra vaccinati a ciclo completo, il 3,8% (22) è stato fra vaccinati con una sola dose e solo il 38,7% (227) risultava del tutto non vaccinato. Sempre fra gli ultraottantenni nei 30 giorni indicati dal rapporto Iss non sono stati tantissimi per fortuna i ricoveri in terapia intensiva: in tutto 66. Ma il 68,2% di ultraottantenni finiti in terapia intensiva aveva doppia dose di vaccino da tempo, e solo il 30,3% non risultava vaccinata. Che la pandemia sia solo di non vaccinati è una verità dunque molto parziale visti questi numeri, e con i dati italiani la tesi di Spahn andrebbe presa molto a spanne. Dal professore Locatelli ci saremmo attesi spiegazioni su questi numeri che un po' inquietano, essendo lui lo scienziato, perché noi non sappiamo il motivo per cui i numeri delle ospedalizzazioni, dei ricoveri in terapia intensiva e purtroppo anche dei decessi fra completamente vaccinati sia diventato con il passare del tempo sempre meno irrilevante. Per gli ultraottantenni la spiegazione potrebbe essere quella che abbiamo già avanzato da queste colonne: puramente matematica. I vaccini hanno una protezione dal virus del 90%, quindi per il 10% dei vaccinati è come se quelle fiale non funzionassero del tutto o comunque parzialmente. Sopra quell'età hanno chiuso il ciclo vaccinale 4,3 milioni di italiani. Il 10% di loro significa quindi 430 mila italiani su cui il vaccino non ha avuto l'effetto protettivo che c'è stato fra tutti gli altri. Sono vaccinati, ma è come se non lo fossero. I veri non vaccinati ultraottantenni sono invece 240 mila, quasi la metà dei vaccinati con ciclo completo su cui le fiale però non hanno funzionato a dovere. E' ovvio che contagi, ospedalizzazioni, terapie intensive e purtroppo anche decessi capitino di più nel gruppo dei vaccinati che in quello dei non vaccinati. Ma per tutti gli altri sono gli scienziati a dovere dare spiegazioni: la protezione del vaccino sta scemando con il passare del tempo ed è per questo che è necessaria la seconda dose? La protezione dichiarata si è rivelata inferiore alle previsioni? O ci sono anche qui spiegazioni matematiche anche se meno evidenti? La scelta del nostro Cts ieri rappresentato dal professore Locatelli- che per altro è fra i pochi a essere definito scienziato, avendo uno dei più alti h-index in Italia, è stata quella di negare la realtà, per non doverla spiegare. Il coordinatore del comitato tecnico scientifico che assiste il governo ha affermato sicuro che dai rapporti Iss risultano “zero ricoveri in terapia intensiva di vaccinati completi dai 59 anni di età in giù”. Bisognerebbe apporre il timbro “Fake News” su queste parole, perché non sono vere. I rapporti Iss settimanali degli ultimi 140 giorni dicono che al di sotto dei 59 anni di età ci sono stati 44 ricoveri di vaccinati a ciclo completo in terapia intensiva Covid al di sotto dei 59 anni e che di questi 4 sono stati di pazienti fra 12 e 39 anni. Pochi, molti meno di quelli dei non vaccinati. Ma non zero. E dobbiamo dire che nello stesso periodo sono morti di Covid 3 vaccinati con prima e seconda dose che avevano meno di 39 anni e 29 vaccinati completi che avevano fra 40 e 59 anni. Numeri piccoli, per fortuna, lontanissimi da quelli cui siamo stati abituati nei periodi peggiori della pandemia. Sono numeri che per altro confermano che con il vaccino la protezione dal virus è notevolmente più alta e il rischio di ammalarsi gravemente notevolmente ridotto rispetto ai non vaccinati. Perché allora negarli e dire zero quando zero non è? Si pensa di tranquillizzare di più la popolazione così e di spingerla meglio a fare la terza dose del vaccino? Ecco, non sarà il mestiere del professore Locatelli fare il comunicatore, ma posso assicurare che ogni piccola bugia su queste cose si trasforma in un macigno che poi non levi dalla strada manco con le gru. Dire zero quando invece qualche decina di casi c'è stata è come buttare benzina sul fuoco delle paure o delle contrarietà ideologiche verso quei vaccini. Grazie alla conferenza stampa di ieri da domani quel fuoco scoppierà con fiamme più alte di prima.

I ricoveri un decimo del 2020. E positività 50 volte inferiore. Alberto Giannoni il 30 Ottobre 2021 su Il Giornale. Dati confortanti nonostante l'alto numero di tamponi. Bertolaso: "Subito i richiami: Gran Bretagna insegna". «Tutto sotto controllo» Mentre la Lombardia si conferma in zona bianca (da 20 settimane circa) i dati restano confortanti e il confronto con il 2020 la dice lunga sull'impatto che ha avuto la campagna vaccinale. La Regione ha somministrato 15 milioni e 700mila dosi, il 90% di quelle ricevute; le persone vaccinate risultano 7.925.030 e con 157.542 dosi la Lombardia guarda tutti dall'alto verso il basso. Tutto questo sforzo ha un effetto tangibile. In Lombardia, oggi, il tasso di positività dei tamponi è di quasi 50 volte inferiore a quella dello scorso anno. E i ricoverati sono dieci volte di meno rispetto al corrispondente periodo del 2020. Prendendo a riferimento il 28 ottobre 2020 per esempio, si vede come la positività dei tamponi fosse al 18,3%, - quindi risultava positivo quasi un tampone su 5, mentre ora lo stesso dato è fermo allo 0,4%, quindi è positivo un tampone su duecento. Il tasso, insomma, quest'anno è quasi 50 volte inferiore. Ora, alcune circostanze devono essere notate. (Anche) in Lombardia si stanno facendo moltissimi tamponi, per effetto del Greenpass: molte persone che non sono vaccinate e non intendono farlo, quindi usano il test per poter ottenere il «certificato» che dà diritto a entrare nei luoghi di lavoro o in altri luoghi pubblici. Si tratta, dunque, di persone in larghissima parte prive di sintomi, che stanno bene, e questo potrebbe in teoria abbassare la soglia di positività; ma è pur vero che si tratta di non vaccinati, quindi di persone maggiormente esposte. Quello che è in corso è una sorta di grande screening su perone asintomatiche, e i risultano non sono allarmanti. «Tutto sotto controllo» dicono a Palazzo Lombardia leggendo i dati. E tutto sotto controllo lo sembra davvero, leggendo i vari report. La Lombardia oggi ha un Rt (l'indice di contagiosità) pari a 0,96, quindi ancora inferiore a 1, soglia che indica il progredire - o come in questo caso il regredire - del contagio. L'indice di positività dei tamponi a sette giorni è, come detto, allo 0,4%. L'incidenza, quella presa in esame a Roma per confermare la zona bianca, è a 28,7, quindi molto bassa (in primavera era sopra quota 200) e molto contenuti risultano anche i numeri dei ricoveri. La soglia di occupazione delle terapie intensive è 3%, i letti occupati da pazienti Covid sono in calo (da 53 a 49), mentre sale leggermente (dal 4 al 5%) la soglia di occupazione dei letti nei reparti ordinari, dove i malati sono 301 (erano 282 sette giorni fa). «Basterebbe che si vaccinassero quelli che possono e che non vogliono, e la fine del tunnel sarebbe davvero vicina» dicono al Pirellone, dove non alberga ovviamente alcuna esitazione per l'efficacia e l'opportunità della campagna vaccinale. «Dobbiamo correre con le terze dosi anche per i più giovani, soprattutto gli immunizzati con AstraZeneca, e vaccinare i Paesi poveri - ha detto ieri Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile e consulente della Regione Lombardia per la campagna vaccinale - Capisco che per i richiami ci sia minor voglia, ma è un errore aspettare: la Gran Bretagna insegna». E intanto sono 450 i dipendenti delle strutture sanitarie sospesi perché senza vaccino. Lo rende noto la direzione Welfare della Regione. Tra questi, 260 sono infermieri. Ma 490 sono anche i riammessi per eseguita vaccinazione. Alberto Giannoni

Paolo Bargiggia sbrocca, la teoria del complotto a Trieste: "Pagliacci dell'informazione di regime". Libero Quotidiano il 31 ottobre 2021. Sul fronte no-Green pass è schierato, da tempo, il giornalista Paolo Bargiggia, il quale su Twitter in particolare è solito cannoneggiare con toni duri, apocalittici, chiassosi. E l'ultima occasione per aprire il fuoco è il caso di Trieste, con l'aumento di contagi dovuto alle proteste ma anche, come ha notato Maria Giovanna Maglie, alla vicinanza con i paesi dell'est, dove la situazione epidemiologica è molto complessa. Il punto è che Bargiggia contesta le ricostruzioni relative a quanto sta accadendo nella città. E lo dice in modo, al solito, tostissimo: "Secondo i pagliacci dell'informazione di regime (praticamente tutti) a Trieste record di contagi per le manifestazioni no green pass. Invece con gli assembramenti pro-ddl Zan pare che il Covid-19 sia rimasto a casa a dormire. Come nelle manifestazioni di piazza del Pd", conclude picchiando durissimo. Recentemente, aveva fatto rumore un altro tweet di Bargiggia, contro il Tg5 e quella Mediaset per cui ha a lungo lavorato: "Stomachevole ascoltare il Tg5: narrazione ansiogena quasi esclusivamente su Covid e vaccini, volutamente pilotata per indurre paura nella gente, tra varianti presunte, terze dosi e presunti problemi negli altri Paesi", scriveva il giornalista.

«Una cura c’è già e si può usare da subito». Francesco Borgonovo 16 ottobre 2021 su La Verità.info. Parla il direttore dell'Istituto Mario Negri: «Il nostro trattamento con antinfiammatori riduce le ospedalizzazioni del 90%. Gli studi sono pubblicati, i medici possono applicarli a prescindere dalle linee guida. L'unico scettico che abbiamo incontrato? Un italiano».

Siamo alla distopia. Chi cita dati ufficiali sui morti di Covid è un nemico pubblico. Francesco Borgonovo 25 ottobre 2021 su La Verità.info. Accuse ai pochi, compresa «La Verità», rei di aver diffuso il report dell'Iss che ricalcola il numero di vittime del virus.

Scoprono che l’immunità è un’utopia per poterci tenere ancora in gabbia. Francesco Borgonovo 21 ottobre 2021 su La Verità.info. Silvio Brusaferro si sveglia: «Il virus non sparirà». Poi usa i dati inglesi per giustificare la terza dose (contraddetto da Giorgio Palù dell'Aifa). Ma così non ne usciremo. Allora sì ai richiami per chi vuole e intanto si torni alla normalità.

Autoritarismo pandemico. Con il pretesto dell’epidemia virale e l’appoggio di (quasi) tutti si sta instaurando un totalitarismo poco “dolce”, vista la criminalizzazione dei pochi dissidenti resistenti non allineati. E forse ci attendono nuove strategie della tensione orchestrate dallo Stato? Rino Tripodi 2 Ottobre 2021. (LucidaMente 3000, anno XVI, n. 190, ottobre 2021)

Con il pretesto dell’epidemia virale e l’appoggio di (quasi) tutti si sta instaurando un totalitarismo poco “dolce”, vista la criminalizzazione dei pochi dissidenti resistenti non allineati. E forse ci attendono nuove strategie della tensione orchestrate dallo Stato? Nel presente articolo non intendiamo addentrarci nella discussione sui “vaccini”, sulla loro efficacia, sulla loro pericolosità, sugli enormi interessi economici (vedi Big Pharma ricchi grazie al monopolio. Vaccini venduti a 24 volte il prezzo in Affaritaliani.it o Guido Fontanelli, Quanto ha reso il Covid a big Pharma: 100 miliardi di dollari, in Panorama). Ne abbiamo già ampiamente parlato in Epidemia Covid-19: tutto quello che non ci dicono. La questione da porsi, ancora più importante, è: stiamo già vivendo in uno stato autoritario, una “dittatura sanitaria”, come afferma qualcuno, scaturita dall’epidemia Covid-19 e assunta a pretesto per imporlo? E neppure tanto soft?

In effetti, al di là della validità e della rischiosità o meno dei “vaccini” nel breve periodo e, soprattutto, dei loro effetti nel medio-lungo (lo sapremo tra decenni), quello che preoccupa, in particolare in Italia, sono i numerosissimi segnali di un regime dittatoriale e antidemocratico, sostenuto da troppi: mass media, poteri economici e farmaceutici, intellighenzia, pubblicitari, star dello spettacolo, dello sport, del cinema, della musica leggera. I meccanismi per imporlo sono quelli consueti, applicati dalle dittature del Novecento, con le loro tipiche strategie per indottrinare/manipolare/terrorizzare le masse. Per amore di chiarezza e sinteticità, li elenchiamo di seguito.

LA STRATEGIA DEL POTERE

Autoritarismo dei governi. L’emergenza impone di non perder tempo con le prassi democratiche: avanti con decreti del presidente del Consiglio, voti di fiducia e massiccia presenza e azione repressiva delle forze dell’ordine per rilevare irregolarità e infliggere sanzioni.

Terrorismo mediatico-politico. Nei primi mesi dell’epidemia, tv e radio, quasi a reti unificate, hanno martellato il povero utente imponendo obblighi di comportamento (distanziamento sociale – non sarebbe meglio definirlo “fisico”?; anche questa scelta lessicale della comunicazione ha un senso –, lavarsi le mani, uso delle mascherine, ecc.). Ancora oggi si continua coi “bollettini di guerra” quotidiani, contenenti freddi e grezzi numeri, che non offrono la possibilità di leggere la realtà (come e dove ci si è contagiati?; i deceduti soffrivano di altre patologie?; quanti sono i morti per la Covid e quanti per altra causa ma classificati come vittime della pandemia perché positivi al virus [Sars-Cov-2], magari senza sintomi collegati?; quali erano la loro età e la loro attività?; a quali terapie erano stati sottoposti?). L’importante è alimentare insicurezza e fobie.

Teatralizzazione. Tre esempi per tutti: la fila di camion militari contenenti le bare dei primi morti nelle province di Bergamo e Brescia; l’arrivo di (presunti) medici giunti in aiuto da Cina, Cuba, ecc. (l’Italia ne aveva davvero bisogno?; che supporto o competenze hanno fornito?); i primi “vaccini” giunti in Italia scortati (perché?) dalle forze dell’ordine. Il tutto in consonanza con la società dello spettacolo teorizzata e profetizzata da Guy Debord.

Semplificazione e soluzioni facili e sbrigative. Come in tutti i regimi autoritari, la risposta a un problema multiforme e complicato non è mai complessa, ma semplificata: i “vaccini” e la messa a priori all’indice e al pubblico ludibrio dei dissidenti e degli oppositori.

Cieco ottimismo. Si è diffuso lo slogan “andrà tutto bene”, stupido, iettatorio, calco di un intercalare statunitense, e si è spinta la popolazione a comportamenti pagliacceschi, quali cantare dai balconi, quasi si trattasse di una festa o vacanza inaspettata e, quindi gradita.

Ipocrisia. Avessero almeno il coraggio di legiferare sull’“obbligo vaccinale” e se ne assumessero le responsabilità! Il problema è che, trattandosi di una terapia preventiva e non di un vero e proprio vaccino, scaturirebbero varie problematiche, tra le quali il risarcimento per “effetti avversi” (altro neologismo eufemistico…), che è, invece, già previsto per i vaccini obbligatori (legge 210 del 25 febbraio 1992, Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati). Peraltro, la stessa norma recita che «i benefici di cui alla presente legge spettano alle persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, i danni di cui al comma 1; alle persone che, per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio o per potere accedere ad uno Stato estero, si siano sottoposte a vaccinazioni che, pur non essendo obbligatorie, risultino necessarie [il grassetto è nostro, ndr]; ai soggetti a rischio operanti nelle strutture sanitarie ospedaliere che si siano sottoposti a vaccinazioni anche non obbligatorie». Inoltre, a essa va aggiunta la legge 229 del 29 ottobre 2005 (Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie).

Ritorno allo stato etico. L’attuale potere è tornato ad assumere le funzioni dello Stato etico fascista. Lo Stato liberaldemocratico dovrebbe semplicemente sovrintendere alla vita dei propri cittadini. Quello attuale è moralista e pedagogico. In questo caso colpevolizza chi non si fa la “punturina”; ma, in generale, pretende di imporre una propria morale in campo sessuale (ddl Zan), ideologico (ambientalismo di facciata, quote rosa, ius soli), di costume (cannabis), sanitario (imposizione di stili di vita), ecc.

Menzogne di stato. “Chi è vaccinato in un ambiente di vaccinati è sicuro di soggiornare in un ambiente sicuro”. “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente: non ti vaccini, ti ammali e muori. Oppure, fai morire: non ti vaccini, contagi, lui o lei muore” (Mario Draghi).

Metodi orwelliani. «Il vaccino è libertà» (Enrico Letta): un ritornello palesemente ossimorico ripetuto da moltissimi leader di governo e da esponenti delle forze politiche al potere. Sembrano calchi di “L’odio è amore”; “La guerra è pace”; “La schiavitù e libertà”; “L’ignoranza è forza” del romanzo 1984 di George Orwell.

Infantilizzazione dei cittadini e loro regressione mentale. Oltre al già citato tormentone “andrà tutto bene”, “occorre fare la ‘punturina’”, “fate i bravi”, “obbedite”, “con poche, semplici regole, potremo tornare ad abbracciarci”…

Pensiero unico. Non v’è alcun rimedio che non siano i “vaccini”, ogni altra cura è inutile o dannosa. A parte il fatto che i “vaccini” a mRna sono terapie sperimentali e non vaccini veri e propri, perché rifiutare a priori le innumerevoli altre terapie, tentate, a quanto pare con successo, tra le quali quella del dottor Giuseppe de Donno?

Logica emergenziale. Il potere dichiara che c’è un’emergenza. Peccato che a questa segua un’altra, e un’altra ancora, e ancora un’altra… I cittadini sono tenuti sotto costante pressione, ansia, angoscia. Nel caso Covid non si è mai posto un fine, un obiettivo, dopo il quale riprendere fiato. L’80% di “vaccinati”? Non è sufficiente. Due dosi? Meglio tre. Tamponi? Non sono attendibili…

Imposizione dello scientismo (che non significa scienza) elevato a dogma. “Lo dice la scienza”, “è scientifico”, “occorre fidarsi degli scienziati”: peccato che la scienza non sia dogmatica, ma è problematica e sempre in divenire (ad esempio, nel caso del vaccino Astrazeneca, gli “esperti” si sono contraddetti quattro volte); leggi L’esperienza storica smentisce le attuali, arroganti élite della comunità scientifica. La visione astronomica di Copernico e Galileo era ritenuta una stupidaggine assurda rispetto a quella di Tolomeo; Darwin, Einstein e Freud furono derisi. Al contrario, il criminale nazista Josef Mengele era ritenuto un valido medico “sperimentatore”, e la nefasta talidomide fu assunta con tranquillità come farmaco testato, efficace, inoffensivo; e a tutt’oggi i ricercatori vivisezionisti vengono considerati “scienziati”. Leonardo Sciascia ha scritto in 1912+1 (Adelphi, 1986): «Magalotti dice di cose che i medici una volta consigliavano e poi avversavano; e Savinio di aver visto nella sua vita mutare ben quattro volte l’opinione medica sul pomodoro» (p. 75).

Linguaggio militare/militaresco/militarista di estrema violenza. “Siamo in guerra e chi non si vaccina è come un disertore e va passato per le armi”. “Occorre fare come Bava Beccaris e sparare sulla folla dei no vax”. C’è poco da commentare.

Violenza e brutalità. Oltre al disprezzo e alla condanna verbale, sono stati parecchi gli episodi nei quali, nel corso di manifestazioni di dissidenti, quasi sempre pacifici e non violenti, le forze dell’ordine sono intervenute in modo eccessivo.

Mancanza di dialogo con chi protesta. Come nel Sessantotto o in altri movimenti popolari, la violenza aumentò perché il potere e i governi dell’epoca non aprirono alcuna porta al dialogo con le ragionevoli richieste degli studenti meno facinorosi, così oggi si tollerano a malapena le manifestazioni (sminuite come partecipazione numerica e declassificate come messaggi propagati).

Ricatto e coercizione; altrimenti, marginalizzazione ed esclusione. I “vaccini” non sono obbligatori, ma chi non si vaccina non avrà il green pass e, quindi, diviene un paria senza più alcun diritto; persino quello del lavoro. Si può definire libertà di scelta?

Dividere i cittadini e contrapporli gli uni agli altri. Secondo il vecchio motto divide et impera, il potere ha scatenato divisioni e odio tra i propensi ad accettare i “vaccini” e gli altri.

MASS MEDIA ALLINEATI E FAZIOSI

Uniformità dell’informazione. Tranne rare eccezioni, i quotidiani, i telegiornali, i giornali radio, le trasmissioni di “informazione”, si somigliano gli uni agli altri. Al centro delle notizie c’è sempre la “situazione pandemia”, narrata allo stesso modo. Una sorta di “veline” da regime mussoliniano, pervenute dall’alto e diffuse senza alcun controllo né spirito critico. Una mobilitazione comune ai fini di un’informazione che deve “educare il popolo” (e qui si passa dal fascismo allo stalinismo).

Mancanza di obiettività. Nelle scuole di giornalismo si insegna che il cronista, anche se, ovviamente, ha le sue idee ed è dipendente dalla sua testata, deve controllare le notizie, le fonti e, comunque, apparire sempre super partes, obiettivo. Oggi accade questo? Le manifestazioni “no vax”, le più affollate dopo decenni di crisi della partecipazione democratica dei cittadini, non vengono mostrate. Non solo: se si intervista qualche manifestante, lo si sceglie tra i meno preparati e/o lo si subissa di domande aggressive e senza possibilità di vera risposta.

Mancanza di pluralismo. Anche sulla stampa e sulla televisione degli anni più bui del potere democristiano, veniva lasciato un certo spazio alle voci discordanti. Oggi mancano del tutto contraddittori e dibattiti tra opinioni diverse.

Censura delle informazioni non allineate. Qualunque fatto che potrebbe incrinare la rappresentazione di una visione preconfezionata non viene riportato (dai morti a causa della “vaccinazione” al racconto di coloro che, dopo la “punturina”, si sono gravemente ammalati e risultano oggi disabili).

Niente domande e allontanamento dalle questioni reali: depistaggio. Tutto è proiettato sul terrore e sulle ansie presenti. Ma non sarebbe utile capire anche perché ci troviamo in questa situazione? Nessuno pone le domande più logiche. Che ruolo hanno avuto la Cina e il laboratorio di Wuhan nella nascita e diffusione del Sars-Cov-2? C’entrano anche gli Usa? Perché l’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) ha prima negato il pericolo e poi tardato l’allarme? Perché in Italia si è voluta rassicurare la popolazione con cene di politici a base di involtini presso ristoranti cinesi per poi passare a un surreale lockdown? Perché A inizio pandemia oltre 4.000 cinesi sono entrati in Italia senza controlli? Perché nella Pianura padana è morta, in percentuale, più gente che in ogni altra parte del mondo? Esistono cofattori ambientali o di malasanità? Perché non si sono curati (e non si curano) gli affetti da Covid nella fase iniziale e a domicilio, senza intasare gli ospedali e diffondere ulteriormente il morbo? Quali sono le responsabilità del Governo Conte 2 nell’olocausto lombardo? Tutto questo, di assoluta gravità, è stato rimosso.

“Virologi”, “epidemiologi”, ecc. elevati a star televisive. Sebbene quasi nessuno di loro abbia sufficienti titoli accademici o di articoli prestigiosi presso la comunità scientifica, compaiono in tv, per motivi di telegenia o altro, sempre gli stessi volti di “esperti”. Eppure in Italia saranno altre centinaia i medici e gli scienziati che dirigono reparti ospedalieri o studi di ricerca. Ma sullo schermo ci vanno i più narcisisti, arroganti, sprezzanti, aggressivi, senza alcuna volontà di dialogo con altre posizioni, anzi minacciosi verso di esse.

Derisione degli ospiti non allineati. Se tra gli ospiti di qualche trasmissione “capita” un non allineato, il collegamento spesso non funziona, l’audio è difettoso, lo schermo viene diviso a metà in verticale e compare un altro “esperto” conformista che sghignazza, ridacchia, compatisce, scuote la testa.

Sorveglianza anche sul web. La Rete è libera? Mica tanto. Ormai l’abbiamo visto in più circostanze (leggi Il ban di Trump è un pericolo per la democrazia). Ma il massimo sta accadendo in questa temperie, con l’oscuramento di profili divergenti e il controllo sui social: se vi parli dell’argomento virus, ecco comparire il costante richiamo a «Visitare il Centro informazioni sul Covid-19 per risorse sui vaccini».

LA CRIMINALIZZAZIONE E LA REPRESSIONE DEI DISSIDENTI

Rappresentazione negativa dei divergenti. Chi non vuole vaccinarsi, chi ha una visione alternativa della realtà rappresentata dal potere e dai mass media, potrebbe essere definito in tanti modi, con diverse gradazioni che vanno dal neutrale al positivo: scettici, attendisti, agnostici, non allineati, non conformisti, oppositori, eterodossi, alternativi, dissenzienti, divergenti, dissidenti, resistenti. Invece, categorizzati sic et simpliciter come “no vax” o complottisti o negazionisti, essi assumono una connotazione negativa e da fanatici, folli ignoranti. Oggi, se si vuol mettere il bavaglio (o la mascherina) a qualcuno o all’interlocutore appena apre bocca, è sufficiente la parolina magica “no vax”: eccolo etichettato, sprezzantemente, come untore. Del resto, è un vecchio trucco semantico: se ci si definisce “progressisti” o “riformisti” o “rivoluzionari”, si risulta di per sé positivi, rapportati a “reazionari” o “conservatori” o “moderati”. Così, come durante il regime fascista e i primi anni del potere democristiano, comunisti e socialisti erano definiti tout court come “sovversivi”. E chiusa lì.

I subumani. Similmente alla peggiore ideologia nazista, chi non si vaccina, ha dubbi o pone domande è un untermensch, un subumano. Come ebrei, slavi, zingari, omosessuali, è un inferiore, che va eliminato…

Colpevolizzazione. Sebbene dal punto di vista oggettivo e scientifico sia una menzogna, la responsabilità di ogni nuovo malato e morto viene fatta ricadere sui “no vax”. Questo, sebbene un non “vaccinato” prudente sia meno a rischio contagio di un “vax”, che può diffondere il virus almeno quanto il primo (anche per comportamenti più incoscienti, visto che gli han fatto credere che è invulnerabile e non contagioso). Ma solo il “no vax” è colpevolizzato.

Politicizzazione dei resistenti. Per dividere ulteriormente gli italiani, si è deciso che i “no vax” sono di destra, fascisti, squadristi. Invece, alle numerosissime manifestazioni dei dissidenti, aderiscono persone di ogni tipologia e, nella stragrande maggioranza, assolutamente non violente (Bersani: «Ci sono i No vax-Sì Dux, i più rumorosi, sono fascisti»).

Scelta del capro espiatorio. Di tutto il male presente, passato e futuro, è quindi accusata una categoria ben individuata. Se contagi e morti aumentano, se l’economia non riparte abbastanza, i colpevoli sono i “no vax”. Così la rovinosa sconfitta nella guerra franco-prussiana del 1870 fu addossata all’ufficiale ebreo Alfred Dreyfus; il disastro tedesco dopo la Prima guerra mondiale agli ebrei; la perpetua miseria e carenze di generi alimentari nell’Unione sovietica ai piccoli e medi contadini (i kulaki).

Ferocia e odio. Indicata la categoria colpevole (sia essa religiosa o sociale, etnica o culturale, politica o economica, ecc.), su di essa va indirizzato il risentimento della popolazione: sono i celebri due minuti di odio verso chi affermava la verità, narrati ancora da Orwell nel suo ormai fondamentale 1984. Purtroppo, oggi non sono solo più due minuti… E c’è chi propone isolamenti in posti sperduti (ricordate il confino fascista?), campi di rieducazione (Pol Pot?), ospedali psichiatrici (Stalin?).

DUE POLIZIOTTI E DUE EPISODI INQUIETANTI

Due volti della Polizia di Stato. Il primo è quello della vicequestore di Roma, Nunzia Alessandra Schilirò, intervenuta sabato 25 settembre a una partecipatissima manifestazione di dissidenti tenutasi nella capitale in piazza San Giovanni. Il suo appassionato e commovente intervento in favore di libertà, Costituzione, Resistenza, nonviolenza, cristianesimo, ha subito scatenato l’inquietante intervento della ministra degli Interni Luciana Lamorgese, che ha espresso giudizi prima ancora che fosse avviata un’indagine disciplinare sulla dirigente (vedi la lettera aperta di Maurizio Bolognetti). Una celerità che sarebbe stata più gradita in altre circostanze quali il rave party di Valentano o lo sbarco continuo di presunti migranti.

L’episodio più allarmante, però, è forse stato quello delle gravi affermazioni pronunciate martedì 14 settembre nel corso del Congresso del sindacato Siap dal capo della Polizia Lamberto Giannini (No Vax: «Usano strategia della tensione»). Come scrive Aldo Giannuli in un suo libro, tale disegno, insieme a quello degli “opposti estremismi”, fu messo in opera non certo dai cittadini, ma da apparati dello Stato per bloccare l’evoluzione democratica del nostro Paese negli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso con omicidi politici, attentati, stragi, provocazioni, depistaggi, a partire dalla bomba alla Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano (1969). Sembrerebbe quasi, quella di Giannini, più che una denuncia, una minaccia. C’è qualcuno, anche oggi, nell’Italia del 2021, cui farebbe comodo un atto violento (il classico “morto nelle piazze”, un attentato, una strage) per delegittimare ancora di più i dissidenti e imporre una ancora più grave svolta autoritaria?

Del resto, come si può nutrire fiducia in uno Stato, quello italiano, che da sempre latita su fatti gravissimi, assassini, stragi (elenchiamo disordinatamente e in modo incompleto: Portella della Ginestra, Avola, Melissa, Vajont, Reggio Emilia, il caso Mattei, Golpe Borghese, moti di Reggio Calabria, delitto Pecorelli, Gioia Tauro, affaire Moro, i casi Calvi, Sindona, Ambrosoli, strage di Bologna e dei treni, Cermis, Ustica, Moby Prince, stragi di mafia, Uno Bianca, Casalecchio di Reno, Gelli e P2, Alpi-Hrovatin, Viareggio, G8 di Genova, ponte Morandi, e altri ancora)? Su tali orrori, dei quali sono rimasti vittime cittadini innocenti, non è mai emersa una versione ufficiale convincente.

CONCLUSIONI (PREOCCUPATE)

Si potrebbe liquidare il tutto come fascista. Anzi, “fassista”, secondo la parolina magica usata per tappare la bocca a tutte/i. Ma ci si porrebbe sullo stesso piano intollerante del sistema di potere (“No vax, sì dux”, di cui sopra). Beninteso, tutto è cominciato da anni, con la dittatura culturale del politically correct, per cui chi pone questioni, dubbi, viene messo a tacere come razzista, islamofobo, ignorante, sessista, maschilista, nazifascista, omofobo, xenofobo, potenziale violentatore di donne, militarista, reazionario, intollerante, retrivo, ecc. ecc. Questo atteggiamento oppressivo e opprimente ha talvolta scatenato reazioni contrarie a quelle che si sarebbe voluto. Chi aveva dubbi sul vaccinarsi, si è irrigidito. Ad esempio, il 18 settembre scorso Ilaria Brunelli, consigliera comunale a Bassano del Grappa, rivolgendosi «al Governo, ai presidenti di Regione e ai loro seguaci», ha esternato così: «Mesi fa valutavo l’idea di vaccinarmi. Ma l’aggressività e la coercizione che adottate sono così abnormi che ho deciso che non mi vaccinerò per nulla al mondo. Lo faccio per me ma soprattutto per gli adolescenti e i giovani a cui il vostro farmaco fa più male che bene».

Potere e mass media al suo servizio avevano promesso il raggiungimento dell’immunità di gregge. Ma, nonostante l’80% circa di “vaccinati”, considerata la soglia minima per quell’obiettivo, l’asticella si alza sempre più. Viene da pensare che l’obiettivo non sia quello dalla salute pubblica, ma della “vaccinazione” di massa. E che più che un gregge “immune”, si vogliano dei “pecoroni” proni al potere. Tutto il quadro fin qui descritto non rientra in un oscuro “complotto”. È piuttosto la logica conseguenza da una parte degli sviluppi del globalismo (che, oltre che di vari organismi e animali dannosi, ha causato la diffusione anche dei virus su tutto il pianeta) e dell’avidità neocapitalista (tutto può rivelarsi un lucroso affare), della tecnoscienza (una nuova divinità vorace e spietata, intollerante e indiscutibile, dogmatica e tirannica), dall’altra dell’ideologia del politicamente corretto e del falso buonismo, in nome della quale si ottiene il diritto di opprimere nel nome della libertà, di scatenare guerre nel nome della pace, di essere disumani nel nome dell’umanità, di farti del male in nome del tuo benessere. È il progetto, tutt’altro che celato, del Great Reset. Come scriveva Carl Schmitt in Dialogo sul potere, «non è più l’uomo come uomo a condurre il tutto, ma una reazione a catena provocata da lui».

In tale situazione, sono pochissime le voci di personaggi noti e influenti che sollevano questioni. Il bello è che appartengono a campi politico-culturali molto diversi tra loro, se non opposti: politici come il già citato Bolognetti, Pino Cabras, Sara Cunial, Gianluigi Paragone, Marco Rizzo, giornalisti come Antonio Amorosi, Francesco Borgonovo, Daniele Capezzone, Carlo Freccero, Mario Giordano, Maria Teresa Maglie, Nicola Porro, Michele Santoro, o pensatori/accademici/uomini di cultura come Giorgio Agamben, Alessandro Barbero, Paolo Becchi, Massimo Cacciari, Diego Fusaro, Paolo Gibilisco, Claudio Risé, Vittorio Sgarbi, o medici come Silvana De Mari, Daniele Giovanardi, Alessandro Meluzzi, Giulio Tarro, o gente dello spettacolo come Miguel Bosé, Claudia Gerini, Enrico Montesano, Povia, Red Ronnie, o pubblicitari come Alberto Contri; ce ne saremo certo scordati qualcuno – e ce ne scusiamo –, ma, certamente, non saranno molti di più. Tra i giornali si salvano dall’assoluto conformismo LaVerità e qualche rara voce su il Fatto Quotidiano e Micromega. Tra i media Byoblu e Radio Radio e qualche spezzone di trasmissione su Rete 4. Per il resto, si assiste alla repressione generalizzata della libertà d’espressione, al trionfo di un potere cieco e arrogante in mancanza di valori e princìpi diffusi tra le masse, in particolare tra i più giovani – mai è avvenuto che la gioventù fosse così passiva e poco ribelle. Torna di prepotente attualità il diritto all’informazione e alla conoscenza. Ma (quasi) tutti tacciono.

Rino Tripodi (LucidaMente 3000, anno XVI, n. 190, ottobre 2021)

«Le terapie anti Covid non esistono». Tutte le bugie dei veri ... Francesco Borgonovo su laverita.info il 30 settembre 2021.  Tutte le bugie dei veri negazionisti. Per Roberto Burioni, le cure domiciliari erano una «bufala», Matteo Bassetti le squalificava come ... Dopo le campagne della «Verità» e di «Fuori dal coro», l'Aifa ha sbloccato anakinra e altri due farmaci. Finora la stampa è stata impegnata nella propaganda per i vaccini. Ma quante vite è costato questo ritardo?

Si sono accorti che la terapia esiste. Fare i giornalisti è servito a qualcosa. Patrizia Floder Reitter su laverita.info su l’1 ottobre 2021.  Per Roberto Burioni, le cure domiciliari erano una «bufala», Matteo Bassetti le squalificava come «fantomatiche», mentre per il dem Andrea Romano servivano solo «vaccini e foglio verde». L'ok (tardivo) dell'Aifa ad anakinra li sbugiarda.

CHE FINE HA FATTO LA VERITÀ? Francesco Borgonovo e Claudio Messora. Claudio Messora il 15 Settembre 2021 su byoblu.com. Claudio Messora intervista Francesco Borgonovo vicedirettore giornale La Verità. Per le istituzioni e un certo tipo di informazione “La pericolosa area No vax si sta allargando sempre di più: prima non potevi dire nulla sugli effetti collaterali da vaccino, ora non puoi dire nulla sul green pass, che si presenta come un obbligo surrettizio”, spiega il giornalista. Ma quando è nato questo clima di intolleranza verso chi, di diritto, sceglie di non sottoporsi alla somministrazione di un farmaco? Chiede Messora. Secondo Borgonovo c’è sempre stato, ad esempio, anche nella narrazione della tematica gender o dell’immigrazione. Il fine è sempre lo stesso: “Ridurre le critiche e le obiezioni alla categoria dei “fascisti violenti”. E prosegue: “Per anni abbiamo dichiarato che c’era l’allarme che sarebbe tornato il fascismo a causa dello sviluppo dei populismi. Ora sappiamo per certo una cosa: che il fascismo non tornerà; quello che può tornare è un altro tipo di autoritarismo”. L’intervista si concentra poi sul ruolo della Costituzione, dei partiti politici italiani e la rappresentanza di tutti i cittadini, del ruolo dei giornalisti e molto altro..

Covid, vietato parlare delle possibili cure: parola d’ordine «denigrare». Da lapekoranera.it il 15 Settembre 2021. Anche se i dati ci dicono che il vaccino non è infallibile, le altre armi contro il virus restano un tabù. E anche gli scienziati che portano avanti studi su questo fronte vengono etichettati come no vax e ridotti al silenzio. Talvolta sorge un dubbio: l’obiettivo finale è avere la meglio sul Covid o semplicemente vaccinarsi? Domandarselo è lecito, perché il discorso prevalente tende a far coincidere le due cose, che invece – come dimostra la realtà quotidiana – sono separate. Sembra, infatti, che si voglia presentare il vaccino come una cura, come il rimedio universale, una sorta di Graal che magicamente sanerà le nostre ferite e ci condurrà nell’era della grazia. I dati, al contrario, mostrano che il vaccino non è risolutivo. Finora, negli adulti, ha dato una mano a ridurre le ospedalizzazioni a tutti i livelli e la gravità della malattia, ed è una buona notizia, scrive Francesco Borgonovo su La Verità. Vediamo tuttavia che anche i vaccinati con doppia dose possono contagiarsi di nuovo, finire in ospedale di nuovo e perfino morire. Ciò significa che il vaccino, nella migliore delle ipotesi, garantisce una protezione limitata. Si discute di terze e quarte dosi, e nel frattempo la promessa fine delle restrizioni non arriva: viene esteso il green pass, ci sono già (in Alto Adige) classi in quarantena e in didattica a distanza e non è escluso che il «semaforo» delle Regioni torni in funzione. Di fronte a tutto ciò, viene da chiedersi per quale motivo non si possa mai e poi mai parlare di cure. Chi lo fa nei talk show, sui giornali, perfino nelle conversazioni private viene etichettato come pazzoide nemico della scienza e della salute. A dirla tutta, di cure si parla, ma soltanto per affossarle. Ha suscitato enormi polemiche un convegno andato in scena lunedì al Senato – e di cui abbiamo dato notizia – [scrive La Verità, ndr] che la gran parte dei media ha citato con l’unico scopo di sbertucciare alcuni dei relatori. Non ci scandalizza: il dibattito scientifico funziona anche così, prevede che chi sostiene tesi astruse o indimostrabili sia messo alla berlina. Tutte le idee, anche sbagliate, vanno prese in considerazione, anche solo per essere scartate. È molto pericoloso, tuttavia, applicare sistematicamente la reductio ad Hitlerum con tutti gli esperti, tutti i medici, tutti i ricercatori. A parlare di cure non sono soltanto sciamani e ciarlatani, ma anche professionisti stimati, prudenti e molto seri. I quali però hanno paura a prendere la parola, perché rischiano di essere massacrati sul piano personale, qualora sul piano scientifico non si possa demolirli. Ci sono studiosi italiani (ad esempio quelli del Mario Negri di Milano) e stranieri che lavorano per trovare terapie che consentano di arginare o sconfiggere la malattia. Ma sembra proibito anche solo accennare alla questione. La risposta è pressoché univoca: «È stato dimostrato che le cure non funzionano». Ma davvero? L’idrossiclorochina è stata fermata mesi fa da uno studio uscito su The Lancet che poi è stato ritrattato e si è rivelato sostanzialmente un falso. L’ivermectina viene sempre descritta come «vermifugo per cavalli», come se non servisse già anche ad altro. Alcuni studi sono in corso, pure presso istituzioni niente affatto ignobili. Però vige il pregiudizio: poiché si ode la parola «cura», bisogna svilire, evocare Stamina. Sul vaccino si è scommesso molto. Si è rischiato. Si sono portate avanti procedure di emergenza, perché la situazione lo richiedeva. Ai cittadini l’iniezione viene richiesta come atto di fede. Ma allora perché non si può – proprio vista l’emergenza – spingere un poco anche sulle cure? Perché non se ne può discutere con maggiore libertà? Il governo vuole sgombrare il campo da chi promette rimedi miracolosi? Benissimo: il ministro Speranza si faccia promotore di un grande convegno internazionale sulle cure per il Covid, così da fare il punto della situazione con la massima serietà. Anche sulle cosiddette terapie domiciliari precoci servirebbe meno chiusura mentale. Bisogna distinguere tra chi promette rimedi che non esistono e chi invece suggerisce alcuni trattamenti – se somministrati nei tempi e nei modi giusti – possano servire a tenere le persone lontane dagli ospedali e le terapie intensive, si legge ancora su La Verità. Nel 2020, il ministero della Sanità rifiutò l’offerta di diecimila dosi di monoclonali offerti dalla compagnia americana Eli Lilly. Oggi, mesi dopo, i monoclonali si utilizzano. La Regione Piemonte (non il Mago Otelma) sostiene di aver accumulato esperienza in materia di cure domiciliari precoci «tra marzo e aprile 2020, nell’area di Acqui Terme e Ovada, caratterizzata da una consolidata integrazione ospedale-territorio». Secondo le istituzioni, «su 340 pazienti curati a casa si sono registrati appena 9 decessi e 22 ricoveri, con un tasso di mortalità del 2,6%, mentre su base provinciale era del 17%, e con un tasso di ospedalizzazione del 6,5%, un terzo rispetto al 22% atteso in base alla media nazionale». Questo modello è stato «trasferito al nuovo Dipartimento interaziendale regionale malattie e emergenze infettive (Dirmei), che nel novembre 2020 ha messo a punto un protocollo per la presa in carico dei pazienti Covid-19 a domicilio da parte delle Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta». Sembra un approccio serio, che forse può essere applicato altrove. O no? Che male c’è ad avere altre armi oltre al vaccino? È così difficile comprendere che un’azione precoce non è necessariamente alternativa alla puntura, o che rischiare un poco su una cura non significhi andare «contro la scienza» ma, semmai, credere che la scienza sia in grado di fornire risposte ulteriori e magari persino compatibili con il vaccino? Un dibattito sano gioverebbe a tutti. Toglierebbe argomenti ai fanfaroni, e porterebbe finalmente la discussione su un piano razionale e scientifico e non fideistico. La sensazione, però, è che la demonizzazione della cura sia utile politicamente ad attaccare Lega e Fratelli d’Italia accusandoli di essere no vax, spaccandoli e screditandoli. Questo atteggiamento pare utile a coprire le carenze organizzative del governo, a far passare in secondo piano la mancanza di iniziative sulla sicurezza nelle scuole, sui mezzi pubblici, eccetera. Non servono chiacchiere: basta dire la verità, qualunque essa sia. Non il vaccino, non magiche pillole: la verità ci renderà liberi. Ma che sia detta per davvero, e fino in fondo, conclude Francesco Borgonovo su La Verità.

Salvini: "Io non c'entro". “Covid malattia curabilissima a casa”, il convegno al Senato che imbarazza la Lega. Antonio Lamorte su Il Riformista il 14 Settembre 2021. C’è un altro caso-vaccini oltre alle resistenze del segretario Matteo Salvini, contrario all’obbligo vaccinale e all’estensione del Green Pass, all’interno della Lega. E all’interno del Senato. A piazzare la polemica esplosiva questa volta è stata la senatrice Roberta Ferrero che ha promosso un convegno, a Palazzo Madama, sulle “cure domiciliari”. Convegno internazionale, parterre internazionale, entrambi volti a spiegare che “il covid è una malattia curabilissima” con un “approccio terapeutico che se utilizzato secondo ben precise regole porta alla guarigione di ogni soggetto che si ammali”. Tutto questo mentre il Carroccio è diviso in due parti: una rappresentata dal ministro Giorgetti, che appoggia la linea del governo e non esclude l’obbligo vaccinale, e un’altra reticente guidata dal segretario. Il convegno è stato una specie di secondo atto rispetto al protocollo di cure domiciliari presentato il 3 novembre 2020 al Senato che prevedeva in quel caso l’uso dell’idrossiclorochina “per evitare l’affollamento degli ospedali ed i lockdown”. Quella volta era presente anche il segretario Matteo Salvini. Questa volta il suo entourage fa sapere che di questa iniziativa, il “Capitano”, non ne sapeva niente. Il convegno è stato animato dall’associazione Ippocrate.org, organizzatrice dell’incontro, guidata da Mauro Rango, fondatore, laureato in diritti umani, quindi non un medico e neanche uno scienziato. A morire per le complicanze del covid-19 in Italia 130.027 persone. Il protocollo ha l’uso dell’ivermectina, il cui utilizzo, come con l’idrossiclorochina, contro il covid-19 è stato bocciato dall’Agenzia Europea del Farmaco (Ema), dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e della Food and Drug Administration (Fda) americana. Altri spunti: azitromicina (oltre a ivermectina) nella terapia domiciliare, cortisone ed enoxaparina in ospedale, ricorso al plasma iperimmune. Convegno da brividi sulla schiena quindi, e soprattutto per tre motivi. Innanzitutto perché la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alrberti Casellatti ha fatto arrivare un messaggio in sala salutando “con piacere l’avvio di questo prestigioso convegno internazionale. Desidero congratularmi con la Lega che ha contribuito a questo importante approfondimento”. La seconda carica dello Stato ha poi preso le distanze dal convegno. Rango invece – dopo aver dichiarato che “è assurdo morire di Covid” e che ciò capita perché “in Italia non si curano i pazienti che si ammalano, si lasciano in vigile attesa con la tachipirina” o si portano in ospedale “solo per dare l’ossigeno” – ha preso a esempio la Lombardia, la Regione più colpita in Italia e dove il virus ha cominciato a diffondersi, come esempio negativo di gestione dell’emergenza. Lombardia ancora guidata dalla Lega del Presidente Attilio Fontana. Dal paradosso si passa alla farsa quando si apprende che, scrive Il Corriere della Sera, all’ingresso parecchi dei partecipanti del convegno sono stati “tamponati” d’urgenza nell’ambulatorio del Senato perché privi di Green Pass valido. A condannare l’occasione la Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) – che tra le altre cose porta il conto dei medici morti a causa del contagio, 360 – che ha condannato come il medico non debba adottare pratiche “delle quali non sia resa disponibile idonea documentazione scientifica e clinica, valutabile dalla comunità professionale e dall’autorità competente. Né deve adottare o diffondere terapie segrete”. Il virologo Roberto Burioni ha lamentato: “Da Stamina non abbiamo imparato niente. E a rimetterci sono i più deboli e i più sfortunati”. Ferrero si è difesa in un’intervista a Repubblica. “Al convegno hanno parlato medici di livello internazionale, con lunghi curriculum. Non si può più parlare, né esprimere tesi scientifiche in questo Paese?”. Non ha rivelato, per privacy, se è vaccinata o meno. Ha comunque rivendicato la sua partecipazione a manifestazioni contro il Green Pass.

Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.

Covid, l'affondo di Luca Ricolfi: "Ecco perché sulla pandemia nessuno dice la verità". Luca Ricolfi su Libero Quotidiano il 7 settembre 2021. Pubblichiamo stralci di un intervento di Luca Ricolfi sull'informazione ai tempi della pandemia apparso sul sito internet della Fondazione David Hume. Oltre a fare il prof. universitario, di Sociologia e Analisi dei dati, negli ultimi 16 anni ho fatto il mestiere di editorialista. I quotidiani con cui ho collaborato, la Stampa, Il Sole 24 Ore, il Messaggero erano (e sono tuttora) politicamente poco caratterizzati. In concreto, vuol dire che potevo scrivere (quasi) tutto quel che mi passava per la testa. Certo, mi è capitato di sentire qualche volta la pressione a non essere troppo crudo, ma mai ho avuto la sensazione che ci fossero cose vere che non si potevano dire (...). Oggi è ancora così? Per certi versi credo di sì. Anche oggi, nessuno ti dice che cosa devi scrivere, e che cosa non puoi scrivere. Ma per altri versi sento che no, non è più così. Un clima come quello che si respira da 8-9 mesi a questa parte non mi è mai capitato di avvertirlo prima, forse perché non sono abbastanza vecchio per avere memoria di quel che può diventare il mestiere di editorialista indipendente quando scoppia una guerra. Già, perché questo è successo: alla fine del 2020 l'Italia, come ogni altra nazione europea, ha dichiarato ufficialmente guerra al virus. E, nello stato di guerra, tutto cambia. La popolazione è chiamata a cooperare allo sforzo bellico, e chi è nella condizione di vestire la divisa (i maggiorenni) è tenuto ad arruolarsi (vaccinarsi). Chi rifiuta di farlo è considerato un disertore, chi non partecipa alla campagna di arruolamento, o lo fa esprimendo qualche riserva, viene visto come un disfattista. I media principali sono chiamati a dare il loro contributo a vincere la guerra che è stata dichiarata. Non era mai successo, dalla fine della seconda guerra mondiale, ossia dall'ultima guerra vera scoppiata in Europa. Ed ecco il problema. Il lavoro dello studioso, se non è accecato dall'ideologia e dalla faziosità, non è quello di sostenere con tutti i mezzi una determinata causa, foss'anche la più nobile. Il lavoro dello studioso è di dire le cose come stanno, in base alle risultanze della ricerca scientifica. Se non fa questo, e decide che cosa dire e che cosa non dire in base all'opportunità politico-militare del momento, perde completamente la sua credibilità. Ma dire le cose come stanno è difficile nel corso di una guerra, e lo è particolarmente sui media più autorevoli (stampa e tg), che - giustamente dal loro punto di vista - si sentono impegnati in una missione suprema, la guerra al Covid, non certo a dare ai propri lettori una rappresentazione accurata della realtà. Il guaio, per lo studioso, è che - fra le molte cose vere o supportate dai dati - ve ne sono parecchie che non tengono alto il morale delle truppe, o addirittura hanno effetti di demoralizzazione (...). 

Fake checking. Questa compulsione a prendere partito, riducendo al minimo i dubbi e le sfumature, è tanto più interessante quando si manifesta negli interventi di fact checking, i cui estensori ambirebbero ad un ruolo di giudici obiettivi e neutrali: anche lì, dopo poche righe, capisci dove si va a parare. La pratica del fact checking, proliferata durante il Covid, meriterebbe uno studio a sé. In innumerevoli casi si è trasformata in una sorta di killeraggio a danno delle posizioni eterodosse, anche se sostenute da studiosi autorevoli (...). Forse il caso più clamoroso di killeraggio è stato quello nei confronti degli scienziati che sostengono la tesi, minoritaria ma non del tutto priva di argomenti a supporto, secondo cui la vaccinazione di massa - in presenza di alti livelli di circolazione del virus - possa favorire la nascita di varianti resistenti al virus. Questa tesi, giusta o sbagliata che sia, è stata completamente cancellata dalla comunicazione pubblica, perché avrebbe potuto instillare il dubbio che sia stata una follia, nell'autunno-inverno del 2020, non abbattere la circolazione del virus prima di iniziare la vaccinazione di massa; e ora potrebbe alimentare il sospetto che la vaccinazione non basti, e che l'era delle restrizioni e dei lockdown non sia affatto finita. Nonostante gli sforzi per cancellarla e squalificarla, la tesi della pericolosità della vaccinazione di massa in condizioni di alta circolazione del virus sta faticosamente riemergendo nel dibattito scientifico, anche in sedi prestigiose come la rivista Nature. Forse, dovremmo smettere di parlare di fact checking, e prendere atto della mutazione: in epoca di guerra, il fact checking si è trasformato in fake checking, al servizio dell'ortodossia dominante(...).

Disattenzione. Lo stile omissivo tocca sia la comunicazione provax, volta alla promozione della campagna vaccinale, sia quella nivax, volta a sollevare dubbi sulla vaccinazione (...). È il caso di notare, tuttavia, che vi sono anche omissioni che, almeno a prima vista, non hanno una evidente finalità pro o antivax. Sembrano, piuttosto, frutto di un mix di superficialità, disattenzione, gregarismo (...). Rientrano in questa categoria tre casi di "sproporzionata disattenzione" a ipotesi scientifiche interessanti e - se vere - potenzialmente ricche di conseguenze pratiche: 1. la trasmissione aerea del virus (attraverso aerosol, anziché attraverso le goccioline); 2. il ruolo protettivo della vitamina D; 3. le basi genetiche della suscettibilità individuale al virus, nonché l'esistenza (da gennaio 2021) di un test per individuare gli italiani suscettibili (circa 1 su 6); Sul primo punto (trasmissione mediante aerosol), il silenzio è durato circa un anno. Nonostante pubblicazioni scientifiche e appelli di centinaia di scienziati di decine di paesi, per tutto il 2020 l'Oms non ha mai voluto prendere seriamente atto di questa possibilità. In Italia, grazie a una lettera aperta del prof. Giorgio Buonanno, l'allarme sulla realtà della trasmissione mediante aerosol era scattato fin dal 27 marzo 2020, ma è stato completamente ignorato dalle autorità sanitarie, e solo tardivamente preso in qualche considerazione dai mass media. Sul secondo punto (vitamina D), salvo isolate eccezioni, l'attenzione dei media è stata sempre bassissima, e sostanzialmente succube del Ministero della Salute che, diversamente dalla comunità scientifica, ha sempre cercato di togliere ogni legittimità all'ipotesi di un nesso fra carenza di vitamina D e suscettibilità al Covid. Ancora oggi (settembre 2021), sul sito del Ministero, l'ipotesi è sbrigativamente derubricata a fake news. Sul terzo punto (basi genetiche), l'esistenza di una copiosa letteratura scientifica, e l'indubbia importanza dell'esistenza di un test (dell'Università di Verona) per individuare i soggetti più a rischio, non sono bastati ad attirare l'interesse dei media e delle autorità sanitarie (...).

I tabù di provax e nivax. Ma torniamo ai tabù dei media provax e nivax. L'informazione provax è incapace di accettare qualsiasi notizia scientifica che vada contro il totem della vaccinazione, così smorzando il consenso del pubblico, o disturbando i piani del governo. Nell'estate 2021, in piena stagione turistica, è stata messa la sordina alle ricerche che dimostravano che anche i vaccinati possono trasmettere il virus, e che non è affatto vero che fra vaccinati non ci si infetta: l'imperativo categorico era rendere desiderabile la vaccinazione, e favorire il decollo del Green Pass. È presumibile che nascondere i limiti della vaccinazione possa aver spinto la vaccinazione stessa, ma è certo che magnificare acriticamente le virtù protettive dei vaccini ha contributo a ridurre la vigilanza e il rispetto delle regole di prudenza (...). L'informazione nivax, d'altro canto, pare strutturalmente incapace dileggerei dati. Ogni sorta di espediente logico viene usato per mettere in dubbio l'efficacia del vaccino. (...) Interessanti le ingenuità alla Cacciari, miseramente franato sul "paradosso di Simpson", una trappola statistica in cui si può cadere quando la relazione fra due variabili (vaccinazione e decesso) viene analizzata ignorando una terza variabile (l'età) che può capovolgere il segno della relazione. E infatti gli stessi dati invocati da Cacciari per insinuare che il vaccino non funziona, correttamente analizzati, provano semmai l'esatto contrario (...). Alle fine, quel che accomuna i due campi è l'omissione di informazioni rilevanti, e la selezione arbitraria di pezzi di informazione funzionali alla tesi che si vuole difendere, il cosiddetto cherry picking.

Sarina Biraghi per “La Verità” l'1 agosto 2021. Dopo tanto dolore, la Bergamo di chi ha perso i propri cari uccisi dal coronavirus, ieri era in piazza per la verità. Contro la commissione d'inchiesta sul Covid, davanti al Comune di Bergamo, la protesta civile dei familiari delle vittime del virus che hanno esposto gli striscioni con scritta bianca su sfondo blu, #sereni (riportato anche sulle mascherine), scritta che accompagna le iniziative di questo gruppo, che fa riferimento al team di legali guidato da Consuelo Locati, in rappresentanza di 520 familiari nella causa civile contro Ministero della Salute, Regione Lombardia e presidente del Consiglio (allora Giuseppe Conte). In piazza Matteotti con i parenti c'erano anche Giuseppe Marzulli, ex direttore sanitario dell'ospedale di Alzano Lombardo, che fu al centro dell'epidemia nella tragica primavera dell'anno scorso, il generale Pier Paolo Lunelli e gli avvocati che hanno intrapreso la causa civile a Roma. La protesta, oltre che nei confronti della commissione d'inchiesta sul Covid, che dovrebbe essere varata dalla Camera, è stata anche contro il sindaco Giorgio Gori e gli altri politici del territorio, «che non hanno detto una sola parola in merito all'increscioso tentativo di insabbiamento avvenuto nelle scorse settimane a suon di emendamenti presentati anche dai parlamentari bergamaschi, Alberto Ribolla ed Elena Carnevali, sulla commissione. «Oggi è un momento importante perché è una manifestazione organizzata dai familiari, per dare un segnale molto forte rispetto al fatto che non sono più disposti ad accettare spiegazioni che non sono tali, rispetto a ciò che è successo», ha spiegato l'avvocato Locati, «È una manifestazione che arriva dopo tutto ciò che è uscito sulla commissione d'inchiesta, che è diventata una farsa, con l'approvazione di due emendamenti abrogativi che hanno limitato l'indagine della commissione stessa al 30 gennaio 2020, cioè prima della dichiarazione dello stato d'emergenza, quando il primo caso in Italia ufficialmente riconosciuto si è avuto il 20 febbraio 2020 e, nella Bergamasca, il 22 febbraio. Non ci sarà quindi un'indagine parlamentare in Italia. E soprattutto, siamo a Bergamo, visto che i due emendamenti in questione vengono dai parlamentari bergamaschi». La commissione dovrebbe occuparsi di quanto avvenuto in Cina prima del 30 gennaio 2020, tagliando fuori il capitolo della gestione italiana e di eventuali responsabilità politiche. Peraltro, ieri, il gruppo dei legali ha detto di avere «nuovi documenti che evidenziano di un incontro tra governo e Regioni il 25 gennaio 2020 sulle misure da mettere in campo per il contenimento del Covid. E dopo quell'incontro si sarebbero modificati i criteri di valutazione e quindi tracciamento dei casi sospetti sul territorio nazionale». «Un increscioso tentativo di insabbiamento con Gori che non si è fatto garante della nostra ricerca di verità», scrivono in una lettera aperta i rappresentanti delle famiglie (Paolo Casiraghi, Alessandra Raveane, Cassandra Locati e Antonella Dell'Aquila). «Eppure fu proprio Gori a lasciarsi andare alla commemorazione dello scorso 18 marzo con espressioni come "Ciò che colpisce è che questi numeri sui decessi raddoppiano quelli delle vittime ufficialmente accertati", "Sono morti nelle loro abitazioni o nelle case di riposo senza che fosse possibile fare loro un tampone, perché a marzo 2020 i tamponi erano pochi e bastavano appena per i casi più gravi”. Consapevolezze che, di fronte a tutti gli italiani, evidentemente non gli sono bastate per chiedere a Mario Draghi di farsi garante della verità». Secondo i manifestanti, il vero problema nella gestione dell'epidemia è stata la mancata zona rossa della Valseriana. «Chiudere sarebbe stato prerogativa di tutti. Inclusi i presidenti di Regione. Ma anche di quei sindaci per i quali invece non bisognava fermarsi. Noi oggi chiediamo la verità perché sentiamo di doverla dare non tanto a noi stessi, ma la dobbiamo a tutti i cittadini italiani. Lo dobbiamo a chi, a chi ha perso il lavoro con dei bambini da crescere e mandare a scuola. Lo dobbiamo a chi, avendo perso il lavoro ora vive per strada. Lo dobbiamo a loro, ai bambini. Costretti a stare rinchiusi per mesi senza muoversi, giocare e incontrare i propri amici. E lo facciamo anche e soprattutto perché in tal modo possiamo rappresentare per questi bambini un ideale. Quello di chi non si sa arrende davanti a muri di gomma». Secondo Giuseppe Marzulli, l'ex direttore generale del pronto soccorso di Alzano Lombardo che disse no alla riapertura dell'ospedale dopo la scoperta dei primi pazienti positivi, la modifica alla commissione è «insensata e illogica», tanto da indurre a ipotizzare che «ci sia stato uno scambio di reciproci favori in cui alcuni partiti politici, che hanno tutto l'interesse a nascondere gli errori e le omissioni del ministero della Salute nella prima ondata pandemica, si siano accordati con altri partiti politici che invece hanno tutto l'interesse a nascondere le analoghe responsabilità di Regione Lombardia, al fine di insabbiare il tutto?». Ci sono stati 140.000 morti e secondo il medico in pensione «troppa è stata l'impreparazione italiana nelle fasi iniziali e troppi gli errori, le omissioni e la disinformazione su quanto realmente accaduto». E perciò Marzulli chiede direttamente al sindaco della città «martire», Gori, di prendere «una posizione netta e senza ambiguità sugli emendamenti che limitando il mandato della commissione hanno l'unico obbiettivo di insabbiare quanto avvenuto».

Bollettino 11 ottobre, cosa non torna nel rapporto contagi-morti: "Dati nascosti"? Un ombra sul ministero. Libero Quotidiano l'11 ottobre 2021. La situazione epidemiologica dell’Italia continua a rimanere sotto controllo, nonostante i dubbi avanzati in giornata da Andrea Crisanti, secondo cui c’è una “discrepanza ingiustificabile” tra i 30-40 decessi al giorno per Covid e il numero “ridicolo” di contagi. “La gente pensa che abbiamo mille casi e che è finito tutto, ma non è così - ha dichiarato il professore - quello che conta è chi fa i tamponi, se noi nel computo mettiamo tutta la gente che si fa il tampone perché deve andare a lavorare è chiaro che le incidenze sono bassissime”. Ed effettivamente in Italia, a fronte di un numero piuttosto alto di test analizzati, i casi sono sempre molto pochi. Il bollettino di oggi, lunedì 11 ottobre, rilasciato dal ministero della Salute dà conto di 1.516 contagiati, 2.184 guariti e 34 morti a fronte di 114.776 tamponi analizzati, un terzo rispetto a quelli degli altri giorni a causa della domenica. Il tasso di positività è stato rilevato all’1,3 per cento (+0,5 rispetto a ieri), ma quella che continua a contare di più è la situazione del sistema sanitario nazionale. La pressione sugli ospedali continua a essere molto bassa, nonostante oggi il saldo dei ricoverati in reparti Covid sia +47 e quello dei ricoverati in terapia intensiva +10: un aumento artificiale, dipeso unicamente dal giorno, già da domani il trend si confermerà in discesa. Nel frattempo la campagna di vaccinazione è arrivata a 86.357.481 dosi somministrate in totale.

Le accuse al capo del governo. Per Massimo Giannini e la Stampa Draghi è un dittatore, scatta la resistenza all’ombra della Fiat. Michele Prospero su Il Riformista il 21 Settembre 2021. Sotto la direzione di Massimo Giannini la Stampa si è fortemente collocata nell’ambito della “sinistra illiberale” che tanto spaventa oltremanica il foglio gemello The Economist. Lo spettro di una deriva radicaloide, che l’organo della famiglia Agnelli denuncia sulle rive del Tamigi, è proprio lo stesso che la proprietà foraggia generosamente sulle calde acque del Po. Una vera doppiezza. Non è dunque il plebeo estremismo che dal basso inveisce contro l’élite a imperversare come una minaccia alla razionalità politica della vecchia Europa. È proprio il classico foglio del grande padronato a imprimere dall’alto della sua influenza una radicalizzazione che delegittima l’ordinamento costituzionale come potere alla deriva e nei suoi vertici in preda a un anomalo delirio autoritario. Agli affondi crepuscolari di Agamben e Cacciari si è aggiunto infatti un ulteriore livello di denuncia: Draghi in persona è ritenuto “una sorta di sovrano contemporaneo”. Tradotta in prosa, la definizione di Donatella Di Cesare significa che con la leadership personale di Draghi si spezzano i fili residui dello Stato di diritto per sperimentare altre forme di dominio politico. Sovrano è chi decide con il supporto della coercizione collocandosi ambiguamente oltre il codice stringente della legalità. E l’azione di Draghi è ritenuta fortemente dissolutrice, trattandosi di “un sovrano della competenza” che con le sue decisioni irrituali rompe “la forma della repubblica così com’è”. Il “premier-guaritore”, come viene chiamato da Di Cesare, è una reincarnazione del “Les rois thaumaturges” di Marc Bloch. Questa figura di un corpo regale che si sacralizza alimenta la falsa credenza di massa in una menzogna, quale è il rito della guarigione, per cui il sovrano con il tocco delle sue mani sforna attitudini taumaturgiche. Con il misticismo del capo di governo che compie miracoli con gli abiti della tecnica si entra nell’età della menzogna istituzionalizzata, della rottura di ogni ordine formale-legale ad opera di un sovrano-persona. Secondo l’editorialista della Stampa non solo la grande riforma semipresidenziale è “quasi un dato di fatto” (Draghi diventa l’esecutore testamentario di un abortito progetto di Craxi) ma nella sfera pubblica domina lo spettro della deriva autoritaria perché per molti attori la “democrazia è un optional”. Secondo Di Cesare occorre perciò, nella slavina costituzionale in corso, alzare il livello della critica e colpire esplicitamente la figura di Draghi come “timoniere di una democrazia sospesa” che ha rotto il patto repubblicano. Si sta parlando della repubblica democratica che non ha mai sfiorato i diritti ritenuti inviolabili, cioè i principi supremi che proprio in quanto valori fondativi dell’ordinamento vengono sottratti anche alle leggi di revisione costituzionale, ma sembra che la Stampa abbia presente “lo stato di pericolo pubblico”, un istituto fascista degli anni trenta o “La suspension de l’empire de la Constitution” prevista dalla legge francese post-rivoluzionaria. Eppure, in un’Italia colpita dalla pandemia, restano ben scolpiti i diritti inalienabili della persona, la libertà e segretezza della comunicazione, i diritti politici e sindacali, l’habeas corpus e nella vita di relazione non domina il sospetto, la delazione. Non si intravvede l’accentuazione repressiva del diritto penale con la sospensione della presunzione di innocenza, con il ricorso all’analogia e alla retroattività della norma, non si avvertono inasprimenti di pene con gracili fattispecie, invenzioni arbitrarie di reati (nella sanità pubblica non si riesce a sospendere dal servizio neppure il migliaio di medici no-vax). E neppure, malgrado l’efficienza logistica del generale Figliuolo che compare solo in una divisa che non evoca terrore, si avverte l’opera di commissioni militari speciali, l’intrusione repressiva di tribunali ad hoc. In condizioni drammatiche (oltre 130 mila morti) e con le limitazioni solo temporanee (e quindi ragionevoli-proporzionali allo scopo) di piccole e preziose libertà quotidiane, le risorse dell’ordinamento sono state attivate per tutelare il dovere pubblico irrinunciabile (per ogni forma politica, non solo quella democratica) di garantire il diritto alla vita. Nel mezzo della emergenza sanitaria non si è precipitati in uno sregolato stato di natura o condizione di guerra ma sono state celebrate elezioni regionali, comunali, referendum, congressi di non-partiti. E nessun organo costituzionale è stato ridimensionato nella pienezza delle proprie funzioni. Non c’ è in corso alcuna sospensione dell’habeas corpus, non si registra alcuna interruzione della vita istituzionale e restringimento del pluralismo sociale, politico, culturale. E i vaccini, come strumento di protezione del bene indisponibile della vita, che è la radice originaria della forma politica in quanto tale, non sono equiparabili ai rastrellamenti di massa perché la fila delle persone nei centri della sanità pubblica non è assolutamente la variante post-moderna della nazionalizzazione e disciplinamento totalitario di massa (vero Giuliano Ferrara evocatore, sulla inopinata scia di “filosofi effimeri e bizzarri”, di una assai immaginaria “svolta autoritaria”?). Sul foglio ribelle torinese i concetti di emergenza e di eccezione perdono la loro pregnanza analitica (riferite alle consuetudini del “doppio Stato” mirabilmente raccontate da E. Frenkel) e diventano delle vaghe espressioni semanticamente ballerine. Non l’emergenza, come in altri interventi di Cacciari e Agamben, ma proprio “l’eccezione si affaccia inquietantemente all’orizzonte” secondo Di Cesare. Le parole hanno però un significato univoco nel diritto. Per stato di eccezione si intende in dottrina una rottura profonda che altera il quadro costituzionale, una cesura cruenta o meno che spezza repentinamente l’ordine politico. Lo stato di eccezione indica per definizione l’emersione di un momento autocratico situato al di fuori della norma e quindi un esercizio del comando incompatibile con lo Stato di diritto. Esso prospetta anzi la esplicita fuoriuscita dal principio di legalità e l’avvento di una condizione estrema di dominio irresistibile in sé privo di forme. Nel caso di eccezione ricompare il sovrano che, con il recupero del monopolio della decisione ultima, rinuncia ad ogni regola e strapazza qualsiasi procedura vincolante. Lo spiega bene Schmitt: «Nel caso di eccezione la decisione si distingue dalla norma giuridica, e (per formulare un paradosso) l’autorità dimostra di non aver bisogno di diritto per creare diritto». Si tratta non di un semplice Stato assoluto (sciolto da vincoli giuridici che appaiono del tutto volatilizzati) ma di un apparato totalitario (mobilita, reprime senza limiti, si insinua nella società in modo penetrante, oppressivo) che affida al sovrano la decisione ultima non giustificata da norme vigenti. La sua volontà discrezionale e senza regole (l’eccezione è «il caso non descritto dall’ordinamento giuridico vigente») si afferma come duro fatto e appare sciolto da forme in quanto la irruzione decisionale-creatrice non è giustificata da altre norme o principi costituzionali. Secondo la Stampa il ruolo di Draghi è a tutti gli effetti quello di un sovrano schmittiano che, avendo rotto di proposito la cornice di legalità, giace al di fuori dell’ordinamento. Dinanzi a una democrazia sospesa, per via di una slealtà del titolare del potere che abusa delle proprie attribuzioni procedurali, sono possibili ben poche risposte, una volta preclusa quella adombrata dalle dottrine alto medievali che si spingevano sino al tirannicidio. Se però l’eccezione è una condizione reale della repubblica neppure sono disponibili quali argini le vie delle istituzioni di garanzia che sono state soppresse e svuotate proprio dalla situazione di eccezione. Come precisa Schmitt «nel caso di eccezione, lo stato sospende il diritto, annulla la norma». Cosa è legittimo fare allora per difendere le libertà fondamentali entro una democrazia che per Di Cesare è stata sospesa per colpa del prestigio conferito ad “una rockstar mondiale della knowledge”? Quale condotta è lecita ex parte populi per impedire che qualcuno, arroccato nel palazzo del governo, consolidi l’arbitrio del potere e prolunghi l’incertezza dello stato di eccezione? Se l’accusa a Draghi è quella di essere diventato, nel vuoto dei partiti e senza neppure il bisogno di un colpo di mano ex parte principis, il sovrano che governa discrezionalmente lo stato di eccezione, degli efficaci rimedi legali-procedurali non sono disponibili: le istituzioni di garanzia sono di per sé incompatibili con il concetto stesso di stato di eccezione (che per Schmitt implica proprio «la sospensione dell’intero ordinamento vigente»). Non resta allora che seguire le vie di fatto contro il “timoniere” guaritore e attendere che Giannini con la barba risorgimentale scenda in via Lugaro per distribuire le istruzioni per la disobbedienza civile o per fornire le direttive indispensabili per esercitare il diritto di resistenza (previsto dalla carta tedesca, ma non da quella italiana). C’è molto da temere da una sinistra illiberale, ma gli scritti dei padroni illiberali che evocano di fatto un metaforico “Draghicidio” inquietano ancora di più in questi tempi di innamoramenti per le categorie distruttive di “filosofi effimeri e bizzarri”. Michele Prospero  

D come Decisione. Giuseppe Trapani, Giornalista, su Il Riformista il 20 Settembre 2021. Se provassimo a fare il gioco nomi, cose, città aggiungendo però per ipotesi l’inedita colonna “politica” ci sarebbe da divertirsi soprattutto estraendo la lettera D. Anzitutto avremmo le risposte facili: il nome (Davide), la città (Domodossola), il frutto (Datteri) o l’animale (Daino) ma poi arriva il bello. Che mettiamo – a questo punto- alla categoria politica? D come? A qualcuno verrebbe in mente la parola “Delirio” pensando probabilmente ad un quinto del paese (20-22%) che manifesta un atteggiamento ostinato, tignoso e oppositivo per l’atteggiamento dei restanti 4/5.  Un pezzo di paese dormiente quando ci siamo rintanati dentro casa l’anno scorso ma poi emerso in tutto il suo coraggio reazionario anti-sistema quando si è trattato di fare la propria parte per riaprire. Un classico del paraculismo italico, una porzione (piccola) di paese che insieme agli altri – forse – cantava sui balconi al grido di #andratuttobene (sottinteso #coldidietrodeglialtri).  Quelli che D come Delirio in queste settimane dicono convintamente NO al vaccino (gratis) preferendo il tampone (pagato dagli altri). Sono dubbiosissimi e scettici sui sieri sottoposti a certificazioni internazionali di FDA-EMA già inoculati su milioni di persone, ma si dichiarano sicurissimi dell’efficacia dell’automedicazione con principi attivi (tra questi un antiparassitario per cavalli)  ancora non supportati da studi analitici. E la mente va all’ex presidente americano Donald Trump che consigliava di iniettarsi in vena direttamente l’amuchina durante una conferenza stampa di fronte al capo della commissione medica della Casa Bianca, Deborah Birx, ancora sotto shock da allora. Viva il libero pensiero ma se non è delirio questo, cos’altro sentiremo prossimamente? Ad altri verrebbe un’altra e più emblematica parola poco declinata in politica ed è Decisione: una categoria dell’umano e del sociale che una certa vulgata vorrebbe contrapposta alla D di Democrazia, come fosse antitetica. Una politica decidente è un tema discusso in questi anni ma “distratto” dall’equivoco di fondo per cui l’agire è l’opposto del consultare e del discutere.  Non è così, piuttosto è accaduto il contrario: sono anni che si parla e basta, che al tanto fumo non corrisponde l’arrosto, che si promette a basso costo sparando sciocchezze a caso. Di conseguenza, per i cittadini è naturale pensare che non accade nulla di quanto detto nella realtà dei fatti. Gli esempi sono già entrati nella letteratura politica (e mitologica) degli ultimi anni: Dalla mai nata rivoluzione liberale alla riforma sciagurata dei poteri regionali passando per la fine della povertà, l’abolizione delle accise sui carburanti, al sovranismo di mattina e all’europeismo di sera. Un cumulo di totem che si declamano tanto nessuno chiede il conto di nulla. Lecito fino a quando non ti arriva la pandemia che ti squaderna i piani e che ti obbliga al principio di realtà.  Siamo in un tempo di pandemia e – ci risulta  –  fino al 31 dicembre di quest’anno l’Italia mantiene uno stato di emergenza, una parentesi di straordinarietà  votata dal Parlamento e tuttora in vigore.  Pertanto il governo deve (non può) declinare il mandato a decidere norme di contrasto contro la diffusione del covid, a meno che il parlamento non stabilisca la fine di questa fase togliendo la fiducia all’esecutivo.  E i cittadini – come lo fu per il lockdown, i vari dpcm, le aperture, le fasce di rischio delle regioni eccetera – hanno rispettato le regole. Con il governo Draghi, ad aprile, è norma ordinaria (Legge 76/2021) l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari come logica principio di attenzione nell’esercizio della professione medica ed infermieristica. Non fa una piega sapere che gli operatori chiamati a curare i pazienti non siano – anche inconsapevolmente – vettori della malattia. Come legittimo, ci si è indignati con qualche qualche gne-gne sui talk ma le lacrime sono durate, per l’appunto, il tempo di un talk.  Successivamente si è passati al green pass e anche qui una telenovela dell’assurdo col paradosso per cui mentre la gente continuava a vaccinarsi, l’urlo dei reazionari alla dittatura si faceva sempre più grottesco.  E – di estensione in estensione – giungiamo all’obbligo lasciapassare per il comparto scuola (oltre 90 per cento di lavoratori vaccinati) fino a tutto il mondo dei lavoratori pubblici e privati. Il risultato è che nonostante ore di discussioni inutili – e di cortei farneticanti o di convegni ippocratici a base di cure alternative senza responsabilità di chi le propone (fenomeni no?) – i cittadini ad un certo punto rispettano le decisioni prese. Incentivo dittatoriale? Sopraffazione dei poteri forti? Carcerazioni di massa? Non mi pare.  Ci sono milioni di italiani con 5G improbabili sul corpo? Microchip e magneti sul braccio? Niente di tutto ma semplicemente il rispetto delle regole.  Sembra assurdo ma nel nostro paese una volta tanto decidere non lede nessun diritto fondamentale delle persone, con buona pace di chi continua a stracciarsi le vesti. Decisione e Democrazia non sono – come una certa vulgata vorrebbe far passare – categorie antitetiche ma possono coesistere ed integrarsi se ordinate sempre al bene comune. Tutto il diritto di critica sia chiaro, ma vanno veicolati argomenti costruttivi per il dibattito nell’opinione pubblica evitando magari il cortocircuito di questi mesi dove si sono raggiunte vette altissime di non-sense frutto di ignoranza grassa ed insopportabile in materia scientifica (non a caso 6 studenti su 10 vanno malissimo in matematica, fisica e scienze) a cui aggiungere la disinvoltura cazzara nello spacciare le proprie opinioni (legittime ma relative) per verità mediche. Un atteggiamento che non ho paura a definire criminogeno specialmente se si tratta della salute dei cittadini; perchè va bene tutto ma nella gerarchia del tuttologismo essere immunologi o virologi un tanto al chilo è più pericoloso (direi criminale) che sentirsi economisti di giornata o commissari tecnici post partita. Non credete? Ciò detto, la politica si è trovata dinanzi ad una scelta “di campo” ineluttabile: stare dalla parte dei fatti e non accarezzare il pelo alle opinioni, applicando perciò il fattore D, il fattore decidente.  Decidere non è arbitrio dittatoriale quando è in gioco la pelle dei cittadini. Decidere quindi è democratico, contro i democratici di maniera. Decidere (nella lotta la Covid) è non mettere etichette elettorali, non è di destra nè di sinistra e nemmeno pentastellato. Decidere è esercizio gravoso di offrire una traiettoria di azioni che valgono per i molti tendendo a coinvolgere tutti. E le minoranze – quando il prezzo è la salute collettiva – si rispettano ma non possono sostituirsi alla maggioranza. Le minoranze semplicemente si adeguano. 

L’erba voglio e la società dell’obbligo. Marcello Veneziani, La Verità (17 settembre 2021). Indovina indovinello, cosa mancava all’appello e alla filiera dopo i diritti omo-trans, l’utero in affitto, le applicazioni gender, l’aborto, l’eutanasia, lo ius soli? Ma la droga, perbacco. Mancava un grano al rosario progressista della sinistra, e in particolare al Pd che è un partito radicale a scoppio ritardato; e puntualmente è arrivato a colpi di firme sulla cannabis. Riciccia per l’ennesima volta la battaglia per la sua legalizzazione, ora in forma di referendum. Una proposta proteiforme e reiterata che si modifica di volta in volta secondo le circostanze e le opportunità del momento, ponendo l’accento ora su uno ora su un altro aspetto. Stavolta l’ariete per sfondare la linea è la coltivazione di canapa o marijuana a scopo terapeutico. Chi è così disumano da opporsi al caso limite di un malato che usa la droga e se la fa crescere in giardino per lenire le sue sofferenze e curare i suoi mali? Poi sotto la pancia delle greggi, come fece Ulisse con Polifemo, passa di tutto: non solo leggi per malati e sofferenti e ben oltre le rigorose prescrizioni e certificazioni mediche sull’uso terapeutico di alcune sostanze o erbe. Curioso questo paese che non consente i minimi margini di libertà e di dissenso nelle cure e nei vaccini per il covid, anzi perseguita e vitupera chi non si allinea e poi permette che ciascuno sia imprenditore farmaceutico di se stesso e si fabbrichi e si coltivi la sua terapia lenitiva direttamente a casa sua… L’autoritarismo vaccinale si trasforma in autarchia terapeutica se di mezzo c’è la cannabis. È il green pass al contrario: il pass per consumare green, cioè erbe “proibite”. Ma non è di questa ennesima battaglia, a cui ci siamo già più volte dedicati in passato, che vorrei parlarvi; bensì di quella filiera, di quel presepe di leggi, referendum e diritti civili di cui fa parte e che compone un mosaico dai tratti ben precisi. Ogni volta ci fanno vedere solo un singolo caso di un singolo problema portato all’estremo e noi dobbiamo pronunciarci come se fosse un fatto a sé, o un caso umano, indipendente dal contesto. E invece bisogna osservarli tutti insieme, perché solo così si compone la strategia e l’ideologia e prende corpo il disegno che ne costituisce il motivo ispiratore, l’ordito e il filo conduttore. È solo cogliendo l’insieme che si vede più chiaramente dove vanno a parare questi singoli tasselli o scalini, verso quale tipo di società, di vita, di visione del mondo ci stanno portando. Qual è il filo che le accomuna, la linea e la strategia che le unisce? Per dirla in modo allegorico e favoloso, è l’Erba Voglio. Avete presente la favola dell’erba voglio del principino viziato che vuole continuamente cose nuove e si gonfia di desideri sempre più grandi? Ecco, l’erba voglio è la nuova ideologia permissiva, soggettiva e trasgressiva su cui è fondato tutto l’edificio di leggi, di proposte, di riforme. Il filo comune di queste leggi è che l’unico vero punto fermo della vita, l’architrave del diritto e della legge è la volontà soggettiva: tu puoi cambiar sesso, cambiare connotati, mutare stato, territorio e cittadinanza, liberarti della creatura che ti porti in corpo o viceversa affittare un utero per fartene recapitare una nuova, puoi decidere quando staccare la spina e morire, decidere se usare sostanze stupefacenti e simili. Tu solo sei arbitro, padrone e titolare della tua vita e del tuo mondo; questa è la libertà, che supera i limiti imposti dalla realtà, dalla società, dalla natura, dalla tradizione. E non importa se ogni tua scelta avrà poi una ricaduta sugli altri e sulla società, su chi ti è intorno, su chi dovrà nascere o morire, sulla tua famiglia, sul tuo partner, sulla tua comunità, sulla tua nazione. Il tuo diritto di autodeterminazione è assoluto e non negoziabile, e viene prima di ogni cosa. Ora, il lato paradossale di questa società è che lascia coltivare, in casa, l’Erba Voglio ma poi dà corpo a un regime della sorveglianza e del controllo ideologico, fatto di censure, restrizioni e divieti. Liberi di farsi e di disfarsi come volete, non liberi però di disubbidire al Moloch del Potere e ai suoi Comandamenti pubblici, ideologici, sanitari, storici e sociali. Anarchia privata e dispotismo pubblico, soggettivismo e totalitarismo, Erba Voglio e Pensieri scorretti proibiti, Erba voglio e divieto di libera circolazione. Ma le due cose non sono separate, estranee l’una all’altra e solo casualmente e contraddittoriamente intrecciate. La libertà nella sfera dell’io fa da contrappeso, lenitivo e sedativo della coazione a ripetere e ad allinearsi al regime della sorveglianza. Ci possiamo sfogare nel privato di quel che non possiamo mettere in discussione nella sfera pubblica. Porci comodi nella tua vita singola in cambio di riduzione a pecore da gregge nella vita global. Puoi sfasciare casa, famiglia, nascituri, te stesso e i tuoi legami ma guai se attenti all’ordine prestabilito e alle sue prescrizioni tassative. Liberi ma coatti. La droga libera è oppio dei popoli e cocaina degli individui, narcotizza i primi ed eccita i secondi; aliena entrambi nell’illusione di renderli più liberi, li rende schiavi mentre illude di renderli autonomi. Benvenuti nella società dell’erba voglio e dell’obbligo di massa. MV, La Verità (17 settembre 2021)

Cari sì pass, ricordatevi “Philadelphia”.  Redazione di Nicolaporro.it il 19 Settembre 2021. Sono diventati ciò che odiavano. La pandemia ha completamente ribaltato la loro prospettiva sul mondo frutto di anni di lotte e conquiste sociali e politiche. Ci riferiamo ovviamente a tutti coloro che fino al 2019 si riempivano la bocca di parole quali uguaglianza, diritti, inclusione sociale, lotta a qualsiasi tipo di discriminazione. Ecco, di fronte al virus tutto questo si è disciolto come neve al sole. Oggi il fine giustifica qualsiasi mezzo, financo l’annullamento del diritto al lavoro sancito all’articolo 1 della loro amatissima carta costituzionale. Sono passati dall’altra parte della barricata, insomma, da vittime a carnefici. Già, ora sono loro i cattivi della storia. E a questo proposito, ci torna in mente uno di quei film che hanno fatto la storia del cinema degli anni ’90. “Philadelphia”, il capolavoro di Jonathan Demme con Tom Hanks (premio Oscar miglior attore protagonista) e Denzel Washington nei panni dei protagonisti.

La trama. Ricorderete tutti la trama, Andrew Beckett (Tom Hanks) è un brillante avvocato di un prestigioso studio legale di Philadelphia. E’ omosessuale e si ammala di AIDS nascondendo la malattia ai suoi datori di lavoro. Se non che i boss lo scoprono e lo licenziano per “giusta causa”. Toccherà poi a Joseph Miller (Denzel Washington) difendere il collega dimostrando che la reale motivazione alla base del suo allontanamento era in realtà l’orientamento sessuale di Andy e la paura della diffusione del contagio di HIV da parte dei colleghi. Già, la paura. Il pregiudizio. Il film si basa tutto su questo e su come Miller riesca pian piano a superare gli stereotipi della società in cui è cresciuto, diventando amico di Andy e vincendo la super causa milionaria. Una storia che ha commosso tutti, senza distinzione di credo politico, tanto da fare entrare Philadelphia nel gotha del cinema, anche e soprattutto in virtù degli insegnamenti e dei principi che veicolava.

Parallelismi con il presente. Come non trovare dei punti di contatto con quello che sta accedendo nel tempo del Covid. Oggi come allora si lotta contro un virus. Solo che nei primi anni ’90, periodo in cui è ambientato il film, l’HIV mieteva molte più vittime e le conoscenze mediche del fenomeno erano scarse, soprattutto per quanto riguardava la trasmissibilità. Quindi il timore di ammalarsi, poteva essere, per certi versi, anche giustificato. Eppure Andy ha vinto la causa. Fu pregiudizio, discriminazione. E qual è l’essenza della discriminazione? Ce lo spiegano Beckett e Miller: “il formulare opinioni sugli altri non basate sui loro meriti individuali ma piuttosto sulla loro appartenenza ad un gruppo con presunte caratteristiche”. Ebbene, questo è esattamente ciò che sta avvenendo oggi nei confronti delle persone non vaccinate che da metà ottobre non potranno più recarsi al lavoro senza avere il lasciapassare. Discriminazione. Si obietterà che, al contrario del protagonista del film, questi individui abbiano la possibilità di scelta. Vero, ma attenzione: chi l’ha detto che una persona non vaccinata sia automaticamente malata? Un individuo non è sano fino a prova contraria? E anche se non lo fosse, siamo così certi che sarebbe colpa sua? Era forse colpa di Andy se era omosessuale e se ha contratto la malattia? Sospensioni, multe, blocchi di stipendio. Ma fino a dove saranno disposti a spingersi? Checché se ne dica, nessuna carta costituzionale al mondo, nessuna legislazione giuslavoristica, nessuna norma etico-morale può concepire una tale prevaricazione dell’uomo sull’uomo. Eppure sta succedendo. Devono essersi proprio dimenticati tutto. Hanno versato lacrime per Andy che se ne è andato in pace, sereno, dopo aver ristabilito il suo onore. Hanno fatto il tifo per l’avvocato buono che era saputo andare oltre i suoi limiti e ha lottato in difesa dei più deboli. Oggi, invece, sono diventati esattamente come i colleghi e i datori di lavoro del legale sieropositivo. Vigliacchi, impauriti, cattivi. Pronti a tutto pur di difendere la loro salute e la loro confort zone morale. Chissà che riguardare Philadelphia oggi non possa avere un effetto catartico su queste persone. Dio solo sa quanto ci sia bisogno di redenzione.

Gimbe, l’oracolo italiano dei dati sul Covid è finanziato dalle Big Pharma. Raffaele De Luca su Lindipendente.online il 29 maggio 2021. La Fondazione Gimbe (Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze) si definisce un’organizzazione indipendente senza scopo di lucro che dal 1996 favorisce «la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche» e che, da quando è iniziata la pandemia causata dal Covid-19, fornisce una «tempestiva e costante informazione indipendente sull’emergenza» grazie al suo team che «analizza ogni giorno i dati della pandemia e della campagna vaccinale». Tuttavia la tanto decantata indipendenza della Fondazione non sembra sussistere realmente, in quanto all’interno del suo stesso sito tra le “fonti di finanziamento” compaiono i nomi di alcune case farmaceutiche produttrici dei vaccini anti Covid: AstraZeneca, Pfizer e Janssen (azienda della società farmaceutica Johnson&Johnson), con cui Gimbe afferma di aver lavorato. Oltre a ciò, la Fondazione offre anche servizi a pagamento ad enti sia privati che pubblici, tra i quali spiccano i corsi di formazione venduti ai principali enti sanitari nazionali e locali: l’Istituto superiore di sanità (Iss) e l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Dunque, non solo Gimbe non risulta essere realmente indipendente, ma difatti non è nemmeno una “organizzazione senza scopo di lucro”, in quanto non riceve denaro esclusivamente tramite le donazioni. In più, questo modo di operare contrasta con lo statuto della Fondazione, nel quale si legge che uno degli obiettivi è quello di «migliorare l’etica e l’integrità della ricerca». A tutto questo si aggiunga che, secondo il deputato della Lega Claudio Borghi, ci sarebbe un precedente enigmatico da chiarire: un contributo pubblico di 39.500 euro erogato a Gimbe nel 2018 dall’Istituto Superiore di Sanità per una collaborazione scientifica e firmato da Walter Ricciardi. Si tratta di colui che nel 2016 si era aggiudicato il “Premio Evidence” di Gimbe e che attualmente riveste il ruolo di consigliere del Ministro della Salute Roberto Speranza. Sulla base di ciò, il deputato ha spiegato al quotidiano Il Giornale di essere interessato a comprendere «quali siano i rapporti della Fondazione con il Ministero della Salute, con Iss e con le istituzioni sanitarie locali», se essa «partecipi ai processi decisionali della politica sull’emergenza Covid», se «riceva o meno finanziamenti pubblici» e, nel caso in cui li riceva, Borghi vorrebbe capire «da chi vengano erogati ed a fronte di quali servizi». Così Il Giornale ha cercato di porre tali domande a Gimbe, che però al momento si è rifiutata di fornire delle risposte a riguardo. Eppure si tratta di questioni di notevole importanza, dal momento che le previsioni (spesso catastrofiche ed a volte errate) e le analisi della Fondazione vengono riportate dai mass media ed accolte positivamente dagli esperti che, indirettamente, sottolineano l’affidabilità delle stesse. È chiaro, però, che la loro attendibilità in realtà non sia così scontata ed un conflitto di interessi (dovuto ai finanziamenti ricevuti dalla Fondazione) sembra quantomeno plausibile: siccome le analisi condotte da Gimbe hanno ad oggetto i dati forniti dall’Iss, e quest’ultimo risulta essere tra i finanziatori della Fondazione, è improbabile che vi sia una totale imparzialità da parte della stessa. Dunque ci si chiede perché, nonostante Gimbe sia inevitabilmente legata a Big Pharma ed agli enti pubblici, venga ancora oggi presentata come un’organizzazione indipendente e senza scopo di lucro. [di Raffaele De Luca]

Guido Stazi per “MF - Milano Finanza” il 26 agosto 2021. “L’uomo è un animale politico e in quanto tale portato a unirsi ai propri simili per formare comunità”; così Aristotele scolpiva la natura dell’uomo duemila e quattrocento anni fa in Politica; affermava che l'uomo è naturalmente provvisto di logos -ragione, pensiero, parola-, il che ben si accorda con la sua innata socialità, perché è mediante i logoi, i ragionamenti e le discussioni, che gli uomini possono trovare un terreno di confronto nelle comunità cui appartengono, fino allo Stato in quanto comunità più importante che comprende tutte le altre e il cui fine è il bene comune. Infatti, posto che tutte le azioni tendono ad un fine, che i fini sono molteplici, il bene ultimo sarà oggetto dell'attività più importante. Questa attività suprema per Aristotele è la Politica, poiché essa presiede a tutte le altre. La politica presiede alla stipula del contratto sociale che incanala i vizi della natura umana e realizza fini comuni. Il filosofo e storico napoletano Giambattista Vico ne La Scienza Nuova del 1725 scriveva: “La legislazione considera l’uomo quale è, per farne buoni usi nella umana società: come della ferocia, dell’avarizia, dell’ambizione; e di questi tre grandi vizi, i quali distruggerebbero l’umana generazione sopra la terra ne fa la civile felicità”. Prima di Vico, Thomas Hobbes nel Leviatano del 1651 sostiene che nello stato di natura, prima del contratto sociale che legittima l’autorità statuale, “la vita dell'uomo è solitaria, povera, sudicia, bestiale e breve”; e l’autorità dello stato è pari alla porzione di libertà individuale che ognuno gli delega con la rinunzia, per vivere in pace e sfuggire alla distruzione reciproca, ad esercitare i corrispondenti diritti collegati a tale libertà. Nei secoli successivi grandi pensatori - tra molti altri occorre ricordare John Locke, Immanuel Kant, John Stuart Mill, Montesquieu- aprono la strada al costituzionalismo liberale che, con la separazione e il bilanciamento tra il potere legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario, limita l’arbitrio dello stato di fronte ai diritti fondamentali dei cittadini. Ma il problema dell’esercizio del potere rimane; scriveva J. S. Mill nel 1861: “lo stesso principio di governo costituzionale richiede l’ipotesi che chi detiene il potere politico cercherà di abusarne; non perché sia sempre così ma perché questa è la tendenza naturale delle cose contro cui è compito delle libere istituzioni proteggerci”. A conferma di questo equilibrio precario, arrivarono le tragedie del Novecento, coi disastri e i lutti provocati dalle guerre mondiali; le sconfitte delle dittature hanno però restituito al mondo occidentale istituzioni democratiche più forti e stabili, importanti organizzazioni di cooperazione internazionale e in Europa un lento ma progressivo avvicinamento al sogno federalista di Ventotene. E si è tornati a discutere su cosa dovessero fare lo stato liberale e la politica per garantire la convivenza civile in un’ottica di giustizia sociale e cosa invece andava lasciato alla libera interazione della società civile. Il luogo del dibattito, con eco globale, erano le grandi università americane e la politica della democrazia-guida del mondo occidentale. Nel 1971 un filosofo di Harvard, John Rawls, pubblicò A Theory of Justice; fin dal primo paragrafo Rawls affermava che “La giustizia è il primo requisito delle istituzioni sociali, [..] Ogni persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri. [..] i diritti garantiti dalla giustizia non possono essere oggetto né della contrattazione politica, né del calcolo degli interessi sociali”. Il dibattito che accese Rawls, anche per le implicazioni di equità redistributiva delle sue teorie, fu globale; ma la contestazione più radicale arrivò da un altro filosofo della sua facoltà di Harvard, Robert Nozick che nel 1974 pubblicò Anarchy, State and Utopia. Il suo libertarismo radicale auspicava uno stato minimo, ridotto alle sue funzioni essenziali: sicurezza, protezione della proprietà privata e tutela dei contratti liberamente stipulati dagli individui. E quindi era contrario a qualunque redistribuzione del reddito a fini di giustizia sociale. Ma sul piano delle libertà individuali l’approccio di Nozick non era così distante da Rawls: “Gli individui hanno dei diritti; ci sono cose che nessuna persona o nessun gruppo di persone può fare loro senza violare i loro diritti. Tali diritti sono tanto forti e di così vasta portata, da sollevare il problema di che cosa lo stato e i suoi funzionari possano fare, se qualcosa possono”. Rawls e Nozick ebbero una enorme influenza sulla politica americana, rispettivamente sul partito democratico e su quello repubblicano, ambedue interpretando, da fronti opposti, lo spirito libertario del popolo americano. Dimostrando ancora una volta come, nella storia dell’umanità, il legame tra la cultura, il popolo e la politica riesca a garantire, e aggiornare, il contratto sociale alla base della convivenza civile. La pandemia, così come tutte le grandi crisi globali, oltre ai lutti e ai gravi disagi economici per molti cittadini, sta ponendo a tutti noi importanti questioni relative ai diritti individuali. Per un lungo periodo, anche nel nostro Paese, sono state imposte molte restrizioni a tutela della salute pubblica ed è tuttora in vigore lo stato di emergenza. Forse, grazie anche all’efficacia della campagna vaccinale, è il momento di iniziare una riflessione -comune e pacata- su come recuperare in sicurezza spazi di libertà individuale, consentendo che i cittadini tornino a stabilire un rapporto da adulti col potere politico; anche perché, sosteneva Kant nel 1784 “Un governo fondato sul principio della benevolenza verso il popolo, come un governo di un padre verso i figli, cioè un governo paternalistico in cui i sudditi, come figli minorenni che non possono distinguere ciò che è loro utile o dannoso [..] è il peggior dispotismo che si possa immaginare”. Un grande scienziato sociale, Franco Romani, commentava questo passo di Kant scrivendo ne La società leggera del 1995: “Lo Stato non è il padreterno, non è onnisciente, anzi tende molto spesso a far danno anche quando le intenzioni sono buone. Per questo va controllato e vincolato. Una società liberale avrà fondamenti sicuri solo quando i cittadini avranno imparato che possono far conto su sé stessi”. Questo dobbiamo fare adesso, recuperare un rapporto adulto con lo Stato. Elevando l’asticella del dibattito tra politica, cultura e popolo. 

Pandemia e diritti: la lezione dei filosofi. Redazione di nicolaporro.it il 15 Agosto 2021. Di Guido Stazi, tratto da Milano Finanza. “L’uomo è un animale politico e in quanto tale portato a unirsi ai propri simili per formare comunità”; così Aristotele scolpiva la natura dell’uomo duemila e quattrocento anni fa in Politica; affermava che l’uomo è naturalmente provvisto di logos (ragione, pensiero, parola), il che ben si accorda con la sua innata socialità, perché è mediante i logoi, i ragionamenti e le discussioni, che gli uomini possono trovare un terreno di confronto nelle comunità cui appartengono, fino allo Stato in quanto comunità più importante che comprende tutte le altre e il cui fine è il bene comune. Infatti, posto che tutte le azioni tendono ad un fine, che i fini sono molteplici, il bene ultimo sarà oggetto dell’attività più importante. Questa attività suprema per Aristotele è la Politica, poiché essa presiede a tutte le altre. La politica presiede alla stipula del contratto sociale che incanala i vizi della natura umana e realizza fini comuni. Il filosofo e storico napoletano Giambattista Vico ne La Scienza Nuova del 1725 scriveva: “La legislazione considera l’uomo quale è, per farne buoni usi nella umana società: come della ferocia, dell’avarizia, dell’ambizione; e di questi tre grandi vizi, i quali distruggerebbero l’umana generazione sopra la terra ne fa la civile felicità”. Prima di Vico, Thomas Hobbes nel Leviatano del 1651 sostiene che nello stato di natura, prima del contratto sociale che legittima l’autorità statuale, “la vita dell’uomo è solitaria, povera, sudicia, bestiale e breve”; e l’autorità dello stato è pari alla porzione di libertà individuale che ognuno gli delega con la rinunzia, per vivere in pace e sfuggire alla distruzione reciproca, ad esercitare i corrispondenti diritti collegati a tale libertà. Nei secoli successivi grandi pensatori – tra molti altri occorre ricordare John Locke, Immanuel Kant, John Stuart Mill, Montesquieu – aprono la strada al costituzionalismo liberale che, con la separazione e il bilanciamento tra il potere legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario, limita l’arbitrio dello stato di fronte ai diritti fondamentali dei cittadini. Ma il problema dell’esercizio del potere rimane; scriveva J. S. Mill nel 1861: “lo stesso principio di governo costituzionale richiede l’ipotesi che chi detiene il potere politico cercherà di abusarne; non perché sia sempre così ma perché questa è la tendenza naturale delle cose contro cui è compito delle libere istituzioni proteggerci”. A conferma di questo equilibrio precario, arrivarono le tragedie del Novecento, coi disastri e i lutti provocati dalle guerre mondiali; le sconfitte delle dittature hanno però restituito al mondo occidentale istituzioni democratiche più forti e stabili, importanti organizzazioni di cooperazione internazionale e in Europa un lento ma progressivo avvicinamento al sogno federalista di Ventotene. E si è tornati a discutere su cosa dovessero fare lo stato liberale e la politica per garantire la convivenza civile in un’ottica di giustizia sociale e cosa invece andava lasciato alla libera interazione della società civile. Il luogo del dibattito, con eco globale, erano le grandi università americane e la politica della democrazia-guida del mondo occidentale. Nel 1971 un filosofo di Harvard, John Rawls, pubblicò A Theory of Justice; fin dal primo paragrafo Rawls affermava che “La giustizia è il primo requisito delle istituzioni sociali, [..] Ogni persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri. [..] i diritti garantiti dalla giustizia non possono essere oggetto né della contrattazione politica, né del calcolo degli interessi sociali”. Il dibattito che accese Rawls, anche per le implicazioni di equità redistributiva delle sue teorie, fu globale; ma la contestazione più radicale arrivò da un altro filosofo della sua facoltà di Harvard, Robert Nozick che nel 1974 pubblicò Anarchy, State and Utopia. Il suo libertarismo radicale auspicava uno stato minimo, ridotto alle sue funzioni essenziali: sicurezza, protezione della proprietà privata e tutela dei contratti liberamente stipulati dagli individui. E quindi era contrario a qualunque redistribuzione del reddito a fini di giustizia sociale. Ma sul piano delle libertà individuali l’approccio di Nozick non era così distante da Rawls: “Gli individui hanno dei diritti; ci sono cose che nessuna persona o nessun gruppo di persone può fare loro senza violare i loro diritti. Tali diritti sono tanto forti e di così vasta portata, da sollevare il problema di che cosa lo stato e i suoi funzionari possano fare, se qualcosa possono”. Rawls e Nozick ebbero una enorme influenza sulla politica americana, rispettivamente sul partito democratico e su quello repubblicano, ambedue interpretando, da fronti opposti, lo spirito libertario del popolo americano. Dimostrando ancora una volta come, nella storia dell’umanità, il legame tra la cultura, il popolo e la politica riesca a garantire, e aggiornare, il contratto sociale alla base della convivenza civile.

Estratto dell’articolo di Massimo Fini per "il Fatto quotidiano" il 10 agosto 2021. "La musica contemporanea mi butta giù" (Franco Battiato) A me "buttano giù" altre cose. Non ne posso più degli integralismi che attraversano la nostra società. Il primo è l'integralismo sul Covid o, per essere più precisi, sulle misure anticovid. Intanto le comunicazioni del governo (mi spiace per il ministro Speranza che è una brava persona) e del suo Comitato scientifico sono così farraginose, complesse e contraddittorie che sfido qualsiasi persona normale a capirci qualcosa. Il Green pass ne è l'ultimo esempio. Se costoro pensano di trascinarci ancora per anni con vaccini, richiami dei vaccini e richiami dei richiami si sbagliano. Lo stress che sopportiamo da due anni non è più sostenibile. Non che noi si abbia la forza di ribellarci in modo attivo, lo faremo per omissione rifiutandoci di farci vaccinare. Oltre tutto è abbastanza chiaro, almeno così a me sembra, che il Covid 19 sfugge ai vaccini, preparati troppo in fretta e sulle cui conseguenze a medio e lungo termine non possiamo saper nulla, perché muta in continuazione. Tra l'altro opponendoci in modo così ottuso al Covid noi in realtà ne prolunghiamo l'esistenza. Se avessimo lasciato fare alla Natura quello che alla natura compete, cioè sfoltire la popolazione quando è in sovrabbondanza, il Covid sarebbe morto per inedia e sarebbe durato un paio di anni. L'epidemia si sarebbe ripresentata in forma diversa dopo qualche decennio com' è stato per tutte le epidemie del passato. Inoltre io non capisco proprio perché per salvare dei settuagenari od ottuagenari, in genere affetti da due o tre gravi patologie, si sia bloccata la vita di intere generazioni a cui il Covid non poteva far nulla. Che muoia chi deve morire e smettiamola con questa farsa tragica. "Settanta sono gli anni della vita dell'uomo" dice la Bibbia e padre Dante fissa il "mezzo del cammin di nostra vita" a 35 anni, il che vuol dire che gli uomini del Medioevo pensavano che una vita media, normale, avesse quella durata. Non ci si deve far fuorviare dal fatto che gli scienziati e gli storici, in perfetta malafede, affermano che la vita media dell'uomo del Medioevo era di trent' anni o poco più. Il dato è falso perché sconta l'alta mortalità natale e perinatale che lasciava in vita solo i più robusti. Il raffronto va fatto non con la vita media ma con l'aspettativa di vita dell'adulto. Da questo punto di vista, è vero, abbiamo guadagnato alcuni anni poiché questa aspettativa, secondo dati del 2016, è di 80,6 per gli uomini e di 85 per le donne. Ma bisogna poi vedere qual è la qualità della vita in questi anni che abbiamo strappato. Fatta ogni debita eccezione, tutti noi abbiamo esperienza di anziani che trascinano una vita che non è più una vita in interminabili e penose agonie cui sarebbe di gran lunga preferibile la morte. In fondo la morte, se non si trascinano le cose oltre ogni limite di decenza, è una cosa pulita. Infine noi stiamo creando, artificiosamente, un mondo di vecchi che pesa sulle generazioni più giovani e vitali. Lo psicoanalista Cesare Musatti, a novant' anni, e quindi al di sopra di ogni sospetto, disse: "Un mondo popolato in prevalenza da vecchi mi farebbe orrore". 

Da liberoquotidiano.it il 6 agosto 2021. Massimo Cacciari si infuria sulla questione dello stato di emergenza e Massimo Galli sorride in diretta tv: è quanto successo ieri sera a Zona Bianca su Rete 4. Chiamato a dire la sua sulla situazione Covid in Italia con le relative misure su restrizioni e Green pass, il filosofo ed ex sindaco di Venezia ha dichiarato: "C'è un'involuzione della nostra democrazia. Non c'è un pericolo totalitario. Ma l'Italia non può andare avanti a colpi di stato d'emergenza". Nel frattempo l'infettivologo del Sacco di Milano, inquadrato dalle telecamere, ha sorriso per esprimere il proprio dissenso. E proprio l'espressione apparsa sul viso di Galli non è stata apprezzata dai telespettatori che in quel momento erano davanti alla televisione. Un utente su Twitter ha scritto: "Galli che ride, con aria di sufficienza, mentre parla Cacciari, è qualcosa di abominevole. L’ignoranza ha diversi volti, uno è quello della categoria dei medici spocchiosi", qualcun altro invece: "Galli mi ricorda quelli che non sanno come controbattere a una discussione sui social e mettono l'emoticon della faccina che ride, perché non sanno che altro fare". In ogni caso, Cacciari è stato molto chiaro nell'esprimere il proprio pensiero: "Io parlo di questioni che riguardano la Costituzione e l’ordinamento giuridico. Non è possibile, neppure in base alla nostra Costituzione, procedere per la quinta volta attraverso stati d’emergenza senza stabilire in base a quali criteri questi stessi stati di eccezione vengano dichiarati. È pericolosissimo procedere in questo modo senza consapevolezza e senza un fine preciso". Secondo il filosofo, infatti, bisognerebbe "determinare per legge i casi per cui si stabilisce uno stato d’emergenza". E dunque, rivolgendosi a Galli: "Una democrazia non può andare avanti a stati di emergenza, lo capisce o no?". Super-Cacciari

Massimo Cacciari per "la Stampa" il 2 agosto 2021. Sotto la pressione della pandemia e l'ansia comprensibile per superarla al più presto viviamo un periodo di profonde trasformazioni giuridiche, istituzionali e politiche senza chiara consapevolezza, in modo informe e casuale. Qui sta il vero pericolo. Tendenze in atto da tempo, almeno dalla grande crisi che inaugurò il millennio con le Torri Gemelle, che sono andate via via "volatilizzando" i poteri delle assemblee elettive, trasformando da noi l'attività legislativa sostanzialmente in convalida della decretazione d'urgenza, e ciò sempre, si dice, per rispondere con tempestività ed efficacia a un bisogno di sicurezza e protezione invocato dall'opinione pubblica, vanno ormai stabilizzandosi: lo stato di emergenza sta diventando la norma, ormai con la benedizione anche di ex-garantisti e ex-giustizialisti. Che questo non interessi i virologi può starci. Che non interessi politici e giuristi forse meno. Una volta si parlava della "forma" delle leggi. Qual è la "forma" del Decreto Legge che proroga lo stato di emergenza, per la quinta volta (se non conto male) dal 31 gennaio 2020? Esiste nel nostro ordinamento qualche norma che consenta in via generale di proclamare lo stato di emergenza? L'art.7 del Codice di Protezione Civile? Non sembra - poiché lì è fatto esplicito riferimento soltanto a calamità naturali, quali sismi, eventi metereologici eccezionali, ecc. Esiste comunque la possibilità di incardinare nella nostra Costituzione l'idea di "stato di emergenza"? Meno che meno. Come spiegava la professoressa Cartabia, nella sua veste "scientifica, i nostri Padri non vollero che si ripetessero le condizioni che portarono nella Repubblica di Weimar al continuo ricorso all'istituto (previsto in quella Costituzione) dello "stato di eccezione", con le ben note conseguenze. Il ricorso alla formula dello "stato di emergenza" sembra perciò, ben più che frutto di totale improvvisazione, l'autofondazione di una nuova norma, e cioè una, per quanto informe, innovazione di sistema. Anche per la fondamentale ragione che nulla si dice nel DL del 23 luglio sulla possibilità di ulteriori proroghe. L'art.24 del Codice di Protezione Civile recita che lo stato di emergenza nazionale non può superare i 12 mesi ed è prorogabile per non più di ulteriori 12. Questo art. non è richiamato nel Decreto, e pour cause, poiché in generale il Codice non poteva esserlo, non prevedendo, come si è detto, altro che calamità naturali (che è espressione tecnica, e non può venir manipolata ad libitum). Né vengono in alcun modo indicati i criteri in base ai quali lo stato di emergenza potrebbe finire. Tutti vaccinati dagli 0 ai 100 anni? Nessun contagio più? Su quali indici, su quali dati si intenderà procedere? Si pensa esista un termine ultimo decorso il quale ogni ulteriore proroga diviene impossibile? Semplici, socratiche domande È palese che nella nostra Costituzione non può trovare radicamento l'idea di "stato di emergenza". Forse però qualcosa di analogo. La mia modesta competenza in materia mi suggerisce che il "caso" può risolversi soltanto attraverso la lettura combinata degli artt. 13, 16 e 32. "La libertà personale è inviolabile"(art.13) e solo in casi «indicati tassativamente dalla legge» l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori da comunicarsi entro 48 ore all'autorità giudiziaria, ecc. È del tutto evidente che qui si tratta di reati che nulla hanno a che fare col nostro caso. L'art.16, invece, prevede la possibilità di limitazioni in via generale «per motivi di sanità e di sicurezza» al diritto di libera circolazione e soggiorno in qualsiasi parte del territorio nazionale, e l'art.32 stabilisce che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Ora è chiaro che qui dovrebbe intervenire una legge che stabilisca in modo formale quali siano questi motivi che consentono di derogare alla solenne dichiarazione d'apertura dell'art.13. E altrettanto chiaro, mi pare, che comunque tutte le restrizioni coattive dovrebbero seguire la via giurisdizionale che in esso si indica. In assenza di simili garanzie, un domani per «motivi di sicurezza» si potrà procedere a limitare la libertà della persona invocando la tutela di qualsiasi altro "valore". Difficile da immaginare? Niente affatto. Credo già viviamo all'interno di questa deriva: dal terrorismo alla immigrazione, oggi la pandemia, domani probabilmente sarà la "difesa dell'ambiente". Tutte emergenze realissime, nulla di inventato. Il problema è come le si affronta, occasionalmente, senza memoria storica, incapaci di dar forma di legge agli interventi magari necessari, privi di qualsiasi strategia di riforma del sistema democratico. Alcune Autorità sovra-nazionali hanno tuttavia ben compreso, e da anni, il formidabile pericolo che questa tendenza comporta. Ma la loro voce neppure è citata dal Governo. L'art.4 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (New York 1966), il quale, in base all'art.10 della Costituzione, prevale sulla normativa ordinaria (come ha ritenuto la stessa Corte costituzionale) così detta: «In caso di pericolo pubblico eccezionale che minacci l'esistenza della Nazione e venga proclamato con atto ufficiale, gli Stati possono prendere misure le quali deroghino, ecc.ecc.». Sussistono forse oggi, luglio-agosto 2021, i presupposti minimi per dichiarare che l'esistenza della nostra Nazione è minacciata? Infine, lo ricordo per l'ennesima volta, la Risoluzione 2361 del Consiglio d'Europa dice: «I governi devono assicurare che i cittadini siano informati that vaccination is not mandatory e che nessuno sia politicamente, socialmente o con altri mezzi costretto ad assumere il vaccino if they do not wish to do so themselves». Aggiungiamo la disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno: «È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medicio perché non hanno ancora avuto la possibilità di farlo o perché hanno scelto di non essere vaccinate». Parole di qualche scemo no-vax? Parole che incitano al suicidio? No, parole al vento, così pare. Stiamo preparandoci a un regime, a una "intesa mondiale per la sicurezza"(diceva un grande filosofo, Deleuze, anni fa), per la gestione di una "pace" fondata sulle paure, le angosce, le frustrazioni di tutti noi, individui ansiosi di soffocare ogni dubbio, ogni interrogazione, ogni pensiero critico? 

Cacciari: «No all’obbligo mascherato, sì al vaccino. E non chiamatemi no-vax». Il filosofo Massimo Cacciari: «Il green pass è un trattamento obbligatorio mascherato: se non faccio il vaccino non mi fanno più vivere». E sui "no vax"...Rocco Vazzana su Il Dubbio l'8 settembre 2021. Se c’è una cosa che proprio Massimo Cacciari non sopporta è quella di essere additato come un no vax, per le sue posizioni critiche sul green pass. Lui, che ha fatto il vaccino e consiglierebbe a chiunque di farlo. «Se le persone ancora continuano a considerare le mie parole assimilabili a quelle di un no vax come faccio a convincerle?», dice quasi sconsolato, quando ancora non ha deciso se rilasciare o meno questa intervista. «Di fronte alla totale malafede cosa devo spiegare?». Del resto, aggiunge, «non si può andare avanti a colpi di emergenze per anni e pensare che questo non produca una forma mentis generale per cui devi solo obbedire e combattere».

Professore, partiamo dall’inizio, perché è così critico sul green pass?

Mi lasci premettere però che la mia posizione critica si concentra solo sul green pass, non ho mai avuto alcun dubbio sull’utilità dei vaccini. E per questo credo che il governo avrebbe fatto bene a insistere nell’opera di persuasione per convincere tutti a vaccinarsi. Perché in ballo non ci sono solo questioni sanitarie ma anche giuridico-politico-istituzionali.

Si spieghi meglio.

La Costituzione certamente prevede la possibilità dell’obbligo di un trattamento sanitario per il bene comune ma lo vincola al rispetto della persona. E rispetto della persona significa prima una corretta, completa e trasparente informazione, poi che le conseguenze di un trattamento non siano dannose per la persona che lo assume al di là di ogni ragionevole dubbio. Le decisioni della Corte suprema vanno in questa direzione. Allora chiedo: l’informazione, contraddetta in tutti i modi anche da parte delle autorità politiche e sanitarie, può dirsi corretta, completa e trasparente? Possiamo escludere al di fuori di ogni ragionevole dubbio, mettendo in conto che ogni farmaco, anche quello più testato, può comunque dare dei disturbi, danni a media e a lunga scadenza in base alle sperimentazioni fin qui eseguite?

Lei crede che nessuno sia in grado di escluderlo?

Sono le stesse società farmaceutiche ad esonerarsi da ogni responsabilità. E non a parole, ma nei loro documenti ufficiali, a disposizione di chiunque navighi in rete. Ricordate tutta la confusione over 60, under 60 e poi ancora over 60? Non si tratta solo di cattiva comunicazione, ma di un’incertezza di fondo. Capisce che il ragionevole dubbio da sollevare è più che legittimo?

È un ragionevole dubbio che secondo lei spinge il governo a imporre il green pass e non l’obbligo vaccinale?

È evidente. Perché, come sostengono molti giuristi, la procedura “trasparente” prevederebbe una legge specifica sull’obbligo vaccinale. Non qualcosa che sta dentro un pacchetto emergenziale, ma un provvedimento con cui lo Stato si assume le sue responsabilità. E che prevede anche forme di risarcimento per chi eventualmente dovesse subire dei danni, come è già stato fatto per altri trattamenti sanitari. Ma qui siamo di fronte a una colossale ipocrisia.

Ma quindi il vaccino è un problema o una risorsa?

Per me la questione è il green pass obbligatorio di fatto o, vedremo, di diritto. Non certo il vaccino. Se fossi il presidente del Consiglio farei di tutto per convincere i cittadini a vaccinarsi. Senza lasciare indietro nessuno. Che si fa ad esempio con quei soggetti per cui è conclamata la pericolosità del vaccino? Penso a chi soffre di miocarditi, a chi ha allergie di un certo genere, alle donne in stato interessante con determinate patologie, eccetera. Può dirmi il governo cosa devono fare queste persone per evitare il vaccino o ritengono che vada bene a tutti sempre e comunque?

Il governo la soluzione la fornisce: un tampone ogni 48 ore…

A me non pare una risposta possibile, solo una provocazione per prendere tutti a calci nel sedere.

No al green pass, dunque. Ma sarebbe favorevole all’introduzione di un obbligo vaccinale?

Sì, purché sia previsto un meccanismo semplice e chiaro per chi ha la necessità dell’esonero e purché non sia previsto per gli adolescenti. Bisogna avere il coraggio di imporre un trattamento sanitario per legge perché il green pass nei fatti lo è.

Non sarebbe più “violento” obbligare qualcuno ad assumere un farmaco?

È un ragionamento ipocrita. Io sono obbligato di fatto a farlo, altrimenti non vivo. Cosa faccio? Non prendo più un treno, non vado più al cinema, perdo il lavoro? Senza contare che il vaccino non mi impedisce di ammalarmi e di contagiare gli altri.

Le evita però di finire in terapia intensiva…

Certo. Ed è per questo che ho deciso, da persona libera e informata, di vaccinarmi e lo consiglierei a tutti se fossi presidente del Consiglio.

Come giudica il modo in cui la politica ha affrontato il tema?

Sono vent’anni che viviamo in uno stato d’emergenza permanente, almeno dall’11 settembre: prima il terrorismo, poi la crisi economica, poi l’immigrazione, ora la pandemia. Probabilmente nessuno se ne rende più conto, ma sono quasi dieci anni che veniamo governati da esponenti estranei alla politica, perché la politica non riesce più ad affrontare le questioni del Paese. E tutto il mio discorso si colloca in questo contesto generale: uno stato di emergenza permanente che sta diventando fisiologico ormai.

Eppure anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha detto che la libertà non può essere un alibi per non vaccinarsi…

La libertà non può essere un alibi e il presidente della Repubblica lo sa benissimo da costituzionalista. Mattarella ha infatti anche spiegato che nessun provvedimento deve ledere a dignità della persona. È una deriva che viene da lontano. Il Parlamento è del tutto svuotato, possono parlare solo il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica. Le forze politiche sono tutte in crisi palese. Dal centrodestra diviso, al Pd che cambia segretario senza neanche un minimo di confronto interno, al Movimento 5 Stelle che è quello che è. La democrazia rappresentativa attraversa una fase di crisi irreversibile.

Quanto fastidio le dà essere arruolato tra i no vax?

Nessuno. Provo solo pena e misericordia per i cialtroni che lo dicono.

Mirella Serri per "la Stampa" l'11 agosto 2021. Le grandi lobbies economico-finanziarie e le multinazionali, approfittando del clima di paura e di incertezza creato dal Sars-Cov-2, stanno stringendo un patto per orientare in senso totalitario le democrazie occidentali. Dalla sventura quotidiana della pandemia ai complotti internazionali che attentano alla libertà, il passo è breve. E' questo l'assunto del professor Franco Cardini che è intervenuto nel dibattito sollevato da Massimo Cacciari e Giorgio Agamben sul tema del green pass e sul conflitto tra il godimento della libertà individuale e la limitazione di questa in nome di un bene superiore, la «sicurezza» e la tutela degli individui dalla malattia. L'assunto da cui parte Cardini nel suo intervento sulla Stampa è che nessun medico o scienziato è oggi in grado di garantirci al cento per cento l'efficacia del vaccino. E dunque il green pass non solo è inutile ma finisce per dimostrarsi per quello che è realmente, un escamotage con cui si tende a controllare e a limitare la libertà. Ma è proprio vero, come Cardini scrive, che il vaccino non offre una valida protezione dal Covid? Possiamo rispondere con le parole del prof Silvio Brusaferro, intervistato in questi giorni proprio sulla Stampa: «Tra le principali 'bufale' che si trovano in rete - osserva il medico - c'è quella che le case farmaceutiche stiano usando le persone come cavie somministrando vaccini ancora non completamente sperimentati. I vaccini autorizzati contro il Sars-Cov-2 hanno completato tutti i passaggi della sperimentazione necessari. Il sistema di farmaco vigilanza è lo stesso di tutti gli altri farmaci dopo i risultati degli studi autorizzativi effettuati su decine di migliaia di individui vengono raccolte le segnalazioni dalle agenzie nazionali e internazionali». Brusaferro riconosce che esistono i «fallimenti vaccinali». Ma si tratta di casi molto limitati: «Il vaccino assicura un livello di copertura della popolazione alto che minimizza il rischio di trasmissione e protegge dalle conseguenze peggiori della malattia, dal ricovero al decesso, oltre 9 persone ogni 10 vaccinate». Perché dubitare di quanto afferma il presidente dell'istituto superiore di Sanità? I suoi sono dati concreti anche a sostegno dell'utilità del green pass il quale non solo tutela la salute ma permette di evitare il lockdown e lo svolgimento delle attività economiche. Peraltro nessun farmaco offre garanzie di efficacia al cento per cento: anzi, i cosiddetti bugiardini testimoniano esattamente il contrario. Un medicinale da una parte dà molto a quasi tutti quelli che ne fanno uso e dall'altra può raramente rivelarsi dannoso. Partendo dall'acquisizione che il sistema lacunoso e bugiardo sia quello del green pass, per Cardini il vero pericolo da cui ci dobbiamo tutelare è l'erosione delle libertà che il governo attua attraverso l'imposizione del passaporto sanitario. Stiamo precipitando, secondo lo storico del medioevo, in una deriva totalitaria. Anzi, Cardini fa sue le parole di Cacciari secondo il quale «già viviamo all'interno di questa deriva: dal terrorismo alla immigrazione, oggi la pandemia, domani probabilmente sarà la difesa dell'ambiente. Tutte emergenze realissime, nulla di inventato. Il problema è come le si affronta, occasionalmente, senza memoria storica, incapaci di dar forma di legge agli interventi magari necessari, privi di qualsiasi strategia di riforma del sistema democratico». Approfittando dei timori suscitati dalla diffusione del virus, infatti, sarebbe in atto un progetto di controllo totalitario della popolazione. Una cospirazione internazionale, a detta di Cardini, che sarebbe in atto da parecchio tempo, prima del diffondersi della malattia che globalmente ci affligge: «Il Grande Complotto - scriveva lo storico nell'ormai lontano 2003 in Astrea e i Titani. Le lobbies americane alla conquista del mondo - si può esserne (quasi) certi, non esiste; non c'è alcuna Tavola attorno alla quale seggano Superiori Sconosciuti. Ma disegni e programmi formulati per seguire interessi particolari di lobbies e di corporations da personaggi e da gruppi che contano al di fuori e al di sopra della legalità interna e internazionale: di questi sì, ce ne sono parecchi; per quanto si cerchi in tutti i modi al livello di mass media di non farne trapelare esistenza e attività. In altri termini, ci si potrebbe chiedere quale sia il rapporto fra l'effettivo potere detenuto e gestito, oggi, dal governo degli Stati Uniti d'America e il processo di globalizzazione. Ma in questi termini la domanda è mal posta. La vera e fondamentale questione è un'altra: quali sono le forze reali che sostengono, in parte controllano e in parte direttamente costituiscono il governo degli Stati Uniti d'America? Di quale potere sovrano esso è rappresentante? È sua la detenzione del potere imperiale? Oppure dietro ad esso si cela un impero invisibile che in realtà è irresponsabile dinanzi ai suoi sudditi, che neppure sanno di esser tali?». Da una cospirazione all'altra: all'imperialismo americano e consumistico oggi si sono sostituite le lobbies delle multinazionali del farmaco, degli «irresponsabili» governi occidentali che si avvantaggiano del regime del terrore e delle inquietudini collettive, sostenuti dai media che fanno il gioco dei governi mentre le aziende farmaceutiche (tutte) tengono nascosti gli effetti collaterali dei vaccini. Un legame collegherebbe l'operato di tante potenze oscure anche se, ad esempio, com' è noto i dati della farmaco vigilanza sono pubblici. L'Agenzia italiana per il farmaco vigila, come fa del resto l'Ema, e ci offre i veri numeri della pandemia, dell'inoculazione dei vaccini negli Stati, i successi e gli insuccessi. Che però non convincono i complottisti del Sars-Cov-2. Perché come in tutte le teorie del complotto i dati e i fatti non servono, bastano le teorie. La percezione di oscure forze, come quelle evocate da Cardini, è anche al centro dell'immaginario di una quota consistente dei no-vax: partire dalla demistificazione di questo assurdo complottardo è quindi essenziale anche per sgomberare la strada dai pregiudizi che ostacolano la campagna vaccinale. 

La verità sui contagi: Zangrillo "cancella" il bollettino. Francesca Galici il 18 Agosto 2021 su Il Giornale. Alberto Zangrillo continua a chiedere un cambiamento nell'approccio al Covid e alla sua narrazione per tornare a una condizione di normalità. Da più parti, i medici chiedono di sospendere la narrazione dell'epidemia così com'è stata finora per provare a ritrovare la rotta e tornare alla normalità il prima possibile. Alberto Zangrillo è uno dei più attivi in questa direzione. La campagna vaccinale sta procedendo bene e, per il direttore del Dipartimento di anestesia e terapia intensiva dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano, "i contagi #Covid19 continuano perché li stiamo cercando ma i casi più seri il 99% delle volte riguardano non vaccinati". Da Twitter, Alberto Zangrillo è tornato ad appellarsi al buon senso delle istituzioni e dei suoi colleghi: "Bisogna trovare un equilibrio tra il virus e le nostre libertà e tornare a curare gli altri malati, prima che sia tardi". Concetti che il medico ha ribadito anche nel corso di un'intervista rilasciata al settimanale Chi. "Dobbiamo scostarci progressivamente dal tracciamento che confligge con le libertà essenziali dell'uomo", ha spiegato il medico ribadendo la necessità di una convivenza con il virus. Questo nuovo equilibrio è importante trovarlo il prima possibile, sottolinea Zangrillo, perché altrimenti a settembre "continueremo ad allontanarci dalla normalità". Il primario ne è convinto: "Bisognerà affrontare il tutto con molta calma, con sangue freddo". La vaccinazione dev'essere alla base di questo nuovo processo, che può avviarsi solo con comportamenti responsabili da parte di tutti. Per spiegare il suo concetto, Alberto Zangrillo ha fatto un esempio motoristico: "Chi non controlla il livello dell'olio nel motore della propria autovettura e non fa i tagliandi consigliati, corre il rischio di fermarsi in autostrada o in tangenziale. Così, chi non si vaccina corre il rischio di ammalarsi, anche gravemente, o addirittura morire". Con grande realismo, Alberto Zangrillo ha sottolineato che è "un'utopia vaccinare tutti", tuttavia è fondamentale il progresso della campagna vaccinale, somministrando le dosi a quante più persone possibili. Grazie al vaccino, al progresso della scienza e delle cure contro il Covid, come spiega il primario al settimanale, "si può garantire l'efficienza di intervento sul virus e, dunque, far tornare anche gli ospedali alla loro missione di cura universale". Non sarà semplice far tornare le persone negli ospedali, "ci sono persone che non escono di casa perché impaurite, traumatizzate, dominate da patologie psichiatriche che impediscono la socializzazione". Quindi, il medico ha portato l'esempio delle persone fotografate in mare mentre nuotavano con la mascherina: "Lo dico con il massimo rispetto, in questi casi il medico competente è lo psichiatra". Alberto Zangrillo ha snocciolato qualche numero, spiegando che dei 9/10mila accessi mensili al pronto soccorso del suo ospedale, "la parte Covid è irrilevante. Parliamo di poche decine ed è un dato pressoché costante nelle ultime settimane". A settembre, il medico auspica di vedere "un sistema in cui il Covid fa parte delle tante circostanze che portano l'apparato respiratorio ad ammalarsi". Tuttavia, l'esperienza maturata nell'ultimo anno e mezzo ha portato allo sviluppo di un protocollo per diagnosi veloci. Sottolineando l'importanza del ritorno della didattica in presenza, che per Zangrillo passa anche attraverso la vaccinazione degli studenti di ogni ordine e grado, il medico ha anche ribadito che servirà un piano per i trasporti scolastici e per l'operatività fuori dalle suole. Infine, il primario ha richiamato tutti a fare un passo indietro: "Il gioco a spaventare, i bollettini giornalieri, le discussioni hanno portato solo a disorientare. Il modo più bello per uscirne è avere una univocità di approccio al Covid, è fare ricerca e produrre scienza di qualità controllata". Quindi il medico lancia una frecciatina: "Tra i più amati analisti di dati, curve e proiezioni, utili a vendere notizie, ci sono personaggi che grazie ai media vengono chiamati e ritenuti scienziati ma che, purtroppo, sono altro. Mi aspetto che i dati di ricerca, di base e clinica, siano gli unici a cui dare retta. Tutto il resto è fuffa, che alimenta solo confusione".

Francesca Galici. Giornalista per lavoro e per passione. Sono una sarda trapiantata in Lombardia. Amo il silenzio. 

Variante Delta, Alberto Zangrillo attacca: "I veri numeri sui contagi, perché in Italia nessuno li dice?" Libero Quotidiano il 26 luglio 2021. Alberto Zangrillo attacca i cosiddetti giornaloni che continuano ad avere una linea allarmista sul coronavirus, quando secondo il professore, la realtà mostra che i contagi sono contenuti e soprattutto sono davvero poche le ospedalizzazioni, soprattutto in terapia intensiva. "Nonostante le 'folli riaperture' del Primo Ministro Boris Johnson, per il quinto giorno consecutivo, crollo dei contagi Covid in Gran Bretagna. Per conoscere la notizia dobbiamo leggere The Times", scrive in un post pubblicato sul suo profilo Twitter in cui pubblica la prima pagina del quotidiano inglese. "Alla stampa italiana le buone notizie non interessano", conclude il primario del reparto di terapia intensiva del San Raffaele di Milano. Che due giorni fa aveva scritto, sempre su Twitter: "Primo: creare allarme è ingiustificato. Secondo: la realtà clinica è questa. Terzo: il vaccino protegge". Quindi aveva rimarcato che situazione dei contagi è sotto controllo e che i vaccini sono indispensabili. Il quadro infatti nell'ospedale San Raffaele di Milano è questo: "Nella settimana 17-24 luglio, 16 ingressi al pronto soccorso per Covid (1,4 per cento di tutto il ps)". Di questi "15 erano non vaccinati, 1 con una sola dose. Età media: 39 anni". E poi, "dodici sono stati dimessi, 4 ricoverati non in terapia intensiva, tutti non vaccinati. Età media: 54 anni". Anche nei giorni scorsi il professore aveva attaccato il Corriere della Sera per essere fin troppo allarmista sull'argomento. "Dai dati ufficiali al 18 luglio 2021, in Italia i decessi da Covid 19 nei giovani (0,0083% negli under 30) sono in larga parte ascrivibili a soggetti fragili e non vaccinati. Trovi tutto, anche oggi, nelle prime 7 pagine del Corriere del Virus", aveva scritto sui social.  "A fronte di questi numeri reali, dedicare le prime 6 pagine del Corriere al Covid-19 equivale, a mio parere, a creare panico", aveva osservato ancora Zangrillo.

Vaccini sprecati e riaperture, così l’Oms continua ad alimentare il panico. Federico Giuliani su Inside Over il 21 luglio 2021. Ci sono i vaccini. Molti Paesi sono riusciti a immunizzare a tempo record gran parte delle rispettive popolazioni e a mettere in sicurezza quasi tutte le categorie a rischio. In alcune regioni i contagi saranno pure in aumento, ma le vittime e le ospedalizzazioni causate Sars-CoV-2 non sono cresciute come in passato. Insomma, nonostante il quadro generale lascia presupporre che la lotta contro la pandemia sia entrata in una fase piuttosto gestibile, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha pensato bene di alimentare il panico. Certo, non bisogna abbassare la guardia perché – ormai dovremmo averlo imparato a memoria – questo virus non scomparirà dall’oggi al domani. Ma non ha neppure senso pronunciare le parole utilizzate da Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms che, in virtù del ruolo che ricopre, dovrebbe urgentemente rivedere il proprio stile comunicativo. “Chiunque pensi che la pandemia” di Covid-19 “sia finita, perché dove risiede è finita, vive nel paradiso degli sciocchi”, ha affermato Ghebreyesus a Tokyo, nel suo intervento alla 138esima sessione del Comitato olimpico internazionale (Cio).

L’ammonimento dell’Oms. Ghebreyesus, forse vedendo in giro per il mondo un generale rilassamento, ha pensato bene di richiamare tutti sull’attenti. Poco importa se i vaccini – in tempi non sospetti definiti gli strumenti fondamentali per sconfiggere la pandemia – hanno dimostrato di bloccare decessi e ospedalizzazioni. Poco importa se il ritorno a una minima parvenza di normalità, con bar e ristoranti aperti e vacanze estive prenotate, ha ridato verve all’asfittica economica di mezzo mondo. Poco importa tutto questo, perché, a detta di Ghebreyesus, i vaccini saranno anche “strumenti potenti ed essenziali” ma “il mondo non li ha usati bene”. In particolare, il dg dell’Oms ha puntato il dito contro l’iniquità vaccinale che avrebbe creato disuguaglianze nell’immunizzazione della popolazione globale. La conclusione dell’intervento di Ghebreyesus fa venire i brividi: “A 19 mesi dall’inizio della pandemia e a 7 mesi dall’approvazione dei primi vaccini ci troviamo ora nelle prime fasi di una nuova ondata di infezioni e decessi. Questo è tragico”. In generale, l’Oms ha individuato quattro fattori che avrebbero favorito il nuovo rialzo dei contagi: la circolazione di varianti più trasmissibili di Sars-CoV-2, l’allentamento delle misure sociali di salute pubblica, l’aumento della mescolanza sociale con la ripresa degli spostamenti e l’elevato numero di persone che restano suscettibili all’infezione a causa della suddetta distribuzione iniqua dei vaccini nel mondo.

Tra incoerenza e ambiguità. Chi non fosse pienamente convinto dai discorsi di Ghebreyesus può sempre affidarsi ai numeri. Non a caso l’Oms è tornata a evidenziare l’andamento dei contagi, avvisando che, dal 12 al 18 luglio, su scala mondiale si sono registrati oltre 3,4 milioni di casi di Covid-19 e 56 mila decessi. Il problema è che sia le parole di Ghebreyesus che le molteplici posizioni dell’agenzia con sede a Ginevra, risultano alquanto incoerenti e ambigue.

Innanzitutto il direttore dell’Oms ha lanciato le sue prediche direttamente dal palcoscenico delle Olimpiadi, un evento che, a detta di molti esperti, potrebbe incrementare la diffusione del virus. Per quale motivo adirarsi per come certi Paesi hanno utilizzato i vaccini, e poi favorire manifestazioni che potrebbero vanificare lo sforzo sanitario mondiale?

Dopo di che è interessante spendere le ultime parole sull’Oms. Da quando è scoppiata la pandemia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha fatto altro che ammonire, profetizzare sventure e criticare il modus operandi dei governi, senza fornire alcuna soluzione degna di nota ai problemi sanitari. Basti pensare che, a oltre un anno e mezzo dall’avvento del Covid, gli esperti dell’Oms non sono ancora riusciti a chiarire come si sia originato il virus che ha messo in ginocchio il mondo intero. Nel frattempo, ignorando questo e molto altro, c’è chi continua a fare crociate non appena si inizia a respirare un minimo ritorno alla normalità ormai dimenticata.

Roma, contagi in calo. Non regge la tesi della “variante azzurri”. Bassetti: troppe speculazioni. Redazione mercoledì 21 Luglio 2021 su Il Secolo D'Italia. Roma, i casi di positività al Covid martedì hanno fatto registrare un balzo in avanti. Tanto che l’assessore D’Amato ha parlato di effetto Gravina (alludendo al presidente della Figc e ai festeggiamenti per la vittoria italiana agli Europei di calcio). Lo stesso Gravina ha replicato augurandosi che si sia trattato solo di una battuta. “D’altronde – ha detto ancora Gravina – associare ad una persona la responsabilità della risalita dei contagi, che peraltro stanno subendo un aumento in tutta Europa, è a mio avviso inopportuno, istituzionalmente scorretto e non coerente con i comportamenti adottati dalla Federazione”. In ogni caso oggi le aspettative dei catastrofisti si sono rivelate infondate: i nuovi contagi a Roma sono 348,  -209 rispetto a martedì, e +217 rispetto alla scorsa settimana. In tutto il Lazio i nuovi positivi sono 616, 65 in meno del giorno precedente. La “variante azzurri” dunque almeno fino ad oggi non ha provocato sfracelli. Lo stesso D’Amato riconosce che un anno fa c’erano più casi e più ricoveri. Dunque non ha torto l’infettivologo Matteo Bassetti nel dire che c’è stata un po’ troppa speculazione sulle feste degli italiani per la vittoria della nostra Nazionale a Wembley. “Sull’aumento dei contagi a Roma – ha detto Bassetti – credo ci sia un po’ di speculazione. Perché solo a Roma c’è questo picco di casi e non nel resto d’Italia dove tanta gente è scesa in piazza per festeggiare gli Azzurri? C’erano persone una sopra l’altra a Genova, Milano e Torino. L’aumento dei contagi nella Capitale non è legato ai festeggiamenti, forse c’era già qualche focolaio tra i ragazzi non vaccinati. Direi di non criminalizzare i festeggiamenti, ma guardiamo alle situazioni contingenti che ci sono in tutto il Paese”. Il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, intervenuto a "Tgcom 24", taglia corto: l’aumento dei contagi è dovuto alla variante Delta ed era inevitabile anche senza festeggiamenti. “Poteva esser fatto qualcosa di più probabilmente – ha affermato Sileri – ma è chiaro che la popolazione non puoi lasciarla a casa, né puoi chiudere una piazza, né evitare i festeggiamenti. I contagi sono saliti anche altrove”. “E’ un’ondata epidemica – ha concluso – di una variante che dal Nord Europa sta invadendo il resto dell’Europa e sta salendo a dismisura anche nelle nazioni che non sono arrivate alla fine degli Europei. Quindi, sicuramente gli Europei hanno dato un’accelerazione ma” un aumento dei contagi “sarebbe stato inevitabile anche senza. Magari avremmo avuto questi contagi non oggi, ma fra due settimane”.

Alberto Zangrillo attacca il "Corriere del Virus" e smonta gli allarmismi sui decessi Covid: "Ecco i dati ufficiali". Libero Quotidiano il 21 luglio 2021. Alberto Zangrillo rassicura tutti sui numeri del coronavirus. E attacca il Corriere della Sera per essere fin troppo allarmista sull'argomento. "Dai dati ufficiali al 18 luglio 2021, in Italia i decessi da Covid 19 nei giovani (0,0083% negli under 30) sono in larga parte ascrivibili a soggetti fragili e non vaccinati. Trovi tutto, anche oggi, nelle prime 7 pagine del Corriere del Virus", ha scritto su Twitter il primario del reparto di terapia intensiva del San Raffaele di Milano.  Non è la prima volta che Zangrillo se la prende col quotidiano diretto da Luciano Fontana. Già il 19 luglio l'aveva preso di mira per le esagerazioni sul Covid e per l'eccessivo numero di pagine dedicate alla questione. "A fronte di questi numeri reali, dedicare le prime 6 pagine del Corriere al Covid-19 equivale, a mio parere, a creare panico", aveva scritto sempre su Twitter. In calce al commento, poi, il primario del San Raffaele aveva allegato anche la foto sugli accessi da coronavirus dal 10 al 17 luglio nel suo ospedale: 11 accessi totali su 1170 accessi per ogni causa (0,9 per cento di tutto il pronto soccorso). E ancora: 100 per cento non vaccinati con età media di 36 anni. Otto dimessi e tre ricoverati (0,3 per cento di tutto il pronto soccorso con età media 63 anni). In generale, Zangrillo non ha mai nascosto il proprio disappunto per i mezzi di comunicazione di massa: "Spaventare le persone con toni allarmanti andrebbe sanzionato. I media si sono innamorati del filone Covid. C'è un'enorme responsabilità di chi comunica: ad un qualsiasi personaggio in cerca di autore è sufficiente parlare di una delle 24 lettere dell'alfabeto greco e si ritrova scienziato".

Alberto Zangrillo contro il "Corriere della Sera": "Crea panico, ecco i veri numeri del coronavirus". Libero Quotidiano il 19 luglio 2021. Alberto Zangrillo contro il Corriere della Sera. Il primario del reparto di terapia intensiva del San Raffaele di Milano se la prende con il quotidiano diretto da Fontana che, nell'edizione del 19 luglio, parla di coronavirus lanciando più di un allarme. "A fronte di questi numeri reali, dedicare le prime 6 pagine del Corriere al Covid 19 - cinguetta senza mezzi termini - equivale, a mio parere, a creare panico". Poi ecco snocciolate le cifre. Zangrillo in calce al commento allega la foto sugli accessi da coronavirus dal 10 al 17 luglio al San Raffaele: 11 accessi totali su 1170 accessi per ogni causa (0,9 per cento di tutto il pronto soccorso). E ancora: 100 per cento non vaccinati con età media di 36 anni. Otto dimessi e tre ricoverati (0,3 per cento di tutto il pronto soccorso con età media 63 anni). Quello di Zangrillo contro il Corsera non è il primo rimprovero. Qualche giorno fa l'esperto critica i mezzi di comunicazione di massa: "Spaventare le persone con toni allarmanti andrebbe sanzionato. I media si sono innamorati del filone Covid. C'è un'enorme responsabilità di chi comunica: ad un qualsiasi personaggio in cerca di autore è sufficiente parlare di una delle 24 lettere dell'alfabeto greco e si ritrova scienziato". 

Raggiunto dall'Adnkronos Zangrillo aveva ammesso di essere preoccupato soprattutto perché numerose persone vivono nel terrore, "in attesa - l'aveva definita - della fine del mondo. Dobbiamo con urgenza riportare tutti ad un livello di consapevolezza razionale". Corriere compreso.

Alberto Zangrillo e la verità sul Covid: "Non c'è correlazione tra ciò che viene comunicato e quello che accade". Libero Quotidiano il 21 luglio 2021. Alberto Zangrillo può dirlo una volta per tutte: "Il virus è clinicamente morto". Il primario del reparto di Terapia Intensiva del San Raffaele di Milano torna a ribadire quanto già ammesso e oggetto di una lunga e dibattuta polemica. "Il 31 maggio 2020 dissi che il virus era clinicamente inesistente, perché nel mio ospedale da un mese non entrava un paziente da ricoverare per Covid. Oggi ripeterei esattamente la stessa cosa - ha spiegato alle colonne del la Stampa -, perché nell’ultima settimana sono arrivati undici contagiati di cui otto rimandati a casa e tre ricoverati per motivi non gravi. Nessuno vuole disconoscere la pandemia, ma ci sono anche altri malati di cui non bisogna dimenticarsi". Per lui infatti gli allarmismi non hanno fatto altro che portare un clima negativo: "Ricordo all’inizio della pandemia, quando alle 18 la Protezione civile snocciolava numeri veri, ma che ripetuti ogni giorno drammatizzavano la situazione. Spaventare le persone non è mai educativo". E ancora: "Non c’è correlazione tra ciò che viene comunicato e quello che accade". Ecco spiegato il perché: "Bisogna stare ai dati dell’lss, secondo cui negli under 30 lo 0,07 per cento corre il rischio di morte e negli under 40 lo 0,28. Questo per dire che c’è una grande differenza con chi ha più di 70 anni. Il tasso di letalità negli under 40 è 800 volte più basso che negli over 80". Nonostante Zangrillo sia dalla parte del vaccino, si dice lontanissimo dall'obbligo vaccinale perché chi è restio a ricevere la dose contro il coronavirus non cambierà idea con l'imposizione. Infine l'appello a quei politici che ancora non hanno dato il buon esempio: "Io non ho mai scoperto il braccio davanti a una telecamera, ma certo l’ambiguità della politica non è un buon esempio. In generale, usare la sanità come tema di disputa non è bello. Non mi piace questa divisione tra una sinistra coercitiva e una destra libertaria".

Alberto Zangrillo mette a tacere Walter Ricciardi: "Chi si vaccina prende il Covid in forma grave? Terrorismo psicologico". Libero Quotidiano il 03 luglio 2021. Un botta e risposta tra esperti. Accade su Twitter dove Alberto Zangrillo si scaglia contro Walter Ricciardi a causa del "terrorismo psicologico" che diffonde. Colpa ancora una volta della comunicazione sul vaccino contro il coronavirus. Il primario di anestesia e rianimazione dell'Irccs San Raffaele di Milano commenta una risposta data sul social dal consulente del ministro della Salute Roberto Speranza.  A chi gli chiede "sono settimane che tutti gli esperti vanno ripetendo che i vaccini proteggono dalla malattia grave/ospedalizzazione prima che dall'infezione (vedi dati Uk su Delta) e oggi all'improvviso si sostiene l'esatto contrario?", Ricciardi replica: "È così e per questo dobbiamo vaccinare quanto più possibile. Ma Yaneer Bar-Yam (scienziato americano ndr) dice che se ti prendi il Covid da vaccinato il rischio è simile per cui è bene stare attenti". Non la pensa allo stesso modo il medico personale di Silvio Berlusconi: "Confusione e terrorismo psicologico. Ne sentivamo la mancanza". Uno scambio di battute comunque amichevole. Tant'è che lo stesso Ricciardi ha definito Zangrillo "un amico".  E ancora, sempre sotto al post incriminato: "Lo stimo come anestesista rianimatore". Chi lo stima di meno invece è Massimo Galli. L'infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, ospite a In Onda nella puntata del 2 luglio, sembra aver lanciato una frecciata al collega. "Non è il primo e non è l'unico - diceva in riferimento a Matteo Salvini non ancora vacinato - io ricordo che c'era chi il 27 luglio 2020 aveva dichiarato la morte del virus, ma a quella data c'erano stati più di 30mila morti". E ancora: "Determinate facilonerie sono bollate dalla realtà". 

Ecco i numeri sul Covid che nessuno vi dice. Nicola Porro.it e Il Giornale. Contrordine compagni. Nel mezzo di allarmismi vari, numeri sui contagi sparati a caso e terrorismo mediatico sulla variante Delta, il direttore sanitario dello Spallanzani fa un po’ di chiarezza e smonta le ricostruzioni del giornale unico del virus. Ospite a Quarta Repubblica, Francesco Vaia lo dice con chiarezza: “I numeri sono assolutamente in decremento”. Per la precisione, “ormai è da più di un mese che siamo a livelli di ricovero ordinario insignificante”, con appena 30 persone ad occupare i letti. Ancora meglio va a livello di terapie intensive, dove “arriviamo al massimo a cinque” ricoveri. Certo, i dati possono essere torturati quanto si vuole. Ma alla fine dicono sempre la verità. E la verità è che chi ha ricevuto la doppia dose difficilmente sviluppa la malattia grave, dunque non finisce in ospedale. “In Inghilterra la mortalità è passata dall’1,14% allo 0,01% – dice Vaia – questo perché hanno fatto una campagna di vaccinazione molto estesa”. Ed è questo che conta: “Il vaccino funziona su ospedalizzazioni e mortalità”, dunque è inutile fare allarmismi. Vaia poi parla anche di variante Delta (“È una delle tante che abbiamo, e probabilmente non sarà neppure l’ultima”), di green pass (“Non va usato come clava”) e vaccino ai minori (“È prudente non vaccinare sotto i 12 anni”). Da ascoltare. Quarta Repubblica, dalla puntata del 20 luglio 2021

Quei virologi orfani del Covid…Anatemi e scomuniche per i tifosi in piazza, gli esperti hanno trovato il colpevole ideale. Ma con la variante Delta non ci sono (quasi) più decessi. Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 14 luglio 2021. Neanche il tempo di assaporare la vittoria azzurra agli Europei di calcio che i virologi si riprendono subito la scena mediatica. E lo fanno con lo stile ansiogeno che abbiamo imparato a conoscere nell’ultimo anno e mezzo, lanciando anatemi contro tutti gli italiani scesi in piazza a festeggiare la squadra di Mancini. «Quegli assembramenti li pagheremo a caro prezzo!», «Il Covid ci presenterà il conto!», «Il vero vincitore è il virus, la variante Delta non ci risparmierà!», «Dobbiamo prepararci a una nuova ondata di contagi!», tuonano gli esperti sulle pagine dei giornali e nelle loro edizioni online. Tutto un florilegio di scomuniche e profezie funeste con la certezza di aver individuato il colpevole ideale: i tifosi. Prima di loro era toccato alla movida e ai giovani, poi agli anziani ancora non vaccinati, domani chissà. Dopo i festeggiamenti dello scudetto dell’Inter avevamo ascoltato gli stessi anatemi ma poi non c’è stata nessuna apocalisse. fortuna? Forse. Di fronte a una pandemia il principio di precauzione è doveroso come lo è ricordare quali sono i comportamenti a rischio. Ma ci vuole anche senso della misura. La variante Delta ha fatto risalire i contagi, in particolare in Gran Bretagna e Spagna. Basterebbe però osservare i grafici per vedere che, a fronte di un robusto aumento dei casi, non corrisponde un aumento dei decessi: al contrario da settimane sono vicini allo zero. Merito dei vaccini, evidentemente capaci di attenuare il virus, svuotando i reparti di terapia intensiva. Nessuno è in grado di sapere cosa accadrà in autunno, se ci sarà una quarta ondata e che forme avrà, nemmeno gli scienziati dell’Oms. L’impressione (assai sgradevole) però è che molti virologi si sentano orfani del Covid e sperino inconsciamente di avere ragione per ritrovare la visibilità perduta.

Franco Bechis contro i virologi: "Puro terrorismo, andate a ballare in piazza", ecco i veri dati sul contagio. Libero Quotidiano il 10 luglio 2021. "Il 27 aprile a DiMartedì il conduttore Giovanni Floris ha fatto vedere uno studio della Fondazione Kessler di previsione sugli effetti delle riaperture graduali che il governo di Mario Draghi aveva appena deciso. 'A metà luglio lo scenario più probabile è quello di 300 morti al giorno. Lo scenario peggiore è di 1.300 morti al giorno'. Ieri (giovedì 8 luglio, ndr) i decessi sono stati 13, quindi ventitrè volte meno della previsione ritenuta più probabile e cento volte meno di quella peggiore". Così scrive Franco Bechis sul Tempo analizzando le catastrofiche previsioni degli esperti completamente fallite. "Era puro terrorismo, amplificato dalla televisione nazionale. Evidentemente senza alcun fondamento reale. Negli stessi giorni almeno con la saggezza di non sparare numeri precisi un'altra fondazione che si è specializzata in quest' anno in virologia - la Gimbe di Nino Cartabellotta - aveva buttato lì un'altra castroneria bella e buona, sostenendo che da metà maggio in poi sarebbe risalito sensibilmente il picco dei contagi. Anche questo non è accaduto", ricorda sempre Bechis. "Il plotone di catastrofisti che ogni giorno occupa militarmente radio, tv e giornali non ha mai saputo nulla né capito nulla dell'andamento dell'epidemia, facendo avanzare come spettro terribile la variante Delta e qualsiasi altra variante possa seguire. La differenza fra 2021 e 2020 è semplicemente climatica: quest' anno il bel tempo e il caldo sono arrivati con grande ritardo, mentre l'anno scorso a 30 gradi si era già ad aprile. Con le temperature alte il virus non circola in modo grave, ed è stata l'esperienza dell'altra estate: vivendo per lo più all'aperto non accade nulla, e si può festeggiare tranquillamente anche la vittoria sportiva dei propri beniamini", spiega ancora Bechis. Il direttore del Tempo, infine, conclude: "La maxivaccinazione è lì per dirci che altre stragi non dovrebbero esserci: i contagi dilagheranno, ma dovrebbe accadere quello a cui siamo sempre stati abituati con l'influenza. Non più catastrofi, ma semplici contagi. E con l'influenza non si è mai limitata la libertà di nessuno. Adesso davvero basta catastrofisti".

Alberto Zangrillo mette a tacere Walter Ricciardi: "Chi si vaccina prende il Covid in forma grave? Terrorismo psicologico". Libero Quotidiano il 03 luglio 2021. Un botta e risposta tra esperti. Accade su Twitter dove Alberto Zangrillo si scaglia contro Walter Ricciardi a causa del "terrorismo psicologico" che diffonde. Colpa ancora una volta della comunicazione sul vaccino contro il coronavirus. Il primario di anestesia e rianimazione dell'Irccs San Raffaele di Milano commenta una risposta data sul social dal consulente del ministro della Salute Roberto Speranza. A chi gli chiede "sono settimane che tutti gli esperti vanno ripetendo che i vaccini proteggono dalla malattia grave/ospedalizzazione prima che dall'infezione (vedi dati Uk su Delta) e oggi all'improvviso si sostiene l'esatto contrario?", Ricciardi replica: "È così e per questo dobbiamo vaccinare quanto più possibile. Ma Yaneer Bar-Yam (scienziato americano ndr) dice che se ti prendi il Covid da vaccinato il rischio è simile per cui è bene stare attenti". Non la pensa allo stesso modo il medico personale di Silvio Berlusconi: "Confusione e terrorismo psicologico. Ne sentivamo la mancanza". Uno scambio di battute comunque amichevole. Tant'è che lo stesso Ricciardi ha definito Zangrillo "un amico".  E ancora, sempre sotto al post incriminato: "Lo stimo come anestesista rianimatore". Chi lo stima di meno invece è Massimo Galli. L'infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, ospite a In Onda nella puntata del 2 luglio, sembra aver lanciato una frecciata al collega. "Non è il primo e non è l'unico - diceva in riferimento a Matteo Salvini non ancora vaccinato - io ricordo che c'era chi il 27 luglio 2020 aveva dichiarato la morte del virus, ma a quella data c'erano stati più di 30mila morti". E ancora: "Determinate facilonerie sono bollate dalla realtà". 

"Terrorismo psicologico", Zangrillo "fulmina" Ricciardi. Francesca Galici il 3 Luglio 2021 su Il Giornale. Le discussioni social sui vaccini sono all'ordine del giorno e in una di queste Alberto Zangrillo ha zittito Walter Ricciardi per un tweet allarmista.  Da un anno e mezzo, Twitter è diventato il terreno di battaglia dei virologi, che utilizzano il popolare social dell'uccellino azzurro per informare gli utenti e, non di rado per confrontarsi. Così non è raro imbattersi in discussioni, talvolta anche molto accese, tra esperti. Le teorie e le visioni sul coronavirus, come abbiamo ben imparato negli ultimi mesi, non sono concordi e questo porta spesso i medici ad argomentare in maniera differente una stessa situazione. I social, poi, sono invasi di articoli scientifici, spesso di non credibile provenienza, che vengono però utilizzati per sostenere le tesi più disparate. Va avanti così dallo scorso febbraio e una delle ultime discussioni ha visto coinvolto Walter Ricciardi, da maggio anche consigliere del comitato scientifico del Santé publique France, e Alberto Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione dell'Irccs San Raffaele di Milano. Il terreno della disfida, ancora una volta, sono stati i vaccini e la loro copertura. Un utente si è rivolto a Ricciardi dopo aver letto il tweet di Yaneer Bar-Yam, scienziato americano specializzato in sistemi complessi che su Twitter ha ipotizzato che una persona vaccinata abbia le stesse possibilità di una non vaccinata di contrarre la malattia in forma grave, di essere ricoverato o di morire. "Sono settimane che tutti gli esperti vanno ripetendo che i vaccini proteggono dalla malattia grave/ospedalizzazione prima che dall’infezione (vedi dati Uk su Delta) e oggi all’improvviso si sostiene l’esatto contrario?", ha chiesto l'utente. Poco dopo è arrivata la risposta di Walter Ricciardi: "È così e per questo dobbiamo vaccinare quanto più possibile, ma @yaneerbaryam dice che se ti prendi il Covid da vaccinato il rischio è simile per cui è bene stare attenti". Una risposta che ha causato polemiche sotto il tweet di Ricciardi e alla quale ha replicato anche Alberto Zangrillo, che ha messo a tacere il consulente di Roberto Speranza: "Confusione e terrorismo psicologico. Ne sentivamo la mancanza". Il primario del San Raffaele ha cercato di spegnere così l'allarmismo montante, in un momento in cui la campagna vaccinale ha estremo bisogno di essere ulteriormente alimentata e non scoraggiata. A causa della variante Delta, infatti, gli esperti sostengono che l'immunità di gregge verrà raggiunta solo se verrà vaccinato completamente l'80% della popolazione, un traguardo ancora lontano per il nostro Paese e per la maggior parte degli altri Paesi europei. 

Francesca Galici. Giornalista per lavoro e per passione. Sono una sarda trapiantata in Lombardia. Amo il silenzio.

L’attacco del virogolo Silvestri all’informazione sul Covid: «La paura fa audience». Agnese Russo lunedì 31 Maggio 2021 su Il Secolo d'Italia.  «Capisco che la paura faccia audience, ma trovo questo approccio sbagliatissimo». Il virologo Guido Silvestri si scaglia contro il catastrofismo che caratterizza l’informazione sul Covid. «Dispiace vedere come i media tendano a ignorare le buone notizie, come se la loro missione non fosse quella di informare, ma di spaventare la gente», ha scritto in un post su Facebook, il professore della Emory University di Atlanta, sottolineando di aver riscontrato questa tendenza tanto negli Usa, dove lavora, quanto in Italia.

Silvestri: «La paura sul Covid fa audience». Silvestri, quindi, nel suo post intitolato “Il silenzio sulle buone notizie” ha ricordato che «la media mobile a 7 giorni dei nuovi casi di infezione da Sars-CoV-2 negli Usa è scesa a 20.692, che rappresenta il numero più basso di contagi dal marzo 2020 (sì, avete letto bene, dall’inizio della prima ondata)». «A me – ha commentato il virologo – sembra proprio una notizia bomba, da annunciare con gioia e clamore, mentre il Paese corre verso una sempre più ritrovata normalità e il numero dei soggetti vaccinati con almeno una dose ha superato i 168 milioni. Eppure – ha aggiunto – quasi nessuno ne parla, in America come in Italia, né le grandi testate, né le maggiori reti televisive. Gli stessi giornali e Tv che invece – ha sottolineato – aprivano strillando ogni volta che c’era un record di contagi o morti di Covid negli Usa».

Il silenzio su una «straordinaria vittoria della scienza». «A me spiace che non si celebri a dovere quella che vedo come una straordinaria vittoria della scienza, grazie alla cavalleria dei vaccini», ha quindi concluso Silvestri, lanciando una frecciata contro quelli che «sghignazzavano contro questa espressione»: «A proposito – ha chiesto – dove sono finiti quei c…».

Ecco perché i catastrofisti ci devono chiedere scusa. Andrea Indini il 31 Maggio 2021 su Il Giornale. Che fine hanno fatto gli ultrà delle chiusure? Solo Galli ha ammesso le proprie colpe. Alcuni ora si nascondono. Altri continuano a lanciare allarmi catastrofici in tv. Nemmeno davanti all'evidenza i catastrofisti, i gufi del Covid-19, faticano a rendersi conto che la loro narrazione pessimista fa acqua da tutte le parti. Lo ha sempre fatto, per carità, ma in queste ultime settimane è ancora più evidente che non regge. Eppure, nonostante il grande "capo" dei virologi che vedono nero, Massimo Galli, il direttore delle Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, abbia fatto mea culpa in una recente intervista al Corriere della Sera, la maggior parte di loro non sono disposti ad ammettere che hanno preso una cantonata, che è arrivata l'ora di ritirarsi in silenzio e lasciar fare al governo, che finalmente gli italiani possono tirare un sospiro di sollievo e guardare al futuro con ottimismo. Quando ad aprile si iniziò a studiare la road map per riaprire il Paese, tutti quanti saltarono alla gola del premier Mario Draghi. Rileggerle oggi quelle dichiarazioni fa capire quanto fossero fuori strada quegli scienziati che si opponevano con voracità a un graduale ritorno alla normalità. Dicevano: "Siamo preoccupati che la situazione sfugga di mano" (Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici). E ancora: "Vorrei capire quanti morti siamo disposti a tollerare" (Sergio Abrignani, immunologo della Statale di Milano e componente del Cts). E che dire di Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova, che parlava di "prezzo da pagare". "Da settimane viaggiamo tra i 15 e i 20mila casi al giorno - spiegava il 18 aprile alla Stampa - un plateau altissimo, che non consente di progettare riaperture". Fosse per loro saremmo ancora tutti quanti in lockdown. Fosse per loro i ristoranti e i negozi sarebbero ancora stutti sprangati. Fosse per loro nessuno dovrebbe prenotare le vacanze estive. E invece? Invece, la campagna vaccinale proceda spedita: negli ultimi giorni sono stati toccati picchi di 570mila dosi inoculate in sole 24 ore. E pensare che c'era chi gufava pure su questo paventando che "tra forniture, disorganizzazione e diffidenza verso AstraZeneca" non si sarebbe mai superata quota 370mila. Grazie al gran lavoro del generale Francesco Paolo Figliuolo, la cui divisa fa spavento soltanto a Michela Murgia, i bollettini del ministero della Salute segnano ogni giorno nuovi record che fanno ben sperare: decessi e contagi in calo e guariti in costante crescita. Tra i più agguerriti pasdaran delle chiusure c'era proprio Galli che accusava Palazzo Chigi di aver "calcolato male" i rischi. "Abbiamo messo il cavallo davanti ai buoi", diceva ancora qualche settimana fa. Poi, però, i numeri hanno dato ragione a Draghi e il virologo dell'ospedale Sacco aveva deciso chiudersi nel silenzio stampa. "Dirò la mia dopo il 25 maggio", aveva annunciato a metà mese. "Uno dei motivi per cui non voglio più venire a parlare è che non voglio più parlare di quella parola (coprifuoco, ndr) - aveva spiegato ai microfoni di La7 - se si è convinti che il segnale corretto sia quello di un ulteriori 'liberi tutti', diamolo pure. Non ho voglia di fare il custode della purezza...". Ora che è evidente che il "liberi tutti" non ha fatto andare in malora la campagna vaccinale, non gli sono rimaste che le scuse. Anche se, anziché ammettere i successi del governo, preferisce parlare di fortuna. "Il mio è un compiaciuto stupore, perché in Italia i numeri dell'epidemia sono in netto miglioramento, al di là delle più rosee aspettative", ha poi ammesso ieri al Corriere della Sera. "Con le riaperture c'era un 10% di probabilità che le cose seguissero questa via, ma alla fine è andata bene e ne sono davvero felice". Anche se tardive, il mea culpa di Galli va apprezzato. Vedremo quanto andrà avanti con questo (giusto) ottimismo. Gli altri gufi, per il momento, non si sono ancora ravveduti. Alcuni (è il caso di Walter Ricciardi) hanno battuto in ritirata preferendo non commentare affatto l'attuale situazione epidemilogica. Altri continuano a (s)parlare. Nei giorni scorsi Pregliasco paventava "un colpo di coda virus dovuto a tutte queste riaperture". Oggi, in una intervista alla Stampa, Crisanti ha ribadito che aprendo "abbiamo corso un rischio inutile". "La pandemia non è finita e dobbiamo saperlo tutti", ha detto spiegando che "ci sono ancora incognite da non sottovalutare, come la durata dell'immunità e le varianti". Prima o poi ci aspettiamo che anche questi illustri studiosi ammettano di aver sbagliato, che tutto questo allarmismo non ha fatto bene all'Italia e agli italiani, che certi toni andavano smussati prima. È anche colpa loro se a lungo si è creduto che bastava toccare un oggetto contaminato per contagiarsi o che bastava mettere il naso fuori di casa per prendere il Covid. Verità che sono state poi smontate da attenti studi scientifici. Gli ultrà delle chiusure (non solo i virologi, ma anche i politici e i giornalisti) abbiano ora l'onestà intellettuale di chiedere scusa a tutti. Affinché in futuro non si ripetano certi errori.

Andrea Indini. Sono nato a Milano il 23 maggio 1980. E milanese sono per stile, carattere e abitudini. Giornalista professionista con una (sincera) vocazione: raccontare i fatti come attento osservatore della realtà. Provo a farlo con quanta più obiettività possibile. Dal 2008 al sito web del Giornale, ne sono il responsabile dal 2014. Con ilGiornale.it ho pubblicato Il partito senza leader (2011), ebook sulla crisi di leadership nel Pd, e i saggi Isis segreto (2015) e Sangue occidentale (2016), entrambi scritti con Matteo Carnieletto. Nel 2020, poi, è stata la volta de Il libro nero del coronavirus (Historica Edizioni), un'inchiesta fatta con Giuseppe De Lorenzo sui segreti della pandemia che ha sconvolto l'Italia. Già autore di un saggio sulle teorie economiche di Keynes e Friedman, nel 2010 sono "sbarcato" sugli scaffali delle librerie con un romanzo inchiesta sulla movida milanese: Unhappy hour (Leone Editore). Nel 2011 ho doppiato l'impresa col romanzo La notte dell'anima (Leone Editore). Cattolico ed entusiasta della vita. Sono sposato e papà di due figlie stupende.

Prima o poi beccate il tapiro. I virologi e l’amore per le telecamere: il rischio di straparlare e cestinare il rigore scientifico. Valerio Rossi Albertini su Il Riformista il 13 Maggio 2021. Esco dagli studi Rai di Saxa Rubra, a Roma. Essendo mezzanotte e mezza, il lasciapassare giornaliero è scaduto. Anche questo minimo contrattempo mi risulta un po’ fastidioso, perché il coprifuoco è scattato da quasi tre ore. Non incontrerò nessuno per strada e tra un quarto d’ora sarò a casa, a meno che… essendo quasi la sola macchina in giro, una pattuglia in ricognizione mi fermi per accertamenti. Speriamo di no. Inshallà. Sono quasi arrivato. Manca un’ultima inversione di marcia, quando vedo chiaramente una macchina e una moto che mi seguono. Ragiono rapidamente. Non hanno sirena, né lampeggiante. Non mi sembra di scorgere neanche la paletta sporta dal finestrino. Saranno agenti della Polizia Speciale che vogliono fare un controllo. Mi fermo. Qualcuno si accosta. Provo a guardare fuori, ma un fascio di luce intenso mi abbaglia. Cerco i documenti, tanto me li chiederanno subito. Risollevo lo sguardo e a quel punto, vedo una sagoma inconfondibile, che scintilla sotto la luce del fanale. È arrivato. Prima o poi doveva succedere. Dicono che, finché non lo ricevi, significa che quello che fai non è preso in considerazione. Infatti è quasi un effetto collaterale inevitabile: se parli in televisione, incorrerai fatalmente in qualche errore. Un lapsus, un vuoto di memoria, un’inquadratura o un gesto inopportuni o, semplicemente, uno sbaglio. Capita anche quello, prendere fischi per fiaschi. Quindi, se ti ascoltano e ti succede di fare un errore, allora ti consegnano il trofeo smagliante, il Tapiro d’Oro. Te lo porta Valerio Staffelli ed era proprio lui che lo brandiva fuori dal finestrino. Avevo già intuito il motivo della consegna. Non uno dei miei (senz’altro numerosi) errori, ma di essermi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. In breve, la settimana precedente ero stato ospite di Cartabianca, su Rai3, in coda di trasmissione. Il programma, a causa del protrarsi della diretta da Palazzo Madama di una votazione sul Recovery Fund, era cominciato con 20 minuti di ritardo, recuperandone solo la metà. Il conduttore della trasmissione seguente era stato irritato da questo ritardo -a sua detta- ingiustificato e -secondo lui- dovuto alle mie amenità. In passato una tale critica sarebbe rimasta del tutto inosservata. Invece ora, sorprendentemente, la macchina di Antonio Ricci e di Striscia La Notizia si era subito mobilitata. Gerry Scotti ha fatto un’appassionata perorazione in difesa della divulgazione scientifica e della funzione sociale che svolge. Non paghi, la settimana successiva Staffelli mi ha conferito il dorato trofeo, come pretesto per tornare di nuovo sull’argomento e censurare scherzosamente le intemperanze di conduttori molto solleciti a tutelare i propri spazi televisivi, ma non altrettanto a sforzarsi di comprendere un tipo di comunicazione alternativo (e forse non del tutto irrilevante). Cosa può aver prodotto questa nuova sensibilità verso la comunicazione scientifica? Probabilmente il Covid. In periodo di pandemia, ha cominciato a godere di straordinaria notorietà una categoria professionale che fino ad allora era ritenuta poco adatta a intervenire in programmi generalisti, se non in rare occasioni. Sono naturalmente i virologi, i cui nomi e volti ci risultano ormai familiari. Per non far torto a quelli che dovessi trascurare, non li citerò. Tanto non hanno più bisogno di pubblicità. Il fenomeno della loro pervasiva presenza in televisione era imprevisto, quanto l’esplosione di una pandemia nel 21° secolo. Illustri clinici, fino ad allora conosciuti solo nei propri ospedali e dediti unicamente alla religione di Ippocrate, sono stati travolti da una fama improvvisa. Io, che non sono di gran lunga altrettanto famoso, ho impiegato parecchio tempo a imparare a gestire la partecipazione televisiva, a reprimere la smania di protagonismo e la sindrome da lampadina rossa. Molti di loro questo tempo non lo hanno avuto. La sindrome da lampadina rossa è la tensione e la smania che prende quando si accende la lucetta sopra la telecamera che ti sta di fronte. In quel momento sai che non stai più parlando agli amici al bar o tua sorella in macchina, ma a centinaia di migliaia o milioni di persone a te sconosciute. E, tra queste persone, anche al tempo della libera espressione in internet, ce ne sono tante che continuano a considerare la televisione un pulpito e le parole pronunciate, il Verbo. Pasolini, già cinquant’anni fa, rispondeva a Enzo Biagi che lo sollecitava ad esprimersi liberamente, che non è possibile prendersi troppe libertà in televisione, non per timore di censura, ma perché le parole sono pietre, a volte macigni. Faceva notare che la situazione è intrinsecamente asimmetrica, uno parla e milioni ascoltano, senza facoltà di replica immediata. In televisione si sviluppa spesso una tendenza a pontificare, a proclamare verità assolute. Io, per ovviare a un tale rischio, ho cercato di elaborare registri e moduli di comunicazione che attenuino questa propensione, corredando i miei spazi con esperienze pratiche che -per quanto possibile- dimostrino quanto sto affermando. Con questo espediente, lo spettatore, altrimenti passivo, è in un certo modo coinvolto e scopre l’esito della dimostrazione nel momento in cui lo sperimentatore la mostra. È l’epifania del risultato scientifico, per sua natura condivisibile ed ecumenico. Quando si comunica la scienza, bisogna immedesimarsi nello spettatore, che non è uno studente obbligato a seguire e può non avere l’interesse, la capacità, o la predisposizione ad accogliere verità insondabili. Andare verso il popolo, prescriveva Mao Tse Tung. Il comunicatore scientifico deve fare altrettanto. E qui si riannodano i fili del discorso. Il conduttore irritato, che non si è mai trovato a riflettere sull’importanza e sulla filosofia ispiratrice della comunicazione scientifica, ha confuso l’intrattenimento con la divulgazione e la semplicità con la banalità. La semplicità è il primo ingrediente della scienza, anzi è l’assunto fondamentale della scienza, noto come Rasoio di Occam. Tra tutte le possibili spiegazioni bisogna privilegiare quella più semplice… I virologi lo fanno? A volte, ma spesso no. Parlano di Rna messaggero, di tempesta citochinica, di anticorpi monoclonali con una disinvoltura discutibile. E ancora, i virologi si ricordano che le parole pronunciate in televisione possono essere macigni e che bisognerebbe astenersi dal voler esprimere a tutti i costi un’opinione personale (per quanto fondata su alcune evidenze sperimentali), come se fosse un teorema di geometria? Perché il rischio è che un collega, basandosi su altre evidenze, possa giungere a conclusioni diverse. Dal contrasto di autorità lo spettatore esce confuso e frastornato, dove invece vorrebbe essere confortato dal suono della voce sola di tutti gli esperti. Il risultato sono parole discordi che si accavallano e stridono ed esperti che si sconfessano e scomunicano a vicenda. Quindi, qualche regola aurea. In primo luogo, non dare l’ingannevole impressione di riferire un fatto certo, se ci sono margini di incertezza, o se le evidenze sperimentali su cui si basa non sono dirimenti. In secondo, non voler esprimere a tutti i costi un giudizio, temendo di perdere di autorevolezza, se si ammette di non saper rispondere. Quanti virologi a cui è stato chiesto: “Ma quale sarà l’evoluzione dei contagi” hanno risposto: “Non lo so, il virologo non si occupa di questo genere di previsioni e quindi la mia può essere al più una ragionevole congettura”? Eh sì, perché l’evoluzione del contagio richiede una solida conoscenza delle leggi statistiche e dei modelli matematici, competenza di fisici e matematici. Il bravo medico è come il bravo meccanico. Se gli porti la macchina guasta te la ripara, ma se gli chiedi quanto traffico ci sarà al casello autostradale nel weekend, risponde “e che ne so io? Mi hai preso per il Cciss?”. Terzo, contenersi. Meglio rinunciare a una battuta, che farla per il gusto dell’autoaffermazione. Quando il medico o lo scienziato lasciano corsie e laboratori ed entrano in uno studio televisivo, la loro deontologia professionale si esprime anche in questo modo. Al già evocato Ippocrate si attribuiscono due precetti fondativi della scienza medica così tramandati: primum non nocere, secundum dolorem sedare. Primo non far male, secondo alleviare il dolore. Se il grande vecchio avesse assistito alle attuali dispute tra i suoi discepoli, avrebbe sicuramente aggiunto Tertium, in televisione, noli sine diligentia loqui. In televisione , fai attenzione a quello che dici… Valerio Rossi Albertini

Alessandro Rico per "la Verità" il 18 maggio 2021. Fondazione Kessler: con le riaperture del 26 aprile, avremo tra 300 e 1.300 morti al giorno. Andrea Crisanti: le vittime saranno 500-600 al giorno, spireranno «in condizioni di asfissia, una morte orribile». Massimo Galli: «Rischio calcolato? Calcolato male». Fabrizio Pregliasco: «Ci sarà un prezzo da pagare di cui tenere conto, un rigurgito in salita del numero dei casi». Il Fatto Quotidiano: «Come l'Italia ha già fatto Madrid: ora è quarta ondata». «Ora» era il 18 aprile. Oggi, l'incidenza a sette giorni nella capitale spagnola è scesa del 39%, quella a 14 giorni è crollata del 55%. Sono i vaticini emessi ai tempi del precedente decreto sulle riaperture. Quando lo storico dell'arte Tommaso Montanari, su Twitter, definiva Mario Draghi «il nostro Bolsonaro». A tre settimane dal fatidico 26 aprile, la strage annunciata, per fortuna, non è arrivata. Gli indicatori migliorano. Il trend dei contagi è in diminuzione. I ricoveri, sia nei reparti ordinari, sia nelle terapie intensive, calano. Allora, Galli bofonchiava: «Draghi non ne azzecca una». Alla fine, a collezionare fiaschi è stato lui: nemmeno Milano è stata funestata dalla peste, nonostante i 30.000 interisti radunatisi in piazza Duomo, domenica 2 maggio, per celebrare lo scudetto.

Eppure, cosa ci andavano raccontando gli esperti? Franco Locatelli, coordinatore del Cts e presidente del Consiglio superiore di sanità, indossava la tunica di Catone il censore: «Non possiamo permetterci queste immagini, [] cantare per lungo tempo diventa un elemento di rischio». Roberto Ieraci, referente scientifico per le strategie vaccinali della Regione Lazio, pontificava: «La zona gialla non vuol dire liberi tutti». Pier Luigi Lopalco, assessore alla Sanità di Michele Emiliano, paventava «focolai intrafamiliari». Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive, era pronto all' ecatombe: «Errore gravissimo che certamente costerà qualche vita umana». Il primario all' ospedale di Pisa, Francesco Menichetti, ironizzava sul doppio significato, sportivo e medico, della parola «tifo». E puntava il dito sul mortifero decreto 26 aprile: «È stato ritenuto un D day». Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, parlava come un commissario del popolo a Berlino Est: «È il messaggio che disturba dal punto di vista sociale». Come osi uscire, come osi divertirti, come osi ridere?

Ebbene, ecco com' è finita. Ieri, l'immunologo Mauro Minelli, della Fondazione italiana di medicina personalizzata, ha ammesso che i «numeri si avvicinano dappertutto alla frontiera della zona bianca» e che, a due settimane dal vituperato mucchio selvaggio di piazza Duomo, «Milano registra un andamento in discesa, perfettamente in linea con il dato di altre Regioni». Di grazia, qualcuno chiarisca. O chieda scusa. Non può passare tutto in cavalleria. Incluso il furioso sdegno dei fra' Dolcino in camice bianco, che urlavano «penitenziagite» agli italiani, tutti colpevoli d' assembramento. È accaduto il miracolo di Pfizer? È che la curva del virus se ne infischia dei lockdown, costosi ma inefficaci? Qualche luminare, se non è troppo impegnato con i procurati allarmi, provi a spiegare perché, nonostante si sia tornati al ristorante e si siano riaperti i confini tra le Regioni, ancora non si vedono le pire dei cadaveri in strada. E perché, in compenso, s' odono le omelie dei «competenti». Pregliasco, della Statale di Milano, che a ottobre 2020 invitava all' onanismo - «è a rischio anche il sesso tra fidanzati» - adesso ci sconsiglia i baci e ci prescrive la «tecnica speciale» per abbracciarci. Del «rigurgito» dei contagi, da lui temuto, non c' è ancora traccia. Ma se non si ferma la gara a spargere il panico, di rigurgiti vedremo quelli dallo stomaco di un popolo arcistufo di gufate e minacce. Pure lo scorso anno, Fondazione Kessler, Iss, ministero della Sanità e Inail pronosticarono: liberando l' Italia a maggio, avremo 150.000 pazienti intubati a giugno. Ci ricordiamo com' è andata l' estate 2020. Quest' anno, ogni farneticazione è addirittura più grave, poiché, oltre alla bella stagione, abbiamo la potente arma dei vaccini. Così, né le riaperture del «nostro Bolsonaro», né l' adunata dei nerazzurri sono riuscite a invertire la tendenza al miglioramento del quadro epidemiologico. Men che meno sono comparse - grazie a Dio - le cataste di corpi morti per asfissia, come nella descrizione splatter di Crisanti. Il quale, anziché ammettere di aver preso una cantonata, fa l' azzeccagarbugli con Adnkronos: «Se mi sento smentito dai numeri del Covid in discesa? A parte che occorre aspettare ancora un po' per una valutazione su numeri ed effetti delle riaperture, non è che si ha ragione o torto a seconda della previsione». Al contrario: proprio perché «stiamo prendendo misure di sanità pubblica», se io dico che un allentamento dei divieti provocherà una strage e poi la strage non arriva, significa che mi sono sbagliato. Crisanti non condivide: «Se anche i numeri mi smentissero», delira, «avrei avuto ragione nell' avere una posizione contraria al rischio. Resto coerente». Della serie: ho ragione anche se ho torto. O, meglio, riscrivo le regole e rinvio la resa dei conti. Per giudicare gli effetti del decreto 26 aprile, infatti, secondo Crisanti, bisognerà «aspettare 4-6 settimane a partire da quella data». Prego? Ma non s' era detto che l' incubazione della malattia era al massimo di due settimane? Siamo al livello della squadra sconfitta che chiede un minuto in più di recupero, sperando nel gol del pareggio in zona Cesarini: altre due, tre settimane, vi prego. E magari un focolaio di qua, una variante indiana di là, e si potrà tornare in tv con il ditino apodittico: «Ricordati che devi morire». Aspettate, che ce lo segniamo.

Giulio Tarro: «Si continua a sbagliare e a non dire la verità sul Covid, persino sulle terapie intensive». Liliana Giobbi martedì 17 Novembre 2021 su Il Secolo d'Italia. Non demorde, Giulio Tarro. È fermo nelle sue idee. In una serie di interviste sostiene con forza che sul Covid si sta diffondendo terrore e si stanno facendo scelte sbagliate. «La presunta “alta mortalità” sarebbe dovuta non certo a un virus più cattivo ma alla sottostima del numero dei contagiati». E spiega: «I contagiati da Covid non sono quelli conteggiati basandosi solo sui tamponi diagnostici effettuati dalla Regioni. Le stime più attendibili prospettano, al pari delle periodiche epidemie influenzali, fino a dieci milioni di contagiati solo in Italia».

Giulio Tarro: «Si fa troppa confusione». «A questo dato sicuramente non marginale se ne deve aggiungere un altro», dice il virologo di fama internazionale a Ciociaria Oggi. Un elemento cioè che chiarirà la questione. «In base ai primi dati dell’Istituto Superiore di Sanità di cartelle cliniche relative ad esami eseguiti su presunte vittime da Covid19, abbiamo che in 909 casi solo 19 sono da attribuirsi come causa diretta e reale al Sars-CoV2». Col tempo, «rispetto alle analisi iniziali, dove  c‘era un’attenta analisi delle cartelle cliniche dei pazienti, si è forse fatto confusione tra persone con coronavirus e persone morte di coronavirus».

L’enorme numero dei tamponi. «Nel confrontare i dati di marzo e di ottobre si è vista l’importanza di contare i nuovi positivi. E di tenere presente l’enorme numero di tamponi fatti ora rispetto ad allora». Infatti, sottolinea Tarro, c’è «una netta differenza delle percentuali dei casi positivi rispetto al numero dei tamponi adesso utilizzati».

Giulio Tarro spiega il nodo delle terapie intensive. Un discorso a parte riguarda le degenze delle terapie intensive. «Ancora una volta bisogna ribadire che non vi sono differenze tra l’inizio e la fine del mese di ottobre. I pronto soccorso pieni», specifica il virologo, «non rappresentano un “disastro” visto che il 60% dei pazienti è in codice verde. I ricoveri nelle terapie intensive sono principalmente dovuti ad altre circostanze. Un soggetto potrebbe essere stato intubato anche a seguito di un incidente stradale o sul lavoro. E solo dopo il tampone risultare anche positivo al Covid-19».

Tso al 18enne senza la mascherina: "Colpa della filiera del male". Angela Leucci il 15 Maggio 2021 su Il Giornale. Potrebbero esserci le fake news alla base della vicenda del 18enne di Fano sottoposto al Tso per non aver indossato la mascherina in classe, ma la storia è molto lacunosa. Nelle epoche più dure, le persone cercano certezze: lo insegna la Storia. Quando c’è una pandemia in corso o una crisi economica - o entrambe - la gente finisce per rincorrere una speranza. Può essere una speranza "sana", come reinventarsi un mestiere o rifugiarsi nella preghiera, ma a volte si finisce per venire in contatto falsi credi o false consapevolezze. Sembra essere questo, una consapevolezza ingannevole e piena di speranza, il retroterra della vicenda del 18enne di Fano che si è rifiutato di indossare la mascherina a scuola ed è stato sottoposto a Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso), ma naturalmente in questa vicenda c’è una verità mediatica che tutti hanno letto, che ha suscitato indignazione ma che potrebbe non corrispondere alla realtà, perché parziale. “Talvolta non si può fare nient'altro che intervenire per tutelare lo stesso paziente”, dice a IlGiornale.it il criminologo forense Francesco Paolo Esposito.

La storia del giovane sottoposto a Tso. “Difficile e forse prematuro sbilanciarsi in valutazioni dettagliate sul caso di specie - esordisce Esposito - ma il fatto ci obbliga a ragionare finalmente sui temi complessi e urgenti che attraversano in questo momento la nostra società. La pandemia ha aggravato la situazione poiché ha ridotto i rapporti sociali favorendo l’insorgenza di una serie di stati d’animo negativi come l’ansia, la solitudine e la paura. I tentativi di suicidio di cui ci ha reso partecipe la cronaca sono l’espressione più estrema di questo disagio. Indubbiamente i social svolgono un ruolo fondamentale in quanto consentono all’individuo di dare sfogo alle proprie inquietudini e di fomentarle attraverso la condivisione con altri soggetti che vivono le stesse sofferenze provocando, nei casi più estremi, lo sviluppo di patologie culturali che sfociano in assurdità complottiste”. Il 5 maggio una storia è stata trattata a tappeto da ogni testata e da ogni tg in Italia, suscitando una vasta ondata di indignazione. È quella di uno studente in una scuola superiore di Fano che, come riporta Il Resto del Carlino, si è incatenato al banco rifiutandosi di indossare la mascherina obbligatoria per il contrasto della pandemia di Covid-19. L’istituto scolastico, dopo che professori e preside hanno interagito a lungo con lo studente, ha contattato il 118, che ha portato il ragazzo in ospedale: questi avrebbe avuto un’esplosione di rabbia e successivamente è stato sottoposto a Tso. Tuttavia il giovane è stato ricoverato per 4 giorni e dimesso prima di quanto previsto inizialmente, perché i medici hanno stimato che non sussistevano condizioni di pericolo per lui. L’opinione pubblica si è interrogata molto sulla vicenda: il Tso è stata una misura eccessiva? Si poteva agire diversamente? È difficile rispondere a queste domande, soprattutto perché è possibile che i media in primis non fossero informati su tutti i dettagli della questione. In altre parole potrebbero esserci alcuni tasselli che mancano. “Sembrerebbe - precisa Esposito - in base alle notizie diffuse, che questo sia l’episodio di un malessere che si trascinava. Penso che effettivamente da una parte ci sia un’abitudine a intervenire con un’ospedalizzazione ma dall’altra parte, nonostante gli sforzi di professori e presidi, non si può fare nient’altro che intervenire, ma non vorrei che si estremizzasse: equilibrio è la parola chiave perché la comunicazione lenta ci permette di prevenire il male, di spezzettarlo e di ragionarci. Ho avuto dirette conoscenze della Croce Verde di Torino: non si è mai felici di fare questi interventi che tuttavia sono preceduti sempre da una fase interlocutoria, in cui si cerca di mettere a proprio agio il paziente. Non abbiamo sufficienti informazioni per conoscere l'esatta dinamica degli eventi, ma talvolta non si può fare nient'altro che intervenire per tutelare lo stesso paziente”.

L’ombra del negazionismo. L’ipotesi più consolidata, come ventila Il Resto del Carlino, è che il giovane sia stato o sia vicino ai movimenti no mask. Durante una manifestazione a Pesaro avrebbe conosciuto Lamberto Roberti, un 67enne che nel 2001 fu candidato al Senato con un proprio simbolo: l’uomo avrebbe aiutato il giovane a risolvere un dilemma logistico e ne avrebbe conosciuto anche i genitori. Sulla pagina Facebook di Roberti vengono sollevate numerose perplessità su vari argomenti inerenti la pandemia e rilanciati pensieri di altre fanpage contrarie all'utilizzo della mascherina. È difficile dire se ciò che lega i movimenti no mask sia vero e proprio negazionismo - non tutti sono mossi dalle stesse ragioni - oppure si possa parlare di teorie del complotto o semplici fake news. Ma cosa può accadere in generale, dimenticando per un attimo la vicenda di Fano, perché un giovane possa subire la fascinazione del negazionismo? “Negazionismo e teorie del complotto - aggiunge il criminologo forense - forniscono un’alternativa più grande, utile e accattivante rispetto a quello che dicono i genitori, suggerendo una strada per diventare qualcuno. Non è questione di distanza, è questione di destinazione: c’è un mondo di prima, che è fatto di banalità e di genitori che fino a 65 anni hanno pagato la rata del mutuo per poi morire di tumore, e c’è un mondo di dopo in cui viene ventilata una vita grande attraverso la fascinazione delle parole. Viene detto ai possibili adepti che ‘fuori’ è brutto, sporco e cattivo, e che se si segue quello che viene detto fuori si è solo pecore. E allora non ci sono barriere che tengano”.

Il meccanismo delle fake news. Fake news e teorie del complotto sono strettamente correlate. Il modo in cui hanno presa sulle persone è abbastanza lineare: si viene in contatto in maniera casuale con un’espressione di questi due fenomeni - può trattarsi di un video su YouTube o di uno scritto su un canale social - si approfondisce alla luce delle conoscenze apprese in precedenza, a scuola o altrove, considerandole false o parziali, e si entra in una spirale in cui si finisce per credere di essere tra i pochi depositari della verità. “Quando comincio a fare una ricerca in Rete su determinate informazioni - spiega il criminologo - attraverso gli algoritmi si rischia di finire nella bolla delle teorie del complotto e non si esce più. Lo possiamo vedere tutti, attraverso la pubblicità dei prodotti, ma funziona allo stesso modo con le teorie del complotto. Nel plagio è un po’ diverso, perché il love bombing è apparente e non reale: se viene promesso il sesso, si rischia invece di doversi concedere esclusivamente al guru di turno per fare esempio. Naturalmente con il plagio, per lo più, si danno false speranze sulla conquista di potere e denaro. E c’è una fase successiva in cui il predatore vuole qualcosa da te”. E il meccanismo si autoalimenta: il complottista è sempre alla ricerca di ciò che gli appare “nascosto”, perché il complotto può essere dovunque, dal geoide terrestre alla missione Apollo 11 fino alla morte di Paul McCartney. E in tempo di pandemia, fake news e teorie del complotto sono apparse proliferare. “L’aumento della diffusione di fake news c’è ma fa parte di una filiera del male - racconta Esposito - che vede negli ultimi 10 anni l’Italia come altri Paesi europei una crescita di nuove sette, che a volte diventano religioni, e di diffusione di fuffa relativa alle neuroscienze che nulla ha a che fare con le vere neuroscienze. Attraverso questa fuffa si invitano le persone a sviluppare capacità attraverso metodi che non hanno niente di scientifico, è solo una truffa piramidale. E a volte questa truffa piramidale ‘diventa’ setta, si spaccia per movimento religioso. Le teorie del complotto si innestano qui. Prima questo tipo di truffe si vedevano in televisione, ora si va nel Web, in posti anche pericolosi più o meno nascosti, per trovare gli stessi raggiri. Il terreno è fertilissimo. Aveva ragione Cecilia Gatto Trocchi quando diceva: dopo la California diventeremo il Paese con più neuro-fuffa e pseudo-religioni. In realtà lo siamo già diventati, attraverso meccanismi piramidali settari, che coinvolgono attraverso corsi e lavoro non retribuito nuovi adepti, magari giovani e giovanissimi che si intossicano in questo ‘inquinamento’”. Il concetto di plagio è più estremo ed è legato idealmente alle logiche dei movimenti criminali, anche quelli che si nascondono dietro falsi concetti apparentemente di natura religiosa. Vengono chiamati comunemente sette, ma non è una dicitura esatta perché delle sette condividono solo l’assetto elitario. “Esiste una grande somiglianza tra chi subisce la fascinazione di una teoria del complotto o di una logica settaria - conclude Esposito - Io parlo di patologia culturale. In entrambi i casi si finisce per non riuscire a fare le cose quotidiane se non in un determinato modo. Sono gradazioni di grigio. Chi crede in teorie alternative - che magari sono anche buone talvolta - è più propenso a credere a teorie del complotto perché ha abbassato la soglia di attenzione. Chi ti manipola ti dice invece: non hai abbassato la soglia dell’attenzione, sei diventato più sveglio e quindi si nega l’evidenza. È uno scivolare continuo. Quando ti ammali di questa patologia culturale è più facile che ti ammali di patologie vere, se ci allontana da quello che è il protocollo scientifico perché rappresenta qualcosa di oscuro. Si alza la barriera sul reale e la si abbassa su ciò che non è reale e si rischia di abbracciare perfino un movimento religioso criminale”.

Il “tso politico” allo studente di Fano. Desta particolare preoccupazione il ricorso a un tso per malattia mentale che appare essere stato eseguito in assenza dei presupposti normativi che lo legittimano e per una finalità di tipo “politico” consistente nel contrastare una forma di dissenso e di protesta rispetto all’uso della mascherina o, anche fosse, rispetto anche all’essere sottoposti a un trattamento sanitario invasivo e non privo di rischi come il tampone. Alessandro A. Negroni, presidente Associazione Radicale Diritti alla Follia, su Il Dubbio il 21 maggio 2021. L’Associazione Radicale Diritti alla Follia (di cui chi scrive è presidente) già il 6 maggio è intervenuta per chiedere alle autorità competenti l’immediato rilascio di uno studente di un istituto superiore di Fano sottoposto a tso per malattia mentale per aver rifiutato di indossare la mascherina al banco, ossia per aver voluto respirare senza impedimenti, e per aver manifestato a scuola il proprio dissenso dall’imposizione della mascherina. I contorni precisi del caso sono in corso di definizione, pare che formalmente il tso per malattia mentale sia scattato quando il giovane era già stato portato al pronto soccorso (su che base di diritto e di fatto non è dato sapere) per essere sottoposto a un tampone (e ancora non è dato sapere su che base), ma il discorso poco cambia. Desta particolare preoccupazione il ricorso a un tso per malattia mentale che appare essere stato eseguito in assenza dei presupposti normativi che lo legittimano e per una finalità di tipo “politico” consistente nel contrastare una forma di dissenso e di protesta rispetto all’uso della mascherina o, anche fosse, rispetto anche all’essere sottoposti a un trattamento sanitario invasivo e non privo di rischi come il tampone. La normativa (artt. 33, 34 e 35 della legge n. 833 del 1978) stabilisce che sia possibile ricorrere al tso per malattia mentale in regime di ricovero ospedaliero solo se sussistano determinate condizioni, tra le quali la sussistenza di una “malattia mentale” e la presenza in atto di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici. Lo studente di Fano non è persona affetta da “malattia mentale”, salvo considerare una manifestazione di dissenso rispetto a un obbligo imposto dal governo (quello di indossare una mascherina) e delle opinioni dissenzienti un “sintomo” di malattia mentale e di disturbo delirante. Il “problema” è che la libertà di manifestazione del pensiero non è una “malattia mentale”, al contrario «la libertà di manifestazione del pensiero è tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una di quelle anzi che meglio caratterizzano il regime vigente nello Stato» (Corte cost., sentenza n. 9/1965). E il problema è altresì che la diagnosi psichiatrica, per essere accettabile e plausibile in uno Stato di diritto liberale e democratico, non può e non deve mai essere utilizzata per la repressione del dissenso di carattere politico o per contrastare opinioni non gradite al potere oppure in contrasto con le opinioni della massa; lo stesso Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), la “bibbia” della psichiatria, avverte significativamente l’esigenza di sottolineare come «comportamenti socialmente devianti (per es., politici, religiosi o sessuali) e conflitti che insorgono primariamente tra l’individuo e la società non sono disturbi mentali». Neppure si comprende ove fossero le “alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici”, salvo considerare che la costituzionalmente legittima manifestazione di dissenso attuata dallo studente di Fano (peraltro in modo pacifico) sia qualcosa da “curare” a mezzo trattamenti sanitari e similmente dicasi per un eventuale rifiuto di sottoporsi a tampone tutelato dal diritto al consenso informato fondato sugli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione (in tal senso già Corte cost., sentenza n. 438/2008). Si consideri peraltro come anche in presenza una manifestazione violenta di dissenso la risposta di uno Stato di diritto non possa consistere nel ricorso a trattamenti sanitari, bensì nel ricorso all’azione delle forze di polizia e alla repressione penale (con tutte le garanzie riconosciute ai cittadini in materia). Vi è poi da evidenziare il ruolo passivo del sindaco di Fano, Massimo Seri, che con quella che appare essere una notevole leggerezza ha firmato un’ordinanza di tso per malattia mentale nei confronti di un giovane studente che stava manifestando un dissenso di natura politica ed eventualmente esercitando il proprio diritto al consenso informato. Un ruolo del sindaco che non può e non deve essere “passivo” essendo chiamato a firmare un’ordinanza che incide direttamente su diritti costituzionalmente protetti (ivi compresa la libertà personale) dei cittadini e di cui è formalmente responsabile a fronte della “proposta” di tso per malattia mentale avanzata da un medico. Come Associazione Radicale Diritti alla Follia in collaborazione con lo Studio Legale Capano (di Michele Capano, nostro tesoriere e tra i principali animatori dell’Associazione) abbiamo elaborato e notificato al tribunale di Pesaro un ricorso avverso la convalida del tso emessa dal giudice tutelare competente, anche con gli opportuni riferimenti alla Cedu e alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, sollevando al contempo diverse questioni di legittimità costituzionale della vigente normativa in materia di tso per malattia mentale. In conclusione, il caso di Fano mostra con tutta evidenza l’esigenza di una urgente riforma legislativa del tso per malattia mentale, riforma di cui il parlamento deve farsi carico. Al riguardo sia consentito ricordare come la nostra Associazione, in stretta collaborazione con altre associazioni, abbia elaborato una articolata proposta di riforma in grado di offrire maggiori garanzie ai destinatari del tso per malattia mentale e di rendere il ricorso ad esso, come invero già dovrebbe essere, una reale eccezione.

Tso a studente 18enne di Fano, cosa è successo e qual è il ruolo del “costituzionalista”? Le Iene News l'11 maggio 2021. A Fano, qualche giorno fa, un ragazzo di 18 anni si è rifiutato di indossare la mascherina in classe legandosi al banco come segno di protesta. Il giovane è stato poi portato al pronto soccorso dove è stato ricoverato in regime di Tso. Giulia Innocenzi è riuscita a incontrarlo e ha intervistato Lamberto Roberti, detto il “costituzionalista”, un attivista no mask che potrebbe avere avuto un ruolo cruciale in questa storia. Ha dell’incredibile la storia avvenuta qualche giorno fa a Fano riguardante un ragazzo di 18 anni sottoposto a un Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio) dopo aver protestato in classe contro l’utilizzo della mascherina. La notizia ha fatto immediatamente il giro di tutti i giornali e, anche se ora il ragazzo è stato dimesso, restano alcuni interrogativi. Giulia Innocenzi prova a far luce riuscendo a incontrare il giovane, che chiameremo Marco, e intervistando Lamberto Roberti, un personaggio particolare e attivista no mask conosciuto con il nome di “costituzionalista”, che potrebbe aver avuto un ruolo all’interno della vicenda. A detta di tutti, “Marco” è un 18enne tranquillo, sensibile, in classe sempre corretto ed educato. I problemi sarebbero nati dal momento in cui il ragazzo ha conosciuto, durante una manifestazione contro l’utilizzo della mascherina, l’attivista negazionista Lamberto Roberti che alle nostre telecamere ha detto frasi come: “I tamponi sono pericolosi. Ti inseriscono dei nanochip che servono per gestire i nostri organi”. Marco è convinto che la mascherina sia anticostituzionale e che faccia male alla salute e queste idee decide di portarle in classe presentandosi diverse volte senza mascherina. La scuola prende provvedimenti sempre più seri arrivando a costringere il giovane a studiare forzatamente in Dad. Marco però, a detta di Lamberto, voleva che questa sua protesta diventasse conosciuta quindi, la mattina dello scorso 5 maggio, decide di andare a scuola senza mascherina e di legarsi con una piccola catena da bici al banco. Il ragazzo chiede anche all’amico attivista di presentarsi davanti all’istituto con un giornalista e un fotografo. La preside interviene, chiama anche il sindaco Massimo Seri e arrivano le forze dell’ordine accompagnate da un medico. “Marco era tranquillissimo ed è stato costretto ad andare via con il medico”, ci ha detto l’avvocata del ragazzo. Versione che non si sposa con quanto afferma il sindaco e cioè che sarebbe stato Marco a chiedere al medico di andare via insieme per avere un parere sull’utilizzo corretto della mascherina. Il ragazzo viene portato al pronto soccorso di Fano e due medici, con il benestare del sindaco, avviano la pratica per eseguire il Trattamento sanitario obbligatorio dichiarando che “Marco presenta disturbo delirante e alterazioni cliniche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici che lui stesso non accetta”.  Secondo l’avvocata le cose sarebbero andate così: “Il ragazzo ha detto che non avrebbe voluto effettuare il tampone e i medici lo hanno effettuato in maniera coatta”, ha detto a Giulia Innocenzi. A Marco vengono dati dei calmanti e viene trasferito nel reparto di psichiatria di Pesaro dove viene requisito anche il suo cellulare. Giulia Innocenzi è andata in ospedale e, attraverso una porta, è riuscita a scambiare due parole con il ragazzo. “Per quello che ho fatto legalmente non posso andare in prigione quindi mi mettono qui dentro, è l’unica spiegazione” ha detto Marco alle nostre telecamere, poi ha aggiunto “sto bene, sto leggendo Pirandello e un libro di medicina. Mi manca il cellulare”. Il Tso sarebbe dovuto durare sette giorni ma, dopo quattro giorni in psichiatria , Marco è uscito e siamo riusciti a strappargli un saluto. Sul ruolo di Lamberto sembra che potrebbe partire un’indagine, nel frattempo i genitori del ragazzo gli hanno chiesto di non vedere il figlio.  Rimangono diversi interrogativi: la scuola oltre a educare non dovrebbe essere anche un luogo di ascolto? Le istituzioni stanno indagando se quel Tso sia stato legittimo? 

Un’idea per liberarci dai fanatici del lockdown. Andrea Amata il 3 Aprile 2021 su nicolaporro.it. Il professor Luca Richeldi, direttore di Pneumologia all’Ospedale Gemelli di Roma e componente del Comitato tecnico scientifico, ha recentemente dichiarato che coloro che si vaccinano al 90% non sono infettivi. Il restante 10% di probabilità nel trasmettere il virus ammanta la medicina di un grado di incertezza che attesta l’inaccessibilità al rischio zero, imponendo una strategia di convivenza con l’insidia del contagio. D’altronde il governo di Mario Draghi si genera dall’esigenza di riconoscere la pari dignità della crisi economica rispetto a quella sanitaria, con quest’ultima che sta egemonizzando la gestione dell’emergenza pandemica. Se l’ex banchiere centrale vuole adempiere al suo mandato originario dovrebbe accelerare il processo che affranchi i cittadini dalle catene opprimenti delle chiusure indiscriminate, che ci vincolano nella mobilità e ci inibiscono le interazioni fisiche. Per giugno dobbiamo raggiungere non l’immunità “di” gregge, ma l’immunità “dal” gregge per liberarci dalla irragionevole passività e sottomissione ai fanatici del lockdown che si identificano nel ministro Roberto Speranza. Pertanto, si proceda a somministrare la salvifica dose a tutte le categorie a rischio, come gli over 70 e le persone affette da patologie, dimodoché i vaccinati non saranno infettivi nei confronti dei non vaccinati. Quest’ultima porzione di cittadini, al netto della componente più fragile messa al sicuro dalla profilassi vaccinale, è statisticamente irrilevante alla letalità del Covid. Dunque, si agisca per salvare la stagione estiva, rinunciando al paternalismo blaterante degli inetti e applicando misure compatibili con il ritorno alla normalità. Andrea Amata, 3 aprile 2021

Da huffingtonpost.it il 3 aprile 2021.  “Tenere chiuso dopo Pasqua anche se la scienza dovesse dire che si può riaprire è sequestro di persona. Chiederò un incontro a Draghi sulle riaperture”. Lo ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, sottolineando come “ci  rimettiamo ai dati scientifici. Quello che abbiamo chiesto al governo Draghi è che dopo Pasqua in base ai dati scientifici occorre riaprire dove si può riaprire, non è possibile che se Speranza vede rosso, se Franceschini vede rosso sia tutto rosso. In quelle città occorre riaprire non c’è Speranza che tenga”. L’ex ministro dell’Interno interviene nella trasmissione “Aria Pulita” di 7Gold e rassicura sul suo rapporto con il presidente del Consiglio, ma ammette che ci siano divergenze con alcuni della squadra: “Con Draghi ho ottimo rapporto che è una persona concreta e pragmatica, con qualche ministro è più complicato. Quando l’ideologia prevale sulla scienza è più difficile”. Inevitabile non pensare al ministro della Salute Roberto Speranza, citato anche dallo stesso Salvini: “Speranza dice ’nessuno soffi sull’inquietudine’? Qualcuno per motivi ideologici vuole tenere tutto chiuso, sono stufo di scelte politiche sulla pelle degli italiani”, si sfoga. “Io mi fido della scienza”, ha continuato, “A che titolo un ministro può dire teniamo tutto chiuso al di là dei dati scientifici?”. Sulla sua visita a Budapest, poi, replica come “abbiamo parlato di vaccini, di aziende e di lavoro”, smontando le critiche sulla possibilità di un progetto populismo della destra in Europa. “C’e’ qualcuno che vede populisti, razzisti, fascisti e nazisti anche dove non ci sono, la politica in questo momento dovrebbe badare al sodo, alla salute, al lavoro, quelli che rompono le palle col razzismo, il populismo e il fascismo non hanno capito un fico secco”, ha concluso.

Marco Cremonesi per il Corriere della Sera il 3 aprile 2021. «Per il Covid, c'è il vaccino. Purtroppo, per la salvinite no. E loro sono ossessionati, non pensano ad altro... Il problema? Non è il Covid, è Salvini». Il segretario leghista parla della raffica di reazioni provocate nella politica italiana dal suo incontro con i premier di Ungheria e Polonia, Orbán e Morawiecki. Perdoni: non era del tutto imprevedibile...

«Perdoni lei: un atteggiamento del genere denota ignoranza, provincialismo e soprattutto razzismo da parte della sinistra. Ho incontrato i primi ministri di due Paesi amici dell'Italia, con uno scambio commerciale e relazioni culturali ed economiche importantissime. La Polonia è un Paese Nato fondamentale, un argine alle ambizioni russe. Ma non va bene. Se parlo con Israele non va bene, con i polacchi non va bene, con gli Stati Uniti neanche. Mi hanno attaccato anche quando ho incontrato i ministri di San Marino. Sono ignoranti e razzisti».

Che sfogo, segretario. Ce l'ha con il ministro Speranza? Con il segretario del Pd Letta?

«Ma lei ha visto anche ieri? Tutta la sinistra all'attacco di Salvini, c'è chi ci ha descritto come "armata delle tenebre". Non lo dico per me, ma di certo c'è una campagna di odio politico e personale che in un momento così delicato non aiuta».

Beh, lei è andato a Budapest per costruire la futura destra europea. Perché si stupisce delle reazioni a sinistra?

«Io dico che se lo spirito del Pd è questo, significa che se ne fregano del richiamo del presidente Mattarella. Mi creda, tutto mi terrebbe lontano dalla sinistra, ma l'amore per questo Paese fa premio su tutto. Anche gli attacchi sono seccanti, il problema vero è che l'ideologia del ministro Speranza comincia a essere preoccupante».

Però, lei con il ministro ha parlato. Vi siete incontrati. Non è servito a nulla?

«Per iniziare, voglio esprimergli la mia più totale e convinta solidarietà per le minacce di morte che ha ricevuto, la vicinanza umana e politica non è in discussione. Detto questo: sulle riaperture mi è sembrato di parlare con una parete. Gli ho detto che l'Italia è lunga, sono 8 mila comuni, che si apre solo dove i contagi e il sistema ospedaliero non sono sotto pressione. Lui mi ha detto che no, ad aprile la scienza non vale. Ma attenzione: dopo il Covid dovremo fronteggiare un'altra emergenza...».

Di che cosa parla?

«Dopo il Covid ci sarà un'altra ondata epidemica, quella psicologica e psichiatrica. Continuano a dirmi che chiusure come quelle che stiamo attraversando stiano creando problemi giganteschi ad adulti e bambini. Che un ministro della Salute lo sottovaluti... Non va bene».

Perciò, lei ha chiesto un incontro con il premier Draghi.

«Certo, appunto per parlare di ritorno alla vita. Ma l'asse con Draghi è ferreo, lui dice che si riaprirà sulla base della scienza e dei dati medici. E io sono d'accordo. Ma siccome ci sono intere regioni in cui la situazione per fortuna è più tranquilla, aggiungo che il riaprire in questi territori non è un capriccio di Salvini, ma la risposta a un'emergenza economica drammatica. Speranza però continua a dire "rosso, rosso, rosso...". Sarà un riflesso condizionato indotto dalla sua storia».

Ha letto? Vittorio Feltri le ha chiesto chi glielo abbia «fatto fare di trascinare la forte Lega nel mucchio selvaggio di questa maggioranza?». Con l'invito a «mandare al diavolo i compari dell'esecutivo».

«Ma figuriamoci, non mi conosce... Io bado al sodo, lavoro per fare cose, Anche con i 5 Stelle mi dicevano di non fare niente. Io mi permetto di ricordare Quota 100, la flat tax fino a 65 mila euro, il blocco degli sbarchi e l'azzeramento dell'immigrazione, la legge sulla legittima difesa...Se qualcuno pensa di farmi perdere la pazienza con lo stillicidio delle dichiarazioni, sbaglia di grosso. I miei obiettivi, entrando al governo, erano salute, riapertura e tasse. E questo stiamo facendo. Pensi all'impulso dato dal commissario Figliuolo alle vaccinazioni».

La accusano anche di boicottare l'approvazione della legge Zan contro l'omofobia. Hanno torto?

«Guardi, la nostra posizione è chiarissima: ognuno è libero di fare l'amore con chi vuole, amare chi vuole e vivere con chi vuole. E chi discrimina o aggredisce e picchia per strada qualcuno, che sia etero, che sia omo o sia trans, è un delinquente. Punto. Che va punito come la legge già prevede.

Non serve una nuova legge, soprattutto in un momento in cui ci dovremmo occupare dell'epidemia e della ripartenza». E allora perché non approvare la legge in fretta e poi dedicarsi ad altro? «Politici e cantanti possono dire quel che vogliono: non mi convinceranno. Semmai, lavoro per rendere più veloci e meno costose le adozioni le migliaia di coppie che attendono».

Ma che cosa c'è di sbagliato nella legge Zan?

«Noi crediamo che la legge sull'omofobia possa introdurre una discriminazione: se io dico che ritengo che l'utero in affitto è una barbarie, se dico che sono contrario alle adozioni gay, rischio il processo. E mi creda: di processi ne ho già abbastanza. Ho udienze già fissate per tutti i prossimi sabati di aprile. Tanto per parlare di giustizia...».

Perché ne parla?

«Perché l'Ue contesta alla Polonia la sua riforma della giustizia. Posso dirlo? Qui abbiamo una giustizia alla Palamara e non mi pare che vada granché bene... Ma tanto, di riforma della Giustizia questo governo non parlerà».

Torniamo alla rifondazione della destra europea. Giorgia Meloni ha fatto presente che «non è all'ordine del giorno né uno scioglimento né una fusione» degli attuali euro gruppi.

«A maggio ci sarà un incontro, allargato, a Varsavia. Poi, in Italia. Questo è il progetto per il gruppo europeo più importante, per riunire in un'unica famiglia le anime oggi divise. Se ognuno fa un passo verso l'altro, possiamo creare un polo alternativo ai socialisti. Che, anche a Roma, si occupano soprattutto di poltrone. Alcuni ministeri sono circoli del Pd».

Alessandro Sallusti contro Speranza e i "delatori di Pasqua": "Anticamera del regime, roba da khomeinismo". Libero Quotidiano il 03 aprile 2021. Benvenuti nella Repubblica di Roberto Speranza, quella dei "delatori pasquali". Alessandro Sallusti, sul Giornale, mette in guardia sulla deriva italiana ormai conclamata: un Paese trasfigurato dalla "polizia sanitaria", in cui il ministro della Salute esorta (per il secondo anno consecutivo) a denunciare i vicini che si pensa possano violare le norme anti-assembramento nel nome della "salute pubblica" e della lotta al coronavirus. È stato un vicino a fregare Luigi Marattin di Italia Viva, e sempre un vicino ha fatto incastrare i calciatori della Juve McKennie, Dybala e Arthur. Tutti trasgressori, tutti potenziali "untori". E così Sallusti, sempre più insofferente non alle regole ma al clima che si sta ormai impadronendo degli italiani, cita una frase del suo opinionista Stenio Solinas: "Ed è questa militarizzazione della vita pubblica, questa trasformazione di ogni membro della società in combattente e custode dell'ortodossia, e quindi spia, delatore, tutti traditori di tutti, che permette negli anni l'insediarsi di un regime". "A farmi paura - spiega il direttore - non sono le spie russe né quelle di qualsiasi altro Paese. Le spie più temibili e vigliacche sono quelle della porta o della scrivania accanto e non per la gravità delle conseguenze, ma per il fatto in sé. E quei politici alla Speranza, quei virologi estremisti che invitano a farlo 'per il bene comune' sono degli incoscienti che stanno solo rompendo il patto sociale che è alla base della civile convivenza più di quanto lo sia il rispetto delle regole". Perché come diceva il giudice Giovanni Falcone, uno che per la legalità è morto, "la cultura del sospetto non è l'anticamera della verità ma del khomeinismo".

Pietro Senaldi tombale sul leader rosso: "L'allegro becchino, Roberto Speranza ci gode nel far star male gli altri". Libero Quotidiano il 02 aprile 2021. Il direttore di Libero Pietro Senaldi parla del ministro della Salute Roberto Speranza che ha dichiarato di prendere le sue decisioni di tenere reclusi tutti gli italiani, compresi quelli che falliscono, con spirito sereno: cosa possiamo dire, l'allegro becchino. "La cosa incredibile è che Mario Draghi ha cambiato l'intera filiera di comando del Covid, dal commissario fino alla Protezione Civile e al ministro delle Autonomie, perché non cambia Speranza? Non certo perché è il leader di un partito grande, è il leader di Liberi e Uguali che è polvere sul comò..." "...Probabilmente lui ha ritagliato un ruolo a Speranza che è quello di portatore di lutti. Quando Draghi deve fare qualcosa di sgradevole lui delega a Speranza che da buon comunista ci gode nel far star male gli altri. Quindi strangolare il Paese lo far andare a letto sereno e contento. Cosa possiamo dire di Speranza, è un ministro ossimoro, nel nome è benagurante, ma nei fatti è un portatore di sventure.   

Pietro Senaldi contro Roberto Speranza: "Allegro becchino, per conto di chi fa il lavoro sporco". Libero Quotidiano il 04 aprile 2021. L'allegro becchino. Il ministro della Salute ha annunciato, felice come una Pasqua, che non sa quando l'Italia potrà riaprire. Con un pelo di sadismo, dalle colonne del Corriere della Sera, Speranza ha tenuto a far sapere ai cittadini reclusi e agli imprenditori rovinati dalle serrate che lui prende le sue decisioni «con animo sereno». Imporre sacrifici agli altri non toglie il sonno al carceriere, che rimprovera a Salvini di «soffiare sulle inquietudini di chi soffre», espressione che, quando non erano al governo, i comunisti come il leader di Liberi e Uguali traducevano con «dare voce agli oppressi». L'ex ragazzo spazzola di Bersani invita la Lega a «tenere unito il Paese»; da che pulpito, lui che quando convoca le riunioni al suo ministero si premura di escludere i suoi sottosegretari, che siano grillini (Sileri), forzisti (Costa) o piddini (Zampa, prima che fosse fatta fuori da Draghi e poi risarcita dal partito con una poltrona a nostre spese). Il grande punto interrogativo è come mai il premier abbia cambiato tutta la filiera di comando della squadra anti-Covid, dal commissario Arcuri al ministro per le Regioni Boccia, dal capo della Protezione Civile Borrelli al coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, Miozzo, ma si sia tenuto Speranza, il ministro ossimoro, dispensatore di ottimismo nel nome, uccellaccio del malaugurio nei fatti. Decisione davvero inspiegabile, giacché l'Italia pullula di luminari della Medicina e non sarebbe stato difficile sostituire Speranza, che non è neppure odontotecnico, con qualcuno che conoscesse l'esistenza di un virus chiamato Covid prima del gennaio scorso, quando ancora il precedente governo assicurava ai cittadini che l'Italia era «prontissima» a fronteggiare la pandemia.

IN CERCA DI VISIBILITÀ - Certo il ministro non deve il mantenimento della poltrona alla forza parlamentare che rappresenta. Liberi e Uguali ha un esiguo 3% e non si sa neppure se alla prossima tornata elettorale si ripresenterà. Le ragioni della resistenza di Speranza stanno probabilmente nel ruolo che il premier Draghi gli ha ritagliato. SuperMario ci tiene alla propria immagine e non intende sbriciolarla con l'esperienza di governo, anche perché ambisce a vette più elevate. Ecco così che, da buon comunista, mister chiusure risulta perfetto nella parte dell'utile idiota del grande banchiere. Se c'è da comunicare qualche rogna o mettere la faccia su una disgrazia, il ministro è l'unica speranza per il presidente del consiglio di sfangarla e continuare a passare per fenomeno agli occhi degli italiani. Perché l'uomo si presti a fare il punching-ball di Draghi, rimediando anche una sequela di esecrabili insulti e intollerabili minacce, non è difficile capirlo. Come ogni politico di seconda fila, Speranza non perde occasione per stare al centro della scena, anche se il prezzo è rimediare figuracce. Lo ha fatto anche nel Pd, prima di andarsene, dove ha giocato per oltre un anno a fare la minoranza della minoranza, parte ingrata ma che gli garantiva presenza mediatica altrimenti non ottenibile. Una sovraesposizione che però ha poco capitalizzato nelle urne, malgrado il ruolo di leader di partito. Il titolare della Salute infatti da oltre un anno decide delle vite di sessanta milioni di italiani dal basso delle meno di quattromila preferenze personali prese nel seggio di casa, in Lucania; a dimostrazione di quanto la nostra democrazia sia scarsamente rappresentativa. Sembrerà incredibile, ma il leader di Liberi Uguali è convinto di agire nell'interesse della sinistra. Nello sfortunato libro dal titolo "Così guariremo", che il kamikaze rosso voleva pubblicare a ottobre e ha ritirato dalle librerie in un estremo sussulto di decenza e realismo, il ministro teorizzava che il Covid sarebbe stata un'occasione unica per la sinistra per rimodellare la società secondo la propria ideologia. Tutti incarcerati, azzerati, schizzati e rinciuliti, un po' come i popoli dell'antico blocco comunista. L'epidemia come una panacea, uno strumento di appiattimento sociale e culturale, la soluzione per chi non sa cosa fare della propria vita e va in panico se deve organizzarsi il sabato sera, il disincentivo naturale a qualsiasi iniziativa imprenditoriale e lo scivolo universale alla sussistenza patologica. Forse Speranza insegue ancora questo sogno quando annuncia di non potere indicare le date delle riaperture. Eppure sarebbe semplice. I vaccini rendono immuni, o nel peggiore dei casi consentono di sviluppare il Covid in maniera leggera e mai letale. Il governo ha annunciato l'arrivo di decine di milioni di fiale. La vituperata Lombardia, per esempio, ha fatto sapere che, se il governo non ci sta illudendo ancora e farà arrivare le dosi promesse, l'8 maggio avrà vaccinato tutti i cittadini sopra i settant' anni, che costituiscono il 96% dei decessi. Un politico che fosse degno di questo nome, incline ad assumersi le proprie responsabilità e che davvero lavorasse per liberare gli italiani, avrebbe annunciato la riapertura totale e l'addio alle zone colorate entro metà maggio.

PROMESSE DISATTESE - Capisco che aver dichiarato il virus sconfitto a settembre scorso abbia scottato non poco il leader rosso, però non possiamo accogliere come una buona notizia la sua minacciosa prudenza. Per chiuderci a ottobre, ci aveva promesso un Natale libero, che invece ci ha fatto passare in gabbia paventando la ripresa di gennaio, poi slittata a Carnevale, quando ristoratori e albergatori hanno saputo la sera prima dell'annunciata riapertura che la clausura sarebbe stata invece prorogata. Ora ci arriva questa mancata previsione, con il ritorno della bella stagione e i ragazzi che, al posto di andare a scuola con la mascherina, giocano a calcio nei parchi a volto scoperto. In questa clausura senza speranza siamo ormai liberi di fare tutto tranne che lavorare, studiare e imbastire qualcosa di utile al Paese.

GLoc. per “il Giornale” il 2 aprile 2021. Lo chiamano «trauma da pandemia». Un malessere poliedrico fatto di insonnia, ansia, depressione fino a comprendere i disturbi psichici più gravi come la paura di infettarsi o il rifiuto di socializzare. È una sofferenza collettiva, l'altra faccia della Covid. O, forse, è quella parte di vita che non viviamo più e che si fa sentire come può. A rischio un italiano su tre, secondo la Società Italiana di Psichiatria. Ne sono più esposte le donne, poi gli adolescenti e i giovani.  Si capisce però che è un male che sfugge ai conti perchè sarebbe troppo doloroso vederlo raffigurato in un grafico. Cosa fa precipitare nel malessere profondo, per arginare il quale l'OMS ha chiesto che vengano «rafforzati i sistemi di salute mentale di tutti i Paesi»? La paura di perdere il lavoro, ma anche la fatica titanica per cercare di mantenerlo. La paura per il futuro dei figli ma anche l'impotenza di saperli più ignoranti della generazione che li ha preceduti. Il senso di precarietà perenne alternato alla perdita di libertà. «Quando l'esposizione a eventi traumatici è eccessiva si arriva a uno sconvolgimento psichico - spiegano Massimo di Giannantonio ed Enrico Zanalda, co-presidenti della Sip. L'ultimo appello è arrivato dal professor Renato Borgatti, neuropsichiatra dell'Istituto Neurologico Casimiro Mondino di Pavia che ha parlato di «estrema gravità» per i giovanissimi: «Sono aumentati i tentati suicidi, i casi di autolesionismo, i disturbi del pensiero». Borgatti riferisce che si tratta di «ragazzi che erano al di fuori di situazioni di rischio e che tutti i reparti degli ospedali lombardi confermano la tendenza». Il rapporto Aifa del 2020 ha registrato un aumento dell'uso di ansiolitici (+12%). Ci conferma la tendenza sul fronte integratori, Camilla Pizzoni, direttore scientifico Pool Pharma: «Dal nostro osservatorio sono emerse fragilità tra le donne, tra i più giovani e tra coloro che hanno subito difficoltà economiche legate al lockdown. Il 63% ha dichiarato disturbi di tipo ansioso, il 20% riferisce sintomi da stress post-traumatico. Il 14% dei giovani, sia studenti sia lavoratori, ha dichiarato di soffrire di attacchi di ansia perché non riesce a staccarsi dal proprio smartphone o dal pc e vive nel costante stress di venire dimenticato da amici e colleghi». Per questo, ha aggiunto il direttore scientifico «abbiamo prodotto un integratore per i disturbi dell'umore di cui, in tempi normali, soffriva il 15% della popolazione. Ansiben è adatto anche agli adolescenti. A base di estratti vegetali come melissa e passiflora, contiene zinco, coenzima q10 e le vitamine B che contribuiscono al buon funzionamento del sistema nervoso. A ciò abbiamo aggiunto il triptofano, che è il precursore della serotonina e il Gaba, acido butirrico, detto ormone della serenità». Insieme all'integratore è offerta una traccia audio di rilassamento che si può scaricare dal foglietto illustrativo con il QR Code con l'intento di divulgare anche una buona abitudine alla tranquillità. Già, non è un caso se gli psichiatri hanno osservato che «fra coloro che sono immuni all'ansia, il fattore protettivo di equilibrio psichico sembra essere una condizione di benessere spirituale».

Alessandro Rico per “la Verità” il 29 marzo 2021. «Non è virologo né un epidemiologo. È un gastroenterologo quasi per caso». Lo scrive Carlo Verdelli, che ieri l' ha intervistato sul Corriere. Eppure, Nino Cartabellotta, 56 anni, origini siciliane, presidente della fondazione Gimbe, già grande castigatore della Lombardia, da gastroenterologo per caso, pretende di dimostrare che le chiusure sono necessarie. E, anzi, ne servirebbero di più: più rigorose, più estese, più durature. Come il «lockdown severo da marzo a maggio» 2020. Non ci credete? Credeteci: c' è chi ha nostalgia degli interminabili domiciliari della primavera dell' anno scorso. La chiave delle argomentazioni è la «medicina basata sulle evidenze», cui l'analista della Trinacria ha anche intitolato il proprio istituto: Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze, sorto nel 1996 e poi trasformato, nel 2010, in una fondazione. Per carità cristiana e onestà intellettuale, dobbiamo riconoscere che Cartabellotta, un paio di cose, le dice giuste. Primo: che la scorsa estate, mentre il ministro Roberto Speranza era occupato a scrivere il suo iellatissimo libro autocelebrativo, l' Italia ha sprecato un'occasione per eradicare il virus mediante il tracciamento. Avevamo una finestra d'opportunità per applicare il meglio della via asiatica (isolare e spezzare le catene di trasmissione), ma l'abbiamo sprecata. Secondo: che la «strategia della mitigazione», quella con i colori delle Regioni, non funziona. Sulla Verità, ve l'abbiamo fatto vedere: con la cabina di regia che lavora su numeri vecchi anche di 16 giorni, si finisce per intervenire a babbo morto. Tanto che l'evoluzione e il decremento della curva epidemiologica appaiono affatto scollegati dal sopraggiungere delle zone rosse. Gli sprazzi di lucidità del gastroenterologo per caso, però, finiscono qua. Tutto il resto, ironia della sorte, fa venire l'acidità di stomaco. Cartabellotta tuona: «Non è vero, anzi è gravemente falso, che bastino le terapie domiciliari o che le norme restrittive siano efficaci». E ancora: chi lo sostiene «aiuta il virus ma non il Paese». Chissà quale «medicina basata sulle evidenze» fornisce evidenze che provino che le terapie domiciliari aiutano il virus. Faccio un favore al Covid curandolo? Un paradosso che andrebbe difeso con qualche dato concreto, non solo con due slogan in croce. Il gastroenterologo per caso, semmai, dovrebbe guardare le evidenze raccolte dai medici di base piemontesi, che nell'Alessandrino hanno ridotto del 30% le ospedalizzazioni, in un distretto sanitario che ha un indice di vecchiaia - e quindi, una quantità di potenziali pazienti a rischio - molto superiore alla media italiana. Cartabellotta dovrebbe farsi una chiacchierata con il dottor Luigi Cavanna, che con i suoi protocolli di cura ha registrato meno del 5% di malati finiti in corsia. Dovrebbe confrontarsi con il professor Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, il quale oggi, alla Verità, riferisce che con i monoclonali conta di abbattere i ricoveri dell' 85%. Quali benedette evidenze ci sono del fatto che sia meglio tenere una nazione in lockdown perenne, raccontando a chi s' infetta che può solo ingoiare tachipirina e controllare il saturimetro? Ovvero, aspettare e pregare? Gli studi scientifici, da Lancet all' Università di Edimburgo, chiariscono invece che il confinamento all' italiana è inutile e dannoso. A meno che l' intento del capo di Gimbe non sia un altro: dare addosso a Matteo Salvini. «Se dopo Pasqua si riaprisse tutto», minaccia infatti il dottore, «toneremmo alla casella di partenza». Questa, però, è politica. Mica «medicina basata sulle evidenze». Peraltro, nessuno esige di riaprire tutto e fingere che il Covid non esista. Semplicemente, anziché accanirsi su attività che influiscono marginalmente sui contagi, si chiede, ove possibile, di organizzare riaperture ragionevoli. Visto che Cartabellotta rispolvera il ritornello dell'«estate fuori controllo» - e visto che sarà facilissimo servirsene per rinchiudere gli italiani anche a luglio - ci domandiamo, poi, quali evidenze dimostrino che le vacanze al mare abbiano innescato la seconda ondata. Il saggio di Luca Ricolfi, La notte delle ninfee, indica, al contrario, come i lievi aumenti dei casi ad agosto 2020 siano stati presto riassorbiti. La crescita esponenziale di ottobre va collegata principalmente alla riapertura degli uffici e delle scuole, con il congestionamento dei mezzi pubblici. Ecco: perché Cartabellotta non si domanda a che punto sia il governo, con la messa in sicurezza di aule e trasporti? Non saremo mica rimasti ai banchi a rotelle e ai finestrini aperti sugli scuolabus? D' altra parte, lui, proprio sulla seconda ondata, aveva preso un buco clamoroso. Il primo ottobre 2020, vaticinava: lo «tsunami» della prima fase «non dovremmo più riviverlo, perché la curva dei contagi è monitorata. È impossibile ipotizzare una seconda ondata come la prima». Toh: giusto in quella decade di ottobre, le infezioni avrebbero ripreso a cavalcare. Sempre Cartabellotta assicurava: «A Natale, 10.000 in ospedale, cifra gestibile». Sappiamo com' è finita. Ma il medico delle evidenze, anziché ammettere di aver toppato, a novembre se la prendeva con chi non aveva previsto «l' arrivo di altri guai». Già: tipo lui stesso? A inizio dicembre, il nostro aruspice intravedeva il pericolo di una terza ondata a gennaio. Un mese dopo, spostava l' asticella un po' più in là: «Il rischio è che la terza ondata si innesti nella fase discendente della seconda». Un altro fiasco. Allora, Cartabellotta ci ha riprovato a inizio marzo: «L' incremento del 33% dei nuovi casi segna l' inizio della terza ondata». E, soprattutto, segna il terzo tentativo di sfornare una previsione corretta. Finalmente. Perché il gastroenterologo per caso, ogni tanto, ne azzecca una. Per caso.

Arriva la sentenza dei numeri: "Ecco tutta la verità sui vaccini". Il professor Farcomeni, ordinario di Statistica, spiega le sue previsioni sul Covid e sulle dosi dell'antidoto: ecco le "profezie". Roberta Damiata - Dom, 28/03/2021 - su Il Giornale. Dell’infezione da Covid dall’inizio della pandemia, si è parlato in moltissimi modi. Sono scesi in campo dottori, virologi, esperti, ognuno con una propria idea o un modo di trovare la soluzione più corretta al problema di un virus che ha modificato in poco più di un anno, la vita dell’intera popolazione mondiale. Se spesso molte teorie si sono poi rivelate inesatte o non aderenti alla realtà, esiste invece una modalità basata su fattori matematici, che dall’inizio del pandemia ha aiutato e supportato nella gestione del virus. Si tratta di metodi di previsione utilizzati ad esempio per l’occupazione delle terapie intensive, o per capire con precisione quando ci saranno i picchi dell'infezione. Allo stesso modo però, sempre usando questo metodo elaborato dal gruppo di ricerca StatGroup-19, è possibile anche chiarirsi le idee per quanto riguarda i vaccini o comprendere meglio i dati del contagio o delle curve. Ne abbiamo parlato con uno dei fondatori di questo gruppo, Alessio Farcomeni, professore ordinario di Statistica dell’Università di Tor Vergata.

Professore, può spiegarci che cosa è lo StatGroup-19 e in che modo ha fornito un utile contributo alla pandemia?

“Siamo un gruppo di ricerca nato spontaneamente un anno fa, formato da cinque professori di statistica. Oltre a me, il professor Fabio Divino, il professor Antonello Maruotti, la professoressa Giovanna Jona Lasinio e il professor Gianfranco Lovison. Ci siamo dedicati alla ricerca epidemiologica e clinica, pubblicando metodologie di previsione per l'occupazione delle terapie intensive e per l'andamento a medio termine di tutti gli indicatori, tra cui ad esempio il momento in cui ci sarà il picco di un indicatore o altri aspetti di interesse. Dopo alcuni mesi si sono uniti a noi due dottorandi di statistica metodologica, Marco Mingione e Pierfrancesco Alaimo di Loro, e insieme a loro abbiamo creato un sito web che mostra statistiche descrittive e previsioni in tempo reale, basate sui nostri articoli scientifici. Siamo anche in contatto con ricercatori di altre nazioni, Spagna, Israele, Norvegia, Scozia, per aiutarci a vicenda a comprendere i fenomeni e creare progetti di ricerca congiunti. Abbiamo inoltre cercato di spiegare alle persone cosa stava succedendo per dare un’informazione chiara e di facile comprensione”.

Sviluppate modelli sulla diffusione del virus, quali sono i fattori che vengono inseriti e che percentuale di attendibilità hanno?

“Nei nostri modelli previsivi teniamo conto delle poche informazioni pubbliche a disposizione: i valori precedentemente osservati nell'area (ad esempio regione), i valori osservati in aree limitrofe, la popolazione residente, la ciclicità e, possibilmente, il numero di tamponi valutati precedentemente. Il nostro modello per la previsione delle terapie intensive è molto accurato, abbiamo pubblicato per un anno, previsioni giornaliere per ciascuna regione. Tra queste migliaia di previsioni, abbiamo sbagliato soltanto di tre posti letto, e in oltre il 99% dei casi, i nostri intervalli di previsione comprendevano l'effettiva occupazione che sarebbe stata comunicata in seguito. I nostri modelli per valutare l'andamento generale non sono disegnati per essere altrettanto accurati, però siamo riusciti a prevedere correttamente, con un anticipo di 10-15 giorni, il periodo di picco di ciascuna ondata in ciascuna regione sia per l'incidenza (nuovi casi giornalieri) che per i decessi”.

Spesso i numeri della pandemia spaventano e per molti non sono comprensibili, vorrei chiederle se può spiegarci come funzionano.

“Purtroppo le stime di Rt (l’indice di contagio ndr) che vengono riportate periodicamente, hanno vari problemi di fondo: il più serio è che si riferiscono a dati di alcuni giorni prima. È principalmente per questo che è possibile vedere aumentare il numero di infetti, ma diminuire l’Rt ovvero l’indice di contagio: perché questo si riferisce magari a una settimana prima, quando l'incidenza era ancora stabile o decrescente. Inoltre la stima di Rt è spesso poco precisa per via di dati di base non sempre corretti. Insomma, il mio consiglio è non farci troppo affidamento. Stessa cosa per l'oscillazione casuale del dato giornaliero: la variazione di oggi rispetto a ieri conta poco, specie nei primi giorni della settimana. E' invece utile basarsi su conteggi aggregati a livello settimanale. In ogni caso, leggere i numeri della pandemia è complesso perché, come dicevo, sono in parte poco affidabili (ad esempio la crescita di incidenza è spesso sottostimata, in quanto i tamponi fatti non crescono abbastanza rapidamente, e aumenta la proporzione di infezioni non diagnosticate). Per comprenderli è utile combinare diversi indicatori. Ne menziono due: il tasso di positività (ovvero i positivi sui casi testati), e i nuovi casi settimanali per 100.000 abitanti. L'Istituto Superiore di Sanità, tenendo conto di tutto, ha fissato come soglia critica 50 casi diagnosticati settimanalmente ogni 100.000 abitanti. Questi si traducono in una media di circa 4000 casi al giorno su base nazionale. Ognuno può fare il conto per la propria provincia (o regione) in base alla popolazione residente. Quello che dobbiamo chiederci però è se stiamo individuando abbastanza casi. Questo ce lo dice il tasso di positività. Stiamo andando bene se facciamo abbastanza tamponi che risultano negativi, e quindi il tasso di positività è basso. Alcuni studi importanti hanno determinato la soglia critica al 2%. Altri indicatori sono: il numero di contatti a rischio, identificati per ogni caso (ovvero le persone con cui sono entrate in contatto che devono essere sempre almeno 10), il tempo necessario per dare disposizione di quarantena a queste persone (per tutti entro 24 ore dalla diagnosi) e la percentuale di diagnosi positive da tracciamento (al momento è uno sconfortante 33%). Si capisce quindi l’importanza di trovare i soggetti positivi e isolarli, altrimenti è quasi inevitabile che prima o poi si inneschi un’ ondata epidemica che richiede l'uso di forti misure restrittive. Questo ovviamente fino a che non si avrà un’immunità di gregge dovuta alle vaccinazioni. Una questione di fondo è il rischio di essere noi il contatto di una persona contagiosa. Questo cresce con i casi diagnosticati ogni 100.000 abitanti, ma è comunque una stima molto complessa. I casi invece diagnosticati, vengono messi tempestivamente in isolamento, e in linea di principio non dovrebbero contagiare nessuno (al di fuori del proprio nucleo famigliare, ma questo è un altro problema). È importante ricordare che al momento conducendo una vita normale, prendendo i mezzi pubblici, andando a lavoro o al bar è certo che si incontri almeno una persona contagiosa e non diagnosticata. Per questo è fondamentale avere delle attenzioni particolari. Prima tra tutte le mascherine e avere pochi contatti possibilmente di breve durata e all'aperto. Dovendo dare un consiglio è importante usare la massima attenzione finché non ci saranno contemporaneamente tre condizioni: il fatto di essere vaccinati, quando si avranno meno di 2000 casi al giorno (su scala nazionale), e quando la positività (su casi testati, non su tamponi) sarà inferiore al 2%”.

Parlando di vaccini spesso le persone non hanno le idee chiare. Può spiegarci il concetto rischio/benefici e perché è fondamentale vaccinarsi?

“Partirei con il dire che qualsiasi cura a cui ci si sottopone, viene valutata sulla base del confronto dei benefici attesi e la frequenza di effetti indesiderati. È importante dire che tutti i trattamenti, quindi non solo i vaccini, hanno benefici ed effetti indesiderati, perché purtroppo non esiste la cura miracolosa. Per un vaccino il profilo di rischio deve essere irrisorio, peerché viene somministrato a persone sane. La sperimentazione fortunatamente è in grado di evidenziare eventuali effetti indesiderati gravi (diciamo più di un caso su 10000) e per nessun vaccino approvato (nel nostro caso dall’AIFA) ce ne sono. Quindi possiamo vaccinarci tranquillamente. Guardando alle decine di milioni di persone vaccinate con AstraZeneca in Europa e Gran Bretagna, tutti i tassi di eventi non rari accaduti dopo vaccinazione, sono confrontabili con quanto ci si sarebbe aspettato anche senza vaccinazione in una popolazione con caratteristiche simili. Per chiarire meglio, se prendiamo dieci milioni di persone a caso, qualcuna sfortunatamente per qualsiasi ragione, domani avrà un attacco cardiaco fatale. Allo stesso modo se prendiamo dieci milioni di persone che hanno fatto il vaccino da poco, accadrà anche a qualcuna di loro, perché il vaccino non protegge dall'attacco cardiaco. Però registrando accuratamente i casi, ampi studi hanno mostrato che le persone che hanno avuto eventi avversi gravi dopo la vaccinazione, non sono più di quelli che li hanno avuti prima. Eventuali eccessi di eventi rari sono spesso dovuti a "perdita di latenza" che vuol dire che un evento che sarebbe accaduto comunque a breve, viene innescato dalla risposta infiammatoria alla vaccinazione. Non ne sono stati evidenziati di concreti per i vaccini contro SARS-CoV-2, incluso il caso delle tromboembolie (o dei decessi in generale). Credo si possa dire che questi vaccini, così rapidamente disegnati e sperimentati, siano una grandissima conquista. È stato osservato un eccesso di un particolare tipo di trombosi: la trombosi del seno cavernoso con piastrinopenia, un evento molto raro che ci si aspetta circa 1 volta ogni milione di vaccinazioni. L'incidenza è stata invece circa 5 volte ogni milione di dosi. Non è una prova, ma un sospetto, che la vaccinazione possa incrementare il rischio di questo evento di circa 5 volte. Ma, ammettendo anche che la cosa fosse effettivamente così, anche se al momento è un sospetto, il ragionamento relativo al rapporto rischio-beneficio ci porta a riflettere che una trombosi del seno cavernoso, resterebbe comunque un evento estremamente raro. Sarebbe quindi ancora estremamente conveniente vaccinarsi, visti i rischi legati all’infezione e all'alto rischio di contrarla. Facendo un paragone, sarebbe cinque volte più probabile essere colpiti da un fulmine durante ottanta anni di vita, che avere una trombosi del seno cavernoso dopo la vaccinazione con AstraZeneca. O ancora, è più probabile una gravidanza quadrigemina (cioè con quattro gemelli) che una trombosi del seno cavernoso dopo la vaccinazione per il Covid. Guardiamo ora ai benefici: in un contesto pandemico il beneficio di una vaccinazione è molto superiore che nel classico contesto di prevenzione, in quanto è molto più probabile ammalarsi se non ci si vaccina. Siamo tutti ad alto rischio di infezione, e grossolanamente si può stimare che circa un italiano su dieci abbia avuto ad oggi l'infezione. I rischi di avere conseguenze dipendono molto dall'età. Marginalmente si ha un rischio di morte di circa 1% / 10% di ospedalizzazione. Una percentuale di infetti variabile, superiore al 30%, ha conseguenze permanenti in almeno un organo o sviluppa la sindrome post-virale nota come “long Covid” che porta debolezza e confusione o altri effetti, anche molti mesi dopo la guarigione. Non va poi dimenticato che nell’ultimo anno, circa un italiano su quattrocento è morto di Covid. Insomma, infettarsi non è certo raro così come avere conseguenze letali in caso di infezione, e le conseguenze a lungo termine quando ci si è infettati sono la norma. Raccomando quindi fortemente a tutti di cogliere la prima occasione di vaccinarsi, indipendentemente dal tipo di vaccino che viene offerto”.

Avete realizzato uno studio che abbia messo a confrontato rischi e benefici di tutti i vaccini?

“Studi di questo tipo sono apparsi su autorevoli riviste scientifiche e continuano ad uscire quasi giornalmente. Sintetizzando molto, tutti i vaccini approvati sono sicuri ed efficaci. Sono inoltre probabilmente efficaci anche nel bloccare o ridurre fortemente la trasmissione del virus e anche contro le principali varianti identificate. Su questo punto il vaccino AstraZeneca ha bisogno di ulteriori studi relativamente alla variante Sudafricana. C'è un primo studio negativo su Lancet, che però ritengo non conclusivo: a causa del basso numero di soggetti coinvolti, inoltre è stato valutato solamente il rischio di infezioni lievi o moderate (non potendo fare conclusioni sulle infezioni severe, sui decessi, o sulla necessità di ospedalizzazione). Per quel che riguarda gli eventi avversi, i singoli casi non vogliono dire nulla. Molte persone sono spaventate dal risalto mediatico dato alla singola persona deceduta magari per altre cause, dopo la vaccinazione. Il confronto va fatto sui conteggi complessivi. Tutti i vaccini possono dare effetti indesiderati lievi e momentanei, inclusi dolori articolari, gonfiore ai linfonodi, e nausea. AstraZeneca (e mi aspetto anche Johnson&Johnson) dà più spesso febbre, ma il tutto passa nel giro di uno o due giorni. I vaccini Pfizer e Moderna sono leggermente più a rischio di sviluppare reazioni allergiche per via dei lipidi utilizzati. Chi ha storia di reazioni anafilattiche dovrebbe ad esempio fare il vaccino AstraZeneca. I dati ci parlano comunque di poche decine di reazioni per milione di dosi con i vaccini ad mRNA (che sono quelli che contengono una molecola denominata RNA messaggero (mRNA) con le istruzioni per produrre una proteina presente su SARS-CoV-2, il virus responsabile di Covid-19. Il vaccino non contiene il virus e non può provocare la malattia ndr. fonte Aifa), nessuna con conseguenze gravi. Il consiglio è quindi quello di vaccinarsi tutti il prima possibile.”

Se si fa il confronto tra la percentuale di rischi dei vaccini covid, rispetto ed altri tipi di vaccini come ad esempio quelli per l'influenza stagionale qual’è il risultato?

“I vaccini per l'influenza stagionale danno effetti indesiderati in maniera variabile, dipendentemente dalla formulazione per l'anno in corso. Gli effetti indesiderati comuni sono analoghi ai vaccini Covid, con frequenze molto simili. Rispetto ai vaccini contro la SARS-CoV-2 sono noti più effetti indesiderati rari, tra cui reazioni allergiche, eruzioni cutanee, trombocitopenia, neuropatie transitorie. Nulla di rilevante in termini di rapporto rischi-benefici: anche i vaccini per l'influenza sono sicuri e mi auguro che in futuro la copertura vaccinale cresca molto rispetto agli anni passati. Vorrei far notare che mentre i rischi sono analoghi, i benefici sono di ordine di grandezza differenti: ogni anno muoiono tra le ottomila e diecimila persone per influenza, senza altri accorgimenti che una vaccinazione a medio/bassa copertura per la popolazione a rischio. Per il Covid, con draconiane misure restrittive, abbiamo già avuto molto più di centomila decessi, senza contare tutte le altre conseguenze per chi ha avuto l'infezione”.

Lei stesso si è vaccinato con AstraZeneca.

“Sì, come personale scolastico. Ho avuto un po’ di febbre (37.5) il giorno successivo e mi sono sentito un po' debole per i due giorni dopo l'inoculazione. Nessun altro effetto collaterale. Il Covid è peggio. Farò la seconda dose senza nessun tipo di ansia”. Quanto c'è del vostro apporto nelle decisioni prese dal governo sulle varie fasce di colori delle regioni, e se sì, in base a quali dati “Ci è stata chiesta informalmente la scorsa estate un’opinione, sulla bozza del documento per il monitoraggio. Abbiamo espresso alcune perplessità. Il documento però non è stato modificato. Credo che il sistema dei colori abbia dei punti di forza, ma si possa migliorare drasticamente sotto molti aspetti. Abbiamo provato varie volte ad entrare in contatto con gli organi decisionali, senza però avere riscontro. Crediamo sia fondamentale che ci sia un forte contributo della competenza statistica su questi temi. Ci sono molti eccellenti statistici in Italia, con anni di esperienza di dati epidemiologici, che potrebbero essere molto utili. Per ragioni simili ripeto spesso che sarebbe utile coinvolgere nel CTS (Comitato Tecnico Scientifico ndr), oltre a uno statistico matematico con esperienza di ricerca biomedica, un biotecnologo che possa aiutare a fare di più e meglio per quel che riguarda il sequenziamento dei tamponi positivi”.

Con l'arrivo delle varianti rispetto al virus originale, statisticamente quanto si è abbassata l'età degli infettati e la mortalità, che sono due fattori di cui spesso di parla rispetto a queste varianti.

“Le varianti sono state un po' uno spauracchio delle settimane passate. Con questo non voglio sminuirne la gravità visto che sono in effetti più contagiose e più pericolose. In StatGroup-19 eravamo unanimi nel non attenderci i terribili numeri (di infezioni e di decessi) che venivano paventati. Si parlava di oltre 50000 casi al giorno anche se il rischio che emergano varianti con una sostanziale fuga immunitaria c'è e non va sottovalutato. Ed è questa la ragione per cui non bisogna lasciar spazio al virus permettendo che ci siano altre ondate epidemiche. Per questo anche chi è vaccinato, deve usare le stesse precauzioni di chi non lo è, finché non ci sarà una incidenza molto bassa. Detto questo, la gestione di una pandemia non cambia in presenza di varianti più o meno contagiose. Bisogna arrivare a pochi casi al giorno e mantenere bassa l'incidenza tramite apposite misure non farmaceutiche e sopratutto una sorveglianza epidemiologica rigorosa. Non ci devono più essere ondate. Se falliamo nel mantenere bassi i numeri, sarà inevitabile dover utilizzare misure restrittive. Inoltre, queste però devono essere ben strutturate e calibrate, per abbassare la curva e tornare velocemente a una bassa incidenza e ad una ripresa delle attività. Per quel che riguarda la mortalità data delle varianti attualmente identificate, a fronte di una pericolosità che sappiamo essere più alta, il tasso di mortalità dei casi (decessi su numero di diagnosi) nella terza ondata è addirittura in diminuzione. Il virus si è fatto furbo, ma noi ci siamo fatti più furbi ancora. Abbiamo vaccinato parte delle persone più fragili (in primo luogo ultra ottantenni e residenti RSA) e migliorato le cure, in particolare le terapie domiciliari.Non si ringraziano mai abbastanza i medici di base per l'enorme lavoro che stanno facendo”.

Spesso con questa pianificazione e sviluppo dettato dalla statistica, avete smentito teorie anche considerate preventivamente valide e raccontate da scienziati, ci può raccontare ad esempio quelle risultate poco credibili?

“Ci sono stati vari temi anche ricorrenti, su cui non c'è stata concordanza nella comunità scientifica. C'è da dire che qualche "esperto" ha ignorato articoli scientifici anche di altissimo livello. Menziono i più eclatanti, ma ci sarebbero parecchi spunti e curiosità su cui discutere. In primo luogo l'idea che è circolata per cui l'epidemia si sarebbe esaurita autonomamente in tempi stretti, o che il virus sarebbe rapidamente mutato in senso benigno. Credo che i fatti abbiano parlato da soli, senza dover citare numerosi lavori su Nature, Science o Lancet. In contrapposizione, il catastrofismo di alcuni colleghi che hanno urlato a crescite di tipo esponenziale all'inizio di ciascuna ondata. Nessuna epidemia può avere una crescita esponenziale sul medio-lungo periodo. È quindi sbagliato, se si osserva una momentanea crescita esponenziale, fare estrapolazioni a un mese e prevedere magari mezzo milione di casi al giorno o centomila decessi nel breve periodo. Menzionerei inoltre il continuo dibattito sul ruolo della scuola, che inevitabilmente ha un effetto complesso e che è quasi impossibile valutare sulla base di dati aggregati. Gli studi scientifici sono stati sparsi, di bassa qualità, con risultati contraddittori. La verità è che sappiamo di non sapere. Ognuno si è fatto una sua idea non supportata da forti evidenze scientifiche. La mia, che può essere considerata un’ opinione, è che fino a vaccinazione di massa dovremmo tenere sempre comunque aperti nidi, materne, ed elementari; e 100% in DAD dalle medie in su, a meno di fare test a studenti e docenti due volte a settimana. Su questo vorrei rinnovare un appello inascoltato di gran parte della comunità scientifica: i dati disaggregati sui contagi dovrebbero essere messi insieme con l'aiuto di uno statistico e condivisi con tutta la comunità scientifica. Questo ci permetterebbe di raccogliere forti evidenze scientifiche per capire bene come gestire la scuola, e non solo. Ci sono molte cose che mi piacerebbe studiare bene, avendo i dati.”

In questo momento in che fase ci troviamo della pandemia e se ci sono previsioni per il prossimo futuro?

“I nostri modelli ci dicono che siamo entrati in un periodo di picco per quel che riguarda l'incidenza, su scala nazionale. Alcune regioni sono ancora in crescita, ma possiamo comunque prevedere di non vedere numeri molto più alti di questi. Tra questa settimana e subito dopo Pasqua, dovremmo. finalmente vedere una decrescita del numero di diagnosi giornaliere. Purtroppo, come conseguenza ritardata dell'ondata di infezioni, la pressione sugli ospedali e i decessi continueranno a crescere ancora per un po'. Ho il timore che difficilmente riusciremo a non avere alcuni giorni, speriamo pochissimi, con meno di 600 decessi al giorno in media, e potremmo persino superare i 700”.

Avete una previsione per la terza ondata e come sarà anche in base alle vaccinazioni in aumento.

“Possiamo parlare in maniera imprecisa di terza ondata. Speriamo con la tarda primavera di avere una incidenza bassa (forse leggermente superiore a quella osservata lo scorso anno) senza misure restrittive troppo invasive. Mi auguro sia possibile completare il ciclo vaccinale di un’ alta percentuale di italiani, nel frattempo. Se ce la faremo entro la fine dell'estate, possiamo sperare di non vedere forti ondate nel prossimo futuro. Sarà comunque necessario mantenere certe attenzioni, fare attenzione all'importazione di varianti. L’ importante sarà intervenire in maniera tempestiva di fronte a piccoli focolai, con test massivi (sia di screening nell'area, che del più ampio numero possibile di contatti di caso) e con rigorosi isolamenti e quarantene”.

Che errori sono stati fatti fino ad ora nella diffusione di informazioni sul Covid e quali secondo lei sono quelli da evitare per il futuro?

“Credo che le informazioni sul Covid siano state talvolta diffuse in maniera poco equilibrata, esagerando in un senso o nell'altro. Naturali oscillazioni giornaliere verso l’alto sono talvolta ancora viste come forti accelerazioni dell'epidemia e verso il basso come consistenti frenate. Questo credo abbia confuso i cittadini che probabilmente hanno avuto difficoltà nel capire quando il rischio stava effettivamente fortemente aumentando (come a inizio Ottobre o metà Febbraio), o che in estate il rischio era basso ma non nullo e andavano comunque evitati luoghi chiusi affollati”.

È passato poco più di un anno dall’inizio della pandemia, con questa seppur minima esperienza alle spalle, cosa si poteva fare meglio?

“Preferisco pensare a cosa si potrà fare per gestire meglio la convivenza con il virus in futuro. In primo luogo penso a una profonda riforma del sistema di monitoraggio, mantenendo chiaramente i suoi aspetti migliori, basata su misure ancora più localizzate e sull'uso di indici più semplici, e tempestivi. Si possono determinare soglie automatiche ed ottimali per l'istituzione o il rilascio di misure restrittive. E' facile dimostrare che, sebbene vi sia una innegabile efficacia nella mitigazione, abbiamo quasi sempre chiuso tardi e riaperto presto. Un sistema calibrato meglio, avrebbe portato a meno decessi e ospedalizzazioni e un minor numero di giorni spesi in zona rossa o arancione da ciascuna regione. A questo aggiungo che sarebbe bene prevedere le misure a un livello più disaggregato, ad esempio provinciale, sulla base di un sistema di raccolta dati standardizzato e unificato a livello nazionale. Questo è un punto chiave: i sistemi informativi vanno migliorati molto, al momento non sono di qualità accettabile. Si possono inoltre fare molti più test di screening, in maniera rapida ed economica, tramite il sequenziamento dei tamponi in gruppi. Vorrei menzionare inoltre le idee di alcuni colleghi di assumere i disoccupati per impiegarli nel tracciamento dei contatti, e della costruzione di studi campionari di sorveglianza gestiti da Istat”.

Coronavirus, l'accusa di Paolo Becchi: "500 morti al giorno? Dati fasulli, ecco come gonfiano il numero di decessi". Paolo Becchi, Giovanni Zibordi su Libero Quotidiano il 27 marzo 2021. I 400 a 500 morti Covid al giorno che tutti pensano siano dei morti in più del normale, sono fasulli. Sono usciti i dati settimanali di mortalità totale (per tutte le cause) rilevati dall’Osservatorio Europeo (EuroMoMo://euromomo.eu/graphs-and-maps) e l’indice per l’Italia è il più basso mai registrato in questo periodo dell’anno, anche rispetto agli anni come il 2019 o 2018, quindi anni pre-Covid. In altre parole, il numero di morti totali, per tutte le cause e non solo per Covid, è ritornato nella media (anzi leggermente più basso del normale per questo periodo dell’anno). Si muore nel complesso di meno da almeno due mesi. Non c’è più nessuna emergenza. Entriamo nel merito dei dati. L’Osservatorio Europeo fornisce il totale dei decessi settimanali per l’intera Europa, mentre peri singoli paesi fornisce una stima, indicando una deviazione statistica dalla media storica. Per l’Italia Istat ha fornito all’Osservatorio europeo il numero totale di morti solo fino al 31 gennaio. I decessi totali del mese di gennaio 2021 sono 70,538, contro una media degli anni 2015-2019 di 68,324. Si tratta dunque di circa 2 mila decessi in più. I morti Covid di gennaio del Bollettino giornaliero sono però riportati come 12,527. Se si sottrae questo numero dai morti totali si ottiene 58,011 morti “non Covid”. Dato che i morti totali del periodo precedente al Covid nella media indicata erano 68,324 se ne deve implicitamente concludere che ci sarebbe stato un calo di circa 10mila morti per altre patologie rispetto alla media degli anni 2015-2019.

Poco realistico. Riassumiamo. Nel mese di gennaio c’è stato un aumento di mortalità totale di circa 2mila decessi rispetto agli anni “pre-Covid”, ma dato che i “morti Covid” del Bollettino giornaliero sono indicati a 12mila ci sarebbe stato un calo di circa 10milamorti per tumori, cuore e ogni altra patologia. Insomma, si muore tanto di Covid e molto poco di altre malattie. È realistico? Arriviamo ora al mese di marzo, per il quale Istat non fornisce i morti totali, ma solo quelli Covid stimati a oltre 12mila (una media di circa 400 al giorno). L’Osservatorio Europeo per l’Italia calcola l’indice di mortalità a -0,4, sotto la media e per questo periodo dell’anno non è mai successo che scendesse sotto lo 0. Si vede nel grafico una linea rossa che è il valore atteso medio della mortalità sulla base dei dati degli ultimi anni e poi l’andamento settimanale di ogni anno in blu. Da sottolineare: il valore medio della mortalità tipica della settimana è calcolato non solo sulla base del 2020 che è stato un anno ovviamente anomalo in marzo, ma sulla base degli ultimi anni che vengono estrapolati, come risulta dal grafico riportato. In altre parole -lo ripetiamo -il confronto non è tra il 2021 e il 2020, ma tra il 2021 e un estrapolazione statistica della mortalità tipica di marzo in Italia basata su tutti gli anni passati e il loro trend medio. Il dato italiano dell’indice di mortalità risulta oggi nella media stagionale tipica del mese di marzo, anzi un po’ sotto, a differenza ad esempio di novembre e dicembre e di marzo e aprile 2020. Di conseguenza è impossibile che ci siano 400 morti Covid al giorno, che sarebbero almeno 12mila morti Covid in un mese. Se fosse vero, allora per motivi misteriosi i morti di cuore, tumori e altre patologie sarebbero calati di circa 10mila in gennaio e di un numero proporzionalmente anche maggiore a marzo. Le autorità stanno giocando coni dati. Se si vuole insistere a riportare 400morti a causa della Covid- 19 al giorno, bisognerebbe allora spiegare perché ci siano 400 morti in meno per cuore, tumori, infezioni e così via. I dati dei morti Covid sono evidentemente gonfiati. Come fanno a gonfiarli? Tanti scienziati - non quelli pagati per andare in tv - hanno fatto notare che i tamponi sono tarati per rilevare anche tracce di altri virus o virus morti e non indicano affatto una persona malata e nemmeno contagiosa. In Italia sono tarati a 40 cicli e sopra 30 cicli i tamponi non sono affidabili, ma si fa finta di niente e si continua così, per avere questa alta mortalità Covid.

Il ruolo dell'Oms. Bisogna avere il coraggio di dirlo. I dati dei 400 morti Covid al giorno sono falsi. Se il totale dei morti è lo stesso della media degli altri anni da già due mesi, non ci possono essere migliaia di morti Covid in eccesso rispetto ai decessi per altre cause. Si gioca su questi tamponi per creare la falsa immagine di una epidemia sempre più pericolosa, quando ormai è evidente che il virus è diventato endemico e l’OMS aspetta solo la realizzazione della campagna vaccinale in Europa - che purtroppo a causa della guerra commerciale sui vaccini prosegue con lentezza - per dichiarare la fine della pandemia. Nel mondo il virus in media ha causato un decesso ogni 3 mila persone all’anno. Nei paesi occidentali in media un decesso ogni 1,000 persone all’anno. E in media si tratta di ottantenni e in maggioranza malati, persone con uno o due anni di aspettativa di vita (in media). Queste sono le medie. Si tratta quindi di un fenomeno statisticamente e socialmente poco rilevante, tanto è vero che 4 miliardi di persone in Asia vivono normalmente e in America stanno riaprendo tutto. È evidente che se in Italia i morti sono stati di più si tratta soprattutto di un problema riguardante politiche sanitarie adottate che sono state inadeguate. Prima o poi, per i morti di Bergamo con le cremazioni forzate per evitare le autopsie dei cadaveri e nascondere quello che è successo, qualcuno dovrà pagare. Speriamo che qualche magistrato non si faccia intimorire. Come che sia adesso però i morti totali sono nella norma, non ci sono morti in più. I dati dei morti Covid attuali sono quindi falsi. Non si può continuare con questa finzione di classificare chiunque venga rilevato da un tampone positivo come morto Covid. Altrimenti bisogna togliere dalle statistiche altrettanti morti di cuore o tumore o insufficienza renale e così via. Se il governo pubblicasse tutti i giorni i numeri dei decessi non solo per Covid ma anche per altre malattie tutti se ne accorgerebbero. Invece si continua con la farsa di fingere che ci sia una emergenza di morti in più quando invece gli stessi dati ufficiali lo smentiscono. Stiamo distruggendo la vita dei giovani, degli adulti che lavorano, stiamo creando depressione e disoccupazione e disuguaglianze sociali terribili, stiamo facendo crollare la natalità di altre 50 mila nascite, tutto sulla base di dati artefatti. Non è molto chiaro perché lo facciamo. Il precedente governo era costruito sull’emergenza sanitaria, facendo molti morti e distruggendo l’economia, il nuovo governo ha ancora bisogno di questa narrazione?

Ecco le prove che il Cts ha sbagliato tutto. Franco Battaglia il 12 Marzo 2021 su Nicolaporro.it. Diciamo la verità: questi del Cts anti-covid sono ignoranti. Ignoranti come capre, direbbe Vittorio Sgarbi. Ma noi non vogliamo offendere nessuno, né uomini né capre. L’ignoranza di cui tratto non è la competenza nel singolo specialissimo settore di cui costoro, non dubito, saranno pure esperti. No, parlo dell’ignoranza di comprensione del metodo scientifico (il quale metodo impone che se i fatti contraddicono i pareri, questi vanno cambiati). Forse mista ad una dose di disonestà intellettuale, vista l’incapacità di ammettere gli errori fatti e la tendenza ad innamorarsi delle proprie idee e – senza forse – mista a capacità matematiche nulle, cosa comune tra medici e biologi. Vengo al punto.

1° prova d’incapacità del Cts: le loro misure non hanno salvato nessuno. Costoro del Cts – almeno così leggo dalle notizie diffuse dalla informazione unica del virus – dicono che ci vuole un nuovo lockdown, e che le misure prese non sono sufficienti, perché bisognerebbe chiudere di più. E se risultati non si vedono dalle misure adottate, la colpa è di chi non li avrebbe ascoltati a sufficienza. La verità è che non bisognava fare nulla di quel che il Cts ha detto di fare. Abbiamo la prova provata che le misure prese non hanno salvato neanche uno dei 100 mila morti che il Paese ha pianto in un anno. Di quel che dico ne abbiamo la prova provata sicuramente a posteriori. Ma potevamo dedurlo facilmente anche a priori, visto che persino io, che sono nessuno, scrivo queste cose dal marzo dello scorso anno: carta canta. Ci vien detto che se non ci fossero stati i due mesi di ferreo lockdown dello scorso anno (marzo-aprile), oggi i morti sarebbero molti di più di 100 mila. Senonché, se riportiamo in grafico i decessi da covid per milione d’abitanti dell’Italia e della Svezia otteniamo la figura che segue. A volerla ottenere apposta, questa curva, non ci saremmo riusciti! Morti da covid per milione d’abitanti in Italia e in Svezia. Ma la Svezia non ha preso alcuna delle misure che abbiamo preso noi. Più precisamente, la Svezia non ha preso alcuna misura degna di questo nome per prevenire la diffusione del virus. Gli svedesi hanno continuato a vivere quasi come se nulla fosse (per esempio, da marzo a novembre sono stati vietati assembramenti con più di 50 persone e i cinema e teatri sono rimasti aperti), col seguente quasi unico consiglio dalle loro autorità sanitarie: «ognuno sia poliziotto di sé stesso». E se si confronta la Svezia con gli altri Paesi che hanno preso misure simili alle nostre, ecco il risultato: Sembra, questo grafico, un gioco del tipo «trova l’intruso». L’evoluzione delle fatalità è stata essenzialmente uguale in tutti i paesi del grafico – che sono omogenei tra loro per qualità del servizio sanitario – ma tra essi c’è, appunto, l’intruso: la Svezia che, a differenza di tutti gli altri, ha continuato a vivere come se non ci fosse alcun virus. Non che la Svezia abbia fatto bene, come dirò fra poco. Ma sicuramente non hanno fatto bene né noi né gli altri Paesi: le misure prese sono state semplicemente sbagliate. Come se ci avessero detto che per contrastare la pandemia avremmo dovuto recitare la Vispa Teresa una volta al dì.

2° prova d’incapacità del Cts: non hanno saputo gestire la seconda ondata. Guardiamo ora alla variazione di mortalità del 2020 rispetto alla mortalità media degli ultimi 5 anni. Otteniamo, per Italia e Svezia, il grafico che segue. Esso ci insegna alcune cose: 1. conferma che la pandemia ha fatto meno danni in Svezia che in Italia; 2. l’andamento osservato è l’evoluzione del virus e della pandemia, senza alcuna relazione con le misure prese, visto che la Svezia non ne ha preso alcuna e ha subìto la stessa evoluzione; 3) in particolare, la quiescenza italiana del virus nei mesi successivi a maggio 2020, non ha avuto alcuna relazione col lockdown adottato in marzo-aprile 2020. Dal grafico si vede che, effettivamente, c’è stata una seconda ondata. Non me l’attendevo perché avevo sottovalutato l’incompetenza faraonica di chi ci ha governato. Mi ero detto: è dal mese di maggio che paventano la seconda ondata in autunno, sapranno pure cosa fare. Invece no: l’ottusa ignoranza diffusa all’interno del Cts e nei competenti ministeri ha superato ogni immaginazione. Non so chi siano i signori del Cts, ma ho il sospetto che nessuno abbia conoscenze di statistica o capacità di analisi di dati. Costoro, avevano tre informazioni cruciali a loro disposizione: a. la possibilità della seconda ondata; b. la certezza che le misure suggerite non avevano dato alcun risultato; c. un Paese, la Sud Corea, aveva preso misure – ben diverse da quelle prese da noi – che avevano saputo contenere gli effetti della pandemia.

Io nego. Pensieri sul covid di Emanuele Franz. Luigi Iannone il 9 marzo 2021 su Il Giornale. Segnalo l’uscita per le edizioni Audax dell’ultimo libro di Emanuele Franz dal titolo Io nego. Pensieri di un filosofo davanti al Covid. Di seguito, alcune righe in cui l’autore spiega motivi e traiettorie del lavoro. Mi occupo da anni di saggistica, filosofia e storia delle religioni, e questa volta ho voluto dare alle stampe un diario dalla quarantena che propone delle riflessioni filosofiche in chiave critica sulla gestione dell’emergenza sanitaria. Il libro è un insieme di riflessioni e note assortite, tenute insieme dall’argomento e dal periodo in cui sono state scritte: il tempo della quarantena forzata dovuta alla pandemia. Uso come espediente la drammatica situazione sanitaria per mettere sotto accusa l’intero modello di civiltà occidentale, che, impregnata di materialismo e troppo occupata alla rincorsa alla ricchezza, dimentica i valori fondamentali dell’uomo. Mi interrogo su come le norme intese a gestire la situazione di emergenza sanitaria abbiano travolto codici universali appartenenti alla cultura umana e che effetto può avere su lungo termine tale stravolgimento. Non si tratta, pertanto, di una critica dal punto di vista tecnico, né statistico, ma di una critica che va a monte e indaga come i valori caratteristici dell’essere società vengono livellati e scorporati. Io nego vuole evidenziare quanto le norme anti-covid dei nostri politici colpiscano elementi che da millenni caratterizzino la civiltà umana, come la stretta di mano, il linguaggio emotivo del volto, l’incontro, ma anche celebrazioni e ritualità universali e specifiche della nostra specie. Certe forme espressive dell’uomo, come la sepoltura e il culto dei morti, sono fra le più antiche ritualità ed è, anzi, accertato che lo sviluppo del pensiero simbolico abbia origine da questa istanza metafisica… che è ciò in cui la specie umana si distingue dalle bestie. Con Io nego avanzo il sospetto che nella norma non vi sia lo scopo di arginare una infezione, quanto quello di eliminare il Rito, il Simbolo.

Negare per affermare: la sfida al “mono-cognitivismo” pandemico di Emanuele Franz. Cristiano Puglisi il 9 marzo 2021 su Il Giornale. Un libro sul Covid-19 il cui titolo è “Io nego”. Facile, facilissimo finire all’indice dei cacciatori di negazionisti. Il filosofo-editore friulano Emanuele Franz, patron della Audax Editrice e già autore di svariati saggi, tuttavia, non è tipo da intimorirsi di fronte alle minacce del “pandemicamente corretto”. E così ha sfornato quest’ultimo volume, che gode della prefazione del noto psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi (ha definito il testo “un atto di resistenza all’oscurantismo dei nostri tempi”) oltre che dell’apprezzamento di personalità come, tra gli altri, Vittorio Sgarbi, che ha riconosciuto all’autore “una autonomia di pensiero sempre più rara oggi”.

Ma che cos’è, allora, questo “Io nego”? Si tratta forse di una provocazione?

“Lo è, in effetti – spiega il suo autore – ma nel senso etimologico: dal latino provocare, dalla radice vocare, "chiamare", nel senso di "chiamare fuori", ed io non solo mi chiamo fuori ma chiamo fuori anche gli altri dal mono-cognitivismo. Generalmente, quando tutti la pensano allo stesso modo su un argomento è il momento di iniziare a sospettare che ci sia qualcosa che non quadra. Intendo dire che quando la medesima risposta viene fornita sia dal sistema che dagli oppositori al sistema stesso ecco che nasce la mia proposizione “Io nego” che, di per sé, almeno grammaticalmente, è una affermazione, l’affermazione della vita in contrapposizione a chi la vita la vuole scindere. Cerco di spiegarmi meglio. Tutte le norme per arginare questa pandemia sono volte a separare gli uomini, i corpi degli uomini. Niente strette di mano, niente assembramenti, niente aggregazioni né riunioni né baci né abbracci. In sostanza la sintesi è eliminata in favore della lisi. Pur tuttavia, in spregio a tutte le norme anti-Covid, la vita stessa è un assembramento, perlomeno di cellule. Infatti il corpo è un assembramento di miliardi e miliardi di cellule che volgono a una unità superiore. Lo stesso principio soggiace alla comunità di uomini, che, con il loro essere sociali, formano una unità vitale superiore, quella della comunità, radicata dal senso dell’appartenenza. Appare evidente che la divisione dei corpi, voluta da chi gestisce questa presunta emergenza sanitaria, è un dividere, dal greco, Diaballein, “diaballo”, διαβάλλω, il verbo greco antico da cui deriva la parola “diavolo”. Ed è a questo punto che io, come uomo di pensiero, intervengo con la mia negazione. Io nego infatti tale operazione divisoria, e affermo l’unità. Prima di me Gorgia, Plotino, e altri, hanno osato negare per arrivare a una Unità superiore”. Già, ma questi sono pensieri da filosofo. Da “elevato”. E come vive dunque una persona di questo tipo il periodo di confinamento che, con l’unica eccezione dell’estate 2020, prosegue a fasi alterne ormai da un anno? Lo spiega ancora Emanuele Franz, che sostiene di aver affrontato il tutto “con la preghiera e la fiducia che esista un Piano che tutto porta al Bene, che tutto concorra al Bene, come diceva San Paolo nella sua celebre Lettera ai Romani. Indubbiamente non come lo slogan ‘andrà tutto bene’ del pensiero ricorrente, slogan peraltro ripreso dalla mistica Giuliana di Norwich, dopo averlo decontestualizzato e volgarizzato. Un uomo dedito alla filosofia sa che il Tempo, e in generale la storia dell’uomo e l’uomo stesso, sono un Progetto e che un cumulo di sassi accozzato casualmente, come un coagulo di nervi e carne, non può aver prodotto un Michelangelo, un Botticelli, un Mozart. Quindi con la Fiducia che un Senso ci sia. Tale sentimento che mi accompagna, accompagnò alte figure religiose della storia, come San Carlo Borromeo che nel 1576, in una Milano ammorbata dalla peste, opponendosi ai magistrati della città che avrebbero voluto proibire le processioni e le preghiere collettive dei fedeli diresse una processione a piedi scalzi nel centro della città nel pieno della peste. O ancora Teresa D’Avila, Santa, come è noto, che nel suo capolavoro ‘Il castello interiore’, avendo a mente che il Cristo toccava i lebbrosi con le sue stesse mani, diceva che: ‘L’apprensione di perdere la salute cede il posto alla convinzione che si potrà sopportare tutto con l’aiuto di Dio, poichè il naturale è congiunto al soprannaturale’. Oggi invece il Papato annulla la Messa di Natale, e vediamo Sacerdoti con mascherina e guanti, in Chiesa distanziamento sociale, Suore che non ti stringono la mano per paura del contagio, il Papa che invita tutti a vaccinarsi…possibile che il mondo della Fede, che più di ogni altro dovrebbe rappresentare la vittoria dello Spirito sulla materia, dia un esempio di terrore, di paura?”. A proposito della paura, oggi sembra, sempre di più, che gli esseri umani si siano scordati un fatto quasi banale: cioè che la morte fa parte delle eventualità della vita. Sembra quasi che gli esseri umani abbiano rinunciato a vivere nell’illusione di non morire…“In effetti – commenta Franz – con il Covid e dopo il Covid, ci siamo dimenticati che anche prima le persone morivano. Le norme anti-contagio dei nostri politici colpiscono elementi che da millenni caratterizzano la civiltà umana, come la stretta di mano, il linguaggio emotivo del volto, l’incontro, ma anche celebrazioni e ritualità universali e specifiche della specie umana. Basti pensare che certe forme espressive dell’uomo, come la sepoltura e il culto dei morti, sono fra le più antiche ritualità dell’uomo ed anzi, è accertato che lo sviluppo del pensiero simbolico ha origine da questa istanza metafisica e che è in ciò che la specie umana si distingue dalle bestie. Dunque io oso affermare che nella norma non vi è lo scopo di arginare una infezione, quanto quello di eliminare il Rito, il Simbolo. Ma senza questi l’uomo è al pari della bestia. Appare quasi inevitabile avanzare il sospetto che lo scopo ultimo della sanità scientista sia eradicare il pensiero simbolico e metafisico dall’uomo per farne un animale da laboratorio”. Così, questo aver rinunciato a una libertà primaria, quella di movimento, potrebbe averla compromessa per sempre. Lo stesso può dirsi per la socialità. “Il sistema – conclude il filosofo friulano – in sommo grado con questa gestione sanitaria, vuole eliminare i rapporti fisici fra le persone, e de-corporeizzarli al sommo grado, incitando alla virtualizzazione dei rapporti inter-personali fino all’estinzione del rapporto reale, carnale. Noi ben sappiamo, come loro, l’importanza del guardarsi negli occhi, dell’abbracciarsi, del contatto vivo, degli sguardi: due polmoni che respirano la stessa aria nella medesima stanza sono un sistema di forze antagoniste alla divisione e alla paura poiché l’aria che esce da un seno ed entra nell’altro genera un’entità vivente terza che è più forte dei due che l’hanno respirata, e che è capace di scardinare il sistema che vuole disossare, dividere e controllare. Il respiro, e quindi il respirare assieme, è da millenni che è consacrato come energia vitale, dai Veda allo Pneuma, ed è esattamente qui che si vuole colpire: impedire che le persone si incontrino significa impedire che respirino assieme, ovvero che generino entità viventi capaci di resistere all’oscurità. Per fortuna, concludo con ottimismo, dicendo che il respiro esiste anche senza polmoni, la luce del sole esiste prima degli occhi che la guardano, pertanto fintantoché vi sarà luce vi saranno sempre occhi nuovi che nasceranno, finché vi sarà il fiato dell’universo, nuovi polmoni sorgeranno atti a riceverlo”.

Quei dati sul Covid che smentiscono l’apocalisse annunciata dagli esperti. Federico Giuliani su Inside Over il 26 febbraio 2021. Terza ondata, varianti del virus, zone rosse e arancioni, chiusure prorogate. I termini utilizzati per raccontare la pandemia di Covid-19 sono più o meno sempre gli stessi. A essere cambiati, semmai, sono i dati che descrivono l’emergenza sanitaria. Eppure, nonostante si intravedano, ormai da settimane, segnali di schiarita, un buon numero di esperti continua a profetizzare la solita venuta dell’apocalisse. Sia chiaro, nessuno intende sminuire quanto sta accadendo. Solo che, prima di allarmare la popolazione – per altro reduce da un annus horribilis –, bisognerebbe esser non certi (è impossibile esserlo) ma per lo meno sicuri di quanto si sta affermando. Auspicare con cadenza quotidiana nuovi lockdown, dando vita a un martellamento fastidiosissimo alle orecchie delle tante persone già chiamate a fare immensi sacrifici, risulta quanto mai sconsiderato. Anche pronosticare ondate a casaccio è ormai diventato uno sport nazionale. “È in arrivo la terza ondata“, si sente spesso ripetere, in questi giorni, nei salotti televisivi. Il fatto è che non sappiamo neppure quante ondate ci sono state, visto che ognuno ha un’opinione differente. C’è chi, come Roberto Speranza, parla di una seconda ondata prolungata mai finita, e chi, da gennaio a oggi, vede ovunque prodromi di una terza ondata. Insomma, a distanza di un anno dallo scoppio della pandemia, l’Italia brancola ancora nel buio, naviga in acque tempestose senza una bussola e non sa bene che cosa fare per rimettersi in careggiata.

La paura che genera paura. Da un mese abbondante non si parla più di Covid, bensì delle sue varianti. La “variante inglese”, la “variante sudafricana”, la “variante brasiliana” sono entrate nel lessico comune. Sono proprio queste, a detta degli esperti più contagiose rispetto alla forma tradizionale del Sars-CoV-2, ad aver provocato un balzo dei contagi. E quindi il prolungamento delle misure restrittive, se non l’attuazione di ulteriori divieti. Abbiamo assimilato le dichiarazioni ripetute a mezzo stampa dagli esperti. Ma, precisamente, su che cosa si basano queste affermazioni? Si dirà: il comitato tecnico scientifico, e i tanti scienziati che abbiamo imparato a conoscere in tv, elaboreranno i loro pareri sulla base di evidenze scientifiche, studi, test e risultati di laboratorio. Il punto è che, se diamo un’occhiata ai dati diramati dai siti istituzionali, non sembra di essere in una situazione così apocalittica come alcuni la stanno descrivendo. Certo, il Sars-CoV-2 ci ha insegnato che gli scenari possono mutare nel giro di pochi giorni. Ma vale la pena chiudersi a riccio soltanto per paure ipotetiche? In tal caso si dirà: meglio prevenire nuovi contagi e nuove morti che non far finta di niente. Una risposta del genere non ha ragion d’essere, visto che nessuno si sognerebbe mai di scegliere tra le due opzioni citate. I Paesi occidentali più lungimiranti nell’affrontare l’emergenza Covid, infatti, sono quelli che sono riusciti a trovare una perfetta via di mezzo tra la prevenzione del rischio e la ripresa della quotidianità. Non quelli che hanno fatto finta che il virus non esistesse (gli Stati Uniti di Donald Trump), e neppure quelli che si sono trincerati dietro lockdown e divieti (Italia).

Numeri emblematici. Abbiamo parlato di dati. Vediamoli, allora, questi dati. Sono pubblici, nel senso che chiunque può accedere al sito dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, in stretta relazione con il Ministero della Salute, e aggiornarsi sulla situazione sanitaria. Ci sono alcune regioni più in affanno di altre, come ad esempio Umbria e Marche, ma nessuna regione ha raggiunto i livelli di un anno fa, quando veramente i posti letto in terapia intensiva scarseggiavano quasi ovunque. L’obiezione che alcuni possono fare è la seguente: si attuano misure restrittive proprio per scongiurare questo rischio. Peccato che i lockdown nazionali si siano rivelati inutili alla causa, e che certe restrizioni rischiano di bloccare l’economia ma non la diffusione del virus. Ma torniamo ai numeri. Fino a poco fa, c’erano alcune soglie considerate sacre. Ad esempio, il famigerato 30% dei posti di terapia intensiva occupati da pazienti Covid da non superare. Ebbene, oggi ci attestiamo intorno al 24%. Anche l’altra soglia, il 40% relativo ai posti letti in area non critica occupata dai pazienti Covid, è a distanza di sicurezza (29%). Il numero dei ricoverati in terapia intensiva è più o meno costante, tranne sporadiche eccezioni, dallo scorso novembre. Capitolo terapie intensive: gli ingressi attuali sono 178 contro i 217 di inizio dicembre. Infine, il rapporto tra casi diagnosticati e le persone testate è sceso rispetto all’inizio di gennaio, e si è, da più di un mese, si è fin qui mantenuto stabile. No, il pericolo non è passato, ma non ha senso evocare l’apocalisse imminente. Piuttosto, con serietà e dedizione, gli esperti dovrebbero trovare un modo per consentire alle persone di tornare a vivere, seppur con tutte le precauzioni del caso, e non solo sopravvivere.

Pietro Senaldi, il retroscena: perché Mario Draghi è vittima di Roberto Speranza. Pietro Senaldi su Libero Quotidiano il 24 febbraio 2021. Un mese alla volta, ci rubano la vita. Il nuovo governo batte la strada vecchia. Il decreto varato ieri a un'ora decente rispetto ai provvedimenti notturni a cui ci aveva abituati Conte - è questa l'unica novità, ma è apprezzabile - prolunga fino al 27 marzo il divieto di spostamenti tra Regioni, anche se gialle. È la sola via per essere liberi a Pasqua, si giustifica il ministro Speranza per fare ingoiare agli italiani l'ennesima amara medicina. Giochetti da illusionista. Abbiamo già sentito questa frase a novembre, quando il governo chiuse promettendoci un Natale in libertà, e poi a Natale, allorché Conte ci impose il cenone in solitudine assicurandoci mirabolanti sciate per Carnevale, salvo poi chiudere gli impianti il giorno prima dell'annunciata riapertura. Salvatore Dama nell'articolo a lato illustra i dettagli del provvedimento, tra i quali spicca il divieto di visita ai parenti nelle zone rosse e la rinuncia, almeno per il momento, a rendere tutta Italia arancione per due o tre settimane, come avrebbero voluto il titolare della Salute e non pochi virologi di grido. Qui preme dare il senso delle decisioni. L'allarme è massimo. Siamo pieni di varianti, ci informano gli spargitori di terrore in servizio permanente per il ministro che, nomen non omen, è portatore di lutti anziché di speranza. Però i decessi non stanno aumentando e neppure l'indice di contagio. Cionondimeno, i lucchetti restano chiusi. Quando il virus arrivava solo da Wuhan, non potevamo chiamarlo cinese senza passare per razzisti. Ora che non si vedono i tir carichi di bare e le terapie intensive non scoppiano ma bisogna tenere gli italiani a casa, si può dire che il Covid è inglese, australiano e perfino africano senza essere accusati di istinti discriminatori. Il morbo straniero terrorizza, è funzionale a distrarre i cittadini dalle responsabilità del governo; che è il governo precedente, ma siccome in materia sanitaria non è cambiato rispetto all'attuale, non gli si possono dare ancora le colpe che ha.

LA SOLITA MUSICA - Quindi avanti, si sta fermi. Sia chiaro, non si può incolpare di questo il premier Draghi, che si è insediato da meno di una settimana. L'ex governatore sarebbe pazzo a cambiare spartito di botto. È naturale che oggi si balli al ritmo di prima, anche se Salvini, con abilità politica, si ritaglia il ruolo di chi nel governo spinge il cuore oltre l'ostacolo, chiedendo aperture immediate in sicurezza per teatri, palestre e ristoranti la sera. Ma è altrettanto scontato che SuperMario al momento non lo ascolti. Anche se il nuovo presidente del Consiglio ha un gradimento bulgaro nel palazzo, se qualcosa andasse male nella pandemia per un eccesso di leggerezza, tutti gli salterebbero al collo e lui non potrebbe più fare ciò per cui è stato chiamato e sul quale il suo predecessore si è schiantato: scrivere un piano credibile per l'impiego degli aiuti europei e organizzare la profilassi nazionale. Per questo ha lasciato Speranza al suo posto, pur conoscendone i limiti, e non ha ancora licenziato Arcuri, preferendo aspettarne la scadenza del mandato, a fine marzo.

LA VERA CAUSA - D'altronde, le mancate aperture hanno una sola grande causa, ed è il mancato arrivo delle dosi di vaccino necessarie a mettere in sicurezza una parte sufficiente della popolazione. Finora solo il 6% degli ultraottantenni è stato immunizzato. Solo un milione e 300mila cittadini hanno già fatto la doppia iniezione. Nel prossimo mese dovrebbero arrivare 7,7 milioni di dosi. Se si aggiungono ai 3,5 milioni somministrate finora, fanno poco più di dieci milioni. Insomma, avanti di questo passo non raggiungeremo mai la protezione di gregge, perché l'effetto schermante del vaccino scadrà per chi lo ha ricevuto molto prima che siano stati immunizzati tutti gli altri. Con questa situazione, viene da ridere a pensare che solo due mesi fa il dibattito nazionale era che bisognava convincere tutti a vaccinarsi. Oggi i cittadini mandano in tilt i portali internet delle Regioni dove si può prenotare l'iniezione ma la data per la somministrazione viene fissata a distanza di settimane e addirittura si pensa di far trascorrere mesi tra la prima e la seconda inoculazione, perché le dosi scarseggiano. Come se non bastasse, è partita la guerra a chi dichiara di volersi rifornire autonomamente sul mercato internazionale. Lo vorrebbero fare, impiegando risorse dei propri territori, i governatori Fontana e Zaia, Lombardia e Veneto, ma esecutivo e magistratura si oppongono e li trattano alla stregua di sabotatori. Il vaccino russo Sputnik è sbarcato a San Marino ed è utilizzato nell'Europa dell'Est e in Africa, ma l'Europa ci impedisce di usarlo per non dispiacere alla nuova amministrazione americana. La signora Von der Leyen, presidente della Commissione Ue, vieta ai suoi sudditi di cavarsela da sé, dopo averli lasciati senza vaccino perché ha tirato sul prezzo con le case farmaceutiche, che così hanno girato le dosi altrove. Abituata a piegare gli Stati alla volontà tedesca, l'amica della Merkel pensava di poter trattare le multinazionali Usa o britanniche come l'Italia o la Spagna, ed è rimasta con un pugno di mosche in mano. Così a Draghi non resta che assecondare Speranza e tenere gli italiani chiusi a doppia mandata, fiduciosi che, se mai arriverà il siero, il governatore avrà predisposto un piano per somministrarlo. Nel frattempo, potrebbe concentrarsi sulla cura del Covid. Ignorata da Speranza, c'è quella che il professor Remuzzi applica da mesi a Bergamo. Funziona, ma qualcuno a Roma dovrebbe degnarsi di protocollarla ed elevarla a linea guida della terapia anti-virus. 

Ilvo Diamanti per “la Repubblica” il 22 febbraio 2021. È passato un anno da quando abbiamo incontrato (e ci siamo scontrati con) il nemico invisibile che incombe su di noi. Il Virus. Una minaccia insidiosa, molto più di quanto si potesse immaginare. Per questo, conviene valutare come sia cambiato il nostro sentimento, ricostruendo l' evoluzione degli atteggiamenti attraverso i sondaggi condotti da Demos. Fino a pochi giorni fa. La preoccupazione, anzitutto, che appare stabilmente elevata. Dopo un primo momento di sotto-valutazione. Quando non eravamo preparati all' avvento della "paura". Impossibile, d' altra parte, immaginare l' in-immaginabile. Ma, in poche settimane, l' inquietudine ha coinvolto oltre il 90% dei cittadini, per calare, lentamente, nei mesi successivi, fino a scendere appena sotto l' 80%, in giugno. Quando ci si è illusi che la pandemia fosse destinata a finire presto. Una speranza durata poco, visto che da ottobre la paura ha ripreso a salire. Insieme al contagio. E alle vittime. Negli ultimi mesi, l' ampiezza dei cittadini preoccupati ha quasi raggiunto il 90%. Per la precisione: l' 87%. Parallelamente, sono cambiate le aspettative. Le previsioni. E oggi sono pochissimi quanti credono - o meglio: vogliono credere - che il Virus se ne andrà fra poco. Tempo: qualche mese. Meno di 2 italiani su 10. Il livello più ridotto da quando il Covid è arrivato tra noi. Mentre quasi tutti (circa 8 su 10) pensano che dovremo resistere ancora a lungo, per esistere. Almeno un anno. E oltre. Nel frattempo, ci stiamo abituando - e rassegnando - a rinunciare alle nostre libertà. Ai nostri diritti. E accettiamo che lo Stato riduca gli spazi della democrazia. Lo pensano 7 cittadini su 10 fra coloro che si sentono "molto preoccupati". Così, come abbiamo rilevato altre volte su Repubblica, il Virus ha contaminato la democrazia. Ci ha convinti a sacrificare il primato dei diritti in nome della sicurezza. O meglio, come risposta all' in-sicurezza. in questo modo, si sta affermando una "democrazia virale". Nella quale l' opposizione diventa un vizio, quasi un' anomalia. E la maggioranza al governo comprende (quasi) tutti i partiti.

Una democrazia "accentrata" intorno al Capo. In questi tempi, quasi un "salvatore". Comunque: un riferimento necessario. Soprattutto se non è un politico di professione. Ma un (cosiddetto) "tecnico". Come Draghi, oggi. E Conte, fino a ieri. In questa fase, infatti, entrambi dispongono di un consenso elevatissimo. Draghi: sopra il 70%. Mentre Conte è stato "sfiduciato" in Parlamento, ma non fra i cittadini, presso i quali mantiene un consenso (risalito) al 65%. Parallelamente, i partiti sono divenuti un "participio passato". Sono "partiti". E non ritornano, se non negando di esserlo. Dichiarandosi non-partiti. Anche per questo il Parlamento conta meno e le scelte vengono fatte, sempre più spesso, per Decreto dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Ormai siamo entrati, da tempo, "nel tempo" del DPCM. Come spiegano Fabio Bordignon e Alice Securo, nell' anno del Covid, da febbraio 2020 ad oggi, è percezione diffusa, fra gli italiani, che la realtà intorno a noi si stia deteriorando. A ogni livello. Anzitutto, sul piano economico e del lavoro. E, quindi, in ambito politico. Ma si percepisce anche l' indebolirsi delle relazioni personali. D' altronde, imporre il "distanziamento sociale" permette di ridurre lo spazio alla diffusione del Virus. Ma inaridisce "la società" e, agli occhi di una larga parte di cittadini, danneggia la scuola. Il principale luogo di formazione e di socialità per i giovani. Dove si costruisce il futuro del Paese. E questo è il problema di fondo, in questo momento. La tentazione di fermare il tempo. Rinunciare al futuro. Come fanno quegli italiani, quasi 8 su 10, che non riescono a vedere quando finirà il contagio. E, per questo, contribuiscono a produrre e ri-produrre un tempo sospeso, nel quale è difficile guardare avanti. Al futuro. Come al passato. Perché siamo inchiodati in un eterno presente. Con due soli riferimenti nei quali con-fidare. La famiglia e l' Europa. Meglio ancora: l' Unione Europea. La famiglia: da sempre il primo sostegno, per gli italiani. Qui e ora. Ieri e oggi. Prima, durante e - vogliamo credere - anche dopo il Virus. L' Unione Europea: dopo un periodo di distacco, è tornata ad essere una garanzia. Fonte di risorse, necessarie quanto ampie. Ma soprattutto: il principale canale per guardare oltre. Oltre i confini di casa nostra. Oltre il presente senza futuro che ci opprime da un anno. La figura di Draghi è stata accolta con speranza, in Italia, anche - e forse soprattutto - per questo. Perché ci proietta oltre in confini nazionali. In Europa. E anche oltre. Oltre il presente in-finito nel quale rischiamo perderci. Così, in questo tempo sospeso, per guardare e andare oltre, navighiamo a vista. Ma con due bussole sicure.

Intellettuali dei miei tamponi. La pandemia, e la crisi che porta con sé, accelera tendenze già in atto, svela le carte nascoste, smaschera impietosamente le falle, le ossessioni, le nature peggiori. Luigi Mascheroni, Martedì 02/02/2021 su Il Giornale. La pandemia, e la crisi che porta con sé, accelera tendenze già in atto, svela le carte nascoste, smaschera impietosamente le falle, le ossessioni, le nature peggiori. Ci mostra come siamo davvero, come sono invivibili e orribili le nostre città senza cittadini, quanto insopportabile la Scuola senza studenti, quanto imbarazzante la nostra politica senza politici all'altezza. E quanto coniglieschi e senza nerbo siano i nostri intellettuali. Ieri su Repubblica - ed è solo un mediocre esempio fra tanti - Francesco Piccolo ha scritto una doppia pagina, 180 righe tipografiche, altrettanti momenti di trascurabile quotidianità famigliare (le mani lavate, le finestre spalancate, disinfettanti e scarpe fuori dalla porta) per dirci che il «maledetto virus» gli ha insegnato ad aver paura dei suoi figli (e non crediamo sia esasperazione...). Aver paura dei figli. «In fondo non ho davvero paura di ammalarmi; ma non voglio ammalarmi per colpa di un figlio». Difficile leggere - da genitore - due righe così. Il padre chiede che i figli siano tenuti lontani «per decreto» dai genitori, per non rischiare di essere infettato. Ci siamo arrivati. Eccoli i nostri intellettuali al tempo della pandemia. Almeno fossero solo pedanti e malinconici. Sono molto peggio. Sono irresoluti, imbelli, vili. Pronti a rinunciare all'abbraccio di un figlio pur di non rischiare - che cosa? - una febbre? un ricovero? peggio? E allora? I padri non sono fatti per questo: per rischiare in nome o al posto dei figli? Gli intellettuali, che ben prima dell'epoca Covid avevano già perso da tempo quei tratti di anticonformismo, ribellione, coraggio, dissidenza che dovrebbero essergli propri, oggi se possibile sono ancora più incolori, acidi, pantofolai. Hanno trasformato lo stare in casa a far nulla - #MaRestaciTuACasa - in un'intollerabile azione eroica. Si sono appiattiti sul peggior conformismo, hanno perso identità, rinunciato al proprio ruolo. Quello di dubitare, di rischiare, di scuotere la comunità. L'hanno addormentata. Intellettuali organici al Comitato tecnico-scientifico. Scrittori militanti del lockdown duro& puro. Ma dove sono i ribelli, le pasionarie, gli irregolari del pensiero, i movimentisti? Hanno fatto del divano di casa le loro barricate. «Credere, ubbidire e lavarsi la mani». L'unico slogan che sono stati capaci di urlare è stato #IoLeggoACasa... Che coraggio. Qualcuno si è spinto fino a un rivoluzionario «Il vero virus è il genere umano». Però! Per il resto hanno taciuto. L'unica volta che hanno aperto timidamente bocca - dopo aver accolto senza un «beh» la serrata di ristoranti, bar, negozi, palestre, allenamenti sportivi, scuole... - è stato quando gli hanno chiuso i teatri, da cui portano a casa soldi e lavoro. Ipocriti. Progressisti fino all'ultima pagina, appena è scoppiato il virus sono diventati i peggiori reazionari nel fermare la corsa allo sviluppo, rallentare la vita e viaggiare intorno alla loro camera... Avevamo sperato - visto che i nostri ragazzi non sono stati capaci di farlo, o lo hanno fatto timidissimamente - che uno scrittore, un filosofo à la page, un intellettuale di riferimento per il popolo dei festival, dei Saloni del libro, dei Fabio-Fazio-Show andasse in tv a gridare agli studenti di ogni ordine e grado: «Domani tutti nelle piazze per chiedere di riaprire le aule, subito!». E invece. Silenzio. Ogni due per tre citano Pasolini... Chissà, lui, che editoriale avrebbe scritto contro la didattica a distanza. Oggi, appena Antonio Scurati abbozza un fogliettone per dire che si ribella al divieto di fumo all'aperto, deve subire la gogna di 80 righe di risposta firmate dai «Medici impegnati nella lotta al tabagismo». Figuriamoci se qualcuno si azzarda ad abbracciare un figlio senza certificato negativo del test sierologico.

Se la scienza cancella il libero arbitrio. Quello di oggi è un consiglio prezioso. Che a mia volta, ho ricevuto proprio da un lettore di questa rubrichetta liberale. Nicola Porro, Domenica 10/01/2021 su Il Giornale. Quello di oggi è un consiglio prezioso. Che a mia volta, ho ricevuto proprio da un lettore di questa rubrichetta liberale. Lo scrittore si chiama Lino Aldani. Uno scrittore di fantascienza che, c'è da giurare, pochi di noi conoscono o hanno letto. Se in Italia, ma non solo, non ci fosse un giornale unico del virus, lo avrebbero già ripubblicato. In mano ho una copia di Urania, edizione 2006, titolato con il suo racconto relativamente più famoso Eclissi 2000. Tutto da leggere. Ma il racconto che non vi dovete perdere e dovete diffondere è Trentasette centigradi, scritto nel 1963. Faaaaaavoloso. È ambientato in una Roma del presente, in cui la voce narrante racconta la vita di Nico, un burocrate ministeriale. Attraverso i suoi occhi, si dipana la breve storia di una capitale soggiogata dalla dittatura sanitaria, organizzata con la forma di una sorta di convenzione, assicurazione sanitaria. Gli uomini hanno costruito un sistema di Welfare talmente ossessivo che Nico è costretto a girare sempre con il termometro in tasca. Le pubblicità sui mezzi pubblici sono di questo tenore: «Cittadino credi veramente di avere la coscienza a posto? Sei certo di avere con te il tuo tubetto di asprina?». E ancora: «Aiutateci a servirvi meglio! Ricordate: Polivitaminico due volte al giorno». E minacce: «Cittadino al primo accenno di raffreddore: Aspichinino. Uomo avvisato mezzo salvato. 100 di multa a chi contravviene convenzionato». In questo futuro, presente, non si è obbligati per legge a seguire le norme sanitarie (ridicola la scena in cui il Nostro vuole aprire il finestrino sull'autobus e per questo viene messo sotto osservazione, posto che la legge prevede la sua possibile apertura solo dal primo di maggio e non ad aprile), ma se si vuole essere assicurato contro le malattie si deve sottostare a norme rigidissime. E ad uno scrutinio sociale da parte di controllori disseminati ovunque: nell'isolato dove si abita, sul luogo di lavoro, sui mezzi pubblici, nei parchi dove si cerca un po' di intimità. «L'umidità è il nemico da battere», ecco perché Nico viene fermato con la sua fidanzata da un controllore che brandisce un igrodromo e il tesserino con i due serpentelli intrecciati. Quella di Aldani è una denuncia preveggente di una società che si è data regole inumane. È un ambiente in cui già si pubblicizzano le bevande decaffeinizzate. In cui il controllo medico diventa una minaccia. In cui la vita lascia il passo alle radiografie. In cui formalmente si è liberi, ma sostanzialmente si è imprigionati in una rete in cui la prima preoccupazione sociale è non correre rischi per la propria salute. Nel libro c'è tutto. La potenza di una scienza che non ha dubbi, ma solo presunti rimedi. La miope burocrazia che cancella il nostro libero arbitrio. Il tentativo di ribellione del singolo che si scontra con un meccanismo per cui nessuno può evadere. Da leggere e da far leggere a chi ci governa.

Da corriere.it il 13 gennaio 2021. «Giro con la mascherina, mi disinfetto, faccio un tampone alla settimana e lo faccio fare a tutti quelli che lavorano per me. Ma se mi dicono che una regione deve fermare tutto (socialità, economia, contatti) se c’è un positivo ogni 400 persone penso che qualcuno sta impazzendo». Fa discutere e crea dibattito il tweet di Enrico Ruggeri che ha sottolineato, complice anche il tutto maiuscolo utilizzato, che c’è «un positivo ogni 400 persone». Non era molto tempo fa quando, ospite da Nicola Porro, Ruggeri dichiarò: «Siamo in una società che non accetta la morte, né invecchiare e morire. L’unico principio sacro e inviolabile è "pensa alla salute". Pensa a Cristoforo Colombo, pensa a quelli che hanno combattuto per una idea: l’hanno fatto perché non pensavano alla salute. È chiaro che uno cerca di vivere meglio possibile, di salvaguardarsi, ma muoiono 400-500 persone di cancro al giorno, di problemi cardiovascolari etc. Sorrido se vedo uno con mascherina che magari ha una alimentazione disastrosa, fuma e non si è mai premurato di nulla. Mi hanno minacciato di morte per le mie posizioni, ‘morirai di Covid così capirai’ mi hanno detto. Capisco che c’è un’emergenza, rispetto i protocolli, però mi preme ricordare non possiamo rinunciare a vivere per paura di morire. È contro natura».

·        Covid e Dad.

Paola Mastrocola per "la Stampa" il 30 dicembre 2021. È cominciata così, che Filippo, quarta elementare, è risultato positivo. Quindi la classe è stata messa in quarantena. I genitori di Filippo sono anch'essi in quarantena, in quanto genitori di un bambino positivo. La madre fa la cassiera in un supermercato, quindi ha avvertito che non andrà al lavoro. (Impossibile avvertire gli infiniti clienti che sono passati ieri dalla sua cassa, ma pazienza). Ha anche avvertito le quattro amiche con cui era andata a farsi un caffè al bar e che, quindi, si sono messe in quarantena facendosi un primo tampone e non andando più al lavoro nemmeno loro. (Impossibile avvertire gli avventori che si trovavano accanto a loro nel bar, ma pazienza).

Ognuna delle quattro amiche lavora: una fa la maestra, una è segretaria in uno studio notarile, una è commessa in una boutique e l'altra fa la badante a un ottantenne semiparalizzato. Tutt' e quattro si sono prenotate per farsi un tampone rapido, che però rapido non è in questi giorni: quindi, prima di avere l'esito, nel dubbio, non sono andate a lavorare. Una di queste, Mariella, più paurosa delle altre, ha comunicato che lei se ne farà due di tamponi, visto che i tamponi rapidi per il 40 per cento sono inaffidabili, e non tornerà al lavoro prima di aver ricevuto l'esito di tutti e due i tamponi, per non infettare nessuno. (Mariella è, per sventura, proprio la badante del signore ottantenne, che quindi chissà come potrà farcela da solo. Ma pazienza).

Il padre di Filippo fa il panettiere. Essendo in quarantena, non consegna più il pane. Ha anche una madre anziana, a cui porta la spesa tutti i giorni e da cui non andrà più fino alla fine della quarantena. Inoltre ha tre fratelli che, purtroppo, ha visto il giorno prima al ristorante e che quindi avverte di stare prudenti. I tre fratelli si prenotano un tampone, per loro e famiglia. Aspettando, non vanno più al lavoro, né loro né le loro mogli; e i figli non andranno a scuola, fino all'esito del secondo tampone.

Uno lavora in banca, uno ha un risuolificio, e il terzo, che fa l'idraulico e doveva andare a riparare una caldaia, una decina di rubinetti che perdono, scarichi rotti e infiniti altri guasti, disdice tutti gli appuntamenti, sempre nel dubbio di essere infetto e infettare gli altri. La famiglia da cui doveva andare a riparare la caldaia protesta perché starà al freddo. Ma pazienza. 

Dei 25 compagni di Filippo, due sono risultati positivi. Gli altri no. In ogni caso nessuno è più uscito di casa per dieci giorni, e nemmeno i loro genitori. Siccome per sventura eravamo in prossimità del Natale, nessuno è potuto andare alla cena di famiglia. Le nonne sono rimaste sole, e i cugini non hanno avuto i doni degli zii. Molte panetterie non hanno ricevuto il pane, molti sportelli in banca sono rimasti chiusi, così come alcune casse dei supermercati. Chi aveva portato scarpe a risuolare ha trovato il risuolificio chiuso. Molte classi sono rimaste senza maestra. Molti camion non sono partiti, molti pacchi non sono stati recapitati, molti rubinetti sono rimasti rotti e sono ancora lì che perdono. Pazienza!

Intanto Carlotta, la compagna di banco di Filippo, è rimasta anche lei in casa in attesa di sapere se è positiva o no, così come i suoi genitori e gli amici e parenti. Il padre di Carlotta guida un tram (pazienza, circolerà un tram di meno), la madre gestisce una lavanderia e nessuno potrà ritirare gli abiti lavati. Il fratellino di Carlotta, chissà come positivo, ha infettato la zia che lo tiene tutti i giovedì a casa sua e lo fa giocare. La zia ha forse infettato il fratello, che non è risultato positivo per il momento, ma nel dubbio è andato a vivere tutto solo in un monolocale dismesso per non infettare tutta la famiglia. 

La moglie del fratello della zia di Carlotta s' è però ammalata lo stesso, è a casa con 39 di febbre e nessun medico la va a visitare. Il padre della sua migliore amica, che aveva visto per un fugace aperitivo, è in ospedale intubato Basta, mi fermo qui. E ho tracciato solo alcuni, pochissimi, dei contatti. Il lettore vede bene che potrei continuare per pagine e pagine. Mi fermo, per pietà di tutti noi.

Intanto gli altri, quelli ancora sani o presunti tali nonché quelli liberi da quarantene, intasano le farmacie e gli hub vaccinali, cercano vanamente di prenotarsi online su piattaforme che non rispondono, si appendono a numeri verdi perennemente occupati sorbendosi le relative musichette di attesa, si ficcano nel naso cannule a ripetizione miscelando muco nelle apposite pipette, girano con la mascherina anche in auto; oppure decidono di infischiarsene brindando allegramente in venti chiusi in una stanza, salvo poi passare notti tormentate o insonni. 

Intanto lo Stato proclama con fierezza che sta gestendo la pandemia benissimo, che mai farà lockdown e Dad, mai chiuderà niente, mai obbligherà nessuno, mai fermerà l'economia e meno che mai ci scipperà le Feste. Evviva Leibniz, viviamo come sempre nel migliore dei mondi possibili. Quindi? Visto che siamo più o meno tutti fermi e chiusi, cosa vuol dire, che ci siamo autofermati e autochiusi per masochismo o manifesta imbecillità mentale?

L'ipocrisia - che pure da sempre, per necessità, informa di sé le società degli uomini - non ha mai regnato così sovrana. Che fare, se non prepararci a festeggiare come ogni anno l'Anno Nuovo che verrà? Festeggiamo, dunque. Perché una cosa sola è certa (e non ipocrita): l'Anno Nuovo verrà!

Striscia la Notizia, “escluso da scuola perché non c'è posto”: disastro Covid, il ministero che dice? Libero Quotidiano l'11 dicembre 2021. Striscia la Notizia ha acceso i riflettori su un caso piuttosto anomalo. Un giovane studente non riesce a trovare posto in nessuna scuola dopo essersi trasferito dalla provincia di Napoli a Suzzara (Mantova): trasferimento reso necessario da lavoro dei suoi genitori, che mai avrebbero pensato che loro figlio non avrebbe trovato posto in nessun istituto alberghiero per continuare il suo percorso di studi. “È chiuso in casa da settembre e rischia di perdere l’anno - ha dichiarato il padre ai microfoni di Angelica Massera, inviata del tg satirico di Canale 5 - è stato rifiutato da tutti gli istituti a causa delle restrizioni del Covid, che fanno sì che le classi siano ridotte a 27 alunni. Non c’è possibilità di inserimento, ho contattato dieci scuole, tutte piene, fino a 50km da casa nessuno ha posto”. “Io volevo solo andare a scuola”, ha aggiunto il ragazzo. “Lui vive un momento di calo di autostima - ha spiegato il padre - quello che mi preoccupa è che sta sempre chiuso in casa, fa fatica a socializzare con i ragazzi della sua età”. Striscia ha contattato uno dei dirigenti che ha rifiutato il ragazzo: “Alle volte per assolvere all’obbligo ci si iscrive in una scuola dove c’è posto e poi nel tempo si cambia corso”. Cosa che il ragazzo non vuole fare, dato che ha già scelto il suo percorso e vuole proseguirlo: “Il Miur dovrebbe interessarsi di questa vicenda e cercare di trovare una soluzione”, ha chiosato l’inviata di Striscia.

Scuola a rotelle. Report Rai. PUNTATA DEL 04/12/2021 di Rosamaria Aquino. Collaborazione Marzia Amico. Un viaggio nelle scuole italiane tra classi pollaio e mascherine non a norma. Scuola, tra banchi monoposto e a rotelle abbiamo speso oltre 300 milioni di euro. A migliaia sono stati restituiti dai presidi o giacciono in magazzino, altri sono utilizzati persino nei centri vaccinali. In tutto ne furono ordinati 2 milioni 400 mila. Allora perché il governo ha stanziato altri sei milioni di euro per arredi scolastici? Report ha potuto vedere in esclusiva i contratti stipulati dalla ex struttura commissariale di Arcuri firmati con l'azienda portoghese produttrice dei banchi, ora ritirati dal commissario Figliuolo perché non rispetterebbero la normativa antincendio. Un viaggio nelle scuole italiane alle prese con la gestione degli spazi in tempo di pandemia: tra pareti abbattute e scantinati trasformati in aule, tra classi pollaio, mascherine non a norma che occupano spazi preziosi ed edilizia scolastica che procede a passo di lumaca. Su questo e altro Report ha chiesto chiarimenti al ministro Patrizio Bianchi.

SCUOLA A ROTELLE Di Rosamaria Aquino Collaborazione Marzia Amico Immagini Dario D’India – Tommaso Javidi – Fabio Martinelli Montaggio Riccardo Zoffoli

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Allora, nel 2020 il premier Conte decide che bisogna ritornare alla scuola, alla didattica di presenza. E questo, però, che cosa comporta, che bisogna da parte dei presidi mantenere quelle normative per evitare che i ragazzi si contagino quindi bisogna mantenere una certa distanza. Solo per come sono strutturate le scuole praticamente nelle nostre scuole è praticamente impossibile. Allora la ministra Azzolina incarica il commissario Arcuri all’epoca di acquistare due milioni di banchi monoposto e 400mila sedute innovative, insomma, sono, il nome tecnico dei famigerati banchi a rotelle. Ecco. Costo dell’intero appalto: 300 milioni di euro. Ora, però, quando i presidi poi ordinano in base alle loro esigenze, si rendono conto che i banchi monoposto sono o troppo piccoli o sono troppo larghi e i banchi a rotelle invece vengono usati dai ragazzi principalmente per fare macchine a scontro. Insomma, ora qualcuno è stato restituito, qualcuno è finito chissà dove. Insomma, ma dove sono finiti i banchi a rotelle e i banchi monoposto? La nostra Rosamaria Aquino.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Due milioni di banchi monoposto e 400mila banchi a rotelle: ci sono costati oltre 300 milioni di euro, che fine hanno fatto? Molti li abbiamo visti usare a scuola, altri prendono polvere in magazzini e aule vuote. Altri ancora sono stati restituiti dai presidi e accatastati in un magazzino a Pomezia. F

UNZIONARIO CENTRO LOGISTICA SDA POMEZIA Dovreste parlare con la Struttura Commissariale, non con noi.

ROSAMARIA AQUINO Ma qui ci sono o no?

FUNZIONARIO CENTRO LOGISTICA SDA POMEZIA Sempre la Struttura Commissariale, non siamo autorizzati a rilasciare informazioni. Se lei mi domanda: ma voi avete pure le mascherine?

ROSAMARIA AQUINO No, no, questo lo so

FUNZIONARIO CENTRO LOGISTICA SDA POMEZIA Assolutamente, mi sembra scontato, siamo il partner logistico quindi…

ROSAMARIA AQUINO Certo. Stiamo pagando qualcosa per tenerli qui?

FUNZIONARIO CENTRO LOGISTICA SDA POMEZIA Sempre la Struttura Commissariale risponderà.

ROSAMARIA AQUINO Ci può dire almeno il quantitativo?

FUNZIONARIO CENTRO LOGISTICA SDA POMEZIA No, sempre Struttura Commissariale.

ROSAMARIA AQUINO Sa che ci sono migliaia di banchi restituiti dai presidi che sono depositati nella sede dell’Sda di Pomezia?

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Guardi, se sono migliaia non lo so. So sicuramente che sono stati restituiti e sono quei banchi da cui il commissario Figliuolo ha cominciato per fare la restituzione.

ROSAMARIA AQUINO Quando è che ha cominciato a ritirare? Che glielo dico io se sono quelli.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Me lo dica lei che vedo che è informata. Mi dica lei.

ROSAMARIA AQUINO È da un anno che sono lì.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Benissimo, vuol dire che allora il commissario precedente e il commissario ha cominciato a ritirarli. Va bene? Vedremo questi banchi come utilizzarli al meglio.

ROSAMARIA AQUINO La struttura di Figliuolo non le ha mai detto che ci sono questi banchi lì depositati?

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Parlo molto con il commissario Figliuolo, verificheremo anche questo.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO A proposito di utilizzazione. C’è chi ha pensato di suo come riciclare i banchi a rotelle che i presidi non hanno apprezzato. A Vasto, li hanno usati nel centro vaccinale allestito nel palazzetto dello sport della città.

DOTTORESSA 1 Dato che erano buttati dentro le scuole quando non c’era nessuno, quindi qua erano precisi per questo scopo.

DOTTORESSA 2 Ho visto che sono molto funzionali per questa attività perché sono ben distanziati, sono stati molto comodi devo dire.

ANNA SURIANI - REFERENTE DEL COMUNE DI VASTO (CH) PER IL CENTRO VACCINI Eh, sì, è stata un’idea di un nostro tecnico che aveva pensato di utilizzarli, è stata una cosa geniale perché effettivamente sono molto utili perché hanno questo pianale in cui la gente può scrivere con tranquillità. Erano poco utilizzati a scuola, quindi non è che li abbiamo sottratti a qualcuno, anzi, anzi abbiamo fatto la gioia dei dirigenti scolastici a levarglieli di mezzo.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO I dirigenti non li vogliono tuttavia il Governo ha stanziato altri sei milioni di euro per acquisire altri arredi scolastici, ossia banchi. Chi ha voluto questo fondo e perché? Ne abbiamo chiesto conto al commissario Figliuolo, perché i fondi sono i suoi. Ci dice che servono a sostituire e integrare l’acquisto di banchi. Per tutti gli altri dettagli ci ha detto di domandare al ministero, che è titolare dell’acquisizione degli arredi.

ROSAMARIA AQUINO Siccome sono stati stanziati altri sei milioni di euro che si sommano agli oltre 300 milioni

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Guardi, i sei milioni sono stati stanziati esattamente per fare fronte a questo tema del contenzioso con la Nautilus. Non potevamo lasciare sicuramente i nostri presidi in difficoltà.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Diciamo che non è che gli abbiamo dato una grande mano ai nostri presidi. Insomma, abbiamo visto, li abbiamo anche trasformati in controllori per la sicurezza. Ora, in emergenza, abbiamo comprato questi banchi a rotelle. Che fine hanno fatto? Sono stati un po’ distribuiti in vari magazzini in tutta Italia, qualcuno, qualche classe, qualche scuola se l’è tenuti chiusi in una classe, poi sono finiti anche con il galleggiare nei canali di Venezia. Ora, finché c’era Arcuri, nel magazzino di Pomezia che abbiamo visto, che ha trovato la nostra Rosamaria Aquino, ce ne sono, ce n’erano circa 20mila però oggi non sappiamo quanti ce ne siano né quanto ci costano per conservarli in quel magazzino, quanto spendiamo. Quello che però è certo è che in piena estate, invece di attingere a quel magazzino sono stati stanziati sei milioni di euro da parte del governo per comprare altri banchi. Allora abbiamo chiesto al commissario Figliuolo: ma a che cosa servono questi sei milioni di euro? E lui dice: servono per sostituire e integrare banchi però se volete i particolari parlate con il ministero. Il governo, il ministro Bianchi ci ha detto invece che quei soldi servono per sostituire i banchi monoposto Nautilus. Che cosa sono questi banchi Nautilus? Insomma, è un’azienda portoghese dalla quale il commissario Arcuri aveva comprato dei banchi monoposto. Ecco, ma intorno a questi banchi è scaturito un vero e proprio giallo.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO All’Istituto superiore Leonardo Da Vinci di Roma, appena un anno fa, sono arrivati 200 banchi dell’azienda portoghese Nautilus, nuovi di zecca, che erano stati acquistati dal commissario Arcuri nello stesso periodo dei banchi a rotelle.

IRENE DE ANGELIS CURTIS - DIRIGENTE ISTITUTO LEONARDO DA VINCI ROMA La prima impressione era che questi banchi fossero molto grandi. Quando li ho misurati ho visto che erano 75 centimetri. Se io distanzio i ragazzi con la distanza richiesta, lo spazio per un’eventuale evacuazione in caso di incendio o di terremoto mi viene talmente stretto, si restringe, che i ragazzi hanno difficoltà a lasciare l’aula.

ROSAMARIA AQUINO Lei ha firmato un collaudo nel quale dice che questi banchi andavano bene.

IRENE DE ANGELIS CURTIS - DIRIGENTE ISTITUO LEONARDO DA VINCI ROMA Certo. A me dispiace molto tutto questo, mi dispiace perché sono soldi dello Stato, sono stati acquisti forse non così oculati come avrebbero dovuto essere.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Nemmeno una stagione e anche questi banchi vengono ritirati perché non rispetterebbero la normativa antincendio, sia per dimensioni che per il tipo di materiale con cui sono costruiti, che sarebbe più facilmente infiammabile. Di fatto, i nuovi sei milioni servono a sostituire dei banchi comprati per sostituire quelli che a loro volta avevano sostituito quelli classici pre-pandemia.

IRENE DE ANGELIS CURTIS - DIRIGENTE ISTITUO LEONARDO DA VINCI ROMA Nel corso dell’estate ci sono arrivate varie comunicazioni da parte del ministero che c’erano fondi stanziati e poi varie comunicazioni in cui ci dicevano che i banchi e le sedie sarebbero stati ritirati e che invece questi soldi potevano essere usati per sostituire banchi e sedie.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Ora i presidi con quei sei milioni dovranno comprarne altri e lo faranno autonomamente. Nautilus sostiene di aver consegnato 75 mila banchi. Ma una funzionaria dell’ex commissario Arcuri parla di numeri diversi.

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI In tutto sono stati consegnati circa 37mila banchi

ROSAMARIA AQUINO Perché loro mi danno cifre diverse

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Eh, lo so perché loro danno cifre diverse, non vere

ROSAMARIA AQUINO Siccome mo hanno stanziato sei milioni…

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Esatto, fa ridere perché sei milioni per sostituire 37mila banchi che poi non sono 37mila da sostituire è una cosa incredibile

ROSAMARIA AQUINO 37mila banchi sono?

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Due milioni

ROSAMARIA AQUINO Quindi gli altri quattro milioni che sono stati stanziati?

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Non servono perché i banchi sono questi

ROSAMARIA AQUINO Perché sono 37mila

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Sì

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Il mistero sui numeri rimane. Nautilus ci dà i collaudi di almeno 55mila banchi, ma dice di averne consegnati 75mila. Quei banchi però non stati pagati, e i rappresentanti della ditta portoghese sono arrabbiati.

GIUSEPPE D’ELIA - LEGALE AZIENDA NAUTILUS S.A. Non sono stati pagati nulla.

ROSAMARIA AQUINO In che senso?

GIUSEPPE D’ELIA - LEGALE AZIENDA NAUTILUS S.A. Noi abbiamo introdotto una causa davanti al Tribunale di Roma per essere pagati perché li hanno ordinati, ricevuti e li devono pagare. Se, poi, dopo, hanno fatto un ordine sbagliato, la responsabilità è della struttura commissariale, non è nostra.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Il legale dell’azienda ci mostra i documenti della gara dove è scritto palesemente che la commissione che ha dato il via libera a Nautilus sapeva esattamente che tipo di banchi sarebbero arrivati.

ROSAMARIA AQUINO È plastica.

GIUSEPPE D’ELIA - LEGALE AZIENDA NAUTILUS S.A. Sì, sì, è plastica. Non è vero, come è stato detto, che prendono fuoco. Il contratto prevedeva che questi banchi avessero una struttura in tubo d’acciaio e il piano interamente in polipropilene.

ROSAMARIA AQUINO Questi sono i verbali della commissione di gara che poi assegna l’appalto alla Nautilus. L’avevano informata del fatto che questi verbali sono firmati anche da un membro del ministero?

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Il ministero avrà sicuramente partecipato allora, io non ho dubbi su questo. C’è un contenzioso che verificherà ovviamente di chi è la responsabilità.

ROSAMARIA AQUINO E però come mai sono stati affidati ugualmente senza i requisiti minimi di sicurezza…

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Verrà domandato a chi li ha affidati.

ROSAMARIA AQUINO Cioè anche al membro del ministero che c’era.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Verrà domandato a chi li ha affidati, se c’era un membro del ministero ne risponderà.

ROSAMARIA AQUINO Perché hanno risolto il contratto?

GIUSEPPE D’ELIA - LEGALE AZIENDA NAUTILUS S.A. Posso immaginare che il commissario si è pentito.

ROSAMARIA AQUINO Si è pentito per il prodotto, per la forma, per cosa?

GIUSEPPE D’ELIA - LEGALE AZIENDA NAUTILUS S.A. Sì, si è pentito del fatto di aver trattato oltre le sue competenze.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Da verbali e relazioni di gara che ci mostra l’avvocato emerge che la fretta è stata cattiva consigliera.

GIUSEPPE D’ELIA - LEGALE AZIENDA NAUTILUS S.A. Tutti gli offerenti non rispettano i requisiti minimi di sicurezza. Nel prodotto eh, non soggettivi, ma quindi oggettivi. I requisiti minimi di sicurezza previsti dall’avviso di gara. L’assenza della documentazione tecnica non vuol dire che i prodotti non avessero i requisiti, vuol dire che la struttura commissariale ha contratto al buio.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO La funzionaria di Arcuri invece ci dice che nel contratto di acquisto dei banchi c’era una clausola

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Sigliamo il contratto perché noi avevamo un’urgenza e loro dovevano iniziare la produzione. Nel frattempo, voi ci mandate le integrazioni che la commissione tecnica ci ha richiesto. Se quelle integrazioni sono sufficienti per i requisiti, il contratto va avanti altrimenti il contratto è risolto automaticamente.

 ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO E infatti Arcuri risolve il contratto solo per le tempistiche di consegna. Figliuolo, invece, rincara la dose e fa ritirare i banchi per la normativa antincendio.

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Quelli sono banchi di plastica. Nelle scuole si consegnano banchi di legno. Come mai quelli di legno vanno bene e quelli no? È una cosa ridicola, infatti il ministro è andato in parlamento a dire che loro hanno fatto delle verifiche: io vorrei sapere quali verifiche hanno fatto.

ROSAMARIA AQUINO Questa azienda ora chiede dieci milioni di euro però.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE E io credo che noi altrettanti ne domandiamo a loro. Per questo c’è un contenzioso.

OSAMARIA AQUINO Noi vogliamo solo capire se c’era la possibilità di risparmiare questi sei milioni di euro, utilizzando dei banchi che stanno prendendo polvere in un magazzino.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Non lo so.

ROSAMARIA AQUINO Voi mi potete dar un numero da quando c’eravate di quanti banchi sono stati restituiti?

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Circa 20 mila

ROSAMARIA AQUINO 20mila? Finché c’era Arcuri 20mila erano lì a Pomezia. Il ministro a marzo lo poteva sapere: se lui l’avesse saputo, avrebbe potuto non stanziare questi soldi e intanto utilizzare questi. Giusto?

FUNZIONARIA EX STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Sì, noi abbiamo una relazione fatta alla nuova struttura che questi numeri li dà tutti in modo preciso. Il magazzino, tutto… Che non puoi avere

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO A luglio la funzionaria controlla e di quei banchi a Pomezia ne erano rimasti solo duemila. Quando però si è insediato il ministro, erano dieci volte tanto.

 ROSAMARIA AQUINO E sono soldi dello Stato.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Lo so perfettamente e lo so perfettamente cosa sono le mie responsabilità e quelle anche del commissario e quelle di tutti i nostri presidi.

ROSAMARIA AQUINO Ministro, ci sono dei presidi che hanno firmato il verbale di collaudo dicendo che quei banchi andavano bene e ora devono firmare dei verbali in cui smentiscono loro stessi.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Queste sono cose che sicuramente verranno riviste. C’è un contenzioso e si verificherà anche questo.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Allora, la Nautilus, la portoghese, avrebbe dovuto consegnarci 110mila banchi monoposto. Solo che abbiamo lasciato ai presidi l’onere del collaudo. E prima hanno detto “è tutto ok”, poi arriva la circolare di Figliuolo e dice che ci sono delle anomalie per quello che riguarda la normativa antincendio. Misurate anche questi banchi: se sono troppo grandi, vanno restituiti. Insomma, qualche preside si è anche rammaricato di aver detto sì alla spesa di soldi dello Stato. Però, quanti effettivamente di questi banchi monoposto sono stati consegnati dalla Nautilus? La Nautilus dice: ne abbiamo collaudati con i presidi e ne abbiamo consegnati 75mila. Ma qui è intervenuta la struttura dell’ex commissario Arcuri. Dice: guardate che la Nautilus ha consegnato solo 37225 banchi. Insomma, quanti ne ha consegnati effettivamente? Perché qui c’è un mistero. Nel momento in cui si insedia il governo, nei magazzini di Pomezia c’erano 20mila banchi tra quelli monoposto e quelli a rotelle. Allora, perché spendere sei milioni di euro nuovi per sostituire i banchi della Nautilus? Figliuolo dice: chiedete al ministro; il ministro dice: sono serviti, servono esclusivamente per sostituire i banchi della Nautilus. Allora: ma sono 75mila o sono, come dice la struttura di Arcuri, 37.225 perché se fossero 37.225, come ha calcolato sempre la funzionaria della struttura del commissario, dell’ex commissario Arcuri, forse i sei milioni di euro stanziati per sostituirli sarebbero troppi, ne basterebbero circa due milioni. Ecco, su quanti banchi erano presenti nel magazzino di Pomezia, quanto ci costa custodirli lì, abbiamo chiesto per ben cinque volte spiegazioni alla struttura del commissario Figliuolo e per cinque volte non ci ha mai risposto. Nelle more, l’azienda Nautilus, i portoghesi, hanno chiesto dieci milioni di euro di risarcimento danni.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Allora, ben tornati. Per tornare alla didattica in presenza ai tempi del virus abbiamo trasformato i nostri presidi in esperti collaudatori in tema di sicurezza, in esperti arredatori e anche esperti architetti. Ora tocca a loro l’arduo compito di far convivere i tagli della riforma Gelmini, che ha sottratto alla scuola circa 16-17 mila insegnanti, e ha costretto poi gli studenti che sono rimasti senza quegli insegnanti a intasare le cosiddette classi pollaio. Ecco, far convivere tutto questo invece con le recenti normative anti-covid che recitano: mantenere la distanza di un metro ove è possibile. Ma è possibile?

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Qui siamo a Busto Arsizio, provincia di Varese, all’Istituto tecnico economico Enrico Tosi: 2300 studenti, capienza massima 1700 persone.

AMANDA FERRARIO - DIRIGENTE ITC “ENRICO TOSI” BUSTO ARSIZIO (VA) Queste erano due aule, esattamente divise da un tramezzo e poi appunto poiché i ragazzi sono tantissimi abbiamo dovuto aprirle. Quindi abbiamo abbattuto il tramezzo e per metterci i banchi questa era l’unica soluzione.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Con il rientro dei ragazzi al 100% e il distanziamento di un metro, la preside ha chiamato il suo architetto e ha ricavato otto aule grandi abbattendo i muri.

AMANDA FERRARIO - DIRIGENTE ITC “ENRICO TOSI” BUSTO ARSIZIO (VA) Io ho 31 alunni per classe, 30-31 per classe, nelle mie classi non c’entravano: impossibile. Quindi abbiamo usato la mensa, le palestre, i corridoi, tutto quello che potevamo usare lo abbiamo usato.

 ROSAMARIA AQUINO Quante classi oggi sono in sovrannumero?

AMANDA FERRARIO - DIRIGENTE ITC “ENRICO TOSI” BUSTO ARSIZIO (VA) Cinquantacinque su settantadue. Pensi che per essere in regola io dovrei per un anno non prendere studenti di prima e non è possibile questa cosa.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Il Covid ha portato alla luce il fenomeno delle cosiddette “classi pollaio”, aule ideate per 25 alunni che oggi ne contengono fino a 30. È la ricaduta della legge Gelmini che nel 2009, per risparmiare sul numero dei professori, aumenta il numero di alunni all’interno delle classi. Passano a 27-28 per la primaria e la secondaria e fino a 30 nelle superiori. Secondo il rapporto di Cittadinanza Attiva, sono 17mila le classi con più di 25 alunni in Italia, un fenomeno che riguarda 460mila studenti.

ADRIANA BIZZARRI - COORDINATRICE SCUOLA CITTADINANZATTIVA All’epoca servì per tagliare, ce lo ricordiamo, circa 16-17mila insegnanti, e oggi appunto ci ritroviamo a fare il percorso inverso. PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Il problema della numerosità si supera nel momento in cui si supera il modello di formazione in cui lei ha una classe con la porta chiusa, una prima fila, una seconda fila, una terza fila, una quarta fila là in fondo. Una scuola che ha più laboratori, che ha più spazi.

ROSAMARIA AQUINO E quanto ci vuole per una scuola così?

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Ci vuole il tempo di attuare il Pnrr.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Aspettando il Pnrr, per trovare nuovi spazi imposti dal distanziamento, i presidi diventano architetti. Qui al Tosi, per esempio, è pronto un progetto da 500mila euro chiavi in mano.

AMANDA FERRARIO - DIRIGENTE ITC “ENRICO TOSI” BUSTO ARSIZIO (VA) Io ho presentato in provincia il progetto di recuperare questi magazzini, per ricavare altre aule. Qua sotto noi abbiamo dei depositi, sono più di uno, che hanno già come vedete le finestre lì e tutte queste parti sono assolutamente recuperabili e sono spazi aule anche grandi.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO La scuola ha già ricevuto la metà dei fondi dal Decreto Sostegni, il resto dovrebbe mettercelo la Provincia, ma da più di un anno è tutto fermo. E nel frattempo gli spazi che restano vuoti, sono occupati così.

AMANDA FERRARIO - DIRIGENTE ITC “ENRICO TOSI” BUSTO ARSIZIO (VA) Questi pacchi non sappiamo più dove metterli, sono purtroppo mascherine che i ragazzi non vogliono, quelle che sono arrivate simili a quella che io ho addosso le mettono volentieri, ma questo modello è un modello che purtroppo per i ragazzi non va bene. Ma guardate fin dove arrivano, sono tutti i sottoscala che sono così, sono soldi veramente buttati.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Basta fare pochi chilometri e le mascherine Fca distribuite dallo Stato che occupano spazi preziosi le troviamo in un’altra scuola: l’Istituto tecnico industriale CaramuelRoncalli di Vigevano, provincia di Pavia.

MATTEO LORIA - PRESIDE ITC “CARAMUEL-RONCALLI” VIGEVANO (PV) Abbiamo depositato tutte le mascherine che sono arrivate finora, comprese quelle non a norma che ci sono state indicate da una nota ministeriale e che quindi dovremo smaltire perché non possiamo darle agli studenti. “Lo scrivente ministero ha ricevuto dal fabbricante Fca Italy Spa la segnalazione di non conformità delle mascherine facciali, lotti”, con l’elenco dei lotti. “I lotti non conformi sono stati prodotti presso lo stabilimento di Mirafiori Torino dal 24 agosto 2020 al 17 dicembre 2020 e quasi integralmente distribuiti presso gli istituti scolastici italiani”. E quindi è stato necessario aprire tutte le scatole e controllare tutti i lotti consegnati.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Qui, per non ricorrere alla Dad, i ragazzi li hanno messi ovunque: nei laboratori, nelle biblioteche, nei seminterrati.

MATTEO LORIA - PRESIDE ITC “CARAMUEL-RONCALLI” VIGEVANO (PV) Quanti siete, venti?

CLASSE Ventidue.

MATTEO LORIA - PRESIDE ITC “CARAMUEL-RONCALLI” VIGEVANO (PV) Ventidue, presenti. Però la classe è più numerosa, 24. E quindi abbiamo dovuto trovare uno spazio idoneo per poter ospitare tutti gli studenti e abbiamo dovuto riadattare anche in questo caso il seminterrato dove prima c’era un deposito e adesso è diventato aula. Non è un ambiente, come dire, confortevole per lo svolgimento di un’attività didattica.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO L’istituto da due anni aspetta una palestra nuova, ma la provincia nicchia. E da altri dieci si ipotizza di costruire una nuova scuola, visto che una parte oggi sta in affitto in un ex calzaturificio.

MATTEO LORIA - PRESIDE ITC “CARAMUEL-RONCALLI” VIGEVANO (PV) Ecco, questo è tutto il giardino dell’istituto che potrebbe tranquillamente ospitare una nuova scuola. Eviteremmo di spendere soldi pubblici per far pagare un affitto, prendendo degli spazi già esistenti.

ROSAMARIA AQUINO Non è che per avere spazi migliori, non ci sono i soldi?

ADRIANA BIZZARRI - COORDINATRICE SCUOLA CITTADINANZATTIVA I fondi dati, recentemente anche, 250 milioni di euro agli enti locali e 370 ai dirigenti, dovrebbero essere serviti anche a questo. Ci piacerebbe un tracciamento pubblico, che sia visibile, evidente: chiediamo al ministro di sapere se effettivamente quanti hanno risolto, quante classi hanno risolto questo problema e quante invece no.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE I soggetti che sono in carico per garantire la scuola e il funzionamento delle singole scuole sono i comuni e, d’altra parte, per quelli grandi istituti le province. Sono loro i destinatari delle risorse per l’edilizia e sono loro che ne devono rispondere.

ROSAMARIA AQUINO Che tipo di controllo c’è sulla spesa di questi enti da parte del ministero? Perché in queste scuole hanno fatto dei progetti. Arrivano a questi enti, provincia, città metropolitana o comuni e si fermano là.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Ma noi non abbiamo questa percezione di una situazione così disarticolata.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Un po’ disarticolata è di sicuro al liceo linguistico Cassarà di Palermo.

DANIELA CRIMI - DIRIGENTE LICEO LINGUISTICO “NINNI CASSARA’” PALERMO Questa è la famosa palestra, diciamo, col pavimento rattoppato. Chiaramente sono dei tentativi perché essendo che l’infiltrazione arriva dal muro e si infiltra sotto, il problema si ripresenta. Quindi noi cerchiamo di rattoppare ma qua ci vorrebbe un intervento strutturale.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Proprio a causa di queste situazioni, per far fare palestra ai ragazzi, si sono inventati la ginnastica statica.

DANIELA CRIMI - DIRIGENTE LICEO LINGUISTICO “NINNI CASSARA’” PALERMO Il mio Rspp ha imposto un regolamento dell’uso della palestra molto restrittivo in cui i ragazzi fanno - e la cosa fa anche un po’ ridere - una educazione fisica statica. Cioè loro fanno esercizi fermi nella loro postazione.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Anche in questo istituto per far spazio agli alunni si sono dovuti sacrificare i due laboratori linguistico e multimediale, di cui prima si serviva tutta la scuola.

DANIELA CRIMI - DIRIGENTE LICEO LINGUISTICO “NINNI CASSARA’” PALERMO Il distanziamento di un metro c’è. Certamente devono stare attenti nei movimenti.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Eppure, nella struttura c’era un piccolo gioiello che da anni è ridotto così.

DANIELA CRIMI - DIRIGENTE LICEO LINGUISTICO “NINNI CASSARA’” PALERMO Guardi cosa c’è qui. È tremendo. Meno male che io non ho mai fatto entrare i ragazzi qui perché dopo i primi interventi ci fu comunque il crollo del soffitto, come potete vedere. Il laboratorio che è lì occupato l’avrei potuto realizzare qui, per esempio il laboratorio di informatica ad uso di tutte le classi. Certamente non sarebbe rimasto chiuso.

ADRIANA BIZZARRI - COORDINATRICE SCUOLA CITTADINANZATTIVA L’agibilità statica ce l’hanno solo il 42% degli edifici, l’antincendio pure è bassissimo, il 36% come dato nazionale, il collaudo statico il 53. Uno dice: oddio crollano. Non è così, non è così, è evidente, no?

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Sono in cerca di spazi anche nel liceo scientifico Cannizzaro di Palermo. La preside Catalano, aveva trovato dei locali dove inserire gli studenti in sovrannumero, ma la Città Metropolitana di Palermo dopo mesi ancora non ha concluso l’iter amministrativo. Non dovrebbe essere complicato e invece…

ANNA MARIA CATALANO - DIRIGENTE LICEO SCIENTIFICO “STANISLAO CANNIZZARO” PALERMO Il 31 agosto finalmente è stata fatta la, una individuazione di un locale che io ho segnalato alla Città metropolitana ed è stato fatto il sopralluogo con i tecnici. Quindi, a quel punto, io ero tranquilla. Ho detto: 31 agosto, certo, il tempo è un po’ risicato, però, magari la prima settimana facciamo orario ridotto e invece siamo ai doppi turni pomeridiani.

ROSAMARIA AQUINO Ragazzi ma com’è la scuola di pomeriggio?

CLASSE Pesante

STUDENTE 1 Quando noi torniamo da scuola ci ritiriamo tardi, mangiamo e andiamo a letto e siamo diciamo più stanchi.

 ROSAMARIA AQUINO Che cosa è che facevi prima di venire a scuola di pomeriggio?

STUDENTE 2 Golf.

ROSAMARIA AQUINO Golf? E poi, da quando vieni qua che è successo?

STUDENTE 2 Non posso più praticarlo sicuramente il pomeriggio.

ROSAMARIA AQUINO Però avevi pagato le lezioni? STUDENTE 2 Sì. ROSAMARIA AQUINO E quindi mò?

STUDENTE 2 Eh! STUDENTE 3 Io di pomeriggio faccio l’international house, che è una scuola per studiare solo inglese. E questa settimana dovrò saltare.

STUDENTESSA Per venire a scuola è un problema perché prima venivo a piedi, adesso uscire a piedi la sera è diverso, quindi mi devo far venire a prendere dai miei genitori.

ANNA MARIA CATALANO - DIRIGENTE LICEO SCIENTIFICO “STANISLAO CANNIZZARO” PALERMO Comprendo lo spirito del rientro a scuola, in presenza, però bisognava mettere in campo delle condizioni, appunto, non da missione impossibile.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Per renderla possibile la preside ha fatto lavori interni eliminando la sala professori e la biblioteca, per riempirle degli studenti in eccedenza.

ANNA MARIA CATALANO - DIRIGENTE LICEO SCIENTIFICO “STANISLAO CANNIZZARO” PALERMO L’incipit di quella norma è: “La misura più importante del distanziamento di un metro, virgola, ove possibile”. Che vuol dire ove possibile? Uno stato non ti può dire ove possibile, ti deve dire come è possibile.

ROSAMARIA AQUINO Quando nelle indicazioni del ministero si indica un metro di distanziamento “ove possibile”, cosa si intende di preciso?

 PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Si intende riconoscere l’autonomia e la responsabilità delle scuole.

ANNA MARIA CATALANO – DIRIGENTE SCOLASTICO LICEO SCIENTIFICO “CANNIZZARO” PALERMO Cioè cosa devo fare? La scuola del ministro Bianchi è la scuola “affettuosa”. Ma che è ‘sta cosa? La scuola affettuosa? Io voglio la scuola efficiente che funziona e con i muri che non mi cade di sopra. Prima dell’affetto voglio le mura. Perché l’edilizia scolastica è una pietà.

ROSAMARIA AQUINO Noi abbiamo visto come si sono organizzati questi dirigenti scolastici e c’è chi si è improvvisato architetto, c’è chi ha invece cercato di gestire in doppi turni pomeridiani gli ingressi, c’è chi ha messo addirittura i ragazzi negli scantinati. Come può rassicurarli?

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Io non devo rassicurare nessuno. Io sto semplicemente garantendo che ci sono questi investimenti che stiamo realizzando ed è per questo che nel Pnrr, il famoso Piano nazionale di rilancio e resilienza, è stata data tanta attenzione proprio alla parte infrastrutturale. Posso dirle una cosa?

ROSAMARIA AQUINO Prego.

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Abbiamo spento? Non dia l’immagine dei presidi confusi.

ROSAMARIA AQUINO No, le dico solo cosa abbiamo, cosa ci hanno raccontato…

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Non offenda i nostri presidi.

ROSAMARIA AQUINO No, ma io non offendo…

PATRIZIO BIANCHI - MINISTRO DELL’ISTRUZIONE Lei li sta offendendo.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Insomma, non è che ci sembrano poi così confusi anzi loro che sono sul campo le idee chiare su come far funzionare la scuola ce le avrebbero eccome. Hanno un’emergenza, quella di applicare la normativa anti-covid che imporrebbe la distanza di almeno un metro tra uno studente all’altro ove, però, è possibile. Ma le decisioni che sono state prese, le politiche di questi anni hanno reso impossibile l’applicazione di questa norma. Insomma, non dimentichiamoci che ci sono solo il 42% degli istituti che hanno l’agibilità e poco più del 50% quelli che hanno il collaudo di staticità. E poi devono dialogare con vari enti, la provincia, il comune, lo Stato. E poi devono fare i conti le insegnanti con le scuole pollaio, c’è da redistribuire i ragazzi in vari spazi e però è complicato perché questa è una conseguenza dei tagli della politica del ministro Gelmini che ha tagliato dai 16 ai 17 mila insegnanti. Insomma, grattano i presidi lo spazio dove possono ma nemmeno tanto perché poi hanno gli scantinati pieni di mascherine che continuiamo a comprare, che non sono conformi o non sono adatte come quelle, per esempio, della Fca, che sono addirittura non conformi. E siccome i presidi hanno tanto tempo a disposizione, visto che li abbiamo messi a questa corsa a ostacoli, devono pure controllare lotto per lotto se sono conformi o meno. Però, poi, alla fine, arriva la panacea di tutti i mali: il Pnrr, 18 miliardi sono destinati alla scuola, ed è una buona notizia. Quella interlocutoria, però, è la domanda: ma come verranno spesi questi soldi? Chi controllerà come verranno spesi questi soldi? Perché noi negli anni siamo passati dalla buona scuola alla scuola affettuosa quando ci accontenteremmo che la scuola funzionasse, come dice la preside Catalano della scuola di Palermo, perché come dice Nelson Mandela l’istruzione è l’arma più potente che abbiamo a disposizione per cambiare il mondo.

Paolo Russo per "la Stampa" il 30 novembre 2021. I contagi crescono e le classi tornano in dad anche se il contagiato è uno solo. La richiesta è partita dalle regioni e dopo il faccia a faccia "tecnico" di ieri con il ministero della Salute in tarda serata è arrivata la circolare firmata dal direttore della prevenzione dello stesso dicastero, Gianni Rezza, che "sospende" il protocollo firmato appena un mese fa da Iss e dalle stesse regioni con l'obiettivo di contenere la dad nelle scuole primarie e secondarie. Fino ad oggi se il contagiato in classe era soltanto uno, gli altri alunni restavano tutti in presenza, ma sotto osservazione con un tampone molecolare o rapido da fare subito e un altro a distanza di 5 giorni. Un arco di tempo durante il quale i ragazzi avrebbero dovuto continuare a seguire le lezioni in presenza. Ma l'aumento dei casi, impetuoso proprio nella fascia 12-19 anni, ha fatto saltare un po' tutti i piani, rendendo di fatto impraticabile il protocollo, come hanno lamentano le stesse regioni e i presidi. Le Asl non ce l'hanno fatta ad eseguire con tempestività i tamponi e così molti dirigenti scolastici non se la sono sentita di lasciare in presenza gli alunni senza un secondo test di verifica, preferendo a quel punto mettere di nuovo in dad tutta la classe. A volte anche per un periodo superiore ai dieci giorni canonici di isolamento in caso di contatti a rischio. Ora la circolare ministeriale prevede espressamente che «qualora le autorità sanitarie siano impossibilitate ad intervenire tempestivamente», «il dirigente scolastico, venuto a conoscenza di un caso confermato nella propria scuola, è autorizzato, in via eccezionale e urgente, a disporre la didattica a distanza per l'intero gruppo». Dad che durerebbe 10 giorni, come previsto per tutti i contatti stretti. Mascherine tirate su all'aperto per lo shopping natalizio anche in zona bianca è l'altra richiesta avanzata dalle regioni, spalleggiate questa volta dai sindaci, che con Omicron alle porte e gli assembramenti delle feste oramai vicini vanno in pressing sul governo, chiedendogli di "rinforzare" il decreto approvato appena la settimana scorsa. Per i Comuni ha parlato ieri il presidente dell'Anci Antonio Decaro. «A nome dei sindaci ho chiesto al governo di valutare l'opportunità di rendere obbligatorio l'uso della mascherina anche all'aperto su tutto il territorio nazionale, dal 6 dicembre al 15 gennaio». «Se ci fosse un provvedimento nazionale -ha aggiunto- sarebbe tanto di guadagnato perché daremmo un segnale unico al Paese, perché usare la mascherina anche all'aperto significa ridurre del 50% il rischio di contagio». Sulla stessa lunghezza d'onda sono le regioni, che al tavolo tecnico con la salute hanno rinnovato la richiesta, che attende però una risposta a livello politico. Perché per chiudere di nuovo naso e bocca a tutti quando si esce di casa bisogna modificare il decreto appena approvato. E questo non è detto vada a genio al Premier Draghi. Per questo in caso di niet dell'Esecutivo le regioni a più ampia diffusione di contagio e le città più grandi, Roma, Napoli e Milano in testa, sono pronte ad andare per conto loro, imponendo l'obbligo perlomeno nelle vie dello shopping e negli assembramenti dove non è possibile mantenere il metro di distanziamento. Una opzione che ha ricevuto ieri l'ok anche degli esperti del Cts, che esaminando i protocolli regionali di sicurezza sulle varie attività, hanno invece ritenuto inutile la misurazione della temperatura. L'incontro Salute-regioni è però servito anche a ribadire, ancor più in tempi di Omicron, la validità della strategia delle tre T: tracciare, testare e trattare. Nonostante l'infornata di oltre duemila sanitari, avviata dal decreto di oltre un anno fa voluto da Speranza per potenziare il contact tracing, ad oggi i cacciatori di virus delle Asl sono rimasti sempre gli stessi, rivela il monitoraggio settimanale a cura dell'Iss. Che nei rapporti del 26 novembre su controllo delle varianti, in merito al sequenziamento del virus, indispensabile per individuare proprio le nuove versioni del virus, mostri ancora una situazione di grave ritardo, con Toscana e Liguria a quota zero e Piemonte, Valle d'Aosta, Veneto, Trentino e Puglia ampiamente sotto l'1% dei casi rilevati, quando la soglia minima raccomandata dall'Ecdc europeo è del 5%. Intanto il generale Figliuolo è pronto ad accelerare sulle vaccinazioni. «Da mercoledì primo dicembre a domenica 12 somministreremo 4,6 milioni di dosi», ha assicurato, con l'obiettivo quindi di raggiungere le 400 mila somministrazioni al giorno. In una circolare inviata alle Regioni ha sottolineato che la priorità restano comunque le prime dosi e i booster ai più fragili. Mentre per i bambini da 5 agli 11 anni si partirà dal 23 dicembre.

Valentina Arcovio per "il Messaggero" il 30 novembre 2021. In classe con i cappotti e le finestre sempre aperte. E' questo l'unico protocollo anti-Covid a cui la stragrande maggioranza delle scuole italiane ha affidato la protezione di studenti e operatori dal virus Sars-CoV-2. Impianti di aerazione e ventilazione e rilevatori CO2: poco o nulla. Sanificatori: idem, per i forti dubbi sul reale rapporto costi-benefici. Mascherine: sì, ma troppo spesso di bassa qualità. E in attesa che la vaccinazione anti-Covid venga estesa ai bambini nella fascia d'età 5-11 anni - che secondo il coordinatore del Comitato tecnico scientifico e presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli, è prevista per «il 23 di dicembre, poi magari sarà qualche giorno prima o qualche giorno dopo» - il rischio di uno tsunami di contagi nelle scuole diventa ogni giorno sempre più probabile. «Il vero problema è che non sappiamo se e come i dirigenti scolatici e gli enti locali hanno investito le risorse messe a disposizione», sottolinea Adriana Bizzarri, coordinatrice scuola di Cittadinanzattiva. Lo scorso agosto il ministero dell'Istruzione ha aperto le candidature per l'assegnazione di un totale di 270 milioni di euro agli enti locali per lavori di edilizia leggera e affitti di spazi per la didattica. La misura fa parte degli interventi previsti per l'avvio dell'anno scolastico in presenza e in sicurezza. A questi vanno aggiunti i 350 milioni di euro, inseriti all'interno del decreto Sostegni bis, destinati ai dirigenti scolastici «per l'acquisto di dispositivi di protezione e di materiale per l'igiene individuale o degli ambienti, ma anche per interventi a favore della didattica per le studentesse e gli studenti con disabilità, disturbi specifici di apprendimento e altri bisogni educativi speciali, per potenziare gli strumenti digitali, per favorire l'inclusione e contrastare la dispersione scolastica attraverso il potenziamento dell'offerta formativa». E ancora: i fondi sono stati stanziati anche «per l'acquisto di servizi professionali, di formazione e di assistenza tecnica per la sicurezza sui luoghi di lavoro, per l'assistenza medico-sanitaria e psicologica»; per l'acquisto di «strumenti per l'aerazione e quanto ritenuto utile per migliorare le condizioni di sicurezza all'interno degli istituti». Tantissime le opzioni per mettere in sicurezza le scuole. «Forse anche troppe», commenta Bizzarri. «Non sappiamo in che modo le scuole abbiano utilizzato queste risorse, ma stando alle segnalazioni che ci sono pervenute ci sono ancora problemi: a cominciare dagli spazi ancora insufficienti fino anche alle mascherine di scarsa qualità», dice Bizzarri. Sugli impianti di aerazione, una delle misure più costose, ma anche tra le più efficaci, c'è ancora molta confusione. La conseguenza è che scuole che hanno acquistato apparecchi per l'aerazione sono poche. «In realtà, gli impianti di aerazione non sono lavori che dipendono da noi, ma sono di competenza degli enti locali», dice Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi (Anp). D'altro canto le scuole che si sono dotate di rilevatori di CO2 sono pochissime. Eppure, questi strumenti consentono di rilevare la concentrazione di anidride carbonica che, se troppo alta, è un segnale che l'ambiente è scarsamente ventilato e che quindi il virus può trasmettersi facilmente. «Le scuole hanno utilizzato le risorse per adeguare maggiormente gli uffici, dotandoli ad esempio di separé di plexiglas, e acquistando mascherine», riferisce Giannelli. «Ma di più, come interventi strutturali, non si poteva fare», aggiunge. Che le cose non siano andate come avrebbero dovuto è evidente anche solo guardando la crescita della curva dei contagi nei bambini e nei ragazzi in età scolare.

GLI INVESTIMENTI «Occorre avere maggiore attenzione per le scuole perché in questo momento sono il punto debole», dice Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministero della Salute, secondo il quale c'è la necessità che gli studenti siano in classe distanziati e che i locali siano ventilati. «Ci sono degli elementi di debolezza frutto di mancati investimenti», sottolinea. Anche sul fronte degli screening con i test salivari si poteva fare di più. «A essere coinvolte sono sempre le stesse scuole e anche in questo caso i dati che abbiamo a disposizione sono molto scarsi», sottolinea Bizzarri. Per il presidente dell'Anp si doveva fare di più e prima. «Magari mettendo subito l'obbligo vaccinale», dice. «Ormai è chiaro a tutti che per proteggerci di più, scuole comprese, dobbiamo vaccinare di più», conclude. 

L’età colpevole. Il Covid ha rovinato le vite dei giovani italiani, ma non lo si vuole dire. Dario Ronzoni su l'Inkiesta il 26 novembre 2021. In un Paese familista e paternalista, i ragazzi sono passati dall’essere un problema trascurabile a veri e propri untori. Frutto di una narrazione che, spiega il professor Vincenzo Galasso nel suo ultimo libro (pubblicato da Egea) riflette una società che non investe nel futuro e, anzi, guarda con diffidenza alle nuove generazioni. Nonostante le frasi benauguranti, non siamo diventati migliori con la pandemia. Anzi, già nel periodo più duro del lockdown (quello del marzo 2020) era cominciata una sorta di caccia all’untore, appoggiata dai media e sostenuta da una narrativa ben radicata: quella contro i giovani. Lo ricorda Vincenzo Galasso, ordinario di Economia in Bocconi, nel suo ultimo libro: “Gioventù smarrita. Restituire il futuro a una generazione incolpevole” (Egea editore). I rimproveri verso i ragazzi sono partiti fin da subito: sono stati accusati di avere «una percezione distorta del rischio tipica dell’adolescenza, un comportamento sfidante, aggressivo». Per il sindaco di Bologna «non hanno compreso bene che il virus si propaga attraverso le persone». Sul Corriere della Sera si è parlato di loro come «i nostri grandi untori» (marzo 2020), come un insieme di persone «insofferente a regole e costrizioni» (agosto 2020), addirittura erano «degli assassini» (maggio 2020, secondo Antonio Sechi, ex primario dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino). A questo quadro si sono aggiunte le chiusure anti-movida, le fotografie della Darsena di Milano, il coprifuoco alle 22 e non alle 23 (su cui i virologi si accapigliavano con la foga di una disputa teologica). Il sottotesto era ovvio: gli anziani morivano e i giovani se ne infischiavano, proprio perché meno a rischio. O meglio ancora, i più vecchi erano le vittime e i giovani, in un certo senso, erano i responsabili. Eppure le cose non stavano così. Anzi. Secondo le indagini campionarie del progetto REPEAT (REpresentations, PErceptions and ATtitudes on the Covid-19), i giovani sono stati più che ligi. A marzo, su una scala di 10, i giovani avevano un punteggio di 9, mentre le altre fasce d’età di 9,35. Ad aprile erano migliorati e saliti a 9,18, mentre il resto della popolazione aveva mollato un po’ la presa con 9,28. Se qualche differenza c’è stata nel corso dei mesi, soprattutto a livello di mascherine e assembramenti, è stata minima: i giovani evitavano contatti fisici con un punteggio di 8,84, mentre il resto della popolazione arrivava a 9,44. Una scollatura reale che non giustificava le prese di posizioni contro i ragazzi. «I dati dimostrano che la narrativa diffusa era falsa, anzi: era una follia», spiega Vincenzo Galasso a Linkiesta. «Si spiega sia con la radicata mentalità paternalista del Paese» sia «con un calcolo politico. Il governo dell’epoca ha messo in atto un’operazione di blame avoidance. Ha impostato la questione in modo che se le misure non fossero funzionate la colpa sarebbe stata dei cittadini, evitando di considerare i suoi errori e le sue mancanze». E così si è finito per puntare il dito sui ragazzi. Oltre alla colpa, si aggiunge la sottovalutazione delle sofferenze dei più giovani. «Uno dei motivi per cui ho scritto questo libro è perché, in quanto padre e professore, ho potuto vedere di persona gli effetti del lockdown e della DAD sui ragazzi». Il 2020 e in parte il 2021 sono stati in questo senso due anni perduti. La chiusura delle scuole – la più lunga in Europa è avvenuta proprio in Italia, mentre altri Paesi hanno cercato di mantenere un approccio più equilibrato – si è accompagnata alla perdita di una serie di occasioni sociali, di crescita, di momenti di passaggio simbolici ma rilevanti. La stessa maturità semplificata ha indebolito un rito e svuotando in parte il senso di cinque anni di studio e la soddisfazione di avere compiuto un percorso. «È facile dire che, in fondo, non si tratta di una grande perdita», continua Galasso, «e che in quanto giovani avranno modo di rifarsi». Non è così. Quanto avviene in quegli anni, gli impressionable years, segnano le persone, contribuiscono a formare valori, attitudini e visione del mondo. È un periodo fondamentale, che definisce il distacco dall’educazione dei genitori a quella che nel libro viene definita «un’insaziabile interazione con il mondo che sta fuori». Rinunciare a questo, anche se sembra cosa da poco (e non sono mancati paragoni con i coetanei di cento anni prima, costretti a stare in trincea a uccidersi) ha effetti di lungo periodo. «Non solo», continua Galasso a Linkiesta. «Ai giovani non è stato concesso il beneficio di poter soffrire. Lo dovevano fare di nascosto. Gli effetti della pandemia su di loro, a fronte della tragedia degli anziani, sono stati trattati in modo residuale». Ad esempio, sull’istruzione ci si è affidati alla didattica a distanza, «adottata in modo uniforme per fasce di età diverse, con risultati fin troppo chiari: i test Invalsi del 2021, rispetto a quelli del 2019, sono un disastro». È un problema, ma gli effetti del Covid nell’istruzione vengono rimossi, «non li si vuole vedere. E questo è sbagliato dal punto di vista culturale e, direi, anche dal punto di vista morale. La povertà educativa va affrontata. Fa parte di quelle cicatrici che restano per sempre e segnano gli anni successivi, anche quelli dopo gli studi». Lo dicono gli studi: cominciare a lavorare in un anno di crisi ha effetti di lunga durata, «riduce le possibilità di carriera perché, spesso, si rimane nel posto di lavoro iniziale, anche se non è quello più adatto. Si perde slancio e sicurezza di sé, ci si autocolpevolizza». Il risultato lo si vede da una ricerca americana: chi si laurea in un anno di crisi avrà, anche a distanza di anni, uno stipendio più basso rispetto a chi si è laureato in tempi migliori. Per l’esattezza, scenderà del 3,8% per ogni punto di disoccupazione in più, rispetto al 2% dei senior. Insomma, i giovani sono davvero smarriti e si fa poco o nulla per aiutarli a orientarsi. «La scuola non è più da tempo un ascensore sociale. I genitori avevano capito, decenni fa, che investire nell’istruzione dei figli li avrebbe aiutati ad avere un lavoro migliore. Ora la situazione è cristallizzata ed è un problema che riguarda tutte le società occidentali. In Italia è reso più grave dall’alto tasso di dispersione scolastica e dal divario Nord-Sud». Una questione enorme, di cui non esiste una sola soluzione. «Ma si può partire da alcune piccole cose. Io propongo, per esempio, di modificare il calendario, estendendo a tutto il Paese il pomeriggio a scuola e, magari togliere il sabato. E anche riducendo la vacanza estiva: tre mesi di lontananza da scuola – a meno che le famiglie non spingano per viaggi all’estero, corsi di lingua e attività di volontariato – abbattono il capitale scolastico». Un’altra cosa da fare è «spendere per l’istruzione, non per le pensioni». L’Italia è un Paese che «pensa moltissimo ai giovani a livello personale, cioè investe molto sui figli. Ma non dal punto di vista generazionale. Come società, i soldi sono dati agli anziani perché siano loro a lasciarli ai più giovani. Siamo troppo familisti e paternalisti». Invece andrebbero impiegati nella scuola, anche per valorizzare gli insegnanti. «È un lavoro che ha perso ogni forma di gratificazione e di prestigio sociale. Chi lo fa bene è spinto soltanto da ragioni personali e di passione per la sua missione. Gli altri si limitano al minimo sindacale. E gli effetti sono deleteri». Servono allora nuovi criteri di assunzione, dando più peso alla formazione e alla qualità. «La riforma della scuola non può più essere fatta contro i docenti, ma deve incanalare una richiesta di maggiore professionalità e di competenza». Anche perché – è il caso dell’inglese – i ragazzi, abituati a serie e film in lingua originale, si accorgono subito se il docente è preparato o meno. Per la politica è più semplice, però, ragionare in termini elettorali e premiare le pensioni. «È anche un target più facile da accontentare. Basta puntare appunto sulle pensioni e la sanità. Per i giovani la ricetta è più complicata, hanno interessi più variegati ed è difficile promuovere politiche che accolgano un ampio consenso». Quello che serve ai giovani, che mostrano una leggera inclinazione per l’autoritarismo (cioè hanno meno problemi rispetto agli altri di fronte all’idea di una figura non controllata dal Parlamento, emerge dai sondaggi) ma si sono messi in fila per le vaccinazioni «anche secondo un ragionamento pragmatico, cioè quello di riprendersi la propria libertà» e non si fanno incantare dalla propaganda no-vax (che invece raccoglie adesioni tra i 40-60enni), è più attenzione e, al tempo stesso, più spazio. «Sono loro che abiteranno il futuro e noi dobbiamo garantirgli l’opportunità di crescere e di lasciare loro indipendenza». Serve anche una buona dose di gratitudine: nonostante la narrativa, si sono sacrificati, trascurando gli anni più significativi della loro gioventù, per la collettività. E il libro di Galasso ha il merito di dargliene atto.

(ANSA il 5 ottobre 2021) - Più di un adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato e tra questi 89 milioni sono ragazzi e 77 milioni ragazze. Un disagio che a volte può diventare insopportabile e che porta quasi 46.000 adolescenti ogni anno a togliersi la vita ogni anno, più di uno ogni 11 minuti. A lanciare l'allarme è l'Unicef attraverso il rapporto "La Condizione dell'infanzia nel mondo - Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani", presentato oggi. L'ansia e la depressione rappresentano il 40% dei disturbi mentali diagnosticati e i tassi in percentuale sono più alti in Medio Oriente e Nord Africa, in Nord America e in Europa Occidentale. In alcuni casi il disagio mentale è tale che da lasciare i giovani con la sensazione di non avere una via di uscita. E così il suicidio è, nel mondo, una fra le prime cinque cause di morte fra i 15 e i 19 anni ma in Europa occidentale diventa la seconda, con 4 casi su 100.000, dopo gli incidenti stradali. Le problematiche di salute mentale diagnosticate, tra cui ADHD, ansia, autismo, disturbo bipolare, disturbo della condotta, depressione, disturbi alimentari e schizofrenia, danneggiano i bambini e anche la società nel suo insieme. Una nuova analisi della London School of Economics presente nel rapporto indica che il mancato contributo alle economie a causa dei problemi di salute mentale che portano a disabilità o morte tra i giovani è stimato in quasi 390 miliardi di dollari all'anno. A fronte di questo, "i governi stanno investendo troppo poco per affrontare questi bisogni fondamentali", ha dichiarato il direttore generale dell'Unicef Henrietta Fore. A livello globale, infatti, agli interventi per la salute mentale viene destinato circa il 2% dei fondi governativi per la salute. "Troppo poco rispetto alle necessità", mette in guardia il rapporto.

Dagotraduzione dal Guardian il 6 ottobre 2021. Secondo un nuovo rapporto delle Nazioni Unite, quasi una persona su cinque tra i 15 e i 24 anni in tutto il mondo afferma di sentirsi spesso depresso. L'agenzia per i bambini, l'Unicef e la Gallup hanno condotto interviste in 21 paesi durante i primi sei mesi dell'anno. Quasi tutti i bambini in tutto il mondo sono stati colpiti da restrizioni, chiusura delle scuole e interruzione delle routine. Il rapporto, pubblicato martedì, spiega che insieme alla preoccupazione per il reddito e la salute della famiglia, molti giovani si sentono spaventati, arrabbiati e incerti per il futuro. Quasi un terzo dei bambini in Camerun ha affermato di sentirsi spesso depresso o di avere scarso interesse nel fare le cose, mentre un bambino su cinque nel Regno Unito e un bambino su 10 in Etiopia e Giappone si sentivano così. I risultati non riflettono i livelli di depressione diagnosticata, ma mostrano come si sono sentiti bambini e giovani durante la pandemia di Covid-19. La mancanza di raccolta di dati e di monitoraggio di routine significava che il quadro dello stato di salute mentale e dei bisogni dei giovani nella maggior parte dei paesi era estremamente limitato. Il rapporto ha evidenziato come si stima che più di un bambino su sette di età compresa tra 10 e 19 anni (13%) conviva con un disturbo di salute mentale diagnosticato: 89 milioni di ragazzi e 77 milioni di ragazze. «Sono stati 18 mesi lunghissimi per tutti noi, specialmente per i bambini. Con i blocchi a livello nazionale e le restrizioni di movimento legate alla pandemia, i bambini hanno trascorso anni indelebili della loro vita lontano dalla famiglia, dagli amici, dalle aule, dal gioco, elementi chiave dell'infanzia», ha affermato Henrietta Fore, direttore esecutivo dell'Unicef. «L'impatto è significativo, ed è solo la punta dell'iceberg. Anche prima della pandemia, troppi bambini erano gravati dal peso di problemi di salute mentale non affrontati», spiega il documento. Che riporta un dato: nel mondo ogni 11 minuti un bambino si ammazza. Ogni anno circa 45.800 adolescenti muoiono per suicidio, la quinta causa di morte più diffusa per i bambini di età compresa tra 10 e 19 anni. Per i giovani di 15-19 anni, è la quarta causa di morte più comune, dopo l'incidente stradale, la tubercolosi e la violenza interpersonale. Secondo il rapporto, è la terza causa di morte per le ragazze in questa fascia di età, e la quarta per i ragazzi. «È davvero brutto», ha detto Ann Willhoite, specialista in salute mentale e supporto psicosociale all'Unicef. I problemi di salute mentale diagnosticati, tra cui ansia, autismo, disturbo bipolare, ADHD, depressione, disturbi alimentari e schizofrenia, possono danneggiare in modo significativo la salute, l'istruzione e il futuro dei bambini e dei giovani. Inoltre i problemi di salute mentale non trattati hanno un impatto sulle economie mondiali. Una nuova analisi della London School of Economics, inclusa nel rapporto, ha mostrato che il prezzo economico di tale negligenza è di 387,2 miliardi di sterline (circa 285 miliardi di euro) all'anno. Nonostante la richiesta di sostegno, la spesa pubblica per la salute mentale rappresenta globalmente il 2,1% dell'importo totale speso per la salute in generale. In alcuni dei paesi più poveri del mondo, i governi spendono meno di 1 dollaro a persona per curare le condizioni di salute mentale. Il numero di psichiatri specializzati nel trattamento di bambini e adolescenti è inferiore allo 0,1 per 100.000 in tutti i paesi tranne quelli ad alto reddito, dove la cifra è di 5,5 per 100.000. Gli investimenti nella promozione e nella protezione – diversi dal trattamento e dalla cura dei bambini che affrontano gravi sfide – della salute mentale sono estremamente bassi. La mancanza di investimenti significa che le persone che lavorano in una serie di settori, tra cui l'assistenza sanitaria di base, l'istruzione e i servizi sociali, non sono in grado di affrontare i problemi di salute mentale. «La salute mentale è una parte della salute fisica - non possiamo permetterci di continuare a considerarla diversamente», ha affermato Fore. «Per troppo tempo, sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, abbiamo visto troppa poca comprensione e troppo poco investimento per un elemento fondamentale che serve a massimizzare il potenziale di ogni bambino. Questo deve cambiare».

Fabio Savelli per il "Corriere della Sera" il 4 ottobre 2021. Banchi monoposto un po' più lunghi del previsto. Non in grado di rispettare il distanziamento tra i ragazzi, perché di 74 centimetri e non di 60, la misura massima consentita. Banchi soprattutto non anti incendio, nel rapporto con la superficie di metri cubi della classe, e dunque potenzialmente pericolosi per i ragazzi. Soprattutto un ritiro di emergenza - rivelato dal quotidiano Il Tempo - di 110mila banchi in 136 diversi istituti in tutta Italia, affidato alla struttura commissariale guidata dal generale Francesco Figliuolo. Tramite un assegno di 172.987,08 euro al netto dell'Iva staccato dallo stesso Commissariato alla ditta di trasporti Jet Air Service Spa , iscritta alla Camera di commercio italo-cinese. Per ritirare i banchi in fretta e furia, visto il suo rapporto consolidato con le rotte del Far East che le ha permesso di gestire in passato anche le spedizioni di attrezzature sanitarie, come mascherine e dispositivi medici, dalla Cina verso l'Italia. Dopo i banchi a rotelle, commissionati dall'allora ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina e usati col contagocce dalle scuole, ora il caso dei monoposto. Sul tavolo inevitabilmente c'è la gestione delle forniture della vecchia struttura commissariale guidata dall'ex commissario all'emergenza (e numero uno dell'agenzia per lo sviluppo Invitalia) Domenico Arcuri. Per mitigare i potenziali rischi nelle scuole che li avevano in dotazione, ci sarebbe stato un vertice il 6 luglio scorso che ha coinvolto la struttura tecnica del ministero, guidato ora da Patrizio Bianchi. Si sarebbe deciso di procedere alla rimozione in previsione del nuovo anno scolastico e perciò è stata contattata la nuova struttura commissariale che gestisce i conti delle forniture in questa fase emergenziale. Per farlo è stata necessaria una determina, datata 21 settembre, che ha steso il piano logistico per ritirare questi arredi realizzati dalla portoghese Nautilus che sottoscrisse due contratti durante la gestione Arcuri. Il primo, da 2,2 milioni, per la fornitura di 70mila sedie. Il secondo, da 7,3 milioni, appunto per questi 110mila banchi non a norma, soprattutto se il loro numero all'interno di una classe sia superiore alla superficie di metri cubi totale consentita per la legge anti-incendio. Fonti della vecchia gestione rilevano però che il contratto di fornitura con la portoghese Nautilus era di solo 37mila banchi, di cui 6mila non erano stati accettati dai dirigenti scolastici per le dimensioni eccessive. Erano stati scelti da una commissione tecnica in cui figuravano anche due membri del ministero dell'Istruzione e uno dell'Inail. La portoghese Nautilus era finita da tempo nel mirino tanto che la vecchia struttura commissariale aveva deciso di rescindere il contratto 19 ottobre 2020 perché la merce veniva consegnata in ritardo. Quel che invece è certo è che il cambio di passo tra le due strutture, deciso il 1° marzo dal governo Draghi, determina inevitabilmente un'eredità sugli approvvigionamenti che si scopre giorno dopo giorno. Le procedure di emergenza dettate dalla crisi sanitaria hanno imposto una politica di accentramento. Ora l'ennesimo conto a carico di tutti.

Lorena Loiacono per “Il Messaggero” il 19 settembre 2021. Appena una settimana di scuola e già si contano, da Nord a Sud, centinaia di classi in quarantena. Il numero è destinato a crescere e si pensa, allora, a come fermare i disagi che, un anno fa, misero in ginocchio la didattica in presenza. E le possibilità d’adottare, già approvate o ancora al vaglio degli esperti, vanno dalla quarantena ridotta per i vaccinati alle mini-bolle da isolare in caso di positivi in classe. Da lunedì scorso sono rientrati tra i banchi oltre 4milioni di ragazzi e oggi si concluderà il rientro con le ultime scuole, in Puglia e Calabria: in questi primi giorni di lezione, però, sono iniziate anche le prime chiusure con i casi di positivi che, come da protocollo, stanno mandando in quarantena l'intera classe. Difficile contarne il numero complessivo ma si tratta di centinaia di casi in tutta Italia. A cui si aggiungeranno i nuovi contagi che arriveranno, inevitabilmente, proprio a seguito della ripartenza delle attività. «I contagi nelle classi erano ampiamente prevedibili - ha spiegato Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi - bisogna pensare che in Italia ci sono 400 mila classi, circa. La metà sono di under 12 e quindi non possono vaccinarsi ancora e l'altra metà, invece, è per gran parte vaccinata. È chiaro che più gente si vaccina e meno ragazzi in quarantena avremo». Per ora infatti solo gli over12 possono accedere al vaccino, per i più piccoli si resta in attesa dell'autorizzazione internazionale. Quindi i casi di positivi in classe ci sono e ci saranno, soprattutto a causa della variante Delta che già nei mesi estivi ha dimostrato di saper contagiare anche i più giovani. Ma che cosa accade, quando si verifica un caso di positività a scuola? Va in quarantena tutta la classe. Ma con diverse modalità: quest'anno infatti, a differenza di un anno fa, ci sono tre diversi tipi di quarantena. Alla quella normale di 10 giorni, per i non vaccinati, si è aggiunta quella in formato ridotto da 7 giorni per coloro che, tra docenti e studenti, sono vaccinati. Resta poi l'isolamento a 14 giorni per chi non vuole sottoporsi al tampone e non ha sintomi da 7 giorni. La possibilità di ridurre i giorni di isolamento da 10 a 7 è una strada che punta a ridurre la quarantena per la classe e quindi, di conseguenza, le lezioni in didattica a distanza. Vale per gli studenti ma anche per i docenti che, in questo modo, tornano prima a lezione e riducono i giorni di assenza in cattedra anche nelle altre classi, quelle che altrimenti resterebbero scoperte. Un aspetto non di poco conto visto che lo scorso anno già in autunno tante scuole, alle prese con più classi in quarantena contemporaneamente, decidevano di chiudere per due settimane perché altrimenti, con i docenti in quarantena, non sapevano come far lezione nelle altre classi. Un problema che riguardava soprattutto le scuole superiori dove i professori insegnato in più sezioni. Sulla stessa linea si sta ipotizzando la quarantena ristretta alle mini bolle: vale a dire che, quando uno studente risulta positivo, si va ad isolare solo i compagni più stretti, non l'intera classe. Nelle scuole dove i posti al banco sono fissi, si potrebbe isolare solo i vicini di banco fino a un gruppo di 6. Per ridurre al minimo i disagi anche alle famiglie. In questa ottica il docente, seduto a due metri di distanza, potrebbe addirittura restare fuori dalle bolle. Ma per ora la possibilità di individuare le mini bolle non è prevista dal Cts che conferma il protocollo di sicurezza già in uso, vale a dire mettere in quarantena tutti i contatti. Per poter individuare le mini bolle è necessario poter contare sui posti fissi in classe e a scuola. «Fino ad ora la tendenza è quella di mettere l'intera classe in quarantena in caso di positività di un alunno - ha spiegato ancora Giannelli dell'Anp - la Asl ha il compito di fare il contact tracing per capire chi va messo in quarantena ma non ha la possibilità di fare indagini a tappeto e quindi la cosa più semplice e sicura è quella di mettere in quarantena tutte le classi con un caso di positività». 

Banchi a rotelle, nuovo flop: «Vanno ritirati, sono fuori dalle norme anti-incendio». Fabio Savelli su Il Corriere della Sera il 3 Ottobre 2021. Fuori dalla norma anti-incendio 110mila banchi a rotelle anti-Covid in 136 scuole. La difficile staffetta tra i commissari Arcuri e Figliuolo. Banchi monoposto un po’ più lunghi del previsto. Non in grado di rispettare il distanziamento tra i ragazzi, perché di 74 centimetri e non di 60, la misura massima consentita. Banchi soprattutto non anti-incendio, nel rapporto con la superficie di metri cubi della classe, e dunque potenzialmente pericolosi per i ragazzi. Soprattutto un ritiro di emergenza — rivelato dal quotidiano Il Tempo — di 110mila banchi in 136 diversi istituti in tutta Italia, affidato alla struttura commissariale guidata dal generale Francesco Figliuolo. Tramite un assegno di 172.987,08 euro al netto dell’Iva staccato dallo stesso Commissariato alla ditta di trasporti Jet Air Service Spa, iscritta alla Camera di commercio italo-cinese. Per ritirare i banchi in fretta e furia, visto il suo rapporto consolidato con le rotte del Far East che le ha permesso di gestire in passato anche le spedizioni di attrezzature sanitarie, come mascherine e dispositivi medici, dalla Cina verso l’Italia. Dopo i banchi a rotelle, commissionati dall’allora ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e usati col contagocce dalle scuole, ora il caso dei monoposto. Sul tavolo inevitabilmente c’è la gestione delle forniture della vecchia struttura commissariale guidata dall’ex commissario all’emergenza (e numero uno dell’agenzia per lo sviluppo Invitalia) Domenico Arcuri. Per mitigare i potenziali rischi nelle scuole che li avevano in dotazione, ci sarebbe stato un vertice il 6 luglio scorso che ha coinvolto la struttura tecnica del ministero, guidato ora da Patrizio Bianchi. Si sarebbe deciso di procedere alla rimozione in previsione del nuovo anno scolastico e perciò è stata contattata la nuova struttura commissariale che gestisce i conti delle forniture in questa fase emergenziale. Per farlo è stata necessaria una determina, datata 21 settembre, che ha steso il piano logistico per ritirare questi arredi realizzati dalla portoghese Nautilus che sottoscrisse due contratti durante la gestione Arcuri. Il primo, da 2,2 milioni, per la fornitura di 70mila sedie. Il secondo, da 7,3 milioni, appunto per questi 110mila banchi non a norma, soprattutto se il loro numero all’interno di una classe sia superiore alla superficie di metri cubi totale consentita per la legge anti-incendio. Fonti della vecchia gestione rilevano però che il contratto di fornitura con la portoghese Nautilus era di solo 37mila banchi, di cui 6mila non erano stati accettati dai dirigenti scolastici per le dimensioni eccessive. Erano stati scelti da una commissione tecnica in cui figuravano anche due membri del ministero dell’Istruzione e uno dell’Inail. La portoghese Nautilus era finita da tempo nel mirino tanto che la vecchia struttura commissariale aveva deciso di rescindere il contratto 19 ottobre 2020 perché la merce veniva consegnata in ritardo. Quel che invece è certo è che il cambio di passo tra le due strutture, deciso il 1° marzo dal governo Draghi, determina inevitabilmente un’eredità sugli approvvigionamenti che si scopre giorno dopo giorno. Le procedure di emergenza dettate dalla crisi sanitaria hanno imposto una politica di accentramento. Ora l’ennesimo conto a carico di tutti.

Paolo Bracalini per “il Giornale” il 18 settembre 2021. I banchi a rotelle, uno dei simboli della stagione Conte-Arcuri-Azzolina e dei loro fallimenti nella gestione della pandemia («una cartolina del passato» li ha definiti il ministro Bianchi scatenando le ire del M5s, il partito dell'ex ministra Azzolina). È possibile trovarli nelle sale di attesa dei centri vaccinali, come è successo a Vasto, oppure a migliaia accatastati nei magazzini e mai utilizzati perchè causano «problemi posturali ai ragazzi», come ha denunciato Snals (sindacato lavoratori della scuola) in Veneto, oppure (anche qui, a migliaia) in un capannone a Pomezia, oppure a scuola sì, ma messi da parte in qualche angolo, come ha raccontato Uilscuola Piemonte. Più difficile invece trovarli dove dovrebbero essere, cioè nelle aule dove si fa lezione. Quanti, dei 434mila banchi a rotelle, ampollosamente chiamati «sedute alternative», comprati per circa 100milioni di euro sono infatti stati veramente utilizzati dalle scuole? Il ministero dell'Istruzione non fornisce un numero, perchè - spiegano dal Miur - l'impiego dei banchi è responsabilità dei singoli dirigenti scolastici, quindi non esiste un report ufficiale su che fine abbiano fatto. Bisogna quindi accontentarsi dei numeri ufficiosi, che fotografano un flop devastante. La cifra che circola nei corridoi ministeriali, riportato da Repubblica, è il 50%, un banco a rotelle su due sarebbe finito a prendere polvere da qualche parte. Ma c'è un altro sondaggio che racconta una situazione persino peggiore. Lo ha condotto la rivista «Tecnica della scuola», su un campione di oltre mille soggetti tra docenti, dirigenti scolastici e personale Ata. Alla domanda «Come sono stati utilizzate le sedute innovative o banchi a rotelle?, il 72% ha risposto «non sono stati utilizzati affatto», il 10% «per la didattica nei laboratori», e solo il 17% «per la didattica nell'aula ordinaria». Cioè in meno di 2 casi su 10 i banchi a rotelle della premiata ditta Arcuri-Azzolina sono stati realmente usati in classe, gli altri sono stati dirottati nei laboratori oppure non utilizzati per niente. Anche perché molte scuole si sono lamentate della scarsa comodità dei banchi, incompatibili con un utilizzo prolungato di ore come avviene in classe. Un'altra domanda dello stesso sondaggio, poi, che non c'è niente di innovativo anche in quei pochi casi in cui il banco a rotelle è utilizzato in aula, perché «nel 74% dei casi i docenti affermano che anche in presenza di banchi innovativi la didattica è rimasta la stessa, legata alla lezione frontale». Quando viene usato, lo si usa come se fosse un normalissimo banco. Un'enorme spesa per niente, quindi? È più che un sospetto. Alla Corte dei conti sono arrivate denunce per appurare se non ci sia stato un danno erariale nell'acquisto degli inutili banchi. Tanto inutili che 450 scuole di otto regioni, a luglio, hanno fatto domanda di sostituire i banchi di Arcuri con 50mila banchi tradizionali e rispettive sedie. I fondi per questa nuova fornitura arrivano dal Decreto Sostegni bis dello scorso maggio, che ha stanziato 6 milioni di euro per «l'acquisizione di arredi scolastici». Arredi normali, senza rotelle.

Gianna Fregonara per corriere.it il 24 agosto 2021.

Quando ricomincia la scuola?

Le scuole riaprono il primo settembre, ma gli studenti tornano in classe per la maggior parte il 13. Gli esami di riparazione alle superiori si svolgono in genere all’inizio del mese, ma alcune scuole anticipano già alla fine di agosto. 

A scuola si usa la mascherina?

Sì, dai sei anni in su è obbligatorio l’uso di mascherine chirurgiche anche al banco. Nelle scuole materne le useranno soltanto gli insegnanti. Nelle classi in cui ci sono studenti non udenti si useranno mascherine trasparenti. 

Le scuole le distribuiranno come lo scorso anno?

Sì, è previsto anche per quest’anno che le scuole distribuiscano mascherine chirurgiche per gli studenti e per il personale. 

C’è ancora il vincolo della distanza di un metro tra banco e banco?

Il distanziamento di un metro non è più obbligatorio ma soltanto raccomandato. Dove non ci sia sufficiente spazio, si può derogare purché si mantengano le altre misure sanitarie. Tra banco e cattedra è previsto un distanziamento di due metri ove possibile. 

Si misura la temperatura all’ingresso?

No, la temperatura va misurata a casa. 

Il Green pass è obbligatorio?

Sì, ma soltanto per il personale scolastico. Chi non è vaccinato e non ha l’esenzione deve sottoporsi a tampone ogni 48 ore. 

Chi paga il tampone?

Il tampone è a carico del personale a meno che si tratti di persone fragili che non possono essere vaccinate.

Chi controlla il Green pass?

Deve essere il preside o un suo delegato. Secondo le norme attuali va controllato ogni giorno ma il ministero e il garante della Privacy stanno lavorando per trovare una soluzione più semplice per il controllo. 

Cosa succede se un insegnante non ha il Green pass?

Dal primo settembre al 31 dicembre non potrà entrare a scuola. E se non provvede entro quattro giorni viene sospeso dall’incarico e resta senza stipendio. Un supplente potrà essere chiamato soltanto a partire dal quinto giorno di assenza. 

Solo gli insegnanti dovranno avere il Green pass?

No, anche tutti coloro che entrano in una scuola, assistenti, personale anche amministrativo, addetti alla mensa o ad altre attività. 

Ci saranno turni differenziati di ingresso e uscita per gli studenti?

Sì sono previsti per evitare assembramenti sui mezzi pubblici e all’ingresso e all’uscita da scuola. Si decide zona per zona.

Si potrà fare ginnastica in palestra?

Sì, ma in caso di attività fisica al chiuso bisognerà preferire sport individuali e cercare di mantenere il distanziamento. 

Il servizio mensa è garantito?

Sì, ma dovranno essere fatti dei turni per mantenere il distanziamento tra gli studenti durante i pasti. 

Sono previste misure per il ricambio dell’aria in classe?

Il consiglio del ministero è quello di tenere le finestre aperte. Alcune scuole si sono dotate di apparecchi filtranti, ma l’iniziativa è lasciata ai singoli istituti. Il governo ha stanziato dei fondi.

I genitori possono entrare a scuola?

Un solo genitore può accompagnare il figlio davanti alla scuola. Gli ingressi devono essere ridotti al minimo. I colloqui con gli insegnanti si svolgeranno online. 

Se c’è un caso di Covid in classe, un alunno va in quarantena anche se è vaccinato?

Sì, ma solo per 7 giorni (i non vaccinati per dieci giorni). Dovrà comunque sottoporsi al tampone. Sarà la Asl a predisporre la procedura per la classe. In caso di focolaio, si può decidere di chiudere la scuola.

Ci potrà essere ancora la Dad?

Il governo ha stabilito come priorità che le lezioni siano in presenza. In caso di contagio in classe però, si riattiva la Dad per gli studenti che devono essere messi in isolamento preventivo. Se ci sono focolai o l’area in cui è situata la scuola va in zona arancione e rossa, ricominceranno le chiusure mirate anche delle scuole. 

Sono previste campagne di tamponi nelle scuole per tracciare i contagi?

L’Istituto superiore di sanità sta studiando un piano per fare tamponi di massa. Ma per ora sono le regioni a organizzare campagne soprattutto per i più piccoli che non si possono vaccinare.

"Sfida è tornare in presenza". Piano scuola, resta la mascherina sopra i 6 anni: vaccino “essenziale” ma non obbligatorio. Fabio Calcagni su Il Riformista il 30 Luglio 2021. Per l’avvio dell’anno scolastico 2021/2022 “la sfida è assicurare a tutti, anche per quanto rilevato dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS), lo svolgimento in presenza delle attività scolastiche, il recupero dei ritardi e il rafforzamento degli apprendimenti, la riconquista della dimensione relazionale e sociale dei nostri giovani, insieme a quella che si auspica essere la ripresa civile ed economica del Paese”. È la premessa che fa il ministero dell’Istruzione nella bozza del Piano scuola 2021-22 messo a punto in vista della ripresa dell’attività scolastica di settembre. Un piano atteso da presidi, docenti, studenti e soprattutto enti locali. Ma alle Regioni il piano non sarà presentato a breve: la decisione è slittata infatti alla prossima settimana. 

DISTANZIAMENTO E AREAZIONE – Ma cosa c’è nel piano scuola messo a punto dal Ministero? Innanzitutto da settembre sarà possibile restare in classe anche sotto il metro di distanza. Una scelta già fatta lo scorso anno in deroga per alcune classi del Meridione e che verrà ufficialmente allargata a tutti gli 8 milioni di studenti. Il Ministero raccomanda dove possibile di mantenere distanziamento fisico, ma “laddove non sia possibile” resta l’obbligo “di indossare nei locali chiusi mascherine di tipo chirurgico”, con l’esonero che resta ai bambini sotto i 6 anni. Nella bozza non ci sono obblighi di ventilazione forzata. Il Ministero chiede infatti solo di assicurare il rispetto delle ordinarie misure di areazione dei locali: insomma, basta aprire frequentemente le finestre. Quanto alle mense, scolastiche, gli operatori dovranno rispettare l’uso della mascherina ma non saranno necessarie stoviglie monouso.

VACCINI – È invece “essenziale” ma non obbligatorio che personale docente e non docente “assicuri piena partecipazione alla campagna di vaccinazioni”. Ma il vaccino è promosso anche tra i più giovani, “per gli studenti di età uguale o superiore ai 12 anni” è “necessario avanzare celermente nella campagna vaccinale”.

POSITIVI – In caso di positività a scuola, il piano prevede la santificazione “se non sono trascorsi più di 7 giorni da quando la persona positiva ha visitato la struttura”. 

PALESTRE –  In zona bianca non sarà necessaria la mascherina, ma gli studenti per l’attività motoria all’aperto dovranno mantenere una distanza di due metri. Al chiuso invece è richiesta l’adeguata aerazione dei locali.

Sempre per le attività al chiuso, nelle zone bianche le attività di squadra sono possibili, mentre in gialla e arancione la raccomandazione è di svolgere unicamente attività individuali. 

Fabio Calcagni. Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.

Da blitzquotidiano.it il 14 luglio 2021. La pandemia e la dad al posto della scuola in presenza hanno fatto danni enormi sull’apprendimento degli studenti, soprattutto alle superiori. Il quadro emerge dal Rapporto Invalsi. Alle medie il 39% degli studenti non ha raggiunto risultati adeguati in italiano, il dato sale al 45% in matematica. Alle superiori il dato sale rispettivamente al 44% e al 51% con un + 9% (praticamente uno studente su due). In molte regioni del Sud oltre la metà degli studenti non raggiunge la soglia minima di competenze in Italiano. Campania e Calabria 64%, Puglia 59%, Sicilia 57%, Sardegna 53%, Abruzzo 50%. In Campania il 73% degli studenti è sotto il livello minimo di competenza in matematica, in Sicilia 70%, 69% Puglia.

Scuola, dad e studenti impreparati. Il calo è generalizzato in tutto il Paese e solo la Provincia autonoma di Trento rimane sopra alla media delle rilevazioni del 2018 e del 2019. La quota di studenti sotto il livello minimo cresce di più tra gli studenti socialmente svantaggiati e presumibilmente anche tra quelli immigrati. Sono il 9,5%, ovvero oltre 40 mila, i giovani di 18-19 anni, che escono da scuola senza competenze, impreparati. “Sono la metà della città di Ferrara – ha fatto notare Roberto Ricci, responsabile nazionale delle prove Invalsi – un terzo di Modena. La bocciatura non cambia le cose, è più funzionale all’organizzazione della scuola che alle competenze. I dati dicono che anche gli studenti che hanno avuto una bocciatura, continuano ad avere esiti sensibilmente più bassi di chi non è stato bocciato, dunque la bocciatura non è la soluzione. La sfida credo sia cercare risposte alternative, che sono già tutte nell’ordinamento vigente, non necessitano di particolari risorse le indicazioni nazionali”. 

Il caso della Puglia. “Il tempo che è trascorso – ha concluso il ricercatore – non lo recuperiamo con la bacchetta magica, ma usare questi dati può aiutare a prendere decisioni da calare nella realtà”. La Puglia, ha fatto notare, che per diversi anni è stata citata come esempio in controtendenza incoraggiante, rispetto al resto del Sud, si è giocata con la pandemia quel guadagno che aveva accumulato: “Questo ci deve dire quanto il miglioramento va coltivato con garbo e affetto, non va sciupato, una volta raggiunto”.

Danni gravi dalla dad, 1 studente su 2 termina le scuole impreparato: maglia nera per il Sud. Allerta dispersione. Invalsi: il 73% in Campania non sa la matematica. Male pure l’italiano. Nelle ultime posizioni anche la Puglia. La Gazzetta del Mezzogiorno il 14 Luglio 2021. La pandemia e la dad hanno fatto danni enormi sull'apprendimento dei ragazzi, soprattutto alle superiori. Il quadro emerge dal Rapporto Invalsi. Alle medie il 39% degli studenti non ha raggiunto risultati adeguati in italiano, il dato sale al 45% in matematica. Alle superiori il dato sale rispettivamente al 44% e al 51% con un + 9%. In molte regioni del Sud oltre la metà degli studenti non raggiunge la soglia minima di competenze in Italiano: Campania e Calabria 64%, Puglia 59%, Sicilia 57%, Sardegna 53%, Abruzzo 50%. In Campania il 73% degli studenti è sotto il livello minimo di competenza in matematica, in Sicilia 70%, 69% Puglia.

MALE ALLE MEDIE - La pandemia ha aumentato significativamente il numero degli studenti che non raggiungono risultati adeguati in italiano e matematica, ossia non in linea con quanto stabilito dalle Indicazioni nazionali. Sono infatti il 39% in Italiano (+5 punti percentuali rispetto sia al 2018 sia al 2019) e il 45% in Matematica (+5 punti percentuali rispetto al 2018 e +6 punti percentuali rispetto al 2019). Va meglio la situazione in Inglese-reading (A2): i ragazzi che non raggiungono un minimo di competenze sono il 24% , -2 punti percentuali rispetto al 2018 e +2 punti percentuali rispetto al 2019) in Inglese-listening (A2) sono il 41% (-3 punti percentuali rispetto al 2018 e +1 punto percentuale rispetto al 2019). In tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli. Inoltre, tra questi ultimi diminuisce di più la quota di studenti con risultati più elevati. Si riduce quindi l’effetto perequativo della scuola sugli studenti che ottengono risultati buoni o molto buoni, nonostante provengano da un ambiente non favorevole (i cosiddetti resilienti). I divari territoriali tendono ad ampliarsi. In alcune regioni del Mezzogiorno (in particolare Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) si riscontra un maggior numero di allievi con livelli di risultato molto bassi, che raggiunge il 50% e oltre della popolazione scolastica in Italiano, il 60% in Matematica, il 30-40% in Inglese-reading e il 55-60% in Inglese-listening. Emergono forti evidenze di disuguaglianza educativa nelle regioni del Mezzogiorno sia in termini di diversa capacità della scuola di attenuare l'effetto delle differenze socio-economico-culturali sia in termini di differenze tra scuole e, soprattutto, tra classi.

IL COMMENTO DEI PRESIDI PUGLIESI - «Il rapporto Invalsi indica la presenza in Puglia di un vero e proprio deficit formativo, chiaramente legato al ricorso massiccio alla didattica a distanza che si è consentito nella nostra regione rispetto ad altre nelle quali i rischi di contagio erano anche maggiori». Lo dichiara in una nota Roberto Romito, presidente regionale pugliese dell’Associazione nazionale presidi, commentando i "dati preoccupanti» resi noti oggi, soprattutto «sulle percentuali di alunni del quinto anno delle scuole superiori che non raggiungono la soglia minima di competenza: in italiano il 59%, in matematica il 69%»."Si è verificato, purtroppo, ciò che era stato da molti previsto - dice Romito - : un calo generalizzato, in particolare nella scuola superiore, dei livelli di apprendimento» e «un accentuarsi preoccupante della dispersione scolastica, in particolare nel mezzogiorno, Puglia inclusa». Per Romito «sicuramente ha pesato negativamente, in particolare negli ultimi due mesi di scuola, il messaggio di disincentivazione della frequenza scolastica che è stato lanciato a studenti e famiglie attraverso le ordinanze che hanno consentito la cosiddetta “didattica a scelta”. La nostra posizione contraria, in merito, è nota. Auspichiamo - conclude - che non si ripeta più questo errore, ma che in condizioni di rischio pandemico accettabile si mettano in campo, finalmente, tutte le misure atte a far sperare in un più regolare avvio del prossimo anno scolastico: dalle vaccinazioni degli studenti fra 12 e 18 anni di età al completamento di quelle dei docenti e del personale delle scuole, dal tracciamento dei contagi alle misure di prevenzione attuate nelle stesse scuole per mezzo del personale sanitario a loro dedicato (i TOSS), senza trascurare l'effettivo potenziamento del trasporto pubblico locale».

IL PARERE DELL'AZZOLINA - «La didattica a distanza amplifica le disuguaglianze, deve rimanere solo uno strumento di emergenza». Così l’ex Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina commentando i risultati delle prove Invalsi. «I punteggi più bassi - prosegue - sono in Regioni del Sud o tra studenti che alle spalle hanno famiglie disagiate. Serve un impegno forte in vista di settembre per mandare ragazzi e ragazze in classe al 100%. Un impegno vincolante per tutti, Regioni comprese. Gli studenti di Campania e Puglia sono in fondo alle classifiche Invalsi a causa delle decisioni sconsiderate dei rispettivi Presidenti, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, che hanno sempre minimizzato l’impatto delle chiusure." «Non possiamo più permettercelo. La riprova di questa necessità - conclude - è nei punteggi della scuola primaria, pressoché identici alla situazione pre-Covid: un risultato frutto delle battaglie portate avanti per mandare circa 5 milioni di studenti più piccoli in presenza per tutto l’anno scolastico». 

Dagospia il 14 luglio 2021. Riceviamo e pubblichiamo: Caro Dago, Covid, Rapporto Invalsi, con la Dad uno studente su due con gravi carenze E allora perché poi agli Esami di Maturità vengono promossi tutti? Lucio Breve

Lorena Loiacono per "il Messaggero" il 9 giugno 2021. Uno studente su 4, quest' anno, ha deciso di fare ricorso alle lezioni private. Una scelta necessaria per recuperare le insufficienze accumulate negli ultimi due anni di scuola. Una corsa ai ripari dovuta al fatto che, nel 2020, per gli studenti delle superiori non ci sono stati debiti né bocciature, perché lo scoppiò della pandemia fece chiudere le scuole a marzo e la didattica a distanza stentò a mettersi in moto. Ma ora tutte le lacune, in qualche modo, devono essere colmate. Spesso a spese delle famiglie, visto che le ripetizioni private si pagano. Secondo un sondaggio di Skuola.net, si stanno rivolgendo al docente privato per lezioni extra non solo i ragazzi con forti lacune e debiti da sanare con gli esami a settembre ma anche il 50% di coloro che hanno la sufficienza stentata. A questi si aggiungono, in diversi casi, anche coloro che decidono di mettere mano al portafoglio, per le ripetizioni, anche senza avere debiti formativi. Sono ragazzi che vogliono approfondire quegli argomenti che, con la didattica a distanza, non sono stati studiati a dovere: in questo caso si tratta di un ragazzo su 5. Le difficoltà maggiori, ancora una volta, sono da ricollegare alla didattica a distanza che ha messo a dura prova studenti e docenti, complicando la situazione anche a chi, prima, non aveva alcun problema nello studio: un terzo degli intervistati è sicuro che la sua pagella avrà voti più bassi per colpa delle lezioni da remoto. Se fossero stati in presenza, assicurano, avrebbero avuto una media più alta. E così sta crescendo il numero di coloro che hanno deciso di rivolgersi al docente privato: si tratta di rimboccarsi le maniche e affrontare il risultato di due anni di disagi. Basti pensare che la metà dei ragazzi che ha deciso di seguire le ripetizioni a pagamento, lo fa per materie nelle quali già 12 mesi fa aveva delle insufficienze. Non ha avuto il debito un anno fa, ma ora deve comunque far quadrare i conti. Adesso infatti, con i quadri di fine anno, i problemi escono fuori. Ed emerge che spesso la scuola non è stata di aiuto, perché non è riuscita ad intervenire sostenendo i ragazzi con i corsi di recupero gratuiti. Così i problemi si sono trascinati per mesi. Tra i ragazzi che seguono le ripetizioni private uno su 5 non ha potuto svolgere corsi a scuola, perché non sono stati organizzati. Tra coloro che invece hanno seguito i corsi di recupero, uno su 2 si trova comunque in difficoltà perché non è riuscito a recuperare. C' è anche chi, avendo avuto la sufficienza un anno fa, non ha potuto seguire i corsi organizzati dalla scuola perché non rientrava tra gli studenti con debiti formativi. E così, per diversi motivi, si ricorre sempre più spesso al docente privato che comporta dei costi, inevitabilmente, a carico delle famiglie. Quindi è chiaro che le ripetizioni sono possibili solo per gli alunni i cui genitori possono permettersele. La spesa non è di poco conto: mediamente infatti, per un' ora di lezione, uno studente delle superiori deve pagare tra i 20 e i 25 euro. I costi aumentano per determinate materie, come greco o matematica per le quali si arriva a pagare anche 30 euro e oltre. Se il docente privato poi è universitario, la tariffa lievita a 40 euro. Sale ancora di più se ci si trova in vacanza. E così sarà, visto che l' estate per molti rappresenterà il momento di rimettesi sui libri: circa un alunno su 4 ha già deciso di ricorrere alle ripetizioni durante i mesi estivi. Lo stanno già facendo anche molti maturandi: uno su 6 si rivolge ad un docente privato anche per prepararsi al colloquio previsto per l' esame di Stato, che inizierà in tutta Italia il 16 giugno. Per molti di loro si tratta anche di un' occasione per ripassare e mettere a punto l' elaborato, per poi arrivare alla prova più sereni.

Federico Taddia per “La Stampa” il 3 magio 2021. «Non aver l'occasione di vivere fino in fondo la mia vita». «Non provare più piacere ad uscire con gli amici». «Non poter più andare in giro per il mondo». «Essere additato come un untore». «Andare in paranoia al primo starnuto». «Temere la morte, prima non ci avevo mai pensato». Aprono la bocca gli adolescenti. E sono parole pesanti. Di testa e di pancia. Quelli della Dad, del tempo sospeso, dell'età dove tutto sembra possibile e invece tutto è diventato vietato. Escono dal silenzio in cui sono stati relegati in questi mesi. Si confessano. Parlano di loro, parlando a loro. Raccontando le proprie paure - il 60% ammette di averne delle nuove da quando è iniziata la pandemia - con lo sguardo inevitabilmente slanciato verso il domani, ma ancora ancorati e zavorrati ad una realtà fatta di incertezze, vuoti e angosce. Partono però da questo presente in cui non si riconoscono per mettere a fuoco le idee sul futuro che vogliono: il 61% spera in un lavoro che realizzi i propri sogni, il 36% si auspica un profilo da persona normale, capace comunque di lasciare un segno in un qualche campo, e quasi il 69% dice che - con qualche piccolo aggiustamento nel carattere e nelle abitudini - vorrebbe comunque assomigliare ai propri genitori. Numeri e frasi, brevi riflessioni e lunghe esternazioni con cui narrarsi: cento domande a trentamila ragazze e ragazzi (e non solo, perché il 10% ha sottolineato di non sapere in quale sesso identificarsi) sono la sostanza di «Chi sono? Io. Le altre. E gli altri», una sorta di selfie generazionale realizzato insieme al portale Skuola.net per fotografare idee, emozioni, incubi, aspirazioni e turbamenti degli under 18 italiani. E ne esce un ritratto vivo, colorato, non rassegnato, ricco di sfumature e sane contraddizioni. Con una consapevolezza di fondo acquisita e maturata ben prima del Covid: per progettare il destino devono darsi da fare, mettersi in gioco, con un occhio alle innovazioni e l'altro alla sostenibilità. «Pensi che le persone della tua età possano cambiare le cose?». Il 77% è sicuro di sì, a differenza di un 23% convinto che gli adulti non siano disposti a prestare attenzione e a concedere spazi. E nel concretizzare questo desiderio di cambiamento si guardano intorno, per individuare le direzioni da prendere. Il 15% dice di farsi condizionare dagli influencer, il 70% crede negli scienziati, il 64% ascolta poco o per nulla i politici. E i professori? Solo il 10% ha una fiducia cieca nei loro confronti, il 37% si fida, ma solo di alcuni. Greta Thunberg ed Elon Musk guidano la classifica dei più rivoluzionari, anche se le loro personali rivoluzioni le mettono in pratica nella quotidianità con azioni di cui vanno fieri e ne scrivono con orgoglio: «Andare insieme agli amici a ripulire il quartiere», «litigare con mamma e papà per il femminismo», «diventare il primo rappresentante di classe nero nel mio liceo» fino al «non giocare alla PlayStation per ben due settimane». Pensano però in grande, e si vedono - come movimento giovanile - protagonisti di imprescindibili trasformazioni epocali: sono certi - o per lo meno sono convinti che stia a loro provarci - di poter combattere il riscaldamento globale, di rivoltare la scuola come un calzino, di estinguere la corruzione, di adottare uno stile di vita più sostenibile e - citando testualmente - «di provare a sistemare i casini lasciati in eredità da chi è passato prima di noi». Sì, perché è anche una generazione arrabbiata. Per il sistema scolastico impaludato in schemi vecchi e stantii, per la mancanza di ascolto, per il razzismo e l'omofobia che respirano nella società, per il sentirsi sottovalutati. Una rabbia che il 25% sfoga chiudendosi in se stesso, mentre un 5% si rifugia nella violenza, il 3% nell'alcol e nel fumo, e l'1% il conforto lo trova nelle droghe. Il 65% si ritiene però una persona felice, anche se il 42% evidenza che, negli ultimi mesi, nessuno gli chiesto: «Sei felice?». Amici, famiglia, amore, sport e musica sono le prime fonti di gioia; e la definizione «tutti possono trovare la felicità» la trova «vera» il 40%, «basta volerlo» il 33%, «tutta questione di fortuna» il 15%, «impossibile» il 3% ed «è una cavolata» il 9%. Infine, aprendo le porte alla fantasia, è stato domandato ai giovanissimi di indicare chi vorrebbero essere da grandi: le fantaprevisioni hanno divagato da Chiara Ferragni a Piero Angela, passando per Ronaldo, Frida Kahlo e Albert Einstein. Anche se, timidamente, quasi sottovoce, la risposta corale è stata molto più semplice e desiderata: «Ci basterebbe poter essere noi stessi».

Malessere psicologico, meno sport e depressione, per i giovani il fardello covid è doppio. Fabrizia Sernia su Il Quotidiano del Sud il 19 aprile 2021. Preoccupati e impauriti dal Covid-19, più ansiosi rispetto ai loro genitori e più colpiti sul piano emozionale, per le conseguenze sociali dell’epidemia, i Millennials sono pronti a vaccinarsi. Con adesioni bulgare. Per loro e per i fratelli minori della Generazione Z, le restrizioni hanno portato carichi di stress ben più elevati rispetto agli adulti, con effetti, nel caso degli under 18, “rilevanti” in sei ragazzi su dieci. A scattare l’istantanea è stata la Fondazione Italia in Salute,  che nell’indagine “Gli italiani e il Covid-19. Impatto socio-sanitario, comportamenti e atteggiamenti della popolazione Italiana” ha “pesato” l’effetto della pandemia sui comportamenti collettivi e sullo stato psicologico dei cittadini, riuscendo per la prima volta a misurare l’ampiezza del disagio, nel confronto fra le generazioni, testandone fiducia e attitudine a vaccinarsi. Dallo studio, realizzato da Sociometrica su un campione di mille persone, rappresentativo della popolazione, con interviste raccolte fra il 24 e il 30 marzo 2021, sono emerse molte conferme e altrettante sorprese, a cominciare dai dati relativi alle prestazioni sanitarie non Covid per la popolazione, con dati sugli under 25.

Pronto soccorso kaputt. Durante la pandemia, sono 35 milioni gli italiani che hanno avuto problemi a utilizzare servizi e prestazioni sanitarie per patologie non-Covid. I giovani sono stati la categoria più penalizzata nell’accesso al pronto soccorso, con il 16,7% dei casi e nell’ottenere una visita dal proprio medico di base. Su circa 5 milioni di italiani che si sono visti spostare o cancellare un intervento in day hospital, giovani e over 65 hanno registrato tassi di disagio analoghi: 11% i primi e 11,2% i secondi. Solo gli under 50 sono andati peggio, con il 13,5%. Rispetto alla popolazione generale, dal report giunge poi una conferma: sono sette milioni le visite specialistiche rinviate o cancellate, con il 90% circa della popolazione over 65 penalizzata nei controlli. I ritardi più significativi delle prestazioni sono stati registrati al Mezzogiorno.

Il Covid fa più paura al Sud. Il Covid fa più paura ai giovani e alle persone più istruite, specie al Sud. Per i ricercatori è possibile che le prime due risultanze siano frutto di dimensioni sociali che spesso si intersecano: la vita di gruppo, tipica delle persone giovani e le attività professionali più elevate, che portano a fare viaggi di lavoro. Nella contrazione della vita sociale che gli italiani hanno adottato spontaneamente in tutta Italia, oltre i paletti normativi, è al Sud che si sono verificati i comportamenti più restrittivi, attraverso un minor ricorso ai mezzi pubblici – il 70,4% al Sud contro il 54,1% del Nord Ovest e la rinuncia sia agli spostamenti fuori dal comune – il 62,5% contro il 54,6% del Nord Ovest – che agli inviti a casa, con il 75,4% al Sud contro il 61,4% del Nord. Nell’inversione ad U delle abitudini sociali – come non recarsi in negozi e ristoranti, anche se parzialmente aperti – le auto restrizioni hanno condotto ad un incremento delle cattive abitudini e a rari aumenti di quelle buone, come una maggiore attenzione all’alimentazione. Un italiano su tre, il 29,1%, ha lasciato la pratica sportiva, spesso anche i giovani.

Più irritabili e depressi. Nervosismo (49% dei soggetti), riduzione dell’attività fisica (43,9%), disturbi del sonno (28,8%), difficoltà a tollerare alcune restrizioni (27,1%), alimentazione più disordinata (25,7%), sintomi di depressione (16,5%), tutti i disturbi causati dalle “sottrazioni” imposte dalla pandemia nella popolazione adulta, vedono amplificarsi negli under 25 il disagio, tanto più “insopportabile” quanto più elevato è il grado di istruzione. Raddoppia la platea con sintomi depressivi (34,7% dei casi), schizzano malessere psicologico (40,2%) e irritabilità (60,2% dei casi). E’ più cospicua, il 46,1%, anche la schiera di chi riduce o abbandona lo sport. Cresce l’alimentazione disordinata (31,8%), mentre è più contenuto il maggior ricorso ad alcol e fumo. Capitolo a parte sono i minori, per i quali i ricercatori hanno chiesto ai genitori di valutare l’impatto psicologico delle misure restrittive. Circa sei su dieci lo giudicano “rilevante”. Per uno su quattro (il 24,6%), i minori sono stati “colpiti molto pesantemente”, per uno su tre (33,5%) “abbastanza pesantemente”, mentre il 34,2% ritiene l’impatto “non troppo rilevante”. Secondo la ricerca, esiste una “legge di proporzionalità”, per cui più basso è il titolo di studio dei genitori e più grave è l’effetto dell’epidemia sui minori.

Io mi vaccino. I giovani vogliono vaccinarsi e sono una delle categorie più ferme nel proposito, con rarissimi casi no-vax. Dalle interviste, il 73,3% della popolazione si è detta pronta a vaccinarsi. Un italiano su quattro “non vede l’ora” (24,1%) e il 40,5% attende il proprio turno. L’8,7% si è già vaccinato. Il 9,9% si informerà, ma “se potesse non lo farebbe” e il 7,6% vuole scegliere quale vaccino fare. Il 7,5% non ha intenzione di farlo. La schiera degli attuali no-vax è più consistente sopra i 65 anni e fra i 46-55enni. Chi non intende vaccinarsi generalmente ha un basso grado di istruzione, con diploma di scuola media inferiore e delle scuole professionali (12%), mentre i laureati sono più rari (7%). Infine, oltre sei italiani su dieci (62,8%) hanno fiducia nei vaccini. Si tratta di una percentuale minore rispetto a chi si dice pronto a vaccinarsi, che in concreto si traduce in altri 10 milioni di persone che pur avendo dubbi sull’affidabilità dei vaccini, sono comunque disposte a vaccinarsi.

Quanti bambini abusati tra le mura di casa: i numeri in crescita con un anno di lockdown. In aumento le violenze domestiche sui minori. Sia sessuali che psicologici. I dati inediti di Telefono Azzurro su questi lunghi mesi di pandemia. Elena Testi su L'Espresso il 14 aprile 2021. Una cartina geografica di fili rossi disegna le braccia. Chiusa in una stanza. Il silenzio di una lametta che taglia in superficie, a volte affonda nella carne, tracciando nuove strade di dolore. Il sangue cade sul pavimento. Le gocce rosse sono la rabbia che fugge dal corpo per posarsi all’esterno. Angelica ha 15 anni. Digita sul telefono il 114, il numero del Servizio Emergenza Infanzia promosso dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia e gestito da Telefono Azzurro. Il racconto arriva con la cattiveria di un’età che cambia. Vittima di bullismo al liceo. «Non ho amici e i pochi compagni di classe che non mi offendono, non mi salutano», dice all’operatrice in ascolto. L’autolesionismo è il modo che utilizza Angelica per gestire il rifiuto. La psicoterapeuta che l’ha presa in cura la sta aiutando, il percorso è iniziato e i tagli sono sempre meno frequenti. Il lockdown, la didattica a distanza sono una consolazione alla paura della riapertura della scuola. A settembre varca di nuovo il portone. In classe arriva una voce: «Cogliona», poi un altro compagno: «Questa volta ti faccio sanguinare io». Si sente male e chiede di essere riaccompagnata a casa. Dal quel giorno non rivedrà mai più il banco. Quando chiama il 114 ha una crisi, è consumata dall’angoscia. Angelica non vuole tornare. Angelica vuole la scuola chiusa. Angelica è una ragazza di 15 anni, una delle tante che ogni giorno digita il 114 per sussurrare la disperazione del tempo sospeso. È nei numeri del report inedito fornito a L’Espresso dal Centro Studi, Ricerche e Sviluppo di Telefono Azzurro che le voci diventano un dipinto nitido. Soli, divorati dai problemi familiari, angosciati, stanchi. Esuli a casa loro. Un racconto a più voci,  iniziato dai reparti di neuropsichiatria infantile  e che adesso entra nelle case dei giovani adolescenti. Un racconto che si ripete nei suoi problemi e nei suoi drammi, ma che il mondo della politica continua a considerare come inesistente. «Nell’anno compreso tra il 15 febbraio 2020 e il 14 febbraio 2021», si legge nel report, «il Servizio 114 Emergenza Infanzia ha gestito 1.885 casi, ovvero 157 al mese e 5 al giorno. Comparando lo stesso periodo con l’anno precedente, si è registrato un incremento di casi di circa il 6 per cento e un aumento del 10 per cento dei minori coinvolti, principalmente nel ruolo di vittime, per un totale di 2.235 segnalazioni». Simona Maurino, psicologa di Telefono Azzurro e responsabile del Servizio 114 Emergenza Infanzia, spiega: «Stiamo assistendo a un aumento del rischio per la salute mentale nelle nuove generazioni. Un’onda lunga della quale vedremo i risultati solo tra qualche anno». Un’onda lunga dove crescono del 22 per cento abusi e violenze, tra le cui declinazioni aumentano del 39 per cento gli abusi psicologici, del 18 per cento gli abusi sessuali.

ABUSI SESSUALI. Teresa ha 12 anni. Non chiama, ma invia messaggi alla chat del servizio d’emergenza. Dice di essere confusa e spaventata. Poi chiede se può parlare per un’amica. L’amica è Rachele, 13 anni. Ha dei lividi sul corpo, ma ogni volta che Teresa cerca una spiegazione la risposta è una scusa. Esausta, decide di raccontare delle violenze subite, del padre che picchia anche la madre. Ma il racconto continua, perché Teresa dice che «ultimamente è molto triste, e io sarei disposta a fare di tutto per la mia amica». La domenica, scrive la ragazzina di 12 anni in chat, quando la mamma di Rachele va alla messa, il padre la tocca. La madre è ignara di tutto. Un abuso sessuale che si consuma in un’ora, al punto che «arriva a spogliarla e un giorno a farle male», scrive la bambina terrorizzata. Rachele vacilla e scopre che l’unico modo per spezzare l’abuso è confessare tutto all’amica prima che il lockdown finisca. Teresa è una storia che si intreccia ai dati. Simona Maurino, che lavora da quasi dieci anni a Telefono Azzurro, spiega: «Durante la prima ondata, i servizi territoriali hanno avuto un forte rallentamento e in alcuni casi sono stati chiusi. Anche noi ci siamo trovati in grande difficoltà ad interfacciarci con i servizi e le agenzie del territorio. Ed è per questo che molti minori ci hanno contattato più volte, anche perché abbiamo registrato durante i periodi di chiusura tante situazioni di violenza domestica nuove ed esasperate». I servizi territoriali ancora tentennano, mentre una generazione attende. Nessuno ne parla, in pochi denunciano, le istituzioni guardano alle aperture colorate, mentre l’arcobaleno dell’infanzia sfuma. Il Parlamento tace.

LA DIDATTICA A DISTANZA E LA CHIUSURA DELLE SCUOLE. Zoe ha 14 anni. Contatta il 114 tramite chat. Il suo è un maltrattamento reiterato. Ha paura di stare in casa. Il giorno prima la madre si è arrabbiata per motivi banali, ha iniziato a picchiarla, lei si è chiusa a chiave in camera. Dopo un po’ ha deciso di aprire la porta e la mamma ha iniziato a colpirla a pugni, graffiandola. «Ti uccido di botte», le ha urlato. Non sapendo come chiedere aiuto ha aspettato il momento della didattica a distanza, ha detto all’insegnante di avere bisogno di un supporto e di lasciarla connessa durante la lezione, così che lei potesse allertare il Telefono Azzurro. Racconta una situazione così grave da chiedere l’arrivo delle forze dell’ordine, al quale è seguito l’allontanamento dalla famiglia. Ed eccolo, uno dei problemi principali: la chiusura delle scuole ha ucciso i punti di riferimento. Maurino guarda il database e sottolinea: «Le chiusure hanno fatto in modo che i minori stiano meno a contatto con gli adulti fuori dai contesti familiari. Adulti che possono segnalare situazioni di pregiudizio o di pericolo. Il fatto ad esempio che gli insegnanti non vedano più i propri allievi a causa della Dad crea un grande rischio». Un rischio percepito nei dati, che sgretolano la barriera dell’omertà che si è creata di fronte a una generazione inascoltata. Chi chiama o scrive al Telefono Azzurro parla di un forte malessere e di un grandissimo senso di stanchezza. Vogliono riprendere le loro relazioni, ma ci sono anche quelli che dopo un anno temono di tornare a scuola perché non si sentono più in grado di interagire con gli altri. Tra questi i giovani presi di mira dai compagni, o ragazzi timidi che faticano a entrare in empatia. Due polarità. «Dai racconti dei ragazzi », dichiara Maurino, «si scopre che sono soli sebbene iper-connessi, una solitudine data dall’impossibilità del contatto. Questo aspetto ci conferma il valore della socialità, che è un valore fondamentale, e la sua funzione nello sviluppo identitario». Flavio 15 anni. Contatta il 114 in chat. Scrive: «Mi mancano i miei amici, fare le cose che facevamo prima. I nostri posti preferiti». Gli pesa non vedere più nessuno, una rottura che si riflette anche con i genitori: «Siamo tutti insieme, stretti come sardine, ma impegnati ognuno nelle proprie cose». Dice di non aver mai provato queste sensazioni. Flavio si chiede se mai riuscirà a riprendere i normali rapporti con gli amici. «Non è che non vedendoci per tutto questo tempo», scrive, «le cose tra noi cambieranno? Per la prima volta penso alla morte».

ABUSI PSICOLOGICI, VIOLENZA E LOCKDOWN. Rebecca, 14 anni. Lei usa Whatsapp per chiedere aiuto. Scrive: «Mi sto spegnendo, la testa mi dice cose che mi fanno paura e ho bisogno d’aiuto». Una famiglia devastata dalle continue discussioni. Il papà ha perso il lavoro in concomitanza con il lockdown. E, sempre in chat: «Piango tutti i giorni, la situazione è peggiorata, mi sento in depressione quasi tutto il tempo. Per il forte stress ho macchie sulla pelle, perdo capelli, non ho più l’appetito». Anche lei si taglia la pelle con la lametta, ma va a fondo provocandosi delle grandi cicatrici. Rebecca aveva da poco intrapreso un percorso di sostegno, che però si è interrotto con la chiusura. È rimasta sola e senza riferimenti. Rebecca soffre. In questa chiusura l’incertezza del futuro ha sbaragliato i punti fermi, e i genitori sono sempre in apprensione. Loro diventano valvole di sfogo e assorbono le paure costanti di chi li ha cresciuti. «Da maggio in avanti», aggiunge Maurino, «uno dei temi che ha iniziato a emergere è la preoccupazione della perdita del lavoro dei genitori. Si è inoltre parlato poco dei disturbi psicopatologici, come il disturbo ossessivo compulsivo da contaminazione, esasperato da questa situazione». Come per Benedetta, 13 anni. Il padre ha sviluppato un’ossessione da Covid-19. Controlla ogni suo movimento. Nessuno può toccare nulla in casa se prima non si è igienizzato le mani. Tenta di strozzarla perché si è avvicinata troppo alla pentola dove sta cucinando la cena. Ha paura di ammalarsi, una paura incontrollata che porta il genitore a comportamenti ossessivo-compulsivi. Il Covid-19 lo terrorizza e così si scaglia contro Benedetta, che esausta e impaurita dalle violenze contatta il 114. Lombardia, Campania e Lazio: sono queste le regioni in cui si riscontrano più casi. Ma non è la divisione territoriale a dare una visione del problema. È il silenzio esasperato a chiedere risposte urgenti.

Miriamo Romano per "Libero Quotidiano" il 15 aprile 2021. Il caso è esploso nei giorni scorsi e prima di arrivare alle reazioni, che sono forse il nocciolo della questione, riepiloghiamo in breve i fatti. Sull'altare della cronaca è salita un'insegnante di tedesco di un liceo del centro storico di Verona, il Montanari, alle prese con la contestatissima Dad (didattica a distanza, per chi ancora non ha assimilato l'acronimo). La professoressa in questione, prima delle vacanze di Pasqua, si sarebbe macchiata della colpa di aver fatto bendare una studentessa durante un'interrogazione a distanza per verificare che non stesse "barando". L'alunna, rispondendo ai quesiti da casa, stava andando "troppo bene", dimostrandosi ben più capace e preparata rispetto alle performance a cui era abituata l'insegnante in classe. Da qui la richiesta della docente e la solerzia nel voler sondare con accuratezza la preparazione della studentessa. «Prenda una sciarpa e si bendi, voglio vedere se ha studiato davvero». La giovane ha obbedito: si è coperta gli occhi. Un'immagine, quella della quindicenne bendata di nero, che, solo pochi giorni fa, ha fatto il giro del web, dei social, arrivando a strappare commenti e giudizi anche dalla politica. Chi ha parlato di mancanza di rispetto, di lesione della dignità della giovane. La platea si è schierata quasi interamente contro l'insegnante, colpevole di aver provocato disagio nella ragazza. Dalle chat di classe, ai rappresentanti degli studenti, fino alla direzione generale della scuola. L'Ufficio scolastico regionale del Veneto ha avviato accertamenti mirati. La direttrice Carmela Palumbo ha contattato il preside del liceo veronese, chiedendogli di sentire i ragazzi e i docenti, per ricostruire l'accaduto e prendere provvedimenti: «Un eccesso di zelo che porta a una richiesta discutibile, il tutto dovuto dalla difficoltà a gestire i momenti di verifica con la didattica a distanza. Abbiamo aperto un procedimento, stiamo verificando». Carmela Palumbo ha perfino definito la pratica «lesiva della dignità umana», ribadendo però l'intenzione di conoscere il contesto in cui è maturata questa situazione, anche sentendo i compagni di classe della quindicenne. Addirittura i rappresentanti degli studenti hanno alzato l'asticella dell'allerta, parlando di altri episodi simili. «Riceviamo altre segnalazioni da chi viene interrogato con il viso contro il muro, chi con le mani alzate, chi con il viso schiacciato sullo schermo», hanno spiegato. La parte del coro stonato l'hanno fatta i genitori: questa volta, madri e padri hanno preso le distanze dai figli. Non solo non hanno partecipato alla "lapidazione" virtuale, ma hanno scritto una lettera in difesa dell'insegnante che «si è sempre preoccupata del bene dei nostri ragazzi». Gli unici ad aver posto l'attenzione sul dovere della docente, intenta a smascherare una furberia, come sono soliti fare gli insegnanti, per assegnare correttamente i voti. «In questo anno particolare, che ha messo a dura prova studenti e professori - si legge - anche noi ci siamo ritrovati a condividere spazi in casa con i nostri figli. Era proprio giovedì 8 aprile e quando si è collegata con la sua classe ha realizzato che doveva interrogare ben tre studenti, non una. Eravamo presenti e sappiamo che ha cercato di mettere a proprio agio gli studenti, pur chiedendo di chiudere gli occhi». Dunque per i genitori non si sarebbe trattato di un metodo "inquisitorio", ma di un modo "concordato" per evitare imbrogli. «Si era notata - spiega uno dei genitori a l'Arena, - una differenza sostanziale nel rendimento di alcuni studenti tra le interrogazioni in classe e quelle in Dad ma la richiesta di chiudere gli occhi era indirizzata a tutti». Nessun dubbio sulle qualità della professoressa. «È un'ottima insegnante e non ha teso tranelli - concludono - tant'è che anche quella di giovedì era un'interrogazione programmata».

Da "il Fatto Quotidiano" il 15 aprile 2021. Gentile redazione, sono rimasta quasi scioccata dalla foto della studentessa veronese bendata davanti al suo pc per evitare che sbirciasse durante l'interrogazione Mi chiedo: ma quello adottato dalla prof. - un'orrida benda sugli occhi - è ancora un metodo educativo? Cecilia Mazzucchelli

Risposta di Filippomaria Pontani. Gentile Cecilia, il gesto è stato senz'altro sgradevole in sé, e ovviamente nessun allievo va criminalizzato "ex ante" - meglio, alle brutte, chiedere a tutti gli studenti di rispondere a occhi chiusi, come so avvenire da tempo in diversi esami universitari italiani e nelle interrogazioni di alcuni licei durante la tanto magnificata "didattica a distanza"; del resto, in un caso simile mesi fa a Scafati il preside aveva sostanzialmente difeso l'insegnante. A Verona invece un delirio: gli studenti denunciano "metodi da inquisizione" e invocano "comprensione" per chi copia (!), si indignano i genitori (magari gli stessi pronti a lamentarsi perché al ritorno in classe i docenti osano somministrare verifiche ai poveri rampolli); la sottosegretaria all'Istruzione deplora la "cultura del sospetto", la dirigente dell'Usr Veneto mette in dubbio tout court che i docenti debbano saggiare l'apprendimento di nozioni. Gli occhi chiusi sono un gesto meno grave dell'esame-farsa in cui si risponde "a libro aperto" (pardon, open book), o con sotto Wikipedia, docsity, o gli appunti. Da sempre alcuni studenti (inclusi i miei, più volte) provano a copiare o ad "aiutarsi", un gioco più semplice davanti a uno schermo dove si trova tutto in un clic - versioni di greco, formule, date -. È una prassi non solo d'intralcio per chi deve valutare i ragazzi, ma anzitutto dannosa per loro stessi e la loro preparazione, e un insulto terribile all'etica della collettività. La scuola deve "innescare il desiderio", fornire "competenze", levigare curricula (il "curriculum dello studente", fatto di attività extrascolastiche e di abilità relazionali, entra ahimé da quest'anno nella valutazione dell'esame di Stato)? Primariamente la scuola pubblica deve dare a tutti l'opportunità di conoscere e digerire contenuti che altrimenti nessun altro offre o presidia. Se "tanto le nozioni sono tutte in Rete" allora smettiamo anche di insegnare l'ortografia tanto c'è il correttore automatico, o le tabelline, tanto c'è la calcolatrice. Ma non è solo il produrre somari: la scuola è per molti il primo luogo (se non l'unico) in cui si apprendono modelli di comportamento sociale condivisi: purtroppo tra le dinamiche sociali rientra anche che alcuni provino a fare i furbi, e se saremo tolleranti su questo tipo di inganni e frodi produrremo evasori, furbetti, saltafila.

Laura Berlinghieri per "La Stampa" il 13 aprile 2021. Una studentessa obbligata a sostenere l'interrogazione con gli occhi coperti da una sciarpa, perché sospettata di copiare: il caso eclatante del Liceo di Verona è stato l'innesco per le denunce dei ragazzi. «Mi hanno chiesto di girarmi, dando le spalle alla fotocamera, ed esporre l'argomento, in modo da non potere avere nulla sotto gli occhi» il racconto di uno studente. «Ci chiedevano di avvicinarci al computer, fino quasi a toccare la webcam, per essere sicuri che non guardassimo gli appunti sullo schermo o i bigliettini attaccati al monitor» la testimonianza di un altro. E poi, la più assurda: «Un professore della mia classe ha costretto dei miei compagni, sospettati di copiare durante le interrogazioni, minacciandoli di un'insufficienza, a tenere le mani davanti e unite, come in preghiera. Non ha mai detto esplicitamente la sua intenzione, ma ripeteva solo di "pregare" insieme a lui». Sono le testimonianze raccolte dalla Rete degli studenti medi veneti che, per primi, stigmatizzano quanto avvenuto nel liceo veronese. «La cosa che più ci spaventa è il fatto che non si tratti di un caso isolato» commenta Camilla Velotta, della Rete. «C'è chi è stato interrogato con il volto contro al muro, chi con le mani alzate, chi con il viso schiacciato sullo schermo. Sembra che un voto valga più della dignità e dell'apprendimento». Ma le "pratiche da didattica a distanza" non hanno confini geografici. A ottobre, aveva fatto scalpore il caso della docente di latino e greco di Scafati, nel Salernitano, che chiedeva ai ragazzi delle sue classi di sostenere le interrogazioni con una benda sugli occhi. Mentre a giugno, sul finire dello scorso anno scolastico, una ragazza di un liceo romano era stata valutata con un "3", perché aveva rifiutato di chiudere gli occhi durante l'interrogazione a distanza. «Mi sento preparata» la risposta della giovane, di fronte alla bizzarra richiesta dell'insegnante. Niente da fare. Episodi limite che riemergono ora, dopo quello eclatante accaduto al liceo Montanari di Verona. Del resto, sono molti gli insegnanti che, temendo che agli studenti possa "cadere l'occhio" sull'appunto scritto sul foglietto o direttamente sullo schermo del computer, hanno studiato le strategie più ingegnose da applicare alle interrogazioni. Dall'utilizzo di due device, per avere il massimo controllo sulla stanza dello studente, fino all'obbligo di sostenere l'esame in piedi, ben distanti dal computer, e con le spalle al muro. Nel caso di Verona, così come in quelli di Scafati e di Roma, si è andati veramente oltre, fino ad attaccare la stessa dignità degli studenti. «L'episodio non riguarda la sola ragazza di cui si sta parlando. La richiesta è stata avanzata dalla stessa professoressa agli alunni di diverse classi» sostiene Lorenzo Baronti, rappresentante degli studenti dell'istituto scaligero. «Contrariamente a quello che i professori possono pensare, noi comprendiamo bene le difficoltà del periodo, ma comportamenti come questo non sono la soluzione». Eppure sono comportamenti che sembrano fare proseliti, come testimoniato a stretto giro da un'altra ragazza della Rete degli studenti medi padovani, iscritta al Liceo Cornaro: «Quando eravamo a casa, in Dad, la professoressa di tedesco ci obbligava a tenere le mani davanti agli occhi, durante le interrogazioni, perché aveva paura che potessimo leggere i vocaboli sullo schermo del computer o sui bigliettini. A me personalmente non è mai capitato, ma è successo a diversi miei compagni di classe. Per questo non mi stupisce l'episodio di Verona».

Polemiche dopo quanto accaduto in un liceo di Verona. Studentessa bendata durante interrogazione, la prof non si fida: “Così vediamo se sei preparata”. Redazione su Il Riformista il 12 Aprile 2021. La studentessa si dimostra preparata durante l’interrogazione di tedesco ma la professoressa non si fida e invita la giovane, 15 anni, a proseguire la discussione con gli occhi coperti. “Si metta qualcosa per bendarli, così capiamo se ha davvero studiato”. E’ quanto accaduto giovedì 8 aprile, durante le lezioni di didattica a distanza, in una classe del Liceo Carlo Montanari di Verona. La povera malcapitata prende una sciarpa, si copre gli occhi e prosegue l’interrogazione tra lo stupore e l’indignazione dei compagni di classe. C’è chi fa lo screen dal pc di casa e segnala l’accaduto ai rappresentati d’istituto e agli esponenti della Rete degli Studenti Medi di Verona rappresentata da Camilla Velotta. “Mi sono sentita a disagio, come se mi stessero accusando di imbrogliare” ha raccontato la giovane studentessa scatenando la reazione di tanti coetanei. “Come Rete degli Studenti Medi di Verona siamo sconvolti e amareggiati dalle decisioni repressive prese della professoressa, ma purtroppo non sorpresi. Non è la prima docente che, durante le lezioni in didattica a distanza, decide di instaurare un clima del tutto inadatto per la nostra crescita e formazione” commenta Velotta. In realtà dopo oltre un anno di didattica a distanza episodi come quello accaduto la scorsa settimana nel liceo veronese si sono già verificati. Alla base di simili richieste ci sono i sospetti dei docenti sui trucchetti utilizzati dagli alunni nel corso di interrogazioni e verifiche scritte per aggirare l’occhio della telecamera utilizzata per il videocollegamento.  Anche un altro studente ha confermato alla Rete degli Studenti che un professore l’avrebbe obbligato, si legge in una messaggio whatsapp, “a tenere le mani davanti e unite come in preghiera” mentre un terzo parla di una interrogazione con “le mani sopra gli occhi” per evitare che lo studente leggesse dal vocabolario. “Ma la DAD è già di per se uno strumento che allontana lo studente dalla scuola e dal resto della comunità studentesca, non può diventare un pretesto per azioni intimidatorie nei confronti di chi sta sostenendo una prova di valutazione” osservano gli studenti che chiedono provvedimenti per la prof protagonista dell’episodio. Il preside del Liceo, contattato dal Corriere Veneto, ha spiegato che sono in corso delle verifiche. “Se ci sono conferme agiremo di conseguenza” aggiunge. L’Ufficio scolastico regionale del Veneto ha avviato accertamenti. Individuato l’istituto, la direttrice scolastica Carmela Palumbo ha contattato il dirigente che ha sentito i ragazzi e i docenti, per ricostruire l’accaduto ed eventualmente prendere provvedimenti. “In questo momento – ha detto all’Ansa- non possiamo esprimere giudizi su un episodio che pare un eccesso di zelo che ha portato a un comportamento discutibile, scaturito dalla difficoltà a gestire in dad la situazione delle verifiche”, ha concluso. Una situazione simile si è registrata lo scorso ottobre a Scafati, in provincia di Salerno, dove una docente del liceo Renato Caccioppoli ha costretto gli alunni a bendarsi per non sbirciare gli appunti durante le lezioni a distanza.

L'isolamento e la nuova condizione. “Storia della solitudine”, come la pandemia ha amplificato un sentimento ambivalente. Corrado Ocone su Il Riformista il 9 Aprile 2021. Fra le conseguenze indotte dalla recente pandemia, poco si è fatto riferimento agli effetti di essa sulla psiche individuale. Ovviamente è soprattutto chi vive solo che ha subito un forte disagio psichico nel dover restare a casa, costretto suo malgrado al “confinamento” (come chiamano il lockdown i francesi) e alla mancanza di rapporti sociali, e quindi anche alla solitudine. Un problema tanto più grave quanto più si consideri il fatto che i single sono una realtà sempre più rilevante e numerosa nelle nostre società, come ci dicono le statistiche riportate dallo storico napoletano Aurelio Musi in conclusione della sua affascinante Storia della solitudine. Da Aristotele ai social-network, da poco pubblicata dall’editore Neri Pozza (pagine 172, euro 17). Musi, in verità, non fa nessun riferimento significativo al Covid-19 nel suo libro, che probabilmente è stato pensato e scritto precedentemente. Ma, proprio per l’aspetto da me evidenziato, è come se il virus scorresse come sottofondo inespresso in ognuna delle sue pagine. Dando, fra l’altro, una conferma, anche da questo particolare punto di vista, di quel che si è detto sin dal primo momento in cui è comparso, e cioè che esso avrebbe accelerato, e anche portato alla contraddizione, tendenze in atto già da qualche tempo nelle nostre società. Tra le figure più ricorrenti della solitudine contemporanea c’è, ad esempio, l’hikikomori, un termine giapponese, ci spiega l’autore, che indica la tendenza che porta molti giovani a rinchiudersi in casa e a rinunciare «a tutti i rapporti umani a eccezione di quelli mediati – e opportunamente distorti – dalla tecnologia». Come non ammettere che questo fenomeno sociale si sia accentuato negli ultimi mesi, proprio a causa delle condizioni ad esso propizie generate dal virus? Eppure, la solitudine è, come tutto ciò che è profondamente umano, una condizione ancipite, ambigua e pertanto non necessariamente negativa. E come tale è stata vissuta nella storia occidentale, o meglio in quei luoghi della sua autoconsapevolezza che hanno preso corpo negli universi della letteratura, della filosofia, della musica, del teatro e delle arti, cioè della cultura in genere. Riferimenti più o meno topici della solitudine nella cultura occidentale si rincorrono e ricompongono con efficacia espositiva nell’excursus storico di Musi, che viene così a tratteggiare, con profondità e vastità di cultura pari a una invidiabile capacità di sintesi, un esquisse che è sì personale ma è anche facilmente universalizzabile. Il primo elemento ambiguo della solitudine è che si può essere soli pur vivendo una vita sociale intensa: e, al contrario, in compagnia pur essendo isolati dal mondo e dalla vita pubblica. La solitudine è una condizione oggettiva e soggettiva al tempo stesso. Chi ha una vita sociale pronunciata è come se perdesse sé stesso, in una forma di estraneazione, alienazione, superficialità e sradicamento che, pur raggiungendo l’acme nella società contemporanea di massa, è stata da sempre messa in evidenza come pericolo dai classici della nostra cultura. Se la solitudine serve a riconquistare sé stessi, il proprio io più autentico, e in quanto tale va ricercata (la “beata solitudine”); essa, d’altro canto, se non è poi messa in gioco nella comunità, in un costante rapporto di immersione-distanziamento dell’individuo da essa, tende facilmente al patologico, lambendo i terreni della follia (la “maledetta solitudine”). Non bisogna avere paura di sé, anzi cercare l’interiorità, che è sì individualizzante ma anche (come dice l’etimo) una forma di inter-relazione, ma non ci si deve nemmeno perdere (e distrarre) nell’esteriorità. Nel chiuso di una stanza ci si può perdere certo nella follia, che non sempre ha una valenza creativa (che pure a volte ha avuto), ma si può anche (ri)conquistare sé stessi, una propria identità. Senza contare che chi si rinchiude in una stanza può anche farlo per leggere e approfondire i classici. Egli, allora, si sente in compagnia di persone che egli stesso si è scelto con accuratezza, una compagnia selezionata e con cui dialoga da pari a pari, vivendo i loro contesti di vita. Che è che quel che accadeva a Niccolò Machiavelli quando, da esule, dopo una giornata di lavoro, si immergeva nei libri di una ricca biblioteca e si dimenticava totalmente della sua lontananza dalla vita politica fiorentina che tanto amava. E Musi opportunamente riporta la lettera del segretario all’amico Francesco Vettori ove questa condizione di beata solitudine è magnificamente illustrata. Chi cerca questo tipo di solitudine, l’uomo di studio, fa lavorare l’immaginazione immedesimandosi in personaggi e fatti del passato, proiettando le idee maturate in loro compagnia nel futuro della sua azione: egli vive, in altre parole, una concezione del tempo meno appiattita sul mero presente e matura quel senso storico che è poi la vera cifra della tradizione dell’Occidente. Il quale, dopo tutto, con la solitudine contemplativa, sia nell’antichità classica sia successivamente (suggestive le pagine del libro dedicate ad asceti, monaci, mistici ed eremiti medievali), ha instaurato un rapporto altamente produttivo. Non so fino a che punto la mia lettura del libro di Musi incroci le reali intenzioni dell’autore, ma a me esso è sembrato soprattutto un garbato elogio della solitudine interiore dell’uomo dotto.

Da ansa.it il 5 aprile 2021. Anche quest'anno la Pasqua, come già sperimentato in passato, sarà per moltissimi una giornata in solitudine senza pranzi con amici e gite fuori porta. Ma, soprattutto, senza stringere mani, abbracciare o fare una carezza a qualcuno a cui vogliamo bene, con ripercussioni sul benessere psichico in particolare per gli anziani e tutti colori che vivono soli. Un malessere, avvertono gli psichiatri, riconducibile al cosiddetto fenomeno della "fame di pelle", che vari studi scientifici cominciano a documentare. Il distanziamento sociale imposto dalla necessità di gestire i contagi, infatti, "ruba" contatto fisico e gesti di affetto. Vengono così meno gli scambi affettivi di amici e parenti non conviventi, di nipoti e figli per i nonni, i più fragili. "Il contatto fisico è rassicurante, perché è la modalità più arcaica per farci sentire al sicuro. Inoltre il senso di sicurezza e di appagamento che provoca, innesca modificazioni neurochimiche positive come l'aumento della produzione di ossitocina, l'ormone dell'attaccamento che ha un effetto "tranquillizzante"", spiegano Massimo di Giannatonio ed Enrico Zanalda, co-presidenti della Società Italiana di Psichiatria (SIP). Gli effetti della carenza di abbracci in era Covid cominciano dunque ad essere documentati: uno studio in via di pubblicazione mostra che in America solo nel primo mese di lockdown si è generata una diffusa carenza di contatto fisico e abbracci che si è accompagnata ad un sovraccarico di disturbi dell'umore, come depressione e ansia, e anche a senso di affaticamento e disturbi del sonno. Condotto da Tiffany Field della Università di Miami in Florida, lo studio ha coinvolto 260 adulti, il 60% dei quali ha riferito la carenza di contatto fisico affettuoso. Un altro lavoro appena pubblicato sulla rivista Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology e coordinato da Debby Herbenick della Indiana University School of Public Health-Bloomington, mostra che i livelli di depressione e solitudine durante la prima ondata di Covid-19 sono risultati aumentati. Solo coloro che hanno mantenuto elevati livelli di contatto non virtuale ma fisico e alti livelli di connessione sociale presentavano un miglior stato di salute mentale. "Le restrizioni sociali restano necessarie: in questa fase è ancora impossibile assicurare ai nostri cari non conviventi i consueti gesti di affetto, ed è evidente che né le videochiamate, né i messaggi possono sostituire l'incontro reale tra due persone - sottolineano di Giannantonio e Zanalda -. Ci sono però accorgimenti che possiamo adottare per supplire alla carenza di contatto fisico, stimolando il tatto in altro modo. Un bagno caldo per esempio ha un effetto calmante e rassicurante, toccare stoffe morbide e confortevoli come la seta o fare un massaggio ai piedi induce sensazioni piacevoli che fanno stare meglio. Se attraverso il contatto di “pelle” con materiali gradevoli o caldi proviamo piacere, si può almeno in parte attenuare la mancanza della vicinanza reale ad altre persone". Tuttavia, concludono gli psichiatri, "il contatto fisico va cercato e praticato quando è possibile, per esempio con i familiari conviventi".

Gli effetti della pandemia sulla psiche. Lockdown senza fine, la vittima del virus è il futuro dei giovani. Massimo Doriani su Il Riformista l'1 Aprile 2021. Era una mamma di Marano la penalista che martedì sera si è lanciata dal balcone lasciando il marito e un figlio di 4 mesi. Si parla di depressione post partum, ma possiamo escludere che sull’episodio non abbia influito in maniera significativa la lunga condizione di isolamento che viviamo a causa delle restrizioni anti Covid? Più evidente il legame tra conseguenze della pandemia e il gesto estremo nel caso del fotografo Umberto Sbrescia, suicidatosi nel suo negozio alle spalle di piazza Garibaldi. Casi purtroppo non rari, soprattutto in un Mezzogiorno già alle prese con un’economia fragile. In Italia erano 71 i suicidi e 46 i tentativi di suicidio da inizio pandemia a settembre dello scorso anno. Fenomeno certamente in aumento, non solo per le conseguenze economiche che derivano dal blocco di numerosissime attività, ma anche per la paura del contagio e l’isolamento sociale che esso comporta. Insomma il vivere mesi come in un tunnel lungo e buio, da cui non si intravede una uscita in tempi brevi? Un anno fa, più o meno in questi giorni, si cantava sui balconi: «Ce la faremo». Si confidava nell’estate, nella speranza che questa avrebbe contenuto la diffusione del virus. La luce in fondo al tunnel non c’era, ce la siamo inventata. Ma dopo dodici mesi, siamo tutti aggrappati alla scialuppa di salvataggio dei vaccini che non arrivano, forse non funzionano, forse fanno più danni del Covid. E, nel frattempo, gli ospedali e le terapie intensive sono di nuovo in affanno. Le conseguenze per la psiche delle persone, in questo stress prolungato, non possono essere sottovalutate. Parlo a nome di una quarantina di colleghi, terapeuti dell’Isidap di Napoli (istituto specializzato nel trattamento degli attacchi di panico facente parte dell’Accademia Imago che dirigo), che dallo scorso anno hanno accolto – volentieri e volontariamente – l’invito a mettersi a disposizione dell’intera comunità italiana e degli italiani all’estero. Operiamo attraverso l’apertura di uno sportello gratuito (Numero verde 800 913880 No Panic) del progetto “Siamo Vicini”. In dodici mesi abbiamo raccolto più di mille chiamate, da Trento a Pechino, dagli Usa all’Argentina, portando avanti il servizio – è bene sottolinearlo – senza un euro di contributo pubblico, avvalendoci del solo sostengo di sponsor (Optima e Dhl) che hanno creduto alla validità della nostra iniziativa. Dal nostro osservatorio possiamo sicuramente affermare che, un anno dopo, le cose vanno piuttosto male. Le chiamate, che sono ormai diventate più di mille, erano originariamente suddivise tra paura del futuro e ansie da chiusura e parlavano di problemi relazionali e familiari, oltre che di ansie paniche. A chiedere aiuto erano soprattutto adulti e anziani. Le telefonate sono un po’ diminuite rispetto ai primi tempi, ma è cambiato il target: oggi a chiamare sono quasi tutte persone dai 40 anni in giù, giovani e adolescenti che per lo più chiedono in modo specifico del Covid. L’onda panica dello scorso anno è stata sostituita da paure legate alla quotidiana sopravvivenze con il virus. Soprattutto tra i ragazzi che non sanno cosa fare, come poter incontrare amici e fidanzate, perché i genitori (giustamente) non li fanno uscire di casa. Ciò su cui si riflette poco è il fatto che questo prolungato arresto del quotidiano non determina un disagio, ma soprattutto un blocco: un vero è proprio blocco della crescita. Perché bambini e ragazzi, essendo in età evolutiva, hanno una psiche che deve ancora completare il percorso per portare a termine il suo ciclo evolutivo di maturazione. Il Coronavirus sta togliendo loro le sedi dove farlo. Se non hanno luoghi dove sperimentarsi per due anni, la crescita psichica si blocca, mentre quella reale procede. Vuol dire che, per esempio, un 14enne si trova ad avere 16 anni alla prova di nuovi ruoli ma senza averli sperimentati, gradatamente, nei due anni trascorsi. E così un bambino di cinque che si ritrova a sette anni senza aver visto e giocato con i suoi coetanei, come farà a metabolizzare ciò che non ha provato? Si troverà ad affrontare il mondo dei sette anni con la psiche dei cinque. Il lockdown ha costretto le famiglie a diminuire di molto gli scambi di informazioni ed emotività con l’ambiente esterno, oltre che a irrigidirne in qualche modo i confini. Il rischio, in definitiva, è di costruire immagini idealizzate del corpo o di parti del corpo proprie e/o dell’altro. E creare una pretesa di perfezione che neghi l’incontro reale con l’altro o addirittura renda più forte il richiamo del virtuale rispetto alla realtà. In altre parole, il mio “corpo reale” rischia di essere assimilato a una brutta copia rispetto alla sua immagine idealizzata. Con conseguenze che possono essere nefaste.

Valentina Santarpia per il “Corriere della Sera” il 28 marzo 2021. Fingono connessioni discontinue, attaccano bigliettini sullo schermo per leggere indisturbati durante le interrogazioni, nascondono il telefonino sotto la scrivania, infilano gli auricolari bluetooth per farsi suggerire, scattano foto alla pagina del libro e se la piazzano a tutto schermo sul pc. Sono loro, i «copioni» della didattica a distanza, inventivi e fantasiosi, testardi e ingegnosi, che per portare a casa un buon voto progettano soluzioni a ogni verifica. Ma non sono soli a «combattere» la battaglia quotidiana della scuola online. Sul campo, sul fronte opposto, ci sono i docenti, che ogni giorno cercano nuove «armi» per accertarsi che il lavoro da remoto faccia fare progressi nei giovani discenti, che al mattino neanche si lavano il viso e indossano la felpa sul pigiama ma diventano iperattivi quando si tratta di «scopiazzare». In questi mesi le tecniche, da una parte e dall'altra, si sono affinate. Ragazzi e ragazze studiano video su TikTok, i prof si applicano su trattati pedagogici, consultano psicologi, si esercitano con algoritmi di valutazione. Il caso più «forte» è stato quello dell'insegnante che ha bendato gli alunni in un liceo di Scafati (Salerno), sollevando indignazione generale. Ma in guerra ci sono sempre morti e feriti. I docenti che hanno proposto di togliere il telefonino agli studenti hanno causato la protesta dei genitori che, dovendo lavorare, lo consideravano l'unico mezzo per mantenere un brandello di comunicazione con i figli a casa, e assolversi dall'assenza. Alcuni prof hanno provato a moltiplicare gli sforzi e assegnare verifiche ad personam: «Faccio tradurre un pezzo che non hanno mai visto prima, ovviamente scegliendo qualcosa che abbia un lessico base- spiega Patrizia Grima, professoressa di latino e greco del liceo classico Orazio Flacco di Bari -. È un'interrogazione all'impronta, che accettano volentieri, non come una punizione. Anzi, sono orgogliosi di dimostrare questa capacità». Sulla stessa linea Marco Fiorini, docente di grafica in inglese all'istituto tecnico Einaudi di Ferrara: «Punto molto sulla comunicazione: durante l'interrogazione li faccio parlare di esperienze personali, copiare non si può». E c'è chi ha deciso di adottare le tecniche dell'università, come Elena Gabbiani, prof di matematica al liceo Gioia di Piacenza: «Dopo averne parlato coi genitori, faccio installare agli studenti una webcam esterna che riprende la postazione. Appena inizia la verifica faccio partire la registrazione e se qualcosa non mi torna, la riguardo. Così ho scoperto un ragazzo che si era allontanato un attimo. L'ho invitato a spiegare il compito, visto che l'aveva fatto così bene, e ha confessato». Per i ragazzi può diventare ansiogeno: «Alcuni hanno adottato cose un po' maniacali, come farci mostrare i libri, ma la maggior parte dei prof ha puntato sui testi creativi: se dobbiamo fare valutazioni personali, non possiamo copiare», racconta Giuseppe Loria, studente 18enne del liceo Giulio Cesare di Roma. Ma è normale copiare? «Se vuoi fare valutazione con la Dad, ti trovi nei guai - spiega Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta -. Istruire e far apprendere sono cose diverse: in questo momento straordinario più che sul voto il docente dovrebbe portare avanti un processo di relazione e apprendimento». Allora, che copiassero tutti? «Io sono per open book e open internet: si fa in tutto il mondo, si chiama ricerca».

Cristiana Mangani per "il Messaggero" il 23 marzo 2021. Cercasi baby sitter, ma solo per gli orari diurni. In piena epoca di Covid le occasioni serali sono dimenticate, e così cambia anche il mercato delle tate. La preferenza è l' orario scolastico dei bambini, le lezioni in Dad e tutte le occasioni durante le quali i piccoli sono da accudire mentre i genitori hanno obblighi di lavoro, anche in smart working. Ma se la richiesta di baby sitter aumenta, cresce di pari passo anche il costo. Tra le più care c' è Milano, con una tariffa che si aggira sui 9-9,5 euro l' ora, Genova e Aosta raggiungono i 10 euro l' ora. La chiusura delle scuole e il coprifuoco hanno fatto cambiare il mercato e anche i prezzi sono in aumento. A spiegarlo è un' analisi diffusa da Sitly.it, piattaforma specializzata nella ricerca di baby sitter. Il sito ha visto aumentare il numero di accessi del 14,5 per cento e di nuovi iscritti (più 10 per cento) nella settimana in cui è stata disposta la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado in quasi tutta la Penisola.

LA GESTIONE. Oltre il 70 per cento dei nuovi genitori iscritti sono donne, la maggior parte tra i 25 e i 34 anni, a conferma di quanto la gestione della famiglia sia tutt' oggi compito della mamma e di quanto ricada su di lei la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Soprattutto per bambini piccoli, visto anche la fascia di età rilevata tra le madri. Il 46,9% delle famiglie registrate a Sitly hanno figli tra gli 0 e i 4 anni. Percentuali inferiori rispetto a quanto accadde l' ultima settimana di febbraio 2020, quando la chiusura totale delle scuole mentre l' Italia ancora viveva una vita apparentemente normale aveva portato un vero boom sul motore di ricerca, ma che indicano comunque una necessità concreta da parte delle famiglie italiane. Altro dato che emerge nettamente è l' assenza totale di richiesta di accudimento per impegni serali: il coprifuoco, i ristoranti, i teatri e i cinema chiusi, portano i genitori a restare in casa, almeno terminato il lavoro. Jules Van Bruggen, ceo del gruppo Sitly, sottolinea come «molti genitori ci chiedono se le baby sitter sono disposte a lavorare anche in questo periodo. La risposta è certamente sì, anche perché il lavoro domestico è sempre stato permesso dai diversi Dpcm.

Il problema più sentito è piuttosto quello dei medici e operatori sanitari, che si trovano con i figli a casa e con poche baby sitter disponibili a offrire servizio nelle loro case». Il costo orario di una baby sitter è aumentato nell' ultimo anno. Rispetto al rilevamento svolto da Sitly nella scorsa estate 2020 troviamo una crescita in città come Torino e Bologna (da 8 a 9 euro all' ora, e nel 2019 le due città segnavano 7 euro l' ora), Milano da 9 a 9,5 euro l' ora (confermandosi tra le città più care insieme a Genova e Aosta). Cresce anche la tariffa delle baby sitter di Venezia, da 8,3 euro a 9 euro. Costanti Roma e Trieste con una richiesta media di 8,5 euro l' ora, così come Trento e Bolzano, e Firenze, fissa su 9 euro. In generale la tariffa media nazionale diventa 8,3 euro rispetto ai 7,6 euro di un anno fa.

LE MISURE. In aiuto alle famiglie che hanno necessità di tate, davanti alle misure nazionali che sono insufficienti, arrivano bonus e voucher per le famiglie i cui figli sono alle prese con scuole chiuse e Dad: si va dal contributo ligure di 350 euro (nuclei con Isee sotto i 35mila euro) al voucher conciliazione del Veneto. La Lombardia varerà dopo Pasqua il bando Protezione famiglia da 25 milioni, mentre la Toscana potrebbe replicare entro l' estate il voucher badanti. E il Lazio sta per pubblicare un avviso pubblico da 2 milioni per sostenere la didattica a distanza.

Elisabetta Andreis per il “Corriere della Sera” il 22 marzo 2021. In Italia, dove le classi sono rimaste chiuse ben più a lungo che negli altri Paesi europei, non c' è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza. L' apertura delle scuole è dunque scagionata, o almeno questa è la conclusione cui arriva una mastodontica ricerca, la prima di questo tipo in Italia, condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici tra cui Sara Gandini dello Ieo di Milano. «Il rischio zero non esiste ma sulla base dei dati raccolti possiamo affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio», sintetizza l' epidemiologa e biostatistica. Gli studi analizzano i dati del Miur e li incrocia con quelli delle Ats e della Protezione civile fino a coprire un campione iniziale pari al 97% delle scuole italiane: più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti. «I numeri dicono che l' impennata dell' epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all' apertura delle scuole»: il tasso di positività dei ragazzi rispetto al numero di tamponi eseguito è inferiore all' 1%. «Di più: la loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sui famigerati indici Kd e Rt . Ad esempio a Roma le scuole aprono 10 giorni prima di Napoli ma la curva si innalza 12 giorni dopo Napoli, e così per moltissime altre città», spiega l' esperta. Ancora, il ruolo degli studenti nella trasmissione del coronavirus è marginale: «I giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti, veri responsabili della crescita sproporzionata della curva pandemica. E questo si conferma anche con la variante inglese». In altre parole i focolai da Sars-Cov 2 che accadono in classe sono molto rari (sotto il 7% di tutte le scuole) e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante. Quattro volte più frequente che gli insegnanti si contagino tra loro, magari in sala professori, «ma questo è lo stesso rischio che si assume, ad esempio, in qualunque ufficio». Quanto all' aumento del numero dei giovani che si ammalano e vengono intercettati, bisogna mettere in relazione il dato con l' impennata del numero di tamponi effettuati durante la didattica in presenza: «In mancanza di evidenze scientifiche dei vantaggi della chiusura delle scuole, il principio di precauzione dovrebbe essere quello di mantenere le scuole aperte per contenere i danni gravi, ancora non misurabili scientificamente in tutta la loro portata e senz' altro irreversibili sulla salute psicofisica dei ragazzi e delle loro famiglie. La scuola dovrebbe essere l' ultima a chiudere e la prima a riaprire», si sbilancia Gandini, tra l' altro promotrice con il medico Paolo Spada del gruppo di scienziati Pillole di ottimismo, con centinaia di migliaia di sostenitori sul web. «Ci sono rischi anche nel tenere così a lungo chiuse le scuole. In Italia gli adolescenti delle superiori sono andati a scuola mediamente, quest' anno, solo 30 giorni in tutto». Nel dettaglio, analizzando i tassi di contagio della popolazione per fasce d' età a partire dai mesi autunnali, l' incidenza di positivi tra gli studenti è inferiore di circa il 40% per le elementari e medie e del 9% per le superiori rispetto a quella della popolazione generale. A fronte di un elevato numero di test effettuati ogni settimana negli istituti, meno dell' 1% dei tamponi eseguiti sono risultati positivi. Infine, alla riapertura delle scuole non è corrisposta una crescita della curva pandemica: i contagi salgono prima di tutto per le classi di età 20-59 anni, come si vede ad esempio chiaramente in Veneto, e solo dopo due o tre settimane tra gli adolescenti. «I ragazzi non possono quindi in nessun modo essere definiti responsabili o motore della curva».

Lo "show" della preside ai tempi del covid. Luca, Beatrice e Gabriele, i tre studenti del liceo Vico sospesi perché volevano tornare in classe. Guglielmo Allodi su il Riformista il 12 Marzo 2021. Era il 1977 e gli studenti di tutta Italia reclamavano una non più prorogabile riforma della scuola e la riaffermazione i principi di partecipazione democratica. Erano anni convulsi e con la battaglia del movimento studentesco si intrecciava una più generale lotta politica fatta di identità e ideologia. Al liceo Gian Battista Vico, scuola di grande fermento democratico, arrivò un preside che riteneva che la politica dovesse stare fuori dall’istituto e si comportava da vecchio gerarca. Gli studenti risposero con l’occupazione e con l’autogestione dei corsi di studio.Quegli studenti mantennero l’istituto in assoluta integrità, dando prova di lungimiranza e affidabilità. Quel preside, però, rilasciò un’intervista in cui raccontava che i ragazzi si erano comportati da vandali producendo gravi danni alla struttura: una volgare e infamante bugia. Quegli studenti si ribellarono civilmente, ma intanto un meccanismo perverso era stato innescato e alcuni di loro, uno in particolare, subirono una violenta repressione. Veniamo ai giorni nostri. La pandemia ha colpito pesantemente il sistema scolastico e universitario, obbligando docenti, personale e studenti alla didattica a distanza, con tutta una serie di difficoltà e un comprensibile malessere dovuto all’indeterminatezza della situazione. Sono mesi che Parlamento, Governo e istituzioni locali discutono delle modalità di un graduale ritorno alla normalità, ma la recrudescenza del Covid vanifica questo confronto. Nel frattempo il mondo studentesco è tornato a farsi sentire, rivendicando la necessità di rientrare in aula ma in condizioni di  assoluta sicurezza per tutti: un’azione meritevole e di grande civiltà. Proprio al liceo Vico gli studenti sentono deboli le scelte delle istituzioni e temono che tutte le responsabilità possano ricadere sulle loro spalle e su quelle dei docenti. Per far sentire la propria voce hanno quindi deciso di occupare simbolicamente l’edificio, tra l’altro a scuola ancora chiusa, invocando ascolto, condivisione e risposte serie e concrete. L’obiettivo è tornare alla didattica in presenza e, dunque, alla normalità, andando oltre i bizantinismi che da mesi caratterizzano la discussione tra le forze politiche, il Governo e il restante sistema istituzionale. Questi studenti hanno lanciato un messaggio chiaro, limpido, chiedendo di essere ascoltati e di poter essere partecipi del loro futuro. Sono stati così responsabili da liberare l’istituto per consentire la disinfezione prima della ripresa delle lezioni in aula, sottolineando ancor di più il valore simbolico del loro gesto. E non hanno avuto il timore di farlo davanti alle telecamere dei telegiornali. Così la dirigente scolastica del liceo, forse memore del suo predecessore, è intervenuta a gamba tesa scatenandosi contro i ragazzi, prendendone a campione tre – Luca, Beatrice e Gabriele – e chiedendo per questi ultimi  pesanti provvedimenti disciplinari che mettono in discussione la positiva conclusione dell’anno scolastico. Sospensione di trenta giorni, cinque in condotta e via così. Insomma, i tre vengono ora rappresentati come brutti, sporchi e cattivi, meritevoli di ogni ritorsione. Una follia bella e buona, un grigiore che ricorda le pagine più avvilenti della nostra storia: l’apparato che si scaglia violentemente contro chi rivendica diritti sacrosanti. E i vertici regionali della scuola che dicono? Per fortuna l’istituto è composto da tanti insegnanti di valore che hanno saputo mitigare le “incandescenze” della dirigente che ora invoca “soltanto” una sospensione di dieci giorni. Fanno bene genitori e ragazzi a resistere anche legalmente. È mai possibile che, anziché trovare la via del dialogo, del confronto, dell’unificazione degli obiettivi in una fase così delicata per tutti, soprattutto per i più giovani, si debba ritornare ai metodi dell’inquisizione? Io sto con Luca, Beatrice, Gabriele e con i tanti giovani come loro.

Corrado Zunino per "la Repubblica" il 3 marzo 2021. Mezza Italia che frequenta la scuola tra sabato prossimo e lunedì 8 resterà a casa. Un po' più di mezza. Le nuove restrizioni del Decreto 2 marzo aggiungeranno, alle sei regioni più una provincia autonoma già in Dad (sono 25 province in tutto, quasi tutte con lezioni a distanza dalle elementari alle superiori), altre 18 province che già superano almeno uno dei tre nuovi parametri del Dpcm: hanno più di 250 contagi sul territorio ogni 100.000 abitanti da almeno una settimana oppure negli ultimi sette giorni hanno osservato esplodere i casi; oppure, con provvedimenti restrittivi già presi, scoprono in casa una delle varianti che sta facendo perdere il controllo - ancora una volta - del coronavirus. Basta guardare i dati della Protezione civile, che monitora l' evoluzione del contagio da un anno e una settimana, per scoprire che, partendo dal Nord-Ovest, la provincia di Imperia, poi quella di Verbano-Cusio-Ossola, ancora Brescia, Como, Mantova e Monza, quindi Trento e Udine, continuando con Bologna, Modena, Reggio Emilia, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, proseguendo con Pistoia e Siena e infine Frosinone sono tutte fuori parametro. Le loro scuole, di ogni ordine e grado, vanno chiuse. Gli studenti, dall' infanzia alle superiori, mandati in Dad. Ci sono anche Bolzano, Chieti e Pescara, Ancona e Macerata, Salerno e Bari che non rispettano i nuovi valori voluti dal Comitato tecnico scientifico e inghiottiti dai governatori, che con i colori gialli e arancioni nei loro territori avranno l' ultima parola sulla chiusura delle scuole. In queste sette province, però, e in altre diciotto le lezioni in presenza erano già state inibite dai presidenti delle sette regioni che le ospitano con decisioni prese in autonomia dai governatori, prima di questo Dpcm di governo. Ecco, 43 province italiane su 107 (più alcune centinaia di comuni autonomamente) da sabato terranno alunni e studenti a distanza. Nel Paese già oggi metà dei ragazzi delle scuole superiori seguono da casa, il mai abolito limite del 50 per cento: si può ipotizzare, così, che dalla seconda settimana di marzo avremo cinque milioni di studenti in Dad. Le varianti, inglese e brasiliana, hanno tagliato le gambe al promesso cambio di passo del Governo Draghi, almeno sull' istruzione. E alla speranza di scuole aperte resa pubblica dai ministri Patrizio Bianchi, Roberto Speranza, Mariastella Gelmini. Se si va direttamente sul territorio, si scopre una preoccupazione al livello di guardia. Il direttore dell' Ufficio scolastico del Piemonte appena ha ricevuto le bozze del Dpcm ha esclamato: «Qui chiudiamo tutto». La Prefettura di Torino, attraverso un' interpretazione autentica dei parametri di Chigi, conferma. Il governatore Alberto Cirio, per non saper né leggere né scrivere, ha messo altri quattordici comuni (12 del Cuneese, 2 del Torinese) in zona rossa: sono già ventidue. Qui, come in tutte le zone rosse d' Italia, nessuna lezione in aula sarà possibile. La Toscana ne conta sessantasei, di comuni con i valori epidemiologici fuori standard. Ha voglia Speranza di parlare di «casi di eccezionale gravità» per spiegare le scuole chiuse, il contagio corre veloce lungo tutta la via Emilia: solo Parma, Piacenza e Ferrara restano sotto "quota 250". Il guaio aggiuntivo è che ci sono altre diciassette province (tra queste Milano, Torino e Napoli) vicine alla soglia: presumibilmente a fine settimana l' avranno oltrepassata. L'Emilia Romagna, seguendo l'ultimo report, conferma che con la terza ondata del virus quella che poteva essere un' ipotesi è una realtà: i contagi sono anche endogeni alle scuole, interni. Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, ora dice: «Di fronte a un picco di contagio che cresce nella fascia di età tra 7 e 17 anni, ma anche tra i 5 e i 6, la sospensione dell' attività didattica in presenza, per scuole di ogni ordine e grado, è consequenziale». A fronte dell' accelerazione del virus, cresce a fatica la campagna di vaccinazione dei docenti, dei presidi, degli amministrativi della scuola, passata dall' altroieri a ieri dal 16 al 18 per cento del totale, 185.866 persone raggiunte. Al 2 marzo, come ha certificato la rivista online Tecnica della scuola , la Campania ha superato 41.000 somministrazioni, la Toscana ha vaccinato 27.528 lavoratori della scuola, il Lazio 18.704, ma Basilicata, Sardegna, Emilia Romagna, Marche e Molise sono intorno a quota 100. In Calabria le vaccinazioni mirate partiranno non prima del 10 marzo. Le famiglie italiane con figli alla scuole dell'infanzia e alle elementari tremano: questa nuova chiusura somiglia troppo a quella di marzo 2020 e sconvolge le organizzazioni a casa. Il governo promette ristori e una buona Didattica a distanza, ma serve tempo. Il mondo "No Dad" è agitato. Docenti sono andati sotto la Regione Lombardia a chiedere vaccini dedicati. Anita, la liceale di Torino, chiama al ritorno in piazza. Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente del' Anci: «Scuole chiuse ma movida libera. Il nuovo Dpcm sembra dire esattamente questo».

Il dilemma della didattica a distanza: uno su 2 non studia, ma -35% di contagi. Incidono mezzi di trasporto e ritrovi extra scolastici. Ma i ragazzi da casa non sanno più compiere delle scelte e superare i test. Maria Sorbi - Gio, 04/03/2021 - su Il Giornale. La didattica a distanza permette di ridurre i contagi del 35% ma crea problemi di apprendimento a uno studente su due. Insomma, ogni scelta è una coperta troppo corta: se si guadagna in salute e sicurezza sanitaria, si perde in istruzione e motivazione degli alunni. E viceversa. L'emergenza di questi giorni impone una decisione d'urgenza ma, sul lungo periodo, andranno anche arginate e compensate le conseguenze sul curriculum scolastico dei ragazzi. L'Invalsi ha condotto una ricerca sulla condizione di partenza della scuola italiana all'arrivo della pandemia. Emerge che per più di sei bambini su dieci le lezioni da remoto sono state una prova proibitiva poiché solo il 36% era in condizioni accettabili per affrontarle. Dato che sale al 48% alle medie e al 66% alle superiori. Il calo del rendimento è stato riscontrato soprattutto nei ragazzi che si sono connessi da case piccole, magari costretti a condividere spazi e wi-fi con fratelli e genitori in smart working, e quindi poco concentrarti. Ma non si possono fare sconti, non ora, e la decisione di chiudere le aule è necessaria, seppur dolorosa. A dirlo è anche un algoritmo formulato da Giovanni Sebastiani, primo ricercatore dell'Istituto per le applicazioni del calcolo «Mauro Picone» del Cnr. «L'indice Rt - spiega il matematico - diminuisce del 35% quando si passa dalla didattica in presenza a quella a distanza. Le misure restrittive del periodo natalizio ci hanno permesso di passare dal 13% dei positivi all'8%, lasciando chiuse le scuole saremmo arrivati al 3%». Da qui la sua considerazione, lapidaria: avremmo già dovuto chiudere prima. «È stato un grosso errore riaprire le scuole sia a ottobre sia adesso. Aumentano gli studi che mostrano il nesso causale tra l'attività didattica in presenza e l'aumento della diffusione del virus. Le regioni che hanno ritardato l'inizio delle scuole sono quelle che hanno avuto un minore aumento percentuale della crescita delle terapie intensive». Il problema non è l'attività scolastica in sè: la maggior parte degli istituti riesce a rispettare le norme di sicurezza all'interno delle aule. Il guaio è tutto ciò che ruota attorno alla scuola, prima e dopo le lezioni: i pullman e i vagoni della metropolitana, le attività extra scolastiche, i ritrovi fuori dagli istituti, i ragazzi che (quando non sono controllati) abbassano la mascherina anche quando sono in gruppo. «Convincere le persone che bisogna mettere in atto misure restrittive quando sembra che non sia necessario non è facile - ammette Sebastiani - però mettere in atto le stesse misure in ritardo di due settimane comporta che, per avere un effetto benefico, la durata delle misure si allunghi». E allora d'accordo, chiediamo un ulteriore sacrificio ai nostri figli: ancora computer, ancora amici visti solo nelle finestrelle dello schermo, ancora distanza. Ma si tenga conto dello strappo sociale che si sta creando: in base a una fotografia scattata dalla fondazione Openpolis sulla povertà educativa, emerge che la pandemia (e la Dad) non hanno fatto altro che accentuare un problema che, sotto traccia, già esisteva: la difficoltà a poter decidere liberamente il proprio percorso di studio, compromessa per il 54% degli alunni di terza media con famiglie svantaggiate. Le ambizioni vengono chiuse in un cassetto perché spesso i genitori non sono in grado o non possono permettersi di suggerire ai figli percorsi di studio ampi e lungimiranti. Se crolla anche la motivazione dei ragazzi quella percentuale rischia di salire.

Valentina Arcovio per "Il Messaggero" il 16 marzo 2021. Non è la qualità della formazione, o almeno non solo quella, che la Didattica a distanza rischia di compromettere. In gioco c'è di più. La lontananza dalla scuola, dagli insegnanti, dai compagni di classe e in generale dalla vita «normale» espone i bambini e i ragazzi a mali ben peggiori, quelli dell'anima. Ansia e stress sono solo il preludio, disturbi alimentari e autolesionismo le tragiche conclusioni. I dati che abbiamo sono piuttosto eloquenti e hanno dato alla nuova edizione della Giornata nazionale dei disturbi alimentari, che si è celebrata ieri, un'urgenza ancora più importante. Secondo il ministero della Salute, si è verificato un aumento del 30% dei casi di disturbi dell' alimentazione tra i ragazzi e i bambini. Sì, bambini anche di 9-10 anni. Per avere un'idea della grandezza del fenomeno, basta pensare che nel primo semestre del 2020 sono stati rilevati 230.458 nuovi casi, quando nello stesso periodo dell'anno precedente erano stati 163.547. Non solo. A fianco di anoressia, bulimia, ortoressia, binge eating e altre variazioni dei disturbi del comportamento alimentare, c'è il fenomeno dell'autolesionismo. «Spesso sono disturbi, quello del comportamento alimentare e l'autolesionismo, che si presentano insieme», spiega Simonetta Marucci, endocrinologa dell'AME (Associazione medici endocrinologi) ed esperta dei disturbi del comportamento alimentare. «È il risultato di un disturbo da stress post-traumatico, causato e alimentato dall'emergenza Covid-19 e da tutto quello che ne consegue, in primis l'isolamento sociale», aggiunge. Una subdola epidemia all'interno della pandemia. Il Numero Verde S.O.S. Disturbi Alimentari è: 800 180969. «La Dad allontana di fatto i ragazzi e i bambini dalla scuola, nel luogo dove solitamente le tensioni e lo stress si scaricano e hanno libero sfogo», spiega Marucci. «Pensiamo pure a tutti quei ragazzi e quei bambini che vivono in famiglie già con situazioni problematiche. La scuola - continua - rappresenta per loro una via d' uscita, un ammortizzatore delle tensioni». Ora tutto questo non c'è più. «Isolati nel proprio mondo da cui ci si affaccia solo tramite un computer, si iniziano a covare pensieri negativi», sottolinea Marucci. Terreno fertile per i disturbi dell'alimentazione. L'autolesionismo diventa molto spesso la via di fuga. «Ci si causa un dolore fisico per rendere più sopportabile quello mentale», spiega l'esperta. Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell' adolescenza dell'ospedale Bambino Gesù, segnala un aumento vertiginoso da ottobre degli accessi in Pronto Soccorso per disturbi mentali, in particolare tentativi di suicidio o atti di autolesionismo. «Per settimane - racconta - abbiamo avuto otto posti letto su otto occupati, e non era frequente, e tutti per tentativo di suicidio». Durante l'emergenza è mancata ed è ancora carente l'assistenza ai ragazzi e alle famiglie. «Purtroppo - aggiunge Vicari - la salute mentale e gli sportelli di neuropsichiatria infantile sul territorio sono stati man mano smantellati. Le famiglie che hanno un problema non sanno dove andare». Aggiunge Marucci: «Il web è stato d' aiuto per molti nel confrontarsi con gli specialisti tramite consulenze online, ma è anche il luogo dove i giovani vengono esposti a informazioni pericolose. Si possono trovare anche veri e propri tutorial su come vomitare il cibo o su come tagliarsi». In questa pandemia i genitori sono soli, gli unici a dover e poter intercettare i problemi dei propri figli. «Per questo è fondamentale fare attenzione - suggerisce Marucci - a una serie di campanelli d'allarme: drastici cambiamenti di comportamento, isolamento rispetto alla famiglia, eccessiva attenzione al corpo, abitudine a spezzettare il cibo nel piatto, rifiuto di mangiare a tavola con la famiglia, magari con la scusa di aver già mangiato». Nel dubbio diventa lecito anche «spiare» le attività sul web. Su questo una grande mano può arrivare da persone come Imma Venturo, un'operatrice sanitaria ed una ex paziente con disturbo dell' alimentazione, che oggi è una sorta di «cacciatrice» di trappole online. Venturo trascorre parte della sua giornata a scovare persone e siti che inneggiano alla magrezza estrema per aiutare le ragazze a non cadere nella rete. In maniera volontaria, offre ascolto e percorsi di auto aiuto sulla sua pagina Facebook e nel suo Blog.

Covid-19: quanti anni di vita persi con le scuole chiuse. Tina Simoniello su La Repubblica il 14 gennaio 2021. Più si studia più si rimane in salute, pensiamo anche a questo. Niente amici, niente lezioni né maestri, niente scuola. Per mesi. Per via del Covid è andata così per molti, moltissimi bambini nel mondo. Da noi in Italia le scuole di ogni ordine grado hanno chiuso i battenti da marzo a giugno 2020 affidandosi alla didattica a distanza, con l’impegno di molti docenti e moltissime famiglie. E mentre le elementari e le medie hanno aperto da fine settembre, non è stato così, non è ancora così, per tutte le scuole secondarie della Penisola. Sulle ricadute educative ed emotive della scuola chiusa, si è riflettuto e scritto tanto, in Europa come altrove. Però uno studio USA pubblicato su Jama Network Open ha fatto di più, o meglio ha fatto altro: ha valutato, per i bambini statunitensi, i possibili effetti della perdita di giorni di scuola in termini di anni di vita persi. Insomma ha quantificato in vita l’erosione di istruzione scolastica. Cosa c’entra la scuola con l’aspettativa di vita? C’entra, perché il livello di istruzione è correlato alla durata della vita: più si studia e più si vive in salute. “Esperti di scienze sociali hanno dimostrato che chi viene privato ??di opportunità educative ha vita più breve - ha ricordato Frederick Zimmermann, professore di politica e gestione sanitaria alla Fielding School of Public Health, Università della California a Los Angeles e coautore della ricerca insieme a Dimitri Christakis e Wil Van Cleve dell’università di Washington a Seattle. 

Lo studio sui bambini dai 5 agli 11 anni. Utilizzando dati pubblici del 2020 raccolti da fonti istituzionali USA come i CDC, i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, gli autori del paper hanno elaborato un modello analitico per valutare l'associazione tra chiusura delle scuole primarie (il paper in questione riguarda solo i bambini delle elementari)  e riduzione del livello di istruzione, e l'associazione tra riduzione del livello di istruzione e aspettativa di vita. Negli USA oltre 24 milioni di bambini dai 5 agli 11 anni hanno frequentato istituti pubblici che hanno chiuso per via della pandemia, perdendo circa 54 giorni di scuola, che corrispondono a circa 0,31 anni per i maschi, 0,21 per le femmine sull’istruzione finale. Con un’ulteriore estrapolazione è stato possibile associare questo tempo scolastico perduto a circa 5,5 milioni totali di anni di vita persi, calcolati sul totale della popolazione scolastica. Negli Stati Uniti, a fine di maggio 2020 erano circa 88mila mila i decessi per Covid-19, che equivalgono a un milione e mezzo di anni di vita persi calcolati sulla popolazione. Se le scuole fossero rimaste aperte, dicono i ricercatori, sulla base degli studi che associano la chiusura a una minore circolazione e diffusione  del virus avremmo dovuto aggiungere a questo tributo un ulteriore milione e mezzo di anni. In sintesi, tenere le scuole aperte avrebbe quasi certamente  (parliamo infatti di un probabilità superiore al 98% secondo i calcoli) comportato una perdita di anni di vita inferiore a quella che in effetti potremmo dover calcolare in futuro. Le conclusioni? Salvare vite umane chiudendo le scuole non è detto rappresenti un guadagno di anni vita netto, almeno non alla lunga.  “Se la scelta è tra mantenere aperte le scuole o chiuderle di fronte a una impennata senza precedenti di casi di covid19, preferirei chiudere. Ma – è la riflessione di Zimmermann – questa non è l'unica opzione". Il problema insomma non è solo chiudere o aprire.

Investire. La strategia per gli autori dovrebbe essere investire sulla scuola: in dispositivi di protezione per le scuole, come hanno fatto altri paesi per mantenere le scuole aperte. Il che significa distribuire dispositivi di protezione individuale come le mascherine, l'acquisto di divisori in plexiglass e di punti di igienizzazione delle mani nelle aule, distanziare i bambini, installare migliori apparecchiature di filtraggio dell'aria per gli interni e apparecchiature di riscaldamento per fare scuola all’aperto. Tutto questo, insieme ai test per i bambini e per il personale scolastico e al tracciamento dei contatti, avrebbero potuto consentire alle scuole primarie statunitensi di rimanere aperte in sicurezza.

Affrontare il danno. “Durante la pandemia di Covid-19, gli Stati Uniti hanno chiesto un sacrificio enorme ai cittadini più giovani per proteggere la salute dei più anziani, questo può essere moralmente difendibile nel corso di una pandemia, ma solo se vengono investite risorse per affrontare il potenziale danno di salute e formazione arrecato a una popolazione con scarsa visibilità e alta vulnerabilità”.

Daniela Uva per “il Giornale” il 16 gennaio 2021. Mentre la maggior parte delle Regioni si preparano alla zona rossa e arancione, per gli studenti italiani si allontana il miraggio di tornare in classe. Per moltissimi la Dad è destinata a rimanere una certezza, con il rischio di causare problemi psicologici molto gravi. A lanciare l' allarme è Raffaele Mantegazza, docente di Scienze umane e pedagogiche all' università Milano-Bicocca.

Cosa significa per i ragazzi continuare a fare a meno della scuola?

«La scuola è uno dei momenti nei quali i preadolescenti si distanziano da casa. Permette a questi ragazzi di spostarsi da soli con i mezzi pubblici, di recarsi in una città diversa: è un momento di elaborazione del distanziamento dal nido familiare, che è fondamentale per la crescita».

Cosa rischiano i più giovani?

«I ragazzi stanno perdendo la dimensione della socializzazione che è fondamentale in qualsiasi ordine scolastico, ma in particolare nella secondaria di secondo grado. Studiare insieme, crescere con i coetanei e confrontarsi sono aspetti essenziali che rischiano di essere perduti con la didattica a distanza. Il pericolo è però anche quello di ridurre l' apprendimento soltanto a qualcosa di cognitivo».

Dal punto di vista psicologico cosa potrebbe accadere?

«Da anni si sta studiando il fenomeno degli hikikomori, i giovani che si chiudono nelle loro camere e non escono per mesi. I ricercatori hanno dimostrato che questi ragazzi non solo hanno un calo di autostima, ma hanno anche un calo dell' apprendimento. Il lockdown moltiplica questa situazione».

Le fasce di età più a rischio?

«Ogni età è a rischio quando si costringe qualcuno all' isolamento. Per i bambini il pericolo è la rinuncia al diritto al gioco, alla vita all' aria aperta, alle attività ricreative. Per gli adolescenti si tratta invece della connessione fisica concreta con gli altri, dal primo bacio alla fidanzata, all' abbraccio con gli amici. Anche i ragazzi più grandi, attorno ai diciotto anni, perdono il senso fondamentale di libertà e di autonomia che l' uscire di casa permette loro di sperimentare».

Quanto è concreto per loro il rischio depressione?

«Sarà importante studiare insieme a questi ragazzi quale potrà essere l' esito di questa emergenza sulla loro crescita. La depressione, l' aumento di condotte aggressive e l' isolamento non sono un destino. Tutto dipende da come gli adulti sapranno ascoltare questi giovani e sapranno aiutarli a far sì che le risorse che hanno trovato e messo in campo in questi periodi difficili possano diventare un elemento».

«Sono autistico e chiuso in casa da marzo: fatemi vedere i miei compagni». Paolo è iscritto all’ultimo anno di un liceo in Sicilia e dall’inizio della pandemia non ha più messo piede a scuola. Ma per lui la Dad è impossibile. La mamma: «Adesso ho paura perché sta subendo un trauma che andrà recuperato». Antonio Fraschilla su L'Espresso il 15 gennaio 2021. «Mi manca il mio compagno di banco, Francesco. E Salvatore, uno degli insegnanti di sostegno. E Iulia e Maria Pia, le mie amiche in classe. Non è che mi manca davvero molto la scuola eh, ma non poter uscire, non poter vedere gli amici mi fa male». Paolo parla con la sincerità che lo contraddistingue. Lui è uno dei molti studenti con disabilità mentale che da marzo è a casa. Per lui è impossibile fare lezioni online e la Dad, la didattica a distanza, non ha poi molto senso in fondo: perché per moltissimi alunni con disabilità la scuola è soprattutto partecipazione, socialità. E anche se in alcuni casi le scuole hanno organizzato lezioni in presenza con l’insegnante di sostegno, sono i compagni che mancano davvero e senza gli “amici” di fatto si resta sempre in isolamento come a casa. Paolo è un ragazzone alto e robusto, due occhi marroni intensi, un sorriso che quando arriva entra nell’anima di chi lo guarda. Soffre di autismo, ha 19 anni e frequenta l’ultimo anno di un liceo a Noto. Frequenta in maniera “virtuale” perché dal 9 marzo, dal giorno del lockdown nazionale per cercare di arginare la pandemia da Covid-19, è a casa. A scuola non ha messo più piede perché l’istituto non è stato in grado di organizzare lezioni in presenza anche se l’ultimo Dpcm del governo prevede questa possibilità per gli studenti con disabilità. Paolo così non vede più i suoi compagni di classe, il pomeriggio non esce. E i progressi che aveva fatto sono quasi subito scomparsi. Adesso è nervoso, sta spesso sul divano della sua stanza e ha perso le sue abitudini. Angiola, la mamma di Paolo, racconta questi dieci mesi di pandemia: «Da marzo fino all’estate è rimasto a casa senza far nulla. Lui ha avuto una pessima reazione e si è chiuso ancora di più in se stesso. A settembre, in vista della ripresa della scuola, noi per primi ci siamo attrezzati per la Dad insieme all’insegnante di sostegno. Ma alla fine tutto si è risolto in collegamenti di pochi minuti con la classe e in molti casi solo con l’insegnante». La scuola per gli alunni con disabilità psichica è il perno attorno al quale ruota tutta la socialità: «Paolo non ha più visto i suoi compagni - continua Rotella - non ha più partecipato a una festa di compleanno, eventi che per lui rappresentavano occasioni importanti di dialogo. Io inoltre ho dovuto rinunciare a giorni programmati di lavoro. Ma adesso ho paura perché Paolo sta subendo un trauma che andrà recuperato».

«Essere uno studente in Italia non conviene»: sull'Espresso le vostre storie di Dad. Rabbia, frustrazione ma anche riflessioni, racconti e suggerimenti agli "adulti": sono tantissimi gli sfoghi degli studenti arrivati alla nostra redazione. Continuate a scrivere la vostra esperienza di scuola a distanza: le vostre testimonianze verranno pubblicate online. L'Espresso il 15 gennaio 2021. La pandemia ha reso difficile l'aggregazione sociale, e ormai a mantenere le distanze ci abbiamo quasi fatto l'abitudine. Quello a cui nessuno ancora riesce ad abituarsi sono i cancelli serrati delle scuole, i banchi vuoti, il silenzio. È difficile abituarsi al pensiero che ai ragazzi sia stato interdetto il loro spazio naturale e che la scuola possa essersi trasformata in una lezione su Meet o un file condiviso. Sono passati tanti mesi. E alla didattica a distanza non ci si abitua, apre ferite – a molti invisibili – che, a lungo termine, forse non si rimargineranno più. Lo dicono i dati raccolti dal Ministero dell'Istruzione e dal Consiglio nazionale degli psicologi, raccontati dall'Espresso . Lo dicono gli educatori e i genitori. Le istituzioni hanno fatto promesse che non sempre – in un continuo rimpallo di responsabilità – hanno portato a provvedimenti efficaci. Gli studenti sono stanchi e disorientati e si sfogano sui social. C'è chi scrive che in questi mesi di Dad non sarebbe rimasto sano di mente se non ci fosse stato il confronto sul web con gli altri studenti e chi arriva a dire che l'unica cosa bella della didattica a distanza sono le lamentele su Twitter. «Io comunque un po' sto impazzendo, alterno momenti in cui sto bene a momenti in cui mi sento chiusa in gabbia senza stimoli», «Questa è follia pura», «Ci pensate che è quasi un anno che le nostre giornate sono tutte uguali?». Da queste piazze virtuali emerge tutta la verità, senza mezzi termini. E a chi prova a ricordare che fanno bene a farsi sentire, molti rispondono che tanto non cambia nulla o chissà quando cambierà. E mentre i ragazzi scendono in piazza, da Roma a Milano, abbiamo deciso di aprire una piazza virtuale per raccogliere le loro voci. Che cominciano ad arrivare. Le parole dei ragazzi che ci hanno scritto sanno di «rabbia, indignazione e frustrazione» e vogliamo raccoglierle così autentiche come sono. Di Dad abbiamo parlato tutti, tanto, ma solo gli studenti possono raccontarla davvero, in prima persona. #DisagioADistanza sarà lo spazio sempre aperto alle loro testimonianze, la voce di un futuro stanco di crescere lontano dalle classi e che da oggi ha una piazza in più.

«Frequento il quinto anno del liceo scientifico. Siamo stanchi, alunni e professori. Per i nostri prof siamo a casa e quindi abbiamo più tempo per studiare, quando in realtà stiamo male e siamo psicologicamente a terra, non abbiamo alcun tipo di aiuto o di sostegno; chi è fortunato ha una famiglia solida alle spalle..ma non tutti sono fortunati. Vorremmo essere compresi, stiamo buttando via i nostri anni più belli, la maggior parte di noi non vede gli amici da mesi. Quest'anno abbiamo la maturità, e come possiamo prepararci se chi ci governa non sa cosa fare? La dad non funziona più, vogliamo solo tornare a scuola ed esercitare il diritto allo studio. Siamo davvero stanchi». (Maria, Liceo scientifico di San Giovanni in Fiore)

"Ogni giorno che passa mi sento sempre più alienato dalla scuola, oramai partecipare alle lezioni è diventato un gesto meccanico di routine, un semplice susseguirsi di accendo, saluto, spengo il microfono, ascolto, saluto che mi lascia con l'amaro in bocca. Questo tipo di didattica, privo di una qualsiasi interazione umana, funge solo da anestetico lasciandoci inerti e sconfortati e non ha e non potrà mai avere la stessa validità di quello in presenza. Ovviamente siamo consapevoli che le situazioni di emergenza richiedano dei sacrifici da parte di tutti ma è evidente come non si stia facendo abbastanza per permettere un ritorno sicuro a scuola. E a me questa pare solo l'ennesima riprova che il nostro, purtroppo, non è un Paese per giovani." (Riccardo, Liceo Volta di Milano)

«Ciò che probabilmente fa rabbia a noi studenti universitari è la totale assenza dal dibattito pubblico. La "DaD universitaria" ha sicuramente funzionato meglio rispetto ai licei. E non ci sono state pagliacciate come "le ore ridotte a 45 minuti". Noi universitari abbiamo lavorato quest'anno molto più degli altri anni. Abbiamo seguito i corsi al 100% e spesso ad orari improponibili in tempi normali perché "tanto che avete da fare", ci dicevano. Ma quando dico che la DaD ha funzionato per noi, mi riferisco ai corsi, che effettivamente, seppur nell'assenza totale di socialità, sono stati ben condotti anche a distanza. Qual è quindi il punto? Abbiamo pagato le tasse praticamente come se non ci fosse stata alcuna pandemia, tuttavia non abbiamo avuto accesso ad alcun laboratorio, 0 ore di pratica, 0 ore di tirocinio, e non abbiamo idea di se/quando ci sarà un bando Erasmus. Le regole di sicurezza per gli esami sono completamente prive di significato: essere in 100 in una grande aula durante un corso è effettivamente un assembramento, ma non capisco quale sia il rischio se in pochi, a gruppi, ci si prenota in anticipo all'esame e si svolge il tutto in un'aula da 200 posti vuota con lavagne lunghe più di 5 metri. Le università sono pienamente coscienti del fatto che un esame non è uguale all'altro e non c'è alcun motivo per non applicare le regole caso per caso. Noi studenti universitari, a differenza di quelli del liceo, votiamo, ma contiamo ancora meno perché alle nostre spalle non ci sono genitori indignati. Diciamo che in Italia i laureati sono solo il 4% della popolazione e solo il 27% dei giovani (contro il 44% Europeo); beh, non sono sorpreso! Siamo considerati un peso, non riceviamo alcun aiuto e ogni giorno della nostra carriera universitaria ci ritroviamo a constatare quanto più conveniente sarebbe andar via. Essere uno studente in Italia non conviene. Io sono al 5 anno, ma non posso dire di essere vicino al traguardo, perché la pandemia ha rallentato anche me; però almeno posso dire di aver vissuto la mia esperienza accademica. Mi spiace per chi si troverà abbandonato per molto più tempo da un sistema in cui l'Università conta meno di qualsiasi altra cosa» (Davide e Giada, ingegneria Aerospaziale, Università Federico II di Napoli)

«Negli ultimi 10 mesi di didattica a distanza, le sensazioni che più ho provato sono state rabbia, indignazione e frustrazione. Passare sei ore davanti a uno schermo ogni giorno mi ha causato svariati problemi fisici come male agli occhi, mal di testa e insonnia. Non poter fare nulla per cambiare la mia situazione mi ha avvilito e da ciò è derivato un sentimento di impotenza veramente fastidioso: in questi mesi, l'unica cosa che mi ha dato la forza di continuare a lottare per un futuro migliore è stata la speranza di essere ascoltata e ascoltati/e, il proposito col quale abbiamo occupato il cortile del nostro liceo poco fa. Siamo stati privati e private del diritto ad un'istruzione critica e consapevole, non nozionistica, siamo stati/e privati/e del confronto e della socialità che costellava quotidianamente la nostra vita scolastica, e, onestamente, mi vergogno assai per chi ha preso questa decisione. Temo davvero che nei fatti la nostra condizione non cambierà a breve e che le istituzioni continueranno a lasciarci in secondo piano, nonostante stiamo facendo tutto il possibile per evitarlo e riportare la questione della scuola al centro del dibattito pubblico». (Chiara, Liceo classico Manzoni di Milano).

Scuola, ecco i danni della didattica a distanza: gli studi riservati del ministero dell'Istruzione. Dalla precarietà allo stress, il dicastero è al lavoro da mesi sugli effetti psicologici sugli studenti della Dad. L'Espresso ha consultato i documenti riservati. Carlo Tecce su L'Espresso l'08 gennaio 2021. La didattica a distanza fa male. Si ha paura a dirlo, per non sovrapporre i drammi. Al ministero dell’Istruzione, però, lo sanno da mesi che quel rito digitale conosciuto con la sgradevole sigla di “dad”, nel lungo periodo, fa male agli studenti, riduce l’apprendimento scolastico, amplifica il disagio sociale, genera disturbi psicologi. Al ministero dell’Istruzione lo sanno perché da mesi, da agosto soprattutto, sono sopraffatti da tabelle, ricerche, documenti riservati che provengono anche dalla collaborazione col Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi. L’ultimo aggiornamento è di gennaio, riguarda un dettagliato sondaggio fra gli studenti. Così il ministero di Lucia Azzolina insiste fra le mura sorde del governo: a distanza, ma se necessario, se la pandemia infierisce ancora, non per pigrizia intellettuale, non per impreparazione amministrativa. Non sarebbe perdonabile. Il ministero dell’Istruzione, solo, si muove con ostinazione per i diritti degli studenti in un momento di doveri e il governo giallorosso, mai tanto compatto su un punto, reagisce infastidito. Come se non sopportasse questa ragionevole ostinazione. Allora si litiga e ci si confonde.

I bambini dell’era Covid abbandonati ai loro incubi. C'è chi non mangia, chi crede di aver perso la vista o di non poter più camminare. Insonnia, disturbi, gesti di autolesionismo fino all'aumento dei tentativi di suicidio. Viaggio nei reparti di neuropsichiatria infantile italiani. Dove si curano le ferite invisibili della pandemia. Elena Testi su L'Espresso il 19 marzo 2021. È una cannuccia il momento del risveglio. Arriva alle labbra, si posa. La vita sembra tornare con un unico sorso d'acqua. La vita si presenta di nuovo mentre l'infermiere chiede «come va?». Attende la risposta, osserva la reazione. I corpi sono fermi, inermi e nudi. I tubi vestono il paziente in un perfetto equilibrio tra necessità e possibilità di movimento. Al Sant'Orsola di Bologna la terapia intensiva Covid-19 del padiglione 25 non ha mai smesso di emettere il suo «beep». È un tempo fermo, quello di ognuno di noi. Un tempo che si ripete a cicli concentrici e colorati di rosso, arancione e giallo. A pochi passi dal padiglione 25, così pochi che si possono contare mentre si cammina, c'è il pronto soccorso pediatrico. Un bambino, ha 12 anni, è aggrappato alle braccia del padre. Lui, i passi impercettibili dall'auto all'entrata del pronto soccorso, riesce a contarli solo con la mente e con l'ansia. Spiega che «no, non può più camminare» e che «le gambe non funzionano più». Non riesce ad alzarsi in piedi, non può più farlo. Nel padiglione 25 ci sono i padri di 42 anni che salutano i figli prima di essere intubati, a pochi metri di distanza c'è un'altra terapia intensiva, quella dell'anima, accoglie l'invisibilità della mente che cede di bambini e adolescenti. Nel pronto soccorso pediatrico c'è il «beep» costante delle paure che porta un dodicenne a credere che le gambe non funzionino più anche se tutto va bene. Un altro teme di aver perso la vista per sempre, che i suoi occhi non riescano più a cogliere colori e sfumature, quelle che da un anno raccontano la vita di un Paese e di un mondo intero. C'è poi lo sguardo miope degli adulti, capaci di vedere a distanze ravvicinate, ma che perde prospettiva in lontananza. Chiusi, soli, abbandonati. Si trascinano nelle loro stanze. Alcuni sviluppano un attaccamento compulsivo nei confronti dei genitori, quando ci sono. Altri si allontanano. C'è chi non mangia più, chi mangia troppo. Problemi di insonnia e di autolesionismo per liberare l'angoscia che arriva dal mondo esterno. Un aumento dei tentati suicidi dal 30 al 50 per cento nei reparti di neuropsichiatria infantile italiani. Non si parla più di semplici reclusi, ma di una generazione che stiamo abbandonando e dimenticando, presi dal problema dell'attimo. Curati con la didattica a distanza nella speranza che basti a colmare il vuoto scolastico. Ciechi di fronte a decine di bambini che ogni giorno vanno nei pronto soccorso del Paese a chiedere aiuto per una malattia che lascerà strascichi per anni, pesando sui costi sociali e sanitari. Il professore Marcello Lanari, direttore della pediatria d'urgenza del Sant'Orsola, parla mentre l'ospedale viene riadattato per fare spazio ai pazienti Covid-19: «Le scuole erano l'ultima cosa che dovevamo chiudere. Purtroppo, seppur dolorosa e non senza prezzo, è una scelta alla quale si è dovuti arrivare, nonostante gli studi dicano che il problema delle infezioni non risieda dentro una classe ma nel tragitto che si fa per raggiungerla o in altre attività di aggregazione giovanile o dentro i nuclei familiari». Ma non si ferma qui: «In base a uno studio che abbiamo fatto e pubblicato, abbiamo scoperto che su 7.958 genitori intervistati, circa il 40 per cento ha riferito che dall'inizio della pandemia la propria situazione economica è peggiorata. Nel 10,9 per cento dei casi almeno un genitore ha perso il lavoro. Per quanto riguarda le esperienze e l'attitudine rispetto al lockdown, i genitori ritenevano che i loro figli avessero sofferto soprattutto la mancanza degli amici e riportavano che i bambini erano diventati più nervosi e si sentivano soli». Giancarlo Cerveri, direttore del reparto di psichiatria dell'ospedale di Codogno conosce bene le ansie dei genitori, strettamente legate a quelle del mondo che verrà: «Io posso parlare per gli adulti, ma loro sono il nucleo familiare, e quello che noi vediamo è solo la punta dell'iceberg. Per intenderci, nell'hinterland milanese si parla di un tentato suicidio al giorno, un aumento della violenza e dell'autolesionismo. La verità è che molte persone passate nei nostri reparti non sono mai state prese in carico dai servizi». La malattia mentale corre veloce quanto il virus. Non ha ondate, ma è costantemente in aumento. Eppure nulla appare nelle agende politiche. L'Italia è ultima in Europa per posti letto in psichiatria e la rete territoriale fa fatica a colmare l'enormità dei bisogni in crescita. In questo anno c'è sempre l'adesso, il momento plastico delle nostre vite che si intreccia ai lockdown necessari, presi da una rincorsa che non sappiamo anticipare. A Brescia la terza ondata è arrivata prima di altrove. Le luci sono accese, la sirena è stata spenta e vicino all'ospedale smette di suonare. Ne arriva una ogni dieci minuti. All'ospedale Poliambulanza si prepara il paziente per portarlo al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, perché qui non ci sono più posti. Giuseppe Natalini, direttore della Terapia Intensiva, si affaccia: «Siamo un po' come lo scorso anno, con la fortuna che la terza ondata qui è partita prima e possiamo trasportare i pazienti fuori provincia». Dentro ci sono 16 intubati, si preparano ad arrivare a 25 posti letto: «Siamo alla ricerca degli untori, fa un po' sorridere che la colpa della pandemia sia degli adolescenti. È un Paese che cerca un colpevole e punta il dito, non credo che sia un aperitivo a far riprendere il contagio». A 540 chilometri di distanza Stefano Vicari, professore all'università Cattolica e direttore della neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Bambino Gesù di Roma, sta prendendo in cura una bambina di 12 anni che si è gettata dalla finestra, un altro di 13 che ha nascosto tutte le pasticche che ha trovato in giro per casa e le ha ingerite per tentare il suicidio. Un'altra ancora, dagli ottimi voti a scuola, ha deciso di smettere di mangiare. Vicari ammette: «A me i posti letto spesso non bastano, ne ho un po' sparsi per l'ospedale, ma la verità è che nessuno si sta accorgendo di quello che sta realmente accadendo. Io ho da uno a due tentati suicidio al giorno, in una fascia d'età che va dai 12 ai 17 anni». Qui non ci sono tubi che vestono, ma bambini che si ritrovano nella sterilità di un reparto dove ogni cosa è precisamente calcolata. Bagni predisposti e senza rubinetti, porte velate, un accesso che ha bisogno di un codice. Il dottor Vicari continua: «Il periodo che stiamo vivendo rimescola le carte, ci sono adolescenti che picchiano i genitori, si tagliano perché il dolore fisico gli dà sollievo dal mondo esterno. È come se l'emergenza psichiatrica con il Covid-19 stia avendo un detonatore. È constatato che il 20 per cento degli adolescenti e pre-adolescenti abbia problemi psichiatrici, ma la sensazione è che stiano aumentando. Un ragazzo su tre in questo momento potrebbe sviluppare un disturbo, ma per capirlo avremo bisogno di tempo. Purtroppo ce ne accorgeremo». I numeri dettano la linea del problema. Vicari parla di aumento dei ricoveri in psichiatria di minori dal 20 al 30 per cento, un aumento arrivato con la seconda ondata e non nella prima. «Il primo lockdown – spiega – i giovani l'hanno vissuto un po' come un anticipo delle vacanze estive, una pausa dalla scuola. C'erano i genitori a casa, poi da ottobre è cambiato tutto. Sono rimasti nelle proprie abitazioni da soli per tempi prolungati e la didattica a distanza ha creato problemi enormi». Arriva l'appello anche dell'Associazione degli ospedali pediatrici italiani: «Il mondo adulto, pur con grandi sofferenze, è proiettato sui vaccini e sulla fine della pandemia, ma i nostri ragazzi non sanno come immaginare il futuro, e questo dolore silenzioso si insinua ogni giorno creando fratture che poi deflagrano nei nostri pronto soccorso come osserviamo in questi mesi. I suicidi rappresentavano già a livello globale la terza causa di morte nei soggetti di età compresa tra i 15 e 19 anni, dopo incidenti stradali e tumori. Adesso una recente autorevole pubblicazione dimostra un significativo incremento di questo terribile fenomeno in correlazione al dramma pandemico». Ma i segnali di un disturbo erano già evidenti. La Fondazione Mondino di Pavia ha effettuato uno studio, durante la prima ondata, su 1.649 ragazzi che non hanno mai avuto disturbi di natura psicologica, scoprendo che l'80 per cento ha risposto di avere avuto alterazione dei contenuti del pensiero; stati allucinatori; sintomi dissociativi; stati di agitazione ed ansia; preoccupazione ansiosa per la salute e per il futuro e disturbi del sonno. Di questi il 24 per cento ha avuto sintomi acuti mentre il 50 per cento va verso una cronicizzazione della malattia. Il professore Renato Borgatti, che dirige la neuropsichiatria infantile del Mondino, non condivide molte decisioni prese fino ad ora: «Ci siamo riempiti la bocca con la Dad e loro sono rimasti più soli di prima. Adesso iniziano a sperimentare il disagio. Siamo miopi, non vediamo il lungo termine e né una chiara strategia di politica sanitaria». Borgatti e Vicari sono stati auditi al Senato, invitati per esporre i dati. «Lei pensa che sia stato fatto qualcosa? Come soluzione al problema – continua Borgatti – abbiamo pensato di rinchiudere gli adolescenti a casa senza prevedere cosa avrebbe comportato per il futuro del Paese, dando vita ad adolescenti senza scopo». Ci sono quei tagli sulle braccia, spesso nascoste a genitori ignari che arrivano quando ormai la malattia è in fase acuta, c'è il corpo che diventa un mezzo per attirare l'attenzione. «La didattica a distanza – spiega Renato Borgatti – crea danni seri. Le faccio un esempio: alcuni giorni fa è venuto da noi un ragazzino, non riuscivamo a capire perché fosse così traumatizzato. Scavando abbiamo scoperto che molti adolescenti e pre-adolescenti duranti le ore di lezione si spediscono link di forte impatto emotivo, come siti dove ci sono delle deformità corporee, youtuber che fanno cose terribili. Un fenomeno che corre come il virus, ma nessuno fa nulla perché alla fine parliamo sempre di bambini, adolescenti ed educazioni. Ma parliamo appunto, senza agire. L'isolamento sociale per gli adolescenti significa interferire con un naturale percorso di crescita, a loro manca il semplice tocco umano, per non parlare del fatto che da un anno non c'è più attività sportiva, importantissima per loro. A mio avviso avremmo potuto ideare una campagna vaccinale con priorità diverse che potesse dare una risposta alle future generazioni». Le soluzioni non bastano mentre i problemi aumentano. Leonardo Sacrato, Unità operativa di neuropsichiatria infantile e Centro regionale per i disturbi del comportamento alimentare per l'età Evolutiva dell'ospedale Sant'Orsola - Malpighi di Bologna, avverte: «Abbiamo bambini che già a 9 e 10 anni riscontrano disturbi alimentari. Si chiama anoressia nervosa ad esordio precoce. Solo pensando all'ultimo mese abbiamo preso in cura ragazze che già a 13 e 14 anni hanno smesso di parlare in famiglia, rifiutano il contatto fisico, sono sconvolte da una sensazione di ansia e angoscia. Dicono di non piacersi più». Sacrato spiega: «I nostri ragazzi sono rimasti per un lungo periodo a contatto con fattori precipitanti che li hanno portati a uno smarrimento. Per loro non esistono più fattori protettivi, sono rimasti chiusi nell'armadio con le loro paure e le insicurezze dei genitori. Hanno perso tutti quegli elementi che permettevano loro di rimanere in equilibrio». I bambini sono arrivati a non usare più neanche la fantasia che da sempre li protegge, e anche loro si chiedono quando tutto finirà. I fragili vengono lasciati da parte in una strana selezione del più forte che prevale in questa società. A saperlo bene è la professoressa Maria Paola Canevini che all'ospedale San Paolo di Milano, tra gli altri, si occupa di bambini con il disturbo dello spettro autistico o affetti da Adhd (Disturbo da deficit di attenzione iperattività): «Con alcuni di loro abbiamo provato a lavorare in telemedicina, con altri abbiamo cercato di mantenere la presenza con tutto quello che comporta. È chiaro che le famiglie e questi bambini stanno soffrendo, i genitori si sentono caricati di un peso maggiore. I bambini vivono purtroppo un aumento di ansia, paura che i familiari si ammalino ed è anche per questo che abbiamo cercato di aiutare i genitori nello spiegare ai loro figli cosa fosse il Covid-19 con materiale apposito». Anche qui, però, il finale è disarmato: «È chiaro che non bastano i centri specialistici e le reti territoriali per far fronte alla richiesta. Non bastano già in condizioni normali, perché abbiamo poche risorse». L'Italia è una nazione alle prese con il virus, una zona rossa che preferisce soluzioni drastiche d'urgenza, senza anticipare per poi fermarsi e guardare le macerie dietro di sé. Centomila morti da Covid-19, una generazione che verrà abbandonata ai suoi incubi. Sarebbe più altruistico se non li trattassimo tutti come possibili figli nostri, ma come i cittadini di una comunità. Così non è.

·        La pandemia è un affare di mafia.

La cassa dei furbetti. Report Rai PUNTATA DEL 14/06/2021 di Giulia Presutti. Per le aziende la cassa integrazione Covid-19 è una boccata d’ossigeno. Secondo i dati Inps, l'hanno utilizzata 700 mila imprese per 7 milioni di lavoratori. Anche 2i Rete Gas, azienda leader nel settore della distribuzione di gas naturale, ha usufruito degli ammortizzatori sociali durante il primo lockdown, facendo lavorare i dipendenti a rotazione. Ma la distribuzione di gas naturale non si è mai fermata: perché allora la 2i Rete Gas ha ottenuto fondi pubblici destinati a chi subiva perdite per la pandemia? Come Glovo, che con altre app di consegna ha tenuto in vita la filiera agroalimentare, ma nei mesi più duri ha lasciato a casa i propri dipendenti. Gli ammortizzatori sociali introdotti a causa di Covid-19 hanno maglie molto larghe, ma chi controlla che le aziende non se ne approfittino?

“LA CASSA DEI FURBETTI” Di Giulia Presutti Collaborazione Marzia Amico Immagini Chiara D’Ambros, Giovanni De Faveri, Matteo Delbò, Cristiano Forti Montaggio Marta Camporeale, Andrea Masella

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Ben tornati. Passiamo ai furbetti della cassa integrazione. La lista sarebbe lunghissima. Ma i casi che ha raccolto la nostra Giulia Presutti sono paradossali: a cominciare da chi ha messo sulle spalle dello Stato, 1000 dipendenti in cassa integrazione pur continuando a fare affari sotto il lockdown.

MARIO MADDALONI – COORDINAMENTO REGIONALE USB CAMPANIA In quel periodo i contatori continuavano a girare, la authority gli riconosce un tot ogni metro di gas che viene veicolato nelle reti che loro gestiscono.

GIULIA PRESUTTI Quindi continuavano a fatturare.

MARIO MADDALONI - UNIONE SINDACALE DI BASE E certamente sì.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Nonostante i contatori abbiano continuato a girare anche sotto pandemia, il gestore delle reti ha messo i lavoratori in cassa integrazione. IMPIEGATO 2i Rete Gas Ci hanno chiesto come prima cosa l’esaurimento di tutte le ferie residue, dopodiché abbiamo fatto della cassa integrazione.

GIULIA PRESUTTI Quanto è diminuito lo stipendio? IMPIEGATO 2 2i Rete Gas Personalmente intorno ai 200 euro netti.

TECNICO 1 2i Rete Gas Otto giorni ho perso circa 500 euro, più gli oneri accessori, i contributi. Io lavoro per una società che fa distribuzione gas metano in Italia.

GIULIA PRESUTTI Da quanti anni?

TECNICO 2i Rete Gas Trent’anni. Non è mai successo da che mi ricordi io che le aziende del settore abbiano chiesto la cassa integrazione.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO La 2i Rete Gas, azienda leader nel settore della distribuzione di gas metano, ha deciso di usufruire della cassa integrazione Covid per i mesi di aprile e maggio 2020.

FABIOLA BRAVI – COORDINAMENTO NAZIONALE USB LAVORO PRIVATO Di norma si prevedeva un utilizzo di circa dieci giornate al mese per ciascun lavoratore.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Per un totale di oltre mille lavoratori fermi, a rotazione, tra nord e sud Italia.

MARIO MADDALONI – COORDINAMENTO REGIONALE USB CAMPANIA Si interrompevano le attività dei lavoratori, nel frattempo 2i Rete Gas continuava a far lavorare le ditte appaltatrici sostituendo di fatto i lavoratori che erano stati messi in cassa integrazione.

GIULIA PRESUTTI Tu sei stato messo in cassa integrazione e nel frattempo c’erano altre persone delle ditte esterne che facevano il lavoro? IMPIEGATO 2 2i Rete Gas Certamente. IMPIEGATO 2 2i Rete Gas Non c’è stata una diminuzione di richiesta di lavoro. Tutt’al più quell’attività che non viene esaurita in un giorno viene fatta il giorno dopo, dopo due giorni ma quelle sono.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Nella relazione finanziaria dell’azienda, il costo del lavoro è sceso da 63 milioni e 7 del primo semestre 2019 a 58 milioni e 4 nella prima parte del 2020. Cinque milioni in meno.

GIULIA PRESUTTI Si può legittimamente pensare che sia dovuto alla cassa integrazione?

ALFONSO SCARANO - ANALISTA FINANZIARIO INDIPENDENTE Sicuramente sì, la totalità di questo risparmio è fatto sostanzialmente a danno dello Stato e dei lavoratori.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Il paradosso è che nello stesso giorno in cui deliberava la cassa integrazione, il 26 marzo, l’azienda ha fatto una enorme donazione, un milione di euro alla regione Lombardia e alla protezione civile destinato all’ospedale Fiera di Milano. E ha pure chiesto ai lavoratori di contribuire.

TECNICO 2i Rete Gas Ci hanno detto chi è che vuole contribuire ci dica quante ore vuole donare e ce le hanno detratte dalla busta paga.

GIULIA PRESUTTI Vi hanno chiesto di devolvere parte del vostro stipendio.

TECNICO 2i Rete Gas Tremila ore abbiamo donato: a noi ci chiedono la solidarietà e loro invece utilizzano i soldi della comunità e dei lavoratori per guadagnare.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO L’azienda da una parte teneva i lavoratori in cassa integrazione e chiedeva loro di contribuire alle donazioni alla Regione Lombardia, dall’altra ad aprile ha cominciato a fare acquisizioni.

FABIOLA BRAVI – COORDINAMENTO NAZIONALE USB LAVORO PRIVATO e quindi un’acquisizione da parte di BN investimenti che gli dà la possibilità di acquisire la distribuzione del gas a Vibo Valentia, a Caserta e anche a Cosenza.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO In piena pandemia ha acquisito le infrastrutture di Edison e si è accaparrata la distribuzione del gas in 58 comuni, per 152mila clienti e 2700 chilometri di rete. Il bilancio di 2i Rete Gas è sanissimo, con un miliardo di fatturato e 266 milioni di utili nel 2019.

ALFONSO SCARANO - ANALISTA FINANZIARIO INDIPENDENTE Un business molto solido, e quindi cosiddetta cash cow cioè una vacca da mungere, una cosa che produce molti utili per gli azionisti.

GIULIA PRESUTTI C'è qualcosa nel bilancio che giustifica una cassa integrazione per pandemia da Covid 19?

ALFONSO SCARANO - ANALISTA FINANZIARIO INDIPENDENTE Si tratta semplicemente di opportunismo manageriale. GIULIA PRESUTTI Come mai avete messo i lavoratori in cassa integrazione e nel frattempo facevate numerose acquisizioni e vi espandevate come azienda?

FABRIZIO CUCCOVILLO - RELAZIONI INDUSTRIALI 2i RETE GAS Guardi io non rispondo su questo ci sono degli uffici dedicati ad hoc.

GIULIA PRESUTTI Però lei diciamo ha gestito anche l’informativa coi sindacati, quindi, insomma, io le volevo solo chiedere più o meno come mai è stata chiesta la cassa integrazione.

FABRIZIO CUCCOVILLO - RELAZIONI INDUSTRIALI 2i RETE GAS Non ho un minuto, guardi, non parli con me.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Con lui hanno parlato i sindacati, che però sono senza armi. La normativa Covid prevede che l’azienda li informi della cassa integrazione ma poi hanno solo tre giorni per esaminare il caso.

GIULIA PRESUTTI Ci sono aziende che forniscono gas ai cittadini, non si sono fermate in nessun modo ma la cassa integrazione l'hanno fatta.

NUNZIA CATALFO - MINISTRA DEL LAVORO 2019 - 2021 Noi abbiamo chiuso il Paese all'improvviso a marzo. Non c'era alcun calo del fatturato a marzo. Sicuramente è una scelta forte di cui mi prendo anche le responsabilità.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Però anche il dpcm Conte di agosto 2020 permette di accedere agli ammortizzatori sociali senza aver subito un calo di fatturato.

MARCO MARAZZA - PROFESSORE DIRITTO DEL LAVORO UNIVERSITÀ CATTOLICA ROMA Questo in qualche modo si giustifica col fatto che quel datore di lavoro oggi è legislativamente impedito nel licenziare quelle persone.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Quindi, per compensare, può utilizzare la cassa integrazione Covid che è finanziata interamente dallo Stato perché le imprese non sono tenute al pagamento dei contributi.

GIULIA PRESUTTI È chiaro che qualche azienda se ne è potuta approfittare, no?

NUNZIA CATALFO - MINISTRA DEL LAVORO 2019 - 2021 Purtroppo, le frodi ci possono sempre essere, quelle vanno denunciate immediatamente perché fanno diventare questo strumento uno strumento solo in loro favore. Se voi me le voleste dire anche io sarei pronta a denunciarle, ovviamente.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Gliela forniamo noi una piccola lista, anche se dubitiamo che abbia gli strumenti per intervenire perché è la stessa legge che consente alle aziende, anche quando non hanno un fatturato in calo, di poter accedere alla cassa integrazione Covid. 2iRete Gas ha continuato a fare affari anche sotto il lockdown, i contatori giravano anche più velocemente perché c’era più gente a casa che cucinava e si riscaldava. Insomma, 2iRete Gas è una gallina dalle uova d’oro per gli azionisti perché fattura e ha utili per centinaia di milioni di euro, è di un fondo di Cassa Depositi e Prestiti, dentro anche Banca Intesa e Unicredit. Ora, che cosa ha fatto: che durante il lockdown ha messo in cassa integrazione mille dipendenti, ha risparmiato circa cinque milioni di mancati contributi e stipendi e poi ha anche chiesto a questi dipendenti di contribuire alle donazioni, a una donazione alla regione Lombardia, proprio a loro che ci hanno rimesso circa 500 euro al mese per la cassa integrazione. E un po’ ci prendono anche per il naso perché proprio in questi giorni è uscita la relazione finanziaria, l’ultima, dove si certifica l’acquisizione di quattro società di distribuzione, e hanno anche incluso tra i costi da scaricare la donazione che è avvenuta col contributo dei dipendenti. Poi anche hanno detto che il Covid ha impattato marginalmente sulla strategia dell’azienda. Ecco, chapeau perché tanto chi li controlla. Così vale anche per il gruppo Conad, che ha realizzato un 10% in più sotto il lockdown. È un consorzio di cooperative, c’è l’ipermercato, il supermercato, e il mini market e ognuno è un’impresa diversa. C’è chi ha guadagnato di più, chi ha guadagnato di meno: ma chi ha guadagnato di più, siccome non c’è un meccanismo di solidarietà, non ha contribuito ad aiutare chi ne aveva più bisogno. Abbiamo chiesto spiegazioni a Conad, Conad ha detto “con voi non parlo”, soprattutto di gestione aziendale. Insomma, si ha il sospetto che il motto “le persone oltre le cose” sia valido solo per lo spot.

ADDETTO ALLE VENDITE CONAD ADRIATICO Sono un dipendente di Conad Adriatico e dall’aprile diciamo dopo la pandemia come gli altri miei colleghi siamo in cassa integrazione chi a zero ore, cioè totalmente a casa, e chi con orario ridotto. Decidono loro settimanalmente come deve essere distribuito l’orario.

GIULIA PRESUTTI Non sapete neanche quanto guadagnerete quindi

ADDETTO ALLE VENDITE CONAD ADRIATICO Esattamente, perché tra l’altro l’Inps con la cassa integrazione paga a un mese, due mesi, tre mesi, quando va bene.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Il gruppo Conad Adriatico è il terzo per fatturato nelle Marche, ma i dipendenti di questo ipermercato sono fermi. Eppure, durante il lockdown, la grande distribuzione organizzata è cresciuta oltre il 4%. A perdere sono solo gli ipermercati, che però non possono beneficiare degli utili degli altri punti vendita.

GIULIA PRESUTTI È normale che il settore che unico tra tutti ha continuato a lavorare forse solo con le farmacie utilizzi la cassa integrazione Covid?

ALESSIO DI LABIO - SEGRETARIO NAZIONALE FILCAMS CGIL Conad ha preso Auchan e ancora oggi ci sono quasi 2.000 esuberi. Ha una rete vendita di 56mila dipendenti e non mette a disposizione ricollocazioni, cioè il sistema di solidarietà all'interno della rete vendita Conad non esiste. Ogni punto vendita deve avere una sua autonomia. Dal punto di vista formale sono ragioni sociali diverse.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO La CGIL non ha sottoscritto l’accordo con Conad per la cassa integrazione Covid perché già nel 2019, il gruppo Conad Margherita aveva rilevato i punti vendita Auchan e chiesto la cassa integrazione per i lavoratori in esubero che aveva ereditato dal gruppo francese. Ma Conad è in buona compagnia: anche Glovo ha messo i dipendenti in cassa integrazione.

EX IMPIEGATO GLOVO Nell’arco di una giornata siamo stati chiamati tutti, ci hanno fatto la comunicazione e ci hanno tolto immediatamente gli accessi.

GIULIA PRESUTTI Quante persone?

EX IMPIEGATO GLOVO Trenta persone, tutti impiegati.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Neanche i dipendenti di Glovo sono stati risparmiati. Mentre i rider sfrecciano per le città mantenendo in vita i ristoranti, dal 27 marzo al 30 maggio 2020 gli impiegati sono in cassa integrazione.

GIULIA PRESUTTI Però la pandemia e il lockdown sono stati un momento di crescita per le attività di consegna, no?

EX IMPIEGATO GLOVO Sì il lavoro era comunque elevato, e poi è stato ripartito poi tra le persone che sono rimaste. GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Perché anche se alcuni ristoranti per le prime settimane di lockdown sono stati chiusi, Glovo consegna di tutto. E gli ordini dai supermercati sono aumentati del 400%, quelli dalle farmacie del 320%, le consegne da casa a casa del 330%.

ELISA PAGLIARANI - GENERAL MANAGER GLOVO ITALIA Siamo cresciuti sicuramente, la fase della pandemia ha accelerato questo servizio ma c’è un trend di crescita che c’era anche prima.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Glovo ha chiuso il 2020 raddoppiando il fatturato rispetto all’anno precedente, infatti dal 15 luglio ha cominciato una campagna di assunzioni con decine di posizioni amministrative aperte a Milano.

GIULIA PRESUTTI Come si giustifica la richiesta di cassa rispetto alla crescita?

ELISA PAGLIARANI - GENERAL MANAGER GLOVO ITALIA Perché all’inizio abbiamo visto che il nostro business decresceva, un mese dopo abbiamo visto che il nostro business invece ricresceva e allora a quel punto i nostri dipendenti sono tornati tutti.

GIULIA PRESUTTI E come mai la cassa non è stata chiesta per i manager?

ELISA PAGLIARANI - GENERAL MANAGER GLOVO ITALIA Io mi sono tagliata lo stipendio del 50%.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO È stata generosa. È vero che nel mese di marzo gli ordini di Glovo sono calati, ma per alcuni dipendenti cassa integrazione covid è durata fino a ottobre inoltrato. A controllare le richieste delle aziende c’è l’Inps. La verifica è solo preventiva, poi ci sono gli ispettori che fanno controlli a campione.

VINCENZO TEDESCO - DIRETTORE CENTRALE ENTRATE INPS Le sole aziende sono un milione e mezzo circa. I nostri ispettori sono mille quindi…

GIULIA PRESUTTI Un ispettore…

VINCENZO TEDESCO - DIRETTORE CENTRALE ENTRATE INPS ogni 1.500 aziende.

GIULIA PRESUTTI Quindi sostanzialmente se un’azienda non si comporta proprio benissimo può sfuggire VINCENZO TEDESCO - DIRETTORE CENTRALE ENTRATE INPS Beh 700- 800 mila aziende che hanno avuto accesso alla cassa per 7 milioni credo quasi di lavoratori interessati è qualcosa che nella storia del nostro istituto non si è mai visto. GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Del resto l’Inps ha le mani legate. Perché per legge un’azienda può accedere alla cassa Covid senza aver subito alcun calo di fatturato. E persino senza dover dimostrare che la pandemia le ha causato una riduzione dell’attività.

MARCO MARAZZA - PROFESSORE DIRITTO DEL LAVORO UNIVERSITÀ CATTOLICA Mentre per accedere a una cassa ordinaria il datore di lavoro deve presentare una istanza con dettagli sul tipo di interventi che sta facendo nella sua azienda, nel caso di cassa Covid diciamo questo dettaglio dell’istanza non è richiesto.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO A volte sono le Procure a coprire i buchi strutturali nei controlli dell’Inps. Il materiale di cui sono fatti i pacchi di pasta, i blister dei farmaci e i pacchetti di sigarette per anni è stato prodotto da questa fabbrica di Terni, la Treofan. Nel 2018 l’azienda è stata rilevata dalla multinazionale indiana Jindal. Ma ora è deserta.

GIULIA PRESUTTI Cosa producete dentro questa fabbrica?

STEFANO FERMINELLI - CAPOREPARTO TREOFAN TERNI Produciamo il film per imballaggi alimentari, farmaceutici, e tabacchi. È il classico sacchetto della pasta.

GIULIA PRESUTTI Ma tu mi sai dire quanto se ne produceva qui?

STEFANO FERMINELLI - CAPOREPARTO TREOFAN TERNI Questo è un impianto che in un turno di otto ore potrà fare 30, 40mila chili.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO I lavoratori della fabbrica umbra sono fermi da mesi. 140 operai che da febbraio non prendono lo stipendio, perché l’azienda è in liquidazione.

LAVORATORE TREOFAN Io lavoravo su una linea di estrusione, cioè una macchina che estrudeva del film.

GIULIA PRESUTTI Da quanto tempo per Treofan?

LAVORATORE TREOFAN 31 anni.

GIULIA PRESUTTI State prendendo la disoccupazione adesso?

LAVORATORE TREOFAN Al momento siamo senza stipendio.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Non prendono neanche sussidi statali perché per raggiungere un accordo con Jindal ci sono voluti mesi. Niente cassa integrazione. L’azienda l’aveva chiesta per la crisi dovuta alla pandemia, ma poi è intervenuta la procura che l’ha sequestrata.

ALBERTO LIGUORI - PROCURATORE CAPO DI TERNI La Treofan ha fatto domanda di accesso adducendo quale ragione il calo della produttività e quindi abbiamo ritenuto che la realtà era diversa da quella rappresentata, ragion per cui abbiamo sequestrato quella parte di contributi che lo Stato dà tramite l’Inps e abbiamo ritenuto che quello fosse il profitto di un reato.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Il gip ha disposto il sequestro perché l’imballaggio prodotto da Treofan è necessario alla filiera alimentare e la sua domanda non è mai calata.

GIULIA PRESUTTI E questa famosa cassa integrazione Covid se stavate addirittura facendo gli straordinari come mai? LAVORATORE TREOFAN Perché noi stavamo reclamando il posto di lavoro per quello che stava succedendo, spostamenti di ordini da una parte all’altra quindi abbiamo iniziato a fare degli scioperi, per ripicca, per tenerci fermi hanno fatto la richiesta della cassa Covid.

LAVORATORE TREOFAN In pratica, loro volevano prendere i prodotti, il know-how da Terni e da Battipaglia e portarlo negli altri stabilimenti del gruppo.

GIULIA PRESUTTI FUORI CAMPO Per i lavoratori una ripicca. Per i magistrati invece la richiesta della cassa integrazione Covid era solo un tassello di un disegno che l’azienda aveva pianificato ben prima della pandemia.

GIULIA PRESUTTI C’era una strategia dell’azienda dietro a questa modalità?

ALBERTO LIGUORI - PROCURATORE CAPO DI TERNI Io ritengo che siano stati anche ingannati perché con l'espediente della cassa Covid noi abbiamo gli operai che aiutano l'azienda a spostare le merci verso Brindisi per quasi 12 milioni di euro. Il che significa che stiamo smantellando e non te ne sei accorto.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Sarebbe una truffa bella e buona. E avrebbero anche aggirato il blocco dei licenziamenti. Perché la legge prevede che puoi accedere, ma devi mettere in liquidazione tutta l’azienda, tutto il gruppo. Qui invece hanno tenuto in vita esclusivamente lo stabilimento che gli conveniva, quello di Brindisi. Ora Jindal, che era l’azienda multinazionale che voleva anche rilevare l’Ilva che cosa dice: insomma, nel suo progetto di decentramento si è fatta aiutare dalla cassa integrazione, finanziare in parte con i soldi dello stato. Dice che però questa sua scelta deriva dal crollo dell’economia in Europa: ma quando gli abbiamo chiesto “ci fai vedere i bilanci”, non ce li hanno fatti vedere. Tanto gli va sempre bene perché ma chi li controlla? L’Inps ha mille ispettori, deve combattere con 800mila richieste di cassa integrazione che riguardano sette milioni di lavoratori: ha alzato e sventolato bandiera bianca.

Sanità, Santoro da Gruber: «Ospedali calabresi meglio gestiti dalla 'ndrangheta che da chi li gestisce oggi». Il Quotidiano del Sud il 3 maggio 2021. Michele Santoro torna in tv ospite di Lilli Gruber in vista di un programma che andrà in onda su La 7 mercoledì prossimo, mentre Gad Lerner, ospite anche lui di “Otto e Mezzo”, si è lasciato a un nostalgico commento tipo «siamo combattenti e reduci», Santoro ha fatto l’ingresso in scena subito con tono deciso e controcorrente: «Non mi sento un reduce, ho ancora molto da dire». E ha attaccato il sistema dell’informazione che, tranne poche eccezioni, non si “accorgerebbe” delle condizioni dell’Italia. Esempio della gravità delle cose italiane, secondo Santoro, sarebbero la Calabria e l’emergenza sanitaria. «Quando in Calabria fanno due volte la ricevuta per uno stesso pagamento, chi la fa? Lo Stato. E noi come lo risolviamo questo problema? Prendiamo un altro generale della riserva e lo mandiamo in Calabria come se dovesse combattere chissà quale nemico. La ‘ndrangheta? Ma la ‘ndrangheta calabrese è nella farmacologia, è investitrice nella finanza. Se la ‘ndrangheta gestisse certi ospedali calabresi li gestirebbe meglio di alcune persone che li gestiscono oggi, purtroppo». Collegato con lo studio, Gad Lerner ha subito provato a cambiare strada: «Questa non diciamola, la ‘ndrangheta non gestirebbe meglio, suvvia». Ma Santoro ha rilanciato: «Gli ospedali non è che non funzionano per la ‘ndrangheta in Calabria. Ci raccontiamo una favola che non è vera. La ‘ndrangheta gestisce già, gestisce dei punti privati della sanità con grandi livelli di assistenza». Santoro ha poi ricordato come «abbiamo già chiesto il 1860 alla camorra di riportare l’ordine pubblico in Campania e lo hanno fatto gli americani in Sicilia per pianificare lo sbarco, quindi è già accaduto. Mi auguro che non accada in Calabria con la ‘ndrangheta, che possiamo farcela da soli, però abbiamo bisogno di gente che sa fare i conti, sa ordinare le pratiche, sa funzionare lo Stato, non di un generale senza forze che va lì a fare finta di fare la lotta alla ‘ndrangheta che non è il nemico». Controcorrente anche sulla vicenda Grillo/stupro ponendo molti dubbi sui tempi dell’inchiesta e lasciando intendere che volutamente sia stato scelto il momento politico per far esplodere il caso.

La pandemia è un affare di mafia. Broker criminali al lavoro tra forniture fantasma, contrabbando di dosi, fiale clonate, phishing. L’allarme dell’intelligence finanziaria. Floriana Bulfon su L’Espresso il 22 marzo 2021. Nulla sarà come prima. A tutti, la pandemia sta sconvolgendo la vita. A pochi, sta offrendo un’incredibile occasione di guadagno. Per afferrare i profitti da virus è nato un nuovo mercato criminale, in grado di propagarsi con la stessa rapidità del Covid-19. Nell’imperativo dell’emergenza, boss e imprenditori si sono federati, determinando una mutazione del concetto stesso di «associazione criminale» che non conosce confini. Cina, Sudafrica, Emirati, Russia, Americhe ed Europa si sono intrecciate in una rete di legami nella quale conta solo la capacità di risolvere in fretta i problemi. Dal marzo 2020 famiglie mafiose che vantano decenni di esperienza nell’import-export e colletti bianchi senza scrupoli hanno riconvertito i loro business ed esplorato le nuove opportunità. In fondo, si tratta di affrontare una questione di logistica: trovare quello che manca e farlo arrivare dove è richiesto, a qualunque costo. La stessa dinamica di ogni mercato criminale, quella che ad esempio regola i traffici di droga. Questa volta però i prodotti sono altri: nella prima fase mascherine, camici, provette, guanti, disinfettanti, respiratori, bombole di ossigeno. Il prezzo è aumentato di dieci-cento volte nel giro di due settimane. Poi, sulla scia della crisi, sono nati nuovi settori di speculazione. Le frodi informatiche, visto che il lockdown ha imposto di usare il web per qualsiasi operazione, dalla spesa quotidiana all’anagrafe. E le truffe sui ristori stanziati per sostenere famiglie ed aziende in difficoltà. Ora l’oro liquido è il vaccino. Un bene così prezioso da fare temere assalti armati. «Magazzini e spedizioni sono a rischio furti», ha avvertito il capo dell’Interpol, Juergen Stock. Non si tratta di un vizio italiano, ma di una trasformazione mondiale: la corsa ai profitti e le ombre malavitose sono le stesse, dalla Germania al Brasile, dalla Turchia all’India. La prima analisi completa dell’atlante criminale ai tempi della pandemia è stata realizzata dal Gruppo d’azione finanziaria internazionale, l’organismo leader nella lotta contro il riciclaggio di denaro sporco. Ovunque, la debolezza dei sistemi sanitari travolti dall’onda dei contagi ha aperto la gara per reperire strumenti diagnostici, farmaci, indumenti protettivi: una corsa all’oro, nella quale le truffe sono state frequenti. A gennaio 2020 il mondo ancora non ha compreso il pericolo del Covid-19, ma in Cina appare il primo annuncio: «Abbiamo a disposizione ingenti quantità di mascherine chirurgiche e disinfettanti». In un paio di settimane su tre conti di Hong Kong arrivano oltre 180mila dollari che spariscono per sempre, proprio come i dispositivi di protezione. Il virus si propaga veloce e il crimine si adegua. Meno di due mesi dopo a finire nelle mani dei banditi sono le autorità sanitarie tedesche. Hanno bisogno di mascherine per 15 milioni di euro e si rivolgono a due società di Zurigo e Amburgo, che però non sono in grado di soddisfare la domanda e rimandano l’ordine ad un’azienda spagnola. Sul sito web sostiene di averne ben 10 milioni in magazzino; peccato che quella pagina internet in realtà sia clonata. Alla fine in un giro vorticoso che rimbalza da un rivenditore irlandese a una società olandese, prima che i tedeschi si accorgano della fregatura mezzo milione di euro è già volato in Nigeria. Per i clan e i professionisti che si mettono al loro servizio, tutto quel che diventa indispensabile per difenderci dal morbo si trasforma in business: mascherine importate con documenti apparentemente in regola e poi risultati taroccati; altre con livelli di schermatura inferiori; certificatori improvvisati pronti a mettere qualunque timbro in cambio dei soldi. Per fronteggiare l’emergenza c’è chi come il governo italiano ha scelto di procedere in deroga e il risultato è stato che la procura di Roma ha già aperto un’inchiesta per una maxi commessa da 1,25 miliardi di euro con tre consorzi cinesi e ben 70 milioni di euro in commissioni finiti nelle tasche di imprenditori italiani. Frodi e truffe nelle forniture e falsi certificati di conformità fanno fruttare cifre da capogiro, in Brasile ben 360 milioni solo tra aprile e novembre dello scorso anno. E l’arrembaggio persino in Germania ha messo in luce le relazioni politiche dei broker, con uno scandalo che sta facendo tremare il vertice della Cdu. Un anno dopo le piazze commerciali per ottenere il vaccino si moltiplicano nell’ombra. C’è il contrabbando o meglio «le vendite parallele», con zone franche dove gli antidoti europei, russi o cinesi cambiano destinazione. Nelle Filippine migliaia di cinesi, impiegati nel business del gioco d’azzardo, hanno ricevuto le iniezioni di Sinopharm, nonostante le autorità di Manila non ne avessero ancora approvato l’utilizzo. Il prezzo di vendita da 30 dollari è schizzato a 300. In Ucraina, invece, a gennaio la polizia ha scoperto un traffico da 3mila euro a dose. Diversi analisti evidenziano le similitudini tra le quotazioni dei vaccini e quelle della droga: basta che i grossisti annuncino un ritardo nelle consegne e le tariffe salgono alle stelle. Le multinazionali segnalano di non poter rispettare i tempi concordati con la Ue? Ed ecco arrivare le proposte dei «terzisti». Solo nelle ultime settimane il governo della Repubblica Ceca ha ricevuto due offerte da parte di venditori degli Emirati Arabi pronti a piazzare lotti prodotti in India, ma anche quelli di AstraZeneca. Non si tratta di casi isolati, tanto che l’Olaf, l’ufficio europeo per la lotta antifrode, ha segnalato il movimento sul mercato parallelo di un milione di dosi con il rischio per i governi dell’Unione di una frode colossale da 14 miliardi di euro. Le offerte provengono spesso da società con sede in paesi extra Ue, riattivate unicamente per queste operazioni. Che in alcuni casi sono vere e proprie truffe: chiedono pagamenti in anticipo e spariscono con i soldi, rendendo quasi impossibile rintracciare i responsabili. C’è poi il bazar dei falsi vaccini: dosi contraffatte sono già state sequestrate da Interpol in Sudafrica e Cina e potrebbero approdare nelle farmacie illegali online. Per non parlare degli stregoni delle terapie, che offrono rimedi tribali sulle reti digitali; cure Covid-19 dall’origano alle feci bovine, dai farmaci miracolosi ai finti kit per effettuare test. Non si tratta solo di commerci. La pandemia ha reso mature attività illecite che prima erano poco più che sperimentali. Adesso la pirateria informatica è diventata di massa, con diversi livelli di professionalità. Ogni informazione sui vaccini e le terapie ha assunto un valore strategico. Il lato più oscuro è quello che cerca di impossessarsi delle formule magiche dell’immunizzazione con attacchi cyber a laboratori, ospedali e centri di ricerca. Queste incursioni sono la punta di diamante di un’evoluzione digitale del crimine dilagata durante il lockdown: un cambiamento strutturale, destinato a rimanere nel futuro. In tutto il mondo, con gruppi che agiscono senza badare ai confini. Si impossessano dei dati personali, penetrano nei conti bancari, manipolano le carte di credito. Carpiscono con mille trucchi la fiducia di chi non è esperto del web. Ad esempio, con finte comunicazioni attribuite all’Oms, elenchi di raccomandazioni, falsi collegamenti agli enti che elargiscono i ristori economici o a banche che danno prestiti con garanzia statale. Una volta che la vittima abbocca, ripuliscono i conti. Alle aziende invece paralizzano i server o bloccano i dati, finché non ottengono un riscatto. Nel dossier del Gafi si scorge l’inizio di una nuova era. Dove i clan possono contare sulle risorse economiche e la flessibilità, ma soprattutto sull’alleanza con gli interessi di mediatori politici e professionisti borghesi, formando un blocco compatto transnazionale. Le rotte aperte per il contrabbando di mascherine possono diventare il canale per investimenti nelle attività piegate dalla crisi. Investire in alberghi, ristoranti, immobili, società ovunque, muovendo denaro cash attraverso i continenti. Un quinto delle aziende italiane, secondo l’agenzia di rating Cerved, è a rischio usura e già oggi in alcune province come Napoli, Roma e Catania sono passate di mano migliaia di società. Il Gruppo d’azione finanziaria internazionale avverte: «Aumento della disoccupazione, difficoltà finanziarie, fallimento delle aziende, rappresentano vulnerabilità che i criminali potrebbero sfruttare sempre di più». Durante la pandemia le mafie hanno cercato di essere una fonte di welfare alternativo: dalla distribuzione dei pacchi di cibo al far rispettare le misure del lockdown con la forza. «I gruppi criminali sono alla ricerca di una merce preziosa e intangibile: la legittimità che si fonda sul consenso sociale. Si pongono come entità di governo e protezione in contesti dove lo Stato ha negato che il Covid-19 fosse un problema, come in Brasile, oppure dove non arriva in fretta a proteggere i più deboli. Cresce così la governance delle comunità da parte delle mafie e questo è un effetto del virus che in alcuni contesti come l’America Latina non finirà presto una volta superata la pandemia. Anche l’Italia deve fare attenzione», sottolinea Federico Varese, professor di criminologia all’università di Oxford. Mutazioni che proseguiranno dopo il Covid come quelle legate ai crimini informatici. Per Varese «è necessario che i giganti del web vengano considerati come fornitori di servizi essenziali, introducendo una dimensione di controllo pubblico e che le banche che non segnalano le operazioni sospette siano sanzionate». L’ultimo settore preso di mira dalla Spectre del Covid sono i finanziamenti pubblici: basta ingaggiare prestanome o rilevare aziende decotte per intascare i sussidi e sparire. Affiliati alle cosche calabresi in Lombardia hanno arraffato così ricchi contributi utilizzando fatture false per giustificare introiti inesistenti. Legale e illegale che si intrecciano e fanno sì che ad accaparrarsi le sovvenzioni siano i criminali grazie all’aiuto di una zona grigia pronta a offrire i giusti servizi. In Spagna, ad aprile, un’organizzazione criminale aveva inglobato 50 aziende sull’orlo del fallimento solo per ottenere i ristori statali, mentre lo scorso luglio nello stato di Washington un uomo è stato accusato di aver presentato false dichiarazioni fiscali per conto di sei diverse società, così da ottenere più di 5 milioni di dollari. Una delle aziende vantava sulla carta dozzine di dipendenti e pagamenti di salari e tasse per milioni, in realtà l’aveva acquistata qualche mese prima su internet ed era inattiva. In Svizzera, invece, un istituto finanziario ha concesso un prestito di 90mila franchi a un’impresa di costruzioni fantasma che aveva già fatto lo stesso gioco con un’altra banca. Tanti episodi che marcano un’evoluzione globale, dagli esiti imprevedibili. Ma in tutto il mondo sono tanti a temere che questa mutazione criminale non scomparirà con la pandemia, anzi: potrebbe diventare il nuovo modello delle mafie in affari, sempre più inserite nell’economia ferita dal virus.

Da "il Giornale" l'1 aprile 2021. «Non voglio che l'Italia sia teatro di deliri e che i deliranti giudichino. Il libro con prefazione di Gratteri è uno scandalo nazionale e deve essere discusso davanti a un giudice. Attendesi una querela, grazie» scrive sul Foglio Giuliano Ferrara, che definisce il libro «Strage di stato» di Pasquale Bacco e Angelo Giorgianni, con prefazione del procuratore Nicola Gratteri, «di scandalosa impudicizia e di sovrana insulsaggine». Tra le frasi incriminate « che i vaccini sono acqua di fogna, che è in corso una deliberata cospirazione giudaicoplutocratica per asservire il mondo, che le pratiche imposte da autorità e governi sono degne di Norimberga, un processo contro chi ha avallato l'esistenza di una patologia non superiore a un’influenza»

Covid, magistrato denuncia l’operato del governo al Tribunale dell’Aja: “Crimini contro l’umanità”. Rec News il 31 Marzo 2021. I governi stanno finendo a ruota sotto la lente del Tribunale dell’Aja per le misure improprie propugnate con la scusa di un virus a bassissima letalità. Questa volta a essere sottoposta all’attenzione della Corte Penale Internazionale è l’Italia di Conte e Draghi, quella delle chiusure immotivate – come ammetteva lo stesso Cts in uno dei verbali resi noti ad agosto del 2020 – e delle limitazioni incostituzionali alla libertà personale. Tutto parte dalla denuncia del magistrato Angelo Giorgianni, che in un esposto di oltre 30 pagine si è soffermato tra le altre cose sull’obbligo di indossare la mascherina, sull’allontanamento sociale e sulle chiusure indicandoli come “crimini contro l’umanità”, “in quanto – scrive il magistrato – costituiscono reati di reclusione e tortura e sono atti che provocano grandi sofferenze alla salute mentale e fisica”. “I costi economici, umani, psicologici e sociali di queste politiche – chiosa ancora il magistrato – sono notevolmente superiori alla loro efficacia nel salvare vite umane e ridurre la diffusione del virus”. Una presa di posizione chiara, netta e motivata che sta già scuotendo il mainstream che da oltre un anno si è adagiato supinamente sulle posizioni del governo e sui dati istituzionali che già lo scorso anno si rivelavano fallaci  e gonfiati. Tanto che magistrato, co-autore del libro “Strage di Stato – Le verità nascoste della Covid-19”, al pari di chiunque si permetta di esprimere pareri critici sull’affare coronavirus è vittima da giorni di una campagna di fango mediatico. Giorgianni tuttavia non demorde: annuncia la volontà di tutelarsi nelle opportune sedi e tira dritto.

L'audizione al Csm dopo l'"inchiesta" complottista. Dal libro scandalo sul covid a capo della Procura di Caltanissetta: Giorgianni fa sul serio. Antonio Lamorte su Il Riformista il 17 Aprile 2021. È tutto un complotto, questa storia. Questo attacco mediatico ai danni di Angelo Giorgianni, magistrato presso la Corte di appello di Messina. È stato falcidiato dalla stampa, per questo libro inchiesta: Strage di Stato – Le verità nascoste della covid 19, introdotto da una prefazione del Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, e non per le tesi che circolano nei peggiori blog di “contro-informazione” sulla pandemia come un complotto orchestrato; ma per la sua candidatura a diventare Procuratore Capo a Caltanissetta. Proprio così: e se non ci fosse da piangere verrebbe da ridere insomma. Ricapitolando. Giorgianni ha scritto con Pasquale Bacco un libro, Strage di Stato. Bacco è un medico con un passato nell’estrema destra, da Casa Pound a Fiamma Tricolore, amministratore delegato della società Meleam, che si occupa d medicina legale e sicurezza nei luoghi di lavoro. Lo scorso luglio, a una conferenza alla Camera promossa da Sara Cunial, deputata no-vax eletta con il Movimento 5 Stelle e poi espulsa perfino dai grillini per le sue tesi, diceva di “un virus ridicolo. Il Covid, dobbiamo dirlo sempre con più forza, non ha ucciso nessuno”. E che all’interno del vaccino c’è “acqua di fogna”, “tutte le schifezze possibili e immaginabili”, come ribadiva lo scorso ottobre durante una manifestazione a Taranto contro il lockdown. Giorgianni, collega di Gratteri, un passato politico, anche sottosegretario all’Interno nel primo governo Prodi, poi costretto alle dimissioni dallo stesso premier. Ha definito la pandemia “uno strumento di ingegneria sociale che serve per realizzare un colpo di stato globale” e, citando monsignor Viganò, l’ha descritta come una “glia biblica tra i Figli della Luce e i Figli delle Tenebre”. I vaccini poi possono trasformare “l’uomo in Ogm” e potrebbero “determinare la sterilità nell’uomo e nella donna”. Fonte di grande imbarazzo per Gratteri l’aver firmato quella prefazione. Il Procuratore di Catanzaro prima si è difeso dicendo di aver scritto per mettere in guardia sugli affari delle mafie nella crisi; poi ha detto che gli era stato inviato un abstract “non del tutto corrispondente”. Giorgianni ha smentito, comunque non si è mai scusato. A TgCom24 ha concesso un’intervista. “Io non sono complottista, sono complottologo. Personaggi più illustri di me ne hanno parlato come Donald Trump e monsignor Viganò – ha detto – Quel libro, è un libro inchiesta. Abbiamo raccolto oltre un migliaio di documenti. Ponevamo delle domande”. L’offesa più dolorosa, ha aggiunto, quella sull’antisemitismo: ha detto che un rabbino capo degli ebrei ortodossi d’Israele lo ha difeso promuovendolo tra i Giusti tra le Nazioni. Nientedimeno. Perché questo accerchiamento insomma, perché? La spiegazione pronta di Giorgianni: “Un attacco mediatico a decorrere dal 25 marzo, stranamente il 24 marzo avevo depositato una denunzia alla Corte dell’Aja per crimini contro l’umanità in riferimento alla gestione della pandemia. Potrei dirle che non era a me diretto (l’attacco, ndr): per esempio diretto alle aspirazioni di Gratteri ad andare alla Procura di Milano. E potrei aggiungere un altro fatto inedito: in coincidenza con la mia audizione al Csm che avverrà nei prossimi giorni, essendo il candidato più anziano per ricoprire il ruolo di Procuratore della Repubblica di Caltanissetta”. Il Foglio, che ha fatto esplodere il caso con gli articoli di Luciano Capone, riporta come non si tratti di una boutade. La candidatura di Giorgianni potrebbe trovare un seguito. La procura è stata liberata dallo scorso settembre da Amedeo Bertone. In corsa ci sono il reggente Gaetano Paci e il magistrato di Palermo Salvatore De Luca. Quella di Caltanissetta è una Procura pesante.

Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.

Il potere del procuratore. Gratteri è il magistrato più temuto d’Italia: politici, giornalisti ed editori tutti in silenzio. Tiziana Maiolo su Il Riformista l'8 Aprile 2021. Chi ha paura del dottor Nicola Gratteri? Tanti, garantito. Ci sono i magistrati, i politici, ma soprattutto gli intellettuali e i giornalisti con i loro impavidi editori. Ci sono quelli che, in modo un po’ snobistico, lo scansano perché il procuratore di Catanzaro, pur osannato e incensato con parole alate su giornali e tv per le sue gesta eroiche contro la ‘ndrangheta, è alla fine considerato solo come una specie di Maradona dei poveri. Un parvenu che viene dalle favelas e puzza ancora di sudore e di miseria. Applausi dagli spalti certo, ma andarci insieme a cena, no. «Se poi, driin, si aggiungesse inaspettato a tavola il dottor Gratteri, allora via, mollare lì la carbonara e correre alla minestra della Caritas», ironizza (ma mica tanto) Andrea Marcenaro nella sua imperdibile Version sul Foglio, dopo aver magistralmente illustrato la ricetta del suo piatto preferito. Nella carovana degli snob, ma in questo caso lo snobismo ha una decisa caratura politica, ci sono tutti quelli che non vogliono Nicola Gratteri a Milano. Già nel 2016 quando lui aveva presentato domanda, fu spedito velocemente a presiedere la procura di Catanzaro. Non lo vogliono per due buoni motivi. Il primo è molto ben spiegato sul Riformista di ieri da Ilario Ammendolia, che lancia un grido disperato in favore della sua terra di Calabria e in sintesi dice che a nessuno importa niente di quella regione, tanto che lasciano che i rappresentanti dell’antimafia possano aggiungere disastri a quelli già gravissimi della ‘ndrangheta. Come a dire che arresti arbitrari e poi smentiti dai giudici, blitz scenografici ma spesso fondati sul nulla o su pochissimi indizi (gli esempi sono ormai tantissimi e li raccontiamo ogni giorno) vanno bene per i calabresi, ma non per quelli con la puzza sotto il naso del nord Italia. Tutto vero, ma c’è anche un secondo motivo per cui Nicola Gratteri non può venire a Milano. E perché e a chi fa paura. Lo temono i suoi colleghi, prima di tutto. Ma anche i politici che governano la città. Perché il capoluogo lombardo è da qualche tempo un po’ quel che era l’Emilia rossa fino a che l’elezione del sindaco di Bologna Guazzaloca non ruppe gli schemi di una società chiusa in cui tutti andavano a braccetto con tutti, il padroncino con l’operaio e il sindaco con il procuratore. La storia che abbiamo raccontato del siluramento del capo dei vigili di Milano, le vicende di Eataly, di Sea, dell’Expo, dei ripetuti ringraziamenti di Matteo Renzi alle toghe, raccontano una sorta di unità di intenti, qualcosa che è più di pura sintonia di pensiero politico. E la storia, ormai antica ma difficile da dimenticare, di Mani Pulite racconta dei semini che sono stati piantati dalla corrente sindacale di Magistratura Democratica non solo in Procura ma anche in città. E che sono germogliati, negli ultimi anni, di procuratore in procuratore, di sindaco in sindaco. Quando nel 2016 il Csm doveva nominare il nuovo procuratore di Milano, se ne occupò Luca Palamara, che, come racconta nel suo libro, incontrò Francesco Greco, con cui ebbe subito grande intesa, e ne sostenne la candidatura. Nessuno degnò di attenzione Nicola Gratteri, allora. Ma se lui arrivasse oggi sarebbe una bomba. E tra i sostituti milanesi c’è qualcuno, anche quelli di sinistra, che quasi se lo augura, pur di spezzare il clima da “Emilia rossa”. Sarebbe concepibile, in Lombardia, la presenza di uno che improvvisamente usasse quei metodi da sceriffo che in Calabria gli sono consentiti, a costo di decapitare nuovamente le istituzioni come già successo ai tempi di tangentopoli? Sì, in un certo senso sarebbe concepibile. Il terreno “culturale” è già arato. In fondo non gli è stato consentito di scrivere la prefazione a un libro i cui autori, il magistrato Angelo Giorgianni e il medico Pasquale Maria Bacco sostengono tesi complottistiche sugli ebrei che governano il mondo e che in piena pandemia negano l’esistenza del virus e persino delle bare di Bergamo? Si, gli è stato consentito, nonostante, dopo la scoperta di Luciano Capone, il Foglio se ne occupi tutti i giorni e noi stessi e pochi altri ne abbiamo scritto. Ma la cosa preoccupante, anche se molto comprensibile, è che quella prefazione non abbia destato scandalo. E perché la mentalità paranoica che sta dietro certe affermazioni non induca il sospetto che anche alcune gesta siano frutto della stessa ispirazione. Sabato scorso Giuliano Ferrara ha barrito. E ha chiamato per nome e cognome direttori di grandi quotidiani e conduttori di famosi talk, intimando loro di occuparsi di «una maleodorante e putrida chiassata negazionista e antisemita». Gli ha risposto uno che non era stato chiamato in causa, il direttore del Giornale, Sandro Sallusti, e ha detto semplicemente che il re è nudo. Non hai capito, caro Ferrara –scrive- che tutti hanno paura del magistrato “più temuto e coccolato” d’Italia? Hanno paura i giornalisti, tremano gli intellettuali, si fanno la pipì addosso gli editori. Così, se neghi la gravità del covid non puoi fare l’insegnante o l’infermiere, ma il procuratore sì. Ed è proprio così. Non si può scalfire la reputazione di Gratteri, perché lui ha nelle mani uno strumento formidabile per polverizzare la reputazione di tutti noi, il suo potere di manette. E non è un caso che, uno di quelli chiamati alla lavagna da Ferrara, Gian Antonio Stella, abbia ieri risposto con un breve articolo in cui, un po’ come si fa con i bambini, ha dato un buffetto a Nicola Gratteri, dicendogli che “l’ha combinata grossa”. Il tono è quello del papà che ha già perdonato. Anche perché, dice nelle due righe finali, in fondo le frasi peggiori i due autori Bacco e Giorgianni non le hanno scritte nel libro, ma le hanno dette alla Zanzara. Che, come sappiamo, è un programma satirico. 

Nordio: “Il caso Gratteri? Serve un esame psichiatrico per chi vuol fare il magistrato”. Il Dubbio l'1 aprile 2021. Carlo Nordio interviene, a modo suo, sulla polemica nata alla prefazione di Nicola Gratteri al libro negazionista. “Non ho letto il libro recensito da Gratteri e non so se un magistrato in servizio si sia pronunciato nel senso che i vaccini sono funesti e l’epidemia non esiste. Se questo fosse vero, e spero non lo sia, confermerebbe quanto ho scritto 20 anni fa nel mio primo libro sulla giustizia. E cioè che per l’accesso in magistratura manca l’esame fondamentale: quello psichiatrico”. Parole e musica dell’ex magistrato Carlo Nordio il quale interviene a modo suo sulla polemica nata intorno a Gratteri. Intervistato da Huffingtonpost Nordio ha poi insisitito: “Il Consiglio superiore della magistratura non ha competenza sulle idee “sanitarie” delle toghe, né sulla loro istruzione, relativamente a vicende extragiudiziarie. Tuttavia espressioni così bizzarre, se realmente sono state espresse da un magistrato, minano ancor di più il nostro prestigio e la nostra credibilità, già ampiamente compromessa dalla vicenda Palamara e dall’ultima infelice sortita dell’Anm”.

Che Stato è quello che tollera l’antisemitismo? Iuri Maria Prado su Il Riformista l'1 Aprile 2021. A questo punto il problema non è più soltanto Gratteri, né è più soltanto un problema di Gratteri. A questo punto il problema è chi, e di chi, lo lascia pendente. Qui si tratta di capire se è anche solo vagamente tollerabile che un funzionario pubblico non solo di altissimo rango formale, ma anche parecchio celebrato nella sostanza della vicenda italiana, e dotato del potere temibilissimo di infierire sui più delicati beni delle persone, possa abbandonarsi, senza ripudiarle e senza patirne conseguenza alcuna, a iniziative di pubblico consorzio con i responsabili di propaganda di stampo neonazista. Si tratta di capire se è anche solo remotamente ammissibile che la comunità civile, coloro che hanno voce e peso presso l’opinione pubblica, le rappresentanze delle formazioni istituzionali e di potere, a cominciare dalla magistratura, possano ancora assistere allo scempio della propria inerzia nel reclamare l’immediato e incondizionato allontanamento di questo personaggio dalle funzioni la cui credibilità egli ha in tal modo pregiudicato. La Repubblica non può ammettere, non può consentire, non può tollerare che nemmeno un cittadino, nemmeno uno e per nessuna ragione, possa essere sottoposto alle cure di giustizia di un magistrato che senza allegare una qualsiasi giustificazione, semmai ne esistesse una, offre la propria prefazione a un libro non solo ripieno di rivoltanti contraffazioni, ma scritto da chi ripropone e diffonde i motivi della più oscena cultura genocidiaria: quella contro cui (così si dice) si è impiantato e ha ragione di essere difeso il nostro ordinamento civile e costituzionale. Se chi ha potere nei giornali e nelle televisioni, nei luoghi della produzione culturale, presso le cosiddette forze sociali e tra gli eminenti dell’intelligenza militante, e tra coloro che chiedono il voto per scrivere le leggi che comandano la vita dei cittadini, e tra quelli che stendono sentenze in nome del popolo italiano, se insomma chi “può” non si incarica, come non sta incaricandosi, di fare ciò che deve essere fatto, cioè di liberarsi dalla propria noncuranza, allora significa che questo nostro Paese ha appunto un problema molto più grave rispetto a quel che fa un suo magistrato. Al tempo delle leggi razziali il problema non stava solo in quella legislazione: stava negli italiani che giravano la testa dall’altra parte. E questa volta non dico: peggio per chi non lo capisce. Dico: sia maledetto chi non lo capisce.

Luca Fazzo per “il Giornale” il 28 marzo 2021. Da settimane, il suo nome agitava i sonni delle correnti delle toghe (soprattutto quelle di sinistra, ma non solo): da quando il Giornale, il 17 febbraio, aveva indicato Nicola Gratteri come il candidato più forte alla Procura di Milano, l'idea della sua irruzione nel santuario di Mani Pulite aveva sollevato paure di ogni tipo. Anche perché trovare un candidato alternativo in grado di sbarrare a Gratteri la strada verso il nord era reso arduo dalla sentenza del Tar del Lazio che, annullando la nomina del procuratore di Roma Michele Prestipino, aveva dettato regole rigide per la scelta dei capi delle Procure. Ma ora Gratteri rischia non solo di dover rinunciare al suo sogno milanese - ribadito ieri in una intervista - ma anche al suo posto attuale. Tutta colpa della prefazione elogiativa firmata per il libello no-vax e antisemita del suo collega Angelo Giorgianni. Su Gratteri piomba ieri un colpo di bazooka: quella prefazione è la dimostrazione che non è in grado di guidare alcun ufficio giudiziario. A dirlo è uno dei numi tutelari della sinistra giudiziaria, Guido Neppi Modona, con un intervento sul Riformista. Giudice, professore, cavaliere di Gran Croce, giudice della Corte Costituzionale, Neppi è uno che quando parla viene ascoltato. E ieri scrive testualmente che «il dr. Gratteri ha perso il prestigio di cui un magistrato - specie se posto a capo di un importante ufficio quale è la Procura della Repubblica - deve godere nei confronti della popolazione e dei suoi colleghi, e pertanto a norma dell'ordinamento giudiziario deve quantomeno essere trasferito in un'altra sede e con funzioni che non comportino alcun incarico direttivo». Un messaggio esplicito inviato alla Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, quella che si occupa di sloggiare i giudici incompatibili, e che in questi giorni è alle prese con i veleni del caso Palamara. Con la prefazione al libro di Giorgianni, Gratteri si è autoaffondato. Per raccontare la gravità della situazione basta l'annuncio della casa editrice del libro, che ieri di fronte al putiferio annulla la presentazione prevista per le 19. Forse la Prima commissione del Csm non raccoglierà fino in fondo l'appello di Neppi Modona, e permetterà a Gratteri di continuare a fare il procuratore laggiù a Catanzaro, dove peraltro ha arrestato tutto l'arrestabile. Ma che possa ambire alla poltrona che fu di Francesco Saverio Borrelli è, allo stato attuale, del tutto inverosimile. E qua il Gratterigate si rincrocia con il caso Palamara, il gorgo che ormai sembra inghiottire tutto ciò che si muove in magistratura. Perché le chat e il libro di Palamara investono in pieno anche la Procura milanese, i suoi meccanismi di potere. L'arrivo di Gratteri era, nel bene e nel male, l'occasione per girare pagina. Ma adesso che si fa?

Da notizie.virgilio.it il 20 settembre 2021. È finita in tribunale la vicenda di un ragazzo di 16 anni che voleva sottoporsi al vaccino anti Covid nonostante il parere contrario di uno dei genitori. Il giudice tutelare di Arezzo ha dato ragione al giovane, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Gianni Baldini e disponendo in via d’urgenza la vaccinazione con il consenso del genitore favorevole. “Si tratta di una sentenza clamorosa”, ha commentato il legale parlando con i cronisti de Il Messaggero, spiegando perché potrebbe costituire un importante precedente per le persone che scelgono di vaccinarsi e contro le posizioni no vax. “In pratica una sentenza penale in ambito civile” in materia di vaccini. “Solitamente il giudice, se accoglie un ricorso, chiede al ricorrente la notifica alla controparte, fissa l’udienza, la fa e poi decide”. Ma in questo caso “ha emesso una sorta di misura cautelare. Ha disposto la necessità e l’urgenza di fare il vaccino anti Covid senza fare l’udienza. Una cosa che non si era mai vista in ambito civile”, ha concluso. 

Genitori no vax, i figli minorenni li portano in Tribunale: “Vogliamo vaccinarci”. Succede in Toscana: i due ragazzi di 16 e 17 anni si sono rivolti all’Associazione Matrimonialisti per avviare la mediazione. Il Dubbio il 22 giugno 2021. I genitori sono contrari al vaccino anti Covid e loro, due minorenni toscani, che invece si vorrebbero vaccinare, ricorrono alle vie legali. È il caso di un 17enne fiorentino ed un 16enne aretino che si sono rivolti all’Associazione Matrimonialisti della Toscana che fa capo all’avvocato Gianni Baldini. In un caso si tratta di genitori sulla via del divorzio nell’altro di genitori non sposati. «È oltre un anno che non possiamo uscire e praticante vivere. L’unica alternativa per tornare a vivere e divertirmi è vaccinarmi, ma i miei genitori non ritengono il vaccino efficace. Secondo me non è così. Io voglio vaccinarmi», avrebbero detto i ragazzi al legale. Al momento non c’è un procedimento nei confronti dei genitori, spiega l’avvocato Gianni Baldini, e sarà lui dunque a «mediare» in questa fase e cercare di far cambiare idea ai genitori. Nell’ultimo periodo, «con l’estensione anche ai minorenni della facoltà di vaccinarsi contro il Covid – racconta l’avvocato – si stanno moltiplicando i contenziosi tra genitori e figli sulla vaccinazione». Nel caso ad esempio del 16enne aretino i due genitori sono in disaccordo. Uno vorrebbe vaccinarlo, l’altro no.  «Di regola la scelta di vaccinare un minore deve avere il consenso di entrambi i genitori. Infatti si tratta di una decisione che attiene la salute del figlio, di natura non ordinaria e come tale deve essere esercitata congiuntamente da coloro che esercitano la responsabilità genitoriale», spiega Baldini su Altalex. E il principio vale «sia per le famiglie nelle quali i genitori sia coniugati, conviventi o legalmente separati o divorziati – prosegue l’avvocato. In caso di assenza dei genitori dovrà essere nominato un tutore che assumerà nell’interesse del figlio questa decisione». E quando la mediazione non va a buon fine? «In tutte le ipotesi di contrasto, sia tra genitori (uno favorevole l’altro contrario) che con il figlio il conflitto se non riesce a comporsi all’interno della famiglia deve essere risolto con Ricorso al Tribunale per i Minorenni. Da valutare altrimenti il ricorso al Tribunale ordinario, anche ex art 709 ter cpc quando i genitori sono separati/divorziati e anche quando è pendente il relativo giudizio (giudice Tutelare o Giudice della separazione)». In questi casi, dal momento che non sussiste l’obbligo vaccinale, l’orientamento della giurisprudenza «è nel senso che ove vi sia un concreto pericolo per la vita o la salute del minore (per la gravità e la diffusione del virus) e vi siano dati scientifici univoci e concordati che quel determinato trattamento sanitario risulta efficace il giudice potrà “sospendere” momentaneamente la capacità del genitore contrario al vaccino. E ciò vale a prescindere dal fatto che madre e padre stiano insieme o siano separati/divorziati. In altre parole, il giudice ritiene più corretta la scelta del genitore conforme alla legge e all’opinione scientifica “largamente dominante”», conclude Baldini.

Raffaele Marmo per quotidiano.net il 30 luglio 2021. Giampiero Mughini non è uno che le manda a dire. Dall’alto dei suoi ottant’anni, questo intellettuale eretico e raffinato che ha attraversato il "secolo breve" da dentro l’Italia inquieta dei movimenti e del ribellismo, degli anni di piombo e del riflusso, dell’edonismo e del futurismo vecchio e nuovo, fino ai nostri anni Venti, guarda ai No Vax in piazza e sulla rete con malcelato disappunto, per non dire peggio.

Mughini, a che cosa siamo di fronte?

“Stiamo assistendo a qualcosa di sciagurato – esordisce da par suo – Stiamo assistendo allo spettacolo di piccole congreghe rabbiose, inconsistenti sul piano culturale e meno che mai su quello scientifico, che sono in disarmonia, diciamo così, e con la gravità del problema che stiamo affrontando (una pandemia che dura da due anni) e con l’atteggiamento generale del governo, che è prudente: se solo pensiamo che sinora non c’è stato nessun obbligo di vaccinarsi, per capirci. Ma è del tutto evidente che l’immunità di gregge la otterremo quando la gran parte di noi sarà vaccinata"

Eppure, nonostante le piazze siano di fatto vuote, il rischio quantomeno di alimentare dubbi e incertezze in una società impaurita c’è tutto.

“I No Vax non hanno alcun elemento a loro sostegno. Sono minoranze sciagurate, ma oggi, con un paio di canali social e un paio di interviste, anche gli sciagurati fanno sentire la loro voce. 

Prendiamo il caso ultimo di come hanno strumentalizzato la drammatica morte del dottor De Donno. Lo hanno fatto passare per un anti-vaccinista. Non ricordano, invece, questi cialtroni, che il dottor De Donno era andato, lui per primo, a vaccinarsi”

Invocano la libertà contro i vaccini e contro il Green pass. Ma che libertà è?

“Beninteso, le voci sono, sarebbero legittime tutte, ma stiamo parlando di una lotta, se non per la vita e per la morte, di sicuro per qualcosa di fondamentale che la nostra società sta conducendo tutta assieme. La stanno conducendo i medici che sono morti sul campo, la sta conducendo l’organizzazione generale del nostro Paese che mi pare abbia fatto bene ad assicurare un vaccino gratuito a una quantità rilevante di persone. E, dunque, se le voci sono legittime, quando sento ergersi la voce di un attore come Montesano che dice che il Green pass è l’equivalente del lasciapassare dei nazisti io spengo la luce. Non posso sentire queste porcate". 

Se è per questo, hanno evocato la Shoah, gli esperimenti di Mengele, la dittatura sanitaria.

“Dai, ti prego, dai. Questo, ecco, non è lecito, non è possibile. Sono rigurgiti che vengono dalle viscere. E, pur non stando sui social, leggo dai giornali che là sopra c’è un continuo martirio dell’intelligenza e ancor più c’è un’estremizzazione dell’avversione. Eppure, basterebbe riflettere su un dato di fatto: in tutto il mondo viviamo in media 10 o 15 anni di più perché sono stati inventati a un certo punto i vaccini. Ogni altra considerazione ci riporta all’epoca delle streghe".

Ribellismo per ribellismo, vede qualche analogia con le piazze di altri decenni passati?

“No, neanche lontanamente. Quel ribellismo, dal quale ho preso le distanze in epoca non sospetta, era, però, nell’aria del tempo. Era nell’aria del tempo che gli studenti americani non amassero la guerra in Vietnam come era nello spirito del tempo che nel maggio del ’68 a Parigi, dove io mi trovavo, gli studenti di Nanterre esprimessero una certa irrequietezza rispetto alla rigida separazione tra uomini e donne nel campus”.

Sì, ma poi ci sono stati gli anni di piombo. Non vede pericoli di gesti estremi e di cattivi maestri?

“Per fortuna mi pare che ci troviamo davanti a tali cialtroncelli che non hanno né l’intenzione né la cultura del fanatismo ideologico degli anni Settanta alla Curcio. Nessun parallelismo: siamo all’ignoranza anti-scientifica. Basta guardarli in faccia".           

Certa politica non esita, però, a lisciare il pelo a queste frange.

"Perché pensano che ci siano in ballo 3-4 milioni di voti. Ma io, per dire, rabbrividisco quando vedo certi personaggi, come anche il mio vecchio amico Gianluigi Paragone, scendere in piazza con questa gente".

Un dubbio finale: non è che l’informazione dà troppo spazio a queste minoranze?

“Non è che possiamo parlare solo di quello che ci piace"

Enrico Montesano. Giulia Cazzaniga per “La Verità” l'1 Novembre 2021. Enrico Montesano, dalle letture recitate sulla libertà di Giorgio Agamben, Gunther Anders, Michel Onfray, al palco delle piazze di Roma e Trieste. I toni si sono alzati.

«Ho interpretato tanti bei testi negli ultimi mesi, attraverso i cosiddetti "social". Molti hanno apprezzato e capito, altrettanti non ci sono arrivati. Guardano il dito, invece che la luna. Si scagliano contro chi li sta difendendo, capisce? Non la smetto, perché la mia resta una battaglia di libertà per tutti. La cosa che più mi avvilisce è che la massa è polemica e rissosa». 

È forse una novità?

«Manca ormai il pacato ragionamento, il civile confronto. Si demonizza l'avversario, che è chi non segue il pensiero politicamente corretto, comune e dominante. Ma chi dissente con argomenti e ragionamenti non deve essere considerato uno strano di mente, sta esercitando un suo diritto». 

C'è da dire che tv e giornali la corteggiano, non è forse il segno che una dialettica democratica c'è?

«Diciamo che è una democrazia pelosa. Nei talk show c'è sempre bisogno di un nemico da attaccare. I cosiddetti intellettuali mi danno del pagliaccio o del buffone. Quando una persona intelligente arriva alle offese deduco che non abbia argomenti. Se cito i numeri dell'Istituto superiore della sanità non sto che ponendo un dubbio, ad esempio, senza sostenere alcuna tesi. E con questo non credo di mancare di rispetto verso i morti, come strumentalmente mi si accusa. Anzi, proprio per rispettarli si chiede chiarezza». 

Dati controversi.

«Le cifre si possono sempre interpretare, e persino camuffare, creare ad arte. Ho letto la risposta dell'Iss all'articolo del Tempo, uno spiegone per l'interpretazione corretta dei dati, le confesso che non ci ho capito molto. Ma ribadisco: voglio solo porre domande, tutto qui. La voce del popolo racconta di anziane con il femore rotto ricoverate come caso Covid. Sarà vero? Conveniva alla Asl? Perché non si fanno verifiche?». 

Uno dei suoi ultimi post su Facebook è una pagina tutta nera, a lutto.

«Sono triste per l'alluvione che ha colpito la Sicilia, per la morte di un'amica attrice. E pure perché oggi occorre un lasciapassare per fare cose che prima facevamo senza chiedere il permesso. È il sonno della ragione. Anzi, oggi la ragione sta in terapia intensiva». 

I suoi seguaci sono in crescita?

«La gente capisce se sei sincero o se dici una cosa per un interesse di carriera, economico o politico». 

Che lei, quindi, non ha?

«Sono stato già eletto alle comunali di Roma, con 8.300 preferenze al tempo dell'amministrazione Rutelli, e poi al Parlamento europeo con 140.000 voti». 

Erano gli anni Novanta, aveva già vinto i David di Donatello come attore. Lasciò il posto a Strasburgo dopo due anni: perché?

«Mi sarebbe bastato imboscarmi per altri sei mesi e un giorno avrei avuto una buona pensione mensile, ma rinunciai. Lo facevo per passione pura, visto che avevo un altro mestiere. Ma mi era impossibile onorare il mandato che mi avevano affidato i miei elettori, ero solo un numero». 

L'abbiamo vista fare un'arringa tra i portuali.

«La classe operaia sta sempre un passo avanti. A Trieste ho toccato con mano non ideologie, ma idee: libertà, equità sociale, giustizia. Ho visto uomini corpulenti commuoversi e tenersi per mano, quasi quasi ringrazio il Covid perché è stata l'occasione per riscoprirci umani e fratelli». 

E pochi giorni fa lei conduceva la piazza No green pass a Roma.

«Credo fossimo in 5.000, avevamo chiesto le autorizzazioni per 500 persone». Eravate pessimisti? «Non ci montiamo la testa. Come si usa in teatro, per scaramanzia, ci si tiene bassi nelle previsioni: prima gli spettatori vanno al botteghino, poi si tirano le somme».

Ed è andata meglio del previsto.

«A parte i numeri, è la qualità delle persone ad avermi reso contento. Una manifestazione pacifica, una festa. Abbiamo cantato e fatto i nostri cori, rivendicando il diritto alla libertà di parola e di espressione. Liberi di lavorare, sorridere, abbracciarci. Basta con il distanziamento sociale, serve un prudente distanziamento fisico». 

Tra voi anche vaccinati?

«Ma certo, e tanti. Perché le persone intelligenti superano questa fasulla dicotomia. Rispettiamo chi in buona fede ha scelto di vaccinarsi, chi è danneggiato da effetti collaterali, chi non vuole fare la terza dose».

Lei rifiuta da sempre la definizione di «no vax».

«Definizione di comodo, propagandistica. Mi danno anche del negazionista, non lo sono. Sono un dubbioso, ecco. I vaccini li ho fatti, in passato, perché era chiaro che i benefici erano maggiori dei rischi. Oggi ho paura».

Di cosa?

«Quando mi diranno che l'esperimento è finito, e che è tutto sicuro forse lo farò, il vaccino. Anche se, come ha detto Gianni Rivera da Bruno Vespa, "se ci fosse un effetto avverso su 1 milione e quel caso sono io mi dispiacerebbe molto"». 

E con cinema, teatro e ristoranti Montesano come fa, senza pass?

«Rinuncio, non ci vado». 

Potrebbe farsi un tampone.

«Evito, grazie. Anche perché preferisco i luoghi aperti, ariosi. Non capisco perché non si aprono mai le finestre nei locali, per creare un ambiente più salutare. È una norma igienica di base, no? Come lavarsi le mani, e tutte quelle cose che ci insegnavano fin da bambini».

Bastano i rimedi della nonna di fronte al Covid?

«Di sicuro non basta il paracetamolo e la vigile attesa, assurdo. Caso mai l'aspirina. Alberto Sordi una volta mi confidò (lo imita, ndr): "Prenditi mezza aspirina tutte le sere, fa bene, io lo faccio da 20 anni". Io credo in una vita sana: camminare molto, non bere alcool, e glielo dico alla romana, magna' de meno». 

Fuma ancora però.

«Ogni tanto un mezzo sigaro, mi rilassa, sì». 

Montesano è un «no green pass» invece si può dire.

«Vivevo senza autorizzazione, vorrei tornare a vivere senza».

In una sua diretta Facebook ha parlato di psicopandemia.

«Mi riferisco al delirio paranoide dello star bene a tutti i costi. Ho solo il diploma da geometra, non voglio tirarmela, ma ho qui sul tavolo un bellissimo libro di Michel Foucault, Nascita della biopolitica. Temo che il lasciapassare sanitario rimarrà, ed è questo che sfugge alla maggioranza delle persone. Dicono: ma tanto siamo già controllati da cellulari e carte di credito. E non vi basta? Che bisogno c'è di avere un controllo maggiore? Siamo già abbastanza connessi: io farei a meno anche del 5G».

E a cosa invece non rinuncerebbe?

«All'autonomia del mio Paese, alla piena occupazione, ad aiutare le piccole e medie imprese, all'artigianato, all'agricoltura naturale, a una equa distribuzione della ricchezza. Occorre lottare per un ambiente sano, per la salvaguardia del territorio». 

Sembra una parte di un manifesto politico. Ci assicura che non prenderà questa strada?  L'altro giorno in piazza ha detto che manca una forza che vi rappresenti.

«Guardi, io una palla di vetro tra le mani non la ho. Le posso dire che non è nelle mie intenzioni. Vorrei aiutare, questo sì, i gruppi che stanno nascendo a unirsi, così che ci possa essere una rappresentanza in Parlamento. Se il 50% degli italiani non va a votare è perché non ha fiducia nei partiti».

Per il sindaco di Roma è andato a votare?

«No». 

In passato disse di riporre fiducia nei 5 stelle. Il papà di Alessandro Di Battista di recente le ha dedicato una lettera di elogio e di ringraziamento.

«Bellissima lettera, ne sono lusingato. Sì, nel Movimento credetti, all'inizio e non sono stato il solo, ma poi sono rimasto deluso. Sono un uomo libero da sempre. Nel 2007 - scusi se mi cito, visto che i socialisti mi insegnarono che non bisogna avere il culto di sé stessi - misi in piedi uno spettacolo di grande successo, s' intitolava: È permesso?».

Uno show «scorretto».

«Eh sì, perché già allora chiedevo se fosse consentito esprimere un concetto non conforme al pensiero dominante. Non di destra, non di sinistra: distinzione obsoleta». 

I suoi seguaci cosa votano?

«Mi scrive qualcuno che si definisce "un vecchio comunista" e pure gente di destra. Mi dicono che magari non siamo d'accordo su tutto, ma che ormai le cose sono cambiate e mi sostengono in questa lotta per la libertà». 

E non siete nemmeno pro Draghi, a quanto leggo dal manifesto della manifestazione romana.

«Ci hanno dato dei violenti perché qualcuno ha bruciato una foto del premier. Capirai che violenza, mica era un assalto a mano armata. Siamo pacifisti. Mettiamola così, tanto per parafrasare la ministra dell'Interno: noi non stiamo protestando, stiamo verificando la capienza delle piazze. Ridiamoci su, perché ormai si è perso pure il senso dell'umorismo». 

La sua, la vostra, è quindi anti-politica?

«No, ma i partiti hanno una grave responsabilità, se siamo in questa situazione la responsabilità è loro. Hanno impoverito l'Italia. Le bollette aumentano, così come i prezzi per fare la spesa. Ho lanciato l'idea di fare del mutuo soccorso, distribuendo pacchi alimentari per chi è in difficoltà. Vedremo se ci riusciremo. Il punto è che una volta, al governo, fosse Craxi o Moro, c'erano persone elette dal popolo. Il governo non è eletto, ma nominato, lo sappiamo, ma Draghi non lo ha votato nessuno». 

Dunque?

«Io tornerei alla prima Repubblica, sa? O a qualcosa che molto le somiglia. Togliatti e De Gasperi sapevano che se si fossero scontrati avrebbero fatto il male del Paese, e invece trovarono una sorta di accordo, per il bene dell'Italia».

Clarida Salvatori per corriere.it il 30 luglio 2021. «Tu sei plurivaccinato». «E tu sei finito in ospedale eppure neghi il Covid». «Non è vero e ora ti querelo». Questa la disputa sui vaccini anti Covid diventata anche una querelle a suon di post su Facebook e cinguettii su Twitter. I protagonisti della discussione via social sono il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, il comico romano Enrico Montesano e la giornalista Selvaggia Lucarelli. Tutto parte da una colorita diretta video di Montesano di oltre un’ora, in cui parla di medici, di terapie differenziate per cittadini comuni, «su cui le aziende sanitarie devono far profitto», sostiene il comico, e i malati «speciali», e qui cita Berlusconi, guariti in tre giorni. E ovviamente di vaccini e green pass: «Non c’è l’obbligo, ma poi ti additano se non ti vaccini». Tra i vari argomenti parla anche di un Zingaretti plurivaccinato, accuse a cui il governatore aveva già risposto nei giorni scorsi, ma su cui torna ancora. «Ho visto che anche Enrico Montesano ha detto in un video social che ho fatto 4 vaccini. Rilancia un falso, visto che si trattava di vecchie foto di campagne antinfluenzali di qualche anno fa. I metodi sono questi. Enrico perché ti sei ridotto così? Sei hai le tue idee hai tutto il diritto di esprimerle, ma d’infangare gli altri meno. Anzi questo diritto non ce l’hai». Ma alla diretta di Montesano ha voluto rispondere anche Selvaggia Lucarelli con un tweet: «Visto che non ha mai avuto il coraggio di dirlo, ma ama insultare e cavalcare le peggiori teorie complottiste, lo dico io: Enrico Montesano ha avuto il Covid, è stato ricoverato, è stato salvato dai medici e dalla scienza. Quella scienza a cui ha chiesto aiuto, quando stava male». Non tarda ad arrivare la secca replica dell’artista, su Facebook: «La signora Lucarelli afferma cose assolutamente false sul mio conto. Mi riservo di agire nelle sedi opportune a tutela della mia persona». E poi ha aggiunto, anche prendendo in prestito una frase di Agamben: «Chi vuole vaccinarsi è libero di farlo, ma si rispetti anche chi non vuole. Quella che stiamo vivendo, prima di essere un’inaudita manipolazione delle libertà di ciascuno, è una gigantesca operazione di falsificazione della verità».

Da "leggo.it" il 21 giugno 2021. «Il sangue dei donatori vaccinati viene buttato via». Queste parole pronunciate da Enrico Montesano in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook sono finite nella bufera e costretto Avis a intervenire. L'attore aveva dichiarato, riportando la versione di una misteriosa fonte interna ad Avis, che il sangue dei donatori vaccinati si sarebbe coagulato e che, dunque, le sacche sarebbero state gettate. Tutto questo in un periodo di emergenza sangue nel Lazio.

Enrico Montesano sul sangue dei vaccinati, la replica di Avis. Immediata la replica di Avis. «Affermazioni pericolose per la salute pubblica e lesive dell’impegno dell’associazione e dei donatori», ha fatto sapere Gianpietro Biola, presidente dell'Avis nazionale, che ha definito quelle dell’attore «parole dannose», rassicurando la completa sicurezza della donazione. «Donare il sangue dopo aver ricevuto il vaccino anti Covid non comporta alcun rischio né per il donatore stesso né per i pazienti a cui trasfonderlo», ha aggiunto. 

Enrico Montesano, il parere del Cns. Gli ha fatto eco il direttore del Cns (Centro Nazionale Sangue), Vincenzo De Angelis. «È molto grave diffondere false informazioni sulla donazione di sangue, specie alla vigilia di un periodo come quello estivo, in cui storicamente si registrano carenze. Non c'è nessuna differenza tra il sangue dei vaccinati e quello dei non vaccinati, entrambi salvano vite ogni giorno, e anzi ci auguriamo che siano sempre di più i donatori immunizzati, sarebbe un segno ulteriore dei progressi nella lotta al virus».  

Dagospia il 21 giugno 2021. Enrico Montesano? "A ottobre ce lo ritroviamo in ospedale insieme a Gianni Rivera a spese nostre". Il virologo Roberto Burioni scatenato su Twitter contro l'attore che dopo un anno di deliri negazionisti ha sganciato l'ennesima "bomba" sui social riportando la versione di una misteriosa fonte interna ad Avis: "Il sangue dei donatori viene buttato perché si coagula". Il virologo, commentando il video pubblicato sui social, lo percula: "Un amico che conosce una persona di rango avrebbe dovuto dirlo con la voce di Dudu il gagà..."

Da ilsussidiario.net il 29 luglio 2021. Enrico Montesano contro tutti. In una diretta Facebook di oggi l’attore è partito dalla notizia della morte del dottor Giuseppe De Donno per parlare della “dittatura sanitaria”. Comincia però con un duro attacco ad un personaggio famoso che sembra essere proprio Frank Matano. Non ne pronuncia mai esplicitamente il nome, ma è facile intuire che si riferisca proprio al giovane comico. «C’è uno che fa la giuria in una piccola trasmissione, non so come si chiama, ha iniziato facendo gli scherzi al telefono. Un cretino di successo, non voglio neanche nominarlo. Deve prima imparare a ballare, cantare, recitare, fare le imitazioni, inventarsi dei personaggi e farsi 52 anni di carriera come me, più di 60 film e 10 commedie musicali». Montesano è un fiume in piena: «Si deve sciacquare la bocca quando parla di me, io sono un attore, non sono un comico. Lui è un cretino, un imbecille di successo, l’occhio da imbecille e la faccia da ebete. Ride sempre perché è un ebete. Questo genio compreso, sta sempre dappertutto, è uno stolto di mezzo. Si deve sciacquare la bocca prima di parlare di me». Ma ne ha pure per la Rai: «Avevamo un pubblico migliore, non era rovinato da trent’anni di merda tracimata da queste tv private. La Rai per non perdere ascolti è andata appresso, facendo delle cagate immonde. Ora tutti i leccac*li del potere parlano, pontificano, fanno le loro trasmissioncine del ca**o, i loro talk show di merda». «L’Italia è meravigliosa, ma la società è di merda», sbotta Enrico Montesano durante la diretta Facebook. Quindi, parla delle piazze che protestano contro vaccini (e chiama «cacchinati» tutti i vaccinati) e green pass, di cui fanno parte anche medici: «Onore a loro che contravvengono alle emerite e ciclopiche cazzate del Cts e dell’Iss». Si lascia andare anche sul green pass: «Si chiama lasciapassare, quello che usavano i nazisti. Vaffanc**o il lasciapassare». Inoltre, smentisce la sua discesa in politica. «Non mi presento con nessuna lista, la politica mi fa ca*are». E se la prende con diversi giornalisti: «Avete venduto la pelle dell’orso prima di averlo catturato e avete sparato cazzate giornalisti terroristi, pennivendoli del cazzo. Come D’Agostino (Dagospia, ndr) e Fanpage. Non mi rompete il ca**o!». Volano quindi gli insulti, per David Parenzo («È fastidioso come le zanzare» il più gentile) e Roberto Burioni («Ora ti fai i soldi con i monoclonali»). Stranamente più tenero con Selvaggia Lucarelli che aveva attaccato Giuseppe De Donno: «S’è beccata con De Donno. Io spero che tu abbia un ripensamento». Quindi, invita tutti a lottare in nome del medico, la cui morte l’ha colpito. «Lo sentì per capire cos’era successo e lui mi disse di aver avuto un anno molto faticoso. Era una persona gentile, ma di fronte alle forze del male, malefiche, che ci stanno governando e si vogliono sostituire a Dio sono destinate a soccombere se sono lasciate sole». Viste le critiche ricevute, Enrico Montesano, accusato di diffondere fake news, ha smentito di essere no vax: è pro vaccini, ma non quelli sperimentali.

Gianni Rivera. Maurizio Caverzan per “La Verità” il 21 giugno 2021. Lo dichiaro subito a beneficio dei lettori: sono al telefono con il mio idolo d' infanzia, Gianni Rivera. Perciò, mi concederete un breve ricordo personale. Forse per alleviare il trauma dell'iscrizione alla prima elementare, mio padre, che era maestro, mi consentì d' iniziare a raccogliere le figurine Panini. E lì c'era lui, con i capelli a spazzola. Diventai allora tifoso del Milan, fresco vincitore della Coppa dei campioni, la prima di una squadra italiana. Su Rivera, che nel 1969 sarà il nostro primo Pallone d' oro, non serve aggiungere altro. Se non la sorpresa causata dalle notizie recenti che lo riguardano. 

Gianni Rivera no vax non ce l'aspettavamo.

«Ho sentito molti virologi, di quelli mai invitati in tv, dirsi contrari a questi vaccini perché non sufficientemente testati. I virologi ufficiali dicono che vanno bene, ma a me risulta che non siano stati adeguatamente verificati prima di essere diffusi».

Non ha paura?

«Non particolarmente. Conduco una vita tranquilla sia in casa che fuori, come fossi agli arresti domiciliari». 

Come si definirebbe: coraggioso, temerario o critico verso l'informazione omologata?

«Sono una persona normale che si è fatta le proprie idee. Dopo le mie dichiarazioni a Porta a Porta ho ricevuto molti messaggi di persone che la pensano come me. Tra queste ci sono anche esperti che hanno posizioni diverse rispetto all' ufficialità. Il fatto che non siano state fatte verifiche sufficienti su queste sostanze è risaputo. Non si può dire, ma questo è un altro discorso». 

Non teme di essere imprudente?

«No. Se mi dicono che questi farmaci non sono sperimentati preferisco aspettare che lo siano. Anche Mario Draghi il 28 maggio ha detto che le varianti possono rendere inutili gli effetti dei vaccini. Poi forse si è pentito e non l'ha più ripetuto. Qualcuno gli avrà consigliato di non farlo perché potrebbe saltare per aria tutto. Ma se saltano le cose sbagliate, meglio». 

Non è imprudente non vaccinarsi considerando che la mortalità è più elevata tra le persone anziane?

«Cosa c' entra? Molti morti stavano già male prima e sono deceduti per altre patologie.

L' anno prima del Covid ci sono stati più morti a causa dell'influenza... E poi esistono cure domiciliari che funzionano. Perché non farle e riempire gli ospedali?».

Le notizie di questi giorni dicono che gli ultimi ricoverati in terapia intensiva sono persone non vaccinate.

«Noi conosciamo persone intubate a Milano dopo la seconda iniezione. Lo sappiamo per voce diretta, ma di questi casi nessuno parla o scrive». 

Chi sono i virologi che vorrebbe vedere in televisione?

«Luc Montagnier che ha preso un Nobel per la medicina, magari gliel' hanno dato per sbaglio. O Stefano Montanari. Ma non li invitano, forse perché dissentono dalla versione ufficiale». 

Non crede che le vaccinazioni massicce ci stiano facendo uscire dall' emergenza?

«Lo spero. Preferisco non correre il rischio finché non c' è una sperimentazione più ampia. Se poi funzionano, meglio».

Per lei chi si vaccina è una cavia?

«Questo è il sospetto». 

Da cittadino e potenziale paziente ha la stessa allergia nei confronti dei virologi che aveva da calciatore verso gli arbitri?

«Mai avuto allergie nei confronti di nessuno. Mi infastidivo quando vedevo che gli arbitri avevano un comportamento non indipendente. Come capitano del Milan difendevo i miei compagni e la mia società quando mi accorgevo che inclinavano dall' altra parte». 

Quale altra parte?

«Quella dell'avversario. Allora mi esponevo, se no che capitano sarei stato. Funziona così anche con il vaccino: dico la mia se qualcosa non mi convince». 

Anche allora antisistema?

«No, il sistema funzionava. Erano gli antisistema che agivano nel sistema a inquinarlo.

L' antisistema nel calcio dà fastidio e si spera che qualcuno intervenga».

Nella magistratura «il sistema» è un meccanismo perverso.

«Si sperava che non ci fossero disonesti tra chi deve giudicare gli altri, invece abbiamo capito che ci sono magistrati che dicono di fare un mestiere e ne fanno un altro». 

Dagospia il 14 giugno 2021. Da La Zanzara – Radio 24. “Persino Draghi ha detto che ci sono delle variabili che possono rendere inutili le vaccinazioni. Questi vaccini non li hanno sperimentati, li hanno messi in vendita perché dovevano guadagnare e lo hanno fatto. Ci sono tanti virologi che la pensano come me. E tanti la pensano come me, ma a questi non danno pubblicità”. Gianni Rivera a La Zanzara su Radio 24 non molla e ribadisce di non voler vaccinarsi, “e nemmeno mia moglie lo farà”. Burioni ti ha dato del babbeo: “Burioni? Non so chi è, io ricordo Buriani che giocava con me. Non so neanche chi è, pensavo a un burrone, o un grosso burro. Non so davvero chi sia, si vede che è diventato popolare e ne ha approfittato. Quelli bravi non li invitano mai perchè hanno paura delle stesse cose che dico io. Vari medici non li invitano e non scrivono sui giornali perché dicono queste cose. Montaigner che ha vinto una piccola cosa come un Nobel, siccome non è d’accordo su questo sistema non viene mai sentito. Vaccinare i ragazzini? E’ ancora più folle”. Ma tu non hai paura alla tua età?: “Non faccio assembramenti e sono tranquillo e poi eventualmente ci sono le cure domiciliari, coi medici che sono stati accantonati perché non fanno parte del gruppo, li tagliano fuori”. Ma la mortalità sta scendendo drasticamente: “Guardate che prima del Covid, l’anno prima, sono morte più persone per l’influenza piuttosto che nell’anno del Covid. E’ tutto esagerato, hanno terrorizzato. E quelli che fanno i vaccini vogliono costringere gli altri a farlo”

DiMartedì, il Nobel Luc Montagnier: "Sui vaccini un rischio inaccettabile, stanno proliferando i tumori". Libero Quotidiano il 09 giugno 2021. "Rischiamo di avere effetti assolutamente imprevedibili, per esempio dei tumori". Il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, biologo e virologo francese luminare nella lotta all'Aids, in una intervista a France Soir si schiera apertamente contro l'accettazione acritica dei vaccini contro il Coronavirus. Parole pesantissime che sono già diventate virali nel circuito dei no vax in America e in Europa. A DiMartedì su La7 Giovanni Floris manda in onda uno stralcio di quella intervista: "Avvelenare è una parola molto forte - precisa Montagnier a proposito della campagna vaccinale -, ma non possiamo accettare il rischio per i bambini, i ragazzi e le generazioni attuali. Anche gli anziani come me, che spariscano a causa del vaccino. Il vaccino è una soluzione, ma non la sola, ci sono trattamenti e terapie che possono avere effetti contro questa infezione". Montagnier ne fa soprattutto un problema di "metodo": "Il vaccino è un progetto a lungo termine e stanno chiedendo alle persone di accettarne l'utilizzo immediato". Il punto, spiega, è che ancora non possiamo sapere quali saranno le conseguenze sull'organismo umano tra qualche anno, essendo stato di fatto "miniaturizzato" il tempo di sperimentazione dei vaccini per ottenere un siero il più velocemente possibile. "Rischiamo di avere effetti assolutamente imprevedibili - accusa Montagnier -, ad esempio i tumori che continuano a proliferare. Questo è il pericolo quando si gioca all'apprendista stregone". Frasi che hanno fatto sobbalzare la comunità scientifica mondiale. "Il virus si combatte con la vaccinazione e magari nei prossimi anni diventerà un banale raffreddore", sottolinea il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. E la biologa Barbara Gallavotti, autrice di Superquark, precisa: "Il Premio Nobel non è una patente di infallibilità, ci sono stati Nobel che hanno detto cose non condivisibili. La cosa bella nella comunità scientifica è che anche un giovane ricercatore, con dati solidi e condivisi, può ribattere a quello che dice un Premio Nobel". 

Da “La Verità” l'8 settembre 2021. Per gentile concessione della trasmissione Fuori dal coro, pubblichiamo l'intervista - effettuata da Margherita Enrico e trasmessa ieri sera al premio Nobel Luc Montagnier. L'anziano medico (89 anni), che nel 2008 è stato insignito del premio svedese per la Medicina, è scopritore del virus dell'Hiv. Dopo lo scoppio della pandemia da Covid, le sue posizioni, in netto contrasto con la maggior parte degli istituti e delle organizzazioni sanita-rie mondiali, hanno fatto discutere. Nel colloquio, realizzato all'inizio dell'estate, Montagnier conferma le sue tesi sull'inopportunità di procede-re a vaccinazioni di massa a pandemia in corso. Scelta che ritiene esposta a un rapporto rischi-benefici non sicuro per i cittadini. Il Nobel insiste anche sulla possibilità di cura. «Non sono contro i vaccini, alla cui ricerca ho dedicato gran parte della mia vita», dice Luc Montagnier: «Li ritengo molto importanti nella cura delle malattie trasmissibili e delle epidemie, ma sono contrario a prodotti non sicuri i cui effetti sono ancora del tutto sconosciuti. Un vaccino può considerarsi sicuro solo dopo un tempo di sperimentazione molto più lungo. Questa campagna vaccinale è stata effettuata con errori di carattere scientifico e medico, che hanno aggravato la situazione. Nei vaccini di solito è presente il virus attenuato che una volta iniettato stimola il sistema immunitario in maniera delicata. Gran parte dei vaccini somministrati per combattere questa pandemia sono una terapia genica che serve a stimolare la produzione di proteine nella nostre cellule. È un sistema che ritengo innaturale, perché fa si che nuovo materiale genetico sia inserito nel nostro genoma». 

Ma sono stati vaccinati miliardi di persone. Quali potrebbero essere le conseguenze?

«Nel corpo abbiamo cellule specializzate chiamate cellule immunitarie, che da sole sono in grado di produrre anticorpi. Questi vaccini stravolgono l'organizzazione naturale dell'organismo. La proteina del virus che permette di attaccarlo ha una doppia funzione di cui nessuno parla: è anche una neurotossina. Nelle persone che non hanno ancora avuto il tempo di produrre anticorpi, questa proteina potrebbe influire sul cuore, creando miocarditi potenzialmente letali. Ma questa proteina può anche oltrepassare la barriera ematoencefalica e una volta arrivata al cervello, che non è più protetto, può causare problemi celebrali gravi. Questo come conseguenze immediate». 

Potrebbero cioè verificarsi altre conseguenze a lungo termine?

«La reazione più frequente è la trombosi causata dalla coagulazione dovuta dall'aggregazione di piastrine che si può verificare anche molti mesi dopo la somministrazione del vaccino. Ma ne esiste un'altra. Il virus, nonostante il vaccino, trova anche il modo per influire sulle informazioni dei prioni, cioè le particelle infettive solamente proteiche, che hanno la capacità di trasmettere la propria forma alterata a varianti normali della stessa proteina in tutti gli organi. La struttura delle proteine dell'organismo viene cambiata, creando situazioni sconosciute a lungo termine».

Però professore, grazie ai vaccini la diffusione del virus è diminuita molto.

«Non solo non è finita, ma la situazione potrebbe essere ancora peggiore di quanto lo sia stata fino ad ora. Anche la scorsa estate, pur senza i vaccini, i contagi erano diminuiti. Il vaccino, si sa, non ci protegge dalla trasmissione del virus. Non ci si dovrebbe vaccinare in corso di pandemia perché i virus si modificano per sfuggire al nostro sistema immunitario. La natura, anche nei confronti dei virus, sa creare armonia. Se il virus non fosse stato manipolato per mezzo dei vaccini, credo si sarebbe già indebolito. Le varianti naturali sono la conseguenza dell'armonia di sequenze matematiche precise. L'uomo è intervenuto nel laboratorio di Wuhan e indirettamente, e in modo innaturale, ha intaccato queste sequenze impedendone l'evoluzione naturale. Le varianti naturali sono diventate così molto più aggressive e contagiose, come ad esempio la variante Delta. Le ultime varianti sono favorite dalla diffusione dei vaccini. Non è vero che i vaccinati sono più protetti dalle nuove e aggressive varianti. I vaccinati non solo hanno più possibilità di essere attaccati dalle varianti, ma sono più a rischio dei non vaccinati. Se le autorità non lo capiscono, andremo incontro a una catastrofe». 

È consapevole che con queste dichiarazioni avrà ancora più nemici?

«Esistono prove e dati scientifici. Esistono analisi cliniche. L'opinione è legittima, però chi sostiene che diffondo false teorie o che sono impazzito lo deve dimostrare. Se lo scienziato rifiuta l'incontro o lo scontro ha perso. In campo scientifico ci sono regole precise: ci si misura, e misurarsi è l'unica maniera per sapere se si è sulla strada giusta. Spesso i motivi degli attacchi ingiustificati sono legati alla politica e al potere. Se un vaccino non è sicuro ed esiste un'altra soluzione terapeutica, bisogna seguire la morale e l'etica alla base della nostra missione di medici, e quindi non imporre il vaccino ma trovare anche metodi alternativi». 

Ma quale potrebbe essere questa alternativa?

«Bisogna che tutti sappiano che questa malattia si cura, e si guarisce, mentre quello che cercano di innescare nella mente della gente è che sia una malattia incurabile. Abbiamo i mezzi e le cure per affrontarla. Non è solo il mio pensiero, ma anche quello di altri numerosissimi specialisti cui non viene data voce. Chiunque, se curato bene dall'inizio, può guarire. Le persone infettate dalla variante Delta possono guarire. Esistono inibitori specifici. Le case farmaceutiche dovrebbero impegnarsi anche nella ricerca di questi inibitori, e non solo sui vaccini. Per l'Aids abbiamo trovato inibitori che bloccano la moltiplicazione del virus diminuendo tantissimo il tasso di mortalità. Un fattore completamente ignorato da molti epidemiologi è che l'attacco di questo virus è sempre accompagnato da un cofattore batterico che favorisce e aumenta la sua moltiplicazione. Se si neutralizza il cofattore batterico con antibiotici a base di azitromicina, si possono sopprimere gran parte dei sintomi. I virus poi, per sopravvivere, hanno anche bisogno di situazioni infiammatorie provocate dalle citochine e dalle proteine. Se si abbinano farmaci specifici che diminuiscono l'infiammazione si potrebbero abbreviare i tempi di recupero e forse anche ridurre il tasso di mortalità». 

Professore, è giusto vaccinare i bambini?

«Bisogna abbandonare questa idea folle. I bambini non sono vettori di diffusione del virus, ma se venissero vaccinati nel tempo potrebbero manifestarsi effetti secondari importanti, come quelli di cui ho parlato prima». 

Le sue teorie sono state spesso smontate dalla comunità scientifica. Chi è Luc Montagnier, lo scienziato Premio Nobel che piace a No Vax e complottisti. Vito Califano su Il Riformista il 13 Agosto 2021. Il Premio Nobel per la medicina Luc Montagnier torna a far parlare e offre un nuovo assist a No Vax e No Green Pass. Lo scienziato ha incontrato il sito Ippocrate.org in Italia è ha sostenuto che si sta registrando un “picco di decessi dopo la vaccinazione, c’è correlazione”. Montagnier, idolo di complottisti e scettici fin dall’esplosione della pandemia da covid-19, ha definito i vaccini più dei “prodotti biologici con effetti genetici” e ha ipotizzato morti causate da “shock anafilattico che può essere causato da componenti che non sono proteine ma che accompagnano l’RNA del virus”. Le conclusioni di Montagnier non sono neanche lontanamente quelle della comunità scientifica internazionale. Casi di effetti collaterali sono stati verificati ma anche rarissimi e causati da altre reazioni e nella stragrande maggioranza dei casi provocate da patologie pregresse. Solo due giorni fa Giovanni Migliore della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere ha fatto sapere che in Italia “il 90% dei pazienti in terapia intensiva non è vaccinato”. A oggi sono oltre 73 milioni e 286mila le somministrazioni in Italia, più di 35 milioni e 307mila le persone che hanno completato il ciclo vaccinale, pari al 65,37% della popolazione over 12 anni. I preparati riescono a proteggere efficacemente dalle forme gravi di contagio da variante Delta, la mutazione più trasmissibile che ha causato la nuova impennata di contagi in tutto il mondo. Il bollettino di ieri ha riportato 30 morti. L’ultimo picco si è verificato lo scorso 9 aprile con 718 morti quando la campagna vaccinale aveva appena superato i 3 milioni e 877mila somministrazioni. I nuovi positivi quel giorno erano stati quasi 19mila. Il Generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario all’emergenza, punta a raggiungere l’immunità di gregge con l’80% degli italiani vaccinati entro ottobre.

Chi è Luc Montagnier. Luc Montagnier è un virologo francese, professore emerito dell’Istituto Pasteur. I suoi studi hanno contribuito in maniera decisiva ed essenziale a identificare e solare il virus dell’HIV, responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Proprio per tali ricerche è stato insignito, con Françise Barré-Sinussi, del Premio Nobel per la Medicina o la Fisiologia nel 2008. Lo scienziato francese è nato a Chabris nel 1932. Ha cominciato la sua carriera scientifica alla Facoltà di Scienze di Parigi, dal 1955 al 1967. Dal 1972 è stato Direttore dell’Unità di oncologia virale del dipartimento di Virologia dell’Istituto Pasteur e dal 1982 del dipartimento stesso, dal 1974 è stato direttore di ricerca presso il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), di cui ora è direttore emerito. I suoi primi lavori in campo virologico hanno condotto alla dimostrazione della presenza di una forma di RNA infettivo a doppia elica in cellule infettate dall’EMC (virus dell’encefalomiocardite). Montagnier per primo ha individuato in pazienti affetti da AIDS un enzima (la transcriptasi inversa) che permette la sintesi di DNA a partire da RNA virale e che indicava la presenza di un retrovirus. Lo aveva ha chiamato Lymphadenopathy-Associated Virus (LAV). Insieme con altri studi negli Stati Uniti si è arrivati allo sviluppo di tecniche che permettono d’individuare eventuali anticorpi del virus, e quindi la possibilità di preparare un vaccino efficace. Per questa serie di studi lo scienziato francese aveva ottenuto anche il premio Lasker nel 1986.

La teoria di Montagnier sul coronavirus. Poco dopo l’esplosione della pandemia da coronavirus Montagnier aveva parlato del virus come creato in laboratorio, forse nel tentativo di trovare un vaccino per l’HIV. Non esiste nessuna prova a supporto a quasi due anni dall’inizio dell’emergenza – anche se le origini del virus sono comunque dibattute per l’atteggiamento della Cina e le indagini dell’Oms e i sospetti agitati dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale che ciclicamente tornano al centro dell’attenzione. Montagnier da anni sostiene teorie che trovano credito nella galassia dei complottisti. Un suo video sul covid-19 è diventato virale a inizio 2020. Lo scienziato diceva che il virus era stato manipolato da un professionista: al virus classico proveniente dal pipistrello era stata aggiunta una sequenza del virus dell’HIV. E aveva anche suggerito di curare il contagio con le onde elettromagnetiche. Lo scienziato aveva agitato una “pressione enorme” per nascondere i risultati di studi analoghi al suo – studi che sono tutt’ora online e disponibili anche se smentiti. La teoria è stata smontata da scienziati e ricercatori di tutto il mondo. Anche alcune teorie sull’HIV di Montagnier sono state giudicate infondate perfino da Françoise Barré Sinoussi. A novembre 2017 un gruppo di oltre 100 scienziati aveva firmato una lettera aperta contro le posizioni di Montagnier che suggerivano un legame tra vaccini e autismo. Anni fa il Premio Nobel aveva fatto parlare di sé anche per la proposta di curare il Parkinson e altre malattie degenerative con il succo di papaya.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Rifiutare il siero è un diritto. Appestarci no. Marco Zucchetti il 14 Luglio 2021 su Il Giornale. Il sintomo di quanto ci siamo disabituati alla libertà, molto più che nell'anomalia di essere spesso governati da premier non eletti, sta nel fatto che è sempre più difficile riconoscerla. Il sintomo di quanto ci siamo disabituati alla libertà, molto più che nell'anomalia di essere spesso governati da premier non eletti, sta nel fatto che è sempre più difficile riconoscerla. Viene fraintesa, maneggiata goffamente come un concetto dai confini indefiniti, citata a sproposito. E soprattutto viene brandita come una bottiglia di birra dagli hooligans del «faccio quello che mi pare perché questo è un Paese libero». Un Paese, appunto, non una giungla. Ancora una volta è il Covid ad innescare un domino di implicazioni filosofiche innestate su problemi molto pratici. Il tema è sempre l'obbligo di vaccino, pragmaticamente e scientificamente la via maestra per fermare la pandemia in ogni sua variante. Dato che la via maestra è giuridicamente di difficile percorribilità, in Francia hanno ideato una deviazione che porti alla stessa meta, che è l'immunizzazione della popolazione: un pass che consenta l'accesso ai luoghi della socialità - dai bar ai cinema, dai ristoranti ai teatri - solo ai vaccinati. L'effetto? Un milione di prenotazioni in un giorno. Abbastanza per far ragionare anche il governo italiano sull'ipotesi di adottare la stessa misura. Tutto ciò, da Parigi a Roma, ha armato la rivolta dei corazzieri del diritto di appestare il prossimo, che considerano il provvedimento illiberale. Occorre chiarirsi su cosa sia la libertà, che non è lo stato di natura dell'uomo che si fa lupo per l'altro uomo. Perfino per Bakunin la società anarchica si basava sull'autogoverno, la sintesi, l'aiuto reciproco e l'armonia, non sul menefreghismo totale e la prepotenza di chi - più forte, più giovane o semplicemente più sconsiderato - vive senza rispetto del bene comune. Non vaccinarsi, così come non portare la mascherina («museruola» per i fieri no mask che si illudono di essere Braveheart mentre sono al massimo personaggi da cinepanettone) è da incoscienti e da incivili. Perché chi rifiuta di difendere se stesso, offende gli altri. E li espone a limitazioni, disagi, oltre che alla malattia. Vale più la libertà di un insegnante di non vaccinarsi o quella di centinaia di alunni di andare a scuola? Perché i milioni di italiani che si sono vaccinati, ora rischiano di vedersi privati di socialità, istruzione o anche solo del diritto allo svago proprio perché qualcuno non accetta le regole condivise. Ma chi non accetta le regole condivise, di fatto si auto-esclude dal consesso sociale. Il pass semplicemente certifica questa auto-ghettizzazione. La società non è un buffet all you can eat, dove si paga un tot (le tasse, in teoria...) e poi si fanno i propri porci comodi. Vigono norme di comportamento e leggi per garantire che nessuno prevarichi il prossimo, perché i diritti siano tutelati a costo di qualche freno. Un afflato patriottico non giustifica un canto da stadio a un funerale, così come l'adesione al nudismo non è sufficiente per andare a fare la spesa in mise adamitica. Allo stesso modo, non basta non fidarsi del vaccino per avere il diritto di andarsene in giro come potenziali bombe virali a orologeria. Non si può imporre l'obbligo? Benissimo, però si può - e si deve - pretendere che la loro scelta non minacci la nostra salute. Tutti hanno la sacrosanta libertà di ammalarsi se proprio ci tengono, ma nessuno ce l'ha di farci ammalare o costringerci alla quarantena dopo un anno e mezzo di sacrifici. C'è il delivery, lo smart working, internet: i no vax se ne stiano a casa, se la caveranno. Per cui ben venga il pass, da modulare garantendo l'accesso ai servizi a chi per motivi medici non può vaccinarsi ed evitando arzigogoli burocratici. Sarebbe un passo importante, paradossalmente il più liberale di tutti. Perché è bene ricordare che il virus ci ha chiusi in casa, la mascherina e il vaccino ci hanno ridato la vita, o già ci siamo dimenticati di coprifuoco, famiglie divise a Natale e negozi falliti? Bisogna amare la libertà, ma senza tradire mai la verità. Lo diceva Beethoven, non un pericoloso dittatore. Marco Zucchetti

Da leggo.it il 16 luglio 2021. Perché Matteo Salvini non si è ancora vaccinato contro il Covid, e quando lo farà? Alla domanda il segretario e leader della Lega è stato spesso evasivo, e anche oggi ha glissato, restando tra il serio e il faceto a margine della presentazione del candidato sindaco a Milano Luca Bernardo. «Ho prenotato il vaccino per agosto, quando verrà il mio turno, visto che a differenza di altri non scavalco la coda, vi inviterò e faremo un grande cocktail party. Così almeno tutti saranno tranquilli. Se a me danno una data la rispetto e ad agosto quando toccherà a me ci andrò», ha detto Salvini fuori dal Palazzo delle Stelline. «Sul Ddl Zan aspetto una telefonata di Letta», ha aggiunto Salvini augurandosi che il confronto col segretario Pd avvenga «prima di andare allo scontro in Aula», e che l'ex premier «raccolga l'invito al dialogo, non tanto di Salvini quanto del Papa, e quindi si tolga dal testo quello che divide: gender nelle scuole e la censura della libertà di opinione e di parola. E approviamo delle pene pesanti per chi offende e discrimina». «Se così non fosse - ha aggiunto - se volesse andare allo scontro, vuol dire che sarà lui ad affossare la sua legge».

Niccolò Carratelli per “La Stampa” il 16 luglio 2021. Ci manca un selfie. Dopo averlo visto in posa con chiunque, ovunque o mentre mangia qualunque cosa, aspettiamo con ansia il faccione sorridente di Matteo Salvini, mentre porge il suo deltoide al vaccinatore. Chiariamo subito che il ritardo non è legato alla paura dell'ago, visto che il leader della Lega documenta puntualmente le sue donazioni di sangue. No, è che si era prenotato per il 28 giugno, ma poi è dovuto andare a Cuneo per partecipare a un processo in cui è parte offesa (accusa di diffamazione nei confronti di Carlo De Benedetti). E siccome «rispetto la fila» (così lunga la fila nella sua Lombardia?) il nuovo appuntamento per la prima dose ora è ad agosto. Sempre che non venga trattenuto sulla spiaggia del Papeete, si intende. Di certo, Salvini non ha fretta di dare il buon esempio. Tra gli esponenti di spicco della Lega è buon ultimo, visto che da Giorgetti a Zaia, da Fontana a Fedriga, sono tutti vaccinati. Peccato, perché magari (per pura ipotesi) tra i suoi sostenitori c'è anche qualcuno dei 2 milioni e 200mila over 60 che si tengono alla larga dalla siringa. E, proprio ora che bisogna convincere i dubbiosi, servirebbe un testimonial di eccezione. Anzi, due. Perché pure della vaccinazione di Giorgia Meloni non sappiamo nulla: lo scorso 10 giugno aveva annunciato in tv di aver prenotato la prima dose, poi silenzio. L'ha fatta? Senza una fotina, un post celebrativo, niente? Tipo quello del 2018 in cui scriveva che «i vaccini sono una delle conquiste più importanti nella storia della medicina». Ora è sparito, cancellato: aveva preso pochi "like"?

Peter Gomez per “Il Fatto Quotidiano” il 16 luglio 2021. La politica si divide sul Green Pass. C'è chi è a favore, chi contro e chi lo vuole all'italiana: non per bar e ristoranti, sì per tutto il resto. In attesa che il governo faccia sentire la sua voce, la campagna di vaccinazione registra una brusca frenata. All'appello mancano ancora tantissimi over 60. Il 18 giugno i non vaccinati anziani erano 2 milioni e 833 mila. Tre settimane dopo, il 9 luglio, solo 300 mila in meno. 

LA CHIAMATA ALLA SIRINGA del generale Francesco Figliuolo, condita da roboanti frasi del tipo "li cercheremo casa per casa", è rimasta sulla carta tanto che, se si andrà avanti di questo passo, gli over 60 saranno tutti immunizzati solo a dicembre. L'improvvido ottimismo che il 23 aprile aveva spinto il militare ad assicurare ai sindaci la conclusione della campagna vaccinale entro l'estate è insomma solo un ricordo. Aldilà delle discussioni sulle responsabilità di Figliuolo, di Palazzo Chigi, delle Regioni e dell'Europa, resta il fatto che è ben difficile convincere i cittadini a vaccinarsi se chi li rappresenta al governo e in Parlamento marca visita. Tanti politici, è vero, hanno dato il buon esempio. I social sono pieni zeppi di foto di deputati, senatori, presidenti di Regione che offrono il braccio al siero. Curiosamente, però, mancano le immagini di chi di social vive. Matteo Salvini che documenta su Instagram e Facebook i propri pranzi, le cene e persino il cappuccino, il caffè e l'ammazacaffè, sul punto appare renitente. Il 2 luglio aveva spiegato di aver dovuto far saltare l'appuntamento a causa di un processo e aveva garantito che arrivato il suo momento avrebbe postato "una foto con dedica" (al presidente campano Vincenzo De Luca che gliene aveva chiesto conto, ndr). Siamo arrivati al 16, in Lombardia vista la carenza di volontari, gli appuntamenti te li fissano ormai nel giro di due giorni, ma tutto ancora tace. E silenziosa è pure Giorgia Meloni che, dopo aver accusato il governo Conte bis e il vecchio commissario Arcuri di imperdonabili ritardi nella pianificazione delle vaccinazioni, il10 giugno assicurava che presto si sarebbe immunizzata: “Mi sono prenotata". Sono passati 35 giorni. Nel Lazio vaccinano pure gli under 16, ma lei sui social, per la gioia dei no-vax, ha postato di tutto tranne che la sua foto con la siringa al braccio. Conte, invece, s'è fatto la prima dose il 12 luglio e farà il richiamo a fine mese. Decisamente pro-vax è anche Matteo Renzi, che da premier impose il "pacchetto" obbligatorio della Lorenzin e lo scorso anno, quando ancora quelli anti-Covid non c'erano, annunciò una petizione perché diventassero obbligatori. Oggi i vaccini ci sono. E in Rete ci sono pure le immagini di Maria Elena Boschi che più giovane di lui, dà il buon esempio con tanto di didascalia: "A tutela della mia salute e di quella della comunità”. Mancano invece quelle di Matteo. Due giorni fa, quando gli hanno chiesto "lei è controcorrente (il titolo del suo nuovo libro, ndr) anche perché è uno dei pochi parlamentari a non essersi ancora vaccinato?", Renzi ha risposto così: "Nel mese di luglio è in corso il procedimento. Conto di finire entro agosto". "Quindi è già prenotato?", ha tentato di insistere una giornalista. Niente da fare. L'ex presidente del Consiglio ha proseguito tutto di un fiato: "Rispettando le regole e non saltando la fila" per poi dirsi d'accordo con le decisioni di Macron. In molti malpensanti resta il dubbio che leader di Italia Viva si sia già vaccinato in marzo al Gran premio del Bahrein, dove i vaccini li facevano gratis, mentre in Italia quasi non c'erano. Lui, a suo tempo, ha negato. E noi gli crediamo. Perché Renzi, si sa, è un uomo di parola.

Giada Oricchio per iltempo.it il 26 novembre 2021. Marco Travaglio come Giorgia Meloni: “Nemmeno con la pistola alla tempia farei vaccinare mio figlio se avesse meno di 11 anni”. E un’incredula Lilli Gruber sbarra occhi e orecchie. A “Otto e Mezzo”, l’approfondimento politico del preserale di LA7, giovedì 25 novembre, Marco Cavaleri, responsabile strategia vaccini Ema, conferma la bontà del vaccino contro il Covid per i bambini tra i 5 e gli 11 anni: “L’efficacia di protezione è superiore al 90% e sono sicuri, non abbiamo visto niente di particolare rilevante se non i soliti sintomi post dose come stanchezza, febbre e dolore nella sede dell’iniezione e si usa un terzo della dose prevista per adulti e adolescenti. Sarà disponibile per i paesi europei dopo la seconda metà di dicembre”. Un quadro che non persuade Marco Travaglio. Il direttore de “Il Fatto Quotidiano risponde serafico di non essere un esperto ma cita il professor Crisanti per dare il primo colpo al vaccino pediatrico: “Secondo Crisanti i trial sono insufficienti per trarre delle conclusioni. Ha detto che non ha la potenza statistica per capitolare eventuali effetti collaterali avversi. Hanno vaccinato 3.000 bambini, se la frequenza delle complicazioni è 1 su 10.000 il trial non lo dice. La cosa buona è che Israele ha già iniziato a vaccinare i bambini e quando ne avremo centinaia di migliaia saremo più tranquilli”. Ma quella che sembrava una pacata osservazione si trasforma in una campana che suona forte: “Io se avessi un bambino piccolo non lo vaccinerei nemmeno se mi puntassero una pistola alla tempia. Ma immagino che non saremo obbligati almeno a quello” rivela Travaglio impattando su uno stupito e sonoro “perché?!” di Lilli Gruber colta di sorpresa dall’affermazione. Il direttore ribatte: “Perché non mi fido! Semplicemente ho sentito dire e contraddire troppe cose sui  vaccini per accontentarmi di un test su 3.000 bambini. Non vorrei che poi ci dicessero che si sono sbagliati come con AstraZeneca sui giovani”. Gruber è sconcertata ma riprende il filo del dibattito chiedendo lumi al professor Cavaleri che non nega i dati di Travaglio: “Questa è la dimensione standard degli studi clinici sufficienti per approvare i vaccini. E’ vero che per eventi avversi e rari è impossibile pretendere che studi clinici pre autorizzazione siano in grado di definire il rischio. E’ importante continuare con il monitoraggio dopo il via libera. Quello che più ci interessa è la verifica delle miocarditi che comunque si vedranno con meno incidenza sui bambini. Valuteremo”. 

Per mia figlia il vaccino è più rischioso del Covid, Meloni a valanga. Il Tempo il 22 novembre 2021. "Non vaccino mia figlia Ginevra perché per lei il vaccino è più rischioso del Covid". Giorgia Meloni non ha dubbi e, dati alla mano, sostiene che, per un bambino, il vaccino presenta più rischi della malattia stessa. "Un bambino ha le stesse probabilità di morire di Covid che di essere colpito da un fulmine - spiega la Meloni - Per questo ho deciso di non vaccinare Ginevra". Discorso diverso per gli adulti per i quali, invece, il rapporto rischi-benefici è a vantaggio di questi ultimi. "Il vaccino è utile soprattutto per gli adulti e per i soggetti immunodepressi - prosegue Meloni - Io stessa mi sono vaccinata e questo dimostra che non sono una no-vax".  La leader di Fratelli d'Italia è ospite di Nicola Porro a "Quarta Repubblica". Il suo discorso va poi a parare sul green pass e sulle lacune del governo nella gestione della pandemia. «Ci hanno detto che il green pass era strumento di libertà e non avevano ragione se oggi parliamo di nuovo di lockdown, regioni colorate, cenoni a Natale con il limite della capienza, proroga dello stato di emergenza. Se la voto? No, non voto la proroga. A parte che c’è un problema di ordine costituzionale, al massimo in Italia può durare due anni. Non è più emergenza questa, lo stato di emergenza nel merito non puoi prorogarlo». Così Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia a «Quarta Repubblica» su Rete 4. Sulla bontà dei provvedimenti del governo ha aggiunto: «O il green pass funziona e allora non serve la proroga o proroghi lo stato di emergenza e allora le misure adottate finora non funzionano. Andare avanti sulla stessa strada temo che non ci porterà da nessuna parte. Abbiamo l’84% dei vaccinati, è un dato altissimo, significa che purtroppo il vaccino è molto utile sulle terapie intensive, ma da solo non ti ferma il contagio». «L’alternativa al green pass? Non dico che dovevamo decuplicare il parco dei mezzi pubblici italiani ma in 2 anni potevamo utilizzare tutti i pullman privati per potenziare il servizio pubblico delle metropoli italiane o utilizzare i taxi piuttosto che altri strumenti di trasporto come fanno in Turchia come mezzi di trasporto, una mano l’avrebbe data. Se lo Stato avesse comprato questi servizi in due anni avrebbe fatto tanto. Gli unici 100 milioni di euro messi su questo obiettivo, che era il tema numero uno del Covid, sono frutto di un emendamento di FDI. Noi non abbiamo mai fatto una critica senza fare una proposta. Noi chiediamo di fare di più e meglio, le cose difficili che il governo non ha avuto mai la capacità di fare. Facile chiudere i ristoranti alle 18, è una riga di decreto, più difficile mettersi a lavorare per potenziare mezzi pubblici». Così Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia a «Quarta Repubblica» su Rete 4. «Sulla campagna vaccinale c’è ancora tanta confusione, abbiamo messo il green pass europeo a 9 mesi, poi portato a 12 e adesso lo stiamo riportando a 9, ma il vaccino dura 6 mesi. Sulla base di quale evidenza scientifica? La gente ha pensato che il vaccino durasse 12 mesi. Quando hanno detto che con il green pass si era al sicuro la gente si è levata la mascherina. Ci sono state scelte irresponsabili. Su AstraZeneca non si capisce niente. La gente si preoccupa, non sono no vax, sono persone spaventate. Così Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia a "Quarta Repubblica" su Rete4. E ha concluso: "Cosa aiutava? Facile, facile, secondo me. Se per esempio il governo dicesse "metto il green pass ma sia chiaro che ti metto nero su bianco che se c’è un problema di indennizzo non è sul fatto dell’indennizzo in sé, ma dare l’impressione che sei certo di quello che stai facendo. FDI aveva portato un ordine del giorno al Senato in cui si diceva che il governo era pronto al green pass, ma che in caso di problemi legati al vaccino, il governo era pronto a indennizzare i cittadini. È stato bocciato. Serve responsabilità e trasparenza. Ancora oggi il dato sul costo del vaccino è secretato, perché non possiamo sapere quanto lo paghiamo? Serviva serietà, trasparenza e informazione».

Selvaggia Lucarelli per tpi.it il 15 luglio 2021. Stanno girando da qualche ora gli screenshot del 2018 di alcuni post di Giorgia Meloni sui vaccini che, confrontati con le sue dichiarazioni recenti sempre sui vaccini, fanno molto sorridere. Nel 2018 diceva ad esempio che “i vaccini sono una delle conquiste più importanti e non bisogna diffondere notizie false o alimentare paure”. “Lasciamo stabilire a chi ha competenze quali siano i vaccini necessari e OBBLIGATORI”. Oggi, dopo i suoi noti master in virologia e immunologia, twitta: “Il Governo si dia una calmata, non siamo un regime totalitario. La nostra Costituzione non contempla l’obbligo vaccinale!”. Per la cronaca, i vecchi tweet erano stati eliminati dalla sua bacheca perché Giorgia sa come ripulire la scena del delitto, ma non ha tenuto conto dei Ris del web, quelli che conservano in cartelle sterili ogni traccia delle nostre attività sui social. Tornando alle sue idee lievemente instabili sui vaccini, certo, Meloni è un’imbarazzante banderuola, ma una banderuola che sa quello che fa. Perché Giorgia ha scelto una strategia politica precisa, ovvero quella di accontentare la considerevole fetta di elettorato impaurita o no-vax che in questo momento è in cerca di un faro. E dire: “Lo Stato non può obbligare nessuno al vaccino” entusiasma i no-vax senza tutto sommato far disamorare i pro-vax, che si sentono comunque liberi di fare quel che vogliono. Insomma, si strizza un occhio a Burioni e uno al canale complottista ByoBlu (di cui Giorgia è fan). Anche Matteo Salvini ha sempre giocato sulla stessa ambiguità, ovvero non dire mai di essere contrario ai vaccini (quello gli costerebbe una parte dell’elettorato, oltre al far infuriare i suoi cari imprenditori che vogliono ripartire), lasciando però intendere che questo vaccino l’accetta con rassegnazione, in un ruolo insolitamente passivo. “Farò quello che mi dice il mio medico”, ha sempre risposto laconicamente a chi gli chiedeva se li avrebbe fatti. O: “Non mi vedrete mai inseguire la gente con le siringhe!”, come se ci fosse chi lo fa, per giunta. Credo non accada nemmeno nel boschetto di Rogoredo dopo le dieci di sera. Fatto sta che il 10 giugno Meloni ha risposto in tv con poco entusiasmo a chi le chiedeva se si vaccinerà: “Ho prenotato il vaccino” e non si è saputo più nulla. Salvini non si è ancora vaccinato (“La data coincideva con un processo”), Renzi idem (“Non mi sono ancora vaccinato”, diceva pochi giorni fa), e non si sa il perché. E già qui possiamo tirare le prime somme: due segretari di Partiti al governo non sono ancora vaccinati neppure con una dose al 14 luglio, quando la metà Paese lo è già. Quando in Italia è in atto la più importante campagna vaccinale della storia dell’umanità, quando il messaggio del Governo è: vaccinatevi. Sarebbe però scorretto fingere che questa sorta di pudore dei politici nei confronti del tema “vaccino” sia un problema circoscritto a Meloni e Salvini. Tutti i politici o quasi sanno che prendere posizioni nette sull’importanza di vaccinarsi brucia una percentuale consistente dell’elettorato e quindi la maggior parte dei politici a destra e a sinistra ha scelto la via dell’assenso senza fare troppo rumore. Senza eccessiva esposizione. Il vaccino si fa, al massimo si dice, ma possibilmente non si vede. Fateci caso: quante foto di politici che si vaccinano avete visto? Siamo abituati a sorbirci selfie di tutti mentre mangiano, corrono, stirano, leggono e si passano il cotton fioc nelle orecchie, ma di foto con la siringa nel braccio, niente o quasi. La verità è che i grandi assenti in questa enorme campagna di persuasione sono proprio i politici: perfino lo strombazzato spot di Tornatore per la campagna vaccinale è finito presto sotto al tappeto. Le eccezioni (ovvero il selfie mentre si vaccinano) sono rappresentate quasi esclusivamente dai presidenti di Regione, quasi tutti appena rieletti: Stefano Bonaccini (a petto nudo), Attilio Fontana, Vincenzo De Luca, Giovanni Toti, Luca Zaia, Nicola Zingaretti. E alcuni mancano comunque all’appello. I segretari di partito restano i grandi assenti: Enrico Letta si è fotografato davanti al padiglione della Croce Rossa, Carlo Calenda che non ha pudore nel fotografarsi con la maglietta “Piuma o fero”, ci ha fatto sapere che si è vaccinato ma di pubblicare la foto dell’inoculazione evidentemente si vergognava. Delle foto eventuali di Berlusconi non ho notizie. Così come non ce ne sono di Di Maio, Giuseppe Conte, Beppe Sala, Carfagna, Brunetta, Gelmini, Orlando, Franceschini e ministri vari o chiunque mi venga in mente. Per i politici, la foto-vaccino è criptonite. Dovendo scegliere tra ciò che è più utile a loro stessi in termini di comunicazione (evitare la furia no-vax e la possibile emorragia di voti) e quello che può essere più utile per il Paese (fare da testimonial alla campagna vaccinale), scelgono la prima. Tant’è che Draghi e Mattarella, che di voti non ne devono prendere e non rappresentano un partito, la foto negli hub l’hanno fatta. Emblematica la risposta di Salvini, quando gli hanno chiesto se mostrerà la foto mentre si vaccina: “Quella è una cosa personale”. Cioè, le foto mentre dona il sangue disteso sul lettino sì, il vaccino no. La foto con la figlia minorenne sì, col vaccino no. La foto con la vaccinara sì, col vaccino no. Un concetto di “personale” che deve essere frutto di una variante Delta della parola “riservatezza”. La verità è che i veri testimonial spontanei di questa enorme campagna nazionale sono stati personaggi noti e normali cittadini che hanno reso utile e virale la foto mentre si vaccinavano. Se avessimo aspettato il buon esempio dei politici, la fiducia instillata da un loro gesto esibito, la loro volontà di rendersi testimonial di un atto necessario per il bene della comunità, forse avremmo raggiunto prima il ripianamento del debito pubblico che l’immunità di gregge. Perché i numeri dei contagi contano, ma quelli dei sondaggi un po’ di più.

Meloni: mi vaccinerò, se avessi deciso di non farlo lo avrei detto. Ma no al green pass modello Macron. Redazione lunedì 19 Luglio 2021 su Il Secolo d'Italia. Ha fatto tappa a Napoli il tour di Giorgia Meloni per presentare il suo libro “Io sono Giorgia”, giunto già alla tredicesima edizione. Un caso editoriale, che offre alla leader di Fratelli d’Italia anche lo spunto per presentarsi come una persona coerente e determinata. Intervistata dal direttore del Mattino Federico Monga ha parlato del destino della destra e di Fratelli d’Italia, del rapporto con Gianfranco Fini e con Silvio Berlusconi e del futuro del centrodestra.

Il green pass modello Macron è dannoso per l’economia. Sul green pass ha auspicato che il governo non segua la strada del “modello Macron”. “Sarebbe un provvedimento economicida. Mi pare che Repubblica oggi riportasse dati per i quali solo il fatto di aver aperto questo dibattito in Italia ha praticamente fatto fallire la stagione turistica. Vale la pena ricordare – ha aggiunto Meloni – che il green pass in Europa nasceva per favorire la circolazione delle persone, quindi il turismo. Applicarlo per poter partecipare alla vita sociale è una scelta diametralmente opposta”.

Meloni: mi vaccinerò, state tranquilli. Alla domanda sui vaccini ha detto che lo farà, come già affermato in passato. “Se mi vaccinerò? Se avessi deciso di non vaccinarmi lo avrei già detto. Ho detto che mi vaccino, non vi preoccupate”. “Io l’ho detto e lo ripeto – ha aggiunto – sono una persona che, a differenza di quanto trapela da certa stampa interessata, è abituata a sostenere le sue tesi”. 

(ANSA il 19 luglio 2021) Finora Matteo Salvini, leader della Lega, non si è vaccinato: "Io lo farò nei prossimi giorni. La metà dei miei coetanei non si è ancora vaccinata. Quindi io rispetto la fila come tutti gli altri. Io la prima dose l'avrei potuta avere se non fossi stato in tribunale, un lunedì mattina a Cuneo. Purtroppo passo parecchie delle mie giornate nei tribunali e il vaccino non è un legittimo impedimento, quindi ho dovuto rinviare". Salvini, poi ribadisce la contrarietà all'obbligo per gli adolescenti: "Mi sembra giusto mettere in sicurezza genitori e nonni, mi sembra demenziale minacciare, obbligare, costringere e multare i 15enni e i 18enni. Chi parla di Green Pass già per quest'estate per i nostri figli fa un danno enorme ai nostri figli e al sistema Italia, perché nessun ventenne avrà la seconda dose ben che vada prima dell'autunno. Quindi se tu impedisci ai nostri ragazzi di andare a divertirsi quest'estate fai un danno al paese".

Piero Colaprico per “La Repubblica” - ESTRATTO il 19 luglio 2021. Matteo Salvini, la variante Delta sta facendo rialzare nettamente i contagi. Lei ha detto di avere i genitori vaccinati, ma che non vuole vedere suo figlio diciottenne inseguito da una siringa. Come la mettiamo?

«Io mi vaccinerò a breve, come libera scelta, e ho 48 anni. Ieri in Gran Bretagna c'erano 54 mila positivi, ma era stabile il numero dei morti. La variante Delta è contagiosa, rapida, non intasa però ospedali. Infatti in Inghilterra tolgono le restrizioni. Ho appena fatto una riunione in Zoom con Giorgetti, i capigruppo di Camera e Senato, Luca Coletto che segue la sanità, presidenti di Regioni ed enti locali. E la cabina di regia è questa: far di tutto per arrivare alla piena vaccinazione dai 60 anni in su».

E perché?

«Perché i dati dicono che l'85 per cento dei deceduti ha più di 70 anni. E sotto i 60, il tasso di mortalità è inferiore allì'1 per cento. Va insomma completata l'opera egregia del generale Figliuolo, ma non se ne parla di imporre obblighi, specie ai più giovani. Dall'inizio della pandemia, i morti tra i 10 e i 29 anni sono stati 85, vale a dire lo 0,1 per cento». 

 Niente vaccino per i giovani?

«Mettiamo in sicurezza dai 60 in su, da 40 a 59 scelgano, per i giovani non serve. Per di più, se vogliamo il Green Pass per tutti, al momento finiremmo a ottobre, facendo saltare la stagione e le vacanze. Sarebbe devastante. E inutile. » 

Ma sul Green Pass che decisioni prenderà la Lega in Consiglio dei ministri?

«Per andare a San Siro, con 50 mila, o a concerti da 40 mila il Green Pass ha senso, ma sui treni pendolari no, per mangiare la pizza no. Mettiamo in sicurezza genitori e nonni senza punire nipoti e figli. E presto cambieremo il criterio sui colori delle regioni. Su 8 mila posti in terapia intensiva, oggi ne sono occupati 156, in calo rispetto a ieri. Usiamo il modello tedesco, niente Pass, ma buon senso, educazione, regole. In Francia l'hanno reso obbligatorio sia perché la campagna vaccinale aveva difficoltà, sia per il crollo di popolarità di Macron».

Massimiliano Panarari per "la Stampa" il 19 luglio 2021. Uno spettro si aggira per l'Italia. Sarebbe, a detta di Matteo Salvini, quello della «siringa» o del «tampone», che non vuole vedere «all'inseguimento» del figlio diciottenne. E infatti lui, uno dei politici più inclini a documentare comunicativamente ogni momento dell'esistenza a fini di campagna elettorale, non ha ancora fatto sapere la data della sua inoculazione, finendo più volte in contraddizione. Giorgia Meloni ha fatto ricorso all'incredibile argomentazione propagandistica del «liberalismo no vax» quale sedicente rispetto dei diritti umani. E, per restare dalle parti di Fratelli d'Italia, il suo capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida (il quale, pure, ha ricevuto la dose di Johnson, e aveva contratto in passato il Covid-19) si è pronunciato contro la vaccinazione degli under 40. E se ritorniamo nei prati (un tempo di Pontida) della Lega ecco Claudio Borghi apparire come il prototipo della sostituzione dell'issue no euro con quella no vax (anche se la prima non è affatto scomparsa). Il fuoco di fila di queste giornate conferma il fascino indiscreto dell'antivaccinismo a destra. E, dopo i conflitti della settimana passata (dalla Rai ai veti reciproci per le amministrative), evidenzia come la durissima competizione tra Meloni e Salvini si sia estesa anche a questo terreno di consenso. Va detto, a proposito delle paure evocate da Salvini, che il vero fantasma - questo, invece, molto concreto - è quello dell'arcipelago no-vax, che costituisce un grosso problema per la salute pubblica e un ostacolo serio sul piano della stabilizzazione della situazione sanitaria, come testimoniano i dati sulla ripresa dei contagi. L'irresistibile attrazione delle destre per l'antivaccinismo viene dissimulata, in vari casi, attraverso alcune formule linguistiche (come la ricorrente evocazione di una, nella fattispecie, malintesa e strumentale «libertà personale»), oppure all'insegna di un'ulteriore declinazione del «benaltrismo» di cui scriveva ieri Massimo Giannini. E presenta due motivazioni essenziali. La prima è tattica e contingente, e punta a «monetizzare» queste ambiguità in voti sonanti presso l'elettorato no vax e boh-vax. L'intento è, quindi, quello di vellicare un'opinione pubblica in parte disorientata (e che non doveva essere sottoposta al circo Barnum di pareri antitetici messo in scena senza particolare ritegno da qualche virologo troppo mediatico). E, soprattutto, quello di inviare messaggi di sintonia e complicità con la sua robusta componente dichiaratamente o tendenzialmente antivaccinista. Il conflitto politico in epoca postmoderna si è spostato sempre di più nell'ambito della life politics e della biopolitica (o, in questo caso, della immunopolitica), di cui le tematiche sanitarie come la vaccinazione costituiscono un chiaro esempio. E nella crisi della rappresentanza e delle strutture dei partiti, con l'elettorato volatile, i gruppi single-issue organizzati intorno a un tema o un interesse (come i gruppi no vax) identificano delle constituency elettorali piuttosto solide, in grado di apportare dei consensi sicuri. La seconda ragione della propensione delle destre italiane verso l'antivaccinismo è ideologica, e le accomuna a tutte le forze populiste anche di matrice differente - e, difatti, anche il Movimento 5 Stelle continua a mantenere una tendenziale ambivalenza di fondo e a flirtare con l'elettorato dubbioso o contrario alla vaccinazione. Si tratta del coacervo di motivi di ispirazione antiscientista, direttamente irrazionalista e complottista che costituiscono un nocciolo duro (e un grumo nero) delle formazioni populsovraniste le quali, essendo contraddistinte da un'«ideologia leggera» e alquanto flessibile, nel corso degli ultimi due decenni hanno ampiamente accolto tutte le suggestioni no vax. Ed è un grande problema. Perché la scelta «senza se e senza ma» della vaccinazione rappresenterebbe, al contrario, una prova di maturità - e, dunque, di responsabilità - anche nella direzione della riconfigurazione di un centrodestra di governo. E dire che quel destracentro che invocava (anche forzatamente) il ripristino della normalità durante il governo Conte 2 dovrebbe, invece, avere ben chiaro che essa necessita del mantenimento dei contagi sotto la soglia di controllo. O, se non altro, dovrebbe tenere conto del fatto - come documentava nel suo ultimo sondaggio per La Stampa Alessandra Ghisleri - che anche una maggioranza degli elettori di Lega e FdI risulta favorevole a un pass sanitario obbligatorio.

Valeria Forgnone per repubblica.it il 18 luglio 2021. "Io non sono no vax, i miei genitori di 75-76 anni sono vaccinati due volte, tranquilli e sicuri", dice Matteo Salvini dal gazebo del referendum della giustizia a Jesolo lido. Ma "mi rifiuto di vedere qualcuno che insegue mio figlio che ha 18 anni con un tampone o con una siringa. Prudenti sì, terrorizzati no". È dunque a favore dei vaccini il leader leghista ma anche per la libertà di tutti, compresa quella di suo figlio diciottenne. "La variante Delta è più contagiosa ma non fa più morti. Ci dovremo convivere con questo virus, come conviviamo con tanti altri virus, senza star chiusi in casa ma prendendo tutte le precauzioni del caso. Questa è la posizione della Lega. Tuteliamo gli anziani ma lasciamo i ragazzi liberi di divertirsi nel rispetto delle regole. Non voglio sentir parlare di chiusure, coprifuoco, zone rosse, arancioni", ribadisce. Sempre dal centrodestra anche il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida, 49 anni vaccinato con Johnson dopo avere preso il Covid, si dice contrario ai vaccini per chi ha meno di 40 anni e consiglia di farlo agli over 50. "Tra i 40 e 50 bisogna riflettere bene, io stesso ho riflettuto moltissimo. Le vaccinazioni non garantiscono dall'infezione", dice in una intervista a Repubblica. E inizia a montare la polemica. Si fa sentire tra i primi, Andrea Romano, deputato del Pd: "La faida tra la Lega e Fratelli d'Italia è una gara a chi è più No Vax. E tutto avviene sulla pelle degli italiani, dei più fragili, di tutti noi - scrive su Twitter - Un vero spettacolo di irresponsabilità", aggiunge Romano con l'invito conclusivo a vaccinarsi tutti. Salvini si è schierato subito contro il Green Pass in Italia sul modello francese. "È fuori discussione", ha detto qualche giorno fa dopo l'incontro a Chigi con il premier Draghi. E ora commenta: "Leggevo di multe di 400 euro, se uno deve fare il green pass per andare a prendere il caffè in piazza Mazzini...intanto ne sbarcano a carrettate in Sicilia senza green pass. Quindi, prudenti, ma senza vivere da segregati in casa". Sul green pass "la nostra posizione è chiara: bisogna essere attenti e prudenti perché quella brutta bestia del virus non è ancora stata sconfitta" ma "lasciamo lavorare la gente in sicurezza. Qualcuno già parla di zone gialle, arancioni, rosse a luglio ad agosto. Garantiamo i vaccini a tutti i 70-80enni ma non possiamo condannare i ragazzi che hanno sofferto alla paura a vita", commenta. Dal Covid al prossimo governo. "Possono tirarla per le lunghe ma prima o poi ci richiameranno a votare" e allora "un governo di centrodestra, liberale e moderno con la Lega alla guida avrà nell''autonomia e nel taglio delle tasse due priorità", dice Salvini che torna anche sul ddl Zan che martedì torna in Senato. "Chiediamo al Pd di ascoltare, ascoltare l'appello del Santo Padre, di educatori, associazioni e famiglie. Mettiamoci d'accordo e non andiamo allo scontro in aula". La risposta di Enrico Letta, segretario dem, arriva dalle pagine di Repubblica: "Il Pd su questo tema vuole discutere con persone che hanno una sola faccia. Non trovo sia serio appoggiare le iniziative anti-Lgbtqi+ di Orban in Europa e poi disinvoltamente proporsi per una trattativa a difesa di quella comunità a livello italiano. Se vuole confrontarsi con noi sulla Zan rinneghi pubblicamente le norme anti-Lgbtqi+ approvate in Ungheria". Ma Salvini insiste: "Noi martedì in Senato, dove c'è ancora questo ddl Zan che la sinistra da un anno porta avanti, ribadiremo che siamo assolutamente d'accordo nel punire chi offende, aggredisce, discrimina. Ognuno ama chi vuole e fa quello che vuole e lo Stato non deve entrare in camera da letto. Però togliamo da quella legge l'utilizzo dei bambini. L'educazione dei bimbi di 6 anni spetta alla mamma e al papà non allo Stato o alle associazioni - aggiunge - uno dei più grandi pensatori della sinistra italiana, Fedez, su Instagram ha detto che i bimbi devono essere liberi e che, se non si sentono bene nel loro corpo, devono essere aiutati nella transizione sessuale. A 7 anni? I bimbi da grandi penseranno alla transizione, ma a 7 anni devono giocare e guardare i cartoni animati". Salvini poi sottolinea che "è una sinistra particolare questa. Una volta si occupava di lavoro, siamo passati da Berlinguer a Fedez. Adesso abbiamo passato un anno a parlare di calcio con Letta che chiedeva ai giocatori della Nazionale agli Europei di inginocchiarsi. Ma tu lasciali giocare e restare in piedi".

Il Pd a caccia di politici "disertori" (ma solo se sono di centrodestra). Pasquale Napolitano il 21 Luglio 2021 su Il Giornale. Letta e soci "dimenticano" di chiedere a Raggi e Di Maio. E Conte rompe il silenzio: "In attesa della seconda dose". La sinistra strabica scova no vax solo tra le fila del centrodestra e maschera i «disertori» (copyright di Zingaretti) nel proprio schieramento. Lo sport preferito del Pd è la battaglia ingaggiata contro gli obiettori del vaccino. Ma solo se arrivano da destra. Raggi? Conte? Quando e dove hanno fatto il vaccino? Un imbarazzato Enrico Letta glissa e sfugge alla risposta. Ci pensa Carlo Calenda, candidato sindaco di Roma per il partito Azione, a sollevare il caso Raggi: «Sei vaccinata o no?», chiede l'ex ministro su Twitter. Il sindaco scappa e non risponde. Poi ammette di non essere vaccinata. Affidando la risposta a Repubblica: «Dopo aver contratto il virus ha seguito il protocollo. Ha gli anticorpi ancora alti. Segue, come chiunque, i consigli del medico rapportati alla propria condizione clinica», spiegano dal Campidoglio. E «Giuseppi» Conte? Altro mistero (poi svelato). Il leader in pectore del M5S non si è ancora vaccinato? Enrico Letta, segretario del Pd, impegnato nella battaglia contro Salvini sul tema della vaccinazione obbligatoria, glissa e non risponde alla domanda sull'alleato. L'imbarazzo di Letta, ripreso in video, diventa virale grazie al deputato di Italia Viva Luciano Nobili. A fugare i dubbi arriva, dopo giorni di silenzio, il diretto interessato: «Sono vaccinato si. Tra qualche giorno faccio il richiamo. Se necessario lo faccio senz'altro per promuovere e orientarli in questa direzione», dice a chi gli fa notare che non ha fatto pubblicità al momento. «Su queste cose non scherziamo. La vaccinazione non serve solo a noi stessi ma anche a proteggere gli altri», precisa l'ex premier alle telecamere del fattoquotidiano.it e di Fanpage. La caccia ai no vax tra i politici prosegue e sbarca in Parlamento. «Il presidente della Camera Fico valuti di pubblicare l'elenco dei deputati che, volontariamente, dichiarano l'avvenuta vaccinazione», chiede il parlamentare renziano Michele Anzaldi. Mentre al Senato è l'ex capogruppo del Pd Andrea Marcucci a sollevare il caso: «Sul fatto di essere vaccinati abbiamo il dovere di essere di esempio, chiedo alla presidenza un intervento ai questori sulle nuove regole, anche in vista della green card. Dobbiamo essere conseguenti». Dai banchi della presidenza replica il meloniano Ignazio La Russa: «Io le dico che sono vaccinato, a caldo la mia idea sarebbe di mettere i non vaccinati nella parte alta, con la mascherina e distanziati». Si infila nello scontro il governatore del Veneto Luca Zaia che suggerisce: «Se sei contro i vaccini non devi andare a fare il medico». A infiammare lo scontro politico su vaccini e green pass, è stato il segretario del Pd Nicola Zingaretti, famoso per lo spritz sui Navigli a Milano in piena pandemia, che punta il dito contro Salvini: «Invitare i giovani a non vaccinarsi è grave. Le parole di Matteo Salvini secondo cui vaccinare i giovani non serve e secondo cui è demenziale minacciare con l'ago un diciottenne, rappresentano una vera e propria vergogna - attacca dalle pagine del Corriere della Sera. La risposta del leader della Lega arriva a stretto giro: «Gli scienziati consigliano il vaccino anti Covid sopra una certa età e lo sconsigliano al di sotto di una certa età. Che a sinistra qualcuno utilizzi la salute per fare polemica mi sembra veramente squallido. Porterò gli studi scientifici a Zingaretti». La polemica si sposta sul Green Pass. La Lega frena. Forza Italia è per il sì: «Il Green Pass va utilizzato per consentire l'accesso del pubblico a spettacoli, manifestazioni sportive, matrimoni o comunioni che si svolgano al chiuso. Il Green Pass è necessario per evitare la chiusura dei locali», commenta in conferenza stampa Antonio Tajani. Dopo le polemiche, il premier Draghi tirerà le somme, varando in consiglio dei ministri (tra oggi e domani) il decreto con le nuove misure anti-Covid. Pasquale Napolitano

Gianluca Nicoletti per "la Stampa" il 21 luglio 2021. La prova del vaccino è diventata il segno di un'appartenenza politica. Sarebbe già un'assurdità che ancora resista un «pensiero magico» basato su narrazioni che affondano le loro radici in epoche ben lontane dall'attuale. Quello che risulta veramente comico è osservare che un'azione così semplice come il vaccinarsi sia percepita quasi come un rito iniziatico, una prova di affiliazione, la marchiatura di un'appartenenza quando tracima dalla pratica di comuni cittadini a quella dei rappresentanti delle istituzioni, di parlamentari, di donne e uomini della scena politica nazionale. In realtà già tutta la pandemia e il suo indotto hanno costituito un terreno fertile per una contrapposizione di vecchia matrice, che si è rinnovata sotto nuove fantasiose rappresentazioni. I corvi fiancheggiatori dei segregazionisti sono stati smascherati dagli aperturisti, che non vogliono essere chiamati negazionisti perché si sa che ricorda scenari troppo atroci per chiunque, di fatto però sono convinti che si stia esagerando con l'allarmismo e quindi sono tendenzialmente degli sdrammatisti semplicisti influenzisti, che vorrebbero smascherare i perfidi terrorizzisti che mirano a soffocare i libertisti, persino nelle loro declinazioni più ludiche di movidisti, apericenisti, discotechisti. Possiamo procedere ancora a lungo a coniare neologismi, che rispondono comunque ognuno a una battaglia ideologica realmente intrapresa, con la massima serietà e in varie forme, animando per mesi, attraverso suggestivi «vox populi», veementi zuffe verbali in una gran parte dei talk show televisivi a tema Covid. È senz' altro vero che nelle ultime ore l'attenzione dei media si sia spostata nel fare la conta dei leader non vaccinati, o reticenti all'ammetterlo, o titubanti fino alla supercazzola per barcamenarsi senza correre il rischio di scontentare una parte del loro consenso. Difficile capire come è cominciata la caccia del no vax nascosto, di fatto l'apoteosi scellerata è comparsa ieri nel tweet del deputato leghista Claudio Borghi, con un articolato pensiero che merita esegesi del testo: «Terzo giornalista che mi chiede se sono vaccinato. Finora sono stato gentile al prossimo parte il vaffanculo e la cancellazione dalla lista dei contatti». È un chiaro ammiccare alla generazione «Buongiornissimo Kaffè!» dei maturi frequentatori di social che ogni giorno minacciano «pulizia kontatti». Nel seguito del social messaggio Borghi poi fornisce il suo capolavoro rievocando pregiudizi seppelliti dagli anni 90: «Perché questi eroi la prossima volta che intervistano un LGBT non gli chiedono se è sieropositivo e se fa profilassi?». Riuscendo a strizzare l'occhio anche a chi teme che il ddl Zan possa preparare il terreno allo sterminio degli eterosessuali doc. È pur vero che ancora non sia dimostrato se anche Matteo Salvini abbia sottratto il braccio al «Pic Indolor» per rispetto dei turni di priorità, come lui afferma, o per non urtare quello zoccolo sovranista antiscientista che ancora impugna calamite per cercare il microchip attivabile con il 5G che ci renderà tutti sudditi di Bill Gates, o di qualche malvagio che complotta nell'ombra. Come è pur vero che Giorgia Meloni, messa alle strette a margine della presentazione del suo libro all'Arenile di Bagnoli, ha praticamente detto di non preoccuparsi che lei si vaccinerà... Siccome è tosta se non avesse voluto vaccinarsi l'avrebbe detto, anche se di fatto però non l'ha ancora fatto. Chi ama esprimere un giudizio affrettato potrebbe quindi affermare che oggi il vaccino discrimina il collocarsi a destra piuttosto che a sinistra. Classificando, di contro, una sfilza di avambracci denudati e immortalati che si offrivano impavidi al dardo vaccinatore, per poi ostentare il selfie con il cerottino con la stessa fierezza che animava gli studenti tedeschi di un secolo fa, quando si affettavano la faccia incrociando le lame nella virile prova del Mensur. Il capostipite fu Vincenzo De Luca che, sfidando ogni priorità per sanitari e anziani, bruciò tutti sui tempi producendosi in anteprima con la manica della camicia arrotolata sin dalla prima giornata di vaccinazione a fine di dicembre. Per l'occasione aveva allestito un set vagamente imbarazzante, per conferire rango di solennità alla scena dietro alla sua testa spuntava una pianta simile al ficus fantozziano. In completa antitesi al governatore della Campania la sindaca capitolina Virginia Raggi. Ancora oggi tergiversa sul suo non essersi ancora vaccinata, nascondendosi dietro alla giustificazione ufficiale del suo staff: «Dopo aver contratto il virus ha seguito il protocollo. Ha gli anticorpi ancora alti». Si immagina che probabilmente si vaccinerà quando le si abbasseranno gli anticorpi, quanti prelievi dovrà fare nel frattempo? Quanti buchi su quel braccio le imporrà il protocollo prima di dare l'ok al vaccino? C'è molta confusione in realtà, se volessimo fare liste l'incertezza impedirebbe una corretta classificazione tra rappresentanti dell'orgoglio vaccinista e cripto novax. Spesso lo zelo dei classificatori di noti vaccinati ha creato infami sospetti: per qualcuno non è una prova che Enrico Letta si sia fatto fotografare dallo sterno in su e con la giacca, davanti alla tenda della Croce Rossa annunciando l'avvenuto vaccino. Altri incorrono, per fretta o approssimazione, in singolari equivoci; Nicola Zingaretti sembrava addirittura essersi vaccinato per il Covid tre volte, oltre ogni limite umano. In realtà la trimurti iconografica del suo braccio trafitto era una impropria raccolta di immagini scattate rispettivamente durante la campagna vaccinazioni dell'influenza stagionale, del 2015, 2018 e 2019. Di certo sappiamo solo che il Presidente Mattarella si sia vaccinato, a lui dobbiamo l'iconica istantanea del 9 marzo che ne suggellò l'esempio istituzionale; il Capo dello Stato si fece immortalare insieme ad altri anziani nella sala dedicata dello Spallanzani di Roma. Suo malgrado però creò anche un format; solo due settimane dopo anche Mario Draghi si produsse in una location simile, persino lievemente più pop come l'hub di Roma Termini, anche lui a dimostrare che nell'incombere della salvifica siringa non ci si rifugia in un privè se si vuole essere d'esempio.

Mattia Feltri per “La Stampa” il 22 luglio 2021. Tre anni e mezzo fa, all'esordio da presidente della Camera, quando colmò in autobus la distanza fra la stazione Termini e Montecitorio, Roberto Fico sublimò la dozzinale dottrina della parificazione fra parlamentare e uomo della strada. Gli si spiegò, col garbo dovuto ai ragazzi un po' sciamannati ma non sciocchi, che i rappresentanti del popolo necessitano di tutele ulteriori non in garanzia di sé ma degli interessi del popolo da cui sono stati scelti. Un'auto blu e una scorta non sono un privilegio, sono la tutela assicurata dallo Stato, in nome del popolo, a un alto rappresentante delle istituzioni, a un uomo che conta di più soltanto, e non è poco, per i doveri pubblici ai quali è chiamato. Si era fiduciosi ma francamente non si sperava in un risultato spettacolare al punto che il privilegio sarebbe stato offerto a noi, quello di vedere Fico all'Olimpico per la partita dell'Italia con nove agenti di scorta. Nove. Per carità, qui si sarebbe pure per la reintroduzione dell'immunità parlamentare, figuriamoci se ci si lamenta. Però, nove Vabbè. Meglio così. Fico oggi è perfetto. Sembra un Casini che non si rade: va alle parate militari, omaggia i grandi della Terra, non sbaglia un colpo. Ieri, per esempio, gli hanno chiesto se il green pass sia applicabile pure in Parlamento. In fondo si sta discutendo se renderlo obbligatorio per entrare al ristorante, in discoteca, persino sui tram e in metropolitana. E sapete che ha risposto? La questione non esiste, ha risposto: non si può chiedere a un parlamentare se si è vaccinato o no. Al popolo sì, ai parlamentari no. Caro Fico, sa come si dice a Torino? Esageruma nen.

Fabio Savelli e Giuseppe Alberto Falci per il "Corriere della Sera" il 21 luglio 2021. In Senato Andrea Marcucci, ex capogruppo del Pd, fa la sua proposta: «Visto che sull'essere vaccinati abbiamo il dovere di dare l'esempio, chiedo un intervento ai questori su quali siano le nuove regole, anche in vista della green card». Mentre Marcucci parla, Ignazio La Russa presiede l'assemblea di Palazzo Madama. Il colonnello di Giorgia Meloni in Senato gli risponde dallo scranno più alto: «Io le dico che sono vaccinato, a caldo la mia idea sarebbe di mettere i non vaccinati nella parte alta dell'emiciclo, con la mascherina e distanziati». E se tutto questo succede nel corso di una seduta parlamentare, dentro e fuori il palazzo si discute su quanti politici risultano essere immunizzati. E su quanti ancora si mostrano dubbiosi. Alcuni procrastinano la decisione di effettuare l'iniezione a data da destinarsi, anche per ammiccare al mondo no vax. Claudio Borghi, euroscettico del leghismo, prende di mira i cronisti che lo incalzano: «Terzo giornalista che chiama per sapere se sono vaccinato. Perché questi eroi la prossima volta che intervistano un Lgbt non gli chiedono se è sieropositivo e se fa profilassi?». Spara ad alzo zero: «Stiamo andando verso una deriva pericolosa, sto vedendo nascere le stesse dinamiche mosse contro gli ebrei». Ma alla fine Borghi si è vaccinato? Risposta inevasa. Gianluigi Paragone, ex grillino, oggi senatore del Misto, è netto: «Non mi vaccino. Ho avuto il Covid, la memoria degli anticorpi non me la dà un atto burocratico». In casa leghista altri indecisi. Come Massimiliano Romeo, capogruppo in Senato. O ancora, Simone Pillon che la mette così: «Mi fa piacere che tutti siate attenti alla mia salute. Mi sono riservato di valutare la cosa assieme al mio medico». Posizione non dissimile per Giovanbattista Fazzolari, senatore meloniano: «Penso che un cittadino non sia tenuto a rendere nota la cartella clinica». Poi, certo, ci sono i vaccinati. Il premier Mario Draghi ha completato le due dosi un mese fa. Come del resto la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese e il titolare dell'Economia Daniele Franco. Mariastella Gelmini ha completato il ciclo con Pfizer la scorsa settimana. Giancarlo Giorgetti ha fatto Moderna. Come il collega di partito Massimo Garavaglia, ministro del Turismo. Mara Carfagna, ministra del Sud, è a metà percorso, farà la seconda dose fra 7 giorni. Marta Cartabia ha preferito il monodose J&J quando era ancora possibile. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, due dosi alla Spezia, dove vive. Vittorio Colao (Innovazione e Transizione digitale) in ossequio alla sua cifra di innovatore ha il green pass sull'app Io. Renato Brunetta (Pubblica amministrazione) è immunizzato e tifa per l'estensione del green pass. Domani in Consiglio dei ministri forse si parlerà dell'obbligo vaccinale per il personale scolastico. Maggioranza bulgara di sì vax. Tra qualche giorno il presidente in pectore dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, farà il richiamo. «Non ho pensato a fare foto, ma se fosse necessario per orientare in questa direzione lo farei». Lo ha fatto Enrico Letta, segretario del Pd, che ha pubblicato sui social un autoscatto davanti a un hub: «Stamani mi sono vaccinato». Anche Peppe Provenzano, classe '82, il suo vice, ha mostrato il selfie: «Vaccinarsi è un dovere, bello e giusto da dichiararsi». Beppe Grillo, contattato, ha preferito non esprimersi. In settimana Luigi Di Maio farà la prima dose con Pfizer. Mentre Vito Crimi ha completato il ciclo con Pfizer. Stesso discorso per il vicepresidente azzurro Antonio Tajani: doppia iniezione di Pfizer. Giorgia Meloni, leader di FdI, ha ribadito che «si vaccinerà» ma non lo ha ancora fatto. Attendista. Come Matteo Salvini: «Lo farò nei prossimi giorni». Matteo Renzi punzecchia il leader della Lega e intanto invita gli under 40 a coprirsi. Carlo Calenda è immunizzato e ha invitato la sindaca di Roma, Virginia Raggi che compete con lui alle amministrative, a venire allo scoperto. La senatrice leghista Giulia Bongiorno ha fatto solo una dose: «Perché ho avuto il Covid, ho 6.670 di carica anticorpale, la più alta del Parlamento».

Gianfranco Ferroni per “Il Tempo” il 23 luglio 2021. Tutti a chiedere al leghista Claudio Borghi se ha fatto il vaccino, e l’interessato si inalbera. E non ha torto: nessuno va a porre la stessa domanda agli alti esponenti della magistratura, per esempio. Non mancano i no-vax, anche tra i giudici, ma questi non si espongono pubblicamente affermando che “la privacy va difesa a tutti i costi, senza dimenticare che è vietata la diffusione di informazioni sensibili riguardanti la salute”, minacciando azioni civili e penali a coloro che sveleranno i nomi delle toghe non vaccinate. E di contrari alle inoculazioni ce ne sono molti pure tra gli avvocati. Come andrà a finire? A tarallucci e vino, perché per entrare nei tribunali il green pass non servirà. 

Variante Delta, il Green pass non servirà nei tribunali. La soffiata sui giudici no vax. Libero Quotidiano il 23 luglio 2021. La Casta dei magistrati vince anche su Variante Delta e Green pass. a Rivelarlo è Gianfranco Ferroni nella sua sua piccante "Veleni in piazza", la rubrica sul Tempo. Lo spunto di partenza è la polemica violentissima (e molto strumentale) su Claudio Borghi, che pochi giorni fa aveva paragonato la questione vaccini al Ddl Zan. "Terzo giornalista che chiama per sapere se sono vaccinato. Finora sono stato gentile, al prossimo parte il vaffanc***o e la cancellazione dalla lista dei contatti  -si scatenava sui social il deputato della Lega -. Perché questi eroi la prossima volta che intervistano un LGBT non gli chiedono se è sieropositivo e se fa profilassi?". "Tutti a chiedere al leghista Claudio Borghi se ha fatto il vaccino, e l'interessato si inalbera. E non ha torto - rivela Ferroni -: nessuno va a porre la stessa domanda agli alti esponenti della magistratura, per esempio. Non mancano i no-vax, anche tra i giudici, ma questi non si espongono pubblicamente affermando che «la privacy va difesa a tutti i costi, senza dimenticare che è vietata la diffusione di informazioni sensibili riguardanti la salute», minacciando azioni civili e penali a coloro che sveleranno i nomi delle toghe non vaccinate. E di contrari alle inoculazioni ce ne sono molti pure tra gli avvocati. Come andrà a finire? A tarallucci e vino, perché per entrare nei tribunali il green pass non servirà". E chi accusa Matteo Salvini di non comunicare dove, come e quando si vaccinerà, pretendendo anche una foto con siringa nel braccio per testimoniare di non essere no vax, ovviamente non alzerà un sopracciglio.

Ancora troppe diserzioni. Vaccino obbligatorio, perché sono stati respinti tutti i ricorsi dei medici no-vax: così vince l’interesse collettivo. Guido Neppi Modona su Il Riformista il 24 Agosto 2021. Non avrei pensato che si sarebbe arrivati in tempi così ravvicinati a discutere dell’obbligo generalizzato di vaccinazione contro il coronavirus nei confronti degli over 50 e forse anche degli over 40. Se ne parla ormai quotidianamente perché da un lato i numeri sulla diffusione della pandemia, specie in alcune regioni quali la Sicilia e la Sardegna, continuano a essere assai inquietanti, dall’altro sono più di quattro milioni gli ultra cinquantenni non vaccinati. Quattro milioni di persone, dunque, a forte rischio di essere contagiate dalla variante Delta e di essere a loro volta diffusori del contagio. Ho avuto occasione di parlare con alcuni rappresentanti di questo esercito di refrattari al vaccino (chiarisco che non mi riferisco ai c.d. complottisti, che negano addirittura l’esistenza della pandemia e sostengono che siamo vittime di un complotto che mira a instaurare una dittatura sanitaria per privarci di fondamentali diritti costituzionali di libertà). Mi riferisco a persone normali, che ritengono che l’efficacia del vaccino non sia ancora sufficientemente sperimentata, che non si conoscono gli effetti negativi che potrebbero conseguire alla vaccinazione, che non credono alla veridicità dei dati relativi alle altissime percentuali dei contagiati ricoverati in terapia intensiva o negli appositi reparti ospedalieri che risultano non vaccinati. Mi sembrano giustificazioni futili, perché non vi può essere precedente sperimentazione di un vaccino nei confronti di un contagio che si presenta per la prima volta nella storia dell’umanità, e anche perché i casi di reazioni negative riconducibili al vaccino sono rarissimi e comunque di scarsa rilevanza. Giustificazioni che dovrebbero comunque cedere di fronte alla constatazione – ce lo ha ricordato proprio l’altro ieri il presidente della Repubblica con un accorato appello – che la vaccinazione di massa è l’unico rimedio per contrastare e vincere la pandemia. Il rifiuto del vaccino assume aspetti particolarmente inquietanti nei confronti di due categorie professionali che svolgono rispettivamente attività a contatto con i giovani (gli insegnanti) e con persone che hanno problemi di salute (medici e operatori sanitari). Tra i primi, a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, sono ben 186.571, pari al 12.82%, quelli non vaccinati; nei confronti dei medici già vige l’obbligo di vaccinazione, con conseguente sospensione dall’esercizio della professione in caso di inottemperanza all’obbligo, ma sono decine di migliaia i ricorsi ai Tar di varie regioni già presentati o in corso di presentazione contro i provvedimenti di sospensione. I ricorsi sinora giudicati sono stati respinti, ma sono comunque il segnale di una agguerrita resistenza contro un obbligo vaccinale indispensabile nei confronti di una categoria di professionisti chiamati ad operare a stretto contatto con i pazienti. Il quadro che emerge dagli oltre 4 milioni di ultracinquantenni non vaccinati, dagli oltre 186.000 insegnanti e dalle decine di migliaia di medici e operatori sanitari non vaccinati che ricorrono contro i provvedimenti di sospensione dall’esercizio della professione è assai desolante. Quanto ai primi, emerge che un numero assai consistente di cittadini indifferenziati – accomunati solo dall’avere un’età superiore a cinquanta anni – rifiutano di sottoporsi a un atto di responsabilità e di solidarietà sociale indispensabile per contrastare il diffondersi del contagio, chiudendosi in un’egoistica e individualistica indifferenza rispetto alla collettività in cui vivono. Quei quattro milioni di persone presumibilmente non sono consapevoli di violare un inderogabile dovere costituzionale di solidarietà sociale in tema di tutela della salute, che la Costituzione definisce appunto come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Al riguardo la stessa Costituzione prevede che la legge possa disporre l’obbligo di un determinato trattamento sanitario – nel nostro caso la vaccinazione – a tutela non solo del singolo, ma anche nell’interesse della collettività. Interesse che certamente prevale su un supposto diritto di libertà dell’individuo di sottarsi alla vaccinazione. Ancora più negativi sono gli atteggiamenti dei due ceti professionali degli insegnanti e dei medici. I primi dovrebbero costituire per i giovani loro affidati modelli non solo di cultura, ma dei valori di responsabilità e solidarietà sociale, a cui si sottraggono con il rifiuto della vaccinazione. Per fortuna, pare che proprio tra i loro giovani allievi tra i 12 e i 19 anni la percentuale dei vaccinati sia molto alta. Quanto ai medici, non solo il rifiuto di vaccinarsi viola un obbligo previsto da un’apposita legge, ma si pone in contrasto con la deontologia professionale, posto che i contatti necessariamente ravvicinati con il paziente potrebbero esporlo al rischio di essere contagiato dal medico non vaccinato. La risposta a questi vari aspetti della scarsa sensibilità nell’adottare volontariamente l’unica valida misura per contrastare la diffusione del contagio non può essere che una legge che introduca l’obbligo generale di vaccinazione, accompagnato evidentemente da necessari e stringenti controlli sanitari volti a verificare le specifiche situazioni individuali di incompatibilità con il vaccino. Più rapidi saranno i tempi per raggiungere l’accordo su questa legge e più in fretta riusciremo a riappropriarci di libere e normali condizioni di vita. Guido Neppi Modona

DAGONOTA il 19 luglio 2021. A che punto sta Giuseppe Conte con il vaccino? L’ex premier, a quasi 57 anni, avrebbe dovuto aver già fatto entrambe le dosi. Ma sulle sue vaccinazioni si hanno poche e scarse notizie: pare che si sia fatto una prima dose il 12  luglio (dove e in che forma?) ,  comunque piuttosto tardino rispetto alla sua fascia di età. La domanda è: come  mai l’ex premier è così in ritardo ? Eppure è da un po’ che non sta più a Palazzo Chigi: di tempo ne dovrebbe avere...

Da ilfattoquotidiano.it il 23 luglio 2021. “A me interessa non rovinare la vita di milioni di italiani che ancora non sono coperti dal vaccino. Molti non possono farlo, per motivi di salute. Complicare la vita a queste persone con l’obbligo del Green pass? Non scherziamo. Non possiamo fermare a metà luglio una stagione turistica che sta faticosamente ripartendo. Soprattutto in un momento in cui, anche se risalgono i contagi, le terapie intensive restano quasi vuote”, parole di Matteo Salvini dette ad Agorà su RaiTre. Che il leader della Lega si sarebbe vaccinato lo aveva detto lui stesso dopo un comizio a Napoli a sostegno del candidato sindaco Maresca. Ma che poche ore dopo le parole pronunciate sulla Rai (e le parole del premier Draghi) postasse una foto con quello che parrebbe un Green Pass in bella vista, ha fatto ‘scatenare’ e non poco gli utenti di Twitter. Salvini si mostra sorridente, un caffeuccio, frase d’ordinanza (“Salute, lavoro e libertà devono stare insieme. A volte nei palazzi della politica combattiamo da soli, ma il sostegno di milioni di Italiani ci regala forza e coraggio. Vi si vuole bene Amici), emoji della faccia con le guance rosse e sul tavolo mascherina sistemata sopra ad alcuni fogli. Gli utenti del social non hanno dubbi: quel QR Code è un Green Pass. “Matteo, quello è il QR Code del ristorante?” “Se è il ristorante della Regione Lombardia…”, “Matteo cos’è quel foglio lì?”, “Cos’è questa timidezza? Non ci dici che ti sei vaccinato?”. “Non è lì per caso”, “La foto sembra studiata ad arte con tutti i pezzetti al posto giusto”, sentenzia qualcuno. In molti ripropongono un tweet del leader del Carroccio datato 13 luglio: “Vaccino, tampone o green pass per entrare in bar e ristoranti? Non scherziamo” e aggiungono “Si scherzava”. E ancora, c’è chi commenta “fa tamponi tutti i giorni, come tutti i politici”, “mica è detto che sia il suo”. Sempre secondo alcuni utenti del social, Salvini si troverebbe nel bar della Fabbrica del Vapore, hub vaccinale milanese.

Da rainews.it il 23 luglio 2021. Matteo Salvini si è vaccinato contro il Covid a Milano. Il segretario leghista si è sottoposto alla somministrazione della prima dose di vaccino, stando a quanto apprende l'Agi da fonti qualificate. Salvini aveva rinviato il primo appuntamento con la vaccinazione fissato il 28 giugno per testimoniare nell'udienza del processo per diffamazione che lo vede come parte civile contro Carlo De Benedetti, ex editore del gruppo L'Espresso. A maggio del 2018 l'ingegnere parlò del capo della Lega al Festival della tv e dei nuovi media a Dogliani, rispondendo alle domande di Lilli Gruber: disse che "era il peggio" e lo definì "antisemita e xenofobo". Il post su Instagram con il Qr code A suggerire che Salvini possa essersi vaccinato è stato stamane un post su Instagram: Matteo Salvini che prende un caffè, in basso a destra un foglio dove si notano un Qr code e il logo di Regione Lombardia. Nell'immagine un bar che sembra quello della "Fabbrica del Vapore", uno degli hub vaccinali più importanti di Milano. Il leader della Lega, dopo settimane di tira e molla si è dunque vaccinato? Una fonte vicina al capo del Carroccio, interpellata dalla "Dire", sibila che "potrebbe averlo fatto", senza aggiungere altro e trincerandosi dietro la privacy sanitaria. Difficile avere conferme ufficiali, se non saranno fornite dal leader della Lega in persona. In Regione Lombardia la tenuta degli elenchi (peraltro sempre coperta da privacy) è di pertinenza di Poste italiane, che poi trasmette alle singole Asst, (aziende socio sanitarie territoriali) i nominativi di chi si sottopone all'iniezione giorno per giorno. L'Asst competente per la Fabbrica del Vapore è la Fatebenefratelli-Sacco. 

“Libertà a non vaccinarsi è sacra”. La Lega “no-vax” replica a Draghi. Dopo le durissime parole del premier Draghi: "L'appello a non vaccinarsi è un appello a morire", arriva la replica di Salvini, Zaia e Pillon sulla libertà di scelta. Il Dubbio il 23 luglio 2021. “L’obiettivo di tutti, mio come di Draghi, è salvare vite, proteggere gli italiani, la loro salute, il loro lavoro, la loro libertà. Fondamentale mettere in sicurezza gli anziani, i nostri genitori e i nostri nonni, senza penalizzare, rinchiudere o multare i figli e i nipoti”. Il leader leghista Matteo Salvini non deve aver preso benissimo le parole con cui Draghi, giovedì sera, ha liquidato gli scettici dell’obbligo vaccinale : “L’appello a non vaccinarsi – ha detto il premier – è un appello a morire”. Salvini poi ha minimizzato la portata della nuova ondata: “Anche oggi in Italia, come nei giorni passati, il numero di ricoverati in terapia intensiva è sotto controllo, 158 (col 98% dei letti vuoti) a fronte dei 385 di un mese fa – tiene a far notare -. Bene, avanti così. Gli italiani, come sempre, si stanno dimostrando un grande popolo, e per loro come per me il principio guida è uno: la libertà”. E accanto al leader leghista si sono schierati il governatore Zaia e il deputato Pillon. Zaia ha chiarito: Io penso che il modello francese non sia applicabile perché introduce di fatto in maniera lapidaria l’obbligo vaccinale e a me sembra di aver capito che non è obbligatorio quindi difenderò la libertà di tutti. Prendo atto che è stato esteso in maniera importante l’uso del green pass. Il tema oggi allora è un altro: siamo in grado di garantire i vaccini?”. E Pillon: “È giusto informare correttamente le persone e invitarle a vaccinarsi, ma non si possono costringere le persone a vaccini che sono ancora nella fase sperimentale”.  Sul fronte provax registriamo il sentito ringraziamento arrivato da Nicola Zingaretti: “Ringrazio il presidente del consiglio Mario Draghi per il suo impegno molto chiaro e netto e sono felice che abbia già ottenuto dei grandi risultati con la crescita delle prenotazioni dei vaccini” E l’appello polemico di Calenda: “Virginia Raggi, basta con questi giochini ’dico non dicò. Fatti questo vaccino e invita i romani a farlo. Ni Vax alla guida delle istituzioni è qualcosa che non possiamo permetterci. Daje. Umanamente sei meglio di così”, scrive su Twitter il candidato sindaco di Roma. 

L'affondo contro Draghi e Governo. Salvini straparla di “razzismo contro giovani e discoteche”: l’ultima crociata della Lega. Fabio Calcagni su Il Riformista il 24 Luglio 2021. I proprietari e gestori di discoteche intenzionati a fare ricorso al Tar o al Consiglio di Stato contro la riapertura bloccata dal governo Draghi? “Fanno bene, fanno assolutamente bene”, dice Matteo Salvini, leader della Lega, che da Rimini tuona e straparla addirittura di “razzismo nei confronti delle discoteche e dei giovani” e per questo “qualunque protesta facciano avranno il nostro sostegno”. È l’ultimo episodio dello scontro in atto tra l’ex ministro dell’Interno e il presidente del Consiglio Mario Draghi, iniziato pubblicamente nella conferenza stampa di giovedì tenuto dal premier sul Green Pass, dove con un messaggio chiaramente rivolto a Salvini il premier aveva giudicato “l’appello a non vaccinarsi un appello a morire oppure a far morire: non ti vaccini, contagi, muori, o fai contagiare e fai morire. E poi è un appello a non riaprire”. Parole chiaramente rivolte a Salvini, che della maggioranza Draghi fa parte, ma che più volte si è espresso contro la vaccinazione ai giovani e agli Under 40. Tesi ribadita anche questa mattina, a 24 ore dal vaccino che Salvini ‘a sorpresa’ si è fatto somministrare a Milano. “Io ieri mi sono vaccinato, ma nessuno deve essere obbligato a farlo”, ha spiegato anche oggi l’ex ministro. Salvini che  è detto “stupito negativamente” dalle parole di Draghi contro gli appelli a non vaccinarsi, “ma non voglio commentare”, ha detto il leader della Lega in una intervista concessa al Corriere della Sera. Quanto all’obbligo di Green Pass deciso dall’esecutivo, Salvini prova a negare che si tratti di una sconfitta politica per il Carroccio: “Resto contrario, sono contento che non sia passato il modello francese molto più restrittivo. Abbiamo cercato di limitare i danni di un’applicazione estensiva (nei bar, sui treni, nei luoghi di lavoro). Avremmo tolto i diritti civili a 30 milioni di persone. Vedremo fra 15 giorni”. Salvini ‘salva’ anche chi manifesta in piazza contro il Green Pass, come accaduto a Torino. Per il segretario della Lega non si tratta di “no-vax”, anzi, “conosco tanta gente che è vaccinata che si oppone alle restrizioni e che invoca la libertà di scelta. Mercoledì a Roma saranno in tanti a far sentire la loro voce – dice Salvini-. Non vedo che male facciano. Di certo non sarò io a ghettizzarli. E altrettanto sicuramente non voglio vivere in una nuova Unione Sovietica”.

Fabio Calcagni. Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.

Giorgia Meloni contro Mario Draghi: "Parole di terrore, questa non è libertà". Green pass e vaccino, "la cosa più inquietante". Libero Quotidiano il 23 luglio 2021. "Parole di terrore": così Giorgia Meloni ha definito le dichiarazioni di Mario Draghi, che ieri sera ha invitato tutti gli italiani a immunizzarsi nel più breve tempo possibile, precisando che "l'invito a non vaccinarsi è un appello a morire". Il discorso, però, non sarebbe piaciuto affatto alla leader di Fratelli d'Italia. "La cosa più inquietante della conferenza stampa di Draghi sono le parole di terrore che ha scelto nel rivolgersi agli italiani. I numeri sembrano non contare più: nonostante i dati delle terapie intensive siano ampiamente sotto controllo, il Green Pass è diventato il nuovo 'mantra' da imporre. Il resto non conta", ha scritto in un post su Facebook. Poi ha posto delle domande alla "nuova scienza del Governo": "I Paesi europei che sconsigliano il vaccino a bambini e adolescenti, stanno quindi invitando la popolazione a morire?", questa la prima domanda. Poi: "Con questa affermazione Draghi sta dicendo che sono condannati a morte coloro che non possono vaccinarsi, come chi affronta radio e chemioterapia?". E ancora: "Il Premier Draghi è sicuro quando afferma che i possessori del Green Pass avranno la GARANZIA di non ritrovarsi tra persone contagiose? Ci può fornire i dati scientifici a sostegno di questa tesi?". E infine: "Se a settembre i contagi saranno aumentati nonostante un obbligo vaccinale di fatto - ma per il trasporto pubblico e la scuola non sarà ancora stato fatto nulla - con chi se la dovranno prendere gli italiani, e in particolare gli imprenditori e i lavoratori che avranno pagato per queste misure inefficaci?". La Meloni poi ha ricordato che da circa un anno e mezzo "a pagare sono sempre gli stessi: bar, ristoranti, discoteche, il settore dello sport, della cultura e dello spettacolo". Infine ha aggiunto: "Sottolineare l'incapacità nella gestione della pandemia non significa essere 'novax' o andare contro la campagna vaccinale - che ritengo sia fondamentale se fatta con trasparenza e serietà - ma non è accettabile che l’obbligatorietà del foglio verde, di fatto, costringa subdolamente i cittadini a vaccinarsi, pena l'esclusione dalla vita sociale. Questa non è libertà". 

Covid, Meloni: “Sì, mi vaccino. Non sono no vax ma, a mia figlia, non lo farei”. Ilaria Minucci il 23/07/2021 su Notizie.it. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha dichiarato di essere pronta a ricevere la propria dose di vaccino e di non sposare posizioni no vax. Nel corso di una delle svariate presentazioni alle quali Giorgia Meloni sta presenziando per promuovere il suo romanzo intitolato “Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee”, la leader di Fratelli d’Italia ha rivelato alcune importanti informazioni circa il suo personale rapporto con il vaccino anti-Covid. Durante la presentazione tenuta al Caffè de La Versiliana a Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca, infatti, Giorgia Meloni ha risposto a una domanda incentrata sulla sua volontà di vaccinarsi o meno contro il SARS-CoV-2. A questo proposito, quindi, la donna ha rivelato: “Sì, mi vaccino. Non sono no vax, non sono contraria ai vaccini”. Subito dopo aver pronunciato queste affermazioni, tuttavia, la leader di FdI ha anche precisato di non aver alcuna intenzione di vaccinare la figlia contro il virus, spiegando: “Non sono contraria a vaccinarmi, ma se mi chiedi di vaccinare mia figlia, neanche in catene…”. Giorgia Meloni, poi, ha commentato l’andamento della pandemia in Italia e ha confrontato la situazione epidemiologica attualmente esistente nel Paese con quella presente, nel medesimo periodo, nel 2020, asserendo: “Se guardiamo all’andamento dei contagi a giugno-luglio 2021, abbiamo metà della popolazione italiana vaccinata e abbiamo più casi dello stesso periodo dell’anno scorso. Una domanda allora te la devi fare”. La donna, inoltre, si è espressa anche sul green pass, recentemente divenuto obbligatorio per accedere a determinati luoghi o eventi, manifestando la propria opinione in merito alla situazione: “Io sono contraria all’obbligo vaccinale perché non è efficace più di tanto, e fai diventare le persone dei figli di un dio minore. Con il Green pass la vaccinazione diventerà di fatto obbligatoria. Stiamo picconando il nostro stato di diritto. Se devi esibire un certificato per esser libero, vuol dire che non sei libero – e ha aggiunto –. Questi sono precedenti che pagheremo”. Infine, la leader di Fratelli d’Italia ha anche rilasciato alcune osservazioni inerenti al discorso pronunciato dal premier Mario Draghi durante la conferenza stampa tenuta nel tardo pomeriggio di giovedì 22 luglio. In particolare, ricordando la frase “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire”, Giorgia Meloni ha sottolineato: “Le affermazioni di Draghi sono efficaci ma imprudenti. Draghi ieri ha detto che l’invito a non vaccinarsi è invito a morire. Se sei per l’obbligo vaccinale abbi il coraggio di farlo”. 

Da adnkronos.com il 24 luglio 2021. La presidente dei deputati di Italia Viva contro la leader di Fratelli d'Italia: "Tre anni fa voleva i vaccini obbligatori, adesso fa la no vax. Sono felice di stare con Draghi e non con lei". “Giorgia Meloni è semplicemente imbarazzante. Tre anni fa voleva i vaccini obbligatori, tre mesi fa il Green Pass, adesso fa la No Vax. Sono felice di stare con Draghi e non con la Meloni”. Così in un post su Facebook Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva, riferendosi alle posizioni espresse dalla leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. "Bene l'approvazione del Green Pass: non una limitazione ma uno strumento di libertà. Non possiamo permettere che per l’ideologia di qualche no vax si torni a contagi, ricoveri e chiusure che già abbiamo visto in passato. Il green pass deve valere anche per i parlamentari. E poi vaccini, vaccini, vaccini", scrive Boschi su Twitter. Sul tema del vaccino, la stessa Meloni oggi ha spiegato: "Sì, mi vaccino e non sono no vax. Non sono contraria ai vaccini, sono abituata a dire le cose come le penso ed è molto fastidioso che in questo nostro dibattito politico chiunque abbia il coraggio di fare domande su cose che non tornano improvvisamente debba vedersi una qualche etichetta appiccicata addosso, sempre quando il tuo interlocutore non sa cosa rispondere a quelle domande sensate che fai”.

Da ilmessaggero.it il 26 luglio 2021. Anche Giorgia Meloni ha deciso di proteggersi contro il Covid e dunque di ricevere il vaccino. La presidente di Fratelli d'Italia si è vaccinata a Roma: stamattina le è stata iniettata la prima dose. «Io mi vaccino. Non credo che mi farò la foto e non credo che questo sia il modo corretto di fare la campagna vaccinale. I politici danno il buon esempio non mettendo le foto ma risolvendo i problemi. Servono informazioni chiare. Se si mette il Green Pass per i comuni mortali, non vedo perchè non farlo per entrare al ristorante di Montecitorio». Così la leader di FdI, Giorgia Meloni, a Morning News su Canale 5.

Federico Novella per “La Verità” il 23 agosto 2021.

Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia, l'Afghanistan rappresenta davvero il tramonto dell'Occidente?

«È chiaramente una tragica sconfitta. Oggi ragioniamo sull'opportunità di quella guerra, e facendo un bilancio bisogna riconoscere che dal 2001 a oggi non abbiamo avuto attentati paragonabili all'attacco alle Torri gemelle. Con l'intervento in Afghanistan si è voluto privare il fondamentalismo islamico della copertura di uno stato nazionale. Ma qualcosa non ha funzionato, vista la velocità con cui i talebani hanno ripreso il potere. E ora la conseguenza geopolitica di questa disfatta è aver regalato alla Cina un nuovo tassello del suo disegno egemonico». 

Rischiamo la bomba migratoria?

«Chi dice che la soluzione consiste nel portare tutti gli afghani in Occidente ci sta prendendo in giro. Come ha sostenuto Angela Merkel, la prima cosa da fare è sostenere i Paesi confinanti, per aiutarli ad accogliere profughi. Serve un piano di aiuti immediato e l'Europa deve fare la sua parte. Anche se i primi a farsi carico delle conseguenze di questo disastro politico e umanitario dovrebbero essere i membri dell'amministrazione Biden, che hanno trasformato un disimpegno in una fuga disordinata».

Si è scagliata contro i signori dei social network, che fanno da megafono ai portavoce dei talebani ma hanno silenziato Donald Trump dopo i fatti di Capitol Hill.

«È il tema del futuro, che poniamo da tempo nell'indifferenza generale. I social media fanno capo a multinazionali con un fatturato superiore al pil di intere nazioni. E non è accettabile che entità intangibili e prive di regole possano sindacare arbitrariamente sulla libertà di espressione in assenza di reati. Persino censurando rappresentanti eletti in democratiche elezioni, come accaduto con Trump. Alcuni Stati, come la Polonia, iniziano a mettere dei paletti: dobbiamo farlo anche noi, e Fdi lavora a una proposta in questo senso».

 Ci crede alla storia dei talebani «moderati»?

«Al di là delle loro promesse, le immagini che arrivano in queste ore mi convincono che i talebani sono sempre gli stessi di 20 anni fa: donne chiuse in casa, collaboratori dell'Occidente braccati, cristiani costretti a nascondersi per non essere uccisi, agenti delle forze di sicurezza afghane giustiziati per strada. Le dichiarazioni di Giuseppe Conte, che in sostanza con questa gente vorrebbe prenderci l'aperitivo, mi lasciano sconcertata. Poi è sempre complicato dividere gli estremisti dai moderati, quando si parla di islam. I talebani dicono di applicare solo la sharia, e forse è proprio così». 

Cosa intende dire?

«In quel mondo la legge di Dio e la legge dello Stato troppo spesso si sovrappongono. Più volte ho chiesto ai rappresentanti dell'islam moderato italiano se l'Arabia Saudita, dove l'adulterio è punito con la lapidazione, sia da considerare Paese islamico o eretico. Non ti sanno rispondere». 

Chi piange per le donne afghane chiude un occhio sulle donne in burqa nelle città italiane?

«È uno dei tanti cortocircuiti della sinistra. Sono contro la violenza sulle donne, purché il violentatore non sia un immigrato. Sono a favore dei diritti degli omosessuali, purché non ci siamo di mezzo le comunità islamiche. In questa sorta di morra cinese della sinistra, gli immigrati islamici battono tutti. Ma è un'ipocrisia trasversale». 

Trasversale?

«È normale che sui profili social della Lega serie A venga esposta la bandiera arcobaleno, quando il prossimo anno andremo a giocare i Mondiali in Qatar, dove l'omosessualità è un reato punito con il carcere e formalmente anche con la pena di morte? L'Ue si è scagliata contro la legge Orban, che si oppone alla propaganda gender nelle scuole: ma allora mi aspetto che gli Stati europei blocchino ogni forma di accordo culturale con le nazioni che considerano l'omosessualità un reato. Su questo presenteremo un atto in Parlamento: sono curiosa di vedere come si schiererà il governo Draghi. La verità è che la nostra politica estera, sotto la guida balneare di Di Maio, fa acqua da tutte le parti come dimostra l'assurda crisi diplomatica con gli Emirati, di cui sta facendo le spese il nostro connazionale Andrea Costantino, recluso da mesi ad Abu Dhabi senza motivo».

Dopo cinque giorni di follia, il rave party nel viterbese è terminato. Tutto archiviato?

«La vicenda di Viterbo grida vendetta davanti a Dio, e per questo stiamo valutando di presentare una mozione di sfiducia contro il ministro Lamorgese. Come può un governo che impedisce alla gente di andare al bar, che chiude le attività economiche, che non consente ai ragazzi di andare a scuola o in discoteca, consentire a migliaia di scappati di casa di bivaccare ammassati tra la droga per giorni? In qualunque nazione normale il capo del Viminale si sarebbe già dimesso».

Ma adesso il raduno è stato rimosso.

«No, quei signori se ne sono andati spontaneamente, una volta terminati i balli. Lo Stato italiano non ha neanche provato a sgomberare, si è arreso prima. Chiediamoci perché gli organizzatori francesi dell'evento hanno scelto l'Italia e non la Francia. All'estero avrebbero sgomberato usando gli idranti, nella nostra repubblica delle banane tutto è concesso. Ed è solo l'ultima testimonianza di come in Italia le regole valgano solo per la brava gente, e non per i delinquenti. Con quale credibilità uno Stato che ha paura di un rave party, poi usa il pugno duro contro ristoratori, commercianti e imprenditori?».

Sulle riapertura delle scuole a settembre siamo in alto mare.

«Andai da Draghi qualche mese fa per parlare di questo: gli consigliai di mettere in sicurezza le scuole e potenziare i trasporti per la riapertura della stagione, per non ripetere gli errori di Conte. Questo governo avrebbe potuto allargare le strutture scolastiche, inserire l'aerazione meccanica controllata nelle classi: non hanno fatto nulla. Hanno puntato tutto sul vaccino, che però in base ai dati non ferma il contagio».

Dunque questa linea di condotta non ha senso?

«Lo avrebbe a una condizione. Visto che i vaccini non fermano il virus ma perlomeno sembrano evitare la malattia grave, il governo dovrebbe smettere di considerare i dati del contagio e basarsi esclusivamente sui numeri delle terapie intensive. È quello che chiediamo. Altrimenti a ottobre rischiamo nuove ondate e nuovi lockdown, avendo già ammazzato la stagione turistica con il green pass. E sarebbe imperdonabile. È importante vaccinare gli anziani e le persone fragili, non inseguire i ragazzini».

Se avesse una figlia di 12 anni, accetterebbe di vaccinarla?

«No, perché ritengo non sia ragionevole, visto il rapporto rischi-benefici. Io mi sono vaccinata, ho spedito mia madre a vaccinarsi immediatamente, ho fatto sì che mia figlia ricevesse tutti i vaccini obbligatori, come quello contro la meningite, che ha tassi di mortalità altissimi. Quindi non sono no vax, e chi lo dice è scemo o in malafede. Ma sul vaccino ai minorenni la penso come i governanti di Francia e Gran Bretagna: sono tutti no vax, o forse sono meno zelanti di noi con le case farmaceutiche?».

Cosa intende dire?

«Alcune posizioni del governo sembrano più attente a smerciare il vaccino che a combattere il Covid. Ho chiesto il tampone gratuito per tutti, per non produrre discriminazioni con il green pass, anche nei confronti di chi non si può vaccinare, come i malati oncologici o le donne in gravidanza. Mi hanno risposto che il tampone gratis costituirebbe un disincentivo a vaccinarsi. Allora mi chiedo: il nostro obiettivo è fermare il contagio, o vendere il vaccino?». 

Dunque è scettica?

«Il vaccino resta una medicina fondamentale, ma non è una religione: è giusto valutare, e per questo non vedo le ragioni per una vaccinazione di massa dei bambini. Siccome non mi sono mai bevuta le spiegazioni del mainstream, passo le giornate a leggere le carte: mi chiedo, ad esempio, come mai vittime e contagi in Italia siano superiori allo stesso periodo dello scorso anno. C'è qualcosa che non va, e servirebbero spiegazioni serie, specialmente dopo i disastri comunicativi dei mesi scorsi. Invece in Italia chi si pone domande viene liquidato come mostro no vax. In questi giorni scopro con un certo stupore che persino Maurizio Landini e Massimo Cacciari sono diventati sovranisti, solo perché hanno espresso dei semplici dubbi». 

A Villa Certosa Salvini e Berlusconi siglano l'intesa per costruire una federazione, che potrebbe portare a una lista unica per le elezioni del 2023. Il suo partito resterebbe fuori?

«Comprendo che i partiti di centrodestra inseriti nella maggioranza abbiano interesse a rafforzare il loro coordinamento, visto che questo governo ha una spaventosa continuità con l'esecutivo precedente. Ma ogni ipotesi di federazione non riguarda Fratelli d'Italia, che resta saldamente all'opposizione, anche perché siamo gli unici a non avere un piano B in fatto di alleanze. Agli alleati di centrodestra chiedo di chiarire se questa maggioranza arcobaleno sia una parentesi provvisoria, oppure se è un'eventualità che considerano per il futuro. E prima del voto politico, credo che debbano chiarirlo anche di fronte agli italiani».

Pietro Senaldi, il retroscena: "Vi spiego io perché Giorgia Meloni strizza l'occhio ai no vax".

Libero Quotidiano il 23 luglio 2021. Pietro Senaldi, condirettore di Libero, dedica oggi il suo video editoriale a Giorgia Meloni, che da qualche è riuscita a portare il suo partito Fratelli d'Italia in testa a tutti i sondaggi e ha risposto in maniera molto polemica alle frasi molto scioccanti di Mario Draghi che ha detto che invitare le persone a non vaccinarsi significa invitarle a morire. La Meloni, in particolare, ha attaccato le misure legate al passaporto vaccinale definendole liberticide parlando di regimi anche se in realtà, puntualizza Senaldi, "al momento le limitazioni non sono rigidissime". "C'è da chiedersi", prosegue il direttore, "se la Meloni sia una no vax convinta, se ritenga che il covid sia sconfitto per sempre, se ritenga preferibile godere tutti insieme finché il virus ce ne darà occasione poi eventualmente richiudere a ottobre o se ci sia anche un calcolo politico dietro questa sua posizione". "Senza dubbio", prosegue Senaldi, "abbiamo il 25-30% degli italiani che sono scettici rispetto ai vaccini e senza dubbio queste posizioni contro il passaporto vaccinale e fieramente antigovernative produrranno un ulteriore balzo nei consensi della Meloni che potranno portarla oltre il 22%". Chiede provocatoriamente il direttore: "Quale è la soluzione alternativa? E cosa farebbe Giorgia Meloni se fosse al governo? Dissuaderebbe gli italiani dal vaccinarsi? Farebbe circolare gli italiani liberamente indipendentemente dai vaccini?". "Crescere nei sondaggi è difficilissimo, ma ancora più difficile è fidelizzare il consenso", conclude Senaldi facendo notare che "non è riuscito a Matteo Renzi, mago dei sondaggi, non è riuscito alla lunga neanche a Beppe Grillo, neanche a Matteo Salvini. È una cosa che chi riesce a fare vince". 

Francesco Olivo per “La Stampa” il 26 luglio 2021. Il Green pass «non dovrebbe essere tema di scontro politico». L'auspicio del sottosegretario alla Salute Andrea Costa non trova grande fortuna. Ventiquattro ore dopo la mobilitazione in ottanta città italiane contro il certificato sanitario, Giorgia Meloni continua ad attaccare l'esecutivo: «Chiamate il Green pass per quello che è: "lasciapassare governativo che autorizza alla vita sociale"», scrive la leader di Fratelli d'Italia in un post sui social. Più complicata la posizione di Matteo Salvini, che dall'interno del governo continua a smarcarsi dalla decisione di dare il via libera al Green pass, mandando segnali ai manifestanti di sabato scorso: «Sono piazze da ascoltare e da capire, non da attaccare o censurare - ha detto il leader leghista al sito Affari italiani - In Italia come in Europa sono piazze vive, sorridenti, belle e vere, che chiedono di tenere insieme salute e libertà. E la Lega, dentro il governo, anche se da sola, fa e farà di tutto per garantire salute, lavoro e libertà a tutti, senza obblighi, multe o divieti». Un banco di prova per i «due forni» leghisti sarà mercoledì prossimo, quando torneranno in piazza i contrari al certificato verde, alla fiaccolata di Roma parteciperanno alcuni parlamentari leghisti, tra i quali Claudio Borghi, Armando Siri, Simone Pillon e la senatrice Roberta Ferrero, ma non c'è la adesione del partito, e Salvini quindi non si presenterà. 

I dem all'attacco. Il centrosinistra va all'attacco: «Vaccinarsi è da italiani veri, da patrioti, quelli di cui parla a sproposito la destra.  Cavalcare la rabbia è da sciacalli», dice il deputato Pd Francesco Boccia. «Salvini ha visto piazze sorridenti. Noi abbiamo visto Forza Nuova e CasaPound alla testa delle manifestazioni, insulti alla stampa e agli scienziati e indecenti paragoni tra il Green Pass e le leggi razziali -aggiunge il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. «Qualunque ammiccamento nei confronti dei No-Vax è un invito alla diserzione dalle nostre responsabilità», spiega la vicesegretaria del Pd Irene Tinagli, che poi propone a tutti i candidati dem delle prossime amministrative «di fare il vaccino e ricordare ai cittadini che incontreranno in campagna elettorale che il vaccino e il Green Pass sono due elementi fondamentali per passare delle vacanze tranquille». Nel governo si esprime soddisfazione per il forte aumento delle prenotazioni ai vaccini negli ultimi giorni, per Palazzo Chigi è questa la vera risposta al «No-Pass». Il ministro della Salute Roberto Speranza sposa questa linea e aggiunge: «Le manifestazioni No vax non mi sono piaciute, errore alzare la bandiera della libertà. È esattamente vero il contrario: i vaccini sono la più clamorosa arma di libertà che abbiamo».

Il caso Pescara.  Il «No paura day» di sabato è stato, in verità, piuttosto spaventoso a Pescara. Il banchetto di Forza Italia che raccoglieva le firme per i referendum sulla giustizia è stato letteralmente accerchiato dai manifestanti No Vax: «Abbiamo passato un brutto quarto d'ora - racconta al telefono, ancora scosso, Nazario Pagani, senatore e coordinatore di Forza Italia in Abruzzo, presente al banchetto con il sindaco di Pescara, Carlo Masci - ci hanno accerchiato in centinaia, insultandoci e dicendoci di tutto e poi hanno cominciato a prendere a calci il nostro gazebo.  Se qualcuno di noi avesse reagito anche minimamente a quelle provocazioni la situazione sarebbe precipitata. Gridavano come invasati, ho riconosciuto alcuni vecchi militanti grillini». Il sindaco Masci ha filmato le fasi più tese dell'assedio, prima di essere evacuato dai vigili urbani preoccupati per la sua incolumità. «Che giornata, ma almeno ho imparato qualcosa», conclude Pagani. f. oli.

Pietro Senaldi affonda Gianluigi Paragone: "Gran situazionista, ecco perché ora approfitta dei no-vax". Libero Quotidiano il 26 luglio 2021. "Mi tocca attaccare il mio amico ed ex collega Gianluigi Paragone che a suo modo è geniale". Pietro Senaldi, condirettore di Libero, inizia così il suo video editoriale di oggi. Poi spiega: "È candidato sindaco a Milano, nonché fondatore del partito Italexit e la cosa lo ha evidentemente portato fuori di testa". "Impegnato nella campagna elettorale", prosegue Senaldi, "si è unito alle manifestazioni no vax improvvisando un comizio, da tribuno qual è, attaccando il passaporto verde, i vaccini, le dittature sanitarie; annunciando querela a Burioni che aveva dato del sorcio a chi non vuole vaccinarsi". "Possiamo dire che Paragone è un gran situazionista: dove c'è aria di protesta lui pastura. Pur non riuscendo a cambiare il mondo ovviamente, ne ricava sempre qualcosa di buono per lui, tanto è vero che è stato direttore della Padania, poi senatore dei Cinque Stelle, adesso ha fondato questo partito contro l'Europa che lo riporterà in parlamento; ha avuto trasmissioni giornalistiche. Insomma", dice il direttore, "ha avuto un successo in quasi tutto quello che ha fatto che però durava il tempo del mattino". "La sua grande abilità", fa notare Senaldi, "è saltare da un cavallo all'altro appena il cavallo su cui monta è sfiancato anche a causa sua". "È un grande opportunista il nostro Gianluigi", conclude il direttore, "e adesso approfitta dei no-vax pur, probabilmente, non essendo neppure un no-vax".

I nemici del Green Pass contesi da Salvini e Meloni. In palio 6 milioni di voti. Emanuele Lauria su La Repubblica il 25 luglio 2021. Secondo i sondaggi l’11-13% degli italiani è contrario all’immunizzazione. No Vax in forte calo. Ma ora si aggiunge chi reclama la libertà di scelta. Il tesoretto dei No Vax, o meglio dei contrari all’obbligo vaccinale e degli allergici al Green pass, vale sei milioni di voti. È questa la posta in palio nella partita sui certificati di immunità che si sta giocando nel governo. E si tratta di un numero, stimato dagli analisti, che spiega più di ogni altro le prudenze, soprattutto a destra, nel prendere posizioni nette, tranchant, sulla vaccinazione di massa.

Giorgia Meloni e Matteo Salvini, "quanto vale il voto dei no vax". Report pesantissimo: lo scenario. Libero Quotidiano il 24 luglio 2021. Fanno tanto rumore - spettacolarizzato a dismisura da alcuni media -, sui social saranno pure abili acchiappa-like ma in realtà i "no vax" rappresentano ben poco. Addirittura sempre meno. Quanto? Non più del 5% della popolazione italiana. Alle urne, secondo gli esperti, varrebbero a malapena l'1%. Di sicuro c'è stato un crollo degno dei 5 Stelle ai tempi del governo giallo-verde, se è vero che a dicembre 2020 (prima dell'avvio del piano vaccinale) la percentuale dei contrari al vaccino era sempre bassa ma almeno al 12%. Il merito di questa «conversione» radicale di chi è? Ma dei vaccini e della campagna vaccinale: una vera e propria beffa per i pasdaran del "no". A far di conto sulla minoranza dei contrari all'inoculazione è stato ResPOnsE Covid-19, il laboratorio demoscopico dell'Università degli Studi di Milano. Il centro studi, insieme all'istituto Swg, ha stilato un report che spiega tutto già nel titolo: «La svolta dei vaccini e la ritirata dei no vax».

IL PUNTO DI SVOLTA - Proprio l'arrivo in massa delle dosi del siero è individuato come il «punto di svolta: non solo per l'andamento della pandemia, ma anche per la percezione che gli italiani ne hanno avuto e per la speranza in una fine definitiva dell'emergenza». Il risultato della ricerca è inequivocabile: oltre l'80% degli italiani è favorevole al vaccino. Non solo. Cresce di settimana in settimana la disponibilità a vaccinarsi: a dicembre 2020, era il 60%. A giugno scorso si è raggiunto l'85%. Al contrario, come abbiamo detto, più che dimezzato è il fronte dei contrari alla vaccinazione: dal 12% al 5% (raggiunto fra marzo e giugno). A diminuire anche gli scettici riguardo il vaccino: i poco disponibili a vaccinarsi passano da poco meno del 10% a marzo, a circa il 6% a giugno. Questi i dati concreti, con l'attuale quadro normativo. Interessante, però, notare la risposta nel caso dovesse subentrare l'obbligo vaccinale: sul campione totale, «solo una minoranza di chi è poco o per niente disponibile a vaccinarsi, si rifiuterebbe di fare il vaccino anche qualora fosse reso obbligatorio». Nello specifico il 13% dichiara di essere poco o per niente disponibile a vaccinarsi, ma solo il 6% rifiuterebbe il vaccino anche se obbligatorio. A crescere, invece, rispetto a fine 2020, sono proprio i favorevoli all'obbligatorietà del vaccino anti-Covid: dal 43% al 52%. Secondo l'Università di Milano, «sembra che il miglioramento della situazione pandemica insieme ai progressi del piano vaccinale» abbiano portato anche ad un aumento del consenso per l'obbligatorietà dei vaccini. Non tutti i contrari all'obbligo, però, sono "no vax". Qui il discorso si fa più sfumato: «Tra chi è molto disponibile a essere vaccinato o ha già ricevuto il vaccino, poco meno del 10% è contrario all'obbligatorietà della vaccinazione», si legge nel report. Ciò suggerisce che l'intenzione a vaccinarsi «non determina necessariamente l'opinione sull'obbligatorietà del vaccino». Alla luce di tutto questo quanto potrebbe valere un partito "no vax"? Decisamente ancora meno della percentuale rappresentata nella popolazione. «Difficilmente riuscirebbe ad arrivare all'1%. Sarebbe una cosa politicamente inconsistente», spiega a Libero Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè.

TANTE MOTIVAZIONI - Per l'analista le motivazioni di un'adesione a un soggetto politico non sono legate a una scelta del tipo «mi vaccino, non mi vaccino»: «Il valore di un progetto si misura con altri argomenti: lavoro, sviluppo, diritti e sicurezza». Anche la "dispersione" politica del piccolo tesoretto di pasdaran è agile da ricostruire: «Dentro quel magma ci sono decine di motivi per essere "no vax": ci sono quelli che non si fidano di questo vaccino anti-Covid, ci sono quelli che contestano i vaccini tout-court, c'è chi lo fa con tesi di sinistra, chi con tesi di destra...». Quanto al rischio che la campagna dei no vax possa influire nel passaggio da uno schieramento all'altro, per Buttaroni si tratta di una eventualità praticamente nulla: «È vero che l'elettorato ormai è più che mobile (fra il 2018 e il 2020 il 60% degli aventi il diritto ha votato in maniera diversa) ma difficilmente lo spostamento si lega a singoli fenomeni. A maggior ragione questo, considerato assai scivoloso dagli stessi leader politici». 

I no green pass devastano un gazebo M5S a Milano. La condanna di Conte e Di Maio. Dura la reazione del Movimento 5 Stelle dopo i fatti di Milano. Il Dubbio il 29 agosto 2021. «Incivili, questa di sicuro non è democrazia». Luigi Di Maio non usa mezzi termini per definire i manifestanti che ieri, nel corso della manifestazione contro il Green pass, hanno assaltato e distrutto un gazebo del Movimento 5 Stelle a Milano. «Gli episodi di ieri a Milano vanno condannati fermamente. Una vera e propria aggressione ai danni degli attivisti del Movimento 5 Stelle che pacificamente in piazza stavano raccogliendo le firme per la presentazione delle liste alle comunali di Milano», dice ancora il ministro degli Esteri pentastellato. «Sono stati momenti di tensione e paura, è doveroso che tutte le forze politiche prendano le distante da questa vile aggressione», conclude Di Maio, associandosi alle parole di dura condanna già pronunciate dal presidente del partito, Giuseppe Conte. «A Milano hanno distrutto un gazebo del Movimento 5 Stelle dove si raccoglievano le firme per la presentazione della lista per l’elezione comunale», ha scritto in un post l’ex presidente del Consiglio. «È un gesto gravissimo, profondamente antidemocratico. La risposta migliore che la comunità milanese può offrire è presentarsi domani per depositare una firma: una firma non solo per il Movimento 5 Stelle ma per l’affermazione dei valori che presiedono a una libera competizione democratica». Due manifestanti sono adesso indagati per danneggiamento, manifestazione non autorizzata e attentato contro i diritti politici del cittadino. E a esprimere solidarietà al partito alleato ci pensa il senatore di Leu Francesco Laforgia: «L’assalto dei no vax ai banchetti del M5S è inaccettabile. Esprimo la mia solidarietà agli attivisti del M5S e la ferma condanna verso chi, persino con azioni violente, professa tesi antiscientifiche che nulla hanno a che fare con la libertà delle persone».

Da corriere.it il 30 agosto 2021. Matteo Bassetti, direttore del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Martino, è stato inseguito e minacciato ieri sera da un uomo di 46 anni. L’aggressore, denunciato dalla polizia per minacce gravi, lo ha incontrato per strada e ha iniziato a inseguirlo fino a sotto la sua abitazione a Genova riprendendolo col telefonino e urlandogli «Ci ucciderete tutti con questi vaccini e ve la faremo pagare». Bassetti si è allontanato e ha chiamato la polizia. Gli agenti, insieme alla Digos, hanno identificato l’uomo e lo hanno denunciato. Gli investigatori stanno lavorando anche per l’identificazione degli utenti che da mesi insultano e minacciano l’infettivologo sui social e via telefono. Per questa ragione Bassetti chiede più tutele: «Chiedo di essere maggiormente tutelato dalla magistratura. Bisogna che ci sia un’azione a difesa di chi ha messo la faccia a favore dei vaccini», si è sfogato oggi l’infettivologo. «Trovo vergognoso gli attacchi che continuo a subire da parte del mondo dei no-vax», scrive in un post su Instagram Bassetti: «Minacce di morte a me e alla mia famiglia, lettere anonime, telefonate minatorie, insulti per strada, chat su Telegram, offese sui giornali e in televisione. Dove vogliamo arrivare?», si chiede l’infettivologo. «Io non mi sento tutelato nonostante la protezione che ricevo dalle forze di Polizia. Occorre - conclude Bassetti - che la magistratura intervenga presto in maniera efficace. Deve farlo presto prima che sia tardi».

Gramellini per il “Corriere della Sera” il 31 agosto 2021. Ma l'infettivologo Matteo Bassetti inseguito fin sotto casa da un No Vax è lo stesso Bassetti che l'opinione prevalente considerava un negazionista quando andava in tv a criticare le chiusure e a sminuire la drammaticità della pandemia? La sua fiducia assoluta nei vaccini lo ha sottratto di colpo alla schiera dei complottisti - che adesso lo considerano un traditore, tanto da arrivare a minacciarlo per la strada -, pur senza avergli fatto ancora guadagnare credito tra gli ultrà del professor Galli, suo feroce competitor televisivo. In realtà Bassetti non ha mai messo in dubbio il primato della scienza, anche se a molti, compreso lui, faceva comodo farlo credere per poter allestire quei salottini mediatici che si alimentano di opinioni grottescamente contrapposte. La sua parabola disvela la superficialità della comunicazione binaria nella quale un po' tutti ci districhiamo ai tempi dei social, per cui chi non è «di qua» dev' essere per forza «di là», e se non trovi giusto che Jeff Bezos guadagni da solo come cinque miliardi di persone messe insieme, passi per nostalgico del comunismo; se rifiuti di fustigarti da mattina a sera per il fatto di riconoscerti nei valori dell'Occidente, vieni marchiato come guerrafondaio; e se le profezie di sventura di qualche Cassandra in camice bianco non ti rendono sempre euforico, allora vai annoverato tra i seguaci di QAnon o addirittura di Cacciari. Per fortuna la vita è più complessa di come la disegnano i media, o forse solo più completa.

Video di Francesco Giovannetti per repubblica.it il 30 agosto 2021. Aggredito e minacciato di morte ("ti taglio la gola se non te ne vai") da uno dei manifestanti contro il green pass del comparto scuola che protestavano davanti al ministero dell'Istruzione a Roma. Nelle immagini l'attacco a Francesco Giovannetti, videogiornalista di Repubblica e del gruppo Gedi. Molti manifestanti presenti si sono dissociati dall'aggressione e hanno chiesto scusa a Giovannetti, che è stato portato in ambulanza in ospedale.

Da open.online.it il 30 agosto 2021. Antonella Alba, giornalista di Rai News 24, è stata aggredita mentre lavorava alla manifestazione dei No Green Pass di Roma. «Per loro sono una “giornalista terrorista” mentre io cercavo solo di tornare a casa mia e fare qualche domanda, e invece hanno bloccato il traffico per ore. Grazie alle forze dall’ordine sono ancora tutta intera», ha scritto lei su Twitter ieri notte. Il CdR ha stigmatizzato l’episodio in una nota: «Solidarietà alla collega Antonella Alba aggredita ieri sera durante la manifestazione contro il green pass che ha attraversato le strade della città in direzione della sede Rai di Viale Mazzini e alla quale erano presenti esponenti di Forza Nuova. ‘Giornalista terrorista!’ hanno risposto alcuni di loro alla domanda sul perché stessero partecipando al corteo: poi nel tentativo di strapparle il telefonino hanno causato alcune ferite alla collega. L’episodio non ha avuto peggiori conseguenze grazie alla presenza delle Forze dell’Ordine prontamente intervenute». «È grave – conclude il cdr – che una giornalista sia aggredita da coloro che usano come slogan “Libertà, Libertà”. Sosterremo Antonella Alba in ogni sede per difendere il lavoro dei giornalisti e il diritto dei cittadini ad essere informati».

(AGI il 30 agosto 2021) "Lo shitstorming nei confronti di Leggo.it e l'aggressione alla giornalista di RaiNews sono episodi spia di un sentimento di odio a cui bisogna prestare attenzione e per cui non va abbassata la guardia. La salute della nostra democrazia dipende anche da questo". Lo scrive su Twitter Ruth Dureghello presidente della comunità ebraica di Roma, riguardo alle aggressioni ai giornalisti.

Agostino Gramigna per corriere.it il 30 agosto 2021. Una giornalista di Rainews24, Antonella Alba, è stata aggredita e ferita ieri sera durante la manifestazione «No-Vax» contro il green pass a Roma. Alla manifestazione erano presenti esponenti di Forza Nuova, con il leader romano Giuliano Castellino che incitava i partecipanti dalla macchina con un megafono. È stata la stessa giornalista a sintetizzare (e a mostrare) con un twitter l’accaduto. Al telefono, ancora scossa, ricorda quei momenti: «Ero vicino casa, in bicicletta. Non ero neanche di servizio. È stato l’istinto, mi sono avvicinata al corteo in viale Mazzini, no vax, capitanati da Forza Nuova, ragazzi e ragazze con addosso magliette nere e cappellini». Prende fiato. «Avevo con me il cellulare aziendale, sono una giornalista, ho iniziato a fare qualche domanda, del tipo: perché siete qui.... Ero l’unica ad avere la mascherina. Alcuni di loro si avvicinano, mi circondano e dicono “Giornalista del ca... va via, non ci riprendere, noi vogliamo libertà, stai riprendendo i bambini”. Sono diventati aggressivi. Una ragazza bella grossa ha iniziato a strattonarmi. Le cose si stavano mettendo male, avrei rischiato grosso se non fosse intervenuto un poliziotto a salvarmi». Nel tentativo di strapparle il telefonino ha subito lievi ferite. Se l’è cavata con una contusione al braccio destro e diversi graffi sul corpo. In una nota il cdr del Rainews24 ha espresso tutto il suo sdegno: «L’episodio non ha avuto peggiori conseguenze grazie alla presenza delle Forze dell’Ordine prontamente intervenute. È grave che una giornalista sia aggredita da coloro che usano come slogan “Libertà, Libertà”. Sosterremo Antonella Alba in ogni sede per difendere il lavoro dei giornalisti e il diritto dei cittadini ad essere informati». Le tensioni tra manifestanti e forze dell’ordine sono avvenute nel pomeriggio di sabato a piazza del Popolo, al centro di Roma, durante la protesta contro il green pass. Quando i manifestanti hanno tentato di partire in corteo verso Montecitorio e palazzo Chigi, sono stati respinti da polizia e carabinieri. Dopo una trattativa il corteo è stato autorizzato a muoversi verso via Flaminia, in direzione Rai. Durante il percorso hanno acceso fumogeni. Alcuni sono riusciti a raggiungere la sede della Rai mentre altri si sono fermati all’altezza di piazza delle Belle Arti. La giornalista ha deciso di sporgere denuncia. «Inizialmente ho pensato di non fare niente. Dopotutto, mi ero detta, questa è povera gente. Un collega però mi ha convinta del contrario: “devi andare in fondo, è un dovere civico. Così ho deciso di dare un segnale, pensando a mio figlio che ha 14 anni, che frequenta il centro di Roma, e non va bene che per una mascherina ti aggrediscono. E poi che facciamo? Che succede?». Immediate le reazioni di condanna dell’aggressione. Solidarietà alla giornalista è stata espressa dall’attore Andrea Purgatori e dal conduttore televisivo Andrea Vianello che su twitter ha scritto: «La nostra Antonella, aggredita e strattonata per prenderle il cellulare, graffiata, insultata nella manifestazione no vax di ieri sera a Roma. Motivi: aveva la mascherina e faceva domande. Sciagurati e fascisti». Reazioni anche dal mondo della politica. Hanno parlato di «aggressione vergognosa» i parlamentari del MoVimento 5 Stelle in Commissione di Vigilanza Rai, che in una nota hanno aggiunto: «Assistiamo ad episodi di violenza da parte chi sostiene di manifestare in nome di libertà e democrazia. È inaccettabile». Su Twitter Andrea Romano, deputato Pd e membro della Commissione di Vigilanza Rai, ha definito gravissima «l’ennesima aggressione NoVax contro la libera stampa, in questo caso contro una giornalista del Servizio Pubblico Radiotelevisivo».

"Sottovalutate infiltrazioni fasciste nei cortei". “Ti taglio la gola” e poi i pugni, nuova aggressione No Green Pass a un giornalista. Riccardo Annibali su Il Riformista il 30 Agosto 2021. Durante la protesta contro il certificato vaccinale organizzata da docenti e personale Ata davanti al ministero dell’Istruzione, Francesco Giovannetti videomaker per La Repubblica è stato aggredito da un manifestante. Le forze dell’ordine hanno immediatamente fermato e identificato l’aggressore. Giovannetti è stato infine condotto dall’ambulanza presso l’ospedale Fatebenefratelli, sull’Isola Tiberina, per gli accertamenti di rito. Sono ormai diventate degli appuntamenti fissi dove però si susseguono atti di violenza contri chi racconta la cronaca tutti i giorni. Questa volta ad andarci di mezzo è stato il giornalista di Gedi che stava documentando il sit-in contro il certificato vaccinale organizzato da docenti e personale Ata davanti al ministero dell’Istruzione. Oltre a diversi pugni, ha ricevuto anche minacce di morte ha raccontato: “Mi ha colpito alla faccia con 4/5 cazzotti dopo avermi minacciato. Non mi lasciava andare, ma per fortuna erano presenti alcuni poliziotti che sono intervenuti”. L’aggressione di oggi segue quella recente subita da Antonella Alba, giornalista di Rainews24, che è stata ferita sabato sera durante la protesta no vax contro il green pass a Roma. Così Giovannetti ricostruisce i concitati momenti dell’accaduto: “Ero lì da cinque minuti, ho chiesto ad alcune persone se avevano voglia di parlare, di rispondere a delle domande. Mi hanno chiesto per chi scrivessi e hanno iniziato a criticare la testata per cui lavoro in maniera civile. Un uomo, non so chi fosse o che ruolo avesse, si è girato, ha mimato il gesto di tagliarmi la gola e ha detto ‘ti taglio la gola se non te ne vai’. Quando gli ho chiesto se mi stesse minacciando, mi ha aggredito e colpito”. Gli altri manifestanti si sono dissociati dall’azione violenta e hanno chiesto scusa al giornalista. Il giornalista è stato portato via in ambulanza per ricevere soccorso medico, mentre l’aggressore è stato fermato e identificato dalla polizia. Del caso è stata informata la Digos che sta vagliando la posizione dell’aggressore. Il manifestante è stato identificato dalla Polizia ed è stato portato in commissariato mentre il giornalista è in ospedale in codice verde per controlli. Il corteo è poi proseguito senza altri disturbi sul piano dell’ordine pubblico. Non sono mancati i messaggi di solidarietà per il collega. Su Twitter il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi scrive: “Massima solidarietà, sono atti ingiustificabili che offendono l’immagine della scuola  che è luogo di dialogo, di confronto, di tolleranza”. Per il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni: “Hanno superato ogni limite democratico, pochi manipoli di violenti non possono avere la meglio” auspica «che i Salvini, Meloni e camerati vari la smettano di soffiare irresponsabilmente sul fuoco». Poi che chi chiama in causa il Viminale come il senatore Pd Andrea Marcucci: “La violenza dei no vax sta aumentando, il ministero dell’Interno intensifichi vigilanza e repressione”. L’Anpi aggiunge: “Sono state sottovalutate le infiltrazioni di elementi fascisti e ultras nei cortei no-vax e no-green pass. L’odio sociale viene fomentato sia dai neofascisti che da improbabili guru laureati su Facebook. Va fermata questa pericolosa deriva con Daspo o altra analoga misura.” Riccardo Annibali

Andrea Tundo per ilfattoquotidiano.it il 30 agosto 2021. “Dobbiamo andare a prenderli a casa”. “Facciamoli cagare addosso”. “Impaliamola viva”. “Alla gogna in piazza”. Una caccia, stalking organizzato che dalle chat sta iniziando a trasferirsi nelle piazze e nelle strade colpendo medici e giornalisti. E l’obiettivo grosso restano i politici. Ad iniziare dal ministro della Salute Roberto Speranza, che secondo tanti merita le uova e secondo qualcuno “solo proiettili”. La strategia dei No Vax e dei No Green Pass nasce dentro la chat Basta Dittatura su Telegram. Oltre 40mila iscritti, centinaia di commenti all’ora, è questa la culla delle chiamate in serie denunciate dal virologo Fabrizio Pregliasco e dell’inseguimento al primario di Malattie infettive del San Martino di Genova, Matteo Bassetti. Al momento sono le due vittime più in vista alle quali i contrari al vaccino e al certificato sono riusciti ad arrivare. Obiettivi “rivendicati” all’interno del gruppo: “Siete fantastici”, scrive l’admin quando si diffonde la notizia che Bassetti è stato inseguito domenica da un uomo di 46 anni. L’aggressore, denunciato dalla polizia per minacce gravi, l’ha incontrato per strada e ha iniziato a inseguirlo riprendendolo col telefonino urlandogli: “Ci ucciderete tutti con questi vaccini e ve la faremo pagare”. Ed è questo il clima che si respira nel canale Telegram, da alcuni giorni. “Preparare indirizzi delle case delle merde criminali”, è l’ordine. Nel calderone finisce chiunque prenda decisioni, si esponga in prima persona nella lotta al Covid o racconti l’epidemia: “Tutti i ministri, tutti i capi di partito, cosiddetti virologi criminali, tutti i presidenti di Regione, il c***e Figliuolo, giornalisti più criminali”. C’è chi segnala la presenza di Speranza alla festa di Pane e Rose a Padova il 2 settembre: in tanti propongono di “colpirlo con uova marce”. E c’è chi minaccia: “Usare solo proiettili 7,62 in alternativa 9 mm”. Il ministro della Salute è il più criticato nella chat, dove chiunque si esprima in favore dei vaccini diventa un bersaglio da colpire. Vengono pubblicati indirizzi e numeri di telefono di Bassetti: “Chiamatelo e registrate le chiamate, non deve più dormire la notte”. Nel calderone finisce anche il suo indirizzo genovese. Nel mirino anche Pregliasco, che a Ilfattoquotidiano.it conferma: “Ricevo chiamate in serie, tre-quattro di fila, su numeri privati. Mi rivolgono minacce di morte, dicono che la pagheremo”. C’è chi prova a indirizzare lo stalking telefonico anche nei confronti di Pietro Bica, l’ortopedico siciliano che negli scorsi giorni ha annunciato di accettare nel suo studio solo pazienti vaccinati: “Inondatelo”. Un altro da importunare con mail bombing e chiamate è Antonio Cascio, infettivologo e direttore dell’unità di malattie infettive del Policlinico di Palermo, che aveva proposto – specificando che si trattava di una “provocazione” – di far pagare le cure ai No vax. Nelle ore in cui il videomaker del gruppo Gedi Francesco Giovannetti è stato preso a pugni da un manifestante, diventando il terzo cronista aggredito durante cortei e sit-in dopo Antonella Alba di RaiNews24 e Saverio Tommasi di Fanpage, nelle chat vengono messi all’indice anche i “giornalisti più criminali”, è bastato scrivere questo articolo perché dagli amministratori del canale Telegram partisse l’ordine di “inondare” anche le caselle di posta de Ilfattoquotidiano.it e definire il nostro sito “leccaculo”. Ma si cerca un salto di qualità: con cadenza regolare viene chiesto di pubblicare indirizzi e numeri di telefono di presidenti di Regione e ministri. E così spuntano i recapiti dei governatori del Piemonte e dell’Emilia Romagna, Alberto Cirio e Stefano Bonaccini. C’è chi chiede insistentemente di trovare quello di Vincenzo De Luca che “ha imposto regole più dure di quelle nazionali”. Anche Eugenio Giani è diventato uno dei pensieri fissi degli iscritti dopo aver comunicato che gli operatori sanitari non vaccinati saranno sospesi dal 30 settembre: “Scrivete a quella merda che continua a dire che dal 1° ottobre i non vaccinati in Toscana non devono più uscire di casa”, fa confusione qualcuno. L’ex ministra Beatrice Lorenzin è da “impalare viva”, il costituzionalista Alfonso Celotto che si era espresso duramente sulle cure ai no vax è un “pazzo malato” e “bisogna andare a casa sua”. Nel delirio qualcuno suggerisce di colpire anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi: “È stato lui a dare il via alla fase finale ed è anziano e c’è il rischio che crepi prima di pagare le sue colpe. Mi auguro vivamente di vederlo alla gogna in piazza Maggiore a ricevere sputi in faccia con la forca lì accanto”. Nessuna pietà anche per chi ha perso la vita. Negli scorsi giorni Guido Castelnuovo Tedesco, esponente di Forza Italia e già consigliere del Quartiere 5 di Firenze, è scomparso improvvisamente a 33 anni. Aveva caldeggiato il vaccino e criticato in maniera aspra coloro che hanno deciso di non riceverlo, pregandoli di tacere: “Uno in meno” e “Ben gli sta”, la macabra esultanza della frangia di irriducibili No vax. 

Da adnkronos.com il 31 agosto 2021. Minacce no vax anche per Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. "Ecco un'altra merda di partito che ha instaurato la dittatura e adesso dice che se rivogliamo la libertà allora dobbiamo sottometterci e diventare schiavi". Era il 25 luglio, poco prima che entrasse in vigore il Green pass, quando gli amministratori del gruppo 'Basta Dittatura!" su Telegram hanno attaccato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che aveva detto: "Vaccinarsi serve proprio a riconquistare la nostra libertà". Tanti i commenti critici e le minacce: "Un altro infame da giustiziare", "uno sterco di uomo", "è necessario il piombo", "ti vedremo presto anche a te con il cappio al collo". E ancora: "Lo impalerei in pubblica piazza", "ti veniamo a prendere". E se da una parte c'è chi prospetta "attentati dislocati nei luoghi di potere, in simultanea", dall'altra alcuni utenti definiscono il titolare della Farnesina "un altro infame da giustiziare", aggiungendo: "È necessario il piombo", "devi crepare". Il 24 luglio nel mirino del gruppo anche il leader della Lega Salvini che si era appena vaccinato e la presidente di Fratelli d'Italia Meloni che aveva annunciato che si sarebbe vaccinata: "Eccole le mer.. della finta opposizione". "Salvini merd....a collaborazionista, ci ricorderemo di te", "sono tutti complici", "devono sparire questi traditori", scrivono i membri del gruppo nei commenti. “Nessuna tolleranza per i violenti. Solidarietà e vicinanza, umana e politica, al ministro Luigi Di Maio”. Lo afferma il segretario della Lega, Matteo Salvini. "Solidarietà e vicinanza al ministro degli Esteri Luigi Di Maio e a tutti coloro che, in queste ore, vengono minacciati da cosiddetti soggetti "No vax" e "No Green pass"". E’ quanto affermato, in una nota, dai deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Giustizia della Camera. "Il ministro Di Maio, che si è sempre speso a favore della campagna vaccinale, sarebbe stato pesantemente attaccato in una chat Telegram, con frasi estremamente violente. Proprio negli ultimi giorni, lo stesso di Maio aveva sottolineato come gruppi di sedicenti ‘No vax’ stessero manifestando il loro dissenso in forme inaccettabili, chiamando tutto l’arco politico a condannare le violenze. Siamo al fianco di Di Maio e di chiunque, in questi momenti di crescente tensione, venga fatto oggetto di intollerabili attacchi fisici e verbali”.

Medici, giornalisti, politici, cantanti: la lista sempre più lunga dei bersagli. Alessandro Fulloni su Il Corriere della Sera il 31 agosto 2021. Anche Meloni e Salvini presi di mira dopo aver fatto il vaccino. Speranza tra i primi destinatari di avvertimenti pesantissimi. L’insulto più lieve è «infami». Ma il grosso è composto da frasi così: «Vi vogliamo sulla forca». O anche: «Verremo a prendervi», «guardatevi le spalle», «il problema sarà solo quello di smaltire i corpi». I bersagli sono politici di destra e sinistra, dal leader della Lega Matteo Salvini al ministro della Salute Roberto Speranza. Poi sindaci, assessori, giornalisti, virologi di fama e medici di base, giornalisti, insegnanti. Tutti presi di mira dal mondo dei più violenti tra i No vax, in un clima sempre più esasperato. Eloquente il caso dell’infettivologo Matteo Bassetti inseguito e minacciato domenica sera da un uomo che gli ha urlato «Ci ucciderete tutti con questi vaccini! La pagherete!». Non mancano le aggressioni. È successo domenica alla giornalista Antonella Alba, di Rai News 24 inviata alla manifestazione, a Roma, dei no green pass alla quale erano presenti anche esponenti di Forza Nuova. Prima le hanno gridato «giornalista terrorista» e poi, strappandole il microfono, le hanno procurato lividi ed escoriazioni. Peggio è andata lunedì, sempre nella Capitale, al cronista di Repubblica Francesco Giovannetti, centrato da «quattro o cinque cazzotti» — davanti al ministero dell’Istruzione durante un altro sit in no green pass — da uno che ha mimato il gesto di sgozzarlo per poi prenderlo a pugni. Scena non troppo diversa da quella vista a Milano dove, domenica, nel corso di un corteo No vax, un gruppo di persone ha travolto un gazebo grillino, spintonando gli attivisti al grido di «venduti». Minacce che arrivano imbrattando i muri, via mail, indirizzate dai social. O che compaiono sulla famigerata e diffusissima chat di Telegram «Basta dittatura!» dove accanto a nomi e cognomi sono stati pubblicati indirizzi accompagnati da raffiche di insulti e minacce. L’elenco è lunghissimo ed è nelle mani della Digos. Il 24 luglio nel mirino del gruppo è finito Salvini appena vaccinato e lo stesso è successo alla presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che aveva appena annunciato la stessa intenzione: «sparite», «collaborazionisti», «ci ricorderemo di voi» sono tra le parole e le frasi meno cruente. Fra i primi a essere preso di mira da avvertimenti pesantissimi è stato il ministro Speranza che tra l’ottobre 2020 e il gennaio 2021 ha ricevuto — da quattro persone tra i 35 e i 55 anni poi denunciate — messaggi online di questo tipo: «Invece che il lockdown ti ammazziamo la famiglia, affami l’Italia, prima o poi ti spelliamo vivo», «Sei da schiacciare, da calpestare, da odiare e da ammazzare appeso a testa in giù». L’odio No vax si indirizza inevitabilmente sui virologi. Fabrizio Pregliasco, professore alla Statale di Milano, parla di «telefonate anonime, insulti via sms, auguri di morte violenta via mail» e ora ammette «di guardarsi attorno con più timore». «Lettere d’insulti, nulla di più», anche per Silvio Garattini, farmacologo e presidente dell’Ircss Mario Negri, preoccupato semmai «da una situazione anomala e assai spiacevole». Massimo Galli, primario di Malattie infettive al Sacco di Milano, racconta di «attacchi poco piacevoli, ma non ne ho mai parlato per evitare seguiti». Su «Basta dittatura!» è comparso anche il domicilio di Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza, per il quale la chat è «un’associazione a delinquere finalizzata al terrorismo». Infine chi sta in «prima linea»: per aver parlato di vaccinazioni alle famiglie il preside del liceo Buonarroti di Monfalcone di Gorizia ha ricevuto un proiettile a casa. E i medici segnalano quei pazienti negazionisti che con violenza pretendono le esenzioni per vaccini e green pass.

Estratto dell'articolo di Annalisa Chirico per “il Foglio” il 2 settembre 2021. "Non ho ricevuto alcun messaggio da Matteo Salvini, mi ha fatto male", il professore Matteo Bassetti ha il tono affranto, la battaglia a favore della campagna vaccinale si è trasformata in guerriglia, minacce e atti di violenza sull'uscio di casa. Il direttore dell'unità clinica Malattie infettive dell'ospedale S. Martino di Genova si sente sotto attacco, in un'inattesa solitudine. "A un certo punto ero l'idolo della destra, del resto le mie personali inclinazioni sono note. Poi vado in tv a dire alla gente di vaccinarsi e attorno a me si crea il vuoto, sono rimasto solo". Gli attacchi non hanno risparmiato neppure Salvini vaccinato "Nella Lega, come in Fratelli d'italia, c'è un'ambiguità rischiosa. Ho molti amici che votano il centrodestra ma non si riconoscono nelle posizioni anti vacciniste, anzi sono in imbarazzo. Chi si candida a governare il paese non può dirsi un giorno pro vaccino e un giorno contro, la linea deve essere una, chiara e cristallina. Altrimenti si lascia una battaglia sacrosanta alla sinistra e si perdono un sacco di voti". Lei è deluso. "Sono molto deluso. Se la destra è quella dell'antiscienza, sono ben contento di stare lontano dalla destra". (...) "Ho una totale sintonia con Giovanni Toti, con Matteo Renzi, con Debora Serracchiani, per il resto una delusione totale. Avevo instaurato un buon rapporto con Salvini e sì, il suo silenzio mi ha fatto male. Il problema è che tanto nella Lega quanto in FDI ci sono delle frange che strizzano l'occhio ai No vax e scendono in piazza contro il governo di cui fanno parte, roba da matti". Magari la telefonata arriverà nei prossimi giorni, chi lo sa. "Se arriverà mi farà piacere, ma oggi mi sento politicamente orfano. Su questo tema non possono esistere ambiguità, la destra ha commesso un errore enorme che pagherà alle urne. Il vaccino non è di destra o di sinistra: è uno strumento imperfetto ma è l'unico a nostra disposizione per combattere il virus". (...) 

Estratto dell'articolo di Michele Bocci per repubblica.it l'11 settembre 2021. L'ultimo l'ha incontrato ieri in ambulatorio: «Il Covid è stato inventato a tavolino, è un complotto mondiale, già dal bugiardino si capisce che i vaccini sono pericolosi». Un No Vax duro e puro, che Domenico Crisarà, medico di famiglia di Padova, ha sbattuto fuori quando il tasso di sciocchezze è salito oltre il livello di guardia. Solo uno dei 10 milioni di italiani sopra i 12 anni che ancora non hanno avuto neanche una somministrazione. È uno degli "irrecuperabili", che frequentano canali social a senso unico, si abbeverano alle parole dei cattivi maestri e magari vanno in piazza a protestare. Quanti sono? Per Davide Bennato, sociologo dell'Università di Catania che ha fatto ricerche sulla comunicazione digitale degli anti-vaccinisti, al massimo il 4-5% degli italiani, tra i 2,5 e i 3 milioni. Gli altri sono indecisi, impauriti, ex malati, procrastinatori ma non No Vax ideologizzati. E fra i 10 milioni c'è anche chi (non tanti) presto farà la prima dose.

Al Sud, tra 30 e 50 anni. È più facile trovare persone scoperte al Sud, in Calabria (il 25,8% degli abitanti è ancora senza vaccino) o in Sicilia (25,9%). Non vanno bene neanche Bolzano (26,8%) e la Valle d'Aosta (23,5%). I meno protetti hanno tra 30 e 49 anni. Poi ci sono i cinquantenni, che preoccupano perché sono più fragili di fronte alla malattia. Oltre il 18% (1,7 milioni) è del tutto scoperto. «In buona parte sono persone confuse - dice Crisarà - Magari si informano molto e probabilmente si sono ubriacate di notizie. La vicenda del richiamo eterologo per AstraZeneca, ad esempio, è stata una botta dura da digerire, ha fatto vacillare molti». 

Tra loro anche laureati. Alberto Chiriatti, medico di famiglia di Ostia, mette in guardia: «Attenzione, non dimentichiamo che i non vaccinati sono trasversali dal punto di vista sociale. C'è tra loro una discreta fetta di laureati e comunque di persone di buon livello culturale». Bennato aggiunge che «non è questione di titolo di studio. Se ho una resistenza valoriale, il livello culturale non conta. Esercito il mio scetticismo». Del resto ci sono anche medici, infermieri e insegnanti che hanno rifiutato il vaccino.

Neonata morta di Covid in Inghilterra, la madre: “Non mi pento di non aver fatto il vaccino”. Debora Faravelli il 12/11/2021  su Notizie.it. Una neonata positiva al Covid è morta a nove giorni dal parto: la madre non si è pentita di non essersi vaccinata contro il virus. La madre della neonata di nove giorni morta di Covid a Blackpool, Inghilterra, ha ammesso di non essersi pentita di non aver fatto il vaccino contro l’infezione. “Non mi sono vaccinata dopo aver letto storie degli effetti su un sito sulla gravidanza”, ha spiegato. Dopo aver contratto il virus, la giovane aveva dovuto partorire alla ventiseiesima settimana e la piccola data alla luce, a sua volta positiva, non ce l’ha fatta. Intervistata dal Daily Mail, la donna ha rivendicato la sua scelta di non immunizzarsi nonostante questo abbia comportato la contrazione dell’infezione e la successiva trasmissione alla figlia costringendola ad un parto prematuro. “Ho avuto altri due bambini prematuri, quindi sapevo cosa mi aspettava e quali erano i rischi di un altro parto prematuro. Ma ero speranzosa, sapendo come sono sopravvissuti gli altri miei figli”, ha evidenziato la madre che, a inizio ottobre, aveva iniziato a manifestare i primi sintomi del Covid e aveva scoperto di essere positiva. I medici del Blackpool Victoria Hospital l’avevano dunque fatta partorire ma, dopo il trasferimento nell’unità neonatale del Royal Preston Hospital, la neonata ha iniziato a peggiorare con rapidità fino alla morte. Difficile stabilire se il decesso sia legato all’infezione che la madre le ha trasmesso, ma questa potrebbe aver complicato il suo quadro clinico.

Da liberoquotidiano.it il 12 novembre 2021. Robe da matti a PiazzaPulita, il programma di Corrado Formigli in onda su La7. La puntata è quella di giovedì 11 novembre. Tra gli ospiti un nutrito parterre di negazionisti: in collegamento il giurista Ugo Mattei, che si è distinto per posizioni che flirtano sul delirio sul Covid, dunque in studio ecco Alberto Contri, del fantomatico "comitato no Green pass". In collegamento, a cercare di tenere il punto, ecco Matteo Bassetti, il virologo genovese. Ad aprire le danze è Contri, in un mix di complottismo e disperazione: "Non ne usciremo mai. L'approccio svedese e inglese è far circolare il coronavirus apposta tra i bimbi che si ammalano poco e acquisiscono un'immunità naturale ben più forte dei vaccini", premette. Dunque si rivolge con toni insultanti a Bassetti: "Vorrei chiedere una cosa, lei ha detto molte frottole nei mesi passati, dicendo che il vaccino non è sperimentale. Dice anche dal 1980 studiamo l'mRna, ma il vaccino mRna esiste dal 2020. E ancora: lei ha un conflitto di interessi con Pfizer? È nel comitato scientifico di quel gruppo e di altre 11 imprese? Se lei fa il propagandista di un solo farmaco c'è qualcosa che non torna...", insinua.  A quel punto ecco che Bassetti replica, in modo deciso ma pacato: "Io ho rapporti con molti gruppi, nel settore antibiotici. Non ho mai partecipato a un advisory board per nessuno dei vaccini: spero sia chiarito definitivamente, ed è tutto regolamentato da leggi precise, dalla legge italiana e quella internazionale". Ed è a questo punto che si inserisce Mattei, in modo scomposto, piuttosto vergognoso: "Cioè veramente... anche la pubblicità di quanto è bravo Bassetti. Questo è un signore che ha cambiato mestiere, va in televisione a fare il propagandista di una certa linea, ci prende per il cu***". A quel punto, Bassetti toglie le cuffie, saluta e abbandona lo studio: "Io vi saluto, grazie e arrivederci". E Mattei: "Ne abbiamo mandato via uno, così comincia ad andare meglio". Troppo, anche per Formigli, che manda via anche il giurista: tagliato il collegamento, arrivederci e grazie.

Marco Belpoliti per doppiozero.com il 12 novembre 2021. Giovanni è un salutista. Da anni adotta una dieta vegetariana che associa a pratiche psicofisiche. Da quando è in pensione trascorre lunghi periodi in montagna a contatto con la natura. Quando ci parliamo, per lo più al telefono, mi racconta delle sue passeggiate per i boschi, nella natura incontaminata dove cerca di vivere. L’altro giorno, quando ci siamo sentiti dopo alcuni mesi di silenzio, mi ha detto che lui non si è vaccinato e che non pensa di farlo: “Tanto vedo ben poche persone e indosso sempre la mascherina quando vado a fare la spesa e trascorro molto tempo all’aperto”. Giovanni non è il solo. Anche Fausta, che è diventata da qualche anno vegana, dopo essere stata una praticante delle diete macrobiotiche, ha le medesime convinzioni. Parlando con lei al bar, rigorosamente all’aperto, mi ha manifestato la sua convinzione che i vaccini non siano necessari dal momento che segue pratiche alimentari e di vita che le permettono di non contrarre il Covid. Ne è sicura, per quanto poi applichi misure di protezione di sé. Sia Giovanni che Fausta non si definiscono “No Vax” in senso stretto e non si sognano neppure di partecipare alle manifestazioni che in alcune città italiane – ad esempio Milano – ogni sabato bloccano il traffico e creano ingorghi. Da tempo mi sto interrogando sull’atteggiamento di questi miei amici e conoscenti – ce ne sono anche altri – e sulla loro volontà di respingere tutte le pratiche vaccinali per combattere il contagio. La parola chiave che unisce tutte queste persone è “contaminazione”. I loro atteggiamenti salutisti, che per altro in parte condivido – la scelta vegetariana, la vita all’aria aperta, l’attività fisica, per quanto mangi carne di tanto in tanto – hanno a che fare con il desiderio di non essere contaminati? Il termine “contaminare” ha una strana storia. Il suo etimo è sconosciuto, per quanto il significato di questo verbo sia chiaro: “rendere impuro, insozzare”. C’è anche un uso in ambito letterario – “contaminazione – che risale al Seicento. Si tratta dell’accusa rivolta all’epoca al commediografo latino Terenzio circa le commedie greche che egli traduceva: gli si imputava di fondere brani di più commedie in un unico testo. Contaminare come confondere e fondere? Il timore di essere contaminati nel senso più usuale del verbo è sicuramente all’origine di molti atteggiamenti contemporanei. Tutti gli appassionati di Kubrick ricorderanno un personaggio del film Il dottor Stranamore: ovvero come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba: il generale Jack D. Ripper. Il militare americano è convinto della “fluorocontaminazione” operata dai sovietici, che hanno contaminato l’acqua potabile. Ripper è un paranoico e il suo timore di essere infettato, come suggerisce Kubrick nel film, è collegato all’impotenza sessuale. Un argomento questo che ritorna in molti casi di paranoia individuale e collettiva: la contaminazione ha che fare con la sessualità. Come ha già suggerito in un suo articolo apparso in queste pagine Luigi Zoja, la paranoia è una delle forme patologiche oggi più diffuse a vario livello e, come ha spiegato nel suo libro, Paranoia. La follia che fa la storia (Bollati Boringhieri, 2011), si tratta dell’unica malattia mentale trasmissibile per contagio. Ondate di paranoia hanno attraversato la società italiana in varie occasioni negli ultimi cinquant’anni, in particolare durante la pandemia: eravamo un po’ tutti paranoici davanti alla diffusione di questo virus che mieteva tante vittime nei primi mesi del 2020.

L’ossessione della purezza non è un tema ignoto alla psicologia e all’antropologia. Nel 1966 Mary Douglas, un’antropologa inglese, ha pubblicato un libro importante Purezza e pericolo (il Mulino) dedicato alle pratiche di purificazione diffuse nelle varie società umane. La definizione simbolica della coppia puro/impuro è fondamentale nell’organizzazione delle varie società. Si tratta di regole e divieti, per lo più legati all’igiene, che fanno sì che vengano censurati alcune abitudini alimentari o sessuali. L’approfondita analisi condotta dalla Douglas arriva a stabilire che le proibizioni riguardano, nel caso del cibo, tutto ciò che conserva uno statuto ambiguo, ovvero ciò che mette in scacco il sistema rigido di categorie regolatrici delle società umane. Esiste poi un disgusto da contaminazione che si manifesta nei confronti di persone o luoghi che recano la minaccia d’infettare chi li frequenta. La pulizia è uno di questi aspetti che muovono reazioni di rigetto in molte persone. Alcuni psicologi parlano della paura di contaminazione che viene vissuta come una violazione del “corpo-guscio”, per cui chi ne soffre respinge tutte le attività che possono creare situazioni di pericolo. Mary Douglas in modo icastico ha condensato il tutto in una efficace frase: “La sporcizia è una cosa fuori posto”. Proviamo disgusto verso tutte le cose e le realtà che non ci appaiono al “posto giusto”. La ripugnanza fisica è un’emozione molto più diffusa di quanto si creda e condiziona i comportamenti di tante persone. Due psicologi, Paul Rozin e Carol Nemeroff, alcuni decenni fa fecero un esperimento: proposero a una serie di persone di indossare un maglione che a loro dire era appartenuto ad Adolf Hitler. La risposta fu un netto rifiuto da parte delle persone coinvolte. I due psicologi supposero che i partecipanti all’esperimento temessero di essere contaminati da questo capo d’abbigliamento posto sulla loro pelle nuda. Il contagio era ovviamente impossibile anche nel caso il maglione fosse stato davvero di proprietà del capo della Germania nazista. Potenza dell’immaginazione! Del resto, il tema della contaminazione, secondo altri psicologi e storici, ha determinato molti dei comportamenti di Hitler stesso nei confronti degli ebrei. Puro/impuro è una coppia formidabile che influenza non solo le nostre repulsioni, ma anche i nostri giudizi morali ed estetici. La pandemia ha prodotto uno stato di grande confusione mentale nelle società dove il contagio del Covid 19 è dilagato. L’invisibilità del virus ha contribuito non poco a definire la forma simbolica di questo “essere” che nessuno ha visto, se non sotto forma di ingrandimento d’un microscopio elettronico, così la malattia è stata di volta in volta attribuita a diverse modalità di comportamento degli altri. Prevaleva infatti la convinzione di poter essere contagiati, piuttosto che quella di contagiare gli altri. Quando poi la morte di migliaia di persone nei primi mesi della pandemia è diventata un dato rilevante nel contesto della società italiana, il tema della contaminazione è diventato di colpo dominante. La stessa azione di lavarsi le mani frequentemente, di igienizzare gli arti superiori, con cui compiamo la maggior parte delle nostre azioni, ha avuto un peso non indifferente nel generare comportamenti ossessivi, come del resto Freud stesso aveva spiegato in alcuni casi clinici da lui osservati. I No Vax appartengono a questa categoria di persone preoccupate di contaminarsi? E poi perché la contaminazione ha preso la forma del respingimento della vaccinazione? Tutto quello che viene introdotto nel nostro corpo – il cibo e l’aria che respiriamo, in primis – ha un rapporto molto stretto con il contagio. A suo modo Alessandro Manzoni, in quel fondamentale libro che è Storia della colonna infame, ha esaminato le pratiche mentali e giudiziarie che si sono generate nella peste del 1630. Credo che l’idea di inocularsi un antidoto, un vaccino nella fattispecie, nel proprio corpo attraverso una siringa sia ritenuta un’azione conturbante. Se poi il vaccino è, come crede la maggior parte dei No Vax, l’inoculazione del “nemico” allo scopo di creare delle difese immunitarie, l’ipotesi della contaminazione prende immediatamente forma. Al contrario la possibilità di creare delle difese attraverso uno stile di vita e alimentare “naturale”, è alla base della convinzione di un numero non piccolo di persone che si oppongono all’uso del vaccino. Paura della morte? Non credo. Penso che ciò che i No Vax rivelano con i loro comportamenti sia il contrario: la paura della vita. Di una vita che passa attraverso l’uso di un farmaco. La parola “farmaco”, come si sa, deriva dal greco e indica ciò che guarisce ma anche il veleno: una doppia faccia. Un’antica saggezza che contiene sicuramente qualcosa di vero, perché il rapporto tra salute e malattia dal punto di vista medico implica la presenza di complicati equilibri. Come ha detto una volta un filosofo, non si muore perché si è ammalati, ma ci si ammala perché si deve morire. Morte e vita intrattengono dal punto di vista simbolico un rapporto complesso. Freud ha esplorato tra i primi i labirinti in cui l’impulso di vita e quello di morte non solo confinano tra loro, ma sono complementari. Non è mia intenzione ricapitolare qui quanto il fondatore della psicoanalisi ha detto al riguardo, ma di sicuro le pratiche contro la contaminazione, che attraversano la nostra società, contengono l’idea di conservarsi il più a lungo possibile sani, e soprattutto “puliti”. La purificazione è all’origine di molte pratiche alimentari, che hanno in vari casi origine in culture altre rispetto a quella occidentale, nelle culture orientali, che sono state importate con successo nella nostra civiltà occidentale. Non voglio parlarne male, perché io stesso vi faccio ricorso, ma quello che mi colpisce nel variegato mondo No Vax, in quello meno rumoroso e militante, ma ben rappresentato da Giovanni e Fausta, è questa paura della vita e del rischio che vivere comporta. Poiché non ci sono più a disposizione, almeno in Occidente promesse plausibili di vita eterna, l’unica vita è quella che abbiamo. Ragione per cui l’importante è preservarla il più a lungo possibile, un giorno, un mese, un anno in più, conservandosi inattaccabili da ogni possibile contaminazione. Questa è una delle nuove ideologie sociali che stanno crescendo intorno a noi giorno dopo giorno. 

Con (poco) juicio. Il ridicolo complottismo no-vax spiegato da Alessandro Manzoni. Maurizio Ferraris su L'Inkiesta il 12 novembre 2021. Nonostante il progresso occidentale, le dinamiche del negazionismo si ripetono nel tempo con nomi nuovi. Maurizio Ferraris nel suo ultimo libro (pubblicato da Einaudi) immagina quali saranno le nostre conversazioni post-Covid, in un mondo frammentato più che mai. In un certo senso, il complottismo è l’omaggio che l’antirealismo rende al realismo, appunto perché il virus c’è, è reale, e coloro che sulle prime lo hanno negato lo facevano essi stessi in nome della verità e della realtà, anche se per dovere d’ufficio dovevano il più delle volte scrivere «verità» e «realtà», così come «pandemia», «epidemia» e «contagio», tra virgolette. Tra negazionismo, minimalismo, benaltrismo e complottismo, molti filosofi che in altri momenti avrebbero sottoscritto la tesi secondo cui non esistono fatti, solo interpretazioni, e che la verità è poco più che un complimento, una pacca sulla spalla, inutile in democrazia quando non necessariamente dannosa, perché pregiudizievole per la solidarietà umana, si trovano impegnati in una battaglia in nome della verità: non è vero che c’è il virus; non è vero che è naturale; non è vero che è il più grande problema con cui ci misuriamo in questo momento. Tuttavia, il complottismo è una fortezza in cui è facilissimo entrare ma difficilissimo uscire, perché se ne infischia delle evidenze, ossia è un giudizio sintetico a priori. Se qualcuno vuole credere in un oracolo, nessuno glielo può impedire. Se uno sostiene che la causa di tutte le sue disgrazie è un marziano o Manitù, è futile obiettargli che probabilmente né i marziani né Manitù esistono, e che se esistessero avrebbero con ogni probabilità di meglio da fare che infelicitarlo. Il complottista opporrebbe che questo è tipicamente il discorso di coloro che ordiscono complotti per conto dei marziani o di Manitù, e trasformerebbe la confutazione in una conferma. Manzoni storicizzava i giudizi e non escludeva che lettori futuri avrebbero trovato delle corbellerie in quello che scriveva. Passano altri due secoli, e la corbelleria non passa, ma diviene istantanea e riconoscibile all’impronta. Non c’è motivo perché io stesso non proferisca a mia volta corbellerie, né mi sentirei di escludere che, diversamente da Don Ferrante, i suoi pronipoti non abbiano economizzato in amuchina, sebbene (non stento a crederlo) anche in quella attività si saranno impegnati con un cipiglio degno di miglior causa. Ma non credo di dire uno sproposito se ricordo, con Pierre Bayle, che in filosofia non c’è setta, per quanto irrisa, smentita, sbugiardata e offesa, che non possa risorgere in altri tempi e in altri lidi. Dopo lo scrutinio di tutti questi complotti esposti con una serietà da Buster Keaton, il complottismo iperbolico e cabalistico giunge come una ventata di ossigeno, o di gas esilarante. Tre eventi, suggerisce un bene informato, hanno avuto luogo nel 1968: è stato coniato il coronavirus, a New York iniziò la costruzione del World Trade Center e il 9-1-1 divenne il numero nazionale di emergenza negli Stati Uniti. Questi tre eventi sono stati prodotti da un codice numerico, Gematria, che ha lo scopo di instaurare in tutto il mondo uno stato di sorveglianza, con la complicità di partiti politici e del Vaticano. Né si ometta di considerare questo: il 18 ottobre 2019, a New York, una simulazione reperibile su internet anticipa l’epidemia, che conviene a tutti i poteri forti: big pharma, piattaforme e Stato disciplinare, sotto la guida delle élites globalizzate. Non nascondiamocelo: le olimpiadi militari che si inaugurano a Wuhan il 18 ottobre 2019 non sono che l’esecuzione di un copione che prevedeva tutto – il pipistrello, la curva dei morti, i passi della crisi economica. Per parte sua, anche Gates aveva previsto tutto, tranne sua moglie e la clorochina, umile ed economico rimedio al male e inviso ai grandi della terra. Non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere. I poteri che governano il mondo hanno profittato della epidemia, che a questo punto non importa se ci sia o meno, per riprendere in pugno una situazione che gli stava scappando di mano. Lo scopo di questa mossa pretestuosa è l’imposizione di una tirannia per il tramite di uno stato di eccezione. Mario Vargas Llosa ha dichiarato: «Que la pandemia no sea un pretexto para el autoritarismo». E lo hanno seguito, firmando, vari ex capi di Stato, spagnoli e latinoamericani, paventando l’avvento di un virus caudillo. Altri, sebbene in minor numero, hanno invece visto nel caudillismo una chance da sfruttare sino in fondo, come fece De Gaulle ai tempi dell’Algeria, per ricostruire la nazione su basi solide, superando il disastroso sistema dei partiti e adottando una nuova Magna Charta che unisca e salvi la patria che per nostra fortuna, nel caso in esame, è la Francia. I più, tuttavia, vedono in questa circostanza una recrudescenza del dispositivo securitario dello Stato moderno, in cui lo statista è anche uno stragista, non si sa se perché è assolutista o semplicemente pasticcione: tant’è che riesce, al tempo stesso, ad ammazzare innocenti che si potevano salvare e a sopprimere i diritti fondamentali. Nella gran luce c’è qualcosa di nascosto, questa la consapevolezza che separa il complottista dal gregge. A che pro si scomodano i media e la sanità? A che pro si scatena il panico? È ovvio che nulla di ciò che accade è frutto del caso, e da questa intuizione si generano leghe di libri che sostengono, separatamente o in accoppiamenti più o meno giudiziosi, le seguenti posizioni: Virus Neoliberista, Virus Globalista, Virus Antiglobalista, Virus Decisionista, Virus Golpista, Virus Fascista, Virus Sovranista, Virus Autocensorio, Virus Antioccidente, Virus Sciacallo, Virus Antimigrante (anche nella versione «prima gli italiani»), Virus Militarista, Virus Tecnocrate – salva restando la possibilità di abbracciare la sommatoria di tutte le categorie precedenti. È una attività piena di soddisfazione, cioè di conferimento di senso, che per essere condotta a buon fine chiede solo l’omissione della domanda: può un virus il cui Dna neoliberista pare indiscutibile essere, insieme, lo strumento di un complotto statalista, di un complotto comunista e antineoliberista, o antipopulista, e nella fattispecie di un complotto liberal per vincere le elezioni americane? Non è affatto infrequente che tutte le posizioni (negazionismo, minimalismo, benaltrismo, complottismo) si mescolino, giacché la realtà è dialettica e il cuore umano è un guazzabuglio. Si consideri la successione di giudizi formulati da un illustre filosofo italiano: 26 febbraio 2020: «Di fronte alle frenetiche, irrazionali e del tutto immotivate misure di emergenza per una supposta pandemia». 17 marzo: «un pericolo di ammalarsi che, almeno per ora, non è statisticamente nemmeno così grave». 20 marzo: «il Paese ha bisogno di tornare a vivere, indipendentemente dal parere tutt’altro che concorde dei virologi e degli esperti improvvisati». 27 marzo: «Mai come oggi si è assistito allo spettacolo, tipico delle religioni nei momenti di crisi, di pareri e prescrizioni diversi e contraddittori, che vanno dalla posizione eretica minoritaria (pure rappresentata da scienziati prestigiosi) di chi nega la gravità del fenomeno al discorso ortodosso dominante che l’afferma». 28 marzo: «Come Foucault ha dimostrato prima di me, i governi che si servono del paradigma della sicurezza non funzionano necessariamente producendo la situazione d’eccezione, ma sfruttandola e dirigendola una volta che si è prodotta». 27 aprile: «senza voler minimizzare l’importanza dell’epidemia bisogna però chiedersi se essa può giustificare misure di limitazione della libertà che non erano mai state prese nella storia del nostro Paese». Nel giro di pochi mesi, e in un solo pensatore, si susseguono i progressi del contagio così come sono descritti nel mutare della opinione pubblica circa la peste nei Promessi sposi. «In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l’idea s’ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto: ma già ci s’è attaccata un’altra idea, l’idea del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde l’idea espressa dalla parola che non si può più mandare indietro».

Da “Post-Coronial Studies. Seicento sfumature di virus”, di Maurizio Ferraris, Einaudi, 2021, pagine 136, euro 12

Dagotraduzione dal Washington Post il 2 dicembre 2021. Mercoledì a Londra è stata venduta all’asta una lettera di Caterina la Grande a sostegno dell'immunizzazione di massa contro il vaiolo. Nella missiva, datata 20 aprile 1787, l'imperatrice russa incarica un governatore generale dell'attuale Ucraina di rendere l'immunizzazione una priorità e afferma che «questa vaccinazione dovrebbe essere comune ovunque». La lettera è stata venduta alla casa d'aste MacDougall insieme a un ritratto dell'imperatrice dipinto da Dmitry Levitsky, per un totale di 1.100.000 euro. MacDougall's ha dichiarato che la lettera rivela «l'abilità di governo e la lungimiranza mostrate dal grande monarca». Non solo. Mostra la sua lotta contro la paura e la disinformazione sull'immunizzazione tra il pubblico. Quasi due decenni prima che la lettera fosse scritta, Caterina era diventata la prima persona in Russia ad essere vaccinata contro il vaiolo, eppure milioni di russi temevano ancora la procedura. Il moderno vaccino contro il vaiolo, che utilizza il virus del vaiolo bovino, fu sviluppato dal medico britannico Edward Jenner nel 1796. Nei decenni precedenti, proliferò un metodo di immunizzazione chiamato variolizzazione. Nella variolizzazione, il pus o le croste di una persona con il vaiolo venivano introdotti nel flusso sanguigno di un paziente, di solito attraverso tagli sul braccio. Il paziente sviluppava così quindi una forma più lieve della malattia e si immunizzava. Ma, a differenza dei vaccini moderni, che sono sicuri, la variolizzazione ha avuto un tasso di mortalità del 2%, sempre migliore del tasso di mortalità del vaiolo, che durante le epidemie uccideva tra il 30 e il 40% degli infetti, ma comunque rischioso. Negli Stati Uniti, la tecnica della variolizzazione fu introdotta all'inizio nel 1700 da un uomo africano schiavo di nome Onesimo, che raccontò al suo padrone, il ministro puritano Cotton Mather, di una tecnica che, a suo dire, gli africani usavano da centinaia di anni. A sostenere il metodo furono poi anche Benjamin Franklin, John Adams e George Washington. In Russia, l'immunizzazione arrivò qualche decennio dopo tramite l'imperatrice. Come la maggior parte delle persone all'epoca, Catherine era stata perseguitata dal vaiolo per tutta la vita: il suo futuro marito lo aveva contratto il giorno prima del loro matrimonio, e l’anno prima di vaccinarsi, temette per la vita di suo figlio dopo un'altra epidemia di vaiolo che colpì San Pietroburgo, come scrisse in una lettera al re di Prussia. «Mi è stato consigliato di inoculare mio figlio con il vaiolo», vi si legge. «Ho risposto che sarebbe vergognoso non iniziare da me stessa, come potrei introdurre la vaccinazione contro il vaiolo senza dare l'esempio personale?». Catherine convocò a San Pietroburgo il medico britannico Thomas Dimsdale, che sosteneva di aver sviluppato una tecnica di variolizzazione con un tasso di mortalità molto più basso; infatti, aveva immunizzato con successo l'intera famiglia reale britannica. Per settimane a Palazzo si bevve e si cenò come raccomandava la dieta pre-variolizzazione seguita dall’imperatrice. Poi, una notte dell'ottobre 1768, un bambino addormentato malato di vaiolo fu avvolto in una trapunta e portato a palazzo, dove Caterina fu inoculata in segreto. Una versione pesantemente romanzata dell'immunizzazione di Caterina è raffigurata nella stagione 1, episodio 7 dello spettacolo Hulu "The Great". Il giorno successivo, lei e Dimsdale si trasferirono nel suo palazzo estivo, dove l'imperatrice sperava di trascorrere la convalescenza. Teneva anche pronta una carrozza veloce nel caso fosse morta, in modo che Dimsdale potesse sfuggire alle rappresaglie della sua gente. «Ho avuto il vaiolo nel modo più desiderabile, un numero moderato di pustole e una completa maturazione», ha subito registrato. «Che ora, grazie a Dio, è finito, e trovo un inesprimibile carico di preoccupazione rimosso dal mio petto». La sua completa guarigione fu annunciata al mondo il 29 ottobre 1768. Ci fu una celebrazione nazionale, fu messo in scena un balletto allegorico chiamato "Pregiudizio sconfitto" e Dimsdale fu nominato barone. Caterina scrisse in una lettera al suo ambasciatore britannico: «Non esiste una casa nobile in cui non ci siano molte persone vaccinate e molti si rammaricano di avere il vaiolo naturalmente e di non poter essere alla moda». Ma la lettera venduta mercoledì, scritta 19 anni dopo, non è così trionfante. Molti medici sono rimasti scettici sulla variolizzazione e il clero si è scagliato contro la pratica, bollata come "giocare a essere Dio". La maggior parte delle persone è così rimasta non immunizzata e in Russia si continuarono a verificare epidemie devastanti. «Conte Piotr Aleksandrovich», scrive, «Tra gli altri compiti degli Organi Sociali nelle Province a voi affidate, uno dei più importanti dovrebbe essere l'introduzione dell'inoculazione contro il vaiolo, che, come sappiamo, provoca gravi danni, soprattutto tra la gente comune. Tale vaccinazione dovrebbe essere comune ovunque, e ora è tanto più conveniente, poiché ci sono medici o assistenti medici in quasi tutti i distretti, e non richiede spese enormi». Gli dà poi istruzioni dettagliate per ospitare le persone convalescenti dopo aver ottenuto la procedura in conventi e monasteri abbandonati e gli dice come pagare la campagna utilizzando le tasse locali. «Rimaniamo, tra l'altro, favorevolmente disposti nei tuoi confronti», conclude, prima di firmare il suo nome con un grande svolazzo degno di un'imperatrice.

Ma dire grazie? Massimo Gramellini su Il Corriere della Sera il 9 dicembre 2021. Lo confesso, sono un divoratore seriale di storie no vax. Mi incuriosisce scoprire fino a che punto possa spingersi il narcisismo, uno dei tanti virus della nostra epoca da cui non mi considero immune. Se deve paragonarsi a qualche perseguitato del passato, il no vax mica tira in ballo un martire minore, ma come minimo Gesù. Se viene scoperto mentre porge all’infermiera un braccio di silicone, prima cerca di farsela complice e poi ammanta la furbata di motivazioni altruistiche: il suo intento non era eludere le regole, ma provocare, lanciare un segnale... Il meglio di sé lo dà quando purtroppo finisce in terapia intensiva. C’è quello che si sveglia dal coma e accusa l’anestesista di sequestro di persona. Quello che strappa la mascherina al medico. O quell’altro, intubato, che con l’ultimo filo di voce rimastogli redarguisce l’infermiera che si sta avvicinando con una siringa di calmante: «Non si azzardi a farmi il vaccino!». È come se fosse saltato uno degli ultimi schemi di buona educazione che davamo per scontati, forse perché era un insegnamento che ci veniva «inoculato» durante l’infanzia: ringraziare chi ti sta facendo un piacere, tanto più se quel piacere coincide con la vita. Prometto solennemente che d’ora in poi leggerò solo le storie dei veri perseguitati, che non sono i no vax, ma i medici e gli infermieri che sgobbano per salvarli, con orari spesso inversamente proporzionali agli stipendi e senza neanche la mancia di un sorriso.

«Ho fatto l’untore»: ora Mauro da Mantova, crociato no vax della «Zanzara» è intubato. Davide Orsato su Il Corriere della Sera l'11 dicembre 2021. Maurizio Buratti, di Mantova, si vantava di un blitz al supermercato con 38 di febbre e senza mascherina: ora è ricoverato in terapia intensiva e lotta per la vita all’ospedale di Verona. Meno di dieci giorni fa si vantava di un blitz al supermercato, con 38 di febbre e la mascherina sotto il naso. Ora lotta per la vita nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale di Borgo Trento. Non passa giorno senza che alla Zanzara, la trasmissione radiofonica che negli ultimi anni ha ospitato spesso e volentieri le sue tirate, i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo non diano aggiornamenti sul suo stato di salute, ma le notizie che riguardano «Mauro da Mantova» (all’anagrafe Maurizio Buratti) sono sempre peggiori.

«Sta male, non risponde alle cure»

«Sta male, non risponde alle cure». Una sintesi confermata da fonti ospedaliere a Verona. Anche perché il fattore tempo (e la testardaggine del paziente) ha giocato contro. «Lo dovevamo intubare prima — si apprende da alcuni medici — ma per un’intera giornata si è opposto con caparbietà: solo quando le cose sono peggiorate ha cambiato idea». Dopo le prime ore in terapia semi-intensiva, supportato dal casco, mentre la saturazione di ossigeno scendeva sempre più in basso (anche meno del 60%), l’inevitabile trasferimento nel reparto che ospita i più gravi.

Ostentava di aver contagiato altre persone

Una settimana fa l’uomo, 61 anni, carrozziere di Curtatone, aveva dichiarato in diretta e con ostentato orgoglio di «aver fatto l’untore» (parole sue) in un ipermercato poco fuori dal capoluogo lombardo. Mentre era al telefono sembrava scoppiare di salute, ma il miglioramento era temporaneo. Nel fine settimana la febbre è tornata a salire e, questa volta, anche il respiro è diventato più faticoso. Le sue convinzioni hanno pesato anche sulla scelta del nosocomio, spostandosi fino a Verona. «A Mantova non mi fido — ha detto — lì ci sono i comunisti».

Tommaso Strambi per quotidiano.net l'11 dicembre 2021. "Pronto Mauro, dove sei?". "Sono al supermercato, a starnutire, senza mascherina e con la febbre a 38". "Ma sei pazzo, vai subito a casa. Non si fa così...". Il dialogo, depurato del turpiloquio che, comunque, è la cifra de La Zanzara, la fortunata e seguitissima trasmissione di Radio24, condotta da Giuseppe Cruciani e David Parenzo, è di dieci giorni fa. Ma, adesso, 'Mauro da Mantova' (al secolo Maurizio Buratti, carrozziere di Curtatone in provincia di Mantova appunto), il no vax del blitz tra gli scaffali del supermercato è ricoverato in terapia intensiva all’ospedale di Borgo Trento (Verona). E a convincere l''interventista seriale' a farsi ricoverare è stato proprio il conduttore radiofonico. Covid, Italia nel limbo...

Cruciani, come l’hai convinto?

"Era tutta la settimana che ci sentivamo al telefono, nonostante avesse la saturazione dell’ossigeno a 74. Mi stupisco che ancora parlasse al telefono. Ma Mauro è così, ha una pellaccia. Grande e grosso. Ha anche altre patologie". 

Poi, però, ti ha ascoltato ed è andato in ospedale?

"Io continuavo a ripetergli, con quei valori crepi. Vai subito a farti vedere. E lui nulla. 'Che vuoi che sia?', continuava a ripetermi. Ma lui stava sempre peggio e la saturazione scendeva".

E allora che è successo?

"Ho chiamato un primario, molto noto in questi tempi di Covid che segue La Zanzara e di cui non faccio il nome, e gli ho chiesto di convincerlo". 

E c’è riuscito....

"Sì alla fine lo ha ascoltato, ma nonostante avesse un filo di voce continuava a ripetere a Mantova non ci vado, lì sono comunisti". 

Per questo è andato a Borgo Trento?

"È salito sulla sua auto e ha guidato fino all’ospedale di Borgo Trento. A Mantova ci sono troppi comunisti, non sanno nulla, continuava a ripetere. Quando è arrivato lì aveva la saturazione dell’ossigeno a 56". 

Lo hai sentito dopo il ricovero?

"Mi ha mandato un audio. 'Mi hanno diagnosticato la polmonite bilaterale, pare sia Covid'. Poco dopo lo hanno intubato". 

Ti ha detto che si era pentito?

"No, e credo che non lo direbbe mai".  

Tu credi nei medici e nella scienza?

"Non sopporto chi vuole dare lezioni. Non faccio lo scienziato, non do consigli a nessuno, io, semplicemente esprimo le mie idee. Punto. La scienza è qualcosa che si può discutere. L’unica cosa che dico è che il vaccino protegge". 

Però se ti chiedo se sei vaccinato?

"Non te lo dico. Come ho sempre fatto e detto, anche l’altra sera in televisione da Del Debbio. Ognuno dev’essere libero". 

Ma hai appena detto che il vaccino protegge?

"Questo sì. E lo ribadisco. Penso che il vaccino protegga, anche se non so per quanto". 

Perché quindi non dirlo?

"Sono per la libertà vaccinale e sono contro la discriminazione di chi non si è vaccinato. Ecco ognuno dev’essere libero. Sempre e comunque". 

Eppure hai convinto Mauro a farsi ricoverare?

"Lui non aveva più le forze, rischiava di crepare. La sua vicenda è una vicenda estrema di chi si è rifiutato di andare in ospedale. In questi due anni io stesso ho avuto dei sintomi, mi sentivo debole. A settembre mi sono fatto tre tamponi di seguito. Lui si rifiutava anche di fare il tampone. L’ho invitato più volte a farli. 'Così sai se hai o no il Covid', gli dicevo". 

Da quanto lo conosci?

«Da dieci anni è uno degli ascoltatori che più intervengono a La Zanzara. Su tutti gli argomenti. Ci sono stati dei periodi in cui abbiamo litigato. A volte era troppo estremo. Ce l’aveva con l’universo mondo, un complottista di quelli infernali. Credo che David (Parenzo, ndr) lo abbia anche querelato per le sue uscite antisemite". 

Gli mandiamo un audio?

"Dai, Mauro. Non mollare". 

È morto Mauro da Mantova, il no vax della Zanzara. Samuele Finetti il 28 Dicembre 2021 su Il Giornale. Mauro Buratti, 61enne di Curtatone, è morto in un letto di terapia intensiva a Borgo Trento. No Vax duro e puro, era stato reso celebre dalla Zanzara. Si chiamava Mauro Buratti, ma i più lo conoscevano come "Mauro da Mantova". A dargli notorietà erano stati i suoi interventi telefonici nel corso della trasmissione radiofonica "La Zanzara", condotta da Giuseppe Cruciani e da David Parenzo, con cui gli scontri erano continui. Le ultime zuffe verbali si erano consumate sul tema Covid. Malattia che si è rivelata fatale per il carrozziere 61enne: Buratti è morto ieri sera nella corsia di terapia intensiva dell'ospedale di Borgo Trento, dove era ricoverato da settimane per l'aggravarsi dell'infezione. Buratti, che viveva a Curtatone, era un convinto negazionista della pandemia e si era rifiutato di sottoporsi al ciclo vaccinale. Non contento, si era spinto ben oltre. Proprio ai microfoni di Radio24, Buratti aveva rivelato - vantandosene - di essere entrato in un supermercato del mantovano mentre era febbricitante, per di più senza indossare la mascherina. Sempre in un supermercato, questa volta nel milanese, era stato ripreso in video da una coppia mentre vagava tra gli scaffali. Le ultime immagini del carrozziere, prima che finisse in ospedale. Neppure di fronte alla polmonite bilaterale che gli era stata diagnosticata aveva rinunciato alle proprie posizioni. Tanto che, piuttosto che a Mantova, si era fatto ricoverare nel nosocomio di Borgo Trento (Verona), perché nella città virgiliana - sosteneva - "i medici sono tutti comunisti". La malattia, ormai, era giunta a uno stadio troppo avanzato. Quasi immediatamente era stato intubato, poi delle sue condizioni non s'era saputo più nulla. "Belvaman", così si autodefiniva, è spirato dopo tre settimane di lotta in ospedale. Di lui restano decine e decine di video sparsi sul web, una raccolta di tutti gli interventi alla Zanzara e su alcune televisioni locali: insulti a una sfilza interminabile di persone - a partire da Mario Monti, per cui Buratti nutriva una vera e propria ossessione, fino a sconfinare nel razzismo - strampalate teorie complottistiche e violentissimi scontri verbali con David Parenzo.

Samuele Finetti. Nato in Brianza nel 1995. Due grandi passioni: la Storia, specie quella dell’Italia contemporanea, che ho coltivato all’Università Statale di Milano, dove mi sono laureato con una tesi sulla strage di piazza Fontana. E poi il giornalismo, con una frase sempre in mente: «Voglio poter fare, soltanto, una cronaca di fatti e di parole veri». Ostinatamente prezzoliniano 

Morto a Verona Mauro da Mantova: il no vax sconfitto dal Covid a 61 anni. L’ospite seriale de «La Zanzara» era ricoverato al Borgo Trento da inizio dicembre: negazionista convinto, si era vantato di essere un «untore». Andrea Pistore e Annamaria Schiano su Il Corriere della Sera il 28 Dicembre 2021. Alla fine ha vinto il virus. Mauro Buratti, carrozziere mantovano di 61 anni, no vax convinto, conosciuto al pubblico come Mauro da Mantova, è morto lunedì 27 dicembre per le conseguenze del Covidin un letto di terapia intensiva dell’ospedale Borgo Trento di Verona. Buratti era noto soprattutto tra gli ascoltatori de «La Zanzara», la trasmissione radiofonica condotta da Giuseppe Cruciani insieme al giornalista padovano David Parenzo.

«I medici tutti comunisti»

La vicenda di Mauro da Mantova, negazionista e anti vaccino della prima ora, era «esplosa» a inizio dicembre, quando, durante una diretta radiofonica nella trasmissione della Radio di Confindustria, aveva raccontato di essere entrato in un supermercato senza mascherina e di aver fatto l’«untore» sapendo di avere il Covid. Le condizioni di Buratti nei giorni seguenti si erano aggravate tanto che radioascoltatori medici, e in prima persona lo stesso Giuseppe Cruciani, avevano insistito perché si ricoverasse. Il carrozziere dopo una lunga resistenza si era convinto, presentandosi al pronto soccorso del Borgo Trento a Verona perché «a Mantova i medici sono tutti comunisti».

Condizioni disperate

In queste settimane le sue condizioni già critiche sono via via peggiorate sino all’epilogo da tutti scongiurato. Nonostante Mauro da Mantova fosse stato da più parti insultato per le sue posizioni, dopo il ricovero tutti si erano stretti attorno a lui nella speranza che guarisse. In primis Cruciani ma anche David Parenzo che aveva annunciato in segno di solidarietà di aver ritirato una querela nei suoi confronti. Di Mauro aveva scritto anche il più importante giornale della comunità ortodossa ebraica, pregando per lui. Vicinanza al carrozziere era stata espressa anche da tanti uomini e donne dello spettacolo. La trasmissione aveva raccolto diverse testimonianze a suo favore mentre qualche altro ascoltatore si era scagliato contro il carrozziere, augurandogli la morte per aver infettato tutti al supermercato. A inizio dicembre il carrozziere era stato filmato con il telefonino da una coppia che l’avevsa incontrato in un supermercato del Milanese poco prima che finisse in rianimazione. Quelle sono state le ultime immagini di Buratti che è rimasto nel reparto di rianimazione fino a lunedì 27 dicembre quando, in serata, è morto.

Vittima della cattiva informazione

David Parenzo nel suo profilo twitter ha scritto: «È morto ieri sera alle 22 Mauro da Mantova. Riposa in pace ovunque tu sia, vecchio complottista. Spero solo che la tua triste storia serva da esempio a tutti coloro che ancora alimentano dubbi su efficacia dei vaccini». Il giornalista ha poi aggiunto al Corriere del Veneto: «Parte delle responsabilità vengono da alcuni politici e giornali che hanno alimentato dubbi e polemiche sull’uso dei vaccini. Einaudi diceva: “conoscere per deliberare” . Mauro oltre che vittima delle sue credenze è stato vittima di una piccola parte dell’informazione e della politica che ha alimentato il suo scetticismo verso la scienza e la medicina».

Vittorio Feltri per "Libero quotidiano" il 30 dicembre 2021. Mi pare che si cominci a esagerare. Immagino che quasi tutti i nostri lettori conoscano la Zanzara, programma radiofonico diffuso da Radio 24, ossia l'emittente del Sole 24 ore. Trattasi di trasmissione pungente che da molti anni va in onda con successo verso sera, dalle ore 19 in poi. 

Spesso vi partecipo anche io dicendo una serie di cavolate assolutamente sintoniche con gli umori polemici e spiritosi dei due maledetti conduttori: Giuseppe Cruciani e David Parenzo, i quali discutono con gli ascoltatori usando toni scanzonati che risultano assai graditi al pubblico, il quale segue numeroso le chiacchierate radiofoniche più piccanti del mondo.

Questa la premessa necessaria per comprendere l'accaduto che mi accingo a raccontare. Un anziano signore, che spesso era ospite della Zanzara, un no vax incallito e tenace, era diventato famoso grazie all'emittente per le proprie intemperanze contro i vaccini anti Covid, che giudicava inutili e dannosi. Ai microfoni si sviluppavano così interminabili discussioni ovviamente polemiche. Il nemico dei vaccini si chiamava Maurizio Buratti, 61 anni, il quale a forza di combattere con vigore la salvifica iniezione ha pensato bene di tirare le cuoia in quanto colpito dalla terribile malattia. Stecchito. Siamo dispiaciuti.

Quando qualcuno muore, benché si tratti di uno sprovveduto, non si può essere contenti. Senonché in questa circostanza vari giornalisti del Sole 24 ore, gente di solito riflessiva e pacata, si sono lasciati andare a considerazioni dissennate. Hanno attaccato brutalmente Cruciani e Parenzo per aver a lungo ospitato quale interlocutore il povero Buratti, accusandoli di aver dato voce a un matto ostile all'antidoto. Il quale secondo costoro non aveva il diritto di blaterare mettendo in dubbio la validità della scienza e delle sue scoperte. Addirittura i colleghi del quotidiano economico più letto in Italia hanno invocato la chiusura della Zanzara, incolpata di avere ospitato un uomo che diceva cazzate sulla pandemia.

Siamo alla follia, se dovessimo chiudere il becco a chiunque pronunci bischerate in radio, in televisione o le scriva sui social nonché sui giornali, i media sarebbero condannati al mutismo. In altri termini, noi pensiamo che chiunque, anche gli stolti, abbiano facoltà di esprimere le loro opinioni ancorché sballate. Altrimenti ogni dibattito non avrebbe più luogo. 

 Ecco perché noi di Libero, di nome e di fatto, siamo dalla parte di Cruciani e di Parenzo a cui riconosciamo di aver fatto il loro mestiere intervistando Buratti, il cui solo torto è quello di non aver capito che è meglio un vaccino di una bara. Non quello di aver espresso idee sbagliate.

GIAMPIERO MUGHINI per Dagospia il 30 dicembre 2021. Caro Dago, a proposito del no-vax morto di Covid che era un divo della trasmissione radiofonica condotta da Giuseppe Cruciani, comincio con l’augurare al mio amico Beppe di poter fare ancora per cent’anni il gran capo di quella trasmissione del secondo pomeriggio. Quanto alla morte del suddetto no-vax sessantunenne, figuriamoci se qualcuno possa esser “contento” del fatto che una vita è stata spezzata, e con questo ho esaurito le parole da dire su questo caso drammatico. Beppe ci mette però del suo, a quanto leggo. Dice di spregiare la “cupola del politicamente corretto” che vorrebbe decidere chi invitare in una trasmissione radiofonica e chi no, Figuriamoci se un solo istante dei miei ottant’anni bell’e suonati io sia stato dalla parte del “politicamente corretto” di qualsiasi lega esso sia, un atteggiamento mentale con il quale mi ci pulisco le scarpe. Qualcosa in più sulla trasmissione di Beppe però ne vorrei dire. 

Fin dai suoi debutti la sua tonalità di fondo - totalmente irrispettosa del “luogomunismo” di sinistra che nei mass media l’aveva fatta da padrone per decenni - mi piaceva molto. La ascoltavo tutte le volte che potevo e, unica eccezione alla legge per me sacra del non fare mai nulla gratis, molto volentieri rispondevo tutte le volte che Beppe mi chiamava a interrogarmi e sollecitarmi. 

E’ stato così per alcuni anni. Finché Beppe non ha preso una strada diversa, una strada apparentemente in discesa. Quella di dare voce a una galleria di mostri che schiamazzano e pontificano, e più mostri e più belluini sono e meglio è, e il povero David Parenzo se si arrischia a dire qualcosa contro di loro in nome della decenza mentale ne viene bersagliato di insulti.

Non ho nulla contro i mostri se stanno a casa loro, a covare le loro turpitudini. Se invece schiamazzano da una radio quando io sto cenando da solo in cucina, attorno alle 19.30, mi alzo e vado a spegnere la radio. E resto a cenare in silenzio, ciò che è molto triste se lo raffronto agli anni d’oro della “Zanzara”, quando il dire controcorrente di Beppe quasi lo applaudivo a scena aperta. Pazienza. Così va il mondo. Auguroni Beppe.

Mauro da Mantova morto, fucilata di David Parenzo: "Vecchio complottista, spero che la tua triste storia..." Libero Quotidiano il 28 dicembre 2021. Addio a Mauro da Mantova, "l'untore" de La Zanzara, il programma di Radio 24 condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo. Mauro Buratti, il carrozziere di Borgo Trento, è infatti morto a 61 anni, stroncato dal Covid, dopo un lungo ricovero in terapia intensiva, dove però non ha mai risposto alle cure. Negazionista e complottista, aveva rifiutato il ricovero fino all'ultimo, quando è stato convinto dallo stesso Cruciani. Per inciso, Mauro da Mantova solo pochi giorni prima del ricovero si era vantato di aver fatto "l'untore" in un supermercato, con mascherina abbassata e mentre aveva la febbre. E chi segue La Zanzara conosce bene gli scontri furibondi tra Mauro e David Parenzo, liti in cui i due, negli anni, se ne sono letteralmente dette di tutti i colori. E quelli di Mauro spesso erano strepitosi deliri: al di là dell'antisemitismo, sosteneva per esempio che Parenzo sia il figlio segreto di Riccardo Schicchi. Robe lunari, robe dell'altro mondo. E proprio Parenzo è stato uno dei primi a spendere un pensiero per Buratti, dopo la sua morte. Su Twitter, ha infatti cinguettato: "È morto ieri sera alle 22 nell’ospedale di Verona Mauro da Mantova. Riposa in pace ovunque tu sia, vecchio complottista. Spero solo che la tua triste storia serva da esempio a tutti coloro che ancora alimentano dubbi su efficacia dei vaccini", ha concluso David Parenzo, da sempre in primissima linea nella battaglia pro-vax. Eppure, chissà, subito dopo la morte di Mauro si poteva anche non parlare di vaccino, per quanto quel che sostenga Parenzo sia meritorio e corretto.

Dagospia il 28 dicembre 2021. Dal profilo Instagram di Giuseppe Cruciani. Mauro non c’è più. Ho sperato, abbiamo sperato, che la sua pellaccia ancora una volta potesse vincere su tutto. Niente. Era una testa dura, e quella maledetta settimana è stata forse fatale. Aveva deciso di campare in un certo modo, nessuno lo avrebbe fermato e la nostra grande comunità gli voleva bene nonostante le sue storture, le sue teorie, i suoi umori. Conservo nel cuore tutti i tuoi messaggi di insulti, le contumelie e le lunghe conversazioni al telefono quando eri più calmo. Eri Belvaman, volevi essere Re, l’interventista radiofonico per eccellenza, eri felice quando qualcuno ti riconosceva per strada e ti chiedeva un selfie. Eri, sei, Mauro da Mantova. Ti abbiamo preso in giro, ci hai insultato, ce ne siamo dette di tutti i colori fino alle soglie di un tribunale, ma ci siamo divertiti come mai nella vita. E oggi ho ricevuto un colpo al cuore. Prevale il vuoto, nell’anima, e penso a quello schermo in radio dove non ci sarà più scritto: Mauro da Mantova, vuole intervenire. Ciao Maurone, ovunque tu sia

Da liberoquotidiano.it il 28 dicembre 2021. È morto Mauro da Mantova, ieri lunedì 27 dicembre a Verona. Come ormai noto ai più, era un assiduo "interventista", così come lui si auto-definiva, de La Zanzara, il programma di Radio 24 condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo. Mauro Buratti, carrozziere di Borgo Trento, si è spento a 61 anni, ucciso dal coronavirus dopo un lungo ricovero in terapia intensiva.  Chi segue La Zanzara conosce le folli teorie di Mauro: in primis, il Covid non esiste. No-vax convinto, pochi giorni prima del ricovero aveva raccontato di aver fatto "l'untore con mascherina abbassata" in un supermercato, il tutto mentre aveva la febbre, così come sosteneva il diretto interessato. Era anche apparso un video, girato con un telefonino da una coppia che lo aveva incrociato in un supermercato nel Milanese, proprio poco prima del suo ricovero. Queste, però, soltanto le ultime follie di Mauro Da Mantova, che sui social si faceva chiamare "Belvaman". Negli anni infatti si è "distinto" per le sue sparate antisemite, per quelle contro Carlo De Benedetti (dal quale era ossessionato), Mario Monti e chi più ne ha più ne metta. Complottista convinto e a tutto tondo, sosteneva anche che David Parenzo fosse figlio di Riccardo Schicchi. Va da sé, una clamorosa panzana. 

VIRGINIA PICCOLILLO per il Corriere della Sera il 29 dicembre 2021. È morto lunedì, colpito da una polmonite bilaterale, «Mauro da Mantova», no vax convinto, noto al pubblico radiofonico per gli scontri in diretta con David Parenzo, nel programma La Zanzara di Radio24. Maurizio Buratti, 61 anni, ex carrozziere, negazionista del virus, aveva sempre respinto l'idea di vaccinarsi . E, una volta contagiato, si era anche vantato di aver fatto da «untore» in un blitz al supermercato con la febbre a 38 e la mascherina sotto il mento. 

In ospedale, a Borgo Trento di Verona (e non a Mantova «dove sono comunisti», aveva detto ), era arrivato in ritardo, convinto dal co-conduttore del programma, Giuseppe Cruciani. E all'inizio aveva rifiutato di essere intubato. È stato trasferito in terapia intensiva «già in condizioni disperate», ha riferito il direttore del reparto. Con David Parenzo, l'altro conduttore de La Zanzara , si erano scontrati, derisi, insultati ferocemente. Ma a dare la notizia è stato proprio lui twittando: «Riposa in pace vecchio complottista».

Spiega Parenzo: «Al di là della sua fine drammatica, che non mi ha lasciato indifferente, in realtà io penso che lui sia una vittima. Non solo di se stesso» . E aggiunge: «Quelli che davvero mi fanno paura sono i cosiddetti intellettuali, politici o giornalisti, che mettono in dubbio l'efficacia dei vaccini. E poi se gli chiedi se sono immunizzati non te lo vogliono dire. Perché in realtà lo sono tutti. E a loro la gente crede di più che al vecchio carrozziere».

Maurone a La Zanzara era arrivato da sé, telefonando a quella trasmissione che Parenzo definisce «la colonscopia dell'Italia, ritratto sociologico di una parte del Paese che esiste». «Quando ha chiamato, come accade per altri, Giuseppe ed io abbiamo intuito quel suo lato grottesco che era anche autentico», ricorda. Opposti i commenti sui social. Dal «ciao ovunque tu sia» di Cruciani ad altri invece beffardi. «L'impatto emotivo è molto forte, lo vedo dai messaggi che ci arrivano, e spero che la sua morte serva a convincere gli irriducibili», auspica Parenzo.

E a chi commenta, cinico, che «non dovevano curarlo», replica: «Invece sì. A parte una quota di delirio, i no vax vanno curati, rassicurati e informati. Sono vittime delle proprie legittime paure e di chi le solletica per interesse. Si creano una bolla e credo che la morte di Mauro possa aiutare a bucare proprio quella bolla».

Giulia Cazzaniga per la Verità il 30 dicembre 2021. È lo stesso Giuseppe Cruciani, a inviarci i titoli dei siti di informazione inglesi e spagnoli che ne parlano. «Fosse vivo, a vedere che parlano tutti di lui sarebbe impazzito». La morte di Maurizio Buratti, meccanico di 61 anni, per tutti «Mauro da Mantova», accanito interventista nel programma La zanzara di Radio 24, ha fatto notizia persino oltreconfine. La narrazione è la stessa: era un noto no vax, è morto di Covid. Breve riassunto per chi si fosse perso le puntate precedenti: Mauro chiama in trasmissione a fine novembre, dice di avere 38 di febbre e si vanta di essere a far la spesa con mascherina abbassata.

«Sì, e facevo fatica persino a crederci, ma poi ho ricevuto le immagini dai ragazzi che gli hanno parlato. Che, specifico, sono poi risultati tutti negativi. Era tutto vero». 

È stato lei a insistere perché si ricoverasse, giusto?

«Nei giorni successivi mi ha detto che il saturimetro segnava 74, e solo grazie all'intervento di un medico molto conosciuto, ascoltatore della Zanzara, si è convinto ad andare in ospedale. A Verona, in auto, perché diceva che a Mantova era pieno di comunisti. Ma inizialmente si è rifiutato di farsi intubare, diceva che era solo influenza, e anche a detta dei dottori quei primi giorni gli sono stati fatali, hanno compromesso la situazione». 

Vi conoscevate da 10 anni, dal suo primo intervento in radio.

«Complottista da ben prima del Covid, Mauro era antivaccinista perché pensava addirittura che ti potessero iniettare sistemi di controllo, o veleni. Era contro le presunte lobby farmaceutiche. Non lo definirei nemmeno no vax, lui era totalmente sui generis. Non c'è una storia uguale perché Mauro era unico, anche nella fine drammatica». 

Scrivono che era un matto, e che se l'è cercata.

«Nessuno si merita di crepare, io non auguro la morte neppure al mio peggior nemico. Detto questo, chi si può arrogare il diritto di chiamarlo fuori di testa? Io lo chiamavo "svitato", con affetto, perché lo conoscevo. Chi è contento della morte di Mauro è, semplicemente, un pezzo di merda». 

La vicenda non ha risparmiato nemmeno lei, primo a dare notizia della sua morte.

«Mi hanno dato del cinico, dicono che verso lacrime da coccodrillo, quando invece non ho nulla da rimproverarmi. Mauro alla Zanzara aveva trovato una sua casa, una notorietà, anche. Viveva per dire la sua. Chi fa il moralista oggi cerca, come tutti, la sua patetica quota di esibizionismo. Siamo tutti un po' esibizionisti».

Non gli ha mai consigliato di vaccinarsi?

«Glielo ho anche detto, sì, che sarebbe stato meglio, vista l'età e le sue condizioni di salute. Ma non sopporto chi dà consigli agli altri. Ciascuno è artefice del proprio destino. E poi: se non ti vaccini è matematico che muori? No, altrimenti oggi sarebbe un lazzaretto». 

Selvaggia Lucarelli la ha accusata di aver usato Mauro come macchietta, un giullare per fare show.

«Nei confronti di alcune persone da tempo uso l'arma efficace dell'indifferenza assoluta. L'amico Paolo Liguori ha detto invece che prendere una persona no vax estremista dalla strada e portarla in radio per fare ascolti possa aver contribuito poi alla sua fine. Rispondo a lui: mi pare, con tutto il rispetto, una cosa ridicola». 

Perché ridicola?

«In primis perché il successo in radio non si misura sugli ascolti giornalieri come in tv. E poi chi decide gli ospiti? Con quali criteri? Perché Mauro no, ma un filosofo sì? Chi sentenzia che una persona è disturbata o sana di mente? Una commissione? La cupola del politicamente corretto? E poi è una puttanata sesquipedale pensare che una trasmissione radiofonica possa condizionare la mente delle persone». 

No vax e critici del pass sono spesso in tv.

«E chi muove accuse a Giletti, Floris, Myrta Merlino, o Bianca Berlinguer è ipocrita. Tutti, in questo mestiere, sanno che così la curva dell'ascolto si alza. Ciascuno, con la propria professionalità, personalità, onestà intellettuale, ci mancherebbe, quella curva il giorno dopo la va a guardare».

Che lo scontro faccia audience non è una novità.

«Io stesso ho partecipato a vari dibattiti e la discussione è il sale della democrazia. Quando ho espresso critiche verso i limiti del green pass sono però stato bollato come uno che voleva sfasciare il Paese. Peccato che in questi giorni sia finalmente caduto il velo della criminalizzazione: viene meno la narrazione della "pandemia dei non vaccinati". Era una bufala, l'ho detto insieme a pochi altri in tempi non sospetti: l'aumento dei contagi ora dimostra che avevamo ragione». 

Dimostra che il green pass è sbagliato?

«È stato presentato dallo stesso presidente del Consiglio come un modo per essere sicuri. E così non è, perché nessuno ha certezze. Solo che così in tanti hanno abbassato la guardia. Draghi se l'è cavata dicendo che in quel momento aveva quelle evidenze scientifiche ma, diciamolo, ha detto un falso». 

Perché Cruciani non dice se si è vaccinato o meno?

«Perché è un'operazione terribile, classificare le persone tra vaccinati e non vaccinati. Anche se la classificazione ormai esiste, perché solo i primi entrano al ristorante». 

Lei lavora nella radio della Confindustria: la hanno mai limitata?

«Mai, sono sempre stato totalmente libero a Radio 24. Ho ospitato spesso no vax, o gente che in qualche modo esprime la sua contrarietà, trattandola a volte con ferocia, altre con sarcasmo o con ironia, anche a seconda dell'umore della giornata. Continuerò a farlo».   

Cruciani è innocente: l’Italia no-vax e complottista esiste veramente. Perché nasconderla? Dopo la morte di “Mauro da Mantova”, il tribunale del popolo si è scatenato contro il conduttore de La Zanzara. Ma l’idea di nascondere i “mostri” sotto il tappeto oltre che poco democratica è del tutto infantile e consolatoria. Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 29 dicembre 2021. Con la morte per Covid del povero “Mauro da Mantova”, il carrozziere complottista, xenofobo, sessista e no vax, un agguerrito e benpensante tribunale del popolo si è scatenato contro Giuseppe Cruciani, conduttore de La Zanzara, la trasmissione radiofonica che gli aveva concesso un’effimera ribalta mediatica.

Da Domani al Manifesto, passando per i febbrili trend topic che corrono sui social, l’anchorman di Radio 24 è stato accusato di sfruttare con cinismo le grottesche sparate del suo ascoltatore più celebre, di averlo trasformato in un fenomeno da baraccone solo per far salire l’asticella dell’audience. Certo, nessuno ha affermato esplicitamente che Cruciani sia responsabile della scomparsa del signor Buratti (si chiamava così), un po’ perché sarebbe assurdo (è stato lui a convincerlo a ricoverarsi), un po’ perché a costoro della sorte di “Mauro da Mantova” non importa proprio nulla.

La sua triste parabola umana è stata solo un pretesto per ribadire che il “giornalismo trash” de La Zanzara non deve aver diritto di cittadinanza: «Con la scusa di voler di mettere in scena il “paese reale” ne propone le voci più reazionarie e con la scusa del politicamente scorretto ripropone tutti i leitmotiv del senso comune conservatore», scrive Giuliano Santoro sul Manifesto. Insomma, il senso comune o è “progressista” o non può essere, con buona pace dei milioni di elettori di Lega e Fratelli d’Italia che su molti temi la pensano come Mauro da Mantova.

Razzisti, populisti, omofobi, qualunquisti, impresentabili, certo, ma dannatamente reali. Non dovrebbero avere pubbliche tribune? Cruciani la pensa diversamente e ha tutto il diritto di costruire la sua trasmissione come meglio crede. Vi ricordate di Barry Champlain , il conduttore di Talk Radio che ogni notte apriva i microfoni a emarginati, psicotici ed estremisti neo nazisti? Tratto da una storia vera, il film di mostrò il cuore di tenebra dell’America, il rancore sociale e l’odio ideologico che covava nel ventre della prima potenza planetaria. L’ascesa dei suprematisti bianchi e persino il successo di Donald Trump si potevano leggere in filigrana nei deliranti sproloqui messi in scena da Oliver Stone. Accadde qualcosa di simile in Italia nel 1986 quando Radio radicale aprì per la prima volta le linee telefoniche senza alcuna censura e mediazione da studio: tra insulti, minacce ed epiteti irriferibili, ne uscì fuori uno spaccato inquietante della nostra società.

Anche in quel caso “radio parolaccia” fu una formidabile cartina di tornasole degli umori più violenti inconfessabili del Paese che poi sarebbero emersi a pieno titolo nei decenni successivi. L’idea di nascondere i “mostri” sotto il tappeto oltre che poco democratica è del tutto infantile e consolatoria. Anche perché razzismo e l’odio sociale non si combattono facendo finta che non esistano, ma guardandoli dritti negli occhi..

IL NEGAZIONISTA VITTIMA DEL VIRUS. Morto Mauro da Mantova, il primario: «Curato per 22 giorni, ma era arrivato in condizioni disperate». I medici parlano del no vax deceduto per Covid diventato personaggio al programma radiofonico la «Zanzara». L’infermiera: «Quando è arrivato ci aveva deriso». Davide Orsato su il Corriere della Sera il 28 dicembre 2021. «Abbiamo fatto tutto il possibile». Non è la prima volta, dal marzo 2020, che tra le mura del reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Borgo Trento, più volte ampliato per fare spazio ai pazienti Covid delle varie ondate, risuona questa frase. Questa volta le parole dei medici e degli infermieri riguardano Maurizio Buratti, noto ai più come «Mauro da Mantova». Una celebrità suo malgrado, più per quello che aveva detto pochi giorni prima del ricovero che per altri motivi. Nel suo ultimo intervento alla «Zanzara», trasmissione di cui era spesso ospite, si era vantato di essere andato al supermercato con la mascherina abbassata, «a fare l’untore» come aveva puntualizzato. Era già in azione quel virus che, pochi giorni dopo, l’avrebbe costretto (è la parola giusta, visto le resistenze iniziali) al ricovero. Era il 5 dicembre: da Mantova a Verona, una scelta dettata da preferenze personali («lì non ci sono i comunisti», ultima battuta, destinata a diventare famosa).

Un caso difficile e grave

Che si trovassero davanti a un caso difficile, i medici veronesi l’hanno capito fin da subito: la saturazione bassissima (sotto il 60%, dato praticamente «impossibile» e mai confermato dall’ospedale, ma che nell’esagerazione dà l’idea di come fossero ridotti i polmoni). A una successiva radiografia, l’apparato respiratorio appariva – sono le parole sempre di uno dei primi medici che l’ha preso in cura – «bianco», ossia in fase avanzata di infezione. A questo si aggiunge il fatto che Buratti è arrivato tardi alle cure intensive, sempre per un suo rifiuto. Un quadro clinico che è confermato, dopo il decesso, dal direttore del reparto, Enrico Polati. «Il paziente – racconta era arrivato nel nostro ospedale già in condizioni disperate –. Abbiamo fatto di tutto e di più, ma la malattia è stata inesorabile. È rimasto in terapia intensiva 22 giorni». Durante tutto questo periodo l’ospedale è rimasto in contatto con la figlia. Anche questa un’operazione che fa parte della triste routine pandemica. «Abbiamo sempre un contatto di riferimento che sentiamo una volta al giorno – spiega Polati –. Nel caso di questo paziente era la figlia, con cui ci siamo sempre sentiti». Fino alla triste, definitiva notizia, nel tardo pomeriggio del 27 dicembre.

Le accuse dei negazionisti a medici e infermieri

Buratti, che in passato ha fatto il carrozziere in provincia di Mantova (lui risiedeva a Curtatone), soprattutto all’inizio, non è stato un paziente facile non solo per le condizioni in cui si trovava. Il personale medico ha ormai fatto il callo alle accuse che vengono dall’area più estrema della galassia no vax e che corrono nelle chat su Telegram. Ma stando alla testimonianza di un’infermiera, lui è andato un po’ oltre. «La spocchia che mostrava in radio è appena il dieci per cento di quella che ha fatto vedere di persona quando è arrivato in Pronto soccorso. Era una persona, e lo abbiamo curato con ogni mezzo. Ma siamo stanchi di essere derisi e insultati da chi deve poi ricorrere a noi quando si trova con l’acqua alla gola».

Il cordoglio di Cruciani e Parenzo

In questi giorni la Zanzara non va in onda: pausa natalizia. I conduttori, Giuseppe Cruciani (che ha personalmente convinto Buratti a recarsi in ospedale) e David Parenzo hanno pubblicato sentite parole di cordoglio sui social. Ma sempre sul web corre la polemica, con molti che chiedono la chiusura del programma per aver dato voce proprio a Mauro, rafforzandone – è l’accusa – le convinzioni no vax.

Selvaggia Lucarelli per editorialedomani.it il 28 dicembre 2021. Mauro da Mantova (che poi si chiamava Mauro Buratti) è morto a 61 anni dopo ventidue giorni di terapia intensiva e anni di sproloqui a cui era stato dato un microfono da La Zanzara di Radio 24. Leggo oggi messaggi commossi di chi quel microfono glielo aveva dato con sommo divertimento, con risatine e domande destinate ad alzare l’asticella delle scemenze pericolose urlate in radio da questo tizio che sì, era un negazionista e un no-vax, ma era prima di tutto molto altro. Era una persona che, per usare eufemismo, non stava benissimo. E chi ha fatto finta di non saperlo e ancora oggi, col morto caldo, continua a far finta di non saperlo, forse ingannerà gli ingenui ma non chi conosce il sistema. Mauro da Mantova era una persona con un disordine mentale evidente, su cui non azzarderò diagnosi specifiche, ma che era palese a tutti.

A meno che si possa ritenere normale una persona per la quale David Parenzo era figlio di Schicchi, che girava con la maschera di Hitler, che «Anna Frank era morta e amen perché non aveva vissuto nel periodo migliore per lei», che le banche ebraiche avevano scatenato le guerre mondiali, che gli ebrei sono malati sessuali, che le donne vanno prese a schiaffi e «scopate a secco», che dava dei coglioni ai virologi e urlava che il Coronavirus era un’influenza mentre da positivo andava per supermercati a fare l’untore – raccontandolo in  radio – tra le risate dei conduttori. Questo fino a un mese fa, fino agli esordi della malattia.

Mauro Buratti era paranoico, complottista, urlatore e involontariamente comico, nonostante le cose gravissime che diceva, proprio perché era evidente che non stava bene. Se fosse stato lucido, nessuno gli avrebbe mai consentito di dire quelle cose, né gli avrebbe risposto ridendo. 

E per questo, il programma lo usava con cinismo, consegnandogli pure l’ebrezza della notorietà, anziché relegarlo all’anonimato pietoso che andrebbe riservato in generale a chi ha disordini mentali, figuriamoci durante una pandemia. 

«Eri Belvaman, volevi essere Re, l’interventista radiofonico per eccellenza, eri felice quando qualcuno ti riconosceva per strada e ti chiedeva un selfie. Eri, sei, Mauro da Mantova. Ti abbiamo preso in giro, ci hai insultato, ci siamo divertiti come mai nella vita», ha scritto oggi Giuseppe Cruciani nel ricordarlo.

Appunto. Una persona che non stava bene esaltata e fomentata ulteriormente, in un periodo storico in cui la sua esaltazione poteva costargli la vita. Non dico che fosse compito di un conduttore radiofonico salvargli la vita (probabilmente gli sarebbe servito un aiuto da un terapeuta) ma certo non gli serviva qualcuno che ridesse delle sue convinzioni pericolose per se stesso e per gli altri. O meglio, per le sue follie, perché chiamarle idee è troppo.

«A noi piacciono i personaggi ributtanti, ma Mauro è così, tutti conoscono le idee di Mauro!», diceva Cruciani di lui. Peccato che quelle di Mauro da Mantova non fossero idee ma scempiaggini deliranti oltre che il preludio di quello che è accaduto. Della sua morte.

Non era divertente ridere mente giocava alla roulette russa e non poteva essere intrattenimento spanciarsi di fronte all’azzardo di una persona obesa, ipertesa, non giovanissima e poco lucida. Spiace dirlo, ma non è vero, come ha scritto David Parenzo, che la sua morte potrà essere di insegnamento agli scettici del vaccino.

La sua morte è la morte di un poveretto trattato da giullare che ha il suono non del monito ma della barzelletta triste. E dovrebbe fare scuola non tanto per i no-vax, ma per chi, tra media e conduttori, usa i no vax nel ruolo delle macchiette per fare un po’ di show. Finché non si scopre che anche le macchiette muoiono e che forse non c’era niente da ridere nel continuare ad applaudirle mentre si sceglievano la lapide.

Da liberoquotidiano.it il 28 dicembre 2021. Mauro da Mantova era noto al pubblico de La Zanzara per i suoi numerosi interventi in radio. Dichiaratamente no-vax e più in generale complottista di primo livello, il 61enne Mauro Buratti è venuto a mancare proprio a causa del Covid. Si trovava ricoverato da diverso tempo nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Borgo Trento, in provincia di Verona. Uno dei suoi interventi più “celebri” era stato quello in cui si vantava di essere andato in un supermercato con la febbre a 38 e la mascherina abbassata. Giuseppe Cruciani aveva preso a cuore la sua vicenda e lo aveva indotto a ricoverarsi, ma purtroppo non è bastato, dato che il signor Mauro si era fatto convincere troppo tardi di essere in pericolo di vita. “Ho fatto di tutto per convincerlo - ha ricordato il conduttore de La Zanzara a Giuseppe Candela sul Fatto Quotidiano - la settimana in cui ha rifiutato il tampone e il ricovero dopo i sintomi è stata fatale. Pensavo, sbagliando, dopo tre settimane che il passare del tempo potesse aumentare le speranze”. E invece per Mauro da Mantova non c’è stato nulla da fare: “Se l’è cercata? Queste sono cose miserabili - ha tuonato Cruciani - ognuno vive la propria vita come vuole. Dico che definirlo no-vax era anche riduttivo, viveva di complotti in generale. Passava la sua vita sui complotti della grande finanza, della lobby ebraica e cose simili”.

Mauro da Mantova, no-vax fino all’ultimo: “La spocchia in radio era il 10% di quella mostrata in ospedale”. Da blitzquotidiano.it il 29 dicembre 2021. Mauro da Mantova, no-vax fino all’ultimo. “Abbiamo fatto tutto il possibile per salvarlo”, racconta al Corriere della Sera chi ha tentato di curarlo, infermieri e medici dell’ospedale Borgo Trento di Verona. Lui, Maurizio Buratti, meglio conosciuto come Mauro da Mantova, non ce l’ha fatta. 

Mauro da Mantova, no-vax fino all’ultimo

Come si dice, i fatti si sono incaricati di smentire le congetture, lo scetticismo, la superficialità, purtroppo, con cui ha affrontato la realtà della pandemia in generale. E la sua positività al virus in particolare. 

Il Covid ha avuto ragione di lui, nonostante i 22 giorni di ricovero in terapia intensiva. Con le sue pseudo-idee sul Covid 19 aveva raggiunto una discutibile fama alla radio, protagonista e show-man a La Zanzara. Forse ci ha fatto troppo affidamento, di sicuro ha creduto troppo alle sue stesse false informazioni. 

Dicono che quando è arrivato in ospedale – cioè quando sono riusciti a convincerlo della necessità di un ricovero – fosse già grave, la sua situazione compromessa. La saturazione polmonare al 60%. 

L’infermiera: “Stanchi di essere derisi e insultati”

Ma niente, lui continuava con la litania no-vax. Tanto che, senza intaccare di un grammo la fedeltà al giuramento di Ippocrate, più d’uno tra medici e operatori si è risentito del comportamento non conciliante del riottoso paziente. 

Il suo atteggiamento non era stato dei migliori, racconta un’infermiera. “La spocchia che mostrava in radio è appena il 10% di quella che ha fatto vedere di persona quando è arrivato in Pronto soccorso. Era una persona, e lo abbiamo curato con ogni mezzo. Ma siamo stanchi di essere derisi e insultati da chi deve poi ricorrere a noi quando si trova con l’acqua alla gola”.

Mauro da Mantova, "la spocchia al Pronto soccorso". Morto di Covid, i suoi ultimi giorni: "Infermieri insultati e derisi". Libero Quotidiano il 29 dicembre 2021. Nuovi sconvolgenti dettagli sugli giorni di vita di Maurizio Buratti, meglio noto come Mauro da Mantova. "Interventista" quasi quotidiano a La Zanzara, l'irriverente talk di Radio24 condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo, il 61enne carrozziere era no vax e negazionista convinto, oltre che sostenitore delle peggiori teorie complottiste. Dopo esserci contagiato, aveva rivelato con orgoglio durante un collegamento di andare in giro con 38 di febbre e chiari sintomi del Covid per Curtatone, il Paese in provincia di Mantova dove abitava, per fare "l'untore". Dopo pochi giorni dalla sua folle "provocazione", l'uomo è finito ricoverato in condizioni disperate nell'ospedale di Borgo Trento a Verona, dove è morto dopo circa tre settimane di agonia. "Abbiamo fatto tutto il possibile", spiega amareggiato al Corriere della Sera il direttore del reparto dell'ospedale, Enrico Polati. "Abbiamo fatto di tutto e di più, è rimasto in rianimazione 22 giorni ma la malattia è stata inesorabile". Mauro da Mantova, deceduto il pomeriggio del 27 dicembre, era rimasto no vax e negazionista fino alla fine, fino a quando la lucidità lo ha assistito. "La spocchia che mostrava in radio - rivela una delle infermiere che lo hanno assistito, scorata - è appena il 10% di quella che ha fatto vedere di persona quando è arrivato in Pronto soccorso. Era una persona, e lo abbiamo curato con ogni mezzo. Ma siamo stanchi di essere derisi e insultati da chi deve poi ricorrere a noi quando si trova con l’acqua alla gola". Una storia limite, certo, ma non isolata. Sono decine in queste settimane le testimonianze del personale sanitario che conferma le reazioni inconsulte dei no vax ricoverati e convinti di essere vittime di un grande complotto sanitario, politico e sociale. Per tanti che si pentono delle loro teorie strampalate e pericolosissime, c'è purtroppo anche chi resta fermo sulle proprie posizioni, arrivando a insultare i medici e sfasciare i caschi dell'ossigeno degli ospedali.  

Mauro da Mantova e il Covid, "suicidio in terapia intensiva": com'è morto davvero, sconvolgente. Libero Quotidiano il 29 dicembre 2021. Ucciso dal Covid, Mauro da Mantova, ma pure dalla sua incrollabile posizione no-vax e complottista. Mauro Buratti, il carrozziere diventato famoso per i suoi interventi "estremi" alla Zanzara su Radio 24, ospite quasi quotidiano di Giuseppe Cruciani e David Parenzo, è deceduto nell'ospedale di Borgo Trento, a Verona. Si era contagiato a Curtatone ma per i primi giorni aveva sottovalutato i sintomi e anzi si vantava di andare in giro per i supermercati con la febbre a 38 per fare l'untore, provocando lo sdegno e le proteste di Cruciani e Parenzo. Il suo dramma sfiora il "suicidio": Buratti infatti, pur entrato in terapia intensiva già in condizioni disperate, si era rifiutato fino all'ultimo di farsi ricoverare e di sottoporsi alle cure del caso. Una storia che lo accomuna a molti altri no-vax e negazionisti, meno famosi ed esposti mediaticamente di lui. "Mauro non c'è più - ha scritto sui social Cruciani, dopo avere appreso della sua morte, venendo travolto dalle critiche e dagli sfottò -. Ho sperato, abbiamo sperato, che la sua pellaccia ancora una volta potesse vincere su tutto. Niente. Era una testa dura e quella maledetta settimana è stata fatale". Pochi giorni prima del suo ricovero, Mauro da Mantova era intervenuto proprio alla Zanzara per raccontare la sua vicenda vantandosi di voler sfidare il virus. Pochi giorni dopo, però, le sue condizioni di salute si sono aggravate in maniera irreparabile. "Mi auguro che la sua triste storia serva da esempio a tutti coloro che ancora alimentano dubbi sull'efficacia del vaccino", ha scritto Parenzo, sempre molto critico durante le telefonate in diretta dell'ospite. Anche su di lui sono piovute le critiche di accusa i due conduttori di aver sfruttato Mauro per fare ascolti. 

E' morto Frederic Sinistra: campione no-vax di kickboxing, aveva il Covid. La Repubblica il 26 dicembre 2021. Lo chiamavano "The Undertaker" e si era mostrato sui social intubato e con dati polmonari preoccupanti. Ma la moglie insiste: "Non avrebbe accettato mai che la sua morte fosse usata per diffondere la paura".

Era un combattente e un No Vax convinto, "l'uomo più forte del Belgio". Ma questa battaglia l'ha persa. Frederic Sinistra, ex campione del mondo di kickboxing, è morto lo scorso 16 dicembre a 41 anni dopo aver dovuto affrontare il coronavirus. Era tornato nella sua casa di Ciney dopo un ricovero in terapia intensiva a Liegi "forzato" dal suo allenatore.

Dopo alcuni giorni aveva lasciato il nosocomio cittadino per curarsi a domicilio con l'ossigeno. La notizia del decesso è stata diffusa dalla moglie sui social network, la stessa piattaforma che l'atleta, che nel corso della carriera aveva collezionato un certo numero di soprannomi (il più in uso, "The Undertaker", ossia il becchino), aveva utilizzato per documentare la sua battaglia contro la malattia, contratta a fine novembre e che lo aveva costretto a finire intubato. "Dal profondo del mio cuore grazie a tutti per il vostro sostegno e i vostri meravigliosi omaggi a mio marito. Era un uomo generoso con un grande cuore, voleva aiutare gli altri a qualunque costo... Ma era anche tormentato da vecchi demoni del passato e da tutto quello che ha passato nella sua vita, li ha combattuti giorno dopo giorno e fino all'ultimo respiro, purtroppo", ha scritto la moglie sul suo profilo ufficiale. Aggiungendo però che "Non è morto di Covid" e che "mio marito non avrebbe mai accettato che la sua fine fosse strumentalizzata per diffondere la paura spingere alla vaccinazione".  

Sinistra infatti era a tutti gli effetti un negazionista: per lui il Covid non era che un'infezione come altre: il ricovero - di cui esistono molte immagini - lo aveva ordinato il suo allenatore, Osman Yigin, ma poi era tornato nella casa di Ciney, convinto che fosse più chesufficiente per curarsi e sconfiggere il coronavirus. «La PCR che mostra un'infiammazione ai polmoni è 165, e la norma è tra 0 e 5. Ma un guerriero non abdica mai, tornerò ancora più forte». Nelle ultime ore però, le condizioni compromesse dei suoi polmoni hanno costretto anche lui ad arrendersi. Lascia due figli, Célia e Diego. 

Da repubblica.it il 23 dicembre 2021. Non aveva voluto vaccinarsi e l'aveva spiegato anche ai medici che lo avevano accolto all'ospedale Cotugno di Napoli. È morto di Covid Bartolomeo Pepe, ex senatore eletto nel 2013 coi 5 Stelle, 59 anni, convinto anti-vaccinista. Da qualche giorno era intubato in gravi condizioni nel reparto di rianimazione del nosocomio campano. Era stato ricoverato sabato scorso per insufficienza respiratoria e gli era stato applicato un casco per la ventilazione. Poi, rapidamente, la situazione si è aggravata fino al decesso. Pepe, eletto coi 5 Stelle e passato nel 2015 al gruppo di centro-destra Grande Autonomie e Libertà, aveva da sempre espresso posizioni al limite, molto vicine ai complottisti, a partire da quelle che legano autismo e vaccini tanto da portare le sue tesi fino a Montecitorio. Un anno fa, all'inizio della pandemia, aveva definito il Covid una “ridicola isteria”.

Elisabetta Fagnola per "la Stampa" il 21 dicembre 2021. Genevieve sorride e dice che la bambina si muove. Nel reparto Covid dell'ospedale di Bolzano l'infermiera le circonda le spalle, le accarezza la pancia. «Ero contro i vaccini, ho avuto paura per la bambina, l'ho desiderata tanto e non mi sarei mai perdonata fosse successo qualcosa. Ora alle mamme dico di fare il vaccino, hai una vita dentro, non puoi essere egoista»: si è ammalata di Covid a inizio dicembre, ha lottato per giorni in terapia intensiva, poi ha affidato il suo racconto alla telecamera di Andrea Pizzini, regista di Bolzano che da due anni racconta il lavoro dei sanitari nelle terapie intensive Covid altoatesine dove resta forte il movimento No Vax. «Non ho mai smesso di documentare - racconta Pizzini - e quelle che ci sembrano storie straordinarie, negli ospedali sono all'ordine del giorno». Le immagini si somigliano, i racconti spesso si sovrappongono, così come gli appelli a vaccinarsi talvolta accompagnati dal rumore dei macchinari tutt' intorno: cosa spinga un paziente in un letto d'ospedale, il fiato rotto dal virus e la maschera dell'ossigeno sul volto, a esporsi per dire che di Covid si muore, lo ha raccontato Maria Paola Grisafi, impiegata siciliana di 56 anni: «Non ho fatto il vaccino perché mi spaventava, ma in ospedale ho avuto paura di morire, come le altre mamme nella mia stanza, e allora ho pensato chissà quanta altra gente sta sbagliando come me». Era agosto e quel racconto dal Covid hospital di Ribera è stato rilanciato in tutta Italia. E tanti altri ne sono seguiti: pazienti pentiti che hanno rifiutato il vaccino per paura, perché hanno sottovalutato la malattia, alcuni perché apertamente negazionisti, anti restrizioni, anti Green Pass. Gli ultimi dati della Fiaso, la federazione delle aziende sanitarie, raccontano che nelle rianimazioni dei 16 ospedali sentinella la percentuale di No Vax è del 74%, la metà di questi senza altre patologie. E gli anestesisti si aspettano un aumento dei ricoveri. Lo conferma Cosimo Franco, primario di Pneumologia all'ospedale di Piacenza: «Ora nel mio reparto non c'è più percorso pulito o sporco, sono tutti malati Covid, quasi tutti senza vaccino». È da qui che Marco Marchesin, addestratore cinofilo cinquantenne, ha diffuso il suo video appello su Facebook, dove prima contestava vaccino e Green Pass, il fiato spezzato dietro al casco della ventilazione: «Non pensavo di arrivare fin qui, non ho il vaccino, molti qui non ce l'hanno, ci ha lasciato da poco una ragazza di 41 anni, non è uno scherzo, si muore, ti distrugge i polmoni, ho sbagliato, vaccinatevi». Il primario l'ha condiviso con un appunto, «meglio tardi che mai»: «Speravo potesse essere utile, è una testimonianza forte. Pensava che condurre una vita all'aria aperta lo mettesse al riparo, è arrivato in ospedale con una brutta polmonite bilaterale. È stato molto attaccato per quel video, accusato di essere un attore. I complottisti certo non li convinci così, tanti dubbiosi magari sì». Ne è certa Tania Paggiaro, padovana di 48 anni. Lei in estate sul vaccino aveva temporeggiato: «L'avevo spostato due volte, non mi fidavo. E dire che lavoro in un'azienda che produce contenitori dei farmaci, anche dei vaccini». Si è ammalata ad agosto e non è ancora rientrata al lavoro: «Quando mi hanno ricoverata, a mio marito hanno detto che non sapevano se ce l'avrei fatta, sono stata 17 giorni all'ospedale di Cittadella. Avevo molti amici scettici, così ho scritto un post che ha condiviso anche l'Asl: questa malattia esiste e se ne muore, e se avessi fatto il vaccino non avrei patito tutto questo». Come lei, tanti altri: il portuale che protestava contro il Green Pass, intervistato a Non è l'Arena in ospedale a Trieste, «ho i polmoni distrutti, ho sbagliato a non vaccinarmi». Il video di Vincenzo, 48 anni, ricoverato al San Martino di Genova, «non credete alle sciocchezze, il virus esiste ed è bruttissimo, ho passato momenti terribili» ha raccontato accanto al primario Matteo Bassetti. Scettici o impauriti come Marco Sanese, operaio dell'ex Ilva di Taranto, ricoverato in estate con la moglie: «Avevo dei dubbi, in tv sentivo notizie di chi era morto dopo il vaccino - ha detto a La Stampa - ero in salute, ma questa bestia ti cambia». «L'unica verità? È che il Covid c'è è che io stavo per morire, il vaccino ora lo farei» dice Lorenzo Damiano. Una dichiarazione simile alle altre, se non fosse stato un volto noto delle manifestazioni No Pass in Veneto, candidato sindaco a Conegliano per il movimento "Norimberga 2": no dittatura sanitaria, no Green Pass e il progetto di "smascherare le menzogne" sul virus. Dopo due settimane di ricovero all'ospedale di Vittorio Veneto, le tesi complottiste sono un ricordo: «Pensavamo che il Covid, i vaccini, fossero una strumentalizzazione per impaurire la società e dominarla, ma ho vissuto la sofferenza, la paura, il panico. Se dicessi ancora quelle cose mentirei sulla scienza, che mi ha guarito. Norimberga? Sta parlando con un altro uomo». A medici e infermieri restano le ore di lavoro nei reparti Covid mai chiusi, i pazienti che protestano, quelli che ringraziano, magari lasciano una lettera di scuse come è accaduto a Biella. Ma ci sono anche sanitari, tra i No Vax pentiti: «Eravamo in molti, c'erano tante teorie sui rischi» racconta Catia Dell'Orso, ostetrica dell'ospedale Careggi di Firenze, dove è stata ricoverata da marzo a giugno. Settimane attaccata all'ossigeno, poi il recupero post Covid, anche psicologico: «Non sopporto più l'odore dell'ospedale, la vista dei farmaci, ed era il mio lavoro». Pensa a un'associazione per convincere i No Vax: «Non serve la paura ma la testimonianza di chi ci è passato e può raccontare il respiro che manca, i chiodi dentro, il freddo, le ossa che si rompono mentre sei immobile come una bambola di pezza. Il vaccino non è la panacea, ma ti salva da tutto questo».

Era ricoverato al Cotugno di Napoli. Il covid uccide Bartolomeo Pepe, l’ex senatore 5 Stelle (e no vax) definì il covid una “ridicola isteria”. Giovanni Pisano su Il Riformista il 23 Dicembre 2021. Non ce l’ha fatta Bartolomeo Pepe, 59 anni, ex senatore del Movimento 5 Stelle e sostenitore del movimento No Vax. E’ morto nelle scorse ore all’ospedale Cotugno di Napoli, specializzato in malattie infettive, dove era ricoverato in terapia intensiva per una polmonite interstiziale dovuta alla positività al covid-19. Pepe era ricoverato da alcuni giorni nel nosocomio partenopeo per insufficienza respiratoria e gli era stato applicato un casco per la ventilazione. La situazione clinica è peggiorata nel corso delle ultime ore fino al drammatico epilogo. Originario di Casalnuovo (Napoli), era stato eletto nel 2013 con il Movimento 5 Stelle. Nel 2015 è passato al gruppo di centro-destra Grande Autonomie e Libertà, aveva da sempre espresso posizioni al limite, molto vicine ai complottisti, a partire da quelle che legano autismo e vaccini tanto da portare le sue tesi fino a Montecitorio.

Quando è scoppiata la pandemia, Pepe aveva definito il covid-19 una “ridicola isteria”.

“Apprendo con dispiacere della morte dell’ex senatore Bartolomeo Pepe. Alla sua famiglia e ai suoi cari le condoglianze del nostro gruppo parlamentare”. E’ quanto dichiara Davide Crippa, capogruppo del Movimento cinque stelle alla Camera dei deputati, commentando la notizia della morte. 

Giovanni Pisano. Napoletano doc (ma con origini australiane e sannnite), sono un aspirante giornalista: mi occupo principalmente di cronaca, sport e salute.

Mattia Feltri per “La Stampa” il 22 dicembre 2021. Non so se il professor Tommaso Braccini si eserciti negli opposti complottismi con cui cristiani ed ebrei si contrapposero nei primi secoli dopo Cristo. I poveri cristiani furono accusati da Nerone - pensate al suo destino, quando si dice la nemesi - d'aver incendiato Roma, e tutti ci credettero poiché erano considerati degli straccioni ma fanatici, che se ne andavano per il mondo a predicare il regno dell'Aldilà, e dunque dediti al sovvertimento dell'ordine pubblico nell'al di qua. Bastò un secolo o poco più perché i cristiani prendessero la forza di ribaltare sugli ebrei le dicerie, con Tertulliano impegnato a diffondere notizie su questo popolo propenso all'omicidio rituale e ad abbeverarsi, per sublimare gli scellerati patti, del sangue delle vittime. Ma da quello che ho potuto vedere, il libro uscito da poco del professor Braccini (Miti Vaganti, il Mulino) è senz'altro utile per smascherare Bill Gates e George Soros, affratellati nel demoniaco progetto di ridurre la popolazione mondiale e assoggettare quanto ne resterà: un progetto non molto originale, ci aveva già pensato Zeus - lo si legge nei Canti ciprii - e ai medesimi scopi scatenò la guerra di Troia. Poi via via ci hanno pensato tanti altri, perché QAnon, gli illuminati, il grande reset e i rettiliani non sono una bizza moderna, ma la spiegazione plurimillenaria che l'umanità si concede davanti all'inaudito. La storia è disseminata di teorie del complotto e Braccini si diverte a impilarle per dimostrare che, dalle bestie multiformi alle trame pandemiche così attuali, non ci siamo inventati proprio nulla. Siamo scimuniti, e nemmeno di prima mano.

Monica Serra Andrea Siravo per “la Stampa” il 12 dicembre 2021. Quando lo ha riconosciuto, gli si è avvicinato un fedelissimo No vax della piazza milanese. Un anziano con un grosso crocefisso di cartone in mano: «Andrai all'inferno e finirai male! Pentiti dei tuoi peccati e delle menzogne che hai raccontato». Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell'Irccs Galeazzi, che ieri per la prima volta ha deciso di partecipare a una manifestazione No green pass «per sentire il rumore della piazza e capire le sue ragioni», non si è scomposto. Sorridendo (sotto la mascherina) ha risposto: «Mi spiace, credo che ci sia la libertà di esserci, di capire, di ascoltare, di confrontarsi». La sua presenza, con due bodyguard e una troupe televisiva, tutto sommato non è stata contestata dai quattrocento militanti che alle tre del pomeriggio si sono riuniti all'Arco della Pace per la manifestazione «The new Human World - Contro il nuovo ordine mondiale», organizzata dall'associazione «La Genesi», con tanti big negazionisti annunciati, tra i quali alla fine non si sono presentati il leader dei portuali di Trieste, Stefano Puzzer e la deputata Sara Cunial. Per primo sul palco ha preso la parola Francesco Maria Fioretti, già presidente della prima sezione della Cassazione, che se l'è presa col presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e con la Chiesa, puntando il dito contro l'«involuzione autoritaria di tutti gli Stati che sta mettendo in gioco la democrazia» e sostenendo, assieme ad altri ospiti che sono intervenuti, tesi deliranti del tipo: «I vaccini sono fatti con feti vivi abortivi», «Violano un comandamento: non uccidere», «Disegnate una svastica sui ristoranti che chiedono il Green Pass», «Opponetevi a questo sistema globale che vi ha sottomesso come ai tempi di Hitler», per citarne qualcuna. Nel frattempo tra la folla si aggirava il virologo Pregliasco: «Chi mi ha riconosciuto mi guardava perplesso: qualcuno mi ha avvicinato, quasi tutti con modi gentili» racconta dopo non essere riuscito ad applicare la «politica della persuasione» predicata da alcuni esponenti del governo. «Chi viene qui tutti i sabati è radicalizzato, non sente ragioni, mi considera parte di un sistema che "mente", "nasconde i dati" e attraverso il Green Pass "vuole dividere per controllare", sottovalutando di fatto i rischi che corre a non fare il vaccino. Ho provato a parlare con loro, ma sono troppo arrabbiati e spaventati: non mi sembra ci siano grandi speranze, anche se ritengo sia giusto provarci». Alle 18, quando la manifestazione è finita, le ultime decine di No vax presenti si sono allontanate dall'Arco della Pace. Tutto si è svolto in ordine, senza momenti di tensione con la polizia, senza tentativi di azzardare un corteo. Intanto, in piazza Duomo, per la prima volta dal 24 luglio, il sabato pomeriggio, tra turisti e passanti, è tornato la normalità. Neanche un No pass è stato identificato dagli agenti.  

Camilla Mozzetti, Mauro Evangelisti per “il Messaggero” l'11 dicembre 2021. «Siete voi che state facendo del male a nostra mamma, il Covid non c'entra» urlavano i figli di una settantenne non vaccinata, intubata nella clinica di rianimazione dell'ospedale Torrette. Non volevano ammettere, fino all'ultimo, che la madre era in quelle condizioni perché l'avevano convinta a non immunizzarsi. Racconta il primario, il professor Abele Donati: «Serve molta pazienza, utilizziamo molto del nostro tempo per parlare con i familiari No vax dei malati intubati. Non va sempre così: ci sono anche molti pazienti che, quando si riprendono, si rendono conto dell'errore commesso non vaccinadosi». Il professor Venerino Poletti è il direttore del Dipartimento toracico dell'Azienda sanitaria della Romagna e docente all'Università di Bologna. Dalla prima linea della Terapia sub-intensiva di Forlì l'altro giorno non ha frenato il suo carattere sanguigno romagnolo quando, in due occasioni, due pazienti No vax, un uomo e una donna, entrambi con respirazione assistita, hanno aggredito verbalmente le infermiere. «La cosa che più mi ha fatto arrabbiare - racconta - è che sono più volgari con le infermiere donne che con gli uomini». Hanno usato la parola «merde» e altre immaginabili quando si vuole offendere una donna e la cosa più incredibile è che nel reparto di Sub intensiva hanno salvato la vita di entrambi. Ma per la loro logica folle se stavano male, la colpa non era del Covid e dell'incoscienza di non vaccinati, ma di medici e infermieri. «Entrambi sessantenni, uno si occupa di finanza, l'altra è un'insegnante. Ecco, la cosa che mi sorprende è che stiamo vedendo non pochi insegnanti tra i No vax che finiscono in ospedale. Sia chiaro, per fortuna non va sempre così, molti ci ringraziano per averli guariti, ci dicono che si sono sbagliati e che convinceranno altre persone a vaccinarsi. Tra i pazienti No vax in sub intensiva purtroppo ci sono anche coloro che sono in quelle condizioni per amore: sono gli anziani che non se la sono sentita di dire di no ai figli No vax e non si sono vaccinati. Si sono fidati e ora stanno male. Ma tanti sono anche coloro che avevano avuto semplicemente paura del vaccino». All'ospedale San Martino di Genova il professor Angelo Gratarola, direttore dell'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione, snocciola la statistica: su 30 pazienti in terapia intensiva, il 90 per cento non è vaccinato, gli altri sono o persone che non hanno avuto risposta immunitaria perché ad esempio sono pazienti oncologici o anziani che non hanno ancora ricevuto la terza dose: «Di fronte ai numeri, c'è poco spazio per l'ideologia - racconta - ma fa piacere quando vedi pazienti come un cinquantenne No vax appena guarito che ringrazia e dice di sentirsi un miracolato». In sintesi, secondo l'esperienza degli ospedali italiani: c'è una parte che finisce in terapia intensiva o sub-intensiva semplicemente perché aveva paura del vaccino e solitamente si pente, un'altra che si è fidato, sbagliando, dei consigli dei figli. E poi ci sono gli irriducibili, che fino all'ultimo negano anche l'evidenza e pur di non ammettere di avere sbagliato si scagliano contro i medici. E ciò che si poteva evitare resta ancora inevitabile. Nel reparto di Terapia intensiva del policlinico Agostino Gemelli di Roma c'è una donna, con più di 80 anni, non vaccinata «che ha rifiutato di essere intubata, le sue condizioni - spiega Massimo Antonelli, direttore del Dipartimento di emergenza, anestesia e rianimazione - sono molto gravi, per ora la stiamo curando con il casco, speriamo non peggiori». In questo reparto, che dal marzo 2020 ha trattato più di 1.400 pazienti gravi, di fronte a determinati atteggiamenti serpeggia anche la frustrazione: «Quelli che non ce la fanno - prosegue Antonelli - e hanno scelto di non vaccinarsi ti lasciano una profonda amarezza, sono morti che si sarebbero potute evitare». Sempre al Gemelli un uomo No vax over 40 tra i più conosciuti tatuatori della Capitale è stato a lungo ricoverato in terapia intensiva. Ha sconfitto il Covid e con le lacrime agli occhi quando ha lasciato il reparto sulle sue gambe ha detto ai medici: «Che grande errore che ho fatto a non vaccinarmi». «Qualche tempo più tardi abbiamo ricevuto una lista di persone - conclude Antonelli - uomini e donne che si sono vaccinati perché convinti dal paziente, ce l'ha inviata e spesso accade questo: i No vax che si salvano diventano i più forti sostenitori della campagna vaccinale. Purtroppo non sempre va così». Succede persino che pazienti gravi decidano di lasciare l'ospedale. «Abbiamo avuto tre uomini ricoverati in terapia intensiva - aggiunge Francesco Pugliese, direttore del Dea dell'Umberto I, altro policlinico della Capitale - che non erano intubati ma versavano in gravi condizioni, hanno firmato le dimissioni e pur provando a fermarli in ogni modo sono andati via. Sono poi morti a casa». Soltanto giovedì pomeriggio Pugliese ha dovuto combattere per convincere tre uomini non vaccinati tra i 50 e i 60 anni ad accettare l'Ecmo, l'ossigenazione extracorporea. «L'unico modo per non perderli - commenta il primario - ma a volte è davvero difficile».

Alessandro Gonzato per “Libero Quotidiano” il 15 dicembre 2021. Accadono cose sempre più deliranti nel tragico mondo no-vax. L'ultima, ma a breve temiamo nuove storie, è quella di un papà che al telefono ha insultato l'anestesista che insieme ai colleghi sta cercando di salvare la vita al figlio 35enne finito in terapia intensiva a causa del Covid. «Come sempre», ha raccontato la dottoressa Francesca Bertamini all'Aria che Tira (La7), «alle 2 del pomeriggio ho chiamato i parenti dei pazienti per informarli delle condizioni, e questo signore mi ha subito attaccato dicendo che tutta la famiglia non si vuole vaccinare perché non sa cosa c'è dentro il vaccino. A quel punto gli ho risposto che non sa nemmeno cosa c'è dentro i farmaci che stiamo somministrando al figlio perché non muoia, ma il signore ha insistito, si è anche raccomandato di non vaccinarlo durante la degenza, cosa che peraltro sarebbe impossibile, perché ormai la malattia l'ha contratta». Altro delirio reso noto dalla dottoressa Bertamini, che lavora all'ospedale di Padova: «Abbiamo ricevuto una denuncia da parte di un paziente salvato per i capelli: dopo 15 giorni di terapia intensiva ha lamentato un ematoma al braccio». E ancora: «Un altro paziente», ha scritto su Facebook la dottoressa, «appena svegliato dal coma, estubato con grande difficoltà dopo giorni di sedazione per permettere la ventilazione, ci ha accusato col filo di voce che aveva di averlo sequestrato, che lui era libero di andarsene». Pochi giorni fa abbiamo dato conto dell'assurda morte del 50enne no-vax di Trento che ha rifiutato di essere intubato. A Torino poco prima è morta una 32enne a causa di una miocardite provocata dal virus. Anche lei, purtroppo, aveva deciso di non vaccinarsi. La poveretta era risultata positiva al tampone a cui era stata sottoposta all'ospedale dove si era presentata per tre episodi di sincope. Ha lasciato il marito e una creatura di 2 anni. Sui social lo straziante messaggio del marito, a corredo di una foto con loro tre insieme: «Mi mancherai mia piccola donna. Buon viaggio... Ti amo». Un'infermiera di Firenze ha raccontato l'incredibile caso di un 65enne no-vax ricoverato per difficoltà respiratorie che ha spaccato due caschi per l'ossigeno. «Ci ha insultato, offeso, ha negato di avere il Covid». È morto. C'è poi Maurizio Buratti, alias Mauro da Mantova, ospite-disturbatore fisso della Zanzara su Radio24 e noto per le più strampalate teorie complottiste - tra cui quelle sulla pandemia - il quale da giorni è intubato all'ospedale Borgo Trento di Verona per una polmonite bilaterale. In precedenza si era vantato d'essere entrato in un supermercato vicino a Milano con 38 di febbre. A Padova un 47enne no-vax ha rifiutato le cure ed è morto in casa: erano stati i vicini a chiamare il 118. Il dottor Amedeo Giorgetti lavora a Recanati, è medico di famiglia, e sulla porta dello studio ha affisso un cartello: «Caro paziente, se ha qualche dubbio o timore sono a disposizione. Se invece crede che il vaccino sia una pericolosa arma in mano alle multinazionali con la connivenza dei medici di famiglia è pregato di cambiare ambulatorio». Il medico ha spiegato: «Un mio paziente 55enne, obeso, iperteso e diabetico col quale ho discusso 5 mesi per convincerlo a vaccinarsi mi ha detto: "No, chissà cosa mi mettete dentro"». Il no vax, contagiato, è stato assistito nelle cure domiciliari, è guarito, e a quel punto il dottore gli ha comunicato che avrebbe dovuto cambiare medico di famiglia.

Giulio Gori per il “Corriere della Sera” l'11 dicembre 2021. «A volte hai paura, per la tua stessa incolumità. Perché un no vax che protesta, ti offende e ti minaccia di metterti le mani addosso, ti mette in discussione nel tuo lavoro, ti fa entrare l'angoscia solo per infilare un ago. Non sei più sicura di quel che fai». Dopo la denuncia di Vittorio Pavoni, primario della terapia intensiva Covid dell'ospedale fiorentino di S. Maria Annunziata a Ponte a Niccheri, sulla difficile convivenza tra sanitari e pazienti no vax più convinti, ora nello stesso ospedale c'è chi ammette di non aver ricevuto soltanto recriminazioni, ma anche minacce e intimidazioni, fino ad aver assistito a veri atti di violenza. Come un'infermiera del pronto soccorso.  

Lei ha ricevuto minacce da pazienti no vax? Di che tipo? 

«Ti metto le mani addosso, è la peggiore. Quando ti avvicini con una siringa e ti senti dire una cosa del genere, la mano ti trema, non sei più capace di fare il tuo lavoro». 

Sono cose che accadono spesso? 

«Non succedono spesso, ma non sono casi isolati. È invece molto frequente sentirsi insultata, sentirsi dire che ci dobbiamo vergognare, che siamo parte di un sistema corrotto. Ed è frequente trovarsi di fronte a pazienti che non vogliono essere curati, ma che sono in chiara ipossia (carenza di ossigeno, ndr ) e quindi non hanno la lucidità sufficiente per decidere per sé stessi. Così noi dobbiamo provare a curarli e succede anche che esploda la follia violenta».  

A cosa si riferisce? 

«Personalmente mi è successo una sola volta. Con un paziente che ha spaccato due caschi per l'ossigeno. Aveva 65 anni, no vax, positivo al coronavirus. Viene ricoverato al pronto soccorso di un altro ospedale, dove risulta positivo, ma poi decide di tornare a casa. Contro la sua volontà, viene portato dall'Usca (l'unità medica mobile a domicilio, ndr) in pronto soccorso, stavolta il nostro di Ponte a Niccheri, perché ha difficoltà a respirare. Ma ci offende, ci insulta, parla di "dittatura sanitaria", nega di avere il Covid, finché non diventa violaceo, non respira davvero più e allora accetta il casco per l'ossigeno. Quando, dopo un'ora, un'ora e mezzo, comincia a respirare meglio, se lo toglie spaccandolo, davanti a noi sanitari spaventati. Ma quando se lo toglie, poco a poco diventa blu una seconda volta, così gli dobbiamo mettere un altro casco per l'ossigeno, finisce per sentirsi meglio e spacca anche quello». 

E voi che cosa avete fatto? 

«Abbiamo dovuto ricoverarlo nel reparto Covid (in realtà il paziente, in base a una seconda testimonianza, aveva addirittura lasciato il pronto soccorso, firmando le dimissioni, per stramazzare a terra su un'aiuola a pochi metri dall'ingresso dall'ospedale, ndr ), dove ho saputo che ha continuato a fare la guerra per non essere curato». 

Com'è finita? 

«È morto».  

Cosa le resta di quell'esperienza? 

«Che su una cosa, almeno una, quel paziente aveva ragione».  

Quale?

«Era la scorsa estate, lui ci stava urlando un sacco di insulti, ma uno in particolare mi è rimasto impresso: "folli". Ci pensai bene e mi trovai d'accordo con lui per una volta, mi resi conto che un po' folli dobbiamo esserlo: bisogna essere folli per stare per ore dentro dei sacchi della spazzatura come vestiti, a 40 gradi per curare qualcuno che "non ha niente" o che comunque non vuole essere curato. E bisogna essere ancora più folli per continuare a farlo dopo due anni di pandemia. Quel che resta è l'amaro in bocca. Noi abbiamo imparato che dobbiamo curare tutti. Ma oggi facciamo fatica a rispettare il nostro giuramento».

"Il positivo non è malato ma immune": viaggio dentro le scuole no vax. Martina Piumatti e Serena Pizzi l'11 Dicembre 2021 su Il Giornale. Ci siamo infiltrati - con una telecamera nascosta - dentro una scuola parentale no vax nel Milanese. Quello che abbiamo documentato è scioccante: "I bambini vengono in aula anche col tampone positivo". La galassia dei no vax è piuttosto variegata e per questo è difficile da liquidare in due righe. Dentro possiamo trovare quello che scende in piazza per manifestare, quello che ha effettivamente paura dei vaccini, quello che si nasconde dietro le teorie del complotto e quello che si lascia fare il lavaggio del cervello. Purtroppo, in tempi di Covid, una piccola parte degli indecisi si fa abbindolare da soggetti che non vedono l'ora di tirare l'acqua al proprio mulino. Come? Inventando storie stravaganti sul coronavirus, sulle case farmaceutiche, sui vaccini e sullo Stato.

Dopo settimane passate a raccogliere informazioni, abbiamo scoperto una realtà tutt'altro che limpida. Tra una ricerca e l'altra, ci siamo imbattuti nelle scuole parentali. Niente di illegale, per carità. Anzi, sono garantite dall'articolo 34 della Costituzione ed esistono da parecchi anni. Negli utlimi tempi, però, alcune di queste strutture sono diventate un covo di no vax. Così, dopo esserci informati a dovere, abbiamo contattato la scuola parentale Rondò in via Risorgimento 63 a Sesto San Giovanni, comune alle porte di Milano. Ci siamo finti genitori interessati a iscrivere presso questa struttura le nostre due figlie e ci siamo presentati - muniti di telecamera nascosta - all'open day di sabato 4 dicembre.

Appena arriviamo ci rendiamo conto di essere in un'altra realtà: zero mascherine, niente distanziamento, il "Covid è un'influenza", il complotto è dietro l'angolo e "il mondo esterno non è nostro amico". Ci sentiamo alquanto a disagio, ma non possiamo far saltare la nostra copertura. Così, assecondiamo i genitori no vax, i docenti che sono "scappati dalla scuola perché senza vaccino" e la fondatrice dell'istituto Alessandra Caradonna. Cerchiamo di destreggiarci tra chi ha già portato il figlio in questa scuola e chi è interessato "all'educazione alternativa". Per nulla semplice, ma ci riusciamo.

Dopo una decina di minuti arriva il professore Roberto Dallera (su di lui ne avremo parecchie da dire nelle prossime puntate) che a gamba tesa inizia il suo monologo delirante pieno di fake news. Qui riporteremo solo una parte delle sue follie, ma - credeteci - c'è da rimanere esterrefatti. "Nelle scuole normali - inizia di fronte a una platea inferocita - i bambini non si possono toccare, muovere. Stanno togliendo ai bambini la libertà, questa è una castrazione. Limitare il respiro con le mascherine provoca danni. Li vogliono imbavagliati e bullizzano chi non fa come loro".

Un inizio scoppiettante che porta a parlare di educazione alternativa, di contatto con la natura, di spiritualità, della "dittatura che ha paura del pensiero vivente che sta per essere cancellato" e del "gruppo di potere delle case farmaceutiche". I genitori sono entusiasti quando sentono parlare di "museruole" (le comuni mascherine) e del "mondo che ci sta attorno è estremamente aggressivo". Più volte viene tirata in ballo la resistenza e la "dittaura sanitaria che ci impone il governo". Dopo il monologo del prof, arriva il momento delle domande. I genitori si informano sui corsi, sugli esami (ogni anno gli alunni delle scuole parentali devono sostenere una prova finale per dimostrare di essere in regola con il programma del ministero. Il prof rassicura tutti: "Siamo in contatto con diverse scuole paritarie e hanno riconosciuto il nostro programma". Sì, peccato che alcune di queste scuole a cui fa implicitamente riferimento Dallera siano gestite dalla associazione Logoi, di cui lui è presidente. Vi spiegheremo meglio nella terza puntata) e su come sarà una giornata tipo dei loro figli.

Visto che nessuno parla di Covid, ci pensiamo noi. "Chiedete il green pass, tamponi o vaccino?", domandiamo. Da questo momento in poi raggiungiamo vette di follia altissime. "Noi sottoscriviamo con voi un patto educativo - ci risponde Dallera -. Non vi chiediamo nulla perché non siamo una scuola. Facciamo qui quello che voi fate a casa. Il mondo che ci sta attorno non è nostro amico. Sicuramente i vicini ci guarderanno perché entreremo senza mascherine. Cosa fare? Mettete in tasca una mascherina ai vostri figli così nel caso in cui ci sia un controllo se la mettono su. Non è un sotterfugio, è sopravvivenza. Qui facciamo come vogliamo". Scioccati, andiamo avanti: "Ma se mia figlia dovesse avere la febbre o prendesse il Covid? La metto in quarantena?". "Per noi, considerando quello che dicono alcuni medici, il tampone positivo non è un caso di malattia. Anzi, spesso è un caso di immunità per reazione a un sintomo. Quindi, lasciamo libera scelta ai genitori se mandare i figli a scuola o no. Il positivo è colui che ha sviluppato l'immunità attraverso il fatto di essere un portatore sano".

Rimaniamo basiti, gli altri genitori proseguono con le domande finché il professor Dallera e la fondatrice Caradonna arrivano a dire che "creeremo un mondo nuovo", che stanno pensando di mettere in piedi una economia alternativa dove "avremo una carta di credito nazionale che sarà utilizzabile ovunque" e che addirittura "stanno nascendo delle convenzioni assicurative che permettono di curarvi in Italia e in Svizzera senza che vi vaccinino appena entrate al pronto soccorso". Ma non finisce qui: a un certo punto ci buttano in mezzo pure il miracolo e la magia.

"Alcuni ragazzi inespressivi, complessati e chiusi - afferma Dallera - venendo qui da noi hanno ricominciato a mangiare". E a dargli manforte ci pensa la Caradonna: "Uno si grattava le mani e dopo essere stato nella nostra struttura ha smesso. Ora ha solo le cicatrici, la mamma ci ha chiesto come abbiamo fatto. Un altro si nascondeva dietro al ciuffo e adesso non lo fa più. Se lo è addirittura tagliato, si è aperto con noi". Poi arriva quello che mai avremmo voluto sentire. Quelle parole che vanno a toccare la sensibilità di tutti. Quelle parole che servono soltanto per colpire e fare il lavaggio del cervello. "Abbiamo avuto anche un bambino molto grave - continua la fondatrice - che non si alzava e non si vestiva da solo, non faceva colazione. Sua mamma è rimasta pietrificata perché dopo essere stato qui ha fatto tutte queste cose da solo e poi si è fatto portare a scuola da noi. Lei non ci credeva e lui è davvero grave. Qui c'è una certa magia".

Ecco, questo è quello che abbiamo documentato con la nostra telecamera nascosta. Questa è l'ignoranza che si respira in questo ambiente no vax. Nessuno ci ha scoperti, ingenuamente si sono fidati. Così, abbiamo preso un appuntamento per giovedì 9 dicembre: avremmo dovuto portare le nostre due (finte) figlie per la prova. Ma c'è un però. Quando siamo ritornati per farci ribadire a microfoni e telecamere accese le affermazioni deliranti di sabato, siamo stati aggrediti. Non hanno parlato, hanno solo fatto andare le mani. Non sono stati neanche in grado di vergognarsi per quanto detto e fatto.

Nella prossima puntata, potrete vedere come siamo stati accolti dalla scuola parentale Rondò nelle vesti di giornalisti e non più di (finti) genitori.

Martina Piumatti

Serena Pizzi. Sono nata e cresciuta a Stradella, un piccolo paese che mi ha insegnato a stare al mondo. Milano, invece, mi ha dato la possibilità di realizzare il mio sogno più grande: fare la giornalista. Amo conoscere, osservare e domandare. Mi perdo nei dettagli delle cose e delle persone. Del resto

Influencer, medici e politici: ecco chi sono i cattivi maestri della galassia No Covid. Matteo Pucciarelli su La Repubblica il 31 agosto 2021. Dagli sproloqui su social di "Er Faina" a quelli in tv di Fusaro e Bagnai fino al libro "Eresia" in cima alle classifiche, le pulsioni negazioniste e complottiste hanno una comune matrice di estrema destra. Il fiume carsico del complottismo italiano è tornato con prepotenza a galla: la battaglia contro il Green pass è il nuovo punto d'approdo dopo aver negato per mesi l'esistenza stessa del virus per come lo conosciamo ("è una semplice influenza!"), poi aver contestato l'obbligo di utilizzo delle mascherine, le chiusure degli esercizi commerciali e infine la bontà del vaccino. Ma il grosso della storia del frastagliato mondo che denuncia la "dittatura sanitaria" arriva da ancora più lontano: ci sono analogie e spesso perfette sovrapposizioni tra gli attuali contestatori e le galassie no euro; con chi ha denunciato la fantomatica teoria gender; oppure il segretissimo eppure famoso (e inesistente) Piano Kalergi, leggenda veicolata per contrastare l'immigrazione; ancora più a monte c'è l'antisemitismo dei Protocolli dei Savi di Sion (altro falso storico), il piano di dominazione del mondo da parte degli ebrei. La sostanza è che, gratta gratta, dietro a queste pulsioni antisistema ci sono suggestioni provenienti storicamente dall'estrema destra e dalle quali in questi anni hanno ampiamente attinto in primis le forze sovraniste (Lega e Fratelli d'Italia) e in passato i 5 Stelle. Oggi però la simbologia utilizzata è fatta apposta per disorientare e celare chi tira le fila, così i "discriminati" dal Green pass arrivano a rappresentarsi vittime al pari degli ebrei sotto il nazifascismo; mentre la "dittatura sanitaria" diventa una nuova forma di nazismo. L'importante è giocare con le paure e soffiare sul fuoco del malcontento, evocando l'esistenza di un "Sistema" globalista composto da pochi manovratori che occultano indicibili verità al mondo. Il complottismo si sviluppa utilizzando soprattutto canali non ufficiali: il web e i social media, ma soprattutto - specie dopo la stretta dell'algoritmo Facebook verso questo tipo di contenuti - Telegram, dove il controllo è praticamente nullo e la capacità di propagazione altissima. Ma le idee "politicamente scorrette", nonostante amino descriversi osteggiate e messe ai margini del mainstream, sono da tempo diventate di dominio pubblico e oggetto di dibattito politico al massimo livello. I campioncini della galassia vanno regolarmente in tv e in radio, dove godono di ottimi spazi: lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi, il "filosofo" Diego Fusaro, il professor Paolo Becchi, i parlamentari leghisti Claudio Borghi, Armando Siri e Alberto Bagnai, quelli europei sempre del Carroccio Antonio Rinaldi e Francesca Donato, il senatore ex 5 Stelle e già direttore della Padania Gianluigi Paragone, l'attore Enrico Montesano, c'è il destro ma autoqualificatosi "libero pensatore" Damiano "Er Faina", diventato famoso per gli sproloqui da bar nel suo abitacolo, cha dialoga amabilmente su Twich ("te do der "tu" Marco") con il fieramente stalinista - amatissimo a destra, sarà per le pose da duro - Marco Rizzo. E poi, ben organizzati, interi partiti classicamente neofascisti come Casapound e Forza Nuova. Più o meno tutti su natura del virus ed efficacia del vaccino citano come un oracolo il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier e ogni tre per due tirano in mezzo George Orwell e il suo celebre 1984. L'infettivologo Matteo Bassetti era osannato perché iscritto al partito degli esperti critici sulle chiusure, ora che ha preso posizione per il vaccino è trattato alla stregua di un traditore e il suo numero di cellulare rimbalza di chat in chat, "chiamatelo, fatelo impazzire!". Traditore è anche e soprattutto il M5S, che pure in passato sulle vaccinazioni, da Beppe Grillo a Paola Taverna (oltre che sull'Europa e sull'immigrazione), ha per anni portato avanti una politica di dubbi quando non di aperta contestazione. Si spiegano così la furia dei no vax che nei giorni scorsi hanno preso di mira un gazebo degli attivisti a Milano e le minacce a Luigi Di Maio. L'incrocio tra le aspirazioni antisistema e complottarde e il Movimento è incarnato da Claudio Messora, che fu capo della comunicazione in Europa dei 5 Stelle e che oggi col suo sito (e in parte tv) Byoblu fa da cassa di risonanza a chiunque voglia liquidare una qualsiasi posizione ufficiale. Una minoranza, si dirà; ma di sicuro rumorosa e capace di fare opinione, forse addirittura egemonia, tanto che sia Matteo Salvini che Giorgia Meloni fanno a gara a chi gli dà più di gomito. Se invece ci si limita alle perplessità attorno al lasciapassare e in parte alla bontà del vaccino, anche a sinistra non mancano le contrarietà. Nel sindacalismo di base (ad esempio nei Cub) e in pezzi di Cgil ad esempio la necessità del Green pass per andare in mensa, a scuola o in fabbrica, laddove richiesto, è diventata materia di trattativa e lo stesso Maurizio Landini ha parlato di uno scarico di responsabilità del governo sui lavoratori. Il collettivo di scrittori Wu Ming, che pure sulla confutazione delle teorie di complotto è impegnato da anni, sul proprio sito Giap pone questioni in materia di controllo degli individui e "narrazioni tossiche" dell'emergenza. Ma in tempi di tifo social e contrapposizioni feroci, ragionare è rimasto un lusso per pochi.

Francesco Grignetti per “La Stampa” il 31 agosto 2021. È un crescendo di odio e di intolleranza, quella che tracima dalle chat dei No Vax. Con il passare delle settimane, si è alzato infatti un muro di incomprensione e di reciproca delegittimazione tra chi invita a vaccinarsi per salvarsi dal Covid e chi ci vede un complotto e addirittura un genocidio. E si rischia il cortocircuito. Su Telegram, un social di messaggistica, c'è chi invita a compilare liste di proscrizione dei pro-Vax, che siano politici, medici, o giornalisti. Si cercano indirizzi di casa. E c'è un invito abbastanza esplicito alla violenza. Una forma di squadrismo aggiornata ai tempi della pandemia. Come accadde con il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, Pd, a fine luglio. Quella volta gli si presentarono sotto casa in cinquecento, a ululare, guidati da tal Umberto Carriera, leader del movimento Io Apro. Il Viminale se l'aspettava. Perché finché ci si è confrontati sui massimi sistemi, le manifestazioni sono state accese, ma in fondo inoffensive. Certo, sono molte settimane che ad ogni sabato c'è un corteo in tante città. Ma salvo casi sporadici, non ci sono stati problemi di ordine pubblico, salvo il caso di Roma, dove l'ultradestra ha tentato di cavalcare quella piazza, ma poi - fanno notare fonti del Viminale - «solo una piccola parte dei presenti ha seguito i leader». Ora però si rischia un'escalation perché il Green Pass mette quelli che rifiutano il vaccino di fronte alla prospettiva di non poter salire su un aereo o su un treno a lunga percorrenza. Così come per il personale sanitario c'è la sospensione dietro l'angolo. E lo stesso è per il personale scolastico. Qui gli animi si stanno accendendo sul serio. Il Green Pass diventa un discrimine. E i No Vax si sentono discriminati. «È un movimento assolutamente fluido - spiegano al Viminale - dove confluiscono diverse anime. Ci sono quelli arrabbiati per i guai economici dovuti alla pandemia. Ci sono quelli che ne fanno una questione di libertà, un assoluto che secondo loro viene su tutto e su tutti, reagiscono male a ogni tipo di prescrizione e non si rendono nemmeno conto che esiste un confine tra il lecito e l'illecito. Poi ci sono quelli terrorizzati in buona fede dal vaccino. Arrivando a quelli che sono convinti che gli verrà inoculato un microchip. E infine c'è l'ultradestra che cerca spazio». Una prova del nove sarà domani con le manifestazioni annunciate in quasi tutt' Italia per bloccare le stazioni ferroviarie. Il ministero dell'Interno comunica che «assicurerà come sempre la libertà di manifestare pacificamente nel rispetto delle regole, ma non saranno ammessi atti di violenza e minacce». Ovviamente se le manifestazioni degenerassero in tentativi di blocco di un servizio pubblico, che è un reato grave, la polizia non starà a guardare. Cresce l'attenzione anche per i toni sempre più minacciosi verso i giornalisti. Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, riunirà nei prossimi giorni il Centro di Coordinamento per le attività di monitoraggio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti. «Attenzione però - avvertono le stesse fonti del Viminale - a non confondere i proclami sanguinari che girano sul web con la realtà. Abbiamo già visto in passato come, a fronte di parole incendiarie, tutto sia poi stato molto più soft». Lo stesso dicasi per la promessa contestazione al ministro della Salute, Roberto Speranza, che il due settembre è atteso a Padova, a una festa del suo partito Articolo Uno. Anche per il paventato blocco dei treni, c'è da ricordare che lo stesso movimento No Vax qualche tempo fa aveva promesso l'interruzione delle autostrade. Poi non è successo niente, un po' perché erano quattro gatti, un po' per la nutrita presenza di agenti. Certo, in prospettiva la radicalizzazione del movimento spaventa. È appena malcelato il disegno di alcuni di replicare le violenze dei gilet gialli anche da noi.

Filippo Facci per “Libero quotidiano” il 31 agosto 2021. Il giro dell'oca è finito, il censimento è temporaneamente interrotto. All'inizio - sbagliando - c'eravamo fatti l'idea superficiale che i No Vax fossero mediamente dei coglioni o degli ignoranti, dopodiché abbiamo passato l'intera estate - noi e altri media - a cercar di capirne la fenomenologia, l'entomatologia, una catalogazione della stratificazione No Vax, una psicoanalisi dei No Vax attraverso il loro albero genealogico, ci siamo messi a compenetrare le dinamiche della loro informazione e disinformazione, dividere le sette di cattolici fatalisti dai poverelli analfabeti, distinguere gli ex fascisti dagli ex comunisti dai neo ambientalisti che equiparano il lasciapassare verde alla stella gialla degli ebrei, individuare le principali piattaforme social italiane e internazionali dove sguazzano osteopati e psichiatri olistici e cattolici antipapisti e banali truffatori, scoprire che anche Leone XII nell'Ottocento si opponeva contro l'antivaiolo, abbiamo passato in rassegna i followers di Bill Gates, George Soros, Alessandro Iannuzzi e persino Enrico Montesano, abbiamo appreso di gente morta stecchita solo dopo aver intravisto una siringa per televisione, abbiamo scoperto che tra i favorevoli al vaccino prevalgono i laureati e lettori di quotidiani e che, tra i contrari, il 30 per cento si informa sui social (in particolare in bolle di condivisione, in pratica se la raccontano tra loro) e abbiamo stanato politici che sul vaccino facevano i pesci in barile, e abbiamo analizzato la percentuale di attendisti che aspettano la profilassi obbligatoria per aerei e treni. Non per questo, nei ritagli di tempo, abbiamo smesso di notare che il ritorno alla normalità post-lockdown e le vaccinazioni hanno viaggiato in coppia, che tra i vaccinati anche anziani la percentuale di morti è calata incredibilmente, che ci sono vaccini che hanno perduto qualsiasi aura provvisoria e sperimentale (benché legata all'emergenziale velocità con cui sono stati creati) perché ormai sono stati autorizzati da enti che senza protocolli di certificazioni non ammetterebbero neppure che l'acqua è bagnata: no, non abbiamo smesso. Ma abbiamo ugualmente cercato di capirli, i No Vax: abbiamo notato che sondaggi più approfonditi hanno equiparato il loro numero tra i Repubblicani statunitensi e i Democratici, tra la destra e la sinistra italiane (non si può dire lo stesso per i rispettivi leader), abbiamo scoperto che esiste una percentuale di banali attendisti che aspetta solo che l'iniezione possa fargliela il medico di fiducia, che c'è gente che non si è ancora vaccinata solo perché non sa a chi intanto lasciare i figli o ha un orario di lavoro poco flessibile o con permessi non pagati (vale anche per altre cure) e che negli Usa si vaccinano più i bianchi dei neri, che gli incentivi in soldi e persino le lotterie per i vaccinati paiono funzionare, che persino assumere un dj per movimentare i centri di profilassi può ridestare la svogliatezza dei giovani, insomma, abbiamo imparato che ci sono tante ragioni di rifiuto del vaccino quante sono le persone che non si vaccinano, e che, in linea di massima, eravamo partiti con il piede giusto: i No Vax sono mediamente dei coglioni o degli ignoranti. Ma c'è una novità, e stiamo imparando anche questa: che il problema non è più solo socio-sanitario ma anche e prettamente di ordine pubblico. Perché ci sono anche No Vax violenti come spesso sanno essere i fanatici, e non si tratta solo di casi sporadici. Ci sono giornalisti menati, ristoratori aggrediti, blocchi stradali, manifestazioni non autorizzate, isterie di gruppo, insomma, c'è gente a cui fare il vaccino verrebbe anche più semplice perché intanto dovrebbe indossare un paio di manette (se non la camicia di forza). Forse è il caso di prenderne atto. Forse potremmo anche interrompere temporaneamente il nostro doveroso censimento dei No Vax. Per poi riprenderlo, naturalmente: facendone anche tanta sociologia. Prima però li arrestiamo.

Alessandra Arachi per corriere.it il 2 settembre 2021.  

Professor Gianni Vattimo ha visto la protesta dei no vax? Dei no green pass? Nella Rete è un’escalation di violenza.

«Secondo me chi si comporta in questa maniera sbaglia. Sono contro ogni forma di violenza, non se ne parla nemmeno. Sono estremi di follia. Anche se...». 

Anche se?

«Quella che stanno portando avanti è una lotta civile importante». 

Perché importante?

«Intanto perché hanno la Carta costituzionale e dalla loro parte». 

Quale parte della Costituzione?

«Non è possibile ordinare un trattamento sanitario obbligatorio per tutti senza tenere conto della volontà di alcuni». 

Lei tempo fa, insieme ai suoi colleghi filosofi Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, ha contestato l’uso obbligatorio dei Green pass.

«Già». 

Poi ha parlato della necessità di non rendere obbligatorio il vaccino. Alla luce di quello che sta succedendo riconfermerebbe queste sue affermazioni?

«Esprimerei esattamente quello che ho già detto e credo che Massimo Cacciari sia anche lui ancora d’accordo con me». 

Ovvero? Cosa ripeterebbe senza ripensamenti?

«Che sui vaccini non si è discusso abbastanza. Che non bisogna obbligare nessuno a vaccinarsi». 

Lei che ha fatto? Ha deciso di vaccinarsi?

«Sì, mi sono messo in lista e l’ho fatto. Ma questo non vuol dire». 

E cosa vuole dire invece in proposito?

«Quello che mi pare non si sia capito bene è che la gente ha paura del vaccino. Non si è discusso pubblicamente delle conseguenze che questo può avere sul corpo umano. Le persone quindi non sanno cosa può succedere una volta inoculato». 

Il movimento che è venuto fuori sulla Rete — su Telegram — si esprime con una inaudita violenza nei confronti di chi vuole portare avanti la campagna di vaccinazione.

«Ho già detto, sono estremi di follia». 

Il ministro degli Esteri è stato minacciato e contro di lui evocato «l’uso del piombo». Contro il professor Matteo Bassetti si sono scagliati fisicamente.

«Ho letto, ho seguito. E’ una violenza che può essere soltanto condannata». 

Lei crede che le sue esternazioni possano aver influenzato la nascita di questo movimento? O sarebbe nato a prescindere?

«Penso che il movimento sarebbe nato perché c’è troppa paura in giro. E il problema, ripeto, è di chi non ha voluto fare informazione su una cosa così importante». 

Eppure lei ha dichiarato pubblicamente che il vaccino non avrebbe mai dovuto essere obbligatorio. Le sembra di aver gettato benzina sul fuoco?

«Macché». 

Perché dice così?

«Non credo che le mie dichiarazioni possono aver raggiunto tante persone». 

Non crede?

«Ma certo è un dibattito che si è svolto tra quattro gatti. Le mie dichiarazioni le avranno lette soltanto un gruppetto di intellettuali». 

Pensa almeno che potrebbe dire qualcosa per arginare la protesta?

«Sì» 

E cosa?

«Vaccinatevi che è meglio».

Alessandro Chetta per corriere.it il 6 settembre 2021. Centinaia di docenti universitari contro il Green pass. L’appello è stato divulgato lo scorso venerdì e firmato da non pochi professori, vaccinati e non, per dire «No al Green pass». Tra questi anche lo storico torinese, noto divulgatore televisivo, Alessandro Barbero, che insegna all’Università del Piemonte orientale a Vercelli. 

Al convegno Fiom. Il 4 settembre, in un convegno Fiom-Cgil organizzato a Firenze, Barbero si era espresso così in merito al provvedimento di governo: «Un conto è dire “Signori abbiamo deciso che il vaccino è obbligatorio perché è necessario e di conseguenza adesso introduciamo l’obbligo”, io non avrei niente da dire su questo. Un altro conto è però dire ‘no, non c’è nessun obbligo, per carità...semplicemente non puoi più vivere, non puoi più prendere treni, non puoi più andare all’università. Però - sottolinea con ironia - non c’è l’obbligo nel modo più assoluto...e il green pass serve per questo, non per indurre la gente a vaccinarsi col sotterfugio...’». E poi conclude: “Credo che Dante il girone degli ipocriti avrebbe trovato modo di riempirlo fino a farlo traboccare, scegliendo tra i nostri politici di oggi». 

Le firme online. Nell’arco delle ultime ore si è più che raddoppiato il numero dei sottoscrittori della petizione online raggiungendo quasi la soglia delle 300 adesioni, che proseguono e sono visibili sul sito dei docenti critici sull’obbligo di presentare il certificato verde.

Il ministro. «Bisogna pensare agli altri in questo momento e non a se stessi - commenta il ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, a Radio 24 - Esiste una libertà collettiva che ha prevalenza e il mondo dell’università è quello dove la dialettica è forse al suo massimo. Gli studiosi sono persone, hanno le loro opinioni e convinzioni: io li ascolto assolutamente perché credo serva sempre ascoltare, ma poi bisogna tenere ferma la barra e andare avanti».

I promotori. «L’appello - spiegano i promotori - intende ribadire il ruolo inclusivo dell’università, sottolineare quanto il green pass rappresenti uno strumento discriminatorio, dai complessi contorni applicativi e un pericoloso precedente di penalizzazione per studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo. L’auspicio - concludono - è che tanti altri colleghi continuino a sottoscrivere l’appello per garantire il più ampio dibattito nell’accademia e per dire no a ogni tipo di discriminazione». 

Roberta Scorranese per il "Corriere della Sera" l'8 settembre 2021.  

Professore (Alessandro Barbero nda) , facciamo chiarezza?

«A me sembra che l’appello che ho firmato sia chiaro». 

Parliamo dell’appello sottoscritto da centinaia di docenti universitari per dire no al green pass obbligatorio negli atenei. Ma la sua scelta ha acceso polemiche durissime.

«Qualcuno mi presenta come una specie di superstizioso fanatico contrario ai vaccini. Ma nell’appello che ho firmato non si parla affatto dell’utilità dei vaccini, anzi si dice chiaramente che molti dei firmatari sono vaccinati, me compreso. Il problema che mi preoccupa è l’obbligo del green pass per gli studenti che dopo aver pagato fior di tasse universitarie sono esclusi dalle lezioni se non hanno il certificato. Anche se in verità una preoccupazione più generale nel manifesto c’è, posso dirla?».

Prego.

«C’è nel testo un accenno anche al mondo del lavoro in generale: non si tratta di essere indifferenti alla sicurezza di chi lavora, ma ci sono misure umilianti di cui è impossibile vedere l’utilità: penso a quegli operai o poliziotti che non possono mangiare in mensa seduti accanto ai colleghi, con i quali, però, hanno lavorato fianco a fianco fino a un minuto prima». 

Che cosa temono i firmatari?

«La frase più importante dell’appello è la prima: siamo preoccupati perché la disposizione vigente “estende, di fatto, l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico”». 

È questo il punto, professore?

«Ma certo. Il governo ritiene di poter togliere alla gente diritti fondamentali, neppure civili o politici, ma umani, come quello di accedere a un ospedale o a una lezione universitaria, e considera la cosa irrilevante, tanto da non far sentire una parola per dire almeno che è preoccupato e dispiaciuto di doverlo fare, e senza prendersi la responsabilità di rendere obbligatorio per legge il vaccino, misura con cui io, sia pure non senza dubbi, alla fine sarei d’accordo».

Carenza di dibattito serio?

«Vivere in un Paese in cui non si può salire su un treno o entrare in un ufficio pubblico o andare all’università se non si possiede un pezzo di carta che però — per carità! — non è assolutamente obbligatorio, è surreale e inquietante. Chi si preoccupa di questa violazione dei diritti magari esagera, e io sarei ben contento di discutere con chi pensa che nella situazione che stiamo vivendo si tratti di preoccupazioni troppo astratte. Invece tutto questo avviene senza un dibattito pubblico equilibrato, e in mezzo alla canea degli insulti da una parte e dall’altra, e questo è addirittura terrificante». 

La sua resta una posizione forte.

«Io sono un professore universitario e i miei datori di lavoro sono i miei studenti. Se io vedo che fra i miei studenti c’è preoccupazione e indignazione per l’obbligo del green pass per entrare all’università, io ho il dovere morale di esprimere la mia posizione. Tanti colleghi hanno una posizione diversa, compreso il rettore della mia Università, e fanno bene a esprimerla pubblicamente: l’Università è appunto il posto in cui si cerca la verità senza pretendere di averla già in tasca, e si affrontano i dubbi, anziché tacitarli».

Quanti insulti ha ricevuto?

«Pochissimi. Lettere di gente che si dice delusa e non capisce, parecchie. E tante di persone che mi ringraziano, e non di barbari superstiziosi, ma di persone di tutti i generi, compresi colleghi specialisti di Medicina e di Giurisprudenza».

Quanto è ampio il fronte delle Università contro il green pass. Sara Dellabella su L'Espresso il 7 settembre 2021. L’appello firmato dal professore Alessandro Barbero e dagli altri studiosi è solo una delle tante forme di protesta. Che si alimentano anche con gruppi di studenti organizzati in Rete, movimenti no vax, complottisti e avvocati che fiutano l’affare. E non solo. Mentre il Green Pass diventa legge dello Stato, monta la protesta degli Studenti no vax contro quella che definiscono una politica discriminatoria che tende ad escludere dalla vita pubblica chi non è in grado di esibire il certificato vaccinale. Gli universitari raccolti in numerosi gruppi Telegram, da settimane sono sul piede di guerra e hanno messo in campo diverse iniziative, finite presto nel dimenticatoio. L'ultima riguarda l'appello contro l'obbligo di Green Pass sottoscritto da 400 studiosi, ricercatori e dal professore Alessandro Barbero, docente e volto della storia raccontata in tv, che definisce il certificato verde un “sotterfugio” per costringere gli studenti alla vaccinazione. Ma uno degli accademici che più si sta spendendo è Paolo Gibilisco, matematico di Tor Vergata, che rifiuta la definizione di no vax, ma assume quella di “dubbioso”. Per comunicare sceglie Twitter, dove è seguito da 10 mila persone. Ma da nord a sud, le iniziative si moltiplicano di ora in ora. Lettere ai Rettori, appelli, diffide legali, manifestazioni in piazza e fuori gli Atenei. Una parte di studenti, seppure minoritaria, rigetta la logica che senza green pass si venga esclusi dalla vita universitaria, fatta di esami, ma anche di laboratori e lezioni in aula. Tra i contestatori ci sono i no vax convinti, ma anche chi ne fa una questione di diritto. «Se non esiste un obbligo vaccinale, non possono esserci limitazioni al mio partecipare alla vita pubblica e nel caso dell'Università. Se pago le tasse perché non ho gli stessi diritti di un vaccinato?» racconta Marco, studente di Giurisprudenza de La Sapienza. Ma nelle chat Telegram, sono molti quelli che credono che il Covid non sia altro che un complotto mondiale. Graziella scrive: «Sento parlare di un piano del transumanesimo da almeno 30 anni, ci vogliono trasformare in robottini e non mi vaccinerò». Le fa eco Kris: «Lo scopo del vaccino è avere il controllo su tutti gli esseri umani, creando una classe privilegiata di potenti e una massa senza diritti, se non elargiti su concessione». Poi nel gruppo “Sapienza contro il green pass” c'è Marco che insieme al fratello Andrea ha depositato presso la questura di Mesagne (Brindisi) una querela nei confronti del Presidente della Repubblica chiedendo alle autorità di verificare l'intervento all'Università di Pavia, in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico. Sotto accusa è finita la dura presa di posizione di Mattarella contro chi: «Invoca la libertà per non vaccinarsi, perché quell'invocazione corrisponde a mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso la vita altrui» e poi riferendosi ai no vax, il Presidente ha condannato le espressioni di violenza e minacce che affiorano in questo periodo contro medici, scienziati e giornalisti, che «sono fenomeni allarmanti e gravi. Vanno contrastati con fermezza e sanzionati con doveroso rigore». I due fratelli pugliesi sono diventati degli esempi e molti si dicono pronti a presentare denunce simili contro il capo dello Stato e il presidente del Consiglio Mario Draghi. Nelle settimane scorse altre querele sono partite all'indirizzo di Roberto Burioni e il presidente dell'Ordine dei Medici, tutti accusati di alimentare un clima d'odio verso i no vax. Con l'obbligo di Green Pass scattato il primo settembre, il prossimo rischia di diventare un autunno caldo per quella fronda resistente al siero vaccinale. Dopo un anno e mezzo di pandemia, che ha tenuto tutti lontani dalle aule, c'è voglia di tornare negli atenei, ma non a qualunque prezzo. È quello che emerge da ogni iniziativa che sta nascendo in giro per l'Italia. A Bergamo, la città che ha pagato il prezzo più caro al Covid, il Rettore ha ricevuto una lunghissima lettera anonima che inizia così: “Non ci qualifichiamo, non ci quantifichiamo. Potremmo essere 10, 100, 1000, 10.000. Ma anche se fossimo solo in due, dovrete fare i conti con la nostra presenza” e che prosegue “Esattamente novant’anni fa, nel 1931, venne imposto a tutti i professori universitari l'obbligo di giurare fedeltà al regime fascista, pena la destituzione dalla cattedra di cui erano titolari. Come ben sappiamo, solo 12 professori su 1.225 rifiutarono. Oggi il personale docente e non docente presente negli istituti universitari italiani ammonta a circa 125.600 persone: quanti di questi si rassegneranno ad accettare l'inaccettabile?”. Questo è uno dei passaggi più contestati della lettera, fulcro di tutte le teorie no vax che vedono dietro alla vaccinazione di massa l'imposizione di un nuovo ordine mondiale. Un complotto per annichilire la popolazione mondiale a una nuova dittatura, quella sanitaria. Ovviamente dalla lettera anonima, la Consulta degli Studenti ha preso immediatamente le distanze. Ma sono molte le iniziative in giro. Il gruppo “Studenti contro il Green Pass – Venezia” ha inviato una diffida a tutti i rettorati delle Università veneziane affinché sia garantito il libero esercizio del diritto allo studio: dalla frequentazione delle lezioni alla possibilità di usufruire della biblioteca. A dare supporto legale a tutti è l'avvocato Alessandro Fusillo, attivissimo nel sostegno alle ragioni del mondo no vax e no green pass. Sul suo sito è possibile scaricare una bozza di diffida ad adempiere (articolo 1454 del codice civile) che poggia sul presupposto legislativo che di fronte ad una regolare iscrizione all'università, vedersi impedito l'accesso, rappresenterebbe una violazione contrattuale e quindi le Università potrebbero essere chiamate a risarcire il danno. Sempre sul sito del legale è possibile partecipare ad azioni collettive dietro versamento di 100 euro sul conto corrente bancario belga del legale. E così via, da nord a sud, gli studenti promettono di non lasciare intentato nulla per vedersi garantito il diritto allo studio e rivendicare la libertà di scelta e autodeterminazione. Certo è che tra ragioni giuridiche e svarioni complottisti, la fronda “no green” si dà appuntamento, come sempre da due mesi a questa parte, sabato pomeriggio nelle piazze italiane contro il sistema, il transumanesimo, la dittatura sanitaria e per rivendicare il diritto di essere liberi contro un virus che ha ucciso più di 4,5 milioni di persone in tutto il mondo, di cui 129 mila solo in Italia.

Il manifesto dei professori per i quali due più due fa cinque. Stefano Zecchi l'8 Settembre 2021 su Il Giornale. La grande maggioranza delle persone che nei Paesi occidentali si è fatta vaccinare, chi ha il green pass lo utilizza con totale disinvoltura. La grande maggioranza delle persone che nei Paesi occidentali si è fatta vaccinare, chi ha il green pass lo utilizza con totale disinvoltura, sa perfettamente che oggi il vero, il crudele nemico della libertà non è né il vaccino né il green pass, ma il virus che ha ammazzato più di 4 milioni di esseri umani nel mondo e 130.000 solo in Italia. Eppure queste persone, con il loro ragionamento semplice, aderente alla realtà, sono considerate da intellettuali, professori e loro accoliti dei pecoroni che si sono incamminate verso il baratro della schiavitù, senza coscienza del loro destino. Allora ecco il rimedio classico: il manifesto. Lo sottoscrivono i professori universitari: non tutti, soltanto (sono sempre molti) quei nevrotici per i quali due più due qualche volta potrebbe anche fare cinque. Ovviamente, loro sanno quando c'è un'infrazione a questa regola banale che tutti conoscono e allora salgono in cattedra per far capire a noi, poveri insipienti, come stiano davvero le cose: è partito l'attacco alla Costituzione, il green pass è l'avanguardia di questa aggressione liberticida. E quanto più i poveri insipienti tentano di ragionare, di esporre argomenti e dati oggettivi per replicare alla visione complottista che si sarebbe impadronita della pandemia, tanto più sono considerati complici (consapevoli o ignari) del complotto stesso. L'idea del complotto politico si può comprendere quando a sostenerla sono persone senza cultura, che ignorano il fatto che in Italia una legge deve essere approvata dalla Camera e dal Senato, sottoscritta dal presidente della Repubblica, che anche negli altri Paesi occidentali le democrazie funziona più o meno in modo simile. Ma non ti aspetti che la sostengono persone che hanno fatto studi regolari e per di più sono in cattedra ad insegnare. Certo, la politica sanitaria italiana è stata disastrosa: dovrebbero essere processati coloro che l'hanno gestita con assoluta incompetenza, portando alla morte migliaia di persone. Troppe incertezze, troppe contraddizioni, che possono aver sollecitato domande legittime, insinuando il sospetto che coloro che ci governano non ce l'abbiano raccontata giusta. Ma altra cosa è il complottismo liberticida evocato dal manifesto dei professori universitari. Questi sono in cattedra per insegnare a ragionare sulla realtà delle cose; dovrebbero essere i primi a rispettare la scientificità della conoscenza, lasciando ai medici la competenza sulle questioni che riguardano la pandemia e le forme per proteggerci da essa. Nello sproloquio delirante del loro manifesto dicano una sola cosa che è andata contro la Costituzione e le leggi dello Stato: c'è invece una sequela di allarmi complottistici, liberticidi, anticostituzionali che esce dal loro narcisismo nevrotico che esalta proprie intelligenze e saperi con cui dovrebbero far luce sulla nostra stupidità. Per fortuna se la dicono e se la cantano perché la maggioranza dei cittadini non solo non si fa abbindolare, ma insegna loro, ai professori, il rispetto per la salute comune, perfettamente consapevole che il vero nemico della libertà è il virus e coloro che non hanno la competenza per affrontarlo. Stefano Zecchi

Da “la Repubblica” l'8 settembre 2021. Caro Merlo, mi ha lasciato molto perplesso la firma del professor Alessandro Barbero all'appello, firmato da altri 400 professori, che definisce discriminatorio e anticostituzionale il Green Pass per studenti e docenti universitari. Lo stimo e, da convinto Sì Vax e Sì Green Pass, mi chiedo cosa lo abbia spinto. Anche perché, bando alle ipocrisie, è chiaro che non siamo più di fronte a una discussione tra pareri diversi. Ma a un confronto tra pareri ragionati, che tengono conto di dati scientifici, e pareri che si basano su paure, sensazioni o peggio strumentalizzazioni. Resta il tarlo di questa firma che non sono in grado di spiegare, se non con le debolezze e le incoerenze della natura umana. Tiziano Peres - Verona 

Risposta di Francesco Merlo

Anche Barbero, dopo Cacciari, Agamben e Vattimo, nobili intellettuali della Vieux Gauche, dà dignità e dunque - malgrado lui, malgrado loro - legittimità a una battaglia che in piazza degenera nella fascisteria della Nouvelle Droite. Non scomoderei Leopardi e la Natura per un'inadeguatezza travestita da impertinenza. E non c'entrano nulla Laocoonte, Spartaco, la Rivoluzione francese, l'illuminismo, Cromwell e Lincoln con una banalissima patente di vaccinazione in piena epidemia. Quando in banca chiedono un documento di identità, nessuno si appella a Rousseau e a Voltaire. Tra le malinconie d'epoca si segnala, in modo forte e serio, la fine della grande illusione italiana del professore di politica, dell'intellettuale addestratore di statisti, dei grandi accademici architetti del pensiero e sacerdoti della libertà.

Da “la Repubblica” il 27 settembre 2021. Caro Merlo, banalizzo con un esempio: su un mezzo pubblico, bus, tram e metro, il biglietto, pezzo di carta o videata su smartphone, dimostra che ho pagato. Come diavolo si controlla l'avvenuta vaccinazione se non con il Green Pass? Perché quelli che dicono di essere favorevoli alla vaccinazione non considerano il Green Pass come l'attestazione della vaccinazione? Per distinguersi, fanno ammuina su privacy, anticostituzionalità…Roberto Ferraro - Roma 

Risposta di Francesco Merlo:

Il paragone tra Green Pass e biglietti del bus è appropriato e aiuta a capire i No Pass. È stato calcolato che in Italia ogni anno 5 miliardi di passeggeri viaggiano su bus, tram e metro, e che un miliardo non ha biglietto: uno su tre. Certo, tra loro ci sono i poveri e la povertà è una brutta bestia, ma i poveri ci sono anche a Londra e a Parigi dove la proporzione è ben diversa e "viaggiare senza biglietto" non è la metafora di un'idea disordinata e pasticciata di libertà. L'Italia No Pass, che viaggia senza biglietto, è la stessa che salta le code, parcheggia in seconda fila ed eleva a pedagogia il fregare il prossimo. È l'Italia della prepotenza e non della solidarietà, l'Italia dei professori del "pensiero sregolato" che al decalogo liberale di Bertrand Russell aggiungono: "viaggiare senza biglietto".  È l'Italia del tié.

Da la7.it l'8 settembre 2021. Marco Travaglio su Green pass e obbligo vaccinale: "Bisogna dire la verità. Oggi abbiamo avuto 71 morti, un anno fa, senza i vaccini, i morti erano sotto i 10 al giorno. Il green pass è una misura politica, non sanitaria." 

Da video.corriere.it l'8 settembre 2021. «Qui c'è una decisione di proseguire ad libitum con l'emergenza, che non centra nulla con virologi e scienziati. Questo a me non va bene a voi sì, tenetevelo», così il filosofo Massimo Cacciari ospite a Cartabianca su Rai3. . «Non possiamo fare confusione. L'emergenza c'è a livello mondiale e in Israele nonostante ci siano molti vaccinati è il Paese con il tasso di contagi più alto», ha ribattuto Gad Lerner. Pronta la risposta del filosofo: «Vuol dire che i vaccini sono precari, ma non mi va di discutere di vaccini. Leggi cosa dice l’Oms, che sconsiglia di vaccinare i più giovani perché i vaccini non sono abbastanza sicuri». 

Selvaggia Lucarelli per tpi.it il 9 settembre 2021. Ho provato a immaginare una realtà parallela in cui la coppia Concita De Gregorio/David Parenzo alla conduzione di In Onda sia la stessa, ma a sessi invertiti. David è una donna, Concita un uomo. Ecco, non saremmo arrivati alla terza puntata senza le barricate delle femministe (me compresa) fuori dagli studi, visto non tanto l’evidente disequilibrio negli spazi concessi ai due nel programma (Parenzo parla meno della Lagerback da Fazio) ma per i modi con cui lei si rivolge a lui. Sbrigativi, sprezzanti, conditi da sorrisini nervosi attraverso i quali mostra forzatamente i denti (che nel linguaggio non verbale significano una cosa ben precisa: ti vorrei addentare la giugulare) e con una frequente espressione che copre tutte le scale di colori comprese tra il disprezzo e il compatimento. Davvero, se Concita De Gregorio fosse un uomo, non staremmo neppure più qui a parlarne. Avrebbe preso un unico, gigantesco cazziatone agli esordi e si sarebbe ravveduta. E invece ne parliamo perché ieri sera si è raggiunta la vetta più alta della sua arroganza. Ospite il ministro Luigi Di Maio, lo stesso Di Maio ha respirato quell’imbarazzo che si respira a cena, di fronte a una coppia di amici con lui che tratta di merda la moglie o viceversa e tu balbetti qualcosa per sdrammatizzare, ma vorresti infilare la testa nell’insalatiera per l’imbarazzo. Tra l’altro, duole dirlo, ma modi a parte, sul tema virus e Green Pass la De Gregorio era di un’impreparazione tale che Parenzo e Di Maio al confronto parevano Fauci e Burioni. A partire dalla sua sconcertante premessa, ovvero: “Il Green Pass da solo non serve a niente, è solo una certificazione che significa che sei tamponato o vaccinato per entrare nei posti”. Che voglio dire, certo che da solo non serve a niente, infatti non è l’unica misura di contenimento del paese. E no, non è “solo una certificazione”, ma, appunto, una misura di contenimento del virus e di protezione per i cittadini. A quel punto il ministro Di Maio spiega con chiarezza che “il Green Pass serve a entrare nei locali, luoghi insomma in cui c’è la più alta probabilità di trasmettere il virus. Non sarà certo meglio tornare al coprifuoco…”. La De Gregorio scatta come se Di Maio avesse urlato “sieg heil!” in piedi sulla scrivania. E lo interrompe con una supercazzola devastante, avvitandosi su se stessa come spesso le succede: “Il Green Pass è uno strumento di controllo, non di cura! Il vaccino cura o comunque previene cioè “cura” è inesatto, diciamo che PREVIENE DALLA malattia, mentre il Green Pass controlla se ti sei vaccinato. Quindi il governo si deve prendere la responsabilità eventuale”. In pratica, a un anno e mezzo dalla pandemia, la De Gregorio non ha ancora capito le basi dell’epidemiologia, e questo sarebbe pure un peccato grave ma accettabile, ma su quelle dell’educazione ero convinta andasse più forte. E invece riesce pure a rimproverare gli altri interlocutori del problema che la affligge in quel momento: la confusione.  “Introducendo il Green Pass abbassiamo la curva dei contagi!”, dice Di Maio, provando a semplificare il concetto. E lei, nervosa: “No, non è che abbassiamo la curva, col Green Pass non facciamo entrare le persone non vaccinate e tamponate, è questa la questione sennò facciamo confusione!”. In pratica, secondo la conduttrice, il Green Pass è una specie di tessera magnetica dell’hotel, serve solo a entrare in camera. Probabilmente lei accede ai tavolini al chiuso nei bar con la scheda della camera 107 dell’Hilton. Non ha capito quello che hanno capito anche i lampioni: se nei luoghi al chiuso entrano solo persone o vaccinate (quindi protette e meno contagiose se infette) o tamponate (quindi probabilmente non infette e in contatto con persone che se infette contagiano meno gli altri, perché vaccinate) il virus si contiene di più. E i primi ad essere protetti dal Green Pass sono proprio i non vaccinati. Che non sono discriminati, ma tutelati. Parenzo, che ha capito, aggiunge incauto: “Non voglio dar ragione a Di Maio, ma il Green Pass è incentivante!”. Ha dato ragione a un grillino. A UN GRILLINO. Lei mostra le gengive fingendo di sorridere e lì si capisce che butta male, tipo il gatto quando muove la coda. Sono segnali della natura che non si possono ignorare. E insiste, improvvisandosi portavoce “delle persone” che non si sa chi siano, se quelle che incontra lei al bar o quelle che al casello autostradale pagano contanti, boh: “Le persone non vogliono il Green Pass perché il Green Pass stabilisce che ci sia una differenza tra vaccinati e non vaccinati!”. Parenzo prova a proferire parola e lei: “Non sto parlando con te, sto parlando con LUI!”. Cioè, Parenzo non è un suo interlocutore titolato ad intervenire e il ministro è un “Lui generico”. Una specie di schwa, ma un po’ meno. L’invasione della Polonia è stato un momento di maggiore modestia, nella storia. Mentre Di Maio assiste allibito alla tensione tra i due conduttori, lei va avanti: “Molta gente dice ‘se ci dobbiamo vaccinare vi dovete prendere voi la responsabilità, perché io devo firmare? Dovete imporre voi l’obbligo’, oggi una signora mi ha scritto questo!”. Persone, gente, una signora. Deve essere la nuova sinistra che vuole dimostrare di ascoltare la gente. Ma soprattutto la nuova sinistra che non ha mai sentito parlare di “consenso informato” in tema di sanità. Un concetto nuovo, inedito, per la conduttrice. Di Maio dice un altro paio di cose insolitamente lucide e Parenzo, che ormai ha deciso di morire come quei delfini che si spiaggiano da soli e non sai perché, sussurra: “Io non sono d’accordo con Concita!”. I denti. Le gengive. “IO faccio un mestiere che è quello del giornalista e il giornalista fa domande!”, sibila lei. IO. Come a dire “tu invece sei un metalmeccanico” e “tu invece annuisci e basta”. Il problema è che le sue non erano quasi mai domande, ma affermazioni. Dovrebbe rivedersi la puntata, la De Gregorio, e scoprirebbe che oltre all’assenza di educazione, di equilibrio, di preparazione, ieri c’era anche quella dei punti interrogativi. I grandi latitanti, nella sua vita televisiva. E non solo.

Barbara Cottavoz per “La Stampa” l'8 settembre 2021. Lo storico più noto della televisione e il rettore con il camice bianco del pronto soccorso sono divisi dal Green Pass. Il medievalista Alessandro Barbero è uno dei 300 accademici che hanno firmato il documento contro il certificato verde e il capo dell'Università del Piemonte Orientale in cui insegna, Gian Carlo Avanzi, commenta: «Da lui non me lo aspettavo. Serve a tutti un bagno di realtà». Barbero, grande divulgatore e autore di numerosi libri, ha siglato «L'appello dei docenti universitari contro la natura discriminatoria del Green Pass» e il suo rettore, che ha vissuto tutta la pandemia in prima linea come direttore del pronto soccorso di Novara, avverte: «Il documento rappresenta la sua posizione personale, non quella dell'ateneo - sottolinea Avanzi -. Spero che la notorietà del professor Barbero non porti confusione sulla necessità di vaccinarsi e di utilizzare strumenti come il certificato verde: sarebbe un rischio che non possiamo permetterci in questa fase dell'emergenza. Lo dico come rettore costretto a chiudere l'università per mesi e come medico che ha visto quello che il Covid fa alle persone». E aggiunge: «Mi auguro sia solo una dichiarazione di principio e il comportamento rispetti la legge adeguandosi alla presentazione del Green Pass per entrare in università - conclude il rettore dell'Upo -. Diversamente applicherò le sanzioni previste fino alla sospensione senza stipendio».

Gianmarco Aimi per mowmag.com l'8 settembre 2021. Sta facendo discutere il manifesto di diverse centinaia di professori contro il Green pass all’università. Nel documento contestano come non vi sia “la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico” visto che “comporta rischi evidenti, soprattutto se dovesse essere prorogata oltre il 31 dicembre, facendo affiorare alla mente altri precedenti storici che mai avremmo voluto ripercorrere”. Rivendicazioni alle quali ha aderito anche lo storico Alessandro Barbero, diventato una vera e propria star di Youtube, che ha spiegato: “Se introducessero l'obbligo vaccinale non avrei nulla da dire. Così è un sotterfugio”. Ma non tutti sono d’accordo nel mondo dell’università, come per esempio Umberto Galimberti, già professore ordinario di filosofia della storia e di psicologia generale e di psicologia dinamica all’Università di Venezia, nonché membro ordinario dell’International Association of Analytical Psychology, oltre a poter vantare su una miriade di pubblicazioni e ad essere anch’egli uno degli uomini di cultura più noti al grande pubblico e condivisi sui social. Lo abbiamo raggiunto a margine di una conferenza e ci ha spiegato perché, secondo lui, la contrarietà al Green pass non è accettabile.

Professore, lei non ha aderito ma il suo collega Alessandro Barbero sì. Come mai?

Non capisco perché gli intellettuali si devono distinguere dalla gran massa, penso per ragioni narcisistiche. Perché insomma, se c’è una pandemia e il vaccino funziona, e non è una ipotesi ma la realtà verificata, a questo punto è inutile fare gli “obiettori”, se non per distinguersi e cercare di farsi notare tra noi intellettuali.

Barbero ha sottolineato le “misure umilianti di cui è impossibile vedere l’utilità: penso a quegli operai o poliziotti che non possono mangiare in mensa seduti accanto ai colleghi, con i quali, però, hanno lavorato fianco a fianco fino a un minuto prima”.

Ho capito, ma il problema non sono le proibizioni del governo, ma la pandemia che può dilagare negli altri. Quelli che non si vaccinano, diciamocelo chiaro, sono quelli che possono contagiare. Perché per la loro libertà io devo mettere in gioco la mia salute? Ma sono ragionamenti da fare?

Quindi anche intellettuali come Massimo Cacciari, Gianni Vattimo, Giorgio Agamben, tutti contro il Green pass, sono tutti narcisisti?

Ma sicuramente, non c’è altro senso nel loro comportamento. Mattarella ha parlato chiaro, Draghi anche, persino il Papa… cosa vorrebbero fare loro di diverso per contenere questa pandemia?

Piergiorgio Odifreddi per “La Stampa” il 9 settembre 2021. Ci mancavano soltanto i docenti universitari, a dar man forte al popolo dei no-vax, anche se molti dei firmatari del documento contro il Green Pass dichiarano di aver fatto il vaccino. Sembra che a questi ultimi, vaccinati ma non greenpassati, dia fastidio non l’iniezione, ma il pezzo di carta che la certifica. Lo storico Alessandro Barbero, addirittura, ha dichiarato che non sarebbe contrario all’obbligo vaccinale: lo è solo al Green Pass, con una logica troppo sottile perché un logico professionista possa comprenderla. Naturalmente, i no-vax se ne infischiano di questi distinguo: anche perché, altrimenti, non sarebbero no-vax, e capirebbero le ovvie distinzioni che ci sono fra gli obblighi autoritari imposti da un regime, e quelli imposti dalle circostanze. D’altronde, tutte le misure di ordine pubblico sono a doppio taglio: si può imporre il coprifuoco, o proibire gli assembramenti, perché si vuole tenere sotto controllo la popolazione, come si fa nelle Repubbliche delle Banane, o perché ci sono motivi di emergenza, come fanno gli Stati sensati. Nel primo caso si ledono i diritti dei cittadini, ma nel secondo li si proteggono: in particolare, quelli all’incolumità e alla salute. Chi non capisce queste distinzioni elementari, ha facile gioco a sventolare oggi il documento di alcuni professori universitari (circa 300 su 60.000), così come ieri sventolava l’articolo di Agamben e Cacciari, senza nemmeno capire le sottili argomentazioni che gli accademici sono abituati a fare (non a caso chiamate appunto “accademiche”), ma potendoli ora portare a testimoni sui social media delle proprie idiosincrasie.  In tal modo, questi professori diventano oggettivi fiancheggiatori di quelle masse becere alle quali interessano soltanto le conclusioni, e non i ragionamenti (a volte paradossali, come quello di Barbero) che dovrebbero servire a giustificarli. Personalmente, ritengo che anche i media abbiano una parte di colpa, perché finiscono per soffiare sul fuoco, quando offrono visibilità a posizioni nettamente minoritarie. Ma quand’anche queste diventassero maggioritarie, le cose non cambierebbero nella sostanza: a contare, infatti, non sono le opinioni dei professori, la cui “bontà” si può misurare soltanto in base al numero dei loro “like”, ma i fatti della Natura, e nella fattispecie dell’epidemia. E qui cascano gli asini, perché non è un caso che Agamben e Cacciari, prima, e Barbero, poi, siano umanisti che hanno della verità un concetto relativo, filosofico nel primo caso e storico nel secondo, e ai quali dà fastidio, consciamente o no, che qualcuno possa rivendicare non solo l’esistenza di verità scientifiche di ben altro tenore, ma addirittura basare su di esse le azioni politiche. Questo è forse il cambiamento meno evidente, ma più sostanziale, che la pandemia ha portato nel mondo. Fino al 2019 erano le opinioni a farla da padrone: nei media, nella società e in politica. Dagli inizi del 2020 i fatti sanitari hanno fatto irruzione nella nostra vita quotidiana, e ora che il pericolo sta rientrando, gli umanisti incominciano a innervosirsi. Basta guardare l’appello dei professori, per accorgersi cosa siano quasi tutti i firmatari: filosofi, letterati, linguisti, filologi, storici, giuristi, psicologi, sociologi, assistenti sociali, musicisti, designer, eccetera. D’altronde, li si può capire. Se continuasse questo andazzo, c’è il rischio (a dire il vero bassissimo, almeno nel nostro Bel Paese) che al governo o al Parlamento passi per la testa di voler imporre una “dittatura dei fatti” non soltanto per quanto riguarda l’epidemia e la salute, ma in generale. Cosa succederebbe, ad esempio, se diventasse proibito negare le verità scientifiche, o diffondere le fake news metafisiche o religiose? Ecco qual è il vero “tintinnare di manette” che fa tremare coloro che vedono con preoccupazione il “deficit di democrazia” manifestato, secondo loro, dall’introduzione del Green Pass. Naturalmente, nessuno di loro parla dei reali deficit della nostra “democrazia di facciata”, come la chiamava Rodotà. Ad esempio, è mai possibile che dopo dodici anni di governi costruiti a tavolino, invece che usciti dalle urne, tutti questi professori credano veramente che la minaccia alla libertà venga dal Green Pass? “Ma ci facciano il piacere!”, avrebbe detto Totò.

Da "il Giornale" il 14 settembre 2021. Filosofi contro filosofi, all'attacco o in difesa del green pass. Alle perplessità espresse da Massimo Cacciari sul certificato verde, Silvano Tagliagambe e Dario Antiseri replicano citando Schopenhauer: «La salute non è tutto, ma senza la salute il tutto è niente». I due importanti rappresentanti della categoria - a pochi giorni dall'appello sottoscritto da intellettuali come Cacciari, Giorgio Agamben e Alessandro Barbero, insieme a centinaia di professori universitari, per bocciare il green pass definendolo un provvedimento «anticostituzionale e discriminatorio» - si schierano con una lettera pubblica a favore dei vaccini e della certificazione considerata al contrario «espressione di una concezione concreta, e non declinata in modo astratto, della libertà». «Salvaguarda il diritto di critica, che è sempre benvenuta e fuori discussione, ma che non può essere spinta fino al punto di negare, in nome di una presunta libertà irresponsabile - scrivono i due filosofi - l'altrettanto sacrosanto diritto degli altri a non essere danneggiati, come ha recentemente sottolineato, con toni inusualmente forti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella». Tagliagambe e Antiseri invitano i no vax e i no pass a ragionare sul pensiero di Schopenhauer. «Si tratta di un'idea sulla quale dovrebbero riflettere quanti, ai nostri giorni, si ostinano a rifiutare i vaccini e a respingere, piuttosto che migliorarle, le misure, per esempio il green pass, tese a contenere il contagio del virus e delle sue varianti - si legge nel documento - che nel giro di poco più di anno sia stato possibile costruire e produrre vaccini sicuri ed efficaci contro il nuovo coronavirus è un autentico portento della ricerca scientifica, di una ricerca a servizio dell'intera umanità». Il timore dei due studiosi è che dietro alle prese di posizione degli intellettuali ci sia «l'accantonamento di un altro monito di Schopenhauer, eccelso filosofo che non può certo essere tacciato di apologia della dittatura della scienza: In genere è meglio palesare la propria intelligenza con quello che si tace piuttosto che con quello che si dice. La prima alternativa è la saggezza, la seconda vanità». Cacciari, invece, ha espresso in più occasioni le sue perplessità sul green pass, considerato da «regime dispotico», e sull'obbligo vaccinale («Se arriva l'obbligo, bene: almeno sparisce l'ipocrisia»). «Il governo è legittimato a imporre un trattamento sanitario, è vero. Se ne discute la legittimità in chiave culturale, etica e politica. Tutto va bene perché c'è un'emergenza sanitaria? È lecito chiedere in base a quali criteri cesserà lo stato d'emergenza? Finirà quanto non c'è più un malato in terapia intensiva o quando nessuno ha più di 37,5 di febbre? Tutti a sollecitare meccanismi autoritari, come sostanzialmente è l'obbligo di vaccinazione. Ma scherziamo? Ai virologi non frega nulla delle derive culturali e politiche di questa società?», lo sfogo dell'ex sindaco di Venezia a Quarta Repubblica.

Lodovico Poletto per "la Stampa" il 17 settembre 2021. La bordata era scontata. Lui, che aveva firmato l'appello dei 600 docenti contro il Green Pass. Che aveva definito «ipocrita» l'idea dell'obbligatorietà. Lui, comunicatore da migliaia di followers sul web, docente di Storia medievale all'università del Piemonte Orientale, Alessandro Barbero, diventato suo malgrado (e per via di quella firma) bandiera di un mondo nel quale non si identifica per nulla, nel giorno in cui il governo rende il certificato verde obbligatorio per tutti i lavoratori, punta dritto sulla sinistra. Rea di aver consegnato - con il provvedimento varato ieri dal Consiglio dei ministri - «il controllo dei dipendenti al datore di lavoro». Lo dice un attimo prima dell'appuntamento elettorale di un altro monumento del mondo accademico non soltanto piemontese, Angelo D'Orsi, storico come Barbero, candidato sindaco a Torino per la colazione a sinistra del Pd e che raggruppa Potere al Popolo, Partito Comunista Italiano e Sinistra in Comune. Prima Barbero puntualizza: «Non voglio più dare interviste sul Green Pass». Ma poi si ferma, parla e risponde a tutte le domande che gli vengono fatte.

Professor Barbero, allora che cosa ne pensa delle decisioni del governo?

«Che non è assolutamente quello che mi sarei aspettato che venisse approvato quest' oggi».

Ma era nell'aria. Perché tanto stupito?

«Perché devo dire che da sinistra l'idea di affidare alle aziende un compito di controllo dei loro lavoratori è una cosa rischiosa. Che va contro tutta una tradizione che la sinistra ha cercato di evitare. E cioè che gli imprenditori avessero troppo potere di controllo su quello che fanno i loro dipendenti. Quindi, personalmente, questa cosa mi preoccupa un po'. E non è certamente quello che avrei voluto».

Avrebbe voluto l'obbligatorietà del vaccino?

«Era un provvedimento più coraggioso. E giusto».

Ma non sono la stessa cosa Green Pass o vaccino obbligatorio?

«Beh, la risposta datevela da soli. Mi sembra chiaro come stanno le cose».

Però, qui, oggi, qualcuno ha detto che sono la stessa cosa: non è d'accordo?

«Non voglio più fare interviste su questo tema: ho detto molto chiaramente quel poco che penso. Sono cose sofferte e piene di dubbi». 

Ancora una domanda: c'è una resa della sinistra?

«Si stanno facendo delle cose che è legittimo che la sinistra consideri con qualche preoccupazione. E sulle quali si dovrebbero chiedere chiarimenti».

Preoccupato?

«Viviamo in un'epoca in cui ci preoccupiamo del fatto che i governi possano esigere una sorta di fedeltà da parte dei cittadini senza assumersi fino in fondo le loro responsabilità» 

Si aspettava una reazione così forte alle cose che ha detto sul green pass?

«Non me lo aspettavo. E questo dimostra quanto poco conosco l'epoca in cui stiamo vivendo».

Però da intellettuale ha sollecitato una riflessione e aperto un dibattito. Non è vero?

«Gli intellettuali sono quelli che provano a metter in fila i pensieri, a dare una collocazione logica agli stessi. Poi, però, capita come con Cacciari, che dice una cosa particolare e apriti cielo».

Professore lei ha detto recentemente che la classe politica di oggi trabocca di ipocriti. Sempre della stessa idea?

«Ogni epoca si ha un po' quel tipo di percezione. Mi colpisce che questa classe politica non si assuma responsabilità».

È sempre di sinistra?

«No ho mai nascosto di esserlo. Anzi, sono molto di sinistra».

Alessandro Barbero è un intellettuale. E chi non ne tiene conto è in malafede. Luca Bottura su L'Espresso il 14 settembre 2021. Sui social intellettuali e accademici sono inseguiti dalle bugie infamanti solo perché non si piegano alla vulgata maldestra di chi per sovrammercato è politicamente irrilevante. Il vostro scriba non è un intellettuale. Pigia i tasti in un italiano forse plausibile, talvolta con presunta sagacia, più spesso in modo goffo, ma non ha studiato abbastanza. O forse è questione di hardware, va’ a sapere. In ogni caso, si applica a questioni semplici con argomentazioni semplici. Ad esempio, sul Green Pass, si contenta. Ossia: sarebbe a favore dell’obbligo vaccinale, certo. E sa bene che il codice Qr è un apostrofo verde tra le parole “con la Lega al Governo” e “non si poteva”. Però si occupa, come viene, anche di comunicazione. E sa bene che l’obbligo (sacrosanto, necessario, coperto dalla Costituzione in modo esemplare) avrebbe portato i soliti liberali alle vongole a strillare contro lo Stato di Polizia. Dunque, che il Signore o un suo superiore, tipo il generale Figliuolo, protegga e diffonda il Green Pass. Alessandro Barbero, il professor Alessandro Barbero, la rockstar della divulgazione Alessandro Barbero, è invece un intellettuale. Colto. Profondo. Sfaccettato. Perciò in grado di approcciare il tema da una posizione laterale eppure diretta. Dice, Barbero, che il Green Pass è ipocrita e che avrebbe voluto l’obbligo. Per questo ne contesta la diffusione negli atenei. Mai creduto alla sciocchezza (apocrifa) di Voltaire secondo cui si dovrebbe dare la vita perché un altro esprima la sua opinione, e non la darei neppure per quella di Barbero. Che non condivido. Ma lui gioca un altro campionato. E tarare le sue opinioni su quelle di chiunque, ad esempio il sottoscritto, sarebbe sbagliato. A meno che non si sia in malafede. A meno che non si voglia punire Barbero, l’amato Barbero, l’ecumenico (fin lì) Barbero, perché nei giorni precedenti aveva appoggiato, e non poteva essere altrimenti, la posizione del professor Tomaso Montanari sulle foibe: una corretta contestualizzazione storica - prima c’era stato il protettorato di Lubiana, dove i fascisti avevano usato i civili come piattelli - che non negava il dramma cagionato dai comunisti titini ma mirava a restituirgli una prospettiva storica. Solo che Montanari è un nemico della polizia politica che agisce sui social, ma ormai anche nei giornali, e la squadretta di lotta e sottogoverno gliel’ha fatta pagare in tutti i luoghi e in tutti i laghi appiccicandogli l’etichetta del revisionista. Sul tema, il revisionismo vero è quello di chi insiste con la favola degli “italiani brava gente”. Ma, soprattutto, la vicenda era stata sventolata in modo del tutto strumentale, a freddo, per far scontare allo stesso Montanari la sua ostilità a certe nomine pubbliche che non condivideva. A questo siamo: il dissenso annichilito, le vendette mafiose per interposto tweet, intellettuali e accademici inseguiti dalle bugie infamanti solo perché non si piegano alla vulgata maldestra di chi per sovrammercato è politicamente irrilevante. Ma mena. Sarebbe ora che qualcuno se ne accorgesse anche nelle redazioni dei giornali, che corrono dietro al web e alle polemiche create dai troll dei social su mandato degli uffici stampa pagati da noi. Perché intossicare il dibattito in questo modo non è degno di un Paese democratico. E comunque il green pass fatelo. Serve. Dopo essere scese in piazza per manifestare a favore dei diritti civili, le donne afghane hanno lanciato sui social una campagna contro le restrizioni del nuovo regime talebano che impone rigide regole anche sul codice di abbigliamento. L'hashtag è #DoNotTouchMyClothes ("Non toccare i miei vestiti"). Le donne hanno postato foto e video con abiti dai colori vivaci, caratteristici della tradizione afghana, in segno di opposizione al burqa. Un gesto di rivendicazione della propria cultura e della libertà. La campagna è nata da un'idea di Bahar Jalali, ex docente di storia all'Università americana di Kabul, che per prima ha condiviso una foto indossando un tradizionale abito verde. "Questa è la cultura afghana", ha scritto. In tante hanno accolto la proposta e hanno deciso di seguire Jalali nell'iniziativa. In poco tempo, #DoNotTouchMyClothes è diventato virale sul web.

L'assurda battaglia contro il green pass. Cacciari e Montanari, la virologia lasciatela ai virologi. Michele Prospero su Il Riformista il 12 Settembre 2021. Che il Fatto veicolasse una cultura profondamente di destra era trasparente dalla foga antipolitica, dall’invocazione di sua maestà le manette, dall’inno al giudice come sommo custode di virtù. Ora la sua anima conservatrice emerge persino con innocenza dal titolo che Travaglio ha buttato in prima pagina: “Senza green pass, mamme e tate fuori da asili e scuole”. La cura della prole è questione solo di donna e guai a immaginare che un maschio possa recarsi con il pargolo nelle aule. Ma un arsenale di armi più consistenti alla destra il foglio lo fornisce aizzando la rivolta contro il lasciapassare. In questa lunga commedia del green pass, dopo quella onnipresente dello storico e del filosofo pop, non poteva certo mancare la voce del rettore antifascista. Rivendicando l’eredità di “un altro rettore”, così egli chiama Concetto Marchesi e anche Piero Calamandrei, il magnifico di Siena incita alla lotta contro la oppressione governativa che con «l’arbitrio, la discriminazione» sta sfigurando l’Italia. Il possibile contagiato, che entrando in relazione ravvicinata con molti soggetti mette a rischio la vita altrui, è una bazzecola. Il soggetto più debole, da tutelare con tutte le risorse dell’ordinamento, non è la persona fragile che, venendo a contatto con il virus, rischia anche la propria pelle. Quella che l’autorità dovrebbe proteggere è la persona che, in preda a un raptus di superomismo, per sue convinzioni individualistiche strampalate o meno, insomma per il rifiuto di una nozione di comunità e di responsabilità pubblica, rivendica, come prova di libertà o di volontà di potenza poco importa, la possibilità di recare danno al corpo altrui. Tra la vita da difendere dai rischi di un possibile contagio che può persino rivelarsi letale e la privazione della possibilità di frequentare spazi comuni senza una prova di immunità secondo Tomaso Montanari ha la meglio chi si ribella al foglio verde. Per lui chi, dopo aver rifiutato il vaccino grida anche contro il tampone, è un legittimo ribelle contro l’odioso simbolo di una novella e «sempre più violenta caccia alle streghe». La discriminazione del lasciapassare insomma andrebbe tolta all’istante per affidare la materia dell’obbligo ai tempi biblici di una legge. E tanto peggio per l’economia in ginocchio, gli ospedali distrutti, per le cure rinviate, per i morti che continuano ad esserci. Evoca un capiente cimitero con ospedali al collasso e lo chiama libertà, anzi inclusione. In un solo attimo, provocato dal lasciapassare («misura senza veri paragoni all’estero»), il rettore accantona l’anacronistico ritornello antifascista e l’incubo delle foibe per indossare gli abiti, ai tempi sicuramente più congeniali, di “rettore anti-passista” che comprende i contorcimenti dei poveri professori no-vax e difende i protagonisti alla Cacciari di infiniti talk show ritenuti vittime di «un inaccettabile linciaggio politico-mediatico». Cacciari che nella tv pubblica da costituzionalista annuncia «la fine della democrazia» e da virologo certifica la scomparsa dell’emergenza pandemica (e che da medico proclama che «i vaccini non sono abbastanza sicuri» e «molto precari») dovrebbe semplicemente rassegnarsi ad accettare il monito di Copernico: «Mathemata mathematicis scribuntur». Ecco Cacciari e Montanari: la virologia lasciatela ai virologi. Anche grazie al clima di opinione degli intellettuali mobilitati contro la carta verde, la destra radicale riesce a bloccare i progetti di estensione del lasciapassare come strumento per salvare vite. Il rettore anti-passista, quando stigmatizza le demonizzazioni di chi nel governo con il pass usa la “logica del nemico pubblico”, parla lo stesso linguaggio di Giorgia, la afascista e usa le medesime immagini di Matteo, il capitano nero. Si scomodano i fantasmi dei fascisti di ieri per fornire le munizioni a quelli di oggi. Le carte nere di Pino creano più imbarazzo della condivisione delle mortifere battaglie no-pass dei camerati di Isabella Rauti. “Meravijoso”, direbbe Michetti. Michele Prospero

Michele Serra per "la Repubblica" il 14 settembre 2021. Poiché la vita sociale, da parecchie settimane, ha ritrovato piena intensità (spiagge gremite, Salone del Mobile a Milano, stadi semipieni, locali affollati, eccetera). E poiché, nonostante questa rinnovata promiscuità, la pandemia sembra procedere, da altrettante settimane, in progressione aritmetica e non, come prima, geometrica, come se la sua corsa fosse zavorrata da qualcosa. Se ne trae l'idea che l'alto numero di vaccinati sia, per il virus, un forte impedimento. È una constatazione banale. Non scomoda studi scientifici né relative controdeduzioni. Non è alimentata da orgoglio patriottico (vaccinati! salva la Patria!) e non è aggredibile da teorie complottiste. Non è una velina di Big Pharma e dunque non serve la contraerea No Vax per abbatterla. È solo ordinario buon senso, passibile, ovviamente, di rettifiche, analisi e controanalisi, eppure, nella sua sostanza, convincente: ci si ammala di meno, e meno gravemente, perché la maggioranza degli italiani è vaccinata. La famosa guardia che non va abbassata prevede, come prima mossa, che il bastione dei vaccini aumenti. Il resto è teoria, nobilissima nel caso dei filosofi, ignobile in molti luoghi social: però teoria. Oppure è politica, con leader vaccinati (la paura di ammalarsi è umana) che cercano i voti No Vax (pochi: vale la pena?). Il resto è malumore, sospetto, maldicenza, paranoia. Io per esempio aspetto da parecchi mesi che Big Pharma mi paghi almeno qualcosina. Se non altro per risarcimento delle lettere di insulti ("giornalisti di merda, nel libro-paga di Big Pharma"). Macché, nemmeno un flacone di aspirine, uno sciroppo per la tosse, un invito a un congresso medico sulla gotta, però alle Bahamas. Mi sono vaccinato gratis: pensa che pirla.

La loro è una difesa corporativa. Alessandro Barbero firma l’appello dei prof no Green Pass: una difesa corporativa di bambocci che frignano. Tiziana Maiolo su Il Riformista il 7 Settembre 2021. Quelli del “sono vaccinato però” sono un po’ come quelli del “sono garantista però”. E in quel “però” c’è tutta l’ipocrisia che nasconde, come nel caso dell’appello contro il green-pass firmato a rotta di collo ormai da trecento docenti e ricercatori universitari, l’inconfessata paura e il sostanziale egoismo. Il professor Alessandro Barbero, storico e divulgatore televisivo che insegna all’università di Vercelli, l’aveva preannunciato tre giorni fa al convegno della Fiom-Cgil, rassicurando i presenti sulla propria avvenuta vaccinazione, ma sparando ad alzo zero la propria contrarietà al controllo del passaporto verde sull’attività delle università, a partire dal primo settembre. Qual è l’argomento più ipocrita di tutti? Quello di fingersi d’accordo su una eventualità di vaccino obbligatorio per poi poter dire: abbiate il coraggio di farlo e noi obbediremo. Il professor Barbero non si è sottratto neanche a questa banalità, e non venga a raccontarci che le sua parole trasudino buona fede. Se si arrivasse a trattare il vaccino anti-covid alla stregua di tutti gli altri, quelli tradizionali cui vengono sottoposti i bambini, lui e i trecento giovani e forti delle università griderebbero come minimo a un golpe di stampo fascista. Toni che già emergono dal testo dell’appello, quando si dice che, «quella del green pass è una misura straordinaria, peraltro dai contorni applicativi tutt’altro che chiari, che come tale comporta rischi evidenti, soprattutto se dovesse essere prorogata oltre il 31 dicembre, facendo affiorare alla mente altri precedenti storici che mai avremmo voluto ripercorrere». Spiace dirlo anche a uno storico conosciuto come il professor Barbero e ai suoi illustri colleghi, ma questi rigurgiti di antifascismo militante molto in voga in questo periodo nel mondo politico, e ora anche accademico, denotano semplicemente un grande vuoto culturale. Dire che si sta lottando in difesa delle minoranze contro un regime totalitario (chi ne sarebbero i condottieri, Mario Draghi e Sergio Mattarella?) non c’entra niente con la lotta per le libertà, ma al contrario pare una difesa corporativa di antichi privilegi di chi non tollera di sottoporsi alle regole. A quelle che governano le società liberali, che nulla hanno a che fare con il disordine sociale degli egoisti. Professori illustri, per favore vaccinatevi e scaricate il green-pass come facciamo tutti noi cittadini normali, se non volete essere considerati, oltre che dei grandi egoisti, anche dei bambocci che frignano solo perché hanno paura.

Tiziana Maiolo. Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.

Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per “il Fatto quotidiano” - lunedì 6 settembre 2021. Dragospia. "Cretini e vaccini. Travaglio, pur di andare contro Draghi, ammicca ai No Vax " (Dagospia, 4.9). Io ho fatto il vaccino, Dago fa il cretino.

Da “il Fatto quotidiano” il 7 settembre 2021. Caro Direttore, questa volta dissento radicalmente da lei sulla obbligatorietà del vaccino antiCovid. Senza entrare nel merito delle dispute tra scienziati, politici e tuttologi, è evidente che i vaccini, pur con i loro limiti, sono attualmente l'unico mezzo per contrastare questa pandemia. Non si può consentire che una minoranza d'imbecilli fuori di testa metta gravemente a rischio la salute di tutti gli altri. Capisco che sia una pesante intromissione nelle libertà individuali, ma lei sa bene che "la mia libertà finisce quando... etc.", ma credo che in questo caso sia ampiamente e legalmente giustificata. Introdurre questo obbligo non significa entrare nelle case con i carabinieri, ma semplicemente fare "terra bruciata" intorno agli inadempienti che non possano venire a contatto con persone non vaccinate, a partire dal pianerottolo di casa, pena pesanti ammende penali. Aggiungo che, personalmente, non ho capito questa sua posizione in disaccordo con la sua linea di pensiero e in accordo con Salvini. Alessandro Gabardo 

Risposta di Marco Travaglio: Caro Gabardo, premesso che scrivo sempre quel che penso e non mi importa chi si trova a pensarla come me, mi spieghi: una volta introdotto l'obbligo, come lo si attiva in concreto? Con un Tso a 5 milioni di persone? E se resistono che si fa: si arrestano tutte? E dove si rinchiudono?

Lettera a Marco Travaglio pubblicata da “Il Fatto Quotidiano” l'11 settembre 2021. Caro Travaglio, sul Fatto di martedì 7 Settembre lei ha ospitato l'opinione di un lettore che, oltre a sollecitare punizioni esemplari per i non vaccinati e consigliare di fare "terra bruciata" intorno a noi, ci definiva senza giri di parole "imbecilli fuori di testa". Non che questo non fosse prevedibile; una guerra tra poveri, intendo. Qualche settimana fa l'avevo scritto al Fatto. Erano state delle vignette satiriche sui non vaccinati apparse in prima pagina a farmi meravigliare dell'atteggiamento del suo (nostro) giornale. Quelle però, dobbiamo essere onesti, non ci apostrofavano come "imbecilli", ci prendevano solo per i fondelli. Come dice spesso, "sono soddisfazioni". Ora, dico io, lei ha risposto a quel signore; ma nel rispondere non poteva un po' stigmatizzarne i toni leggermente esagitati? D'altra parte il nostro giornale lo leggiamo noi, ma il giornale è suo. E sua è anche la scelta di pubblicare, o correggere, qualsiasi graffio sulle pagine del Fatto. "Imbecilli" è dura da digerire. Ero sicuro che ci sarebbe stata una guerra tra poveri, ma non avevo mai pensato di partecipare a una guerra tra poveri imbecilli.

LA RISPOSTA DI MARCO TRAVAGLIO

Caro Giuseppe, pubblichiamo lettere di lettori dei più diversi orientamenti. Se poi vuole conoscere il mio parere, chi non si vaccina e muore di Covid o finisce in terapia intensiva, beh un bel po' imbecille lo è di sicuro.. m. trav.

I negazionisti e il dibattito. Floris, alle minchiate non si può dare cittadinanza: niente ospitate per i complottisti no vax in televisione. Giuliano Cazzola su Il Riformista il 15 Settembre 2021. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha una comunicazione sobria, in sintonia con lo stile di Mario Draghi e in continuità con la linea di condotta di una civil servant che ha trascorso tutta la sua vita nella Pubblica amministrazione fino a ricoprire il ruolo di prefetto di Milano (la principale città di rango europeo della Penisola). Si potrebbe dunque sostenere che ha una spiccata competenza nel gestire gli affari interni di un grande Paese. Bene. Domenica scorsa, il ministro ha rilasciato una lunga intervista al più importante quotidiano italiano (raccolta da Giovanni Bianconi, il giornalista che scrive dei fatti di terrorismo) i cui contenuti sono stati riassunti nel titolo: “C’è il rischio di un’alleanza tra estremisti e no vax”. Se si va a leggere l’intervista, le risposte sono più caute, più adatte a un ministro, anche se Matteo Salvini in quello stesso ruolo sparava cose strampalate a proposito di invasione da parte de “lo nero periglio che vien da lo mare” e di tanti altri allarmi esagerati apposta. Ma le parole sono pietre anche se di piccola dimensione. «È evidente – ha affermato Lamorgese – che l’innalzamento dei toni delle proteste può favorire forti tensioni per l’ordine pubblico e atti ostili anche da parte di singoli, non direttamente riconducibili a gruppi organizzati». E ha proseguito: «La galassia delle sigle no vax appare composita e variegata, e al momento non risultano contatti strutturati con frange estremiste, certo, in alcune delle proteste si è registrata una sporadica partecipazione di appartenenti all’estrema sinistra o all’area anarchica, nonché, soprattutto a Roma, alla destra radicale. In alcune occasioni ci sono stati evidenti tentativi, non riusciti, di alimentare una degenerazione violenta della protesta». «Proprio per scongiurare situazioni di rischio e intercettare possibili derive, è stata intensificata l’attività di prevenzione, anche grazie al costante monitoraggio del web» che ha consentito di scoprire e sventare, in rapporto con la magistratura, azioni di violenza organizzata. Queste preoccupazioni di chi è al vertice degli apparati di sicurezza dei cittadini sono cadute in un silenzio tombale. Ha suscitato più interesse un’intervista, sullo stesso giornale, a Giovanni Floris nella quale spiegava la linea editoriale del talk show che conduce su La 7, proprio in riferimento al dibattito e alle polemiche sul green pass e dintorni. Floris si trovava a New York il giorno dell’attentato alle Twin Towers. Era stato mandato dalla Rai a sostituire i corrispondenti in ferie, i quali non avevano potuto rientrare per giorni per il blocco dei voli. Quindi Giovanni Floris si guadagnò da solo sul campo gran parte della notorietà di cui gode oggi da professionista di vaglia. Ma come intende gestire l’assalto dei no vax ai mezzi di comunicazione? «Io credo che nel caos si debba trovare la lucidità di non farsi trascinare» ovvero «seguire il confronto tra i due schieramenti trasversali alle fazioni politiche: chi vuole consegnare il Paese nelle mani della paura e chi vuole uscirne. E in quanto giornalista cercherò sempre, nel caos, di fare appello alla razionalità». Per lui è la lezione che ha imparato l’11 settembre. E qui viene il bello. Proprio perché fu testimone di quella tragedia, inviterebbe in trasmissione qualcuno che è convinto – ce ne sono ancora vent’anni dopo, anche persone che allora erano ragazzi o bambini e che hanno letto del caso sui social – che le Towers le abbiano abbattute, in proprio, gli americani per poter scatenare una guerra di aggressione e mettere le mani sul petrolio del Medio Oriente? Li abbiamo sentiti gli argomenti con i quali i no vax spiegano che si è trattato di un complotto internazionale organizzato dalla lobby giudaico-bancaria-finanziaria-demoplutocratica che trama nell’ombra per il dominio del mondo? Addirittura la scoperta in tempi inaspettatamente brevi dei vaccini sarebbe la prova principale della partecipazione di Big Pharma alla congiura dei poteri forti. Come si fa a discutere in un talk show con un interlocutore che non ha la minima prova del complotto (perché non esiste) ma sciorina una serie di circostanze magari confuse (perché il caos c’è stato, al pari degli errori e delle improvvisazioni) per sostenere le tesi “complottiste”? Negli anni 70 nessuno si sarebbe sognato di partecipare a un dibattito pubblico con i teorici del Sim (Stato imperialista delle multinazionali). Prendiamoci lo sfizio di leggere il verbo di uno dei “santoni” del movimento. Si chiama Augusto Sinagra, professore in pensione a cui l’Ateneo di appartenenza ha negato il riconoscimento di “emerito” (il suo ricorso è stato respinto dal Tar). Negli ultimi anni, il professore – sta scritto su Internet – ha sposato prima la causa di CasaPound e poi, in pieno Covid, quella dei negazionisti forzanovisti di Giuliano Castellino. Vediamo alcuni stralci della sua prosa in un ukase contro Draghi. «Sappia il noto bankman che l’azione sua e del suo governo, fatta di continuo terrorismo mediatico tramite giornalisti tanto ignoranti e disonesti quanto pagati, di falsificazioni, di sfacciate e invereconde menzogne, oltre che di provvedimenti legislativi a contenuto ricattatorio adottati con l’asservimento di un parlamento privo di opposizione, non sortirà gli inconfessabili risultati voluti. Non basteranno i “giuristi” del principe ad accreditare la continuazione del pretesto di una emergenza epidemica asserita e supposta. Un agente patogeno meno grave di tanti altri viene usato come strumento di governo. Lei, egregio bankman, potrà adottare provvedimenti legislativi ancor più liberticidi […] ma non riuscirà mai a corrompere l’anima di milioni di Italiani e a far loro piegare la schiena. Anche in un deserto di macerie morali e materiali, li troverà sempre in piedi. Non riuscirà mai a privarli della loro dignità e della loro identità che è senso di appartenenza ad un antico Popolo. Lei è destinato a fallire. Lo dica ai suoi referenti di Oltreoceano. Sento che lei vorrebbe introdurre non solo la terza dose della magica pozione (così confermando che la prima e la seconda non sono servite ad una beata minchia), ma anche la obbligatorietà generale della assunzione della pozione magica!». Con quali argomenti è possibile confutare queste tesi? C’è proprio la necessità di leggere i Protocolli dei Savi di Sion per accorgersi che sono “minchiate” (copyright di Sinagra)? Giuliano Cazzola

Da liberoquotidiano.it il 15 settembre 2021. Tira una brutta aria a Mediaset per le posizioni filo no vax di Mario Giordano. Si mormora infatti che nelle scorse ci sia stato un colloquio ad alta tensione con il conduttore di Fuori dal Coro. Riporta il Tempo in un retroscena che all'interno di una stanza, la direzione ha convocato Giordano. Nonostante gli ottimi risultati ottenuti dal giornalista con il suo talk show, sembra che gli venga imputato, un atteggiamento troppo "accondiscendente" nei confronti dei no vax. "Chiudetemi il programma se non vi vado bene. Io non sono No Vax, mi pongo solo delle domande", avrebbe tuonato Giordano. "Noi siamo favorevoli ai vaccini. Punto. Questo è il solo messaggio da diffondere", ha replicato fermamente l'azienda. Stando ai presenti, si sono sentite le urla fino al piano terra dell'edificio. "Sono un giornalista, io non mi faccio imbavagliare da nessuno", avrebbe gridato Giordano. Di lui ha recentemente parlato in una intervista a Il Foglio il presidente Mediaset Fedele Confalonieri: "Giordano ogni tanto deve giocare a fare il caz***e, ma è bravissimo. Per fare audience un conduttore di talk deve tirare lungo". Il presidente aveva difeso a spada tratta i suoi talk show dove i no vax possono parlare tanto quanto gli scienziati: "Il talk-show deve fare casino, sennò chi lo guarda? La politica ormai è quella roba lì". Anche perché, dice il presidente Mediaset, "vorrei vedere lei a condurre un talk-show per tre ore...".

Il professore "no crocifisso" è anche un No Pass. Redazione l'11 Settembre 2021 su Il Giornale. No crocifisso, ma anche no green pass. Franco Coppoli, il professore che ha scatenato il bailamme sull'opportunità che il crocifisso stia nelle classi scolastiche si oppone anche al passaporto vaccinale. No crocifisso, ma anche no green pass. Franco Coppoli, il professore che ha scatenato il bailamme sull'opportunità che il crocifisso stia nelle classi scolastiche, ha «celebrato» la sentenza della Cassazione sulla sua vicenda nel corso di una riunione sindacale al cui ordine del giorno c'era l'opposizione al passaporto vaccinale. Giovedì, quando la suprema corte si è espressa sul suo caso, era impegnato in una tempestosa assemblea per il no green pass. Malgrado ciò ha trovato il tempo per affidare il suo sentimento all'Uaar, l'unione degli atei e degli agnostici: «Una sentenza importante che finalmente annulla la sanzione disciplinare e definisce illegittimi l'ordine di servizio e la circolare del dirigente scolastico che imponevano il crocifisso in classe». Diciamo che il professor Coppoli ha interpretato il giudizio della Cassazione in modo a dir poco soggettivo. Guardando il bicchiere mezzo pieno, quando a essere obiettivi per lui era per tre quarti vuoto. La Suprema Corte giovedì infatti ha stabilito con la sentenza numero 24414, che il crocifisso a scuola non è un atto di discriminazione se questo viene affisso sul muro della classe durante le lezioni di un docente che non lo vuole, ma ha invitato le scuole a trovare una soluzione condivisa che rispetti anche il punto di vista dell'«obiettore». E infatti la Cassazione, pur se ha annullato la sanzione disciplinare a carico del professore, non gli ha riconosciuto il risarcimento da lui richiesto. La crociata di Coppoli contro il crocifisso in classe parte nel 2009, quando il professore ogni volta che entrava in classe per la lezione, smontava il crocifisso dal muro per poi rimetterlo a suo posto durante le sue lezioni e rimettendolo al suo posto quando aveva finito. Un comportamento che gli era costato una sospensione di trenta giorni senza stipendio, una denuncia alla Procura della Repubblica e un deferimento davanti all'organo di disciplina del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, con il rischio del licenziamento. Poi, nel 2015, aveva preso a coprire il crocifisso con la Costituzione: altri 30 giorni di stop.

Cesare Giuzzi per il “Corriere della Sera” il 10 settembre 2021. «Cleytus» ha un figlio di cinque anni e lavora come custode in un palazzo di Milano. Sul suo profilo Facebook tre giorni fa, in un video a torso nudo dal balcone di casa, chiedeva scusa ai suoi sostenitori perché costretto a dare buca alla manifestazione di Roma: «Sarò la delusione di tanti, purtroppo non posso venire. Mi dispiace ragazzi». Colpa delle mancate ferie concesse dalla cooperativa per la quale lavora: «Ma sono e resterò un guerriero». Sulle bacheca, giusto quarantott' ore prima della perquisizione, la foto di un tirapugni acquistato in vista della tre giorni romana. «Non si potrebbe portare a spasso ma io lo faccio, a tutti gli effetti è un'arma», si vantava con un'amica. Cleytus, 46 anni, al secolo Tommaso P., era il fondatore e amministratore del gruppo Telegram «I Guerrieri». Insieme a lui, tra i più attivi sulla chat, il 53enne Stefano M., due figli piccoli, casa in provincia di Bergamo, nome in codice «Guerriero della notte». Nel gruppo scriveva «di avere i gingilli a lungo raggio da provare». E infatti era titolare di porto d'armi e a casa sua gli investigatori della Digos hanno sequestrato una pistola semiautomatica 9 per 21 e una carabina Smith & Wesson 223 con una gittata che arriva a 300 metri. Tra gli otto No vax indagati dalla Procura di Milano per istigazione a delinquere aggravata, anche Francesco, milanese di 34 anni, ossessionato dai ripetitori 5G: «Dobbiamo bruciarli. Metterne fuori uso tanti contemporaneamente così diventeranno matti nel correre dietro a riparare». Su di lui, nonostante negli ultimi tempi si sia distaccato dal gruppo, sono ancora in corso accertamenti visto che risulterebbero contatti anche con personaggi legati alla malavita romana. Ma nessuno dei «Guerrieri» finiti nel mirino degli investigatori della Digos, diretti da Guido D'Onofrio, e di quelli della Postale, guidati da Tiziana Liguori, ha trascorsi in politica, legami con movimenti di piazza o aree estremiste. Solo la 51enne veneziana Lara aveva avuto in passato contatti con i «Serenissimi» che puntavano all'indipendenza del Veneto. Oggi però nei suoi pensieri c'è solo l'odio per il premier Draghi, contro i virologi e la campagna vaccinale. Profilo identico alla cameriera 53enne Sandra, originaria del Padovano, che invita i «Guerrieri» a lanciare «verdura e uova marce» durante una visita (poi annullata) del ministro Speranza. È invece attivissima, e amministratrice del gruppo, la 43enne romana Ilaria. Nelle intercettazioni, pur negando apertamente l'esistenza del virus, gli investigatori ascoltano la sua preoccupazione per sintomi simili al Covid: «Ma non faccio il tampone, altrimenti mi chiudono in casa». Romano è anche il 45enne David, che nella chat non usa nickname ma nome e cognome. Annotano gli investigatori: «Sostiene la ribellione violenta e auspica riunioni dei sodali in presenza». A casa dell'ultimo, e più giovane del gruppo, il 33enne Stefano di Reggio Emilia sono state sequestrate una katana giapponese, uno sfollagente e diverse pistole spray al peperoncino: «Ha una gittata fino a sei metri. Se anche hanno i caschi basta un piccolo spruzzo che passa sotto la visiera e sono fottuti. Accecati per almeno mezz' ora». Nella chat dice anche di potersi procurare «persone» per le manifestazioni e di «aver recuperato cose che se mi fermano mi arrestano per terrorismo». Parole che secondo gli investigatori rappresentano un «concreto pericolo» vista l'escalation sempre più violenta di parte del movimento No Vax. Gli obiettivi erano già stati scelti: giornalisti, fotografi, cameramen, «i media venduti al regime». Per questo anche se non sono state trovate bombe incendiarie durante le perquisizioni, gli investigatori coordinati dai magistrati antiterrorismo Alberto Nobili e Piero Basilone, ritengono «possibile» che il gruppo volesse mettere in pratica un attacco ai giornalisti durante il presidio di sabato: «Se in lontananza nascosti vedete i furgoni delle tv private o pubbliche dategli fuoco - istruivano via chat -. Una molotov, o con loro o vuoto il furgone, dovete dagli fuoco». Ieri mattina, quando s' è trovato la polizia alla porta, Cleytus ha immediatamente preso il telefonino e cancellato l'intero gruppo Telegram. Gli agenti, collegati da remoto, hanno però registrato tutto in diretta.

Dal corriere.it l'11 settembre 2021. Il popolo dei «no vax» e del no al Green pass è tornato oggi in piazza in tutta Italia con cori, cortei e sit in davanti alle sedi istituzionali a Roma, Milano, Torino, Firenze, Genova, Napoli e Palermo. Ma erano circa 12 le città dove, per il pomeriggio, erano indette le manifestazioni, il «passaparola» tra i manifestanti è avvenuto attraverso i social network e Telegram, il servizio di messaggistica dove sono attivi molti canali finiti anche all’attenzione anche di alcune procure. A Milano, i manifestanti hanno sfilato da Piazza Duomo a Piazza della Scala. «No green pass» e «Umani non sorci» sono due degli striscioni che aprono il corteo slogan del tipo «Siamo il popolo», «Giù le mani dai bambini», ma anche «Milano non si piega» e «Libera l’università». A piazza del Popolo, a Roma, circa un migliaio di «no green pass» si sono riuniti per protestare. «Promuove ostacoli al diritto al lavoro e allo studio, è abominevole», «è incostituzionale perché colpisce i poveri», le parole di alcuni manifestanti. Alla manifestazione hanno partecipato anche esponenti di Forza Nuova, come il leader romano Giuliano Castellino, e di Ri. Molti hanno invocato la libertà «contro le scelte classiste» del governo. A Genova, piazza discretamente affollata per il presidio no green pass e free vax, radunato per l’ottavo sabato consecutivo in De Ferrari: sulle scale di palazzo Ducale interventi di professori universitari, farmacisti, medici, semplici cittadini, coordinati dal neonato comitato «Libera piazza Genova».

ROBERTA DE ROSSI per mattinopadova.gelocal.it il 13 settembre 2021. Sono arrivati da tutto il Veneto in 1500, domenica alle Zattere di Venezia, per gridare il loro “No ai vaccini” e ai “Green Pass”. “Dal Covid si guarisce e si vive non dovete farvi influenzare dalle campagne per i vaccini: vi veniamo a curare a casa”, dice il medico veneziano Pierluigi Di Campo. Dal palco - incandescente sotto il sole di settembre - si richiama continuamente alla non violenza, ma le parole si scaldano presto. L’avvocato Nino Moriggia incalza: “La libertà di scelta terapeutica è violata. Siamo i patrioti contro questi criminali. Quando ci sarà la grande chiamata andremo a prenderci la nostra libertà contro questa schifosa dittatura”. In prima fila una coppia padovana issa a mo’ di bandiera un bambolotto trafitto da dieci siringhe-vaccino. A Venezia sono arrivate famiglie, persone di ogni età, di tutte le professioni, il Gruppo Universitari Ca’ Foscari contro il greenpass. “Non siamo violenti, dopo strumentalizzano le parole violente contro di noi”, dicono dal palco. Lo scrittore Alessandro Leonardi la prende da lontano: “Hitler bambino è stato preso per mano e gli è stato fatto fare quello che ha fatto. Hanno coperto i danni del vaccino di massa con l’influenza spagnola”. Dal palco ci si richiama a Ghandi: ascoltiamo tutti, dicono. Ma si sentono vittime di un “sistema dittatoriale”. Non credono a nessun dato ufficiale: il numero dei morti, le cremazioni diventano modi per “impedire di individuare i responsabili della carneficina” (dice la giornalista Lidia Sella). Le mascherine? “Dannose  e inefficaci: questi bastardi con ce le leveranno mai più. Il gel è un prodotto cancerogeno e nessuno ci ha informato: maledetti “, insisteva. Parte il coro “assassini, assassini”. “Nemmeno dalla peggiore dittatura si nasconde ai cittadini la verità “, scandiscono dal palco. I vaccini? “immonde porcherie per polli in batteria”. La bolla No Vax, No Mask, No Greenpass si espande via via che passa il tempo. “Fasciano, comunismo, nazismo, iI vaccinismo è il nuovo ismo pericoloso”, dice l’avvocato Pietro Scudeller, “ si idolatra il vaccino rinunciando a ogni altra cura. Se il governo non autorizza l’Ivermectina sicura da 60 anni, ha le mani sporche di sangue. vaccinano persone che non rischiano di ammalarsi come i bambini”. Per inciso, a DiMartedì Ilaria Capua, direttrice dell'One Health Center dell'università della Florida, ha detto che «l'Ivermectina è un farmaco pericoloso per le persone, è un vermifugo per cavalli». Ma qui la narrazione è sé stante. In Italia il vaccino anti-covid non è obbligatorio per i bambini e per molte categorie,ma qui non si chiedono tamponi gratis: ci si sente al fronte. Una maestra dichiara di “aver rinunciato al lavoro che amo perché mi sento ricattata”. Dopo quasi due ore sotto il sole, pian piano ci si lascia e ci si dà appuntamento al 24 settembre a Conegliano per il processo pubblico Norimberga2.

Pugni chiusi e "Bella Ciao": l'ennesima protesta dei no pass. Fabrizio Tenerelli il 4 Ottobre 2021 su Il Giornale. Alcune decine di manifestanti italiani e francesi hanno raggiunto l'autostrada per inscenare una manifestazione di protesta contro il green pass. "Italia-Francia, la libertà non ha frontiere". È tutto contenuto in queste poche parole scritte a mano su un lenzuolo mostrato al pubblico, il messaggio che alcune decine di no pass italiani e francesi hanno voluto lanciare, stamattina, dal valico autostradale di Ventimiglia, in provincia di Imperia, con una manifestazione a sorpresa. Attraverso i megafoni hanno illustrato le ragioni della propria protesta, richiamando l'attenzione degli automobilisti sulle note dell'inno partigiano "Bella ciao", ma anche di quello francese (con i pugni rivolti al cielo) e quello occitano. Sì, perché la zona collinare della val Roya, al confine tra Italia e Francia, racchiude una delle poche enclavi occitane che ancora resistono. Erano presenti anche manifestanti provenienti da Torino e c'è chi ha provato a salire in autostrada con la bicicletta, ma è stato subito fermato dalla polizia. Il corteo si è svolto in maniera pacifica, con inevitabili ripercussioni, però, sul traffico veicolare, soprattutto quando diversi manifestanti hanno invertito il senso di marcia e sono ripartiti verso Nizza, procedendo a non più di 30 chilometri all'ora. Gli attivisti hanno voluto rivendicare il diritto alla "libertà", una parola più volte ripetuta e gridata ai quattro venti. "Sono una mamma - dichiara un'attivista - e sono qui perché non sopporto che le mie due bambine vadano in giro con la mascherine o si vaccinino. Basta con questa dittatura sanitaria. Dobbiamo svegliare la gente". Non è la prima volta che gruppi di manifestanti italiani e francesi si incontrano alla frontiera, dimostrando reciproca solidarietà per una battaglia comune; tra l'altro con le due nazioni confinanti, che risultano tra quelle più rigide, in Europa, nell'applicazione del certificato verde. Trombe da stadio e clacson alla mano, hanno voluto rivendicare il diritto alla democrazia. Per un attimo si è temuto nel blocco della circolazione, come avvenuto in altre parti d'Italia, ma alla fine un discreto presidio di forze dell'ordine è riuscito a tenere a bada il corteo, evitando che sfociasse in azioni di contrasto o di violenza. Presenti anche dei gilet gialli (gilets jaunes) un movimento spontaneo di protesta nato sui social network nel novembre del 2018, che ha provocato scontri in Francia. Movimento che era nato dalla protesta contro l’aumento dei prezzi del carburante e l'elevato costo della vita.

Fabrizio Tenerelli. Mi chiamo Fabrizio Tenerelli, sono un foto reporter di Sanremo. Per il Giornale, mi occupo prevalentemente di cronaca dalla provincia di Imperia, con particolare attenzione al confine italo-francese di Ventimiglia, da anni ormai agli onori della cronaca per l'emergenza

Il popolo No Pass in ritirata. Soliti slogan e piazze vuote. Stefano Vladovich il 12 Settembre 2021 su Il Giornale. Dopo gli 8 arresti tra i "Guerrieri", si rivela un mezzo flop la protesta organizzata su Telegram in 120 città.

Roma. I negazionisti del Covid scendono in piazza. Il «popolo» del No Green Pass ha sfilato, ieri pomeriggio, in 120 città italiane. Queste, almeno, le intenzioni degli organizzatori, Forza Nuova in testa, sostenuti dagli oltre 42mila iscritti al canale Telegram «Basta Dittatura!». Dopo la minaccia del blocco dei treni alle stazioni, altro flop dei no vax. Sarà stato anche l'effetto dell'inchiesta della Procura di Milano e degli otto arresti avvenuti in settimana fra i «Guerrieri» armati pronti a compiere attentati. Di fatto la prima delle manifestazioni pianificate per il sabato in tutt'Italia non è andata come avrebbero voluto i più convinti.

A Treviso, tanto per fare un esempio, la piazza era deserta, complice, secondo i «guerrieri», di un cambio di programma dell'ultim'ora. «È una vergogna. Hanno spostato la piazza e qui non c'è nessuno» postano sui social. A Roma c'è persino chi, alle prime gocce di pioggia, ha pensato bene di fare una «scappata» nella vicina via del Corso per lo shopping del sabato pomeriggio. Tant'è.

Intanto qualcuno posta sul social russo, sempre su uno dei gruppi «Basta Dittatura!» il prezzo da pagare per non vaccinarsi contro il Covid19 e ottenere, comunque, il Green Pass: 150 euro «da versarsi solo ed esclusivamente in BitCoin», per info @matteoo0021 si legge. Non mancano le minacce dei «leoni da tastiera»: Speranza è l'ultimo a morire», scrive un fantomatico Prozac.

Momenti di tensione a Torino, calma piatta, dunque, a Roma, agitati ma non troppo a Milano. Nel capoluogo lombardo il numero più alto dei contestatori, cinquemila secondo fonti ufficiali, radunati in piazza Fontana e in piazza Duomo, da dove hanno sfilato fino alla Scala e per le vie del centro. «Non siamo terroristi», «Il lavoro non si tocca», «Giù le mani dai bambini», «Milano non si piega» gli slogan più gettonati. Tra i presenti il senatore Gianluigi Paragone, candidato sindaco nel capoluogo meneghino con Italexit. «È la prima volta che vengo a Milano ma la fame di diritti è la stessa di altre città. Oggi è l'11 settembre e quelle libertà sono minacciate dall'ipocrisia sul green pass» sostiene. Non mancano cori da stadio, sempre a Milano, con «giornalista terrorista» in testa, coniato paradossalmente dal leader di Forza Nuova Giuliano Castellino, sorvegliato speciale, indagato e processato per aggressione (proprio a giornalisti), droga e truffa (al Ministero della Sanità).

Sorvegliati a vista da agenti in tenuta antisommossa, poliziotti del reparto mobile della polizia, pronti ad affrontare, manganello e scudo protettivo alla mano, ogni tentativo di «uscire» dal corteo dei più scalmanati. Slogan e striscioni contro i politici. E se a Milano sono presi di mira il sindaco Sala e il premier, «Draghi Draghi vaff», a Torino se la prendono con Giuseppe Conte, «Conte Traditore, Torino Non Ti Vuole» si legge sullo striscione che apre il corteo.

Conte, del resto, se l'è cercata direbbe qualcuno, visto che mentre partiva la manifestazione l'ex presidente del Consiglio era al Mercato centrale accompagnato dalla candidata sindaca M5S Valentina Sganga, dall'attuale sindaco Chiara Appendino e dall'ex ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina.

Sempre a Torino tensione al corteo mentre i manifestanti sfilano su via Po. Qui un gruppo di alcune centinaia di persone, forse un migliaio, sfonda il cordone della polizia per deviare su via Accademia delle Scienze. Calci e spintoni agli agenti che non sono riusciti a contenere la folla inferocita. Fortunatamente, evitando cariche, le forze dell'ordine riportano il gruppo alla calma all'ingresso di piazza Carlo Alberto, dove si schierano i blindati pronti a disperdere i più agitati. Altri minuti di tensione e il corteo riparte per via Po, passando davanti a Palazzo Nuovo, storica sede delle facoltà umanistiche dell'Università, per dirigersi su corso San Maurizio.

Proteste messe in atto il giorno in cui anche la Chiesa, per bocca del cardinale Pietro Parolin, fa sentire la sua voce condannando qualsiasi forma di azione violenta e ribadendo che vaccinarsi «è un atto di responsabilità». Stefano Vladovich

«Noi, proprietari di ristoranti e caffè, aggrediti solo perché chiediamo il green pass». Chiara Sgreccia su L'Espresso il 9 settembre 2021. Pioggia di recensioni negative, insulti in rete, minacce. Da Nord a Sud tanti piccoli esercizi subiscono l’aggressione (per fortuna quasi esclusivamente digitale) dei no vax. “Il nemico è il Covid-19, non il vaccino”. «Che schifo di gente c'è al mondo discriminazione siamo tornati ai tempi di Hitler e voi li assecondate pure vi dovete vergognare». «Nazisti». «Vergognatevi, vi auguro il fallimento». Sono questi alcuni dei commenti lasciati sotto il post di Amelio Fantoni, chef e proprietario del ristorante Buonumore di Viareggio, che secondo i suoi haters non doveva proporre lo sconto del 10% ai clienti muniti di green pass. «Il problema nostro non è la certificazione verde ma il Covid19 e se per colpa del virus dobbiamo chiudere di nuovo siamo rovinati. Ho scritto quel post perché volevo dialogare con gli altri ristoratori. Si immagini il messaggio positivo che avremmo dato se tutta la Versilia si fosse unita. Chiedere il green pass è un obbligo, ho pensato di trasformarlo in un’opportunità». Fantoni ha la voce arzilla mentre racconta che nel Sessantotto aveva vent’anni, «sono un disobbediente nato ma col tempo ho capito che cercare una bandiera per narcotizzare i miei disagi non ha senso. Che significato ha cercare un nemico quando il problema resta?» Il proprietario del ristorante di Viareggio non pensava di diventare per qualcuno un eroe, per altri un nemico da minacciare, altrimenti non avrebbe scritto quel post «il mio locale è quasi completamente all’aperto, volevo solo dare un segnale». Il messaggio positivo per molti utenti c’è stato - sono tanti i nuovi clienti che hanno deciso di frequentare il Buonumore per la sua presa di posizione – ma è anche entrato a far parte della lista delle attività che i “no green pass” cercano di boicottare. Un movimento che in queste settimane ha trovato su Telegram uno dei suoi canali privilegiati per comunicare e organizzarsi. «Segnalate chi chiede lasciapassare. Scriviamo recensioni negative» si legge nelle decine di gruppi in cui gli utenti si scambiano opinioni a proposito della certificazione verde. Ci sono due mappe a disposizione dei fruitori, quella degli esercenti da evitare, suddivisa per regioni, e quella di chi - palestre, studi medici, piscine, bar e ristoranti - lascia entrare i clienti anche se sprovvisti di green pass. Le segnalazioni arrivano da tutta Italia proprio come i commenti sulle pagine social dei ristoranti che hanno scritto post pro-vaccino. La maggior parte sono di persone che non sono mai state nei locali che, infatti, descrivono sommariamente. «Hanno scritto che il cibo nel mio locale non è buono ma io offro solo drink ai miei clienti. Ho ricevuto più di mille recensioni negative in meno di dieci ore» racconta Cinzia Orabona, proprietaria dell’enoteca Prospero di Palermo, un open space in cui libri, vino e musica convivono. «No Vax, no drink» ha scritto Orabona sulla pagina social dell’enoteca lo scorso luglio, prima ancora che la richiesta del green pass per accedere all’interno dei locali divenisse obbligatoria. «L’ho fatto perché il numero dei contagi in Sicilia stava crescendo mentre quello dei vaccinati era molto basso. Immaginavo che saremmo tornati in zona gialla, come poi è successo. Volevo dare il mio contributo per migliorare la situazione». Sotto la foto del messaggio affisso sulla vetrata è piovuta una pioggia di commenti. «Mi sono spaventata e ho fatto denuncia alla polizia. Ho perfino pagato una persona per garantire la sicurezza del mio locale perché c’è stato anche chi voleva spaccarmi la vetrina». Per fortuna non è successo nulla all’enoteca Prospero: nessun atto di vandalismo e nessun atteggiamento scortese da parte dei clienti all’ingresso. La valanga di recensioni “punitive” dei no vax è un problema anche per TripAdvisor, il sito di recensioni di hotel e ristoranti, tanto che gli amministratori hanno deciso di bloccare i commenti che non avevano niente a che fare con cibo e location. «Abbiamo fatto dei passi in avanti per prevenire il flusso delle “non-first hand reviews”, cioè quelle scritte da utenti che non hanno avuto un’esperienza diretta con la struttura che stanno recensendo, ricevute perché implementano le regole Covid» spiega Fabrizio Orlando, direttore delle Relazioni Istituzionali di TripAdvisor. Una misura che però riesce ad arginare solo in parte il fenomeno. Il problema della perdita di reputazione online per queste attività resta infatti centrale. «Non si sono verificati episodi spiacevoli nel chiedere la certificazione verde ai clienti, se non quelle logistiche relative al controllo. Il problema è stato sul web», si sfoga la proprietaria della caffetteria Signore & Signori di Treviso. I titolari e il personale dei locali in Piazza dei Signori, stanchi di essere penalizzati dalle manifestazioni contro il green pass che si sono svolte per più weekend proprio di fronte alle loro attività, hanno indetto una protesta alla fine di agosto chiedendo di poter tornare a lavorare regolarmente. Subito dopo i profili social dei locali si sono riempiti di commenti negativi, spesso veri e propri insulti o minacce. «Non vogliamo ledere la libertà di manifestare di nessuno - conclude la proprietaria della caffetteria - ma chiediamo che anche il nostro diritto di lavorare venga garantito».

Giuseppe Legato per lastampa.it il 6 settembre 2021. La procura di Torino ha emesso un decreto di sequestro della Chat Telegram «Basta dittatura» che nelle ultime settimane è diventata uno dei principali strumenti di comunicazione di alcuni gruppi No Vax e No Green Pass. Da autorevoli fonti di Palagiustizia si apprende che il provvedimento – firmato dal pm Valentina Sellaroli – è funzionale a fermare il mezzo attraverso il quale sarebbero stati commessi i reati ipotizzati dagli inquirenti: istigazione a delinquere ripetute violazione della privacy. Il testo è stato trasmesso a una mail istituzionale di Telegram che si chiama «Collaborazione volontaria» utilizzato dall’autorità giudiziaria per informare la struttura legale del social di quanto si richiede e si ritiene opportuno fare. Cioè chiuderla. Al momento nessuna risposta è stata recapitata in procura. Ergo, la chat è rimasta aperta e funzionante con i suoi 40 mila e passa iscritti. La sensazione è che i magistrati attenderanno ancora qualche giorno e valuteranno – in caso di mancato ulteriore riscontro – di avviare una rogatoria internazionale. La procedura – va detto – è spesso lunga e richiede un lasso di tempi forse incompatibile con l’attualità del pericolo. Non è un caso che la richiesta di oscuramento inviata dalla pm è classificata come provvedimento d’urgenza. Negli scorsi giorni alcuni iscritti alla chat hanno iniziato a raccogliere e pubblicare riferimenti del loro nemico principale: il governo. I numeri di telefono di Palazzo Chigi, dall'ufficio per la Comunicazione a quello del programma di governo, ma anche di noti virologi e di politici regionali e locali sono diventati pubblici (ma erano facilmente reperibili). Stesso scenario aveva già interessato alcuni giornalisti, rei di diffondere informazione di «regime» e altrettanto i medici di base «che accettano solo pazienti vaccinati». Tra i messaggi postati nella chat Telegram si potevano leggere fino a poche ore fa, testi di questo tenore: «Bombardiamo Palazzo Chigi». Oppure: «Scrivete tutti gli indirizzi delle case numeri di telefono che conoscete di tutti i ministri, tutti i capi di partito, dei cosiddetti virologi criminali, di tutti i presidenti di regione, di Figliuolo, dei giornalisti più criminali». Inviti espliciti alla violenza (“è necessario utilizzare il piombo”) erano stati scritti anche sul ministro Luigi Di Maio.

Pericolo no-vax: quattro picchiatelli diventano le nuove Br…Il Dubbio l'11 settembre 2021. I no vax, categoria nella quale vengono inseriti anche i critici del green pass, sono diventati il “nemico interno” da battere. C’era una volta, oltre mezzo secolo fa, il golpe Borghese, tentato nella notte dell’Immacolata, 8 dicembre 1970. Probabilmente fu un tentativo di colpo di Stato meno farsesco di quanto non sembrò allora, quando se non lo presero tutti a ridere poco ci mancò. È significativo ricordare che pur in presenza di un vero progetto di golpe, sia pur destinato comunque al fallimento, con tanto di Viminale già occupato e Guardia forestale in marcia nella notte, la reazione dell’Italia, governanti e governati, fu priva di qualsiasi isteria. Nessuno chiese, se non per dovere d’ufficio l’arresto dell’intera galassia neofascista che aveva partorito il piano e aveva fornito gli effettivi in armi. L’allarme fu contenuto. Commisurato alla realtà del pericolo. Senza esagerazioni e con poca propaganda. Figurarsi cosa succederebbe oggi e cosa sarebbe successo negli ultimi decenni, quando anche la più grottesca tra le minacce diventa un minaccioso attentato alla democrazia e il senso del ridicolo sembra essere perduto in pari misura tra gli eversori e tra i difensori dell’ordine repubblicano. Qualche esempio sparso: se paragonato al cosiddetto “golpe della Serenissima”, cioè alla manifestazione dei sostenitori dell’indipendentismo veneto dell’8 maggio 1997, il goffo conato del principe nero sembra il tutt’altro che goffo pronunciamento del generale cileno Augusto Pinochet. I serenissimi avevano un’autoblinda camuffata da carro armato, però senza le armi. Impugnavano un solo mitra, ma era un rugginoso residuato bellico ripescato in qualche cantina. Furono presi molto più sul serio di quanto non fosse accaduto alle Guardie Forestali di Borghese 27 anni prima. Negli stessi anni, e per una lunga fase seguente, i giornali hanno puntualmente registrato trame e arresti in una fantomatica galassia “anarco-insurrezionalista”, realtà dai contorni tanto vaghi e incerti da autorizzare dubbi, nonostante inchieste e i periodici arresti, sulla sua stessa effettiva esistenza. Ora siamo alla minaccia armata No Vax agli arresti di picchiatelli in libertà nelle cui abitazioni sono stati ritrovati non fucili ma coltelli, i quali tuttavia abbondano in parecchie abitazioni, e uova marce, materiale più raro ma meno potenzialmente nocivo. Il tutto condito da dichiarazioni, peraltro su un social pubblico, più da neuro che da Digos. Del resto non sono passati molti giorni da quando una mobilitazione poliziesca poderosa si era trovata a fronteggiare poche decine di No Vax sparsi per la penisola. Roba che al confronto i Serenissimi stessi, col loro carro armato da carnevale di Venezia, diventano un tangibile pericolo. In parte gioca la tendenza italiana, dilagata già da un pezzo, ad esagerare i presunti o potenziali pericoli per evitare che si concretizzino davvero ed è una strategia di ordine pubblico forse discutibile ma certamente efficace. Stavolta però c’è qualcosa in più, solo in parte limitata derivante dalla comunicazione scelta strategicamente dal governo. I No Vax, categoria nella quale sono stati fatti rientrare a forza anche coloro che nutrono dubbi nei confronti non del vaccino ma del Green Pass, sono diventati per molti commentatori una specie di “nemico interno”, la quinta colonna del virus, i responsabili della prosecuzione della pandemia, il pericolo che minaccia il bene comune, tanto più temibile perché irriconoscibile a occhio nudo. Questa temperie emotiva non lontana da una classica “caccia alle streghe” che dilaga nei commenti sempre più truculenti degli opinion makers, nell’ostracismo sdegnato che colpisce chi come Cacciari o Barbero critica il Green Pass ma anche nella psicosi che ingigantisce la minaccia No Vax trasformando alcuni casi limite in una reale minaccia persino armata, non ha nulla a che vedere con la difesa razionale della strategia altrettanto razionale che passa per l’uso del lasciapassare verde. È piuttosto il sintomo di una divaricazione identitaria che serpeggiava nel Paese ben prima del Covid ma che si è dispiegata pienamente solo con la pandemia, che permette di invocare verità assolute e scientifiche molto più di qualsiasi altro argomento. È un segnale pericoloso, una minaccia che la politica dovrebbe cercare di disinnescare subito invece di potenziarla, su entrambi i fronti, a fini di propaganda e caccia al consenso. Perché non è affatto detto che quegli umori e quelle pulsioni che chiedono di lacerare invece che di ricomporre si esauriscano con la pandemia.

Vaccini e obbligo green pass. Capezzone e la polemica sul green pass: la libertà è fregarsene della vita degli altri? Paolo Guzzanti su Il Riformista il 17 Settembre 2021. Faccio come suggeriva Socrate, e prendo me stesso come misura. Il racconto della mia vita di giornalista e politico è scaturito come sequenza e conseguenza di imprevedibili paradossi che sono verità che nessuno si sarebbe aspettato. Fu così che a mia insaputa, sicuro di essere un uomo di sinistra, mi sono ritrovato per forza di eventi, persone, bugie, coperture e scoperte, uomo di destra. Che non vuole dire niente. Quale destra? Non quella fascista autoritaria e antiborghese che negava libero mercato, spediva i figli dei contadini a scuola e alle colonie, ma mi sono ritrovato per forza di cose (scoprendo di esserlo già prima di averlo scoperto) nello stesso girone di una fetta di italiani che erano più o meno socialisti e avevano avuto un amore inconfessato e perverso con la rivoluzione russa e poi quella cubana, poi stritolati dalle evidenze della storia ma vedendo molti che resistevano davanti alle evidenze e restavano ciò che erano sempre stati, sordi e muti, e per questo autocertificandosi come coerenti. E oggi? Oggi arrivano importanti novità ma dal destino ancora oscuro: ecco s’avanza uno strano soldato, non viene dall’Oriente e non monta destrier: infatti non è la Guardia Rossa ma il vecchio che avanza: la politica come entità indipendente dalla realtà e dall’ideologia, ove mai ce ne fosse una. La politichetta politicante è un’artigianalità che ho osservato con orrore senza mai capirla sia da giornalista che nei tredici anni trascorsi in Parlamento. Consiste nel tramare disequilibri, capire chi sta con chi e a quale prezzo, esercitando pressioni, ricatti, pedaggi, per dichiarare la propria esistenza in vita. Questi comportamenti siamo abituati anche sui giornali a considerarli politica benché non abbiano a che vedere con il bene comune. In questi giorni vediamo questa politica politicante adagiarsi su un campo di comuni condivisioni di affermazioni idiote fra cui quella secondo cui il vaccino potrebbe far male e che comunque vada difesa la libertà di non volerlo ricevere, conservando il diritto di circolare, baciare, stiparsi in balere e ballare emettendo fluidi e intense nubi biologiche, senza che nessuno però gli rompa i coglioni o imponga il Green Pass. È stato così possibile radunare, organizzare e mantenere sottovuoto mentale spinto molte persone che non hanno la più pallida idea di che cosa sia il concetto e la parola libertà, radunarsi nelle piazze imbandierati e spiritati gridando proprio quella parola: libertà. Che, nel caso specifico significa: a me della tua libertà di vivere non importa nulla e guai a te se ti permetti di infilarmi aghi. Chi l’ha spiegato meglio è stato proprio Daniele Capezzone sulla Verità per darci la sveglia liberale e anche per assicurarci del fatto che lui legge in lingua inglese dal Wall Street Journal al Times allo Spectator. Il tema è attuale perché il caso del Regno Unito è davvero aperto e ha un gran peso anche perché l’Inghilterra è la madre di tutte le democrazie grazie alla sua rivoluzione del 1688. L’altra l’hanno fatta gli americani realizzando addirittura una Repubblica democratica, cosa che provocò enorme inquietudine. Fu per placare quell’inquietudine che i padri fondatori concepirono la moglie del loro Presidente come una regina: la First Lady non è una moglie: ha caratteristiche costituzionali autonome. Il messaggio che gli americani mandavano ai preoccupati europei era: anche noi abbiamo un re e una regina, ma rinnovabili ogni quattro anni. Boris Johnson, primo ministro inglese conservatore e liberale, ha deliziato i liberal conservatori di casa sua più di Daniele Capezzone a casa nostra, perché ha detto che gli abitanti del Regno Unito non sanno che farsene del Green Pass dal momento che stanno benissimo: il capitolo Covid è chiuso, la vita torna aperta. Quale può essere la considerazione di fronte a una tale dichiarazione? Boris Johnson ha ragione, perché in Inghilterra sono praticamente tutti vaccinati e il virus è di fatto sconfitto; oppure Boris Johnson è un pazzo furioso che nel nome della libertà e nel conservatorismo liberale ha deciso di fregarsene di quel che decidiamo noi in Europa quando chiediamo e ormai imponiamo il Green Pass come prova della vaccinazione subita come un tatuaggio da lager. Dunque, Johnson ha fatto bene a dire quel che ha detto perché gli inglesi hanno fatto quel che fecero i loro padri nel 1940 quando disciplinatamente reagirono ai bombardamenti della Luftwaffe sulla loro isola e Winston Churchill poteva ringhiare la sua famosa invettiva: «Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sulle teste di ponte, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline, noi non ci arrenderemo mai». Boris Johnson, pochi lo ricordano, è nato negli Stati Uniti d’America, tecnicamente è americano. Diventò tuttavia britannico da piccolo e il suo accento dimostra che ha studiato come Capezzone a Eton e Oxford. Ha anche scritto una famosa biografia di Winston Churchill che presentò a Georgetown, dove andai, in cui ricordava che tutte le parole della frase di Churchill, sono tutte anglosassoni tranne “surrender”, arrendersi, che viene dal francese perché non esiste nella lingua di Shakespeare. Stiamo per caso sostenendo in modo odioso che gli anglosassoni sono diversi da noi? La mia opinione per quel che vale è sì: sono diversi. Civicamente parlando di gran lunga migliori. Più conservatori e liberali di Capezzone, gli inglesi si sono fatti il loro AstraZeneca e se lo sono inoculato tutti senza batter ciglio. Noi, oltre a battere ciglio trattando i frutti della genialità altrui con schizzinosa alterigia, blateriamo di miscugli e pozioni anti-pidocchi per maiali in appositi convegni al Senato della Repubblica. Eppure, sopravviviamo grazie ai vaccini preparati nell’epoca di Donald Trump (che sperava di mettersi grazie ad essi al sicuro alle elezioni) e grazie al vaccino inglese. Quale sarebbe dunque il dilemma? Fare come Boris Johnson che rifiuta il Green Pass perché non ce n’è bisogno? Da notare che la maggior parte degli inglesi sono immunizzati e stanno per ricevere la terza dose insieme agli adolescenti, tutti in fila e sorridenti. Chi vuole, può andare ad Hyde Park, salire su uno sgabello e annunciare al mondo che il vaccino è una broda con cui la Spectre intende sterminare parte dell’umanità. Ma il Regno Unito, così come gli Stati Uniti, l’Australia la Nuova Zelanda il Canada, con i loro ininfluenti no-vax quasi tutti morti per Covid, fanno quello che va fatto in nome della democrazia, della libertà di vivere e della disciplina cui si sottomettono a un governo, il quale a sua volta sa di dover dipendere in futuro dal loro voto. Quella cosa lì, si chiama democrazia. Le speculazioni in Italia oggi dimostrano che ideologia è una parola che non ha mai avito robusti contenuti salvo quelli nell’imminente rivoluzione salvifica, ultima delle quali – in forma di pagliacciata – dei grillini pentastellati. Adesso assistiamo al raggrumarsi di uno gruppetto che va dai fascisti di Casa Pound e simili, a personaggi pittoreschi come Borghi e Bagnai che non hanno mai azzeccato una previsione, fino al Salvini dimezzato che cerca di trattenere per la giacca la Meloni mentre viene tirato in direzione opposta dal suo ministro Giorgetti, diventato draghista di prima classe con tre pennacchi e bastone da maresciallo nello zaino. E che è politica, questa? Questa è pura merdina italiana. Ma a questa merdina italiana cui dobbiamo il gioco della paralisi che ci ha anche regalato il fascismo è argomento di dibattito. Ci sembra che solo Berlusconi – in risalita – abbia avuto il fegato di rilanciare la politica come programma di idee, perché gli altri non sanno che pesci prendere: chi vuole acchiappare un profugo, chi un omofobo. Ma con una variante in più: il leaderismo di Draghi che sembra il generale Douglas McArthur, che marcia a tappe forzate – l’aria cattiva benché sorridente – sul cammino che ha tracciato. Questo elemento, la leadership al governo, fa impazzire i carovanieri della palude che non trovano più i loro mercati e gridano – con l’aiuto dell’ospite televisivo Cacciari e di vecchie giornaliste – alla libertà perduta. Questo ci sembra, in maniera rozza e ignorante, ci perdonerà il colto Capezzone, lo stato dell’arte.

Paolo Guzzanti. Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.

I talk-show. “Francesca Donato e No-Vax in tv? Ce li manda la Lega”, la versione del direttore di La7 Andrea Salerno. Antonio Lamorte su Il Riformista il 17 Settembre 2021. Non può essere mica sempre tutta colpa di giornalisti e della televisione e dei talk-show e degli editori venduti. “Giornalista terrorista”, cantano i No-Vax e No-Green Pass. “Che vergogna”, dicono i Pro-Vax indignati dai talk-show che propongono ospiti dalle tesi a dir poco bislacche se non deliranti. Dibattito aperto, sempre aperto. “Guardi che Francesca Donato è un problema della Lega, mica di La7 – ha detto a Il Foglio Andra Salerno, direttore dell’emittente – ce la mandano loro. Mica la scegliamo noi per danneggiare Salvini”. La7 è stata al centro delle polemiche nei giorni scorsi in particolare per le parole di Francesca Donato, europarlamentare del Carroccio, ospite a DiMartedì di Giovanni Floris. Donato ha sostenuto l’uso dell’ivermectina contro il covid-19, farmaco contestato dai trial e non approvata dall’Agenzia Europea del Farmaco e dalla Food and Drug Administration americana. “Ci sono evidenze date dai dati. I Paesi in cui si è usata l’ivermectina su grande scala hanno avuto un abbattimento dei ricoveri e dei contagi immediato, quelli che non l’hanno usata no! Tutto qui! Su questo stesso parametro si misura l’efficacia dei vaccini”. Di quali Paesi parlasse non ha chiarito, e infatti la teoria è stata smentita in diretta dall’epidemiologa Stefania Salmaso. Sempre a DiMartedì la settimana precedente il faccia a faccia tra Donato e il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri sui vaccini, con quest’ultimo basito dalle teorie dell’eurodeputata del Carroccio sulle reazioni avverse. “Una cosa del genere non merita risposte”. Anche questo giornale si era espresso contro lo spazio dato in trasmissione, e in particolare da Floris, ai complottisti. “Come si fa a discutere in un talk show con un interlocutore che non ha la minima prova del complotto (perché non esiste) ma sciorina una serie di circostanze magari confuse (perché il caos c’è stato, al pari degli errori e delle improvvisazioni) per sostenere le tesi ‘complottiste’?”, aveva scritto Giuliano Cazzola. La versione, dunque, del direttore di La7 a Il Foglio: è la Lega a mandare i suoi rappresentati. E perché? “Andrebbe chiesto a loro. Evidentemente preferiscono non presentarsi come una forza responsabile e di governo. Diciamo che razzolano bene e predicano male”. E infatti ieri il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il nuovo decreto che ha ulteriormente allargato il campo di utilizzo del Green Pass e infatti “la Lombardia di Attilio Fontana è la Regione che vaccina più di tutte, che Luca Zaia in Veneto ha fatto una campagna serissima, che i ministri della Lega hanno approvato il Green Pass”. E se nei talk-show c’è “bisogno della contrapposizione” è anche vero che in Italia “i vaccinati sono circa il 70 per cento della popolazione, e allora o la tv è ininfluente, o se al contrario è vero che la tv ha un effetto è positivo. Visti i dati”. Insomma “il talk-show fotografa quello che c’è. I politici campano attraverso i social, vivono sulla contrapposizione personale. Ed ecco che questa inevitabilmente si trasferisce anche in tv”. Come dire che insomma La7, e Floris, non possono mica far finta di nulla, lavarsi completamente le mani, ma neanche i partiti.

Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.

Ignorare chi ignora la realtà. Marco Zucchetti l'11 Settembre 2021 su Il Giornale. Nelle ultime settimane, proprio mentre si intravvede la fine del tunnel dell'emergenza sanitaria, la gestione filosofica e psicologica della pandemia è finita su un binario morto. Nelle ultime settimane, proprio mentre si intravvede la fine del tunnel dell'emergenza sanitaria, la gestione filosofica e psicologica della pandemia è finita su un binario morto. La campagna informativa sui vaccini, l'opera di convincimento dei refrattari e la scelta del green pass per salvaguardare la libertà (dei no vax, ma anche di chi vuole ricominciare a vivere senza rischiare la pelle) si fermano contro il muro di chi rifiuta di vedere la realtà e intende il dialogo un po' come Giuseppe Pontiggia: «Qualcosa che ricerchiamo tutti, a patto che non sia reciproco». Alcuni fatti recenti avrebbero dovuto vincere ogni tipo di resistenza intellettuale. Lo dicono non la scienza, che per ragioni ignote ha perso ogni autorevolezza, in una sorta di regressione collettiva all'età della superstizione, ma la logica, la statistica e il cuore.

Primo: la Danimarca ieri è stata il primo Paese ad eliminare tutte le misure di contenimento del virus. È tornata al gennaio 2020, e lo ha potuto fare perché è stata fra i primi a introdurre il pass. Primo-bis: in Italia l'Rt cala. Messaggio a chi cavilla di libero arbitrio e diritti violati: il pass funziona e ci restituisce la quotidianità perduta.

Secondo: ieri l'Aifa ha aggiornato i dati sulle reazioni al siero: 91.360 eventi avversi su 76,5 milioni di iniezioni, dei quali il 13,8% gravi. La calcolatrice - che non risulta invischiata né con Big Pharma né con il «giornale unico del virus» - è definitiva: lo 0,016%. Il resto, dal magnetismo alla sterilità al fatto che ci spunterà la coda, è fantascienza d'accatto.

Terzo: in Lombardia il 100% di ricoverati per Covid non è vaccinato. In questo contesto, la morte di Agnese, 39 anni e nessuna patologia conosciuta, no vax convinta, è la prova più crudele del fatto che il vaccino salva le vite. E che bisogna fare di tutto per immunizzare la più larga fetta possibile di popolazione, scettici compresi. Con un obbligo soft come quello che sottende al green pass, o con un obbligo tout court come extrema ratio. Lo dobbiamo ai due figli di Agnese, orfani per colpa di un fondamentalismo senza fondamento.

Ora, se neppure dopo tre argomenti così inconfutabili si fa breccia nella resistenza, significa che ormai non siamo più nel territorio civile della dialettica, ma in quello dogmatico dell'ideologia, habitat naturale di sofisti per principio e medaglie olimpiche in sollevamento di polemiche, ma anche di estremisti e violenti, che all'oggettività rispondono con le minacce e gli insulti. E di fronte a questo mutato scenario, mentre ci godiamo i ristoranti pieni, viene da chiedersi se la strada maestra del dialogo con i sordi non sia in realtà un frustrante vicolo cieco che prima o poi bisognerà abbandonare, iniziando dall'obbligo di pass agli statali. Tutto con grande serenità e senza astio, semplicemente ignorando chi ignora la ragione. Marco Zucchetti

Pierluigi Bersani, la sparata: "No vax, operazione orchestrata da fascisti". Che disastro: cosa scorda sul Duce. Pietro Senaldi su Libero Quotidiano il 16 settembre 2021. La prima novità della stagione televisiva è l'evoluzione di Pierluigi Bersani, ex segretario del Pd ammainato da tempo e riconvertito al ruolo di caratterista da salotto tv. Fino all'altro ieri era una figura consolatoria dell'elettorato nostalgico della ditta rossa. Compariva pacioso, diceva cose da collettivo studentesco rese digeribili dal suo simpatico linguaggio contadino, sparava quattro metafore da lettino dell'analista e, riesumando il campionario del Pci anni Ottanta, rendeva chiaro agli italiani perché sono sempre stati un popolo di centrodestra. Ora ha cominciato a raccontare balle come un grillino qualsiasi; non potendo battere i Cinquestelle, e neppure allearsi a loro, ha deciso di scimmiottarli nei peggiori vizi. Intervenuto baldanzoso a Di Martedì, forse dopo essersi fatto un paio delle sue amate birrette, il padre politico del ministro Speranza (basterebbe questo per bocciarlo come leader) ha coniato un'equazione da sballo: si legge No vax, si dice Sì dux, come a insinuare che chi non si siringa è un fascista. È vero che l'epiteto è talmente abusato e impiegato a sproposito da non significare più nulla, giacché oggi un "fascista" non si nega a nessuno; per meritarselo basta pestare per sbaglio il piede a un estraneo sul tram. Però lo slogan partorito dall'ex segretario no-governo offende la realtà, e quindi i cittadini, fascisti e non; e questo non solamente perché fu proprio la Buonanima di Predappio a introdurre in Italia l'obbligo di profilassi. La divisione degli italiani in democratici buoni e vaccinati e fascisti cattivi e non immunizzati è una creazione della sinistra. Incapaci di dialogo e neppure incuriositi dal tentativo di capire chi non la pensa come loro, i piddini di oggi e di ieri sanno usare solo la criminalizzazione dell'avversario come argomentazione anche su semplici fatti pratici. Con la fantasia azzerata dall'ideologia poi, conoscono solo il termine fascista per delegittimare il diverso, come se la sinistra fosse in grado di racchiudere e rappresentare tutto quel che non ha la divisa nera. Bersani va avanti così da anni, con un rassicurante fantasma nero che gli cammina al fianco e lui riesuma ogni volta che non sa cosa dire. Peccato. È stato, con le sue ottime liberalizzazioni di inizio secolo, forse il miglior ministro che la sinistra ci abbia mai regalato. Purtroppo dopo ha fatto altro. Quando aveva il pallino in mano, da segretario dem, ha avuto per due volte l'occasione di governare, nel 2011 quando Napolitano gli licenziò Berlusconi e nel 2013, quando pareggiò elezioni vinte, ma al momento di fare il passo avanti gli tremarono le gambe e da allora si è rifugiato in una litania fanciullesca su quel che avrebbe potuto e dovuto essere e invece mai sarà. Più parla e meno Pierluigi si accorge che la mucca nel corridoio sempre più stretto della sinistra è lui e chi continua a pensarla come lui, sospeso tra la caccia al fascista immaginario e la ricerca del se stesso svanito nel tempo. I No vax in orbace di Bersani sfilano per le strade al grido di "libertà" e denunciano oggi la dittatura del Green pass, che altro non è se non un modo per obbligare la gente a vaccinarsi, come ieri, in molti di più a dire il vero, protestavano contro la dittatura sanitaria di Conte e di Speranza. Non è un cortocircuito, ma la chiusura del cerchio. In un'Italia sempre più divisa su tutto, dove il passatempo quotidiano degli esponenti della stessa maggioranza è insultarsi senza requie, l'epiteto "fascista" è a disposizione di tutti e a tutti riferibile, non essendo nessuno disposto ad ascoltare l'altro.

Camilla Curcio per tag43.it il 16 settembre 2021. In questi giorni, Nicki Minaj ha fatto molto parlare di sé. E non di certo per la sua musica. La cantante ha infatti disertato il Met Gala di New York perché non intende vaccinarsi. «Vogliono che ti vaccini per il Met. Se mi vaccino, non sarà per il Met. Sarà quando avrò fatto abbastanza ricerche in proposito», ha sentenziato. Non paga, Nicki Minaj ha poi condiviso con i suoi follower una storia che ha dell’assurdo. «Mio cugino, a Trinidad, non si vaccinerà perché un suo amico lo ha fatto ed è diventato impotente», ha twittato. «I suoi testicoli si sono gonfiati. Si sarebbe dovuto sposare tra poco e, invece, la ragazza lo ha lasciato. Riflettete bene, fate scelte consapevoli e non lasciatevi bullizzare». Il tweet a oggi ha 24 mila condivisioni e quasi 137.500 mi piace.

Davide Falcioni per fanpage.it il 16 settembre 2021. Silvana De Mari, scrittrice e psicoterapeuta diventata  negli ultimi mesi uno dei punti di riferimento del mondo no vax, è stata sospesa dall'Ordine dei Medici di Torino: la donna si era fatta notare in quest'anno e mezzo di pandemia per posizioni cospirazioniste che, tuttavia, le sono costate caro: il suo nome infatti compare tra i 95 medici non vaccinati sospesi dall'Ordine; il presidente torinese Guido Giustetto ha ratificato loro lo "stop" all'esercizio della professione per l’inosservanza dell’obbligo vaccinale prevista dalla legge per il personale sanitario dopo aver ricevuto le comunicazioni dalle Asl di residenza dei vari dottori: 71 sono iscritti all’albo dei medici, 12 a quello degli odontoiatri e altri 12 a entrambi. "Non possono svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio Sars-Cov-2″, ha spiegato Giustetto. "Dal punto di vista disciplinare – ha quindi aggiunto – si potrebbe configurare la violazione di almeno sei diversi articoli del codice di deontologia medica. Per questo stiamo considerando di attivare per ciascuno gli approfondimenti necessari. Prenderemo una decisione la prossima settimana". Le sanzioni disciplinari previste dalla legge vanno dall’avvertimento alla censura, alla sospensione e fino alla radiazione. Silvana De Mari, 68 anni, è originaria della provincia di Caserta e si è specializzata in chirurgia generale e in psicologia cognitiva, praticando la professione di chirurgo in Italia e in Africa; attualmente si occupa di psicoterapia. De Mari è nota per le sue posizioni convintamente no vax e solo 24 ore fa sponsorizzava sui social network il convegno organizzato dalla Lega al Senato in cui sono state promosse presunte cure domiciliari anti-Covid, tra cui l’ivermectina e l’idrossiclorochina, farmaci già  bocciati dalla comunità scientifica internazionale nel contrasto del Covid-19. Tre anni fa la dottoressa è stata condannata a 1500 euro di multa per le frasi contro l’associazionismo LGBTQ+. In seguito arrivò anche a dire che gli omosessuali sono persone "da curare".

Camilla Curcio su Tag4.i il 16 settembre 2021.  il La fake di Nicki Minaj sui testicoli dell'amico del cugino e le smentite ufficiali. L’allarmismo generale innescato dalle dichiarazioni ha spinto il ministero della Salute di Trinidad a intervenire. «Fino a ora, non abbiamo avuto notizie di casi del genere né di controindicazioni simili. Né qui, né altrove nel mondo», ha dichiarato il ministro Terrence Deyalsingh durante una conferenza stampa tenutasi mercoledì. A smentire la storia di Minaj ci hanno pensato anche il professor Chris Whitty, consigliere capo medico del governo inglese, e Sajid Javid, segretario di stato per la Salute del Regno Unito che, come riportato da Bbc, ha precisato quanto «i personaggi pubblici e le celebrità dovrebbero essere molto prudenti con certe dichiarazioni e, soprattutto, evitare di diffondere fake news». Ma Minaj non è stata né la prima né l’ultima celebrità a schierarsi dalla parte dei no vax. Tra musicisti, attori e figli d’arte, il parterre è più variegato di quanto si possa pensare.

La triste parabola di Eric Clapton e la canzone contro i vaccini. Sul fronte antivaccinista, Eric Clapton sembra essere una delle voci più agguerrite. A maggio 2021 aveva palesato il suo scetticismo nei confronti dei vaccini, denunciando in una lettera a un suo amico italiano, l’architetto (e attivista anti-lockdown) Robin Monotti Graziadei, gli «effetti disastrosi» che l’inoculazione di Astrazeneca aveva avuto sulla sua salute. Ma non è tutto. Il musicista 76enne si era scagliato ferocemente anche contro il governo, accusandolo di fare «becera propaganda» per pubblicizzare la sicurezza dell’operazione e convincere le persone dell’efficacia del metodo. La sua indignazione non ha avuto requie ed è tornata alla carica a luglio 2021 quando, all’annuncio dell’entrata in vigore dell’obbligo del Green Pass per locali e concerti, ha dichiarato che non si sarebbe esibito in nessuna delle location che all’ingresso avrebbe richiesto ai clienti il certificato. «A seguito della comunicazione del primo ministro Boris Johnson, il mio onore mi obbliga a mettere in chiaro le cose», ha dichiarato, «Voglio dirvi che non suonerò mai per un pubblico discriminato», ha detto. «Se non sarà possibile per tutti assistere allo show, mi riservo la possibilità di cancellarlo». All’inevitabile polverone mediatico che ne è derivato, Clapton ha risposto con una canzone, This has gotta stop, accompagnata da un video con illustrazioni animate che sembrano riprodurre persone ipnotizzate dai mass media e gente che protesta contro un ‘burattinaio’. 

Letitia Wright, supereroina complottista. Letitia Wright che, in Black Panther interpreta Shuri, sorella di Pantera Nera, è stata al centro di una lunga polemica sui social per una serie di tweet negazionisti. A dicembre 2020 l’attrice aveva pubblicato su Twitter un video, originariamente diffuso da un noto sito complottista, relativo a una supposta teoria medica, successivamente etichettata come frode, che legava l’autismo alla vaccinazione. I fan non l’hanno presa bene e hanno condannato la sua irresponsabilità nel dare credito a fake news nel bel mezzo di una pandemia. Tra l’altro il filmato da lei postato era palesemente transfobico. La star Marvel non ha fatto alcun passo indietro anzi ha rincarato la dose con un tweet polemico in cui lamentava l’assenza di libertà d’opinione. Com’è finita? Ha cancellato ogni tweet e risposta dal profilo.

Kirstie Alley e i dubbi sull’efficacia del vaccino anti-Covid. Kristie Alley, la celebre Mollie Jensen di Senti chi parla, dal 2015 si è dichiarata contraria all’obbligo vaccinale. Ad agosto 2021, sui social, ha difeso a spada tratta quanti, in preda ai dubbi, avevano scelto di non sottoporsi al vaccino anti-Covid: «Credo che un vaccino sicuro debba garantire, almeno al 98 per cento, che i suoi componenti siano capaci di schermare dalla malattia», ha scritto su Twitter. «Quello contro il Covid-19 non assicura nulla di tutto questo. Fatelo, se volete, ma non etichettate chi si rifiuta di farlo come un untore. Anche voi potreste esserlo». 

Chet Hanks, quando l’esperienza diretta non basta. Nonostante i suoi genitori si siano entrambi ammalati di Covid durante la prima ondata, Chet Hanks, il figlio di Tom Hanks e Rita Wilson, ha affidato a un video su Instagram uno sproloquio in cui, fingendo di sostenere quanti avessero deciso di vaccinarsi, finiva per soprannominarli ‘psicopatici’. «Lo dico, ragazzi: così come avete il diritto di prendervela con me perché non farò il vaccino, anche io ho il diritto di non iniettarmi quella robaccia», ha tuonato. «Non mentirò, ci avevo pensato ma il mio sistema immunitario è in perfetta forma, non ha alcun bisogno di essere manipolato. Se qualcosa non si rompe, non serve sistemarlo. Non ho mai avuto il Covid, perché dovrei farmi mettere un ago nella pelle?». Dopo qualche giorno, il filmato è scomparso dal suo feed. 

Heather Parisi, la battaglia contro Big Pharma. Tra i No Vax anche la showgirl Heather Parisi che da Hong Kong, dove vive con la famiglia, ha definito i vaccini un esperimento voluto dalle case farmaceutiche per arricchirsi. «Io e la mia famiglia non faremo nulla perché è fuor di dubbio che si tratta di un farmaco sperimentale, di cui non si è avuto modo di vedere gli effetti nel breve, medio e lungo periodo». Da allora non ha mai smesso di stare sulle barricate.

Povia, i bambini fanno oh ma non si vaccinano. Habitué delle polemiche social, il cantante Giuseppe Povia non si è risparmiato dall’esprimere la sua opinione anche sul vaccino anti Covid. «Dirmi no vax è sbagliato perché l’ultimo vaccino che ho fatto è quello contro la meningite», ha ribadito. «Al momento, questo lo eviterò perché non immunizza, puoi contagiare ed essere contagiato e, se prendi il virus, non è vero che non puoi riscontrare effetti gravi». Anche il Green Pass gli ha fatto storcere il naso, al punto da spingerlo a paragonarlo alla Shoah, scatenando la rabbia della senatrice Liliana Segre: «Gli ebrei avevano un pigiama e un numero, noi un pass. Ecco perché ho lanciato l’idea di fare concerti privati, come nei regimi», ha detto. 

Eleonora Brigliadori, regina delle dietrologie. Non poteva mancare in questo elenco Eleonora Brigliadori che, sul web, ha invitato più volte le persone a non credere che vaccino o mascherina possano restituire la libertà perduta. Secondo lei, l’emergenza sanitaria non è altro che un grosso complotto orchestrato dagli Stati Uniti e il vaccino «un’arma satanica letale per il cuore e il cervello, in grado di alterare e distruggere il genoma». In un breve filmato postato ad agosto su Twitter, si è detta addirittura pronta a morire pur di non cedere. 

Enrico Montesano, bandiera delle piazze no vax, no mask e no pass. Enrico Montesano è ormai una presenza fissa alle manifestazioni organizzate da no vax, no mask e no pass. Negli ultimi mesi, si è fatto cassa di risonanza di notizie puntualmente smentite perché fasulle. Come quella che parlava dei presunti quattro vaccini somministrati al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. «L’era Covid non finirà presto perché di mezzo c’è il profitto», ha sottolineato in un’intervista a Panorama, «Questo vaccino è sperimentale e io mi rifiuto di fare la cavia».

Gli errori che creano le fazioni. Claudio Brachino il 2 Settembre 2021 su Il Giornale. Io vax, tu no vax. Alla fine anche su un tema cruciale per la vita, delle persone e della società, siamo finiti al solito come i Guelfi e i Ghibellini. Io vax, tu no vax. Alla fine anche su un tema cruciale per la vita, delle persone e della società, siamo finiti al solito come i Guelfi e i Ghibellini. Divisi, in lotta, culturale e materiale, una pericolosa guerra civile del vaccino la cui posta in gioco è il futuro. Ma chi sono i no vax? Se togliamo le frange estreme, chi soffia sul fuoco, i rancorosi e i pazzi, dietro alle proteste e alle minacce, c'è un sottostrato sociale che va indagato. Ci sono milioni di italiani che non ne vogliono sapere di vaccinarsi. Sono una minoranza rispetto al 70% di over 12 che l'ha fatto, ma ci sono. Riprendiamo le immagini retoriche dell'arrivo della prima dose, la luce in fondo al tunnel e mettiamole accanto a quelle di questo fine agosto. Sono passati appena otto mesi. Cosa non ha funzionato nella narrazione? La scienza in primis, che non ha saputo trasmettere all'opinione pubblica la potenza delle proprie scoperte. Il tempo breve anziché un successo è diventato un fattore di diffidenza, troppi annunci contraddittori e una frettolosa spiegazione sui cosiddetti effetti collaterali. La statistica non basta a tranquillizzare. Poi anche in campo medico abbondano gli eretici. Il mio barista mostra il cellulare aperto su un canale con specialisti che raccontano di danni pazzeschi. Serve i clienti e fa propaganda contro. Secondo tema, la comunicazione. In questi giorni dito puntato contro i cattivi maestri. Ce ne sono certo in tv, sui giornali, in libreria dominano i saggi negazionisti. Ma il vero problema è la non mediazione del web, la sua forza disinformativa globale. Non solo fake, ma news profilate con gli algoritmi sulle angosce di ognuno. Basta rivedere il documentario The social dilemma o avere in casa un adolescente non conformista. Vai nel suo mondo e trovi l'orrore. Più clicchi e più vieni profilato. I dubbi diventano in fretta convinzioni ferree e poi rabbia. Ultima, ma non ultima, la politica. Non si può giocare sul consenso. Le posizioni devono essere chiare e responsabili. Né serve estendere il green pass come moral suasion. Alla fine, molto presto, sarà obbligata la politica a discutere sull'obbligo vaccinale, con buona pace dei teorici della libertà rimasti in silenzio con i lockdown e i coprifuoco. Claudio Brachino

Tiziana Paolocci per "il Giornale" il 29 settembre 2021. Lo schiaffo ai No Vax e ai No Green Pass sembrava forte, invece è stato solletico. Ieri Telegram ha oscurato il canale «Basta Dittatura» 40mila iscritti e la chat utilizzata dall'esercito anti-vaccino, 7mila, per darsi appuntamento per le manifestazioni, ma poche ore dopo sulla stessa piattaforma è apparso il nuovo profilo «Basta Dittatura-Proteste», che conta già 6500 membri e, stigmatizzando il comportamento degli amministratori dell'arcinota piattaforma ideata da Pavel Durov, invita tutti a migrare altrove. «Bisogna andare su una piattaforma alternativa e basta - si legge in uno dei primi messaggi -. Quello che ha fatto Telegram è stata una spaccatura totale non recuperabile». Migrare, appunto. Ma è certo che la chiusura non sia solo un escamotage per tenersi tutti gli iscritti cambiando semplicemente nome al canale? Su questo indagano gli investigatori della Polizia Postale, che stanno passando al setaccio la Rete e nelle ultime ore hanno intensificato le indagini per arrivare ai nomi dei personaggi in prima linea nei fortini virtuali No Vax, quelli che incitano a forme di violenza e ribellione nei confronti dei rappresentanti dello Stato. Eppure tra lunedì notte e martedì chi ha tentato di accedere a «Basta Dittatura» e «Basta Dittatura Chat» si è trovato davanti la scritta «Questo canale non può essere visualizzato perché ha violato i Termini di Servizio». Entrambe erano nate come luogo virtuale di confronto tra No Vax e No Green Pass che lanciavano da qui il tam tam per le manifestazioni. Poi, però, i canali sono stati presi d'assalto da una schiera di esaltati e la Procura di Torino, nelle scorse settimane con un decreto, era stata costretta a chiedere la «collaborazione volontaria» gli amministratori di Telegram, società che ha sede a Dubai, dopo che erano stati pubblicati indirizzi e numeri di telefono di figure istituzionali, medici e redazioni di quotidiani. A finire nel mirino dei più violenti esponenti di Palazzo Chigi, il governatore del Piemonte, Alberto Cirio e noti virologi. Minacce anche ai ministri degli Esteri e della Salute, Luigi Di Maio e Roberto Speranza. I reati ipotizzati dai magistrati torinesi erano istigazione a delinquere e violazione della privacy. «Dobbiamo andare a prenderli a casa», «Facciamoli cagare addosso», «Impaliamola viva». «Alla gogna in piazza» scrivevano in chat, dove era stato messi anche i contatti dell'infettivologo Matteo Bassetti, del presidente dell'Aifa Giorgio Palù e del virologo Fabrizio Pregliasco, tempestati di telefonare. Tra le vittime anche la pm che si sta occupando del caso, Valentina Sellaroli: sul canale i No Green Pass avevano pubblicato la sua mail invitando tutti a tempestare la sua casella di posta elettronica del tribunale di massaggi. Ora è arrivato l'oscuramento. Ma gli investigatori sospettano che il gruppo cambi solo il nome, rimanendo su Telegram e, per evitarlo, stanno passando ai raggi X la Rete e la piattaforma. «Mi auguro che chi ha commesso su queste piattaforme reati molto gravi venga perseguito molto rapidamente», commenta Bassetti. «Questo gruppo incita alla violenza contro i medici che si occupano di vaccinazioni - si legge in un messaggio di Durov -. Tutto questo è contrario alla politica di Telegram. Abbiamo avvertito gli amministratori di questi canali prima di fermare la violazione, ma non hanno agito. Inoltre, è intervenuta la procura di Torino. Su qualsiasi altra app mobile tali canali sarebbero stati rimossi, senza preavviso. Telegram consente agli utenti di esprimere ragionevoli dubbi e preoccupazioni in merito alla vaccinazione obbligatoria. Ciò che non permetteremo mai, tuttavia, sono gli appelli pubblici alla violenza, che sono stati limitati su Telegram dal 2015».

In Onda, Alessandro Sallusti e i "no vax criminali": "C'è chi non si vaccina per paura e poi ci sono i terrappiattisti". Libero Quotidiano il 31 agosto 2021. Il titolo di prima pagina di Libero di martedì, "Criminali no vax", ha scatenato un pandemonio nella galassia (fuori controllo) di chi rifiuta di vaccinarsi contro il Coronavirus o di esibire il Green pass. Una protesta "sempre legittima", spiega il direttore Alessandro Sallusti ospite di In Onda su La7, tranne quando questa diventa violenza cieca. Quello che purtroppo sta accadendo in questi giorni. Dagli insulti sui social (Libero e i suoi giornalisti se ne sono presi a tonnellate) si passa alle minacce ai politici (nel mirino delle chat di Telegram ci sono anche Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Giorgia Meloni) per finire poi con le botte, vere. L'infettivologo Matteo Bassetti, colpevole di essere pro-vaccino come praticamente tutto il mondo della scienza, è finito sotto scorta. Una giornalista di Rainews e uno di Repubblica sono stati malmenati in piazza per la sola "colpa" di fare delle domande ai manifestanti. E l'allerta è talmente alta (tra poche ore proveranno a bloccare la circolazione dei treni) dar far parlare al Viminale di "rischio eversivo". Proprio a questo faceva riferimento Libero, e Sallusti lo ribadisce in collegamento con David Parenzo e Concita De Gregorio. "La maggior parte dei non vaccinati penso che lo facciano non per questioni dogmatiche, ma per incoscienza, paura, furberia. Lì devi lavorare per convincerli, o magari costringerli. Se non hai il Green pass non puoi accedere a una serie di servizi e forse ti conviene averlo". "Poi - prosegue Sallusti - c'è uno zoccolo duro che non riuscirai mai a convincerlo, neanche con la prova definitiva che i vaccini non fanno male. È come far cambiare idea a un terrapiattista. Dobbiamo tenere divise queste due fazioni ed evitare che la seconda prenda il comando delle operazioni di protesta. Siamo in democrazia, ma la protesta non è spaccare la testa a un giornalista o fare le liste di proscrizione".

Alessandro Sallusti contro i no-vax che minacciano di spaccarci la testa: "Vaccinarsi non è di sinistra. E voi siete criminali". Alessandro Sallusti su Libero Quotidiano l'1 settembre 2021. Siamo nella lista nera dei cattivi perché abbiamo chiamato i criminali con il loro nome, che non è No vax ma per l'appunto "criminali". Lo ripetiamo, a scanso di equivoci: uno è libero di non vaccinarsi, a nostro avviso sbaglia di grosso, ci mancherebbe altro, ma non di sfasciare la testa a giornalisti e virologi né di minacciare di morte i politici e chiunque si dica a favore della vaccinazione e del Green pass. I movimenti e i personaggi estremisti e violenti che si stanno infiltrando nel dibattito tra i pro e i contro la vaccinazione sono un pericolo come a suo tempo lo furono tutti i terrorismi. E dirlo chiaro e forte non vuol dire essere di sinistra come gli stupidi di turno hanno sostenuto ieri. Di più, vaccinarsi non è di sinistra, è semplice buon senso. Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, i tre leader del Centrodestra, così come milioni di loro elettori, sono vaccinati e muniti di Green pass e lo stesso vale per la stragrande maggioranza di politici di destra e sinistra, anche per quelli che in queste ore strizzano l'occhio ai no vax e insistono con il liberticidio che sarebbe in atto per via del certificato vaccinale che è un obbligo esibire in determinate circostanze. Affari loro, ognuno fa il suo mestiere come meglio crede, basta non prenderci in giro. Una volta si diceva che la destra è sì libertà ma anche "ordine e disciplina" e soprattutto onore, requisiti che non vedo in quei gruppuscoli che hanno aperto una vigliacca caccia all'uomo contro chi la pensa diversamente da loro (ammesso che un pensiero ce l'abbiano). Non cadiamo nel tranello di pensare che tutti i No vax siano teppisti, ma sta di fatto che questi teppisti sono tutti No vax o almeno sostengono di esserlo e noto una certa ritrosia - quasi un consenso - dei renitenti al vaccino a prendere le distanze e a dire forte: non in mio nome. Saremo sempre in prima linea a difendere la libertà di pensiero di chiunque, ma anche sempre in prima linea a denunciare qualsiasi tipo di violenza e intimidazione. Noi siamo convintamente liberali e per questo altrettanto favorevoli alla campagna vaccinale e a tutto ciò che serve e servirà per non perdere di nuovo tutte le libertà come è accaduto nel recente passato. Il resto è soltanto demagogia da social.

Alessandro Sallusti per “Libero quotidiano” il 2 settembre 2021. Ma quanto dà fastidio la verità? E la verità ieri ci ha detto due cose. La prima: i No vax organizzati in setta non sono un movimento di popolo, e neppure rappresentano gli italiani che ancora hanno dubbi a vaccinarsi. La loro annunciata protesta con blocco delle stazioni ferroviarie si è rivelata un clamoroso flop: quattro squinternati, a Napoli erano letteralmente in due, a urlare frasi sconnesse. Lo scostamento tra il Paese reale, strafavorevole ai vaccini, e quello immaginario, spacciato sul web come insofferente e coccolato da non pochi politici e opinionisti è lampante. Gli italiani hanno capito che il vaccino funziona e non è pericoloso, comunque nessuna persona non invasata è disposta a trasformare la questione in una lotta di classe. La seconda cosa che ci ha detto la giornata di ieri è che il Green pass non è un attentato alla libertà né un problema gestirlo. Il primo giorno di obbligatorietà su treni, aerei e nelle scuole - che apriranno regolarmente - non ha creato nessun problema significativo (qualche provocatore non poteva mancare), la gente si sta abituando a esibirlo come si fa all'occorrenza con la carta d'identità o la patente di guida. Non uno degli interessati si è lamentato per una presunta perdita di libertà o di tempo. Tutto a posto, quindi? Non penso. Credo che i No vax e i No pass organizzati e internet guidati torneranno a farsi vivi - probabilmente a sorpresa- non appena le acque si calmeranno. Ma da oggi sappiamo che non rappresentano nessuno, saranno alla stregua dei No Tav e No global, gruppetti di piromani della società e del buon senso. Resta da chiedersi chi pagherà il conto dell'enorme mobilitazione delle forze dell'ordine messe in campo ieri per fronteggiare un nemico che neppure si è presentato. E forse qui c'è la chiave di lettura della strategia di questi signori: non colpire uniti, ma gettare il Paese nella paura stando nascosti e al riparo nelle fogne del web, che quattro fessi abboccano sempre. C'è solo da sperare che uno di questi non si senta investito di chissà quale missione e gli venga in mente di passare dalle parole ai fatti.

Gi. Ros. per “il Fatto quotidiano” il 2 settembre 2021. Dobbiamo confessarlo: amiamo molto gli scazzi nella stampa di destra. L'ultimo, una sorta di resa dei conti, è andato in scena tra Libero e La Verità sullo scivolosissimo terreno di No-Vax e No -Green pass. Già, perché se il primo ha preso una forte posizione Pro Vax e a favore del lasciapassare verde, il secondo avanza mille dubbi che vanno a solleticare la pancia dei complottisti. Così, due giorni fa, Sallusti l'ha messo nero su bianco in un editoriale dal titolo eloquente ("I mandanti sono i cattivi maestri"): "Queste violenze hanno mandanti precisi che lavorano al sicuro nelle redazioni di alcuni giornali a caccia di un pugno di copie in più (...). Chi offre il minimo alibi ai picchiatori no-vax non può fare parte della comunità civile", con riferimento ai "compagni che sbagliano" degli anni di piombo. "Fanno i talebani del vaccino per coprire bugie ed errori", gli ha risposto ieri, piccatissimo, Belpietro: "Noi siamo giornalisti che si fanno domande, perché non siamo il megafono di nessuno, neanche del vostro conformismo che v' impedisce di vedere quel che avete sotto gli occhi". Il Giornale di Minzolini fa un po' il pesce in barile (ma sta più con Sallusti). 

La destra realista è per sieri e pass. Ma per carità senza ideologia. Stenio Solinas il 4 Settembre 2021 su Il Giornale. Ma davvero la Destra non ama il vaccino? Me lo ha chiesto un amico che mi considera un esperto in materia, in materia di destra, non di vaccini, va da sé, e per non togliergli un'illusione vorrei qui cercare di dargli una risposta. Ma davvero la Destra non ama il vaccino? Me lo ha chiesto un amico che mi considera un esperto in materia, in materia di destra, non di vaccini, va da sé, e per non togliergli un'illusione vorrei qui cercare di dargli una risposta meno superficiale della domanda. Come già mise in evidenza Giuseppe Prezzolini più di settant'anni fa, non esiste infatti, in Italia e non solo, una destra, ma ne esistono tante, spesso e volentieri in competizione se non in contrasto fra loro: reazionaria, conservatrice, monarchica, repubblicana, tradizionalista, liberale, liberista, populista, tecnocratica, statalista, aristocratica, anarchica, fascista persino, per chi si ostina a confondere i termini. A seconda di come si declinino si avranno perciò posizioni diverse riguardo al rapporto con le istituzioni, alla difesa delle proprie libertà, al sistema sociale, a quello economico. Se volessimo comunque trovare al loro interno un filo conduttore, il realismo sarebbe quello che più le accomuna, la realtà com'è e non come dovrebbe o potrebbe essere, la storia e non l'utopia. In quest'ottica, mi sembra difficile che un uomo di destra, per quanto genericamente inteso, sia, per tornare a noi e ai nostri giorni, contro il vaccino: funziona, il resto sono tamponi nel migliore dei casi, retorica e demagogia nei peggiori. Il passaggio successivo è più complicato perché non riguarda l'utilizzo del vaccino in sé, ma ciò che gli gira intorno e che ha a che fare con la vita di una comunità. Qui la Destra genericamente intesa si confonde, visto che al suo interno convivono, per fare solo due esempi, quelli che dello Stato farebbero volentieri a meno e quelli che ritengono che solo uno Stato degno di questo nome possa far funzionare una nazione. Anche qui il fil rouge non è semplice, ma lo si potrebbe cogliere nel concetto di privato, ovvero la difesa di una sfera intima e individuale che è anche un diritto, il fastidio verso chi da fuori vorrebbe importi delle regole di comportamento. Proprio perché non confonde il pubblico con il privato, il nostro generico uomo di destra, vuole, in parole povere, essere signore in casa propria. Questo spiega perché a destra si possa essere a favore dei vaccini e allo stesso tempo contrari a ogni misura che suoni come una imposizione e/o una vessazione. Torniamo per un momento al realismo. In quanto di destra, il realista sa che la scienza non è una fede, ma un'empiria. Fatica, e giustamente, a usare per il medico il termine ambiguamente onnipotente di scienziato, non partecipa al progressismo gioioso e a volte ebete con cui si esalta qualsiasi novità in campo medico-farmacologico. Proprio perché è realista è altresì sconcertato dalla scarsa chiarezza con cui la politica nonché la scienza affrontano il problema, ovvero la pandemia. Appena ieri il suo presidente del Consiglio gli ha fatto sapere che si andrà verso la vaccinazione obbligatoria quando gli enti preposti avranno definitivamente certificato la, come dire, «sanità del vaccino». In sostanza, per mesi si è dibattuto su un qualcosa che di fatto non stava in piedi né costituzionalmente né scientificamente. È tutto questo a rendere il nostro generico uomo di destra diffidente. Il realismo si porta dietro una certa dose di cinismo, ovvero di sano scetticismo. Non c'è spazio per le «anime belle», non ci si illude sui «domani che cantano», si sorride quando si sente dire che «la povertà è stata abolita» Applicato alla politica, e nel nostro caso alla politica corrente come alla politica politicante, questo realismo ha il rigetto per le battaglie di principio, di solito specchietti per le allodole ideologici nel loro evitare di illuminare la «realtà effettuale delle cose» per dirla con Machiavelli. Per dirla in altro modo, non è un'eventuale dittatura sanitaria in sé a preoccuparlo, ma il suo più che possibile fallimento rispetto al problema che dovrebbe risolvere. Ricapitolando. Sì ai vaccini, evitando però le troppe chiacchiere e gli ancor più troppi distintivi. Sì a sistemi di controllo (green pass e simili) purché riguardino la comunità nel suo insieme e purché si accompagnino a una capacità dello Stato di renderli veramente efficaci (sanificazione dei mezzi pubblici e loro aumento, rafforzamento delle strutture sanitarie, eccetera) e purché il tutto venga considerato un mezzo e non un fine. Il nostro uomo di destra è un realista, ma non è uno stupido. Stenio Solinas

Marco Travaglio per “il Fatto Quotidiano” il 4 settembre 2021. Rientrato dalle vacanze con la solita arietta da Maria Antonietta, Mario Draghi ha comunicato alla Nazione che "si va verso l'obbligo vaccinale". Cosa l'abbia indotto a un annuncio così dirompente e a una scelta unica al mondo, mai discussa in Parlamento, in Cdm e nel Paese, anzi sempre esclusa da tutti (a parte qualche isolato esaltato), non è dato sapere. Se all'inizio della campagna vaccinale, quando non si sapeva quanti italiani avrebbero aderito, poteva avere un senso ipotizzarla, ora che il generalissimo Figliuolo e i suoi trombettieri giurano che è stata un trionfo e "siamo all'ultimo miglio", che senso ha una forzatura che - ripetiamo - nessun governo europeo (e non solo) s' è sognato di varare per il Covid? Mistero. Persino il ministro Speranza, che passa per un ultrà rigorista, ha sempre escluso l'obbligo generalizzato. E non solo perché i vaccini restano un trattamento sanitario personalizzato sul singolo paziente. Ma anche perché uno Stato liberale non impone un Tso a milioni di renitenti. E poi che si fa con una massa così numerosa di contrario perplessi: si manda i carabinieri armati di siringa a domicilio? E con quale sanzione per chi non li fa entrare: la galera? I vaccini vanno fatti caso per caso, non casa per casa. Forse Draghi - competente in materia finanziaria, ma incompetente e maldestro in materia sanitaria (e non solo) - non si accorge che annunciando l'obbligo vaccinale smentisce i trionfalismi sulla campagna vaccinale: se davvero siamo i migliori d'Europa, come ripetono il suo governo e i suoi corifei, che motivo c'è di imboccare una scorciatoia esclusa da tutti i suoi colleghi (a cominciare dalla Merkel, che ha molti più No Vax di noi)? Il premier non coglie neppure l'effetto boomerang: anziché spaventare i No Vax trasformandoli in Sì Vax, li rafforzerà sulle loro posizioni. Perché l'obbligo vaccinale, così come l'abuso che si sta facendo del Green Pass, parte da una frottola che tutti i dati ogni giorno s'incaricano di smentire: quella spacciata nella penultima conferenza stampa, quando Draghi disse che il Green Pass garantisce zone protette dal Covid. Ma tutti sanno che non è vero: il vaccino va fatto perché riduce al minimo il rischio di morte e di casi gravi e diminuisce le possibilità di contagio, ma non elimina nessuno dei tre pericoli. Il mondo è pieno di vaccinati contagiati e contagiosi con tanto di Green Pass, paradossalmente più pericolosi di chi è senza vaccino né Green Pass: chi li avvicina si sente sicuro e abbassa le difese. Pensare di legittimare il vaccino e il Green Pass con la forza è una pia illusione: in realtà li si delegittima e li si svaluta. Se chi li ha è così immune, perché mai dovrebbe avere paura di chi non li ha?

Ciro Pellegrino per “fanpage.it” il 4 settembre 2021. È un Vincenzo De Luca come al solito sarcastico al limite del greve quello che come ogni venerdì durante la sua diretta Facebook settimanale prende di mira qualcuno. Stavolta tocca al popolo no-vax e no-pass che da qualche giorno manifesta (in numero molto molto limitato) anche a Napoli «Ci sono scempiaggini che purtroppo dobbiamo ascoltare», dice. E poi l'attacco ai no-pass e no-vax diventa una sequenza di battute: «La manifestazione? Erano in due…ma manco erano manifestanti… a Napoli erano due panzoni di sessant'anni in piazza a protestare, forse erano due che avevano mangiato una pizza fritta ed erano lì per digerire…». De Luca parla anche di persone scettiche in maniera giustificata, almeno all'inizio della campagna vaccinale, dubbi che il presidente della Regione imputa alla comunicazione istituzionale nazionale: «Tra chi non si vaccina ci sono persone che hanno preoccupazioni legittime, frutto della comunicazione sgangherata che arriva da Roma, ministero della Salute e commissariato Covid. Di fronte a queste preoccupazioni abbiamo il massimo rispetto e abbiamo fatto lavoro di persuasione, anche io ho avuto preoccupazione. Ma – dice – oggi parliamo di 70-80 milioni di vaccinazioni in tutta Italia e non è successo niente a nessuno. Se una preoccupazione poteva esserci qualche mese, su vaccini a trasmissione virale oggi quella motivazione non ha motivo di essere. In Campania facciamo solo vaccino Pfizer e Moderna, per i quali abbiamo tutte le certificazioni definitive e dunque nessun problema». Poi conclude parlando del quadro sanitario regionale. La Campania è al momento in zona bianca col 4 percento di occupazione delle terapie intensive Covid: «Il dato complessivo è di una buona tenuta. Non registriamo ingolfamenti nelle strutture ospedaliere, non registriamo situazioni pesanti nelle terapie intensive. Come in tutta Italia, anche da noi in Campania, si registra un aumento di decessi per covid – conclude -. Ma nel complesso la situazione è di buona tenuta. Dunque, fiducia e tranquillità per il futuro. Fiducia tanto più grande quanto più ci impegneremo in questi due mesi in uno sforzo conclusivo nella campagna di vaccinazione».  

Da liberoquotidiano.it il 5 settembre 2021. "Iniettiamo vaccini ai nostri figli e ai nostri nipoti, nessuno ha detto io voglio essere libero, tranne qualche squinternato", premette Vincenzo De Luca. "Abbiamo avuto un ministro 5 Stelle che veniva dal mondo no vax. Noi abbiamo deciso l'obbligatorietà per i bambini piccoli e poi troviamo vecchi caproni di 60 anni che dicono che vogliono essere liberi. Ha fatto bene Draghi a dire che si va verso l'obbligatorietà del vaccino anti Covid", ha concluso il governatore della Campania nel corso della sua consueta diretta-show su Facebook.  

Da "liberoquotidiano.it" il 5 settembre 2021. . Mamma come sbrocca, Vittorio Sgarbi. Il tutto nella puntata di Stasera Italia, il talk-show di approfondimento politico in onda su Rete 4 e condotto da Veronica Gentili, di sabato 4 settembre. Il critico d'arte parla di Green Pass, tema per il quale si scaglia prima contro il premier, Mario Draghi, e poi contro Piero Sansonetti. In puntata si parla di quanto anticipato da Draghi, ossia l'estensione del Green Pass e il percorso verso l'obbligo vaccinale, misure appoggiate anche da Renato Brunetta. E Sgarbi parte in quarta: "Draghi, Brunetta e Forza Italia devono smettere di dire cose che sono contro la Costituzione. Ma non solo Italiana ma Europea. Perché non è colpa di nessuno se, a parte il Turkmenistan, Belgio, Svezia, Germania, Inghilterra, Paesi Bassi hanno dichiarato incostituzionale il green pass. Adesso anche in Galizia o sono tutti pazzi, sono costituzioni di pazzi ma noi abbiamo dei grandi europeisti: Draghi, Brunetta... e in nome di quell’Europa mettano una norma europea”. Dunque il critico si infiamma: "Voglio essere europeo non voglio essere l’italiano discriminato voglio che in tutta Europa ci sia la stessa regola. Perché posso andare in un sito archeologico in Spagna e non a Paestum. A chi devono prendere per il cu***?", rimarca. E ancora, il monito di Sgarbi: "Occorre garantire a ognuno quello che l’Europa garantisce ai cittadini dichiarando incostituzionale qualcosa che lo è oggettivamente. Allora siamo prudenti ma non possiamo fare che quando usciamo dall’Italia vedere che in Svizzera e in Spagna è proibito (il Green pass, ndr)". E a questo punto, ecco che Sansonetti, direttore de Il Riformista, lo interrompe. Apriti cielo. "Ma dov’è che è proibito il green pass scusa? Non è proibito da nessuna parte". Pronta la replica: "In Galizia e in Spagna, ignorante, è proibito. Vai a leggere, è incostituzionale". E Sansonetti: "C’è scritto sulla Costituzione che si può!". "Sto parlando della Galizia, dell’Andalusia! Vai in Polonia, in Ungheria...", urla Vittorio Sgarbi. "Sì, sì vai in Polonia", lo sfotte Sansonetti. Quindi Sgarbi piazza il carico da novanta: "Sì, vai a fare in cu***, è ridicolo che sia obbligatorio da noi e non ci sia in Spagna".

Aldo Grasso per "corriere.it" il 5 settembre 2021. Che avesse ragione Guido Ceronetti, quando nei lontani anni 70 paventava il male di laurea? Era convinto che gli agitati della laurea, «i maniaci del possesso di un’illusione di potere» fossero meglio «frolliti e pronti alle lobotomie» di verità abusive. Questo incubo (la «dotta ignoranza» di cui parla Montaigne) mi è tornato in mente leggendo del plurilaureato che non vuole vaccinarsi. Si chiama Valentino Di Carlo, ha 41 anni, insegna a Lecco in scuole e istituti superiori da precario e ha spiegato che non vuole vaccinarsi e non ha il green pass. Le sue lauree sono in Scienze politiche, Scienze filosofiche e Lettere moderne (prendi tre paghi due, con pochi esami aggiuntivi) ma l’ottusità è una sola: no al green pass perché lede chissà quale diritto, no al vaccino per non fare da cavia. Nella situazione in cui siamo non si può giocare con la vita degli altri e se uno con tre lauree non ha capito che il vaccino è l’arma più efficace a disposizione per affrontare l’epidemia che ci ha messo in ginocchio, allora significa che la situazione è disperante. Di Carlo confonde la forza delle opinioni con le opinioni della forza (bruta). Il pezzo di carta non serve a niente, il seme delle storpiature cresce nelle nostre menti e chi ne viene infettato brama infettare, è un sadismo antico che nessun titolo di studio può sanificare. 

Rory Cappelli per repubblica.it il 5 settembre 2021. Valentino Di Carlo, 41 anni, tre lauree magistrali (Scienze politiche, Scienze filosofiche, Lettere moderne), insegna in scuole e istituti superiori di Lecco, "da precario" (...)

Perché ha deciso di non vaccinarsi?

"Vorrei intanto che fosse chiaro: io non sono contro i vaccini. Il punto non è vaccino no o vaccino sì, io sono a favore dei vaccini: quello che rasenta l’incostituzionalità è il fatto che si obblighi il lavoratore ad accedere al luogo di lavoro soltanto con il Green Pass". (...)

Potrà fare i tamponi.

"Sì, ma non capisco perché l’ipotesi di effettuare tamponi salivari e faringei gratuiti non viene presa in considerazione per tutelare chi è vaccinato e tutelare anche chi intende andare a lavorare senza dover necessariamente esibire la vaccinazione e il Green Pass, anche perché la vaccinazione non esclude la diffusione della malattia. E poi non c’è un minimo di collaborazione: è stato anche detto che i tamponi devono essere pagati dai docenti, siamo alla follia, soprattutto per i precari: il tampone costa adesso 15 euro, ne devo fare tre a settimana, per un totale di 45 euro a settimana. E solo per poter entrare nel posto di lavoro. Siamo l’unica categoria trattata così. Perché?".

Che intende?

"Intendo dire che, a parte, per ovvi motivi, i sanitari, siamo l’unica categoria a dover sottostare a questo obbligo. Perché non altri comparti? Perché tanto accanimento con la scuola visto che in ogni caso siamo arrivati a circa l’85 per cento degli operatori scolastici vaccinati? Le forze di polizia per esempio non sono tenute a ottemperare a questo obbligo: hanno forse meno contatti con il pubblico? E poi perché obbligare solo i docenti e non anche gli studenti a fare il vaccino ed eventualmente a presentare il Green Pass? Perché non i genitori, che potrebbero anche non vaccinarsi e mandare a scuola potenziali diffusori?". 

Lei ha figli? Ha paura per loro?

"Non ho figli, anche perché io e la mia compagna siamo entrambi precari, ma mi preoccupo anche per le generazioni future. Calamandrei si starà rivoltando nella tomba".

Il potere delle balle. Invocare Bava Beccaris contro i no vax è una provocazione, ma gli idioti ci sono…Giuliano Cazzola su Il Riformista il 3 Settembre 2021. Nel mio vagare nelle “fumerie d’oppio” dei talk show mi sono procurato un mare di critiche e di insulti (ma anche qualche simpatia, magari riservata) in occasione di alcune performance che hanno ringalluzzito i media e che sono rimaste nella cronaca. Senza andare troppo lontano nel tempo mi soffermo sugli ultimi tre anni: dalle elezioni del 2018 ai nostri giorni. Partecipando alla trasmissione de L’aria che tira, in vista dell’affermazione delle forze populiste, mi venne da dire ad un’esterrefatta Myrta Merlino che, in caso di vittoria grillina, mi sarei dato fuoco in piazza Maggiore come Jan Palach. Ovviamente, dopo mi chiesero conto della mancata autocombustione. Ancora adesso, quando qualcuno ha modo di commentare un mio articolo che non condivide, mi ricorda sempre quella promessa mancata. Poche settimane dopo, quando il presidente Sergio Mattarella si era messo di traverso sul nome di Paolo Savona all’Economia ed era stato minacciato di impeachment, mi trovavo da Massimo Giletti (a Non è l’Arena); mentre tutti criticavano il capo dello Stato mi lanciai in un ‘’Mattarella facci sognare’’. Ma il bello venne quando, nell’agosto 2019, a Matteo Salvini scappò il piede dalla frizione e si “mandò a fare in culo da solo” (questo fu il mio commento a Stasera Italia, ripreso in un video a discreta circolazione). A proposito di deretano del leader della Lega, poche settimane dopo, a L’aria che tira, venne presentata nel corso della trasmissione una intervista registrata di Matteo Salvini. Quando fu chiesta la mia opinione, risposi con un discorsetto che mi ero preparato e che finiva con un vaffanculo all’indirizzo del leader della Lega. In studio c’era Massimo Bitonci (che io stimo perché era stato un bravo sindaco) il quale minacciò di andarsene se io non avessi chiesto scusa, poi Myrta Merlino trovò il modo di sistemare la cosa. Quella performance mi procurò un contro video di Matteo Salvini, ma una grande popolarità tra molte persone che tuttora incontro in autobus. Quando si votava per il presidente dell’Emilia Romagna all’inizio del 2020, mi capitò di paragonare in pubblico – subito ripreso dalle agenzie – la candidata del centro destra, la leghista Lucia Borgonzoni, al cavallo che Caligola volle nominare senatore. La sera stessa mi trovai a Stasera Italia insieme alla Borgonzoni e ad altri suoi supporter che me ne dissero di tutti i colori. Metto da parte le mie polemiche sulle misure di contenimento del virus, specie durante il primo lockdown, che ormai appartengono ad una fase chiusa almeno nell’orientamento del governo Draghi che ha corso, giustamente, il ‘’rischio ragionato’’ di riaprire il più presto e il più possibile, archiviando l’errore sciagurato del blocco dei licenziamenti per ben 500 giorni. Adesso credo nei vaccini, ritengo razionale e flessibile la soluzione del green pass (o dell’esito di un tampone negativo) per entrare in luoghi di socialità, in particolare nelle aziende, per tanti motivi che ho avuto modo di spiegare anche su Il Riformista. Sono contrario sul piano tattico ad aprire adesso una iniziativa legislativa per rendere obbligatoria la somministrazione del vaccino, perché congelerebbe ogni iniziativa per mesi e darebbe argomenti ai no pass per attendere l’approvazione della legge prima di ogni altra decisione. Del resto i problemi si manifestano ora nei settori (scuola e sanità) in cui è operativo l’obbligo di vaccinazione. Giudico incomprensibile la posizione dei sindacati che si dichiarano a favore delle vaccinazioni di massa, mantenendo un atteggiamento ambiguo nei confronti dei ‘’renitenti’’, quando – come dimostra l’accordo di Brescia – avrebbero davanti a sé da percorrere delle praterie di negoziato per aggiornare l’azione benemerita innestata dai Protocolli per la sicurezza (aprile 2020) che hanno consentito ad importanti settori produttivi di riaprire e lavorare, ma che non erano in grado di prevedere e gestire il problema delle vaccinazioni perché non vi era la disponibilità dei prodotti. Ho trovato pertanto inaccettabili le manifestazioni e gli slogan del nuovo movimento no vax e l’inizio di una fase di sovversione e violenza (che prima del flop del 1° settembre sembrava una deriva certa). Così, a Stasera Italia, alla conduttrice infaticabile che mi chiedeva cosa occorresse fare, ho risposto che sarebbe stato opportuno richiamare in servizio il gen. Fiorenzo Bava Beccaris, colui che nel 1898 prese a cannonate gli scioperanti (come dice la canzone popolare ‘’Il feroce monarchico Bava gli affamati col piombo sfamò’’). Chi era questo ufficiale sabaudo? Aristocratico e militare di carriera, figlio di militari, era commissario straordinario a Milano durante lo stato d’assedio e non esitò a usare le armi per riportare l’ordine (in verità chi protestava per il prezzo del pane avrebbe meritato maggiore considerazione e tolleranza dei ‘’terrapiattisti’’ no vax di nuovo conio).

Ovviamente non è stato colto il senso del mio paradosso (sui social sono circolare minacce ben più gravi e realizzabili). E sono stato accusato di esasperare gli animi: questa è la frase che ha fatto il giro dei media: «Il ministro Lamorgese richiami in servizio Bava Beccaris che sa come trattare questa gente, questi terroristi». Faccio umilmente notare che l’accusa di terrorismo è stata lanciata da altri sui media, tra cui Matteo Bassetti uno dei virologi protagonisti dello schermo. E che nelle stesse ore, Tomaso Montanari e i suoi accoliti andavano a raccattare nell’immondezzaio della storia il ‘’negazionismo’’ delle Foibe. Probabilmente ho esagerato; come mi è stato detto, mi sono esposto a facili critiche. Mi succede. E queste considerazioni non mi vengono in un momento di particolare verve polemica. La verità è che ci penso prima. Se mi avessero chiesto, per esempio, quale linea tenere contro i piromani che hanno bruciato mezza Italia avrei risposto certamente: “esecuzione sul posto, senza processo”. Poi so benissimo che la giustizia sommaria non è giustizia; che le responsabilità vanno accertate da un giudice; che a sparare nel mucchio si colpiscono anche degli innocenti. Ma trovo tanto crudele distruggere vegetazione, animali, mettere a rischio la stessa vita delle persone, procurare danni irreparabili al territorio, che non mi sento di avere pietà perché i piromani non sono solo dei criminali, ma dei vili. Anche per quanto riguarda i no vax, non mi sento offeso da loro perché, in teoria, mettono a rischio la mia salute. Mi sento offeso perchè sono degli imbecilli, pronti a credere a tutto ciò che ha accompagnato le più grandi tragedie della storia. Vogliamo fare una prova? Mettiamo in circolazione una nuova versione dei Protocolli dei Savi di Sion, dove si racconta che l’epidemia è stata provocata dalla lobby ebraica che controlla Big Pharma, allo scopo di fare profitti e dominare il mondo. Vogliamo scommettere che vi sarebbero dei rigurgiti crescenti di antisemitismo (anche se i no pass vanno in giro con la stella gialla cucita addosso)? In fondo quella nefasta subcultura è stata coltivata in Europa ben prima del Nazismo, sulla base di vere e proprie menzogne: i sacrifici umani durante i riti religiosi; lo spregio delle ostie consacrate. Per arrivare ad accuse più sofisticate: i collegamenti internazionali tra le diverse comunità che li faceva sembrare stranieri in patria; il controllo del potere economico e quant’altro. Se questi protagonisti dei guai del mondo assumessero le sembianze di Suss l’ebreo, non avrebbero bisogno di cambiare connotati. George Soros non è forse accusato di fomentare e finanziare l’immigrazione selvaggia allo scopo di avere dei nuovi schiavi da far lavorare nelle nostre aziende per privare i lavoratori dei loro diritti? Poteri forti, massoneria, mafie, imprese multinazionali stanno sempre a tramare per impadronirsi del mondo. Io penso che il sonno della ragione generi sempre di mostri. Non è una questione di libertà di opinione perché chi è prigioniero di convinzioni errate non è libero. Ed è disposto a tutto perché è peggio di un bugiardo. Quest’ultimo mente, ma conosce la verità; il peracottaro non la cerca neppure. Giuliano Cazzola

Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera” il 2 settembre 2021. I roboanti proclami di rivolta ferroviaria dei No green pass hanno partorito il topolino di due sbandieratori, visti sventolare malinconicamente il tricolore nell'atrio della stazione di Napoli. C'erano più forze dell'ordine e giornalisti che rivoluzionari, tanto che un marziano sceso da qualche treno avrebbe pensato di trovarsi dentro una manifestazione per la libertà di stampa presidiata dalla polizia, o dentro una manifestazione della polizia ripresa dalle telecamere, sotto l'occhio benevolo di due tifosi della Nazionale. Scene di identica desolazione venivano registrate nelle altre stazioni italiane. Le spiegazioni di quello che a prima vista sembrerebbe un gigantesco flop sono svariate. La meno probabile, ma la più cliccabile, è che il gruppo «Basta Dittatura», che aveva sobillato le folle sui social invitandole alla mobilitazione contro il certificato verde, in realtà non esista e dietro il fallimento dell'iniziativa ci sia un complotto ordito dalla famigerata lobby dei binari morti (che prima di fare il vaccino erano vivi, ma nessuno lo dice). Altra ipotesi, meno sexy ma forse più vicina al vero: i No vax sono pochi e sovra-rappresentati dai media, che tendono a confondere la vita con Telegram e a considerare numericamente uguali i due eserciti in campo, per scrupolo di obiettività o voluttà di litigio. C'è poi un'ultima spiegazione, e mi convince ancora di più: che certi leoni da tastiera, appena si tratta di scendere in piazza, diventino agnelli.

Mattia Feltri per “La Stampa” il 2 settembre 2021. Mi sa che il professor Gilberto Corbellini, ordinario di storia della medicina alla Sapienza, ci piglia quando dice che i no vax, i più inveleniti, non sono così numerosi da giustificare la spropositata considerazione di cui godono. La fortuna dei no vax, dice Corbellini, siamo noi pro vax, spesso altrettanto rabbiosi, e infatti ci siamo precipitati sul canale Telegram degli antivaccinisti col gusto di diffonderne inorriditi le minacce. Martedì abbiamo vissuto la vigilia delle oceaniche manifestazioni di ieri mettendo sacchi di sabbia alla finestra: allerta massima, rischio attentati, l'immancabile sigillo fascista. Come spesso succede, alla prova della piazza c'erano molti poliziotti, moltissimi giornalisti e quattro manifestanti, anche composti e ben educati. Per seguire gli sviluppi più interessanti bisognava restare su Telegram, il social sul quale i no vax riparano a illustrarsi il complotto di alta finanza, big pharma, governi globalisti, forze dell'ordine e stampa: l'immonda alleanza per soggiogare il pianeta a colpi di siringa. E ieri è saltato su uno, dritto fra i dritti, ad avvisare i compagni: guardate che questo canale è infiltrato dai servizi segreti, che vi sobillano e ci cascate come allocchi. Il post ha riscosso il meritato successo, culminato nella siderale verità spifferata dal meglio informato, e cioè le manifestazioni erano state abilmente organizzate dal nemico per screditare il movimento. Ovvero le manifestazioni contro il mega complotto erano parte del mega complotto: «Ma non siamo mica tutti scemi». Io di sicuro un po' sì, caro professor Corbellini, che ci sono ricascato di nuovo.

Flop delle proteste No Green pass: molti controlli ma pochi manifestanti. Valeria Forgnone e Laura Mari su La Repubblica l'1 settembre 2021. Poche decine di No Vax hanno aderito alle manifestazioni convocate contro l'obbligo della certificazione in vigore da oggi per viaggiare sui treni. Agenti nei principali scali ferroviari. Era stata annunciata come la giornata delle proteste dei No Vax e dei No Green Pass, ma è stata un flop. Le manifestazioni erano state convocate nel pomeriggio in occasione dell'entrata in vigore dei nuovi obblighi legati al certificato verde, necessario da oggi per viaggiare sui trasporti a lunga percorrenza (dunque treni ad alta velocità e Intercity per quel che riguarda il traffico ferroviario, aerei, autobus che collegano più di due regioni e navi che collegano regioni diverse), a scuola e all'università. I No Vax si sarebbero dovuti incontrare a partire dalle 14.30 di fronte a 53 stazioni delle principali città, ma in pochi si sono presentati all'appuntamento. I dispositivi di sicurezza disposti dai comitati di ordine pubblico sono scattati già nella notte, con le stazioni blindate e decine di agenti di polizia e carabinieri schierati. Il Viminale ha promesso tolleranza zero verso ogni forma di violenza, ma da Roma a Bari, da Milano a Napoli, sono stati appena qualche decina i manifestanti che hanno organizzato sit-in fuori delle stazioni.

Ore 16.51. In pochi protestano alle stazioni del Friuli Venezia Giulia

Complessivamente, meno di cinquanta persone hanno protestato nelle stazioni del Friuli Venezia Giulia contro l'obbligo del Green pass sui trasporti. Nessuno striscione e niente bandiere, una trentina di partecipanti a Trieste, mentre erano meno di dieci sia a Udine che a Pordenone.

Ore 16.40. Anche alla stazione di Bologna protesta quasi disertata

Flop della manifestazione "No green pass" convocata oggi a Bologna, così come in decine di altre città italiane, con l'obiettivo generale di disturbare la circolazione ferroviaria per protestare contro l'obbligo della certificazione, da oggi, anche sui treni a lunga percorrenza. Una quindicina i manifestanti che si sono ritrovati davanti alla stazione centrale, presidiata da un folto schieramento di agenti delle forze dell'ordine: finora nessuna tensione particolare, ma solo qualche battibecco con i cronisti presenti. Gli agenti hanno impedito l'accesso di qualche manifestante che voleva entrare alla spicciolata, poi qualcuno è riuscito a passare, ma solo dopo aver indossato la mascherina, mostrato i documenti e assicurato di voler accedere all'atrio solo per usufruire delle biglietterie automatiche. 

Ore 16.31. Manifestazione fallita a Firenze. Protestano in 20

La protesta dei “no vax” e “no pass” a Firenze non ha avuto un'alta partecipazione. Un flop, considerati i numeri dei manifestanti che hanno risposto alla chiamata del gruppo Telegram "Basta dittatura". Una ventina circa (di cui uno con la Stella di David e la scritta "No pass" sul petto), fermi poco fuori l'ingresso principale della stazione Santa Maria Novella, sorvegliato da diversi agenti delle forze dell'ordine tra polizia e carabinieri. 

Ore 16.28. Insulta la polizia, manifestante denunciata a Genova

Una manifestante No Green pass è stata denunciata a Genova dalla Digos. Davanti alla stazione di piazza Principe le erano stati chiesti i documenti che, inizialmente, la donna si è rifiutata di fornire. Dopodichè la manifestante ha consegnato il documento, ma ha iniziato a insultare la polizia presente: è accusata di rifiuto di declinare le generalità e di oltraggio a pubblico ufficiale.

Ore 16.18. Alla stazione di Bolzano protestano solo 4 No Vax

Totale fallimento della manifestazione No Green pass alla stazione di Bolzano. Quattro persone si sono ritrovati nei pressi del primo binario restando per una ventina di minuti prima di lasciare definitivamente il presidio. Nessun coro, nessuno striscione. L'iniziativa di protesta era stata lanciata su Telegram contro l'obbligo del Green pass sui treni a lunga percorrenza. All'estero e all'interno della stazione polizia e carabinieri.

Ore 16.04. Napoli non risponde all'appello anti-Green pass

I No Green pass a Napoli non sono scesi in piazza. L'annuncio della manifestazione a piazza Garibaldi con occupazione dei binari della stazione centrale non ha avuto seguito. La stazione di Napoli, presidiata dalle forze dell'ordine, ha visto la presenza di un folto gruppo di giornalisti che, però, si sono trovati davanti due soli manifestanti che sventolavano il tricolore al grido di "no alla dittatura sanitaria".

Ore 16.03. Roma, Forza Nuova espone striscione anti-Green pass

Hanno affisso un manifesto "Italiani contro il Green Pass" alcuni manifestanti di Forza Nuova davanti a un bar nei pressi della circonvallazione Nomentana, davanti alla stazione Tiburtina a Roma. "Siamo qui contro la dittatura sanitaria. Siamo per la libertà di scelta e per il rispetto dei diritti che questi tiranni ci stanno negando", ha detto un militante.

Ore 15.49. Genova, tensione per identificazione manifestanti

Qualche momento di tensione nel pomeriggio davanti alla stazione di piazza Principe a Genova, quando la polizia ha chiesto a un piccolo gruppo di manifestanti No vax i documenti per l'identificazione. Una donna ha dichiarato di non averli ed è stata portata in questura. Al mini presidio si è presentata anche una coppia che ha contestato i manifestanti No Green pass.

Ore 15.38. Roma, alla stazione Tiburtina solo giornalisti

Una nutritissima schiera di cronisti e praticamente nessun partecipante alla protesta dei No Green pass alla stazione Tiburtina di Roma. Nel piazzale adiacente all'ingresso della struttura solo decine di giornalisti e fotografi in attesa dell'arrivo dei manifestanti. Un flop per certi versi prevedibile data la soglia di attenzione ai massimi livelli di istituzioni e forze dell'ordine dopo le violenze e le minacce dei giorni scorsi.

Ore 15.35. A Torino sit-in contro il Green pass: fermato un manifestante

Un attivista No Vax è stato bloccato dalla polizia davanti alla stazione ferroviaria di Porta Nuova a Torino durante il sit-in organizzato contro il Green pass. L'uomo prima si è rifiutato di mostrare i documenti agli agenti e poi ha preso a calcio i poliziotti, che l'hanno portato in questura. La protesta si sta svolgendo, al momento, senza altri episodi di tensione: decine di No Green Pass hanno trasformato in un sit-in la manifestazione che originalmente prevedeva, nelle intenzioni annunciate dai promotori, il blocco dei treni.

Ore 15.30. Napoli, protesta fallita: solo 2 manifestanti nella stazione

Due persone sventolano la bandiera tricolore e protestano contro quella che definiscono una "dittatura sanitaria e politica". Sono questi, al momento, gli unici partecipanti alla manifestazione contro il green pass organizzata a Napoli in concomitanza con le altre principali piazze italiane. I due, uno dei quali è Raffaele Bruno, segretario nazionale del Movimento idea sociale ed ex Fiamma tricolore, spiega che "si è deciso di annullare la manifestazione in programma a Napoli" e motiva la sua presenza davanti alla stazione centrale con l'intento di spiegare ai cittadini le ragioni dei No vax e No Green Pass. "Condanniamo qualsiasi forma di violenza - aggiunge - ma siccome siamo in uno Stato libero, il vaccino non può essere obbligatorio. Non sappiamo neanche cosa contenga questo liquido, ci vorrebbero almeno 15 anni per avere la certezza che sia sicuro".

Ore 15.22. Roma, Forza Nuova vicino alla stazione Tiburtina

Alla stazione Tiburtina di Roma la situazione al momento è tranquilla, ma i militanti di Forza Nuova e uno dei leader della Capitale, Giuliano Castellino, si sono radunati in un bar nei pressi della stazione per aderire alla manifestazione contro il Green pass. "Non siamo contro i vaccini e i tamponi, siamo per la libertà di scelta per tutti. Protesteremo e scenderemo in piazza finché questa dittatura non finirà", ha detto all'Adnkronos Castellino.

Ore 15.19. Stazione Centrale Milano, manifestante No Vax fermato per controlli

Situazione tranquilla alla stazione Centrale di Milano. Al momento in piazza Duca d'Aosta non ci sono manifestanti presenti, mentre polizia e carabinieri monitorano la zona. Un uomo che sul braccio portava una fascetta rossa con la scritta “No Vax” è entrato nella stazione, ma è stato fermato subito per dei controlli. L'uomo ha detto di essere un "giornalista" senza però esibire il tesserino dell'ordine, lamentando di essere in una "dittatura".

Ore 15.13. Protesta verso il flop, pochissimi manifestanti

Non sembrerebbe aver raccolto molte adesioni la manifestazione contro il Green pass organizzata per oggi nelle stazioni. Nelle stazioni di Bari, Torino, Firenze e in piazza a Genova al momento ci sono pochissimi manifestanti. Situazione tranquilla nell'hub dei treni di Palermo. A Milano verso le 14.30 i primi manifestanti si sono dati appuntamento fuori dalla stazione di Milano Garibaldi per protestare contro la certificazione verde. L'area è presidiata dalle forze dell'ordine, che controllano i documenti a chi accede ai binari.

Ore 14.34. A Tiburtina e a Milano Centrale situazione sotto controllo

Situazione sotto controllo alla stazione Tiburtina di Roma, sorvegliata speciale dagli agenti. Tanti anche i giornalisti sul posto, circa 200, ma al momento i manifestanti 'No Green Pass' si contano sulla punta delle dita. Identica la situazione anche alla stazione di Milano Centrale.

Ore 14.30. Stazioni blindate a Torino

Ingente la presenza delle forze dell'ordine all'esterno e all'interno delle stazioni ferroviarie di Porta Nuova e Porta a Susa a Torino dove sono previste manifestazione dei No Vax e No Green Pass, che hanno annunciato di voler occupare i binari. Gli accessi su corso Vittorio Emanuele e su via Nizza di Porta Nuova sono stati chiusi e i passeggeri potranno accedere solo dall'entrata di via Sacchi. Per accedere a tutti i binari, controllati dal personale ferroviario e transennati, bisogna essere in possesso di regolare biglietto.

Ore 14.02. Protesta in ateneo a Trieste

Una protesta contro il Green pass e "contro l'obbligo vaccinale" è stata organizzata oggi all'ateneo di Trieste su iniziativa del candidato sindaco Ugo Rossi. Dopo il ritrovo davanti all'ingresso dell'edificio principale, il gruppo di manifestanti (una ventina di persone) è entrato in corteo, senza esibire il Green pass, nei locali dell'università, suonando tamburi e corna. Sul posto anche le forze dell'ordine. Il rettore Roberto Di Lenarda, informa l'ateneo, ha ricevuto uno studente, presente nella delegazione, per un confronto "pacifico". La protesta, cominciata nella tarda mattinata, è durata circa un'ora.

Ore 12.06 Sibilia: "Il Viminale non sottovaluta deriva violenta"

"Stiamo assistendo a una deriva odiosa: le aggressioni dei giorni scorsi ai giornalisti, le minacce a personaggi pubblici e l'assalto al gazebo del M5S ad opera di chi intende far valere le proprie - spesso non chiare - ragioni, rappresenta un campanello d'allarme che stiamo sottovalutando. Chi si macchia di reati andrà perseguito come previsto dalla legge. Il Viminale, con tutte le sue strutture, prende molto suo serio quanto avviene in piazza e sui social e intende prevenire ogni rigurgito violento che ne possa scaturire. Quello che deve essere chiaro a tutti, è che il rispetto delle misure del Governo è indispensabile per la tutela della salute pubblica e dell'economia", ha detto il sottosegretario all'Interno Carlo Sibilia, intervistato a Coffee Break su La7 in merito alle manifestazioni no vax previste per oggi pomeriggio.

Ore 11.26 Si temono disordini alla stazione di Rimini

In Romagna è la stazione ferroviaria di Rimini quella in cui si temono maggiori difficoltà: la città romagnola è quella che in Emilia-Romagna si caratterizza dai tassi più bassi di persone vaccinate e contemporaneamente per il nucleo più corposo di convintamente contrari ai vaccini. Anche Riccione e Cattolica sono osservate speciali. Agenti anche a Cesena e Forlì.

Ore 11.18. Monitorate le stazioni di Roma

Stazioni di Roma sorvegliate speciali oggi per il rischio proteste annunciate nei giorni scorsi sui canali social contro l'obbligo di esibire il Green pass per viaggiare su treni a lunga percorrenza. Monitorate, in particolare, Termini, Tiburtina e Ostiense dove transitano i treni dell'Alta velocità. Al momento, secondo quanto si apprende, non si registrano criticità.

Ore 10.24 Blindata la stazione di Firenze

Presenza rafforzata delle forze dell'ordine fin dalle prime ore della mattina intorno alla stazione ferroviaria di Firenze Santa Maria Novella, in vista della protesta annunciata dai no vax per il pomeriggio di oggi, giorno dell'entrata in vigore dell'obbligo del Green pass per i trasporti a lunga percorrenza. La minaccia di invadere le stazioni e bloccare i treni dell'Alta Velocità, diffusa attraverso il servizio di messaggistica Telegram, riguarda infatti anche lo scalo fiorentino. Il popolo del no si è dato appuntamento intorno alle 14,30 fuori dalla stazione, già presidiata da polizia e carabinieri. 

Molti controlli e pochi problemi. Proteste no Green Pass, flop nelle stazioni: pochi manifestanti, i "ribelli" restano sul web. Carmine Di Niro su Il Riformista l'1 Settembre 2021. Doveva essere la giornata dell’orgoglio per i no green pass e i no vax, con le proteste in 54 città italiane che dovevano bloccare in particolare il trasporto ferroviario nel giorno in cui il passaporto vaccinale obbligatorio fa il suo debutto proprio sul trasporto pubblico (treni ad alta velocità e Intercity per quel che riguarda il traffico ferroviario, aerei, autobus che collegano più di due regioni e navi che collegano regioni diverse) e nella scuola. Invece gli appelli circolati sui social, in particolare Facebook, e tra le chat di Telegram, si sta rivelando un clamoroso flop. I ribelli del certificato verde sono rimasti infatti nel web: alle 14:30, orario in cui dovevano partire le proteste e le occupazioni delle stazioni ferroviarie, hanno disertato in massa l’appuntamento. Già dalla notte erano scattati i dispositivi di sicurezza straordinari disposti dal Viminale. Decine e decine gli agenti di polizia e carabinieri schierati nelle principali stazioni ferroviarie su mandato del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, che aveva annunciato libertà di manifestazione ma “tolleranza zero” contro ogni forma di violenza, dopo le minacce a politici e medici e le aggressioni di piazza contro i giornalisti.

TORINO – Una ventina di manifestanti no Green pass si sono riuniti fuori dalla stazione Porta Nuova di Torino nel giorno in cui scatta l’obbligo della certificazione per utilizzare i treni. Il presidio – pacifico – davanti all’ingresso di via Sacchi. Un solo manifestante è stato portato via dalla polizia dopo aver rifiutato di fornire le sue generalità agli agenti.

ROMA – A Roma, la città più ‘calda’ nelle proteste contro vaccini e green pass nelle scorse settimane, alla stazione Tiburtina erano più i cronisti che i partecipanti. A scoraggiare i manifestanti anche l’imponente cordone di forze dell’ordine presenti sul posto.

Presente invece Forza Nuova, il partito di estrema destra che dall’inizio ha utilizzato le proteste come strumento di lotta politica contro il governo. “Italiani contro il Green Pass” il manifesto esposto davanti un bar nei pressi della stazione, dove era presente il leader romano del movimento, Giuliano Castellino.

NAPOLI – Flop clamoroso della protesta no green pass nel capoluogo campano. Desolante lo scenario alla stazione centrale di Napoli, dove erano presenti in gran numero giornalisti e forze dell’ordine. Evaporati nel nulla invece il popolo dei manifestanti: davanti ai fotografi soltanto due manifestanti che sventolavano il tricolore al grido di “no alla dittatura sanitaria”.

Uno dei due è Raffaele Bruno, segretario del Movimento idea sociale. Bruno ha spiegato perché è contrario al vaccino ed anche al green pass. “Siamo contro ogni forma di violenza, e sono qua non per bloccare treni o fare altro – ha detto ai giornalisti mentre sventolava una bandiera italiana – ma poiché siamo in uno Stato libero e democratico il vaccino non può essere obbligatorio”.

FIRENZE – Partecipazione scarsissima a Firenze, dove erano circa in venti a protestare davanti l’ingresso della stazione Santa Maria Novella, alcuni con la Stella di David sul petto.

GENOVA – Una persona denunciata invece a Genova per le proteste anti green pass. Una donna, davanti la stazione di piazza Principe, si era inizialmente rifiutata di fornire i propri documenti alle forze dell’ordine. Una volta cambiata idea ha però iniziato a insultare gli agenti presenti: per questo è accusata di oltraggio a pubblico ufficiale e rifiuto di declinare le generalità.

MILANO – Anche a Milano erano più i giornalisti, forze dell’ordine e curiosi che i manifestanti contro il green pass. Fuori alla stazione di Porta Garibaldi la minaccia di non far partire i treni nel giorno in cui scatta l’obbligo della certificazione nel trasporto ferroviario erano poche decine i ‘ribelli’. Tra questi uno indossava una maglietta con la scritta ‘marcia su Roma’, mentre altre persone esponevano cartelli: uno raffigurava una lapide che recita le parole ‘Rip Democrazia’ e un altro con la scritta ‘sulla salute decido io’.

DELUSIONE TRA GLI ORGANIZZATORI – Chat piene ma piazze vuote, attualizzando una celebre frase. E la delusione tra gli organizzatori è evidente. Sulle chat Telegram, in particolare nel gruppo ‘Basta dittatura’, sono gli amministratori a evidenziare tutto il loro disappunto: “Se tutti arrivano ma, dopo 30 secondi vanno via perché non vedono altri, allora non si creerà mai una folla”, è il ‘rimprovero’ agli iscritti. Ma anche gli utenti segnalano il flop delle proteste. “A Milano siamo in quattro più un botto di giornalisti”, “Io sono a Milano ma non c’è nessuno. A parole tutti leoni, poi nessuno fa nulla”, scrivono due "oppositori" no green pass. 

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Estratto dell'articolo di Giuliano Ferrara per “il Foglio” l'1 settembre 2021. Perché un certo numero di persone non si lascia convincere dai dati di fatto, considera con sospetto informazioni di base scientifica? Una ragione che forse spiega il fenomeno è nel bisogno di antagonismo ideologico. I No vax sono sempre esistiti, ma in queste forme il movimento militante no vax è una novità, è nuova la motivazione del complotto, la mobilitazione attiva e con strumenti propagandistici e politici, l’ideologia che rigetta per ragioni antropologiche di conio libertario l’uso della mascherina, il distanziamento sociale, e si fa appello a manifestare in piazza, degenera in violenta persecuzione di operatori del settore e giornalisti, cerca di alimentare una contrapposizione di aspro sapore morale contro regole e poteri di controllo su cui si fonda da sempre la coesione di una società democratica e liberale. Il Novecento delle guerre, compresa la lunga stagione della Guerra fredda, ha dato sfogo ampiamente al conflitto latente nella condizione umana, la pace era subordinata alla battaglia tra opposti sistemi di valore. Le classi dirigenti occidentali e i poteri totalitari avevano una forte legittimazione, organizzata secondo procedure liberali nel mondo non fascista e non comunista, e realizzata con la coazione e il conformismo di stato nei regimi autoritari di massa. Nei due sistemi in conflitto vigeva il dogma del rapporto necessario con la realtà delle cose, il mondo di guerra era un universo machiavellico, razionalità e scienza erano schierate su fronti opposti ma concorrevano a una comune base culturale di tipo strumentale. Con l’esplosione della pace è cambiato tutto. (...) L’opposizione alla scienza, copertura di un potere malsano e malintenzionato, e il rigetto delle tecnologie mediche, la mobilitazione in forme populiste e antidemocratiche del movimento che vuole cancellare le regole inique scritte da poteri delegittimati sono, per una minoranza chiassosa e furibonda di antagonisti, un capitolo della guerra culturale che fa da surrogato, in tempo di pace e convergenza universale, all’epoca delle grandi guerre guerreggiate.

Domenico Di Sanzo per “il Giornale” il 2 settembre 2021. I grillini si sono vaccinati contro l'antivaccinismo e adesso sono irriconoscibili. Fa quasi impressione vedere Carlo Sibilia, ora sottosegretario all'Interno, già cultore delle scie chimiche e dei complotti sul finto sbarco sulla Luna, parlare di una «deriva odiosa» in riferimento alle aggressioni no vax e no Green pass degli scorsi giorni. In mattinata, quando ancora non è chiaro il flop delle manifestazioni previste per ieri pomeriggio, l'ex stralunato Sibilia indossa i panni dell'uomo d'ordine durante la trasmissione Coffee Break su La7. «Chi si macchia di reati andrà perseguito come previsto dalla legge, mentre le nostre forze dell'ordine sono pronte a far cessare ogni tentativo di creare disagio o minacciare la pubblica incolumità - ammonisce il sottosegretario del M5s - il rispetto delle misure del governo è indispensabile per la tutela della salute pubblica e dell'economia». Un piccolo passo per Sibilia, un gigantesco passo per i Cinque stelle. Che sono passati a incarnare la responsabilità, la moderazione, l'equilibrio. Da quando si sono insediati nel terzo governo consecutivo mostrano evidenti segni di maturazione. Anche Federico D'Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, si distingue per saggezza e buon senso. «Green pass e vaccini sono gli strumenti che ci permettono di abbassare il rischio di contagio e di diminuire l'ospedalizzazione», argomenta sicuro ad Agorà estate su Rai3. Poi la frase che innesca una discussione sui social sul voltafaccia del Movimento. «Nel M5s abbiamo sempre riconosciuto l'importanza dei vaccini. Chi aveva posizioni estreme non fa più parte del Movimento», spiega D'Incà. E in parte è sicuramente vero. Vengono in mente subito i nomi dei no vax più accaniti, come la deputata veneta Sara Cunial e il consigliere regionale del Lazio Davide Barillari. Cunial, antivaccinista convinta, ha paragonato le vaccinazioni a un «genocidio gratuito», è stata espulsa dal M5s ad aprile del 2019 per le sue posizioni antiscientifiche. Cacciato via pure Barillari ad aprile dello scorso anno perché aveva aperto un sito di sedicente contro-informazione no-vax. Il consigliere ex grillino a fine luglio aveva portato una pistola in Regione paragonando il vaccino «a una roulette russa» imprevedibile. E però il rapporto tra il M5s e chi non vuole vaccinarsi non è solo una faccenda di mele marce. Basti ricordare le frasi, anche abbastanza recenti, di Paola Taverna. Taverna, da vicepresidente del Senato, ad agosto del 2018 parlava dei centri vaccinali come di un qualcosa di simile ai centri dove vengono messi «i marchi pe' e bestie». Beppe Grillo, almeno fino all'anno scorso, ha sempre lisciato il pelo a chi è scettico sulla vaccinazione. Fin dal lontano 1998. Quando nello spettacolo Apocalisse sosteneva: «Prendi un bambino sano e inoculagli un virus per abituarlo e si abbassano le difese immunitarie». Poi c'è Alfonso Bonafede, che nel 2010 si vantava sul Blog di Grillo perché lo studio legale che aveva fondato era riuscito ad ottenere un indennizzo per un bambino autistico, sostenendo che fosse colpa dei vaccini. La svolta verso il buon senso arriva con il governo giallorosso, per fortuna. E speriamo che l'ex Guardasigilli Bonafede, che si sposerà proprio oggi in una villa esclusiva vicino Firenze, chiederà il Green pass ai circa 130 invitati. Gli amici dell'ex ministro della Giustizia assicurano che chi non ha fatto l'iniezione rimarrà a casa. I grillini si sono vaccinati contro i no-vax. Bonafede compreso.

Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica” il 2 settembre 2021. «Traditori», urlava la folla di No Vax che ha assaltato il gazebo della candidata sindaca M5S Layla Pavone a Milano. «Un altro infame da giustiziare, serve il piombo, devi crepare», hanno scritto su alcune chat Telegram del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. È noto che la galassia "no tutto" - No Mask, No Vax, No Green Pass - se la prende con chiunque non dia ragione ai suoi adepti. Ma c'è un di più, nella ferocia dei post e dei messaggi riservati in questi giorni agli esponenti del Movimento. E sta tutto in quella parola, «traditori», che era già stata usata contro Vito Crimi all'inizio della pandemia, quando il vaccino anti- Covid doveva ancora arrivare. E che era stata rivolta allo stesso Beppe Grillo quando a gennaio 2019 firmò il Patto per la Scienza lanciato dall'immunologo Guido Silvestri. Tanto che a marzo di quell'anno, davanti al teatro Colosseo di Torino, il suo spettacolo Insomnia fu accolto da uno striscione con su scritto «Grillo non ricorda e firma il patto della vergogna». Senza voler scomodare la nemesi, è un fatto che quel popolo è stato a lungo coccolato e sobillato dai grillini. E che quelle idee, quelle tesi - riassumibili per brevità in: «I vaccini fanno male e se ce li iniettano è solo per fare ricca Big Pharma» - sono state per anni diffuse attraverso i canali principali di quello che sarebbe diventato il Movimento 5 stelle. E quindi il blog di Beppe Grillo e due blog satellite, sempre di proprietà della Casaleggio Associati, che ora hanno cambiato veste ma che allora promuovevano cose come le cure anti- cancro a base di aglio (La Fucina e Tze Tze). Non bisogna per forza tornare allo spettacolo del 1998 in cui Grillo diceva che poliomielite e difterite stavano scomparendo da sole, mettendo in dubbio l'efficacia dei vaccini, per trovare nel passato M5S tesi totalmente antiscientifiche: sul blog è più volte stato inserito il nesso - del tutto falso - tra vaccini e autismo, ripreso dall'attuale vicepresidente del Senato Paola Taverna in un'intervista televisiva. Sono stati scritti post dal titolo "Di vaccino si può morire" (autore il camionista-fotografo Nik il nero). Sono stati insultati Rita Levi Montalcini e Umberto Veronesi. Sono state ospitate le tesi del figlio di Di Bella contro il vaccino per il papillomavirus. In Parlamento sono state presentate interrogazioni e proposte di legge come quella sul "diniego dei vaccini nella PA": il 12 febbraio 2014 Emanuela Corda, prima firmataria, e Angelo Tofalo, non certo un ex, scrivevano: «Recenti studi hanno messo in luce collegamenti tra le vaccinazioni e malattie come leucemia, mutazioni genetiche, malattie tumorali, autismo». Gli stessi big M5S, ad esempio Alfonso Bonafede, si accreditavano con Grillo proprio per la loro opera anti vaccini: «Nel mio studio ci occupiamo dei danni da vaccinazione e siamo riusciti a ottenere un indennizzo per un bambino autistico», si vantava l'ex Guardasigilli in una mail in cui allegava numero di telefono. Preistoria, si dirà. Magari. Ancora nel 2020, l'unica frase proferita da Grillo sul vaccino Covid è stata: «I vaccini li farò in un'unica siringata. Lo Sputnik dà fosforescenza, eliminata dal vaccino cinese, poi verranno coperti dai vaccini americani e inglesi. L'italiano amalgama». Non proprio serissimo, anche se a partire dal 2017 e in vista delle elezioni dell'anno dopo, tutto il M5S ha fatto uno sforzo per cambiare le sue posizioni. Abbandonando i Di Bella e avvicinandosi a Silvestri. Passando dai presunti danni da vaccino al principio di "raccomandazione", da preferire all'obbligo. Senza però allontanare i più invasati accusatori di scienziati e case farmaceutiche. La deputata Sara Cunial disse che il vaccino obbligatorio per i bambini era un genocidio prima di essere eletta in una lista bloccata. Del consigliere regionale Davide Barillari, candidato anni fa perfino alla presidenza del Lazio, tutti conoscevano l'estremismo, ma prima che entrasse in rotta di collisione con la linea ufficiale ness uno aveva pensato di espellerlo. Perfino Di Maio, in un'intervista del 2017 a Piazzapulita , ai genitori dei bambini che dovevano andare a scuola si sentiva di suggerire solo: «Informatevi », non «vaccinateli». Anche se il principale fautore del cambio di rotta fu lui e a testimoniarlo nel suo Il Medioevo in Parlamento è un'arcinemica come la senatrice, ex M5S, Elena Fattori: l'allora capo politico sapeva che un M5S di governo doveva allargare la sua base e abbandonare le idee di controinformazione alla Byoblu, ma cercò comunque di tenere tutto insieme, fallendo. I più accaniti no vax sono ora fuori dai 5S. Chi è rimasto, nega di esserlo mai stato. Su Internet però tutto si trova ancora. Oltre 10 anni di teorie antiscientifiche spacciate per vere contro una presunta casta incurante della salute dei cittadini. 10 anni di bufale buone quando si è all'opposizione, inservibili quando governare tocca a te. 

«Non fate nulla per arginare le fake news sul Covid»: su Reddit la rivolta pro scienza parte dal basso. Erika Antonelli su L'Espresso l'1 settembre 2021. Gli utenti di una delle più importati community online condannano i gestori della piattaforma e il loro atteggiamento troppo permissivo nei confronti della disinformazione sulla pandemia e i vaccini. E mettono in scena una forma originale di protesta. Nei giorni delle proteste contro il Green Pass, buona parte della propaganda di resistenza alla presunta “dittatura sanitaria” passa su Telegram. Non è un caso, perché il servizio di messaggistica cifrato è più sicuro di Facebook, Instagram e Twitter, che cercano di ridurre la disinformazione monitorando i contenuti caricati. E, anche se il loro algoritmo non funziona sempre a dovere, tutti e tre offrono agli utenti la possibilità di visitare il Centro informazioni sul Covid-19. Eppure, c’è una piattaforma criticata dai suoi stessi utenti. Colpevole, a loro detta, di fare poco o nulla per arginare le fake news su vaccini e pandemia. Si chiama Reddit, un ibrido tra forum e social network molto diffuso negli Stati Uniti ma conosciuto anche nel nostro Paese. È formato da “subreddit”, community in cui i partecipanti discutono dei più svariati argomenti. Per protesta, oltre 135 di queste sono diventate private, hanno cioè limitato la visualizzazione dei contenuti ai soli iscritti. Un gesto di protesta eclatante per delle comunità che vivono di visibilità. Oltre a questo, centinaia di moderatori hanno firmato una lettera aperta chiedendo all’azienda di bloccare la diffusione di notizie false. Le comunità a favore della stretta sulle fake news sono molto grandi, alcune contano oltre dieci milioni di iscritti, e la maggior parte non tratta temi scientifici. È il caso di Futurology, che raccoglie gli appassionati di nuove tecnologie, e PokemonGo, il forum da oltre un milione di utenti dedicato ai cacciatori di mostriciattoli. La lettera aperta, sottoscritta da oltre 450 persone, è stata pubblicata su VaxxHappened e invoca la chiusura dei subreddit in cui prolifica la propaganda anti-vax. Non a caso, la community con cui se la prendono di più è chiamata “NoNewNormal”, che Reddit aveva posto sotto osservazione già qualche settimana fa. Optando poi per limitarne le funzionalità senza chiuderla del tutto. Il documento accusa i gestori del sito di aver contribuito a far crescere la sfiducia nella medicina. «Mascherine, vaccini e distanziamento sociale sono sotto attacco, nonostante la scienza abbia dimostrato che sono strumenti efficaci per combattere la pandemia», scrivono i firmatari. Da parte loro, i vertici di Reddit provano a difendersi e spiegano di non essere contrari alle informazioni scientifiche, ma considerano il dibattito un punto centrale della democrazia: «Continuiamo a credere nel buono delle nostre community e speriamo di trattare le sfide imposte dalla pandemia con empatia, compassione e disponibilità a capire gli altri, anche se il loro punto di vista differisce dal nostro», dichiarano. Un appello che gli utenti non hanno apprezzato, come dimostrano gli ultimi messaggi lasciati: «Non tollero che la disinformazione venga considerata “l’altra metà della conversazione”. Una si basa sui fatti, l’altra no».

(ANSA l'1 settembre 2021) "Io stigmatizzo la scelta della Lega che con i voti di oggi in Commissione alla Camera contro il Green pass ha deciso, proprio nella giornata di oggi, di fare una scelta che la pone al di fuori della maggioranza. Quindi chiedo un chiarimento politico su questo punto. Perché la Lega oggi di fatto si mette contro e fuori dalla maggioranza". E' l'attacco del segretario del Pd Enrico Letta, lanciato a margine del suo intervento alla Festa Nazionale dell'Unità. Quanto accaduto "dimostra una situazione intollerabile". Per Letta "c'è bisogno di responsabilità da parte di tutte le forze politiche".

LEGA E FRATELLI D'ITALIA UNITI CONTRO IL GREEN PASS: BOCCIATA LA PROPOSTA PER LA SOPPRESSIONE Da iltempo.it. Continua la battaglia di alcuni partiti contro il green pass, che da oggi, 1 settembre, è obbligatorio anche per treni e aerei oltre che per mangiare al chiuso in bar e ristoranti. La commissione Affari sociali della Camera ha bocciato tutti gli emendamenti che chiedevano di sopprimere l'articolo 3 del decreto legge in discussione che introduce l'obbligo della certificazione verde. Tra i partiti che avevano depositato le norme anche la Lega, alcuni ex appartenenti del Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia. A confermare la posizione del Carroccio è stato Claudio Borghi, presente ai lavori della commissione in sostituzione di un membro leghista assente: “Votazione in commissione sanità sulla soppressione green pass in toto. Ho ricordato le risoluzioni di Consiglio d'Europa e Commissione UE. Niente. Votato a favore della soppressione del green pass Lega, FdI e ex M5S. Contrari tutti gli altri”. Poi, sempre su Twitter, il deputato leghista ha rincarato la dose: “Mi spiace ma la maggioranza così ha deciso. Non abbiamo ritirato emendamenti e ho provato ad argomentare in tutti i modi ma larga maggioranza trasversale a favore. Notare, non c'entra niente il Governo con conseguenti appelli dentro o fuori, qui ha deciso il Parlamento”.

Roberto D’Agostino per vanityfair.it l'1 settembre 2021. Lo chiamano “delirio sanitario”. E tuonano: “Il green pass, la campagna vaccinale, la pressione psicologica verso l’immunizzazione anti-Covid, sono un attentato alla democrazia”. E non si tratta mica di no-vax da bar sport al quinto spritz. No, tale voci si levano da filosofi acclarati come Massimo Cacciari, Giorgio Agamben, Gianni Vattimo. Protetti dal “chiagni e fotti” filosofico, si inalberano: “Come è potuto avvenire che un intero Paese sia crollato politicamente ed eticamente di fronte a una malattia?”. Una volta davanti all’insegna di una farmacia, lo spirito critico dei nostri sapienti grida all’apocalisse: ‘’L'agire politico ha lasciato il posto alla Scienza medica col risultato che siamo totalmente prigionieri della farmacopea’’. In breve, facciamola finita: indietro il vaccino, avanti l’estrema unzione, la salma è la virtù dei morti e salutame ‘a soreta. Ogni limite ha una pazienza, ironizzava Totò, e cosa abbia fatto di male a tali sofisti la Scienza medica e il suo braccio più amato, la farmacia, non riusciamo a immaginarlo, nemmeno con l’Intelligenza Artificiale. Anzi, vista la venerabile età dei nostri filosofi li vediamo festosi mettersi in fila a far incetta di pillole betabloccanti per scongiurare la pressione alta onde evitare di finire fulminati da un attacco cardiaco; oppure mettersi in tasca una capsula blu di Viagra, che ha concesso alla senilità dell’uomo di poter godere dei tempi supplementari per la sua vita sessuale. Essì, in molti casi funziona più un Cialis che un pensiero di Heidegger. Il sole dell’avvenire, anziché dalle rivoluzioni politiche, è arrivato – e senza spargimenti di sangue – da un vaccino. L'umanità è cambiata non perché Karl Marx abbia scritto il Manifesto ma perché Gregory Pincus e John Rock hanno inventato la pillola anticoncezionale, che ha fornito una fortissima identità sociopolitica alle donne (più del femminismo). Le rivoluzioni non le fanno le idee ma gli strumenti in grado di cambiare la realtà. La storia della civiltà umana si può ripercorrere attraverso gli oggetti: tipo la ruota, l’aratro, le armi da fuoco; l’invenzione della stampa di Gutenberg nel 1400 fu una mossa rivoluzionaria che ebbe immani conseguenze, leggi Rinascimento; l’auto e il treno hanno fondato la civiltà industriale, etc. Negli Anni ‘70 il guru della rivoluzione digitale, Stewart Brand, disse: “Volete provare a cambiare la testa delle persone? Perderete tempo. Cambiate gli strumenti, i dispositivi, gli oggetti che hanno in mano e cambierete il mondo”. Certo, il pensiero è azione, nulla è producibile che non sia pensato. Ma più ancora che i grandi movimenti artistici, le ideologie, la letteratura, sono i prodotti della Scienza medica che hanno separato la vita dalla morte, scongiurandola, e condotto tutti noi in una nuova chiesa, la farmacia, alla ricerca continua di un antidoto alla fine. Datemi retta, cari filosofi, inoculatevi una dose di “AstraSeneca”, il nuovo vaccino contro la variante ignorante.

Matteo Pucciarelli per “la Repubblica” l'1 settembre 2021. Al primo posto della classifica della settimana c'è un prodotto Feltrinelli, al terzo Rizzoli (l'autobiografia di Giorgia Meloni). E al secondo, new entry in mezzo alle corazzate editoriali con la loro iper visibilità nelle librerie, c'è la bibbia dei No Covid, di chi nega la reale consistenza e pericolosità del virus che ha messo in ginocchio mezzo mondo: si tratta di Eresia , edito da Byoblu - piccola casa editrice figlia del sito famoso per dar voce a numerose teorie del complotto e che sogna di diventare tv - , ben 20 euro per un volume di 300 pagine. Il libro è uscito lo scorso febbraio e l'autore è Massimo Citro Della Riva, medico cosiddetto eretico - per l'appunto - visto che teorizza la bontà delle cure alternative un po' per ogni male, compresi i tumori. Ci sono voluti dei mesi ma alla fine il prodotto è entrato con prepotenza nella hit parade che conta, cioè quella della saggistica più venduta (anche Amazon conferma: sul proprio store Eresia è al primo posto nella categoria Studi culturali e sociali). Claudio Messora, creatore e anima di Byoblu, dice che siamo a 30 mila copie vendute. Per un libro di saggistica, a maggior ragione se acquistato soprattutto grazie al passaparola in Rete, è un successo enorme. Il perfetto pedigree complottista del saggio è certificato dalla prefazione di Alessandro Meluzzi, lo psichiatra omaggiato guru della galassia cattolico-sovranista e dei cultori del cosiddetto "politicamente scorretto". Meluzzi presenta l'autore come un "salmone" che "nuota controcorrente", un medico che "è anche filosofo e poeta". L'incipit del libro recita: «La pandemia del 2020 è una rappresentazione. Per alcuni una tragedia, per altri una commedia, per altri una farsa». Ci sono «troppi dubbi. Strane coincidenze. Eventi poco chiari». E se se ne parla poco è perché «è ancora troppa la paura e si ha persino la paura di pensare». Secondo Citro Della Riva, il Covid può essere curato semplicemente con idrossiclorochina anche via aerosol, cortisone, zinco, vitamina C (meglio endovena), vitamina D3. E prevenuto con «un corretto regime alimentare». Tra moltissimi "sembra" e "pare che", una valanga di citazioni di questo o quel professore straniero, si provano a ridare i numeri dei morti, ovviamente abbassandoli. Poi però la maionese, già bella carica, impazzisce definitivamente: si arriva a collegare la pandemia con un disegno generale del "Sistema" di riduzione della popolazione portato avanti anche grazie alla denatalità, a sua volta favorita dalla liberazione sessuale, dalla pornografia, dall'omosessualità, dal femminismo che promuove l'eugenetica, dalla «sessualizzazione dei bambini», dalle droghe. Il maledetto "Sistema" ha addirittura imposto che invece di dire "ne*ro" si dicesse nero, che invece di dire "cieco" si passasse a non vedente. Alla fine la soluzione: «La salvezza è nella vita nei boschi. Senza televisione, cellulari, internet, moneta elettronica. Se fossimo in maggioranza a fare così, il "Sistema" crollerebbe in brevissimo tempo».

Insulti, dogmi, risse: il dibattito italiano tra tifoserie rivali che uccide la logica. Alessandro Sterpa su Il Riformista l'1 Settembre 2021. Assistiamo in maniera crescente all’impiego dell’insulto nella comunicazione sociale e in quella politica, fino ad arrivare ad una preoccupante diffusività della minaccia verbale e fisica che sta caratterizzando in particolare il tema dei vaccini e delle limitazioni in epoca Covid-19. Evidente che l’emotività ha preso il sopravvento si dice, ma sarebbe davvero riduttivo fermarsi a questo tipo di analisi. L’emotività c’è sempre stata a caratterizzare le relazioni umane, il punto è che oggi essa ha una pretesa assoluta nella “dialettica delle verità”. Un termine che evoca una contraddizione in re ipsa: non ci può essere dialettica tra due cose incompatibili e ritenute entrambe vere, una deve soccombere per legittimare l’altra. Il diritto costituzionale è nato per garantire il pluralismo nelle “società senza verità” (se non forse quelle tecniche) e si trova a dover fronteggiare crescenti spinte ad affermare verità ad horas. Non si media (nel senso che non si raggiungono compromessi) perché con la verità non hanno senso le mediazioni, ma si pretende che i media trasmettano la verità del momento altrimenti andrebbero addirittura puniti. Quando le emozioni prendono il dominio i compromessi della logica sono declassati a semplici e dolorose offese. L’“emotivamente vero” è spesso non solo privo della logica razionale che lo colloca nel mondo dei contrasti rendendolo compatibile con il convivere: c’è di più. Esso è anche “emotivamente parziale” perché seleziona tra diverse emozioni quella che in quel momento più sanziona in modo netto la veridicità di una posizione e la cristallizza. Dovremmo riscoprire l’importanza del “velo” davanti ad ogni “vero” perché così ci ricorderemmo che vero non è. Quel velo è il dubbio, l’altro, la prospettiva diversa. Mediare tra le emozioni è ancora più difficile che mediare i concetti con la logica razionale. Immaginiamo di dover tenere un referendum o di esaminare una legge sulla produzione energetica nucleare dopo un disastro in un impianto che ha prodotto molti danni. Esito facile: negheremmo l’attività delle centrali nucleari. Dopo 30 anni, costretti a produrre in altro modo l’energia elettrica, scopriamo che con altre tecniche abbiamo innalzato i livelli di inquinamento atmosferico con importanti esternalità negative sull’ambiente. A quel punto convertiremmo le centrali in nucleare perché l’incidenza dei potenziali incidenti è statisticamente minima rispetto alla certezza dell’inquinamento prodotto dalle altre modalità o perché vedremo foto di volatili uccisi dallo smog piuttosto che petrolio in mare che copre le spiagge? Emotività chiama emotività in un circolo vizioso di legittimazione delle emozioni. Dietro ad ogni emozione c’è un assoluto percepito come “giusto” su di un piano di parametri soggettivi in un brodo di buone intenzioni. Il punto è che dovremmo spezzare questo circolo che autoalimenta la “prossima emozione” ossia la “prossima verità” con un impegno che non deve estirpare le emozioni ma collocarle nel contesto logico, renderle gestibili. Serve una comunicazione che ritrovi le parole, che sono i numeri della logica, mezzo insostituibile. Più parole insomma (e qui si aprirebbe una lunga discussione sulle immagini…). E tra le parole serve rilegittimare a pieno titolo in particolare le congiunzioni avversative arricchendo la comunicazione di anzi, eppure, ma, però, tuttavia, bensì e quelle eccettuative (tranne che, eccetto che, salvo che, se non che, a meno che). Nel mondo globale dove tutto è connesso e complicato tendiamo a semplificare scatenando e sfruttando le emozioni. Il diritto è l’arte della mediazione formale delle idee e degli interessi e si adegua nella forma per raggiungere la sostanza del risultato che è suo compito perseguire. La giurisprudenza in questo aggiunge un complesso e articolato lavoro di bilanciamento, connessione e raccordo che tiene insieme le regole, i principi e i valori con un abbondante impiego di congiunzioni “anti verità” e adotta decisioni. Fino ai casi di cronaca nei quali si manifesta innanzi ai tribunali per invocare la “sentenza giusta”, l’appagamento dell’emozione in certi casi magari di vendetta punitiva. Pensate a certi miti del “normativismo emozionale”: “abolizione della povertà”, “pene esemplari”, “certezza della pena” oppure “guerra a…” con la categoria che emoziona in quel momento piuttosto che alla riforma di turno che “salva” la categoria odiata o amata di turno (“salva ladri”, “salva corrotti”…). In questo possiamo ben dire che c’è un ruolo dei media non sempre attento a non cavalcare le emozioni e che opera semplificando. Perché comunicare le emozioni pretende un certo grado di semplificazione. Proprio quando servirebbe una educazione alle emozioni, assistiamo al loro sfruttamento, anche da parte della stampa che adesso ne è purtroppo ingiustamente vittima. Quante volte nel titolo del quotidiano troviamo espressioni eccessive ed esemplificatrici? Quante volte nella descrizione della notizia troviamo aggettivi e avverbi che suscitano interesse al clic emozionando, incuriosendo chi cerca una emozione? Un tema antico, certo, ma oggi sarebbe utile che la rivoluzione delle parole che già interessa il diritto (pregi e difetti della questione) sia esportata nella comunicazione tradizionale e nuova dei media. Senza questa attenzione il circo(lo) delle emozioni rischia di essere una giostra dalla quale si scende tutti molto stremati, politici, giuristi e giornalisti. Volevamo uscirne emozionati e ne usciremo emaciati? Alessandro Sterpa

Gli errori che creano le fazioni. Claudio Brachino il 2 Settembre 2021 su Il Giornale. Io vax, tu no vax. Alla fine anche su un tema cruciale per la vita, delle persone e della società, siamo finiti al solito come i Guelfi e i Ghibellini. Divisi, in lotta, culturale e materiale, una pericolosa guerra civile del vaccino la cui posta in gioco è il futuro. Ma chi sono i no vax? Se togliamo le frange estreme, chi soffia sul fuoco, i rancorosi e i pazzi, dietro alle proteste e alle minacce, c'è un sottostrato sociale che va indagato. Ci sono milioni di italiani che non ne vogliono sapere di vaccinarsi. Sono una minoranza rispetto al 70% di over 12 che l'ha fatto, ma ci sono. Riprendiamo le immagini retoriche dell'arrivo della prima dose, la luce in fondo al tunnel e mettiamole accanto a quelle di questo fine agosto. Sono passati appena otto mesi. Cosa non ha funzionato nella narrazione? La scienza in primis, che non ha saputo trasmettere all'opinione pubblica la potenza delle proprie scoperte. Il tempo breve anziché un successo è diventato un fattore di diffidenza, troppi annunci contraddittori e una frettolosa spiegazione sui cosiddetti effetti collaterali. La statistica non basta a tranquillizzare. Poi anche in campo medico abbondano gli eretici. Il mio barista mostra il cellulare aperto su un canale con specialisti che raccontano di danni pazzeschi. Serve i clienti e fa propaganda contro. Secondo tema, la comunicazione. In questi giorni dito puntato contro i cattivi maestri. Ce ne sono certo in tv, sui giornali, in libreria dominano i saggi negazionisti. Ma il vero problema è la non mediazione del web, la sua forza disinformativa globale. Non solo fake, ma news profilate con gli algoritmi sulle angosce di ognuno. Basta rivedere il documentario The social dilemma o avere in casa un adolescente non conformista. Vai nel suo mondo e trovi l'orrore. Più clicchi e più vieni profilato. I dubbi diventano in fretta convinzioni ferree e poi rabbia. Ultima, ma non ultima, la politica. Non si può giocare sul consenso. Le posizioni devono essere chiare e responsabili. Né serve estendere il green pass come moral suasion. Alla fine, molto presto, sarà obbligata la politica a discutere sull'obbligo vaccinale, con buona pace dei teorici della libertà rimasti in silenzio con i lockdown e i coprifuoco. Claudio Brachino 

Enza Cusmai per “il Giornale” il 19 settembre 2021. Nove milioni e ottocentomila italiani sfuggono alla rete del super green pass. È la stima messa a punto dal Dipartimento della funzione pubblica, elaborando i dati Istat con quelli raccolti dallo staff del Commissario straordinario al Covid, Francesco Figliuolo. Questa bella fetta di popolazione, paragonabile agli abitanti complessivi della Lombardia, resta fuori dai radar del green pass seconda versione, che lo ricordiamo, coinvolgerà dipendenti del settore pubblico, privato e partite Iva. Intanto però spunta la raccolta firme per un referendum abrogativo dell'autorizzazione verde. Ma chi sono gli irriducibili, che non sono costretti dalle nuove regole a farsi il tampone o il vaccino? Si parte dai pensionati fino alle casalinghe. Si aggiungono gli inattivi, i no-vax e i ni-vax della pubblica amministrazione, i giovani indecisi che non lavorano o vanno a scuola dove non è previsto alcun accesso controllato per gli studenti. Vediamo i numeri della proiezione. Dei 3,2 milioni dipendenti pubblici, circa 300mila non si vaccineranno perché esentati per motivi di salute o perché oppositori della siringa. Nel privato si stima che su 14,7 milioni di lavoratori, saranno rilasciati circa 11 mila green pass. Dunque 3,7 milioni di dipendenti ne saranno privi. Alla lista vanno aggiunti gli inattivi, cioè quelli che non lavorano cercano occupazione. Sono 13,5 milioni: per loro, la stima di green pass rilasciati si ferma a 10,8 milioni. Ne restano fuori 2,7 milioni. Poi 2,3 milioni di disoccupati di cui 500 mila esclusi dall'estensione del green pass. Dei 13 milioni di pensionati, invece, un milione non avrà la carta verde. Infine, per i 4,6 milioni di giovani tra i 12-19 anni, la stima dei green pass che saranno rilasciati è fissata a circa 3 milioni. Le previsioni potrebbero essere sovvertite magari in modo positivo. Non dimentichiamo che molte delle attività ricreative e sociali sono legate alla presentazione del certificato. Ma anche al netto degli esclusi, il governo conta di poter raggiungere l'immunità di comunità entro fine ottobre. Infatti, senza considerare gli effetti dell'ultimo decreto, le proiezioni del Commissario straordinario dicono che al 15 ottobre saranno stati sottoposti a ciclo completo di vaccinazione oltre 44 milioni di individui (81,7% della platea vaccinabile, pari a oltre 54 milioni), mentre circa 2,9 milioni (5,4% della platea) saranno in attesa della seconda dose. Il nuovo decreto accorcerà però tempi e stime. L'80% di copertura vaccinale sarà anticipato a fine settembre e per il 15 di ottobre, quando circa 23 milioni lavoratori saranno costretti a vaccinarsi o tamponarsi ogni due o tre giorni, si potrà rasentare il 90% di immunizzati con almeno una dose. I numeri attuali sono più contenuti. Il 68,8% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale e il 5,6% è in attesa di seconda dose. Complessivamente contando anche il monodose e i pre-infettati che hanno ricevuto una dose sono parzialmente protetti il 74,5% degli italiani vaccinabili. Ora, però, il nuovo provvedimento estensivo darà un'accelerata alla campagna vaccinale, del resto già in atto: in due giorni c'è stata un'impennata delle prenotazioni in tutta Italia. Persino in Sicilia, regione che vanta il primato negativo del minor numero di vaccinati, negli hub vaccinali è stato riscontrato un forte incremento di presenze e le prenotazioni sono raddoppiate in tutte le città. E ieri è stata annunciata una raccolta di firme per il referendum abrogativo delle norme sul green pass. La promuove un comitato composto, si legge sul sito «referendumnogreenpass.it», dall'avvocato di Salerno Olga Milanese, da Luca Marini docente di diritto internazionale alla Sapienza, e da Francesco Benozzo, docente di filologia romanza all'università di Bologna. Fra i promotori, anche il giornalista Carlo Freccero.

Antonio Amorosi per affaritaliani.it il 18 ottobre 2021. Chiamiamo il professore (Carlo Freccero) durante le cariche con lacrimogeni e idranti sui portuali No Green Pass di Trieste. Sto guardando le immagini. Sono sconvolto. A Trieste è morta la democrazia .

Professore, c'è indignazione, sdegno per quanto sta accadendo ma è da tempo che lei è molto preoccupato…

Lo sono tremendamente. La popolazione non vede il grande piano delle élites mondiali, il grande Reset di Davos, ne parla Klaus Schwab, il direttore del World Economic Forum nel suo ultimo libro Covid-19, The Great Reset 

Ne sta parlando da tempo anche lei, legandolo alla pandemia...

La pandemia è la motivazione giusta per mettere in atto una costrizione sanitaria, come già illustrato anni fa da Michel Foucault nel suo capolavoro Sorvegliare e Punire, nel capitolo sul Panottico. La seconda tappa é la distruzione dell’economia reale e questa passa attraverso l’Agenda verde, la decrescita, le tasse sulle energie fossili

Lei lega un piano delle élites alla gestione della pandemia, quelle stesse élites che hanno pianificato anni fa la globalizzazione selvaggia in cui viviamo oggi. E' così e dobbiamo preoccuparci?

Pochi sanno che nel settembre 2019 la finanza mondiale era in procinto di implodere, un rischio reale di insolvenza delle banche. La soluzione, da parte delle banche centrali, è stata di emettere liquidità sui mercati, senza limiti di sorta, ma per evitare di creare inflazione bisognava paralizzare i consumi delle popolazioni, imprigionandole nelle loro case con strumenti come i lockdown, il coprifuoco, le limitazioni ai viaggi e agli spostamenti. Altrimenti come si sarebbe potuto imporre ai cittadini un’agenda tanto assurda?

Un processo? Ma è possibile? Le epidemie accadono e accompagnano gli uomini dalla notte dei tempi. Lei pero dice: il tutto cambia per come vengono gestite, soprattutto oggi che abbiamo tanti mezzi. O sbaglio?

Assurdo ma esistente e imponente. Consideri solo che da quando la pandemia è iniziata le multinazionali moltiplicano i guadagni, mentre la gente comune è sempre più povera.

Questo la dice lunga. La gestione della pandemia si è fatta sulla scia del grande reset. Al resto basta il piano Schwab. L’obiettivo finale, da raggiungersi entro il 2030 è illustrato da uno slogan del WEF: nel 2030 non possederai nulla, ma sarai felice! 

Come?

Con il fallimento delle piccole e medie imprese a favore di banche e multinazionali 

Andiamo verso una nuova rivoluzione industriale, per quanto mostruosa, che avrà queste caratteristiche?

Sì, La quarta rivoluzione industriale, un altro libro di Schwab, in cui il direttore del WEF spiega cosa deve accadere. 

Cosa?

L’uomo deve integrarsi con l’intelligenza artificiale, diventando un ibrido uomo-macchina. Questa ibridazione può essere fatta dall’esterno con la tessera digitale, dall’interno con un chips. Per questo è venuta a volatilizzarsi la privacy, in ogni settore. 

E’ un processo legato a quest’ossessione del controllo che ha ispirato Schwab. Nei suoi testi è un elemento cardine. Porterà a un nuovo tipo di società con il fallimento del particolare e del nostro tessuto produttivo 

Molti ridicolizzano questo scenario. E’ possibile un piano del genere?

Non c’è alcun complotto. Cosa è accaduto lo ha spiegato benissimo Warren Buffet, quando ha detto “la lotta di classe esiste e l’abbiamo vinta noi, le élites”.

Nel rappresentare la realtà i media sono stati fondamentali durante la pandemia. Lei è un massmediologo. Qual è la sua riflessione sull’informazione? Il sociologo tedesco Niklas Luhmann sosteneva che la comunicazione, con qualsiasi tecnologia attuata, fosse l'unico vero fenomeno sociale. La comunicazione plasma la realtà. C'è una guerra in atto nell'informazione?

Più che guerra direi che c’è una propaganda a senso unico. Accade perché le élites possiedono, oltre tutta la ricchezza del pianeta, tutti i grandi gruppi di informazione che sono così pochi da poter essere indicati con le dita della mano. 

Come la lotta di classe delle élites é stata vinta perché non aveva un antagonista, così anche la propaganda si è imposta in mancanza di antagonisti. Piuttosto oggi c’è una resistenza. Se la società è informazione, la resistenza oggi è resistenza mediatica

Sembra che una forma di resistenza, addirittura di lotta di classe, prima patrimonio della sinistra, la facciano le destre. Nelle periferie, tra i diseredati ci sono sempre più gruppi con questo orientamento. Si sono capovolti i parametri? Come lo spiega?

Con il passaggio dall’economia reale alla finanza, la lotta di classe ha cambiato segno. Nell’economia reale lo sfruttamento passava attraverso la proprietà dei mezzi di produzione. Per tanto la lotta di classe era fra padroni ed operai. Nella finanza invece lo sfruttamento passa attraverso la moneta a debito.

La nuova lotta di classe, quella di oggi, avviene tra le banche, che possono emettere moneta solo indebitando tutti gli altri, e il resto del popolo oppresso dal debito. Questo popolo dell’economia non comprende solo gli operai, ma anche gli imprenditori, strangolati dal debito. Il serial La casa di carta è una grande allegoria di questa nuova lotta di classe 

Per questo ha avuto un così grande successo...

Sì, una banda di Robin Hood decide di svaligiare la banca centrale. Tutti pensano che usciranno da quella banca portando in spalla sacchi di banconote già stampate. Invece si barricano dentro e cominciano a stampare moneta.

Nella lotta di classe tradizionale la destra sono i padroni e la sinistra gli operai. La sinistra per tanto funge un ruolo di parte attiva. Nella lotta di classe di oggi la lotta è tra l’alto e il basso. Le élites oggi sono parte attiva, cioè conducono il gioco. Ma si gioca tra banche e popolo pieno di debiti

E cosa può fare il popolo?

Il popolo intanto può solo prendere coscienza. Ma la coscienza che può prendere il popolo non sembrano averla i sindacati, ancora appiattiti sul mito ottocentesco del lavoro come fonte di ricchezza e in nome di questo lavoro sacrificano i diritti dei lavoratori

Durante questi 2 anni si è molto parlato di scienza e scienziati. Secondo lei la gente sa cos'è la scienza e come funziona? Come viene finanziata, come si muove la comunità scientifica e gli enti regolatori?

Oggi se dal lato epistemologico, cioè della filosofia della scienza, la scienza si pone limiti rigorosi, dal lato della vulgata e della propaganda viene indicato come scientifico proprio ciò che si sottrae ad ogni verifica

Tutti coloro che esprimono dubbi sulla vaccinazione, con i nuovi sieri sperimentali, scienziati compresi, perché la comunità è divisa, vengono additati come pazzi, untori, irresponsabili. Cosa pensa di questo approccio diffuso?

Pensiamo ai vaccini, che ci vengono imposti come scientifici senza aver terminato il ciclo di sperimentazione, previsto sul bugiardino nel 2023. Non a caso siamo obbligati a sottoscrivere il cosiddetto consenso informato per liberare da ogni responsabilità l’apparato, lo Stato, che ce li impone. 

È un assurdo scientifico. Inoltre vorrei solo aggiungere una constatazione: le persone vaccinate che chiedono più vaccinazioni credono che i vaccini proteggano dal virus e le vaccinazioni dal contagio. Non è così. Lo abbiamo visto dai numeri. Se i non vaccinati fossero fanatici, come alcuni vaccinati, dovrebbero richiedere per legge l’allontanamento dei vaccinati

Diverse ricerche americane dimostrano che i Millennials e la Generazione Zeta sono quella parte della società che ha meglio accettato le misure governative di contenimento della pandemia e le campagne di vaccinazione. Lei che ne pensa?

I Millennials sono nati e cresciuti in un grande Truman Show. Hanno imparato ad usare i gadget digitali, prima di imparare a scrivere 

Sono quella generazione nata e cresciuta insieme alle tecnologie digitali. Si identificano nelle tecnologie e vogliono salvare il mondo attraverso queste, sono consumatori che forse non si rendono conto di essere loro i primi ad essere consumati perché necessari e strumentali alle web company e a chi le governa? O sbaglio?

Non sbaglia. A scuola hanno imparato gli obiettivi dell’Agenda 2030. Nel tempo libero socializzano on line e non dal vero. Questi ragazzi sono cresciuti praticando da sempre il distanziamento sociale ed il lockdown spontaneamente. Per questo li hanno accettati subito come naturali. Questa realtà era già la loro vita. E’ questo il dramma

Sta accadendo però qualcosa di nuovo, anche in Italia?

Le piazze piene di queste settimane. Per due anni siamo stati inerti come Paese mentre tutto il mondo si ribellava. Eravamo in preda ad un’ipnosi collettiva che ci paralizzava. Il Green Pass ha prodotto il miracolo. 

Orgogliose delle loro vittorie le élites si sono divertite in questi anni a fare a pezzi, attraverso falsi obiettivi ed un condizionamento martellante, il valore della solidarietà sociale. Ma prima sono arrivate le parole del vicequestore di Roma Schilirò poi le piazze piene e oggi i portuali di Trieste. Mi sono commosso. Riportano in vita una parola che era cancellata dal nostro vocabolario: solidarietà. Bisogna ricominciare da lì.

Covid, il complotto di Carlo Freccero: "Ci governano con la paura e gli italiani obbediscono. Chi c'è dietro". Libero Quotidiano il 20 settembre 2021. "Preso atto della irriformabilità della Costituzione, le élite sembrano aver trovato la soluzione nel metterla fuori gioco, nel bypassarla in nome dell'emergenza. Per superare questo ostacolo si è ricorsi, fin dall'inizio della pandemia Covid, a strumenti capaci di oltrepassare il problema: Dcpm e Decreti legge. Come veterano della tv generalista non potevo non vedere come le reti Rai e commerciali ed i giornali fossero impegnati in un massiccio sforzo di propaganda. Con la pandemia il dibattito si è spostato in campo sanitario. È bastato trasferire dalla politica alla sanità l'attenzione dell'elettorato, per ottenere quel consenso che sul piano politico non era possibile conseguire", scrive sul Fatto Carlo Freccero a proposito di vaccino, coronavirus e green pass. "Gli italiani stanno obbedendo. Aderendo alle richieste del governo ci spogliamo volontariamente di qualsiasi difesa nei confronti di un potere sempre più pervasivo. In realtà le élite transnazionali stanno decidendo per noi e lo fanno ormai a carte scoperte, come se ritenessero già conseguita la vittoria. Sta a noi decidere se le loro scelte sono anche le nostre. Si tratta di un controllo assoluto di ogni cittadino del mondo al fine di promuovere la fusione uomo-macchina e collegando i cervelli umani all'intelligenza artificiale. È di questi giorni la pubblicazione da parte dell'Oms del prototipo di tessera sanitaria a cui gli Stati devono attenersi. È di tutta evidenza che il green pass non è altro che il primo embrione di quella tessera digitale che conterrà i nostri dati sanitari, censirà i nostri spostamenti, valuterà tramite algoritmi la nostra obbedienza al sistema", rivela Freccero. "Queste decisioni sono state già prese sulle nostre teste. Democrazia significa governo del popolo. Da tempo le élite hanno emarginato il popolo dal suo ruolo politico e da ogni decisione. Gianis Varoufakis ex ministro greco delle finanze nel governo Tsipras, ha scritto un libro di memorie dal titolo emblematico, Adulti nella camera: secondo le élite le decisioni devono essere prese dagli adulti, cioè le élite stesse, e il popolo bambino deve essere tenuto fuori dalla stanza dei bottoni. Possiamo accettare tutto questo?", si chiede e conclude il dirigente Rai.

Da la7.it l'1 ottobre 2021. Carlo Freccero ospite di Corrado Formigli a Piazzapulita: "Morisi? Non l'ho mai trovato geniale, era sempre di basso livello". Poi prosegue: "In Italia c'è una frattura sociale enorme. Il lockdown ha creato delle comunità attraverso i social, e questo ha aumentato la frattura nella società"

DA iltempo.it l'1 ottobre 2021. Vaccino obbligatorio, green pass e libertà personali. Giovedì 30 ottobre a Piazzapulita intervengono Carlo Freccero, già direttore di Rai2, e il virologo Andrea Crisanti. Un vaccino anti-Covid "che ha una protezione si sei-sette mesi diventa complicato renderlo obbligatorio", dice il professore , "Perché vuol dire che devi renderlo disponibile a tutti quanti ogni 5 mesi. Questo non vuol dire che i vaccini non hanno un effetto importante contro i danni gravi del Covid", ribadisce. Per Crisanti la politica non ha optato ancora per l'obbligo vaccinale in quanto non c'è uniformità di vedute sulla sanzione da comminare a chi non si vaccina. "Il green pass è la mediazione, un compromesso..." E qui interviene Freccero che tira in ballo la Convenzione di Ginevra: "Ce lo proibisce, Norimberga ci ricorda che le cose sperimentali non si possono fare" dice l'autore ed esperto di tv. "Le cose sperimentali non si posso fare ma dopo 4 miliiardi di dosi chiamarlo sperimentale è una forzatura" argomenta Crisanti. Freccero non ne vuole sapere: "Sul bugiardino c'è scritto altro, conosco persone che hanno avuto conseguenze negative. Ma tra la morte e una trombosi o un ictus, cosa è peggio? L'elenco delle persone che hanno avuto" effetti avversi è lungo, attacca Freccero. "Si siete riusciti, ci sono cascato ancora una volta, non volevo parlare di questo" si rammarica Freccero protagonista nei giorni scorsi per la teoria del Grande Reset. Ma Crisanti non molla: "Le fa piùà paura la malattia o il vaccino?", chiede. "Più del vaccino, devo ammetterlo", risponde Freccero. "Lei pensa di inon potersi infettare col suo comportamento ma deve essere fortunato tutte le volte" che entra in contatto col virus, mentre con il vaccino è fortunato sempre, dice Crisanti. "Ma io sono ottimista, usciranno le cure". Il conduttore Corrado Formigli allora interviene: "Dici così perché tutti gli altri sono vaccinati. La variante delta corre". "Faccio tamponi, e seguo i consigli medici", replica l'ex dirigente Rai. "Ma se incontri un altro no vax... Stai attento" raccomanda il conduttore.

Mattia Feltri per "la Stampa" il 21 settembre 2021. L'amore per la libertà in questo Paese ha un andamento stravagante. O meglio, un andamento spiegato dal fatto che abbiamo le città più sporche e le case più pulite del mondo, il debito pubblico più alto e il più alto risparmio privato. Tutto quanto sappiamo di comunità si restringe a noi stessi, alla nostra famiglia, al massimo alla nostra corporazione, sintomo scintillante del fascismo eterno e collettivo. A turno, nell'ultimo anno e mezzo, ogni categoria ha protestato per le restrizioni anti Covid, e soltanto in nome della categoria. Ma con la lotta al Green Pass, elevato a strumento della dittatura sanitaria o, in qualche mente particolarmente brillante, del complotto planetario, sto assistendo alla più straordinaria sollevazione in nome della libertà che abbia mai visto in cinquantadue anni di vita. Nulla li smosse prima, e non vorrei incartarmi nell'elenco, basta ricordare un numero già molte volte ricordato: ogni anno mille italiani (dato certo ma incompleto), più probabilmente duemila (stima verosimile), forse addirittura tremila (stima pessimistica) finiscono in carcere per errore. Non avevano fatto niente, e sono finiti in carcere. Ma non si protesta, è la libertà degli altri, chi se ne frega. Però se io non voglio vaccinarmi - frase in cui l'epicentro è io - allora è dittatura sanitaria. Il vaccino e il Green Pass non sono la libertà, come è stato imprudentemente sostenuto: sono una dolorosa imposizione attraverso la quale abbiamo riaperto le scuole, i ristoranti, i posti di lavoro, e abbiamo cominciato a riconquistare spanne di libertà. E in questo caso l'epicentro della frase è noi.

Massimo Gramellini per il "Corriere della Sera" il 21 settembre 2021. Dopo l'allarme lanciato da un intellettuale del calibro di Freccero, secondo cui il green pass altro non è che l'anticamera del Grande Reset, ho preso informazioni su questa nuova minaccia che aleggia sopra le nostre teste vaccinate di fresco. Il Grande Reset sarebbe (ma il mio uso pavido del condizionale è probabilmente un effetto collaterale del vaccino) il piano ordito da una élite di miliardari per instaurare il governo mondiale del comunismo, usando la pandemia come alibi e l'ecologia e la tecnologia come strumenti. Per i teorici del Grande Reset, la prova inconfutabile della sua esistenza è che il principe Carlo d'Inghilterra ne ha auspicato l'avvento durante un convegno di banchieri. Ora, che uno snob come Carlo si batta per il comunismo mondiale può rientrare nella lista delle sue bizzarrie. Ma perché i miliardari seri dovrebbero finanziare un cambio di sistema, dal momento che quello attuale è già per loro più che soddisfacente, e sostituire i governanti in carica con rivoluzionari bolscevichi ormai difficili da trovare persino su eBay? E com' è possibile che in questa pletora di complotti segretissimi con migliaia di congiurati, non si trovi mai lo straccio di un pentito disposto a vuotare il sacco? Tra l'altro il fantasma dell'alleanza perversa tra ricchi e poveri alle spalle dei borghesi piccoli-piccoli non è neanche inedito: lo agitava già un signore con i baffetti, in una birreria di Monaco, circa un secolo fa. Freccero converrà che è meglio resettare. 

Essere Carlo Freccero, da Guy Debord al complotto de’ noantri. Come l’eterno “enfant prodige” della tv italiana è diventato seguace della teoria del “big reset”: «Il Covid? una congiura delle élite per eliminarci». Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 23 settembre 2021. Non c’è apocalittico più integrato di Carlo Freccero. Intellettuale in perpetuo movimento da quasi quarant’anni intreccia con destrezza il sacro e il profano, l’alto e il basso, gli anfiteatri della Sorbona e gli studi televisivi della Fininvest, potere e contropotere, audience e diamat, il maggio francese e le spaghettate a Fregene, Theodor Adorno e Mike Bongiorno. Con quella nomea di genietto della lampada appiccicata addosso che è il suo imperituro marchio di fabbrica; Freccero cucina e vende programmi dagli anni 80, è un alto e gallonato esponente della baronia televisiva ma riesce sempre presentarsi come l’irregolare, l’eretico, il principe visionario del piccolo schermo. Tanto di cappello. «La mèche nera e ribelle, l’occhio pieno di lampi, Carlo il passionale e il febbrile, la timidezza e il vestito stretto che porta senza cravatta non riescono a nascondere un Vesuvio sull’orlo dell’eruzione. Ma anche Carlo il filosofo che cita Baudrillard che si muoveva tra le barricate e sognava la rivoluzione e il sol dell’avvenire, sommo sacerdote della tv commerciale a 39 anni. Sì, ci affascina con quell’aria da elfo, le elucubrazioni da Zabulon e il sorriso modesto, da antieroe». Così lo descriveva nel 1987 il quotidiano Le Monde quando fu chiamato da Silvio Berlusconi a dirigere la Cinq, la grande scommessa (poi perduta) del Cavaliere che tentò di conquistare il monolitico paesaggio mediatico transalpino. I francesi, che non amavano Silvio, si innamorano a prima vista di quel guizzante folletto dell’etere, così diverso dagli incravattati, rampanti (e ignoranti) manager degli anni 80. Tanto che quando la Cinq è costretta a chiudere i battenti, Freccero viene chiamato da Jean-Pierre El Kabbash (autentico guru della tv transalpina) a dirigere la programmazione del palinsesto di France 2 e France 3 le due emittenti di Stato che arrancavano di fronte alla privatizzazione di Tf1 (il canale più seguito d’oltralpe) e all’irresistibile ascesa della tv via cavo di Canal plus. E con quell’immagine contraddittoria di sofisticato pensatore heidegherianamente gettato nelle grevi e roboanti arene degli studi tv, in bilico tra ermeneutica e mainstream, tra antagonismo e mercatismo, ci gioca da quando i media si sono accorti di lui. La vanità ha fatto il resto. A viale Mazzini nel corso degli anni ha occupato poltrone di prestigio, ha diretto Rai 2 (due volte, la seconda con effetti altamente cringe), Rai sat, Rai 4, è stato membro dell’ambitissimo Cda, ma guai a dargli del signorotto, guai ad associarlo al sistema, alle odiate élite, Freccero ci tiene a ribadire che l’establishment gli ha sempre messo i bastoni tra le ruote e lui lo ha combattuto con coraggio e alterità, come il Fabrizio De André di Storia di un impiegato che il potere l’ha «gettato dalle mani». Salvo poi riprenderselo al giro successivo. Situazionista anche per le tante “situazioni” professionali che è riuscito a ritagliarsi nel corso della sua carriera, gauchiste, foucaultiano, berlusconiano, grillino, e infine «sovranista e patriota» come ha fieramente rivendicato in una spassosa intervista rilasciata al Foglio mercoledì scorso. L’ultimo approdo dell’eterno enfant prodige della televisione italiana è la trincea della lotta al green pass, alla dittatura sanitaria, o la «tirannide senza scrupoli» per dirla con Giorgio Agamben altro attempato intellettuale in lotta con i draghi (o i Draghi) del pensiero unico. Amante delle grandi costruzioni filosofiche, e memore delle giovanili passioni per Michel Foucault, Freccero non denuncia semplicemente le inefficienze, le negligenze, o magari la malafede dei governi, l’avidità di Big Pharma, le contraddizioni tra sicurezza e libertà come farebbe qualsiasi intellettuale critico. Noi comuni mortali osserviamo il dito delle piccole beghepoliticiste, i grandi intellettuali guardano invece la luna, una luna che illumina il mondo con una luce cupa. Dietro il dispositivo dei lockdown, delle vaccinazioni di massa, dei green pass obbligatori c’ è una volontà precisa, ribolle una spietata cospirazione ai danni dei popoli da parte di individui privi di senso morale, «si tratta del great reset o grande reset», denuncia il nostro citando l’espressione coniata dal principe Carlo di Galles e dal direttore del World Economic Forum Klaus Schwab che, nel maggio del 2020, avevano abbozzato alcune timide proposte per ricostruire l’economia globale dopo la pandemia di Covid 19. Scenari astratti senza riscontri o proposte reali a cui agganciarsi, ma buoni a far drizzare le antenne del complottista medio. Semplificando: il coronavirus è stato creato dai vertici finanziari per ristrutturare l’economia del pianeta, controllare i governi e instaurare un nuovo ordine mondiale. Una classica e neanche molto elaborata teoria del complotto che da mesi lievita nelle pieghe del web, conquistando un’eteroclita ma determinata armata Brancaleone di adepti e seguaci. Come spesso accade le suggestioni cospirazioniste sono double face, si possono cioè interpretare a seconda della propria “sensibilità” politica, così per alcuni il grande reset è una congiura dei poteri forti del capitalismo planetario, i soliti Bildeberg, rettiliani e illuminati ( e perché no, ebrei), allo scopo di arricchirsi ai danni della povera gente, per altri sarebbe addirittura una macchinazione comunista volta a eliminare il sistema sociale fondato sulla libera impresa. Una favola nera fatta di distopie e trame sinistre, come in una fiction di quelle che tanto piacciono a Carlo Freccero. Che in questo cortocircuito ideologico non solo ci si tuffa allegramente ma ne abbraccia la versione più estrema e radicale, sostenendo addirittura che il fine ultimo del grande reset non è il semplice potere oligarchico ma l’eliminazione di gran parte della popolazione umana della Terra: «C’è un filone che parte da Malthus, ovviamente. Guardate il ministro Cingolani: dice che bisogna portare la popolazione mondiale da nove a tre miliardi. L’ho trovato su internet, questa cosa è importante», continua nell’intervista rilasciata al Foglio In uno sprazzo di improvvisa lucidità poi ammette: «Forse sono figlio di Piazza Fontana. La mia generazione è contaminata dalla scuola del sospetto». Anche se poi sorge il dubbio che un peso massimo del citazionismo gigione e narcisista come Freccero intendesse la scuola del sospetto filosofico dei vari Marx, Nietzsche, Freud, giusto per appuntarsi l’ennesima medaglia e aggiungere qualche altra iperbolica giravolta del pensiero al già folto campionario di paraculismo e mirabilia.

Fabio Dragoni per "la Verità" il 27 settembre 2021. «Il denaro non dorme mai», diceva Gordon Gekko, l'iconico trader del film Wall Street di Oliver Stone interpretato da Michael Douglas. Neppure Carlo Freccero dorme mai. Nel vero senso della parola. Dal suo cellulare partono e arrivano chiamate alle ore più impensabili. Abituato ai ritmi massacranti e infernali di chi ha lavorato e rivoluzionato la televisione italiana, da giorni i suoi pensieri e le sue parole sconvolgono il dibattito. È l'uomo che ha inventato dal nulla la televisione commerciale pensando e creando contenuti. Nessun genere escluso: informazione, intrattenimento e approfondimento. Prima in Mediaset poi in Rai. Si è occupato di tv pure in Francia. Dalla tv generalista a quella digitale per finire a Internet. Freccero è immerso in tutto ciò che è comunicazione. L'accelerazione autoritaria innescata con l'imposizione del green pass è ciò che lo tormenta. Ha deciso anche di partecipare come testimonial per promuovere la raccolta di 500.000 firme: l'obiettivo è quello di arrivare a un referendum abrogativo della legge che istituisce il green pass. Scelgo di partire dal suo vero -non so se unico - amore: la televisione. 

Freccero, chi è che guarda la televisione oggi?

«Visto il contesto in cui ci troviamo oggi viene spontaneo pensare che la spaccatura fra televisione e Internet sia legata a una scelta ideologica di campo del pubblico: da una parte il mainstream e dall'altra il non mainstream; e se preferite la verità convenzionale di quel momento contro l'opposizione e il pensiero dissidente. Non è così. Non sono i covidioti a cercare la televisione. È la tv che fabbrica i covidioti (qui il tono della sua voce diventa stentoreo, ndr). Il medium è il messaggio e il messaggio costruisce il suo pubblico. La tv è la fabbrica della ripetizione e quindi del conformismo. Il pubblico della tv generalista è conformista, è l'incarnazione di quanto può essere detto, in un determinato campo, in quel preciso momento. Poi la tv non richiede competenze tecniche specifiche. Si indirizza al pubblico non digitale. Infatti, statistiche alla mano, è in genere un pubblico anziano, almeno psicologicamente». 

Quindi chi non guarda la televisione

«Ha competenze tecniche e risorse economiche per guardare altro. Chi sa usare Internet può accedere alle nuove piattaforme. È un pubblico giovane, appartenente al lato positivo del digital divide (divario digitale, ndr). Un pubblico che può accedere alle piattaforme a pagamento». 

In quanti sono scappati dalla televisione negli ultimi 10-20 anni?

«L'esodo arriva ben prima delle attuali proteste ed è legato alle tecnologie. Eravamo abituati a fasi storiche dominate da un unico medium: la galassia Gutenberg era dominata dalla stampa. Dopo è arrivata la tv generalista. Infine, il digitale ci ha proiettati nella multimedialità: se i media si moltiplicano si erode la base di utenti di ciascuno di loro. La televisione generalista non può più essere tale. Però avendo fatto anche l'esperienza della tv digitale, posso dire che in Italia, tutto sommato, la televisione generalista si difende meglio che altrove».

Sulla carta stampata i conti sono più facili da fare. I primi sei quotidiani italiani nel 2008 fra edicola e Internet diffondevano quasi 2 milioni di copie. Oggi poco più di 600.000.

«Anche il crollo dei giornali è in parte legato alla multimedialità. Internet e tv sono infinitamente più veloci nel comunicare notizie. La stampa poteva sopravvivere valorizzando la sua natura intrinseca di medium razionale e critico. La stampa ha sempre dettato l'agenda. Invece ora i giornali si sono appiattiti sull'agenda della tv, diventando spesso totalmente superflui». 

Il suo mestiere era anche profilare gli utenti. Cosa sono di preciso i fuggitivi della tv? Una ridotta che resiste al messaggio delle élite? E che quindi, pur essendo minoranza, possono segnare l'esito di una elezione?

«Diciamo una parte; quella che comunica attraverso Internet, il personal computer e gli smartphone. Sono mezzi che implicano attività da parte di chi li usa. La rete conserva la documentazione degli utenti e questa parla da sola contro la propaganda messa in scena dal potere. Tutto ciò non impedisce che social come Facebook o Instagram abbiano un pubblico di narcisisti. Aspirano a diventare influencer e passano il tempo a farsi i selfie con status symbol e a fotografare cosa hanno nel piatto o dove sono in vacanza. Nonostante ciò, però anche sui social più diffusi si è costruito nel tempo un nucleo di utenti che parassitano il social postando contenuti eretici. In una ricerca che ho fatto per la rivista Link su media e propaganda, notavo come tutta la propaganda fosse concentrata sulla televisione. Questa non ha bisogno di censura. Data la sua passività, il pubblico televisivo tende naturalmente ad abbracciare le tesi istituzionali, tanto da arrivare a difenderle come proprie e ad aggredire i negazionisti. Viceversa, i social, nonostante l'apparato imponente messo in campo, non sono riusciti ad arginare la circolazione interna di messaggi eretici, costruiti in modo da ingannare gli algoritmi. Diciamo che una minoranza esiste ma andrebbe progressivamente incrementata politicamente, anche perché uno dei tratti distintivi in questa minoranza è il disprezzo della politica. Questo disprezzo della politica sta penalizzando oggi il referendum sul green pass; respinto da molti di loro perché richiede il passaggio attraverso le urne». 

Le élite quindi per prima cosa depotenziano e svuotano le istituzioni democratiche. È d'accordo?

«È un processo lento che nasce come reazione alle vittorie sociali degli anni Settanta. Da allora parte un lungo lavoro per screditare la democrazia, partendo da quegli stessi principi che alla fine si sono palesati con la riforma Renzi, abbattuta dal referendum. Perché tutto funzioni bisogna dare spazio all'esecutivo, spesso imposto come governo tecnico di banchieri appartenenti all'élite; e ridimensionare il Parlamento, che è il teatro della democrazia e della rappresentanza popolare. Questo lavoro di erosione della democrazia passa attraverso il discredito della politica in quanto tale. La politica da elemento costitutivo dell'uomo nel tempo è diventata sinonimo di malaffare». 

I messaggi e i programmi delle élite sono sempre più espliciti e sempre meno subdoli. Il dissenso è ridicolizzato e patologizzato. Ricordo un titolo di Repubblica di qualche giorno fa: «Nella mente di un no vax».

«È la conseguenza dell'unanimismo richiesto dalla società di oggi, una specie di grande audience sociale. Chi non rientra nei picchi di consensi deve essere eliminato o ridicolizzato come pazzo. Un concetto percepito come obsoleto, o meglio del tutto ignorato, è quello della democrazia. Questa non è sinonimo di maggioranza, ma di minoranza». 

In questi giorni lei si è speso molto per parlare e spiegare il Grande Reset, la nuova dottrina del World economic forum di Davos, riunitosi in remoto a causa della pandemia e aperto a tutti. E lei, come tanti, vi ha infatti assistito. A tale proposito le riporto testualmente un passaggio nel discorso di insediamento di Mario Draghi alle Camere: «Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche». 

Una manifestazione di realismo o cosa?

«Un eufemismo per dire: la piccola impresa deve chiudere a favore delle multinazionali. Ennesimo imperativo del Grande Reset». 

Se mi parla di Grande Reset, mi viene da pensare a Jacques Attali, che lei ha conosciuto nelle sue trasferte francesi con Silvio Berlusconi.

«Era l'eminenza grigia di François Mitterand e ha continuato a esserlo nel tempo, fino a Emmanuel Macron. Era una persona di grande autorevolezza e trasudava potere. Invito tutti a cercare su Internet le cose che, nel corso del tempo, Attali ha dichiarato e scritto. Se le riferissi verrei attaccato come complottista!». 

Da un vincolo esterno all'altro. Credevamo fossero l'euro e l'Unione Europea a imporci le riforme ed è arrivato il Covid. E all'orizzonte si intravede l'ambiente.

«È l'agenda di Davos. Il Covid è l'occasione irripetibile per mettere finalmente in atto i grandi miti delle élites. Come appunto l'economia verde. In quanto all'accelerazione dell'agenda di cui siamo testimoni, è la crisi economica ad aver amplificato la pandemia. Lo spiega il libro Operazione Corona, testo collettivo curato da Matteo Martini e Nicola Bizzi. Questo libro mostra l'altra faccia della medaglia rispetto al libro Covid-19 The Great Reset. Se il Grande Reset impone regole, Operazione Corona le smaschera e ne spiega il senso nascosto. Nel mese di settembre 2019 l'economia globale arriva a "un punto di non ritorno". Per salvare le banche dal fallimento, le banche centrali avevano inondato il mercato di denaro. Liquidità che potrebbe causare inflazione. Ecco che scatta l'idea di impedire alla popolazione di spendere moneta grazie alla pandemia, tutti siamo rinchiusi, letteralmente, agli arresti domiciliari. La sincronia con cui questi eventi si manifestano in tutto il mondo a causa del Covid, mi fa dedurre che si tratta del primo atto del Governo Mondiale».

"Pozzo di ignoranza...". L'ira di Galli in tv: è scontro. Francesca Galici il 22 Settembre 2021 su Il Giornale. Ospite di Bianca Berlinguer a Cartabianca, il professore Massimo Galli ha replicato molto duramente a due suoi colleghi no vax. Lo scontro sul Green pass continua a tenere banco a Cartabianca, il programma del martedì sera di Rai 3. Bianca Berlinguer nella sua trasmissione cerca di aprire la discussione su un ampio spettro, analizzando la situazione da più punti di vista con esperti e giornalisti con idee differenti sul tema. Tra gli ospiti fissi del programma di Rai 3 c'è Massimo Galli, responsabile del reparto Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano. Nella puntata di ieri, nel corso della discussione è stato trasmesso un servizio che aveva come protagonisti alcuni medici non vaccinati. Tra loro, uno non ha avuto remore nel mostrarsi alle telecamere mentre un altro ha preferito realizzare l'intervista di spalle, con il cappuccio e con la voce modificata per non essere riconosciuto. La convinzione della non vaccinazione da parte dei due medici intervistati da Cartabianca è insita nel breve tempo di sviluppo e produzione dei prodotti che vengono utilizzate in questo momento per contrastare il coronavirus. "Ho notato due punti deboli di questi vaccini. Il primo è la durata. Danno un'immunità di 5/6 mesi, qualcuno dice 8 mesi. Il secondo sono le varianti, e io sono un medico, posso avere dei dubbi sull'efficacia? Trovo di una violenza estrema costringere un medico a fare una terapia nella quale non crede. Se ne può uscire con la vaccinazione ma non credo che questi vaccini attuali ci porteranno fuori", dice il medico che non si è voluto rendere riconoscibile. "Non mi fido di quello che c'è in questi vaccini, perché è una sperimentazione e io non faccio da cavia. Mi sto documentando e ho visto che non c'è nessuna certezza. Il vaccino normalmente, per portarlo a compimento, va dai 7 a 10 anni. Dopo pochi mesi è uscito un vaccino e ci vengono a dire che è sicuro? Tra 10 anni se mi dimostreranno che è sicuro sarò disposto a farlo ma adesso no. Ci sono tantissimi farmaci che sono efficaci contro il Covid, basta saperli usare", ha dichiarato Roberto Bucchianeri, medico chirurgo sospeso perché non vaccinato. Appare come un controsenso la posizione di due uomini di scienza che si dicano scettici su un vaccino che, attualmente, è stato inoculato quasi 6miliardi di volte con una percentuale di reazioni avverse gravi molto bassa. Ed è proprio sulla contraddizione dei termini che si è alterato il professor Galli, nell'ascoltare la posizione dei suoi colleghi in merito alla bontà dei vaccini attualmente disponibili. "Uno che addirittura si mette col cappuccio perché non ha il coraggio di assumere apertamente le sue posizioni e quell'altro che è un vero pozzo di ignoranza. Non lo conosco, per carità, ma fa due affermazioni che sono risibili. Per 10 anni di sperimentazione avremmo dovuto attendere 100 milioni di morti. Poi non è assolutamente così per nessun farmaco o vaccino. Avremmo dovuto aspettare e avere 100 milioni di morti per compiacere i dubbi di questo signore", afferma Massimo Galli, evidentemente innervosito dalle affermazioni dei suoi colleghi. "Se non ci fosse la prova provata di quello che questi vaccini stanno facendo in termini di limitazioni, sia delle infezioni, che dei decessi e dei ricoveri, se fossimo in una situazione di un vaccino che non funziona benissimo e che dà effetti collaterali molto maggiori, un minimo di dibattito sarebbe da aprire. Se parla di farmaci che risolvono benissimo il problema, vuol dire che questo signore non ne ha curato uno", ha concluso Massimo Galli.

Francesca Galici. Giornalista per lavoro e per passione. Sono una sarda trapiantata in Lombardia. Amo il silenzio.

Radical choc. Cacciari a vita. La casta inossidabile degli opinionisti da talk show. Riccardo Chiaberge su L'Inkiesta il 22 Settembre 2021. Editorialisti e politologi perdurano nel tempo indisturbati, forti della loro nomea di intellettuali. Ai tuttologi - come l’ex sindaco di Venezia - viene perdonato proprio tutto, anche e soprattutto i fiaschi. Uno dei grandi misteri italiani, insieme al sangue di San Gennaro e ai cantieri della Salerno-Reggio Calabria, è l’abissale divario delle aspettative di vita tra politici e politologi. Un Presidente del Consiglio raramente mangia il panettone due Natali di seguito, i leader passano dagli altari alla polvere in tempi sempre più rapidi. È capitato a Matteo Renzi, sta capitando a Matteo Salvini, presto forse sarà la volta di Giorgia Meloni. I consigli di amministrazione dell’Atac e dell’Unicredit, i board delle fondazioni saudite e le cattedre di Sciences Po rigurgitano di politici trombati. Intellettuali e opinionisti, invece, non hanno bisogno di essere riciclati per il semplice fatto che nessuno li tromba. Invecchiano serenamente sulle prime pagine e nei talk show, incuranti dei sondaggi e delle elezioni, dei cambi di stagione e di governo, delle pandemie e delle recessioni. Se gli scappa qualche minchiata, i social li massacrano per qualche ora o per un giorno, poi se ne dimenticano, e loro riprendono imperterriti a pontificare. Eterni, inamovibili come le concessioni balneari. Silvio Berlusconi sarà bollato per il resto dei suoi giorni come il papi del bunga bunga, a Renzi (per gli amici “il cazzaro di Rignano”) non verrà mai perdonata la batosta del referendum costituzionale o l’infelice sortita sul rinascimento arabo, Pier Luigi Bersani resterà sempre il leader della «non vittoria» alle elezioni del 2013, Salvini passerà alla storia come il bullo del Papeete. Gli intellettuali, invece, sopravvivono gagliardamente ai propri fallimenti. A Massimo Cacciari, per esempio, nessuno rinfaccia il fiasco del partito del Nord-Est, lanciato alla fine degli anni Novanta insieme all’industriale veneto Mario Carraro e subito dissolto nelle nebbie della laguna, o la sua sponsorizzazione (insieme a Clemente Mastella) dell’allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio a candidato presidente del Consiglio del centrosinistra nel 2001 (quattro anni dopo sarà costretto a dimettersi per le accuse di aggiotaggio e insider trading), oppure il flop di Verso Nord, il movimento da lui fondato nel 2010, o ancora, l’anno successivo, la bocciatura di Giuliano Pisapia come aspirante sindaco di Milano in quanto a suo dire troppo «radicale». Massimo gli avrebbe preferito Gabriele Albertini, e sappiamo com’è andata: un trionfo. Allo stesso modo, nessuno rimprovera a Ernesto Galli della Loggia di avere definito, nel 1994, Forza Italia «partito di plastica» (è poi durato vent’anni) né di avere dato credito a Virginia Raggi e al partito del vaffa nella lungimirante convinzione che potesse rinnovare la classe dirigente del paese. Così come tanti si prostrano al genio di Carlo Freccero, creatore della Raidue di trent’anni fa, e ben pochi rammentano il naufragio della Raidue sovranista del 2019, la famigerata Televisegrad con Gianluigi Paragone e gli speciali su Beppe Grillo. La verità è che questi signori erano già in ballo ai tempi della tv in bianco e nero, quando per le strade circolavano le Fiat Duna. Davano del tu a Enrico Berlinguer e a Mariano Rumor, e i primi articoli li dettavano ai dimafonisti, perché non esisteva neppure il fax (quando è arrivato Internet, molti di loro l’hanno presa per una moda passeggera). Poi uno si stupisce che un Cacciari o un Giorgio Agamben considerino il green pass un’angheria di stampo nazista, o che propongano comunità stile Amish per chi lo rifiuta, o che Freccero farnetichi del “Grande Reset” ordito dalle perfide élite globali per ridurci in schiavitù: prima i vaccini, poi la rivoluzione digitale e la rivoluzione verde. Sono uomini di un altro secolo (dovrei dire siamo, visto che hanno più o meno la mia età). Somigliano al don Ferrante dei Promessi Sposi, che si ostinava a inquadrare la peste nelle categorie della filosofia aristotelica, negandone l’esistenza. Salvo poi beccarsela non avendo preso nessuna precauzione.  Oggi non basta aver studiato Michel Foucault o Martin Heidegger ed essere entrati nel catalogo di Adelphi. Non basta sapere tutto sulle foibe, o aver bazzicato fin da piccoli nei corridoi di Rai e Mediaset. Per capire il mondo contemporaneo devi avere almeno qualche idea di cosa sia lo mRna o l’editing genetico, le energie rinnovabili e i pozzi di assorbimento della CO2, di come funzionino gli algoritmi della rete e l’Intelligenza artificiale o di cosa abbia in mente “Mister Ping” per espandere il dominio cinese in Asia e nel Pacifico. Anche Indro Montanelli ha lavorato fino all’ultimo, ha pure scritto il proprio epitaffio. Ma era Montanelli, e qualche boiata è sfuggita perfino al lui (anche se non c’erano Facebook e Twitter a farglielo notare). Dopotutto quello dell’opinionista è un mestiere usurante, almeno quanto il bidello. Sia per chi lo pratica che per chi lo subisce, lettori e spettatori. Sul New York Times o sui grandi network americani non vedi le stesse firme e le stesse facce dell’epoca di Ronald Reagan. Certo, Bob Woodward sforna ancora i suoi libri su Trump, ma i columnist sono in maggioranza trenta-quarantenni, e iperspecializzati. In Italia, gli editorialisti sono una casta inossidabile, buona per tutti gli usi e per tutte le stagioni. Tuttologi a lunga conversazione. Cacciari a vita. 

Black pass. La vera dittatura sanitaria e le cavie umane di Mussolini. Riccardo Chiaberge su L'Inkiesta il 27 Luglio 2021. Dal 1925 al 1929 il Duce diede l’autorizzazione a due oscuri ricercatori iscritti al partito, Giacomo Peroni e Onofrio Cirillo, di condurre un esperimento su larga scala a spese di centinaia di persone povere e vulnerabili, in violazione di ogni norma di etica professionale. I salutisti romani di Casa Pound e dintorni, che vanno in piazza con la stella gialla dei non vaccinati, i grillocomunisti torinesi che vedono nel green pass uno strumento subdolo di esclusione sociale e i travaglisti che contestano la competenza di Mario Draghi in campo medico, avrebbero tutti bisogno di un ripassino di storia. Perché una dittatura sanitaria (e non solo) in Italia l’abbiamo avuta, ed è stata quella del capo del fascismo ed ex socialista rivoluzionario Benito Mussolini. Allora, al posto del Covid, c’era la malaria. E nel 1925, con il pretesto delle ricorrenti epidemie, il Duce da tre anni al potere diede l’autorizzazione a due oscuri ricercatori iscritti al partito, Giacomo Peroni e Onofrio Cirillo, di condurre un esperimento su larga scala a spese di centinaia di persone povere e vulnerabili, in violazione di ogni norma di etica professionale. Un’impresa degna del dottor Mengele (ne parla lo storico di Yale Frank M. Snowden nel suo straordinario libro La conquista della malaria, Einaudi 2008). I due scelgono un gruppo di duemila lavoratori impiegati nella bonifica di aree malariche in Puglia e in Toscana, gli levano il chinino (un farmaco usato per decenni contro la malattia, e che si era dimostrato efficace nel ridurre la mortalità) e gli somministrano del mercurio, un rimedio già ampiamente bocciato dalla comunità scientifica e dal Consiglio Superiore di Sanità. Obiettivo dell’esperimento, in linea con le aspirazioni del regime, è dimostrare che l’Italia può curare la malaria senza dover dipendere dall’estero (all’epoca i Paesi Bassi hanno il monopolio della produzione di chinino). Una terapia alternativa, autarchica, per fare dispetto a Big Pharma. I prodi camerati dividono le loro cavie in due gruppi: il primo è abbandonato all’infezione, viene cioè mandato a lavorare all’aperto in un ambiente infestato da zanzare anofele senza protezione alcuna, per capire come la malattia si evolva naturalmente nel corpo umano. Al secondo vengono praticate delle iniezioni intramuscolari di mercurio. Quella che i malariologi del littorio chiamano «saturazione» va avanti per quattro anni, fino al 1929. Non si sa di preciso quante vittime e quante sofferenze abbia provocato l’ardito esperimento, anche se Peroni sostiene che i risultati sono stati «splendidi», tanto da proporre di «mercurializzare» l’intero esercito italiano. Di opposto parere il Consiglio Superiore di Sanità: i partecipanti all’esperimento si sono ammalati tutti e il mercurio iniettato si è dimostrato totalmente inefficace. Ma questi per il fascismo sono dettagli, quisquilie rispetto agli interessi superiori della nazione. Anche la bonifica integrale delle paludi pontine, orgoglio dell’impero, «tornante della storia», una delle «cose buone» fatte dal Duce secondo i nostalgici, ha avuto un costo elevatissimo in termini di vite umane. Masse di disperati, disoccupati ed ex combattenti da tutta Italia aderiscono alla chiamata del regime e si riversano in quel lembo di terra desolata, accampandosi in modo precario e in condizioni igieniche disastrose, e sottoponendosi a fatiche disumane in mezzo a nugoli di zanzare. Muoiono a migliaia per incidenti sul lavoro, tubercolosi e ovviamente malaria. Ma che importa: dice Mussolini che la bonifica è come una guerra, e i lavoratori sono soldati che hanno il dovere di morire in battaglia.  Prima della marcia su Roma la lotta alla malaria era stata una delle bandiere del movimento socialista, oltre che dei liberali giolittiani al potere. Per promuovere il chinino di stato nelle campagne, vincendo resistenze e superstizioni, si mobilitavano medici, insegnanti, attivisti e dirigenti di partito, femministe come Anna Kuliscioff e sindacalisti come Argentina Altobelli, leader delle mondine di Federterra, una valorosa riformista che al famoso congresso di Livorno del 1921 si schiererà con Turati contro i comunisti. Nei primi anni del Novecento questione sociale, questione femminile e questione sanitaria sono strettamente intrecciate (come oggi, del resto). La campagna per il chinino trasforma i rapporti di potere, indebolendo i latifondisti e facendo crescere la coscienza di classe dei contadini, ma migliorando anche le loro condizioni di vita e di salute e la loro capacità di difendere i propri diritti.  La dittatura fascista fa tabula rasa di tutto questo, ma costruisce i suoi successi su decenni di impegno militante e di faticose riforme delle odiate élite liberali e socialiste. Archiviata la stagione dei diritti e ridotte al silenzio le poche voci di dissenso, Mussolini era libero di intervenire arbitrariamente su tutto, anche in materia sanitaria, fregandosene della scienza e della competenza. Lo chiamavano il Grande Medico. E se dicevi che il Duce non capiva un cazzo non ti invitavano a Otto e mezzo, ma ti davano prontamente il green pass (anzi il black pass) per una indimenticabile vacanza a Ventotene.

I sociologi e l'Italia divisa: "La frattura può peggiorare". Lodovica Bulian il 2 Settembre 2021 su Il Giornale. Disuguaglianza, incongruenze e incertezze alla base della spaccatura: "La terza dose accentuerà la tensione". Le annunciate manifestazioni di ieri sono state un flop, ma la frattura nel Paese sull'asse green pass, vaccini e diritti «esiste», «non va sottovalutata». E rischia, secondo le analisi di diversi sociologi, di «accentuarsi nei prossimi mesi con il dibattuto sulla terza dose». «Si tratta di una frattura non politica, ma di sensibilità, di irritabilità e di fastidio verso certe misure, che divide le popolazioni. Dietro non c'è un partito e non si formerà un movimento dei no green pass. Questa fase risponde piuttosto a una richiesta di allentamento della pressione del controllo sociale da parte della popolazione - spiega Francesco Alberoni - E la platea è eterogenea. Per quanto riguarda i no vax, dietro c'è invece una base culturale ben precisa di diffidenza rispetto alla medicina. Ma quando parliamo di green pass parliamo di una costrizione personale - non poter salire un treno, entrare in un locale - che può dare fastidio. Credo che le divisioni si acuiranno quando si discuterà di terza dose. Ci vuole molta prudenza da parte di tutti, soprattutto da parte della politica». Il popolo dei no pass «non va delegittimato», avverte Luca Ricolfi. Perché non ci sono solo i no vax «duri e puri, e quelli neanche li considero perché sono una parte minima». Ci sono anche persone favorevoli ai vaccini ma che hanno dubbi sull'obbligo del certificato. «Io stesso mi sono vaccinato e non sono contro il pass, ma non mi piace per niente. Bisogna accettare che esistano opinioni diverse e non bollarle come ignoranti. Il green pass si basa su dati di fondo sulla situazione epidemiologica non chiari, e che costringono la gente - pensiamo alle madri di bambini di 12 anni - a prendere decisioni senza avere certezze, senza la tranquillità sugli effetti a medio e lungo termine del vaccino. Quindi al di là dei no vax - dice Ricolfi - che hanno una posizione ideologica e che sono una percentuale ridottissima, ci sono persone che hanno un'esitazione. Medici e insegnanti sono forse persone ignoranti? Anche i dubbi sul pass sono legittimi, non condivido la posizione paternalistica e sprezzante di chi lo considera uno strumento di regolazione. Non parlerei nemmeno di discriminazione, ma un problema di limitazione alle libertà e di un prolungamento indefinito dello stato di emergenza c'è». Come se ne uscirà? «Se la campagna vaccinale avrà successo, allora sarà più difficile opporsi agli strumenti che la accompagnano. Ma il dibatto si sposterà sulla terza dose». Secondo Franco Ferrarotti quella che si è vista nelle piazze in questi mesi, prima contro i lockdown e poi contro il pass è una «spaccatura autentica». Che però ha le sue radici in una società stravolta dalla pandemia: «Si sono aggravate le disparità le ingiustizie sociali preesistenti - spiega - Una grande quantità di persone si è trovata senza mezzi di sussistenza. Il malessere si manifesta anche gridando «no vax» o «no pass», ma i vaccini c'entrano ben poco. Sono - e parlo delle frange violente delle piazze - dei pretesti. Il problema è che non dovrebbero essere i politici ma le acquisizioni nel campo scientifico a indicare la via. Purtroppo con questo virus anche l'analisi scientifica ha dei limiti. La politica però ha una sua responsabilità con la confusione che ha ingenerato tra affermazioni e propaganda». Più che una spaccatura, quella che vede invece Paolo Crepet è una «fratturina». «Si può manifestare la propria contrarietà - chiarisce - ma non impedire a qualcuno di prendere un treno. Uno può arrabbiarsi per il green pass ma non può pretendere di entrare scuola non essendo vaccinato. Sull'obbligo del certificato non ci trovo niente di scandaloso, però va detto che ci sono delle incongruenze che alimentano lo scetticismo. Un esempio? I treni pieni all'80% e i teatri al 50%. L'allargamento di questa frattura dipende molto da quanto terreno verrà ancora lasciato all'incertezza, all'interpretazione delle regole». Lodovica Bulian

Coronavirus, con i no vax si torna al Medioevo: ignorano metodi e risultati della ricerca. Francesco Carella su Libero Quotidiano il 29 agosto 2021. C'è un filo rosso che unisce gli ambientalisti e il movimento dei no vax: il primitivismo. Gli uni e gli altri ignorano i meccanismi attraverso i quali nel corso dei secoli l'Occidente è riuscito ad avere ragione sulla natura ponendo le basi della società moderna, caratterizzata dalla distinzione fra "stato naturale" e "stato culturale". Il punto culminante viene raggiunto quando con la rivoluzione tecnico-scientifica di scuola galileiana cambia totalmente la visione che l'uomo ha del mondo e dei suoi rapporti con la natura. Quest' ultima smette di essere interpretata in chiave magica per divenire oggetto di analisi razionale e cifra della civiltà occidentale. Checché ne dicano i critici della modernità la scienza fornisce all'umanità le condizioni per compiere quei salti in avanti che non era riuscita a fare nei millenni precedenti. Basti ricordare la scomparsa di malattie un tempo endemiche, per tacere della produzione di beni di qualità fruibili dalla stragrande maggioranza dei cittadini. A questo punto, non si possono evitare alcune domande. Quali sono le ragioni in forza delle quali milioni di persone continuano ciecamente a credere che il riscaldamento globale dipenda dall'attività industriale, escludendo a priori la possibilità che esso sia da mettere in relazione ai cicli naturali? In tale direzione, si rivolgono le ricerche di William F. Ruddiman docente di scienze ambientali all'Università della Virginia - il quale sostiene che il global warming abbia avuto inizio circa 8.000 anni fa, dopo l'introduzione della pratica della deforestazione e la nascita dell'agricoltura. Ipotesi che viene scartata dagli ambientalisti ancor prima di averne appreso i particolari. Coloro che si ostinano a non vaccinarsi, in base a quali conoscenze specialistiche si dicono convinti che il vaccino faccia più danni del Covid ? È assai probabile che simili posizioni siano soprattutto (in Italia lo si può affermare con certezza) il portato di un percorso scolastico in cui brilla, per la sua assenza, la cultura scientifica. D'altronde, molti insegnanti, pontificando sulle responsabilità del capitalismo circa l'aumento dell'emissione di CO2 e rifiutando di sottoporsi alla vaccinazione, sono la dimostrazione che chi dovrebbe introdurre i giovani alla conoscenza dei metodi razionali non possiede gli strumenti elementari per farlo. Tutto questo rende difficile il già complesso rapporto fra scienza e uso pubblico della stessa. Infatti, in un sistema di democrazia liberale, il consenso dei cittadini gioca un ruolo fondamentale anche nell'accettazione della verità scientifica. Si pensi alle difficoltà che il governo incontra dopo due anni di pandemia nel decidere di rendere obbligatoria la vaccinazione anti-Covid, nonostante la correttezza costituzionale di una scelta in tal senso. L'attività scientifica procede, per dirla con Karl Popper, «secondo tentativi ed errori», formula «ipotesi a causalità multipla» e non «possiede mai certezze assolute e definitive». In ragione di ciò, la risposta da dare sia agli ambientalisti che al popolo dei no vax non può che arrivare da una paziente triangolazione fra gli scienziati, una pubblica opinione dotata di consapevolezza critica e una classe di governo pronta ad assumersi la responsabilità di decidere in nome del bene supremo, ovvero la salute collettiva. Più facile a dirsi che a farsi, ma non farlo significa condannarsi a un nuovo Medioevo. 

"Altre patologie? Vi dovete vergognare". Chiambretti stronca i negazionisti. Marco Leardi il 4 Novembre 2021 su Il Giornale. Il conduttore Mediaset ha testimoniato il proprio drammatico vissuto da ex contagiato. Poi ha messo in guardia: "Il Covid sembra raffreddore ma uccide come il cancro". "Il Covid si prende come il raffreddore, però ti uccide come il cancro". Stavolta Piero Chiambretti non era in vena di battute. Anzi. Portando in tv la propria testimonianza di ex contagiato, che a causa del virus ha perso la madre, il conduttore Mediaset si è fatto piuttosto serio. Su La7, ospite a Non è l'Arena, il presentatore torinese non si è infatti limitato a raccontare il proprio vissuto, ma ha anche criticato quanti mettono ancora oggi in dubbio la gravità dell'emergenza sanitaria e l'efficacia dei vaccini come unico strumento per arginarla. In particolare, a contrariare Chiambretti sono state le immagini delle piazze No vax e No pass trasmesse da Massimo Giletti. All'udire alcune tesi negazioniste, con particolare riferimento a quanti sostengono che il Covid non abbia provocato di per sé molti decessi, il conduttore di Tiki Taka non si è trattenuto. "È come entrare in un film di fantascienza in cui tu sai tante cose, ma poi ne vedi delle altre e non riesci a capirle. Ci sono 5 milioni di morti di Covid che però sono stati sindacati da molti come deceduti ma non di Covid. Allora vi dico una cosa: mia madre aveva delle patologie, ma stava benissimo. Prendeva le sue pastiglie e avrebbe vissuto secondo me altri 10 anni. Con il Covid è morta in 5 giorni. Quindi voi che dite dicono 'sono morti per altre patologie', vi dovete vergognare!". Uno sfogo in piena regola, che Chiambretti ha pronunciato portandosi le mani alla bocca, quasi a volerlo idealmente amplificare. Il presentatore, sull'argomento, già in passato aveva dimostrato un'elevata sensibilità dovuta anche alla propria drammatica esperienza: nel marzo 2020 finì infatti in ospedale assieme alla madre Felicita, 83enne, che purtroppo non ce l'ha fatta. Proprio ricordando quei difficili giorni, su La7 Chiambretti ha stigmatizzato le parole dei negazionisti. "Quando ti ammali e finisce in un ospedale dove perdi la madre in pochi giorni e vedi sulla faccia tua e degli altri il terrore per una malattia che non conosci, tutto quello che senti dopo – comprese le dichiarazioni di chi dice che il Covid non esiste – ti fa rabbrividire", ha commentato, precisando di non esprimere una posizione politica ma di parlare come ex malato. "Vi posso assicurare che è una situazione molto difficile. Perché il Covid si prende come il raffreddore, però ti uccide come il cancro", ha sentenziato. Entrando negli studi di Non è l'Arena, ieri sera Chiambretti ha anche ammesso di avere qualche linea di febbre dovuta ad una semplice influenza. Una circostanza che lo ha spinto a un'ulteriore e amara considerazione: "Io ho l’influenza e so quali sono i sintomi dell’influenza, ma ho avuto anche il Covid. E vi posso dire che sono due cose molto diverse. Quindi quelli che mischiano l’influenza con il Covid si sbagliano. In due anni ne ho sentite di tutti colori".

Marco Leardi. Classe 1989. Vivo a Crema dove sono nato. Ho una Laurea magistrale in Comunicazione pubblica e d'impresa, sono giornalista. Da oltre 10 anni racconto la tv dietro le quinte, ma seguo anche la politica e la cronaca. Amo il mare e Capri, la mia isola del cuore. Detesto invece il

Roma, all’Ama adesso è record di malati. Valentina Dardari il 4 Novembre 2021 su Il Giornale. Dall’entrata in vigore del Green pass, reso obbligatorio per accedere al posto di lavoro, le assenze per malattia sarebbero cresciute del 25%. E l’Inps non fa visite fiscali. Una strana epidemia sembra aver interessato l’Ama di Roma, e si sarebbe propagata proprio dal giorno di entrata in vigore del Green pass, obbligatorio per accedere al posto di lavoro. Le assenze per malattia sarebbero cresciute del 25%, come ha riferito a Il Messaggero l’amministratore unico, ormai uscente, Stefano Zaghis.

Roma in ginocchio anche per il Green pass

L’azienda pubblica deve quindi ora fare i conti anche con il problema delle assenze per malattia, che si va ad aggiungere ai già innumerevoli problemi esistenti, uno su tutti gli impianti fuori città che accettano solo una parte dei camion che arrivano con i rifiuti da smaltire. E così le strade della Capitale assomigliano sempre più a una discarica a cielo aperto, con sacchi dell’immondizia sui marciapiedi e nelle vie. Nessuna zona di Roma esclusa. Per questo problema, già esistente da parecchio tempo, il sindaco neoeletto, Roberto Gualtieri, avrebbe promesso ai suoi cittadini di far sparire la spazzatura dai quartieri entro Natale. Tempo restante: meno di due mesi.

Tralasciando questa urgenza, che sembra poter trovare a breve una soluzione, ecco comparirne subito un’altra. Dall’entrata in vigore del Green pass per accedere al posto di lavoro sono arrivati tantissimi certificati di malattia che certo non aiutano a liberare la città dai rifiuti. Zaghis ha spiegato:“La città non sarebbe in queste condizioni se non ci fosse anche il tema del Green pass e l'aumento delle malattie”. Ha poi continuato snocciolando i numeri: “Mediamente le assenze in questa settimana e in quella passata sono aumentate del 25%, addirittura la prima settimana, quando è scattato l'obbligo, erano cresciute del 35%”.

L'Inps non fa visite fiscali: mancano i medici

Situazione che ha portato la municipalizzata, che conta più di 7mila dipendenti, a chiedere le visite fiscali. Ma non è così facile. L’amministratore unico ha infatti precisato: “Le abbiamo chieste, certo. Ma l'Inps è sommerso da questo tipo di domande da parte delle aziende, perché è un problema che riguarda tante società, non solo Ama. Il risultato è che ne abbiamo ottenute pochissime, di visite, qualche decina al massimo”. Il problema per Zaghis non è la certificazione verde, strumento in questo momento necessario, come lui stesso ha asserito, perché “lo Stato ha deciso che la priorità in tempi di pandemia è la vaccinazione, ma paghiamo anche questo, una minore disponibilità di persone, che impatta sul servizio”.

Per motivi di privacy non ci sono stime ufficiali sui netturbini che ancora non hanno ricevuto il vaccino ma, a sentire i sindacati, sarebbero tra il 15 e il 20%. Anche l'Inps di Roma e provincia non se la passa bene: ci sarebbero solo 130 medici per i controlli, comprese le verifiche dell'invalidità. Neanche Napoli intende più aiutare la Capitale. Lo scorso agosto l’ormai ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ora al suo posto c’è il demo-grillino Gaetano Manfredi, aveva promesso:“Siamo pronti a ricevere 150 tonnellate di rifiuti al giorno dalla Capitale”. Ma subito dopo il voto ecco fare marcia indietro. “Ci hanno comunicato che non riceveranno le tonnellate da Roma. In Campania i nostri camion non sono mai andati” ha reso noto Zaghis.

Valentina Dardari. Sono nata a Milano il 6 marzo del 1979. Sono cresciuta nel capoluogo lombardo dove vivo tuttora. A maggio del 2018 ho realizzato il mio sogno e ho iniziato a scrivere per Il Giornale.it occupandomi di Cronaca. Amo tutti gli animali, tanto che sono vegetariana, e ho una gatta, Minou, di 19 anni. 

"Ti sei fatto di tutto", "Fai vomitare": rissa Parenzo-Brosio. Novella Toloni il 4 Novembre 2021 su Il Giornale. Durante una discussione sulle vaccinazioni, Brosio ha ribadito il suo "no", temendo gli effetti collaterali, ma Parenzo lo ha provocato: "Cocaina e orge e ora rompi le balle sul vaccino?" Quella che è andata in onda a L’aria che tira tra David Parenzo e Paolo Brosio è stata una vera e propria rissa verbale con tanto di insulti, offese e sfottò. Il tema al centro della discussione della trasmissione condotta da Myrta Merlino su LA7 erano i vaccini e tra gli ospiti invitati c'erano il co-conduttore de La Zanzara e Paolo Brosio. Palese la contrapposizione di vedute tra i due sulle vaccinazioni, ma quello che doveva essere solo un confronto è rapidamente degenerato in una rissa televisiva in piena regola. Sin dall'intervento di Brosio relativo ai suoi dubbi sulle vaccinazioni, sull'operato del ministero della Sanità e sul Green pass, David Parenzo ha mostrato la sua insofferenza. Il conduttore radiofonico si è più volte coperto la bocca per non replicare alle affermazioni di Brosio e si è dimenato parecchio sulla poltrona in studio. Ma dopo l'ennesimo "no" ribadito da Paolo Brosio al vaccino, preoccupato dai possibili effetti collaterali, Parenzo non è riuscito a trattenersi, lanciando la sua provocazione: "Paolo stai cercando incongruenze sul vaccino che può far male e poi leggo da una tua intervista che dici: 'Tra alcol e cocaina: in un'orgia una voce mi ha salvato'. Cioè ti sei fatto di tutto nella vita e ora rompi le balle sul vaccino!? Su dai". Paolo Brosio non ci ha più visto e si è scagliato duramente contro Parenzo: "Tu sei una persona disdicevole, ignorante, tiri fuori l'unico momento di debolezza che ho avuto nella mia vita. Mi fai vomitare, usi un periodo circoscritto della mia vita per usarlo come argomento contro quello che dico sul vaccino". Myrta Merlino ha cercato di calmare gli animi senza però riuscirci e i due ospiti sono scivolati nella bagarre più totale tra insulti e offese: "Mi fai pena", "Sei un poveretto". Finite le offese, Brosio ha proseguito con il suo punto di vista: "Il virus è una cosa seria ma nella vita non ci sono solo i Green pass". Ma David Parenzo, ancora in disaccordo, ha rincarato la dose di provocazioni: "Vado io ad accendere un cero a Medjugorje per farti tornare un po' di senno". Brosio, risentito per non essere riuscito a esprimersi, è così sbottato: "Cosa ci sto a fare io qui. Fate parlare lui e io me ne vado". Il giornalista ha definito "vessatorio" e "denigratorio" il confronto con Parenzo e per fare ritornare la calma in studio è dovuta intervenire Myrta Merlino, che ha preferito chiudere la parentisi e concentrarsi sugli altri ospiti in collegamento.

Novella Toloni. Toscana Doc, 40 anni, cresco con il mito di "Piccole Donne" e del personaggio di Jo, inguaribile scrittrice devota a carta, penna e macchina da scrivere. Amo cucinare, viaggiare e non smetterò mai di sfogliare riviste perché amo le pagine che scorrono tra le dita. Appassionata di social media

Serenella Bettin per “Libero Quotidiano” il 4 novembre 2021. A entrare dentro le chat dei No Pass ci si diverte. Bisogna solo procurarsi un cestino di pop corn e lo spettacolo è servito. Questi se la fanno e se la dicono come vogliono. Fanno tutto loro. Si offendono. Si bannano. Si ammoniscono. Si censurano. Nel loro essere così invasamente controcorrente, non riescono nemmeno a trovare un accordo. Danno del "pagliaccio buffone" a Matteo Bassetti e minacciano di andare sotto casa del presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, e del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, che raccolti i messaggi partiranno con le dovute azioni. Nel gruppo No Green Pass Friuli Venezia Giulia che su Telegram conta 1059 iscritti c'è di tutto. «Potete sbannare criss8844», chiede tale Sabi, «perché deve accordarsi per Trieste». Criss8844 è stato bannato il 2 novembre perché «ha inoltrato un post da un canale non autorizzato. Azione: bannato», si legge nel gruppo. Bannato significa che vieni bloccato. Poi ci sono le ammonizioni che invece sono meno gravi. Essere ammoniti vuol dire ricevere una sospensione dal canale fino al giorno indicato. I no Pass hanno così talmente tanto da fare che i messaggi arrivano a una frequenza media di quattro al minuto. Del resto c'è gente che scrive che è a casa da lavoro dal 15 ottobre. Perché oltre ai no vax ci sono anche i no tampa che sono quelli che non si vogliono nemmeno fare il tampone perché alla lunga corrode il naso. «Io sono insegnante di educazione fisica», scrive Fla, «sono fermo da lavoro ma sto andando in crisi». Ma dai. «E non so quanto potrò proseguire dato che i soldi scarseggiano. Voi come vi state comportando? Anche se potrei fare i tamponi, non lo vedo come una soluzione». Al di là dell'italiano - per fortuna fa il professore - c'è anche chi di professione fa il mantenuto. «Cerchiamo di danzare, cantare, abbracciarci e volerci bene», scrive Stefanino. «Ma qua non cambia niente», risponde Matt, «è dal 15 ottobre che sono a casa dal lavoro e non vedo nessuna via d'uscita». «È dura da ingoiare cari amici», scrive Naz, «ma se vogliamo ottenere qualcosa tocca rimboccarci le maniche e partire! Avete mai visto prendere il potere con le rose? Io sono l'opposto dei guerrafondai, ma non vedo tante altre strade... e per la mia famiglia ed il mio popolo di certo non mi tirerei indietro!». E qui partono gli insurrezionali. «Ormai abbiamo visto che con i canti e i cortei contro la arroganza e la violenza di questi criminali non si ottiene nulla, in fondo non ho mai visto vincere una guerra con segni di pace. Se ci chiudono le piazze allora blocchiamo ferrovie e autostrade», propone tale Max. «Tu sei un fomentatore d'odio», scrive un altro Max - probabilmente qui per creare dissapori ma non ci riesci». E basta! Sbotta Naz: «Ultimamente vedo più litigi che soluzioni in questo gruppo! Abbiate almeno l'accortezza di legnarvi in privato cazzo!». «Gli unici violenti siete voi nazivax», risponde l'altro Max. Naz propone di «effettuare un referendum. Fondare un partito». «Ghandi combatteva un nemico che nonostante tutto aveva dei principi», scrive Pietro, «In più era un leader carismatico circondato da un popolo molto più spirituale e unito del nostro. Noi appena dicono andate via sloggiamo: questa non è non-violenza è farsa». «Ratti che siete», scrive Daniele che trova pronta la risposta di Friulano Alto: «Lezione da uno che gira con le unghie pittate, vieni pure così vedi quanto quelli come me si nascondono». «Non ho interesse nel trascorrere il mio tempo con un omofobo retrogrado che fa la voce grossa, ratti siete e ratti resterete». «A sto punto andiamo sotto casa di Dipiazza o Fedriga. Iniziassero ad avere paura visto che ci fanno provare la paura di non mettere assieme pranzo e cena». Alla fine, scorrendo in su e in giù simili stupidaggini, appare lei. O lui. Ge Be, che scrive: «Ma la maggioranza di italiani è d'accordo, come possiamo cambiare le cose?». Finalmente qualcuno l'ha capito.

Chi sono i no green pass, da Telegram alle manifestazioni: la mappa dei ribelli. Fabrizio Caccia su Il Corriere della Sera il 30 agosto 2021. I nemici del certificato verde vogliono bloccare i treni in 54 città il primo settembre. E lunedì 6 tutti davanti a Montecitorio: «Basta dittatura!». Si fa presto a dire No Green Pass. Dopo sei sabati consecutivi di sit-in e proteste nelle piazze, abbiamo capito che non ci sono solo i seguaci di QAnon, i fan italiani di Donald Trump, la fuoriuscita dei 5 Stelle Sara Cunial o i Gilet arancioni dell’ex generale Antonio Pappalardo. Il timore, piuttosto, è che qualcun altro adesso voglia alzare il livello dello scontro. Ci sono segnali che preoccupano in arrivo dalla magmatica galassia: l’assalto di sabato al gazebo dei Cinque Stelle a Milano; la cronista di RaiNews24 aggredita, lo stesso giorno, durante il corteo romano con in testa i fascisti di Forza Nuova di Giuliano Castellino.

«Solo proteste apartitiche e spontanee». Oggi e domani fitte riunioni al Viminale per approntare un piano di sicurezza in vista del vero banco di prova per il futuro del movimento ribelle. L’appuntamento è per mercoledì, primo settembre, debutto in Italia del Green Pass obbligatorio su treni, navi e aerei. Il canale Telegram “Basta dittatura!” (quasi 40 mila iscritti) da giorni chiama i militanti al blocco delle stazioni ferroviarie in 54 città italiane, passando per Milano Porta Garibaldi e Roma Tiburtina. Il raduno è alle 14.30. Mezz’ora dopo si entra in stazione e si blocca tutto: «Non ci fanno partire con il treno senza il passaporto-schiavitù? Allora non partirà nessuno», è lo slogan che campeggia sulla chat della rivolta. Quasi sicuramente ci saranno i blindati di polizia e carabinieri ad attenderli. Ma la tensione cresce e dallo stesso canale è già partita la mobilitazione «Tutti a Roma!» per il 6 settembre, presidio a Montecitorio «dall’alba in poi». Una sfida al Palazzo, anche se poi sul sito rivendicano di compiere solo «proteste apartitiche e spontanee».

Chi c’è dietro? Anonymous. Chi ci sia dietro l’organizzazione su Telegram non è dato saperlo: gli amministratori del canale – che si identificano con Anonymous poll – rispediscono al mittente le richieste di informazioni. Il rapporto con la stampa, poi, è tutto fuorché sereno: il coro più diffuso nelle piazze è «giornalista terrorista».

L’incontro a Ostia e il candidato di Forza Nuova. Tra i messaggi di Telegram salta all’occhio il nome di un’organizzazione nata all’inizio della pandemia: la World wide demonstration, anche chiamata World wide rally for freedom, il raduno mondiale per la libertà, che a luglio ha portato la gente in piazza in Francia come in Australia, con scontri e disordini ovunque. Anche la costola italiana di Wwd organizzò in quei giorni un incontro a Ostia: tra i relatori l’avvocato Giustino D’Uva, candidato alle elezioni europee del 2019 nella lista di Forza Nuova - Afp (Alliance for peace and freedom) e già membro della squadra legale del gruppo #Ioapro , che forniva assistenza ai ristoratori multati per aver violato i Dpcm durante le chiusure.

In piazza anche l’estrema sinistra. Così, ecco che i rischi sociali di un’organizzazione apparentemente anonima e senza leader sono evidenti. Le proteste diventano imprevedibili, la loro composizione è troppo eterogenea per essere ridotta a un’unica identità politica, due sabati fa a Roma i manifestanti si sono divisi: da una parte l’estrema destra, CasaPound e Forza Nuova, dall’altra il “Fronte del dissenso”, sindacalisti del Fisi insieme a gente come Luca Teodori, ex leghista, oggi segretario del movimento 3V ma anche Moreno Pasquinelli, icona dell’estrema sinistra, da «Voce operaia» al «Campo antimperialista di Assisi». E poi bandiere anarchiche a Firenze, centri sociali a Torino...

Spionaggio e shitstorm. Ma in mezzo c’è soprattutto il ceto medio, impaurito dal futuro e dai vaccini. Pensionati, artigiani, lavoratori dipendenti, medici e infermieri No Vax che credono più al controverso virologo francese, pur premio Nobel, Luc Montagnier («I vaccini a RNA possono causare danni genetici») e agli avvocati Lillo Musso ed Edoardo Polacco, del movimento «Sentinelle per la Costituzione», che hanno già denunciato per procurato allarme Mario Draghi e Ilaria Capua, Confindustria e l’Ordine dei Medici. Una protesta comunque tutto sommato moderata, la loro, ben diversa da quella scatenata un mese fa, sempre sul canale di «Basta Dittatura!», contro quei ristoranti che chiedevano il green pass per entrare, con una valanga di false recensioni, tutte negative, inviate a Google e Tripadvisor. Una mostruosa shitstorm, al grido di «Li faremo fallire!». L’ultima novità, infine, è rappresentata dalla ricerca degli indirizzi di casa di politici, virologi e giornalisti invisi. Chi può, segnala. Lo scopo è «andarli a presidiare» perché «devono capire chi comanda». Squadristi di piazza e squadristi digitali.

La colpa di No Vax e No Pass. Angela Rizzica su Il Quotidiano del Sud il 2 agosto 2021. Tra #novax, #nopass e #notamp (sì, coloro che rifiutano i tamponi), il “no” sembra la parola più cara agli italiani nell’ultimo periodo. Una negazione, costante e aperta, della scienza, dell’autorità e della ricerca. Si arriva a negare la qualunque, dall’efficacia di un processo unico nel suo genere – culminato nel vaccino – alla necessità di contenere i contagi tramite una misura “preventiva” quale il Green Pass, adducendone la millantata incostituzionalità e la non troppo chiara “limitazione dell’altrui libertà”. Che a farlo sia il popolo italiano, lascia decisamente di stucco. È lo stesso popolo che non è stato in grado di autoregolarsi e contenersi in occasione dei celebri Europei; è lo stesso popolo che, quasi dall’inizio della pandemia, cerca costantemente nuovi modi per eludere le regole dettate dalla normativa (è di qualche giorno fa la notizia della compravendita online di finti Green Pass per assicurarsi l’ingresso nei cinema e nei ristoranti al chiuso anche senza aver intrapreso o completato il ciclo vaccinale). Un popolo che sa dire ‘no’ solo al buonsenso ma che cieco e ottuso si lancia in ogni becera iniziativa, nonostante possa metta a repentaglio la salute collettiva. I Social, sotto questo punto di vista, facilitano enormemente il lavoro di coloro che intendono osservare il fenomeno del ‘no’ dal punto di vista socioculturale: quelli che, in questi giorni, stanno utilizzando indebitamente le foto dei campi di concentramento per paragonare la condizione dei non-vaccinati allo sterminio degli ebrei durante l’epoca nazifascista, sono spesso gli stessi che non hanno fatto nulla per evitare l’aumento dei contagi. I #nopass sono frequentemente gli stessi che, fino a qualche giorno, fa riproponevano in ogni salsa le loro foto in mezzo al fiume umano dei festeggiamenti che ha interessato ogni città per la finale e la semifinale di EURO 2020. In qualche misura è comprensibile, sebbene non giustificabile, la ritrosia di alcuni nei confronti delle nuove misure varate dal governo e in vigore dal prossimo 6 agosto ma la condizione fondamentale è che, quella stessa ritrosia, sia accompagnata almeno da una condotta rispettosa delle regole. E invece no, appunto. Molti dei #nopass, così come molti dei #novax, sembrano ignorare il fatto che il vorticoso aumento dei contagi e il ritorno dello spettro della “zona gialla” per Sicilia, Lazio e Sardegna sono stati determinati proprio dalle condotte a dir poco avventate delle settimane scorse, nelle quali loro figuravano come protagonisti. Sarebbe certo riduttivo addebitare “tutta” la colpa ai festeggiamenti: ci sono le discoteche abusive, la violazione quasi perenne del divieto di assembramento, l’abbandono da parte di alcuni dei dispositivi di protezione individuale, le stesse manifestazioni in piazza contro vaccini e Green Pass svolte nella completa assenza del dovuto distanziamento sociale. Nonostante questo, nonostante la collettività stia pagando per le scelte scellerate di alcuni (e, nella ‘collettività’, sono ricompresi anche coloro che, pur avendo legittimamente scelto di non vaccinarsi, continuano a osservare rispettosamente le norme minime anti-contagio), viene lasciata a tutti la libertà di continuare a rifiutare la vaccinazione. Eppure, anche questo non va bene. Il potere del ‘no’ si abbatte sul buonsenso, contro ogni interesse della collettività. Non solo si è liberi di essere #novax, ma si dovrebbe – secondo loro – essere liberi di fare quel che si vuole nonostante sia scientificamente provato che un non vaccinato ha un rischio più alto di essere contagiato e di contagiare rispetto a un vaccinato. La collettività deve, secondo loro, continuare a pagare per le scelte del singolo, anche se quelle stesse scelte vanno contro l’interesse comune. Insomma, a conti fatti, più che al vaccino o al Green Pass, sembra che queste persone vogliano dire ‘no’ alla forma più basilare di responsabilità e civile convivenza. 

Valeria Montebello per ilfoglio.it il 18 agosto 2021. "Lo dico alla nostra comunità e ne sono sicuro. Non fate sesso con i punturati. Preserviamoci. Saremo quelli da cui dipenderà la razza umana”. Questa non è una frase di Terminator ma un post di Nicola Franzoni, leader del movimento Onda Popolare. Il post in questione ha quasi 600 like. Lui ha una catena con un grande crocifisso poggiato sopra alla polo e sostiene che i vaccinati debbano essere rifiutati come se avessero la peste. Non solo le loro idee ma proprio i loro corpi. I No vax si lamentano di essere esclusi dalla società, di essere cittadini di serie b, ma stanno mettendo in atto una selezione sessuale capillare. Qualcuno, a un certo punto della discussione su Facebook, chiede il permesso di fare almeno sesso protetto con i vaccinati. Franzoni è categorico: no. Il vaccino passerebbe anche attraverso il lattice che è un po’ come credere di restare incinte con l’asciugamano del bidet che usa tuo fratello. Una certa Caterina scrive che lei resterà umana e che i suoi figli saranno puri, non contaminati. Bisogna procreare solo fra non vaccinati. O fra vaccinati. Mettere insieme le due cose potrebbe dare vita a centauri e grifoni. “Io ho paura delle zanzare. Se pungono loro e poi noi?” aggiunge Milli. No, Milli non sta trollando, pensa davvero che le zanzare potrebbero attaccarle il vaccino, non la malaria. Forse gli ipocondriaci all’ultimo stadio possono capire: hanno paura delle malattie ma anche delle medicine, leggono i bugiardini ma alla fine perfino loro diventano ragionevoli e preferiscono rischiare di avere qualcosa di definito come la lingua nera e pelosa (è un effetto collaterale raro di Augmentin) che sfidare la malattia. Gli ipocondriaci quando conoscono qualcuno chiedono un check up completo prima di fare sesso. I No vax chiedono una cosa sola: ti sei vaccinato?! I negazionisti italiani sono alla ricerca di partner non vaccinati in giro per la penisola. Fausto cerca donne No vax in Veneto e regioni limitrofe. Gabriella lo cerca a Roma, quartiere Garbatella. In questi mesi sono nate app di dating per loro. Impffrei Love è un sito d’incontri svizzero, non ci sono foto di bonone in bikini ma di uomini che si tolgono la mascherina e guardano verso il cielo come se avessero una crisi mistica. Unjected è un’altra app che è stata appena rimossa dall’app store perché sosteneva che i vaccini potessero contenere “modificatori del gene mRna sperimentali” o “microchip nano-tecnologici”. Anche i negazionisti parlano di contagio, di evitare il contatto con i fluidi corporei (perfino sudore) dei vaccinati. Invece di predicare vicinanza, carezze, baci e sesso libero predicano una separazione ulteriore. Il paradosso è che ora i No mask indossano la mascherina perché hanno paura che chi si è vaccinato possa passargli qualcosa. Il tanto odiato green pass serve anche a loro per discriminare chi si è fatto iniettare il vaccino – non più esseri umani ma “pecore al macello”, “topi da laboratorio”, “futuri zombie”. Se togliamo il crocifisso in vista l’eloquio di Franzoni sui social ha un fascino particolare, di storie e leggende che ascoltavamo da piccoli a letto, prima di dormire. Franzoni dice che a fine ottobre ci sarà l’Apocalisse, che ci estingueremo. Un po’ come l’ultimo articolo di Agamben che paragona gli umani ai lemming, piccoli roditori che senza motivo fanno delle migrazioni collettive che terminano con un suicidio in massa nel mare. L’unica crociata per preservare l’umanità sembra essere stare lontane dallo sperma vaccinato. E’ da mesi che si specula sullo sperma no vax, la profezia diceva: i vaccini andranno così male che le donne saranno costrette a pagare per lo sperma di uomini che hanno rinunciato alla loro dose. Adesso c’è un mercato effettivo e una fialetta nel deep web è arrivata a costare più di due sedute di botox fatte bene: 800 dollari. “Gli uomini che rifiutano il vaccino sono i più sexy del pianeta”, scrive Giulia da Taranto alla ricerca di sperma no vax. Prima si cercava disperatamente sperma di uomini belli e intelligenti, adesso qualcuna cerca disperatamente sperma di uomini non vaccinati anche se sono brutti (forse) e scemi (di sicuro).

Nella mente di un No-Vax. Luc Ferry su La Repubblica il 28 agosto 2021. Ecco perché conta di più capire la struttura che sorregge il suo pensiero piuttosto che coprirlo d’insulti o di grandi discorsi. Nel fronteggiare il complottismo che aleggia sulla pandemia, chi si sforza di argomentare, di esporre fatti, viene preso per agente segreto del complotto stesso. A buon diritto Emmanuel Macron, anzi lui e tutti i democratici, sono impensieriti dall'escalation di movimenti complottisti che invitano alla disobbedienza civile. Detto questo, se si ha intenzione di convincere qualcuno, conta di più capire la struttura psicologica che sorregge il suo pensiero, anziché coprirlo d'insulti o di grandi discorsi. 

Nella mente di un no vax. Intervista all'esperto. De Agostini l'11/01/2021. Qual è il confine tra la libertà di espressione e la libertà di insulto, di spinta e fiera asineria, di mistificazione aggressiva? Perché davanti a un'idea o convinzione, giusta o sbagliata che sia, molte persone non riescono - complice lo schermo dei social - a rinunciare alla cieca e sorda invettiva? E soprattutto qual è il segreto di chi, nel chiasso e nella complessità dei nostri giorni, riesce ad avere e ad esprimere tutte queste granitiche certezze? Me lo sono chiesta con insistenza, di recente, leggendo decine e decine di infuriati commenti sul vaccino di tanti utenti del web. Tantissime persone apparentemente molto diverse tra loro eppure, pare, tutte accomunate da uno stesso denominatore: una laurea all’Università della Vita, curriculum Social Network, con esame bonus in “Laboratorio di ricerca video ke nessuno ti farà vedere”. La sicurezza delle loro affermazioni sul 5G infettivo, sui microchip infilati nelle vene, sul tentativo di farci morire tutti e/o trasformarci in automi, servi di un grande dittatore che ci osserva seduto su un trono d’oro posizionato al centro della terra (piatta), mi ha inquietata e destabilizzata al punto di dovermi rivolgere a un esperto. Dove nasce tutto questo livore? A chi credere e perché? Come resistere all'incertezza, alla solitudine, alla nostra stessa sfibrante ignoranza, quindi alla paranoia?  A chiarirmi le idee è Il Dott. Armando De Vincentiis, psicologo e direttore scientifico della collana Scientia et Causa di C1V Edizioni, che riunisce i contributi di autori esperti del mondo accademico, professionisti specializzati in medicina e ricerca, professionisti della comunicazione; curatore e tra gli autori del libro Vaccini, complotti e pseudoscienza.

Dottore, mi spieghi per cortesia il motivo per cui dovrei fidarmi di lei e dei suoi colleghi, e non di altri esperti, anche medici, che invece dicono esattamente il contrario di ciò che lei sostiene, e lo fanno con la sua stessa convinzione.

Perché davanti a un dibattito scientifico il concetto di opinione o di autorità non ha senso. Dietro alle affermazioni di uno scienziato c'è un lungo e articolato lavoro di ricerca: se per esempio io dico che i vaccini sono utili e necessari mi sto basando sulla letteratura scientifica sull'argomento, ovvero su lavori che sono stati pubblicati su riviste scientifiche sottoposte a revisione paritaria. 

Cioè?

Le ricerche di uno scienziato o di un team di scienziati vengono valutate da altri colleghi che hanno le stesse competenze, se c'è qualcosa che non va il lavoro viene rispedito al mittente, che lo rivede e lo rinvia; se c'è altro che non va viene ulteriormente revisionato e così via: ciò che viene pubblicato è controllato e ricontrollato e si basa dunque su dati di fatto. In più, una volta avvenuta la pubblicazione, altri ricercatori indipendenti lavoreranno su quella "ricetta": se giungono a risultati diversi evidentemente c'è un problema, una contraddizione, c'è bisogno di un'ulteriore revisione. Se invece altri ricercatori indipendenti ottengono gli stessi risultati è evidente che, fino a prova contraria, quel lavoro è corretto.

Ma se io le porto una ricerca firmata da scienziati che sostengono di aver riscontrato in alcuni vaccini la presenza di "contaminanti inorganici tossici", lei che mi risponde?

Rispondo che voglio vedere le fonti. Che voglio vedere su quali basi queste ricerche sono state effettuate. Possono avere anche la firma di cento medici, ma questo non è garanzia di correttezza scientifica. Chiedo: mi fa vedere le pubblicazioni a revisione paritaria sulle quali sono state pubblicate queste cose? E quali sono le pubblicazioni che dimostrano che queste cose fanno male alla salute? 

E se a parlare è un premio Nobel?

Se sono un premio Nobel e dico che il coronavirus è stato fatto in laboratorio, chi mi ascolta riceve le mie parole basandosi su quello che viene chiamato principio di autorità. Ma anche il Premio Nobel deve dimostrare attraverso fonti, ricerche e prove quello che dice. Se le fonti sono scorrette e le prove non ci sono anche il Premio Nobel ha detto una sciocchezza. In ambito scientifico il principio di autorità non esiste. Qualsiasi scienziato può essere paragonato a un uomo di strada quando esprime qualcosa che non è suffragato da prove. 

Che motivo avrebbe un medico - ce ne sono tanti - di veicolare messaggi non corretti?

Ci sono due elementi e valgono sia per le persone comuni che per i medici. Essere complottista ti dà una sorta di status, che fa risuonare il tuo nome. Io posso essere un medico qualsiasi, tra tanti. A un certo punto in un contesto caotico emergo dicendo che ci stanno prendendo in giro: chi è confuso, impaurito, non competente, è pronto ad ascoltarmi, quasi a divinizzarmi. Chi non ha strumenti culturali e tecnici per difendersi, crede e diffonde le mie notizie trasformandomi in un punto di riferimento "alternativo". Altre volte anche il medico può avere un'ideologia, può essere condizionato da un orientamento mentale più filosofico che scientifico, può essere spinto da principi ideologici che nulla hanno a che fare con la scienza.

In alcune circostanze, come per il vaccino antinfluenzale del 1976, pare ci sia stata una correlazione con gravi problemi di salute. 

Bisogna capire la differenza tra correlazione e rapporto causa effetto, perché c'è una correlazione anche tra alcune malattie e il consumo di pasta asciutta: se cerchi qualcosa che possa accomunare la malattia e la pasta asciutta la trovi. Esiste uno studio che dimostra la correlazione tra l'osservazione di film di Nicholas Cage e l'aumento di morti annegati in piscina. Questo è un esempio di correlazione, nella quale però non c'è rapporto causa-effetto. A meno che non pensiamo che guardare Cage ci faccia morire annegati in piscina. Pur essendo a volte una correlazione suggestiva di un fatto, spesso è soltanto un andamento di tendenze che tra loro non hanno alcun legame effettivo.

Così per vaccino e autismo? Mi spiega quella storia, oggi ancora molto citata dagli antivaccinisti?

Un medico britannico, Wakefield, a un certo punto fece una pubblicazione "dimostrando" che un numero molto ristretto di bambini vaccinati aveva avuto reazioni di tipo autistico. Attraverso un'indagine successiva venne fuori che si trattò di una frode. In seguito anche la rivista che aveva pubblicato lo studio dovette ritrattare incondizionatamente l'articolo. 

Perché allora si continua a sostenere questo legame?

Perché, come spesso accade, la smentita ebbe meno risonanza del polverone alzato da quella pubblicazione, e molti continuano a sostenerla, pur essendoci moltissimi studi che ne confermano e riconfermano l'infondatezza. Se fai un giro su internet trovi un sacco di grafici che mostrano una correlazione tra la somministrazione del vaccino sui bambini e un aumento di casi di autismo. Correlazione, come già detto, fuorviante: tra milioni di vaccinati è normale che ci siano anche casi di autismo, di bambini che si sarebbero ammalati anche senza vaccino. Esattamente come milioni di persone mangiano la pasta asciutta e poi si ammalano di cuore. Fino a prova contraria, la pasta asciutta non è causa di infarto.

Fatto sta che molti genitori sostengono che i loro bambini si siano ammalati dopo il vaccino. Trovare un colpevole davanti alle cose che non possiamo o riusciamo a controllare ci fa sentire meglio?

Sì. Trovare un colpevole mi dà l'illusione di poter fare qualcosa. Se un problema è dato - ad esempio - da questioni genetiche, io non posso fare nulla, devo accettarlo così come è. Se  invece ho la convinzione che sia colpa di qualcuno, innanzitutto so con chi prendermela, e poi mi sento in grado di aiutare gli altri, di fare qualcosa, di agire su qualcosa. Una sorta di deresponsabilizzazione. Pensare che l'autismo possa avere a che fare con la genetica può essere erroneamente percepito da alcuni genitori come una "colpa". Se si trova il capro espiatorio si fugge anche da questo tipo di sofferenza.

Cosa avviene nella mente di chi, sul web, infervorato, urla al complotto senza sentire altre ragioni?

Scattano una serie di meccanismi psicologici, tra questi, il principio di negazione. Una difesa contro la paura. Negando il problema allontano il timore. Se qualcuno mi dice che ci sono morti, ricoveri, infezioni e io insisto nel dire che è un imbroglio, mi sto difedendo dalla paura che non mi consentirà di essere libero, di uscire, di incontrare gente.

Quali sono le fonti dei novax?

I negazionisti trovano le informazioni nella loro bolla, non oltre, tra altri complottisti e negazionisti. È circolo chiuso, si informano tra loro. Se qualcuno cerca di entrare in quella bolla, viene etichettato come colui che sta mettendo in atto un complotto, perché avrebbe degli interessi. Interessi spesso fantascientifici, come quello del controllo: facendo impoverire le persone, uccidendole, non è certo il controllo che si ottiene. Aumenta semmai il disagio, aumentano le rappresaglie, le proteste.

Ci sono novax anche tra, ad esempio, docenti universitari. 

Su certi temi l'opinione del plurilaureato non ha né più né meno valore di quella di una persona poco o per nulla formata. In entrambi i casi non si hanno gli elementi culturali e tecnici per comprendere e quindi esprimere pareri scientifici. Al di là dei complottisti e delle degenerazioni di cui sopra, esiste una larga fetta di popolazione che teme il vaccino. Molti genitori attenti e tutt'altro che irrazionali, ad esempio, hanno paura di vaccinare i propri bambini. Che sia condivisibile o meno, sembra una scelta comprensibile, vista la confusione sul tema.  Sì, e in questo caso non è colpa loro ma dell'informazione: sono bombardati da informazioni conflittuali, e la reazione tipica alle informazioni contradditorie è la paranoia. Avviene anche in famiglia. Se a un adolescente il padre dice una cosa e la madre ne dice un'altra la reazione è paranoica: "Qui qualcuno sta mentendo". Quindi reagisce con sospetto e il sospetto congela, non fa compiere azioni. Si preferisce restar fermi piuttosto che agire, senza pensare, nel caso del vaccino, che magari restar fermi può esporre il proprio bambino a rischi importanti.

In conclusione, come parlare con un novax "estremista"?

Nel momento in cui una persona aderisce completamente a un'ideologia complottista è davvero difficile farle cambiare idea, perché diventa una sorta di processo delirante e ogni cosa che tu dici a un delirante viene inquadrata all'interno del suo delirio. Se io dico a un complottista che deve fare riferimento alle persone competenti e alle fonti, il complottista dice che i medici sono pagati dalle case farmaceutiche e che le fonti sono manipolate per poterti prendere in giro. Una logica, seppur delirante, schiacciante. Bisogna accettare l'idea che in certe occasioni non c'è molto da fare. Alcune persone non cambieranno mai opinione perché sono entrate all'interno di una determinata logica da cui non si può uscire. 

L’Abc del perfetto no-vax. Massimiliano Panarari su L'Espresso il 03 agosto 2021. Da Antisistema a Complottismo fino alla W di web, la sorgente di tutte le verità occultate: il variegato modo che si oppone al Green Pass compone un’odierna psicologia delle folle. Il discorso pubblico di queste settimane è attraversato dalla discussione, dai toni molto accesi, intorno al Green Pass. E in un Paese come l’Italia nel quale, spesso, non si va a manifestare per le cause giuste, colpisce molto che a scendere in piazza (con alterna fortuna dal punto di vista dei numeri) siano i no-vax e no-pass, un chiaro segnale della loro massiccia controffensiva contro le misure decise dal governo Draghi a tutela della salute pubblica. E una rappresentazione molto plastica (e, non di rado, davvero inquietante) della psicologia delle folle no-vax e di quella piattaforma ideologica di «nuovo rossobrunismo» che, da poco, ha indossato proprio le vesti antivacciniste per riposizionarsi in modo più aggiornato sul mercato parapolitico. Ovvero, come già in passato, secondo lo schema degli opposti estremismi che si toccano. Se ne propone qui un piccolo dizionario di pronto uso.

A come AGAMBENISMO. Si può passare dall’essere uno degli intellettuali globali di riferimento della sinistra (specialmente radicale) e della teoria critica a fiancheggiatore e compagno di strada dei no-vax e dei no-pass? Mai dire mai, malauguratamente. È il caso di Giorgio Agamben, uno dei filosofi italiani più conosciuti a livello internazionale che, mentre poneva degli interrogativi meritevoli di riflessione sui rischi di uno «stato d’eccezione virale» permanente e sull’ampliamento della sfera della biopolitica come di quella della categoria - da lui coniata - di «tanatopolitica», è scivolato a precipizio nelle sabbie mobili e nel buco nero del complottismo. E, così, dopo avere descritto il Covid-19 con un impressionante riduzionismo sul piano dell’impatto sanitario (rimproveratogli, tra gli altri, da Jean-Luc Nancy), con toni che indulgevano al negazionismo e a un’avversione esplicita nei confronti della medicina, si è fatto pure cantore della follia del Green Pass come «tessera verde» e «stella gialla virtuale». Si comincia con Foucault, e si finisce gomito a gomito, senza volerlo - ma così è, a conti fatti, - con Forza Nuova e Casa Pound. Tu chiamale, se vuoi, convergenze parallele.

ANTISISTEMA (e antiscientismo, e anticapitalismo). E, dunque, qual è il “Sistema”? Chi ne fa parte? Ecco, basta essere contro il potere (quale?), e magicamente si diventa componenti in servizio permanente effettivo del “popolo” vilipeso e oppresso. E, per quanto concerne gli interrogativi precedenti, tra una strizzata d’occhio e una gomitata complice, il populismo dei no (compreso quello no-vax, naturalmente) lo sa molto bene. Ma, ovviamente, non lo può dire, perché si trova sottoposto a una feroce repressione. E se qualcuno gli rivolge queste domande, è chiaro che si tratta di un membro dell’establishment che sta “facendo il furbo” per screditare i «nuovi credenti» anti-vax. 

B come BOH-VAX (coincidente con i ni-vax o free-vax). Ovvero, i dubbiosi, articolati in un paio di macrocategorie. Ci sono gli scettici. E ci sono coloro che presentano patologie che sconsigliano la somministrazione del vaccino; e qui naturalmente massima attenzione (e massimo rispetto). Ma per quanto riguarda i primi: dubbio «de che»? 

C come COMPLOTTISMO e COSPIRAZIONISMO. Dai Protocolli dei savi Anziani di Sion alla Spectre di Big Pharma, che da anni pianifica l’inoculazione di massa d’intesa con Bill Gates e George Soros per infilarci qualche microchip sottopelle. Da ultimo, ad alcuni mesi di distanza dall’assalto al Campidoglio, QAnon sta vivendo la sua saldatura (che si poteva dare per scontata) con i movimenti antivaccinisti. Dai quali è arrivata pure un’inaudita e scandalosa strumentalizzazione dell’Olocausto, che ha obbligato la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, a scendere in campo dichiarando «folle il paragone con la Shoah». E, purtroppo, gira e rigira, finiamo sempre lì, perché la mente complottista funziona secondo quella (il)logica perfettamente illustrata da Umberto Eco ne “Il pendolo di Foucault” (1988).

D ed E come DESTRE ESTREME. Ma dove vai se il vaccino non ce l’hai (e in senso letterale, alla luce del Green Pass)? Dopo la vaccinazione di Matteo Salvini e Giorgia Meloni (in rigorosa e instancabile competition su tutto), il vessillo no-vax duro e puro (e pericoloso per l’ordine sociale) è impugnato dalle destre radicali e neofasciste di Casa Pound e Forza Nuova, a loro volta impegnate in una feroce e “maschia” concorrenza per fare proselitismo. Dimmi con chi vai, e ti dirà chi (grosso modo) sei. 

F come FREE-VAX . E come furbetti del vaccino. E, ancora, come free rider. In origine, c’erano i no-mask, i senza mascherina. Anarcolibertarismo all’americana o, piuttosto, menefreghismo di italica memoria. Perché - e ridalli - la mascherina è un’inaccettabile limitazione della libertà personale. Non sono a favore del vaccino, ma neppure contro. Un po’ di qua, e un po’ di là. Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, alla ricerca di un’improbabile terza via. Sono quelli che, intanto, stanno alla finestra (nella zona grigia, verrebbe da dire), puntando sul fatto che siano gli altri a vaccinarsi permettendo di raggiungere così l’immunità di gregge. Giustappunto, un comportamento da free rider che si avvantaggiano di un bene pubblico (o di un bene comune), senza compiere il loro dovere nei confronti delle comunità. 

I come INTERFERENZE MALEVOLE (o maligne). La macchina della manipolazione è sempre all’opera. E sempre all’erta sta. E nel caso delle campagne no-vax, come in molte delle attività di destabilizzazione degli ultimi anni, bisogna provare a seguire la pista di regie e strategie organizzate da potenze straniere (in primis, Russia e Cina). Alle quali del merito della questione, come ovvio, interessa ben poco: Brexit o Sputnik, nulla cambia. L’importante è disorientare le opinioni pubbliche dell’Occidente e screditare a prescindere i loro governi, con l’ausilio dei propri cavalli di Troia (e di Trojan), e il manipolo di hacker, quinte colonne e utili idioti. 

L come «LIBERALISMO VACCINALE». Ovvero, chi - proclamandosi per la «libertà di scelta» rispetto al vaccino - sarebbe il vero liberale. Una fattispecie piuttosto rappresentata presso i partiti del destracentro (come è il caso del candidato al Comune di Roma Enrico Michetti). Solo che la mia libertà, come ci insegna l’Illuminismo, finisce dove comincia quella degli altri. E, dunque, di autenticamente liberale qui non c’è nulla. Anzi. 

N come NO: NO-VAX, NO-MASK, NO-PASS . La quintessenza autentica di questi movimenti: No, no, e sempre no! E «vaffa»! (di cui quel no è un parente molto stretto). 

«NAZISMO VACCINALE». Parola – ed ennesima intemerata - di Claudio Borghi, il deputato leghista che ha testualmente dichiarato: «Non mi piego al nazismo vaccinale», mentre il Green Pass, ça va sans dire, è «incostituzionale». Una vita anti-tutto, e passata dalla parte del no: all’euro, alla mascherina, al vaccino e, ora, al Green Pass. E chi più ne ha più ne metta. 

S come «SOVRANISMO CORPORALE» . Il braccio è mio, e me lo gestisco io. E, quindi, giù le mani e la siringa (Salvini dixit), all’insegna della «sindrome Nimby del vaccino» (non nel mio braccio!). La famiglia allargata dei sovranismi contemporanei contempla, quindi, pure questa tipologia, squisitamente biopolitica (e no vax). 

V come VACCINISMO uguale nazifascismo. ANTIVACCINISMO uguale antifascismo. Due equazioni grottesche, inaudite e ridicole (e non si riesce qui a decidere se ci troviamo più dalle parti della farsa o della tragedia). E a farsene ambasciatori sono anche alcuni settori della borghesia intellettuale e delle professioni (a partire da vari medici) e della sinistra, provenienti dal benicomunismo (come il giurista Ugo Mattei). Specialmente in una città come Torino, laboratorio da qualche tempo a questa parte del nuovo rossobrunismo e di una malintesa idea di resistenza (abbracciata dal popolo no-Tav). 

W come WEB. La sorgente di tutte le verità occultate. La fonte suprema a cui attingere per contrastare il «pensiero unico» di chi è favorevole ai vaccini, e i media pieni di giornalisti «terroristi» o «pennivendoli». Perché a noi non la si fa, e googlando un po’ (come diceva anche il grillismo degli albori) si trova tutto. Specie un sacco di fake news a cui abbeverarsi ciecamente e in maniera irresponsabile, celebrando i sacri culti dell’orizzontalizzazione e della disintermediazione, dove «uno vale uno», e i dati dell’epidemiologo contano quanto l’opinione personale del terrapiattista (o del terracavista). Precisamente quella che consente un postmodernissimo rovesciamento della realtà dei fatti.

Franco Stefanoni per il "Corriere della Sera" il 2 agosto 2021. Vive nel Nord-Est, ha tra i 35 e i 49 anni di età, la licenza media, artigiano o commerciante, inoccupato o disoccupato, vota a destra, si informa sui social media, ha una condizione economica bassa. Sono questi i profili più comuni tra gli italiani contrari o attendisti nei confronti del vaccino anti-Covid. In tutto il 17%: i No vax sono il 7%, i Boh vax il 10%. «Nel complesso sono i cauti, coloro che non credono nell'efficacia del vaccino o pensano possa far male», spiega Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, che per il Corriere ha condotto il sondaggio. Nel Nord-Est i No vax pesano per il 10% e gli attendisti per il 15%. Tra chi certamente dice no, molti meno se ne trovano tra chi è residente al Sud (4%) e nelle isole (6%), mentre è nel Nord-Ovest che si tocca il livello più basso di attendisti: 8%. Per converso, sempre nel Nord-Est è individuabile il più basso numero di residenti già vaccinato almeno con una dose o che si vaccinerà con certezza: 70% dei residenti (la media italiana è del 77%). Se si considera la condizione economica, i No vax rappresentano l'11% tra chi gode di una condizione elevata. Viceversa, la quantità minore (5%) è riscontrata tra le persone con un regime economico medio, mentre per chi viene classificato a livello più basso si arriva all'8%. La situazione si inverte se a essere preso in esame è chi è incerto su che cosa fare con il vaccino. In questo caso si arriva ad appena il 4% all'interno della fascia più alta del benessere economico considerato, quando al contrario se la fascia è medio bassa la quota sale al 12% e, se è bassa, raggiunge il 16%. Poi c'è l'universo di chi già si è vaccinato o che sicuramente lo farà: chi sta meglio economicamente conquista la quota maggiore con l'83% della propria fascia, contro il 65% di chi si trova nella fascia più bassa. Tra i disoccupati e gli inoccupati chi ha già fatto almeno una dose rappresenta il 58%, un altro 11% è sicuro che si vaccinerà mentre la quota di contrari e dubbiosi è del 22 per cento. Tra i favorevoli, invece, si contano molti laureati (più di 4 su 5 sono per il vaccino), elettori di centrosinistra e persone informate attraverso i quotidiani. «Qui si nota una differenza chiara rispetto ai no vax e agli attendisti - dice Pagnoncelli - che per il 30% si informano sui social, dove il confronto è anzitutto con chi la pensa come te». Chi vota per il centrodestra è più sbilanciato tra i No vax. Lo è il 14% degli elettori della Lega e il 10% di chi sceglie Fratelli d'Italia, mentre tra gli elettori del Pd non si supera il 2% e tra i 5 Stelle il 7%. Passando agli indecisi, il M5S sale al 13% e FdI al 12%, mentre al primo posto ci sono gli elettori di Forza Italia, Cambiamo e NcI. Secondo Pagnoncelli: «La tendenza a destra dei No vax è in linea con il no al green pass. Un dato che si riscontra anche tra commercianti e artigiani: la quota di contrari e attendisti è del 31%». Le punte più elevate tra chi ha già avuto una dose o sicuramente si vaccinerà si registrano tra i dem (89%) e le altre liste di centrosinistra (92%).

Antonio Rapisarda per “Libero quotidiano” il 24 luglio 2021. Fanno tanto rumore - spettacolarizzato a dismisura da alcuni media -, sui social saranno pure abili acchiappa-like ma in realtà i "no vax" rappresentano ben poco. Addirittura sempre meno. Quanto? Non più del 5% della popolazione italiana. Alle urne, secondo gli esperti, varrebbero a malapena l'1%. Di sicuro c'è stato un crollo degno dei 5 Stelle ai tempi del governo giallo-verde, se è vero che a dicembre 2020 (prima dell'avvio del piano vaccinale) la percentuale dei contrari al vaccino era sempre bassa ma almeno al 12%. Il merito di questa «conversione» radicale di chi è? Ma dei vaccini e della campagna vaccinale: una vera e propria beffa per i pasdaran del "no". A far di conto sulla minoranza dei contrari all'inoculazione è stato ResPOnsE Covid-19, il laboratorio demoscopico dell'Università degli Studi di Milano. Il centro studi, insieme all'istituto Swg, ha stilato un report che spiega tutto già nel titolo: «La svolta dei vaccini e la ritirata dei no vax». Proprio l'arrivo in massa delle dosi del siero è individuato come il «punto di svolta: non solo per l'andamento della pandemia, ma anche per la percezione che gli italiani ne hanno avuto e per la speranza in una fine definitiva dell'emergenza». Il risultato della ricerca è inequivocabile: oltre l'80% degli italiani è favorevole al vaccino. Non solo. Cresce di settimana in settimana la disponibilità a vaccinarsi: a dicembre 2020, era il 60%. A giugno scorso si è raggiunto l'85%. Al contrario, come abbiamo detto, più che dimezzato è il fronte dei contrari alla vaccinazione: dal 12% al 5% (raggiunto fra marzo e giugno). A diminuire anche gli scettici riguardo il vaccino: i poco disponibili a vaccinarsi passano da poco meno del 10% a marzo, a circa il 6% a giugno. Questi i dati concreti, con l'attuale quadro normativo. Interessante, però, notare la risposta nel caso dovesse subentrare l'obbligo vaccinale: sul campione totale, «solo una minoranza di chi è poco o per niente disponibile a vaccinarsi, si rifiuterebbe di fare il vaccino anche qualora fosse reso obbligatorio». Nello specifico il 13% dichiara di essere poco o per niente disponibile a vaccinarsi, masolo il 6% rifiuterebbe il vaccino anche se obbligatorio. A crescere, invece, rispetto a fine 2020, sono proprio i favorevoli all'obbligatorietà del vaccino anti-Covid: dal 43% al 52%. Secondo l'Università di Milano, «sembra che il miglioramento della situazione pandemica insieme ai progressi del piano vaccinale» abbiano portato anche ad un aumento del consenso per l'obbligatorietà dei vaccini. Non tutti i contrari all'obbligo, però, sono "no vax". Qui il discorso si fa più sfumato: «Tra chi è molto disponibile a essere vaccinato o ha già ricevuto il vaccino, poco meno del 10% è contrario all'obbligatorietà della vaccinazione», si legge nel report. Ciò suggerisce che l'intenzione a vaccinarsi «non determina necessariamente l'opinione sull'obbligatorietà del vaccino». Alla luce di tutto questo quanto potrebbe valere un partito "no vax"? Decisamente ancora meno della percentuale rappresentata nella popolazione. «Difficilmente riuscirebbe ad arrivare all'1%. Sarebbe una cosa politicamente inconsistente», spiega a Libero Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè. Per l'analista le motivazioni di un'adesione a un soggetto politico non sono legate a una scelta del tipo «mi vaccino, non mi vaccino»: «Il valore di un progetto si misura con altri argomenti: lavoro, sviluppo, diritti e sicurezza». Anche la "dispersione" politica del piccolo tesoretto di pasdaran è agile da ricostruire: «Dentro quel magma ci sono decine di motivi per essere "no vax": ci sono quelli che non si fidano di questo vaccino anti-Covid, ci sono quelli che contestano i vaccini tout-court, c'è chi lo fa con tesi di sinistra, chi con tesi di destra...». Quanto al rischio che la campagna dei no vax possa influire nel passaggio da uno schieramento all'altro, per Buttaroni si tratta di una eventualità praticamente nulla: «È vero che l'elettorato ormai è più che mobile (frail 2018 e il 2020 il 60% degli aventi il diritto ha votato in maniera diversa) ma difficilmente lo spostamento si lega a singoli fenomeni. A maggior ragione questo, considerato assai scivoloso dagli stessi leader politici». 

La scienza aggredita dai populisti. La Repubblica il 25/7/2021. La pandemia Covid 19 ha indebolito il populismo in Europa come in Nordamerica, dimostrando la necessità dello Stato per difendere la salute pubblica, ma ora il movimento No Vax fa percepire a questi leader e partiti basati sulla protesta anti-istituzionale l'occasione di un possibile riscatto. C'è infatti una coincidenza evidente fra populismo e rifiuto dei vaccini ovvero la carenza di fiducia nello Stato, nelle sue istituzioni e dunque anche nel sistema sanitario, in ultima istanza perfino nei dottori. Come le manifestazioni avvenute ieri in più città hanno dimostrato, l'Italia è al centro di questo confronto fra istituzioni e populismo in corso in Occidente: prima del Covid 19 aveva la percentuale più alta di elettori di partiti populisti - la somma di Cinquestelle e Lega nelle elezioni del marzo 2018 - e ora esprime uno dei più significativi movimenti No Vax in Europa. Ad attestare in maniera scientifica la coincidenza fra il populismo e lo scetticismo sui vaccini è stato, nel 2019, uno studio dell'European Journal of Public Health documentando come in più nazioni "si tratta di fenomeni spinti da una dinamica simile, basata sulla profonda sfiducia nei confronti delle élite e degli esperti". Da allora tale tendenza è aumentata, fino all'indagine di Eurobarometro, secondo cui la sfiducia nei vaccini è in crescita fino a sfiorare la metà dei cittadini europei con i picchi più alti nei Paesi dove vi sono partiti anti-establishment particolarmente popolari: Italia, Francia e Grecia. L'opinione No Vax è priva di credibili basi scientifiche perché i vaccini - secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità - ogni anno salvano la vita ad almeno 2-3 milioni di persone senza contare quanto avvenuto proprio in Europa e Nordamerica dopo l'inizio della somministrazione dei vaccini anti Covid, che hanno ovunque abbattuto drasticamente il numero di decessi e ricoveri in terapia intensiva. Ma ciò che alimenta i No Vax - al pari del populismo - sono motivazioni diverse come il richiamo a false teorie: ad esempio quella di Andrew Wakefield che nel 1998 pubblicò su Lancet un articolo in cui collegava il vaccino MPR (contro morbillo, parotite e rosolia) all'autismo ma poi tale testo è stato ritirato e l'autore stesso espulso dal "medical register" britannico per aver agito "in maniera disonesta e irresponsabile". Il sociologo britannico Harry Collins definisce le teorie No Vax come "populismo tecnologico" perché indirizzano la sfiducia dei singoli nei confronti dell'esperienza scientifica e della competenza medica. L'estrema carta giocata dai No Vax per delegittimare il vaccino contro il Covid 19 è il diritto alla libertà di scelta sulla propria salute ma è una tesi discutibile perché c'è oramai consenso della comunità scientifica sul fatto che l'immunità di gregge si raggiunga quando un Paese ha il 95 per cento degli abitanti vaccinati. E dunque rifiutare il vaccino significa mettere a rischio la salute degli altri. È interessante notare a tale riguardo che in Gran Bretagna, uno dei pochi avversari della proibizione di fumare in pubblico - largamente condivisa per proteggere la salute dei non fumatori - è Nigel Farage, l'ex leader dell'Ukip promotore della Brexit e volto di spicco del populismo britannico, secondo il quale si tratta di "un'interferenza del mega-Stato che vogliamo smantellare". Quest'idea dell'opposizione al vaccino come forma di "resistenza allo Stato" emerge anche da quanto sta avvenendo negli Stati Uniti: secondo un'inchiesta della Kaiser Family Foundation a fronte di un 55 per cento di adulti americani che hanno già preso il vaccino - o intendono farlo il prima possibile - c'è un 45 per cento diviso a metà fra chi lo rifiuta e chi "preferisce attendere e vedere cosa succede". E se andiamo a vedere come è composto questo 45 per cento di scettici vediamo che fra i No Vax prevalgono i repubblicani sostenitori dell'ex presidente Donald Trump mentre fra gli "attendisti" gli afroamericani, ovvero due componenti della società americana che per ragioni diverse non hanno fiducia nel governo federale. Nel tentativo di aggredire il movimento No Vax alle sue stesse radici il team di ricercatori sulla Digital Economy del Massachusetts Institute of Technology di Boston ha dialogato con 1,5 milioni di user di Facebook, dimostrando che illustrando i tassi di efficacia del vaccino si aumenta di "almeno il 5 per cento" il numero di chi sceglie di immunizzarsi. Da qui il suggerimento di tentare di avere quanto più possibile un dialogo diretto con chi esita davanti al vaccino perché assai spesso lo scetticismo si basa non sull'opposizione totale e ideologica alla scienza medica - che distingue i leader populisti a corto di ossigeno politico - quanto invece sulla convinzione personale che "a me non serve" o "io non ne ho bisogno" per le ragioni più disparate. Questo spiega perché Anthony Fauci, direttore dell'Istituto nazionale Usa contro le allergie e malattie infettive, sta lavorando assieme a un crescente numero di governatori e sindaci americani per poter raggiungere direttamente il numero più alto di cittadini - usando di tutto, dalle farmacie a Instagram - al fine di metterli a conoscenza dell'efficacia dei vaccini. Per battere il "populismo tecnologico" grazie alla forza della ragione. 

In Onda, Peter Gomez sui no-vax: "Per mesi Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno soffiato sul fuoco". Libero Quotidiano il 24 luglio 2021. "Come nel resto dei paesi del mondo c'è una parte no vax e una che ha qualche dubbio". Peter Gomez, ospite a In Onda su la7 parla delle proteste che proprio in quelle ore stanno prendendo piede. Il direttore del Fattoquotidiano.it apre la puntata del 24 luglio attaccando il centrodestra: "Per mesi abbiamo assistito a Matteo Salvini e Giorgia Meloni che hanno soffiato sul fuoco, diceva il leader della Lega che non esisteva la terza ondata, è chiaro che chi ha dubbi e malcontenti economici si sente più forte". Successivamente Gomez ricorda ai conduttori in studio, David Parenzo e Concita De Gregorio, che una parte della colpa è anche di "noi giornalisti": "Anche noi abbiamo fatto la nostra parte". "Non sono d'accordo", replica a quel punto la conduttrice. "Eccome invece, perché molto hanno fatto anche le istituzioni con comunicazioni sbagliate. D'altronde i populismi e i sovranismi nascono proprio dal fallimento delle élite". Contro la comunicazione confusa delle istituzioni c'è anche Alessandra Ghisleri che da sondaggista ha sondato i timori delle persone che ad oggi si chiedono "cosa mi accadrà tra dieci anni". Per questo, è il pensiero della Ghisleri che va di pari passo con quello di Gomez, "ci vuole una voce unica".

Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera” il 27 luglio 2021. Rifiutandosi di prendere chiaramente le distanze da chi considera il vaccino e il certificato verde alla stregua di crimini contro l'umanità, Meloni e Salvini compiono un salto logico incomprensibile. All'esplosione della pandemia furono proprio le destre a cavalcare l'insofferenza per il lockdown, scagliandosi contro un regime di vita claustrofobico che rischiava di trascinare nel baratro i lavoratori senza tutele. Allora i vaccini non c'erano, purtroppo. Ma, adesso che ci sono, Meloni e Salvini finiscono per giustificare chi, boicottandoli, impedisce di fatto all'economia di ripartire. L'aspetto veramente incredibile della vicenda è che i primi a finanziare le ricerche sui vaccini furono due campioni della destra, Trump e Boris Johnson. Se fossi il loro omologo italiano, mi prenderei il merito di quella decisione e la sventolerei in faccia alla sinistra, contestandole di essere stata, come talvolta le capita, più pessimista e meno reattiva. Invece i nemici giurati del passato lockdown non riconoscono che il vaccino resta il più sicuro antidoto contro quelli futuri. E, soprattutto, che sono stati loro a battersi più di chiunque altro per averlo (e per avere il green pass). Mi auguro che il ribaltamento non dipenda da una diffidenza congenita verso tutto ciò che sa di scienza. Preferisco supporre che Meloni e Salvini, avendo tante cose da pensare e soprattutto da dire, si siano ormai dimenticati che cosa pensassero e dicessero qualche mese fa.

Michele Serra per “L’Espresso” il 27 luglio 2021. “Non sono no-vax ma non mi vaccino lo stesso": è il titolo del documento promosso dai deputati di Fratelli d'Italia Scapaccioni e Martufelli, eletti nella circoscrizione di Rieti come l'intero gruppo parlamentare della Meloni. Il documento ha richiesto una lunga elaborazione, perché il correttore automatico del computer correggeva la frase in «non sono no-vax, dunque mi vaccino», oppure in «sono no-vax, dunque non mi vaccino». I due deputati hanno dovuto eliminare il correttore automatico (usando un grosso cacciavite) per poter stilare il documento, che riscuote molto successo nella destra italiana e ha vinto il secondo premio al prestigioso concorso "Nonsense International". Salvini Si è vaccinato? Intende farlo? Le ipotesi sul tappeto sono tante. C'è chi dice che si sia già vaccinato a Mosca con la famosa "vaccinazione russa", considerata una prova di virilità: si fa ruotare il tamburo di una grossa siringa, calibro 38, e non si sa se parte l'ago oppure no. Qualcuno assicura che sia andato a vaccinarsi a Roma, in gran segreto, facendo regolarmente la fila, ma abbia poi offerto al medico un braccio di gomma, vecchio trucco teatrale. Secondo altre voci Salvini sarebbe già immune in seguito alle migliaia di selfie con persone infette, molte delle quali hanno voluto limonare con lui per l'entusiasmo. In alcuni scatti non lo si riconosce neppure, la sua faccia emerge a stento da un groviglio di membra. Secondo i suoi medici curanti la promiscuità di Salvini con la folla lo ha già immunizzato anche dal beri-beri, dalla febbre gialla, dalla scarlattina e dalle principali malattie infettive conosciute. 

Rivincita.  Il Movimento no-vax, nel frattempo, studia le prossime mosse, attraverso una raffinata strategia di comunicazione. La prima mossa è ammettere che il vaccino serve, ma solo ai vaccinati, e dunque è una forma di discriminazione nei confronti dei non vaccinati. La seconda è chiedere di inserire i non vaccinati tra le minoranze tutelate dalla legge Zan. Ci sono non vaccinati che si sentono comunque immuni, va dunque riconosciuto il concetto di "identità immunitaria", che indica non l'effettivo numero di anticorpi presenti nell'individuo, ma come lui si sente al di fuori delle convenzioni sociali sul Covid e sui vaccini.

La card. Lega e Fratelli d'Italia considerano il Green Pass una imposizione intollerabile, come tutte quelle imposte dalle élites che vivono nelle Ztl, a cominciare dal divieto di entrare in Ztl con un autoarticolato carico di maiali, o con una mietitrebbia. La proposta è sostituirla con la Menefrego Card, scritta nera su scudetto tricolore, da tenere bene in vista quando si entra in ristoranti, palestre, autobus, piscine, asili nido, ospedali. «La Menefrego Card rappresenterebbe molto meglio l'irriducibile spirito di libertà e di indipendenza del nostro popolo», spiega il senatore leghista Maicol Galbusera, «che non ha bisogno di sentirsi dire ogni due minuti che cosa si può fare e che cosa no. Il Ferragosto ideale è una bella braciolata al chiuso, in un capannone perlinato, con migliaia di persone che si abbracciano, schiaffeggiano i bambini che si sono ustionati, applaudono l'elezione di Miss Cotechino, o anche Miss Anguilla, a seconda delle tradizioni locali che vanno mantenute sempre. È questa l'Italia che vogliamo». 

Il programma. In segno di sfida al Covid, e alla paura del contagio diffusa dalle autorità sanitarie solo per far vendere più ansiolitici a Big Pharma, sono allo studio, in tutta Italia, molte manifestazioni di liberazione dalla pandemia. Rave party, movide, feste con trenino, brindisi collettivi nelle piazze passandosi un unico bicchiere in segno di solidarietà, piramidi umane sull'esempio del Cirque du Soleil, orge sessuali riservate ai soli non vaccinati, ristoranti con tavoli a due piani per ammonticchiare più gente possibile. Nei locali gestiti da leghisti, contro la cultura del distanziamento, vale la regola dell'avvicinamento. Ci si siede in due nella stessa sedia e si mangia nello stesso piatto.

L’antifascismo da operetta della piazza no-vax. Luca Bottura su L'Espresso il 26 luglio 2021. Quello che colpisce, in questa triste processione degli “ordine e disciplina ma solo per gli altri” che combatte contro la salute dei più deboli, è l’abuso del termine “libertà. Alla fine l’opportunismo carpiato di parte della classe politica (Salvini e Meloni in primis) è finito nel luogo che meglio gli si confà: la piazza. Mesi e mesi spesi a parlare di dittatura sanitaria, di ragazzi che non si devono pungere, di green pass che vanno bene in Europa ma in Italia no, come se il nostro continente di riferimento fosse l’Oceania, a mestare nel torbido dei peggiori istinti per quattro voti in più, hanno saldato le incerte convinzioni dei novax a un progetto di lungo periodo basato su renitenza e vittimismo, cioè sul programma politico della Destra italiana e dei residui tantopeggisti di estrema sinistra. Un mantello ideologico che ha spostato dal nulla dei social alla concretezza delle manifestazioni i tanti piccoli Povia che sostengono le loro ragioni complottiste. Sfilate, tra l’altro, non autorizzate. Ma si sa che in Italia l’ordine pubblico vale solo per le zecche progressiste, come dimostra lo schieramento di forze dell’ordine che ha guardato a vista la protesta pacifica e regolarmente annunciata a Voghera, dove gli assessori leghisti sparano o invitano a sparare, promettono piombo a chi li critica, e mai nessuno che apra un fascicolo per apologia di reato o procurato allarme. Del resto abbattere a revolverate un tizio perché ti tira uno schiaffo è “eccesso di legittima difesa”. Quello che colpisce, in questa triste processione degli “ordine e disciplina ma solo per gli altri” è l’abuso del termine “libertà”, ripetuto a nastro davanti al microfono pigro dei media mainstream, anch’essi piegati alla logica del clic che prevede di fare da grancassa anche alle battaglie peggiori. E contagiose. Capaci di attrarre nella rete, virtuale e non, anche gente in buonafede che nulla sa, poco capisce, ma magari, di ‘sto passo, finirà col credere per davvero che anche la patente di guida sia uno strumento vessatorio verso chi vuol guidare la macchina senza possederne i requisiti. Il quadro è abbastanza disperante, ed è tutto dipinto in nuance del beige: la prepotenza verso la salute di tutti, il “me ne frego” di mussoliniana memoria, l’attitudine passivo-aggressiva di chi accetta qualunque imposizione da parte dei privati e respinge sdegnato lo Stato e le sue leggi più giuste, lo schifo per la comunità di cui si fa parte perché prevede quattro regole di buon senso... La violenza, in sintesi, che si compie verso una parola nobile, necessaria come l’aria che respiriamo, e altrettanto fragile. Libertà, appunto. Ché sporcarla, insieme alla democrazia, è sin troppo semplice. Basta approfittare dei meccanismi di tolleranza coi quali si è affermata, torcendoli. Basta slabbrare il patto delle regole non scritte, l’ovvietà secondo cui quando c’è l’emergenza tocca aiutarsi e, l’immagine dovrebbe piacere anche ai nostalgici anti-vaccino, fare fronte. Invece c’è sempre un bassoventre da erigere a centro dell’universo mondo e a simbolo di un antagonismo che si proclama coraggioso e invece si nutre principalmente di codardia. Nascondersi nel branco e fare la voce grossa. I novax vogliono la libertà solo per loro stessi, cioè una sorta di anarchia fascistoide, senza spendersi per perseguirla. Somigliano in questo ai molti italiani che quasi un’ottantina di anni fa restarono nel barile mentre una sparuta minoranza si batteva per salvarci dalla dittatura. Non a caso, il grosso dei manifestanti viene dalle file di chi pensa che il nostro onore l’abbiano difeso i repubblichini. Il cortocircuito prevede anche che i fascisti fattuali, comportamentali, anche quando afferenti alla microscopica galassia rosso-bruna, taccino di fascismo chi mantiene la comunità come lume. Che inalberino cartelli in cui affiancano alla profilassi le stesse svastiche che in privato ritengono un fregio ispirazionale. Invece, per sunteggiare, gli autoritari sono loro. Ché da quegli anni bui hanno mantenuto una velleità di dittatura della minoranza, almeno nei loro frammentari e opachi vertici. Mentre gli altri sono pecore, e mai delle migliori. Gregge ostile che si oppone al gregge paziente e mira ad ammalarlo proclamando un eroismo da tinello contro un “sistema” indefinito, in assenza di coraggio per attaccare i molteplici sistemi concreti che azzoppano diutarnamente le classi meno tutelate. Ai tempi, Berlusconi ci trasformò negli albanesi di noi stessi: bastava prendere il gommone Mediaset e votare Forza Italia per approdare in un bengodi privato da cui gli altri albanesi fossero esclusi. Una sorta di “prima me sempre e comunque” che altri avrebbero perfezionato, avvelenando i pozzi. Oggi, combattere contro la salute dei più deboli somiglia, più che alla Libertà, alla Casa della Libertà di guzzantiana memoria: “Facciamo un po’ come cazzo ci pare”. E pensare che, incredibile a dirsi, salveremo pure loro. Ché in fondo, a ‘sto giro, per fare la Resistenza bastano un’iniezione e due linee di febbre.

Destra e sinistra estrema in piazza contro il Green pass. Proteste e deliri no-vax: sono tornati i nazi-maoisti. Fulvio Abbate su Il Riformista il 27 Luglio 2021. Aiuto! Sono tornati i nazi-maoisti, sottospecie stradale, politica e para-militante, pronta a mostrarsi, appunto, nelle piazze al tempo del Covid. Nazi-maoisti, così almeno furono chiamati, grazie a un ossimoro, alla fine degli anni Sessanta, nei giorni della cosiddetta strategia della tensione, certi soggetti. Si tratta una possibile saldatura ideologica cumulativa e insieme pratica: il basco amaranto e insieme l’eskimo, il tatuaggio tribale e la celtica, e perfino la bandiera nera con la A cerchiata, quest’ultima vista a Firenze, durante l’aggressione al giornalista Saverio Tommasi di Fanpage, da far piangere Errico Malatesta nella sua tomba al Verano. Dietro c’è l’idea paranoide del nemico comune, del potere cui dare una risposta forte e chiara e risoluta, oltre le divisioni ormai improprie: d’altronde, non è altrettanto e sicuramente vero che il nemico corrisponde al “sistema” che vorrebbe tutti sterminarci con i suoi veleni travisati da farmaci? Ricordo anche, sarà stato il 1972, una campagna elettorale della Democrazia cristiana, da me a suo tempo ritenuta ignobile, nella quale si faceva cenno alla necessità di un “centro” ragionante, dialettico, una nuova “diga” contro “gli opposti estremismi”. Ricordo una lunga discussione avuta in proposito con la prof di lettere, la Martorana, che, sebbene “di sinistra”, provò a dirci che c’era del vero in quel manifesto firmato con lo scudo crociato; cose antiche, l’ho detto, roba degli anni di Lucio Battisti con il suo “Canto libero”. L’idea pratica del nazi-maoismo mi è tornata in mente proprio in questi giorni, facendo caso alle piazze dove, in nome di una ribelle e assoluta contrarietà alla gestione della pandemia da parte dello Stato in ogni sua articolazione reputata “repressiva”, si è creato un cocktail di protesta che mette insieme ogni possibile opzione e matrice politica, gli opposti appunto: da Forza Nuova alle creature contigue ai centri sociali occupati autogestiti. I “fascisti” accanto alla “gente di sinistra” con il codino, gli uni insieme agli altri, contro una presunta “dittatura sanitaria”. E ancora facce da semplice repertorio da social, almeno all’apparenza tranquille, serene, nostri dirimpettai, perfino facce da cugini cui fare gli auguri ogni Santo Natale. Il detonatore concreto e insieme mentale che ha reso possibile questa definitiva saldatura prende il nome di “Green pass”. Alcuni, addirittura, sempre da destra, e forse non soltanto, l’hanno assimilato alla stella gialla imposta dai nazisti agli Ebrei nei ghetti e non solo lì. Sinceramente, non avrei mai immaginato che un giorno, di fronte al paradosso di certe subculture politiche, avrei trovato parole tali da rischiare l’accusa d’essere un “pompiere”, così da un certo pezzo di mondo convinto di possedere ogni certezza in tasca sull’inganno dei vaccini, gli stessi che affermano vengano inoculati insieme al “siero” minuscoli aghi (testuale). Domanda: dove trovare adesso le parole esatte per valutare anche semplicemente sul piano attitudinale il cocktail, la mistura, il serbatoio politici narrato per sommi capi subito sopra? Un mondo verso il quale nutro una sensazione di puro sgomento. Ora, siccome non sono uno scienziato, non sono un virologo, non ho la pretesa di avere gli strumenti completi così da fare una valutazione complessiva, mi atterrò unicamente alla percezione antropologica che il fenomeno risorgente del nazi-maoismo suscita sulla mia inerme persona, già di sinistra. O forse, assodata l’assenza di vero interesse per la complessità da parte di questi ultimi, non ho ragione di affannarmi a trovare risposte convincenti, che vadano oltre la sensazione che nella maggior parte dei casi si tratti, escludendo la teppa criminale che alligna tra i più invasati e analfabeti, di semplici nutrie. Non è un caso che i nostri compagni di classe e di muretto più stupidi li abbiamo ritrovati tutti all’ombra di quei movimenti che sono stati l’humus che ha poi reso possibile il riaffiorante nazi-maoismo. Il caso dei vaccini, in questo senso, è stato il volano dell’intero delirio politico, sebbene minoritario, cui stiamo assistendo. Volendo però ipotizzare una risposta fantasiosa (mica possono farne uso soltanto questi altri, il diritto al paradosso affabulatorio è di tutti!) potremmo dire che il nazi-maoismo sta consentendo a molti, come nel sogno del gratta e vinci, la libertà di inventare se stessi come avanguardia dello smarrimento, della frustrazione, dell’incultura, del proprio grado zero mentale, un po’ come avviene con il Lettrismo, cioè l’estrema propaggine dell’avanguardia letteraria francese sperimentale, il loro maestro si chiamava Isidore Isou, costui inventava fonemi senza apparente senso nella sintassi del reale, un mondo di significanti parallelo. Allo stesso modo i nazi-maoisti stanno cercando, forti di due distinte idee profondamente ottuse, eppure staliniste, metalliche (forse non tutti sanno che Stalin significa “d’acciaio”), di inventare un proprio privato, personale, modello di valutazione delle cose del mondo, insieme al complotto con tutte le sue possibili declinazioni; e non sarà certo la presunzione di sensatezza di chi ancora guarda i film di Nanni Moretti come fossero un antidoto etico, a dare una risposta alla deriva. Anzi, l’arrivo del nazi-maoismo, la sua apoteosi di piazza, segna la definitiva trasformazione in cenere della sinistra fino a come oggi è stata concepita. Quanto invece alla destra populista, prosegue la sua strada oscena come ha sempre fatto, fischiettando e poi ruttando il proprio principio di semplificazione del pensiero. Dimenticavo: qualche anno fa, per caso, in pizzeria ho ritrovato la prof Martorana, la stessa che ricordavo avesse difeso la propaganda centrista della Dc. Bene, ha negato in modo risoluto di avere detto, a suo tempo, parole di moderato ottimismo verso la deriva estremistica. Che brutti tempi d’orgogliosa ignoranza ci sono toccati.

Fulvio Abbate. Fulvio Abbate è nato nel 1956 e vive a Roma. Scrittore, tra i suoi romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “La peste bis” (1997), “Teledurruti” (2002), “Quando è la rivoluzione” (2008), “Intanto anche dicembre è passato” (2013), "La peste nuova" (2020). E ancora, tra l'altro, ha pubblicato, “Il ministro anarchico” (2004), “Sul conformismo di sinistra” (2005), “Pasolini raccontato a tutti” (2014), “Roma vista controvento” (2015), “LOve. Discorso generale sull'amore” (2018), "I promessi sposini" (2019). Nel 2013 ha ricevuto il Premio della satira politica di Forte dei Marmi. Teledurruti è il suo canale su YouTube.

Arrendetevi, sui vaccini siete circondati dai fatti. L’Italia merita una destra e una sinistra diverse. È accaduto un fatto inatteso: l'arrivo di uno come Draghi il quale incarna da solo il Principio di Realtà rispetto alle ambiguità dei partiti. Paolo Guzzanti su Il Quotidiano del Sud il 28 luglio 2021. Siete circondati, arrendetevi. Così nella miglior tradizione dei film polizieschi. La questione dei vaccini e della Green Card non è diversa. Una parte della destra italiana ma diciamo pure la Lega in modo più malleabile e Fratelli d’Italia in modo forsennato ma con visibili tracce di confusione e invidia dentro Forza Italia, ha commesso l’errore quasi irreversibile di sposare le idiozie di una parte dei no-vax, pur dichiarandosi sempre favorevole al vaccino (ma per motivi del tutto personali) e ostile alla Green Card paragonata ai più orridi documenti usati da ogni sorta di razzismo e di segregazionismo. Se ci pensate, è un gioco facile. Nel momento in cui si danno delle regole, inevitabilmente si danno anche delle limitazioni e si puniscono le trasgressioni. Se si stabilisce che qui è vietata la sosta, ti becchi la multa e forse ti portano via la macchina col carro attrezzi. Se ti presenti malato alla clinica delle malattie in infettive ti mettono sottochiave. Non c’è neanche bisogno del Covid. Da secoli gli esseri umani hanno imparato di fronte all’epidemia che la prima cosa da fare è evitare il contagio, stabilire le quarantene, innalzare la bandiera gialla, vietare lo sbarco degli equipaggi infetti, dare anche la caccia agli untori perché di untori ci sono se pretendono di circolare emettendo infezione dal loro alito che raggiunge altri corpi trasferendo l’agente patogeno che nel nostro caso è il celebrato virus Covid. Ogni anno è il virus dall’influenza, mutante, a imporre nuovi vaccini. E poi l’Ebola e tutte le varie malattie che arrivano regolarmente dall’Oriente trasmesse o per via suina o aviaria, maiali e polli. Non c’è nulla di nuovo e tutto questo. La novità è che l’uso propagandistico della adunata “contro lo Stato poliziesco” che impone il rispetto delle regole è apparso una tentazione troppo forte: così assistiamo al curioso fenomeno di politici emigrati nelle file di Fratelli d’Italia ma provenienti da quelle berlusconiane, farsi prendere da una specie di tarantolismo televisivo quando si arriva a parlare della carta verde che certifica l’immunizzazione e dei vaccini in generale. Sembra evidente cioè che Giorgia Meloni che finora ha goduto dai privilegi extraterritoriali dell’opposizione di sua maestà senza pagare altri pegni se non l’ingrossamento delle sue fila di le attraverso l’accoglienza di tutti i matti, paranoici e complottisti che sanno “come stanno veramente le cose” (un mio amico dei servizi segreti mi ha detto tutto) e quelli del microchip inoculato con il vaccino; e quelli che vedono la Spectre anche nell’aumento del prezzo delle banane. È accaduto un fatto inatteso nella storia italiana repubblicana e cioè l’arrivo di un personaggio come Mario Draghi il quale incarna da solo il Principio di Realtà: quella cosa contro cui vai a sbattere se non rispetti gli avvisi e che è li che ti aspetta. Draghi sta dando al Paese lezioni private di riconoscimento del principio di realtà, perché lo rappresenta con un esercizio anche teatrale: un uomo che arriva a dire che predicare contro la Green Card e la vaccinazione significa invitare a morire anziché a vivere produce una emozione intensa e teatrale il cui risultato finale è noto: gli italiani sono corsi alla vaccinazione fin quasi ad esaurirne le scorte e provocando un balzo enorme al numero dei vaccinati, benché ne manchino l’appello ancora troppi. Specialmente tra gli anziani sopra i sessanta i quali non sono renitenti alla vaccinazione ma non sanno destreggiarsi fra tutte le diavolerie elettroniche online sul web, pieni di Pin, Spid, password, email, web, e tutte le certificazioni burocratiche che richiedono pazienza e manualità e varietà piuttosto giovane. I vecchi non hanno dimestichezza con il computer e molti di loro seguitano a morire perché non hanno la più pallida idea di come vaccinarsi. Ma il fatto politico nuovo è che gli italiani hanno detto sì alla vaccinazione, sì alla Green Card, no a tutti i pazzi che si vanno a radunare vocianti e infettanti nelle piazze per questa ridicola finzione secondo cui ammorbarsi è bello, scapigliati e ribelli alla certificazione ed ora tutto questo è finito. È finito e Matteo Salvini è corso a vaccinarsi. Poi ha dovuto bofonchiare per ore davanti a tutti i microfoni che lo aveva fatto a titolo personale, qui lo dico e qui lo nego, senza per questo implicare che lui fosse d’accordo su tutto ma che anzi blah blah blah blah blah blah blah blah blah. Ma si è vaccinato. La Meloni si è vaccinata: a titolo personale perché naturalmente lo ha fatto soltanto perché la bla bla bla bla bla bla bla bla, ma si sonio vaccinati tutti e due, con la Green Card in tasca se sono in regola e non dubitiamo che lo siano, Tuttavia seguitano a farsi concorrenza perché uno sta dentro e uno sta fuori l’area di governo a far finta di difendere il diritto di scelta fra infettarsi e infettare, sostenuti da una cricca di modestissimi opinionisti aggregati che non sanno più che dire ma seguitano a dirlo. La pandemia sta andando meglio come numero di morti è peggio come numero di contagiati. Come ormai abbiamo imparato ciò dipende dalla variante Delta o indiana chi è più infettante ma meno virulenta. Dopo la Delta verranno altre varianti perché così sono i virus. Finché arriverà una variante che non sarà più una variante ma una mutazione. La differenza fra uno variante e una mutazione è che le varianti seguitano ad essere combattute dai vaccini già in uso, ma le mutazioni no. Ogni anno abbiamo a che fare con una mutazione del virus dell’influenza e occorre un nuovo vaccino. Lo sappiamo. Lo usiamo. Il Covid-19 ci ha fatto finora la grazia di restare nella forma contro la quale i vaccini sono efficaci e possiamo dirci fortunati perché quando questa manna terminerà, le grandi case farmaceutiche ed i loro scienziati si dovranno sbrigare a produrre un nuovo antidoto adatto al nuovo virus e si dovrà ricominciare da capo. Così accadde cento anni fa con la influenza virale spagnola della quale nessuno conosceva la natura e per riconoscerla fu creata la parola virus che significava origine ignota. Oggi siamo più fortunati ma Giorgia Meloni non lo è. Giorgia Meloni e Matteo Salvini non sono fortunati perché Mario Draghi si è messo al comando del camion che stava andando fuori strada e lo ha rimesso in carreggiata e la percezione collettiva dell’intero paese ha dato ragione al conducente ha torto a quelli che lo stavano portando nel baratro. E questo lo si vede da tutti i numeri di cui disponiamo: più vaccinati, più gran Green Pass, meno ospedalizzati, meno morti, meno terapie intensive. Gli ospedali non si occupano più soltanto di Covid ma anche di tutte le altre patologie e finalmente possono curare i tumori, gli infarti, le grandi malattie che uccidono né più e né meno di quanto uccide il Covid. Il tentativo di costruire un castello di carte politico su un umore che sembrava inesauribile capacità, è fallito. Arrendetevi siete circondati. La vostra strategia non funziona più punto seguendo quella strategia non soltanto se guiderete a fare dalle il mese ma vi farete male da voi stessi insieme a quell’altra banda di scappati di casa che si sta continuamente decomponendo nella mini galassia delle 5 Stelle: stanno tutti dalla parte sbagliata. Non hanno capito mai nulla. Non hanno saputo creare posti di lavoro. Tutto ciò che viene dalle loro filosofie è contro gli interessi del Paese, della sua economia, della sua salute, del suo rilancio. Siete circondati, arrendetevi. La fine è nota. Seguiteranno a dire di avere ragione ma anche a vaccinarsi e far vaccinare anche i loro animali domestici. Ristoratori e proprietari di balere dovranno fare come tutti i loro colleghi nel mondo e quindi controllare le credenziali di chi accolgono nei loro locali secondo le regole stabilite dalle leggi. Siete circondati, arrendetevi. Che cos’altro dire? L’Italia meriterebbe una destra diversa. Una destra con delle idee. Una destra con un progetto, un sogno anche se irrealizzabile. L’ultimo fu Silvio Berlusconi che prima di entrare in politica scrisse un libro intitolato L’Italia che amo. Era un programma di un visionario. Se ne realizzò pochissimo ma era già qualcosa. Così la sinistra: un tempo aveva dei piani urbanistici e scolastici, aveva dei sogni e delle proiezioni di società utopiche ma ricche di speranza. Non è rimasto nulla. È rimasta invece questa rissa invereconda tra vaccinati non vaccinati, certificati o renitenti. Siete circondati dai fatti: i vostri peggiori nemici. Arrendetevi, o meglio portate le vostre energie nel campo della costruzione anziché in quello della ottusa distruzione sostenuti soltanto dagli analfabeti.

"Opporsi ai vaccini non è libertà. All'Italia serve massima coesione". Luca Sablone il 27 Luglio 2021 su Il Giornale. Il Cav sferza i no vax: "Non possono imporre le loro conseguenze ad altri". E benedice il green pass: "Una misura di buon senso, a Forza Italia va bene così com'è". Sul tema dei vaccini e del green pass interviene Silvio Berlusconi, che richiama nuovamente tutti i partiti alla responsabilità e al buon senso per uscire quanto prima dall'incubo della pandemia. Un traguardo raggiungibile attraverso la campagna di vaccinazione che procede ancora in maniera spedita, anche se continua a resistere una piccola fronda di no-vax che non intende sottostare alle indicazioni della scienza. C'è poi chi ha fortemente criticato la scelta del governo di ricorrere al certificato verde per usufruire di alcune attività, considerandolo addirittura un "passaporto schiavitù". Manifestazioni di pensiero legittime ma che, secondo il leader di Forza Italia, rischiano di minare la libertà di chi si fida della scienza e delle istituzioni.

"Opporsi ai vaccini non è libertà". In una lettera per il Corriere della Sera, Berlusconi ha detto la sua in merito agli ultimi episodi di protesta nelle piazze d'Italia. Si è detto molto "preoccupato" dalle divisioni che stanno emergendo nel nostro Paese. Una questione che lo "rattrista" - dopo aver dedicato la sua intera carrierea politica alle battaglie di libertà - sono anche le parole "di chi fa dell'opposizione ai vaccini e al green pass, ma anche all’obbligo delle mascherine e del distanziamento, una questione di libertà". Effettivamente l'ex premier ha fatto notare che la scelta di non vaccinarsi e di non adottare le basilari regole anti-contagio potrebbe avere conseguenze sugli altri: "Come se non esistesse, fra i diritti tipicamente liberali, quello all'integrità della persona, e quindi ad andare al ristorante, a prendere l'aereo, a partecipare ad uno spettacolo o a una manifestazione sportiva senza il rischio di essere contagiati". Anche perché ha fatto notare che "chi decide di non vaccinarsi non può imporre le conseguenze della sua scelta agli altri e deve accettare le limitazioni che ne derivano, per la tutela della salute delle altre persone".

"Sì all'obbligo per la scuola". Il governo nei prossimi giorni potrebbe decidere ufficialmente di imporre l'obbligo di vaccinazione per il personale scolastico. Una soluzione per cui Berlusconi si è detto assolutamente favorevole. "Forza Italia chiede l'obbligo vaccinale in un settore delicato come la scuola", ha affermato. Un'opzione da prendere fortemente in considerazione visto che potrebbe essere messa a rischio la ripresa dell'attività didattica in presenza, "fondamentale per il processo formativo dei nostri ragazzi".

"Il green pass va bene così". Il presidente di Forza Italia si è schierato dalla parte del green pass: il Cav ha fatto sapere che per il partito azzurro "è una misura di buon senso alla quale siamo assolutamente favorevoli così com'è". Anche se, come ogni strumento, "naturalmente può essere discusso e migliorabile come legittimamente chiedono i nostri alleati". Il leader forzista ha infine tracciato la linea per abbandonare l'incubo Coronavirus, indicando tre stelle polari da tenere bene in mente: "Sono necessari senso di responsabilità, unità nazionale, nessuna strumentalizzazione politica". Requisiti senza i quali "rischiamo di spegnere la luce che comincia a vedersi in fondo al tunnel".

La svolta politica sui vaccini. Berlusconi ritiene "illogico dare una caratura ideologica o politica alla questione dei vaccini che è prettamente scientifica". E proprio il mondo della politica ha subito una vera e propria svolta sotto questo punto di vista. Come scrive Sabrina Cottone su ilGiornale in edicola oggi, il buon esempio richiesto ai politici è tornato di moda con il governo guidato da Mario Draghi. Le foto del capo dello Stato Sergio Mattarella e del premier con la moglie sono state tra le prime a circolare, portando anche altri esponenti di spicco a "testimoniare" l'avvenuta vaccinazione. Gli ultimi esempi riguardano Matteo Salvini e Giorgia Meloni, entrambi vaccinati dopo le parole del presidente del Consiglio: "L'appello a non vaccinarsi è un appello a morire".

Luca Sablone. Classe 2000, nato a Chieti. Fieramente abruzzese nel sangue e nei fatti. Estrema passione per il calcio, prima giocato e poi raccontato: sono passato dai guantoni da portiere alla tastiera del computer. Diplomato in informatica "per caso", aspirante giornalista per natura. Provo a raccontare tutto nei minimi dettagli, possibilmente prima degli altri. Cer

In Onda, Marco Damilano contro chi protesta per il Green Pass: l'agghiacciante frase sui nazisti. Libero Quotidiano il 26 luglio 2021. Un Marco Damilano che la spara grossissima, quello ospite a In Onda, il programma di approfondimento politico su La7 condotto da David Parenzo e Concita De Gregorio. Nello studio più rosso d'Italia si parla dell'obbligo di Green Pass, della svolta imposta dal governo di Mario Draghi per dare la spinta finale e decisiva alla campagna vaccinale e che tante proteste sta scatenando un po' in tutta Italia. Ed ecco che Damilano, così come potete vedre nel video qui in calce, parlando delle persone che si sono ritrovate a protestare in piazza contro la misura relativa al Green Pass, afferma: "Si tratta di persone che gridano al nazismo e hanno simpatie per il nazismo". E, sinceramente, si trasecola: chi protesta contro il Green Pass sarebbe un mezzo nazista? E da quando? Perché? E ancora, lo scatenato direttore aggiunge: "George Orwell? Continuano a citare 1984: a malapena lo avranno letto, di certo non ne hanno capito il messaggio". Insomma, tutta la stizza di sinistra. Dunque, proseguendo nella sua intemerata, non poteva mancare lo sfregio a Matteo Salvini. Il direttore de L'Espresso alza il ditino e si spende nella consueta reprimenda: "L'unità nazionale deve valere sempre. Non si può chiudere la porta del ministero, scendere dall'auto blu e dire ai propri elettori di andare in piazza: è un atteggiamento irresponsabile", pontifica e conclude Damilano.

Pasquino: «Le proteste contro il green pass? Ribellismo, la libertà ha dei limiti». Il politologo Gianfranco Pasquino sulle piazze di questi giorni: «C’è dunque una parte di anti-scientismo più evidente nella destra che nella sinistra. Ma il green pass non è un obbligo, è un’offerta alla libertà di scelta». Il Dubbio il 26 luglio 2021. «Le proteste contro il green pass? C’è un elemento di ribellismo. Ci sono italiani che obiettano a ciò che dice l’autorità, vogliono essere liberi in un sistema in cui l’autorità può essere sfidata continuamente. Pensano che la libertà sia fare ciò che tutti vogliamo individualmente, senza comprendere che la libertà ha dei limiti nel momento in cui incide sulla libertà altrui». A dirlo è il politologo Gianfranco Pasquino intervenendo ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus. «Ovviamente è una cosa che non succede solo in Italia, ma la vediamo ovunque nel mondo. La destra ha sempre avuto un atteggiamento non molto incline a valutare la scienza, gli scienziati vengono considerati come elite, c’è dunque una parte di anti-scientismo, non è vero per tutti i dirigenti della destra ovviamente, ma è più evidente nella destra che nella sinistra», aggiunge Pasquino. «Mi pare che ci sia una discussione vera sui meriti dei vaccini e sui demeriti di chi non si vaccina, c’è una discussione sulla scienza, se i no vax sono disposti a discutere va bene, se invece il problema è il complotto delle forze esterne allora è inutile discutere». «Il green pass non è un obbligo, è richiesto, non imposto. È un’offerta alla libertà di scelta, c’è un’alternativa. Io non credo si arriverà all’obbligo dei vaccini, ma ricordiamo che in passato c’è stato ad esempio per la poliomelite e se il covid diventasse più aggressivo e creasse ancora più problemi non escludo che si possa arrivare all’obbligo», ha concluso.

Estremismo alla carta. Che brutto spettacolo quella destra idiota che odia i vaccini. Paolo Guzzanti su Il Riformista il 23 Luglio 2021. Sulla questione di virus e vaccini una parte della destra italiana sta perdendo il senno. Mercoledì sera a “Zona bianca” su Rete Quattro ho assistito ad uno spettacolo di recrudescenza antiscientifica e di ridicola Resistenza al Vaccino e alla Green Card. E, spettacolo nello spettacolo, man mano che persone provenienti da Forza Italia approdano a Fratelli d’Italia, lasciando la nave che affonda, sembra che si sentano chiamati a dar prova di una nuova aggressività che fa a pugni con la vecchia identità liberale, scatenando implacabili e stupidissime risse sulla questione dei vaccini. Mi ha fatto una certa impressione vedere una persona intelligente e gentile come Elisabetta Gardini, colta da una mutazione come i Gremlins di terza generazione. E diventare una Erinni contraria alla carta verde e ai controlli. Non che tutti i partecipanti provenissero dallo stesso bacino: Gianluigi Paragone, che non ha mai dato segni di moderazione ma in compenso di intelligenza, sembrava fuori dalla grazia di Dio ripetendo slogan che dimostrano, non soltanto nel suo caso, quanto sia profondo in Italia l’analfabetismo scientifico. L’ignoranza sta diventando ideologia. In ogni parte del mondo esiste una quota di persone permeabili a tutte le idiozie antiscientifiche, compresa quella secondo cui con il vaccino ti inietterebbero anche dei microchip per controllare il tuo cervello. Oppure recitano scapigliati e romantici – il primo premio va Giuseppe Cruciani travestito da Lord Byron sulle barricate – pronti a morire per la libertà di andare dove cazzo ci pare e piace recapitando pacchi di virus rifiutando il vaccino come strumento anticostituzionale di uno Stato di polizia. Con sorpresa e angoscia mi sono sentito accusare, da un giornalista che stimo moltissimo, di essere io stesso un fautore dello Stato di polizia, visto che ho sempre vaccinato me stesso e tutti i miei figli secondo le norme di legge, come tutti i genitori ed essendo ancora convinto della necessità di vaccinare tutti, con le armi della persuasione e dell’intelligenza, ma anche tutti. Senza se e ma. Ciò che impressiona è la legittimazione del più alto livello di analfabetismo usato per aggredire anche in forme verbalmente offensive e violente scienziati importanti accusandoli di essere fantocci di un regime autoritario. È comprensibile che Giorgia Meloni si comporti così perché ha avuto la fortuna di occupare posizione della rendita di opposizione unica al governo, visto che tutti gli altri stanno rissosamente insieme sul carro del vincitore. Ora, poco male se Giorgia Meloni o Virginia Raggi dicono ogni tanto sfondoni di natura storica, ma non sono altrettanto perdonabili i luoghi comuni e gli sfondoni che hanno a che fare con la salute e le regole per la protezione della vita. Ma il campo della cialtroneria è vastissimo e include troppa gente che sembra lontana dalle nozioni del sussidiario di terza media. L’attuale pandemia è la prima che colpisce l’intero pianeta dopo quella di un secolo fa, detta “spagnola” che cancellò dalla faccia della terra fra i 50 e gli 80 milioni di esseri umani, più di tutti i caduti nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale. Qual è il confronto di quella strage con i fatti di oggi? Noi tutti stiamo resistendo grazie ai vaccini americani e inglesi, ma i numeri sono giganteschi e del tutto ignorati, come se appartenessero a qualcun altro: in Italia a tutt’oggi sono sparite circa centocinquantamila persone eliminate dal Covid, vale a dire più della metà di coloro che morirono durante la Seconda guerra mondiale in cinque anni: duecentomila militari e trentamila civili. È stata o no una strage, che ancora continua al ritmo di centinaia di morti al mese? Oppure vale sempre la tesi secondo cui sono morti di raffreddore? Oppure vale la regola secondo cui trattandosi di anziani già con un piede nella fossa, si sono solo accelerati i tempi per sgravare l’Inps dai suoi fardelli? Il ritornello o mantra degli ultimi nemici dell’obbligo di non far crescere il numero dei virus in circolazione, sembra adesso avere avuto una variante. Proprio come un virus. L’ultimo grido dell’analfabetismo consiste nell’insinuare che i vaccini producano varianti del virus. Il virus come abbiamo imparato, ha una sua strategia: volendo sopravvivere, cerca di adattarsi alle nostre mosse. Ma sostenere che il virus cambia forma “a causa” dei vaccini è una idiozia ideologica tratta dall’armamentario secondo cui “il Pianeta” ci punisce col virus delle nostre malefatte come la peste del Seicento. E quando l’uomo pretende di opporsi alla natura, quella – che di suo è piuttosto miserabile – s’incazza e ci sforna la variante. I virus non sono purtroppo però soltanto soggetti a “varianti” come l’indiana, ma prima o poi mutano. E quando un virus muta, diventa un’altra bestia per cui occorre un altro vaccino. Finora non c’è stata alcuna mutazione, tant’è che i vaccini sono ancora buoni tutti. Ma nessuno sa che cosa farà la bestia nel prossimo futuro. Nessuno può garantire nulla perché così è la natura del pianeta e noi usiamo il cervello ricevuto dalla stessa natura per mettere in campo gli accorgimenti, le difese e le precauzioni possibili sapendo che sono tutte anche sbagliate e insufficienti, perché la scienza biologica non è matematica ma procede – come ci insegnò Francis Bacon, antenato del pittore – per “ tabulae absentiae, presentiae et graduum cioè brancolando per tentativi, errori e correzioni. Per questo siamo vivi. I nostri predecessori di pochi secoli fa crepavano prima dei quarant’anni. La scienza medica e l’igiene hanno raddoppiato le nostre aspettative con accorgimenti in continuo progresso, fra cui l’igiene, gli antibiotici, la chirurgia e i vaccini, proprio loro. È una questione abbastanza politica, visto che questa protezione ci collega tutti all’interno di un unico organismo limitato soltanto dal principio secondo cui la libertà termina quando entra in conflitto con quella degli altri. Ed è un vero peccato che la destra che pretende di essere liberale non veda la grande occasione per distinguersi da una sinistra che annaspa alla ricerca di un’identità e non alzi la bandiera del bene comune nel cui nome tutelare la libertà di ciascuno, Sembra invece di assistere a una riedizione del dramma surrealista di Eugene Ionesco, in cui tutti si convincono che sia una buona cosa trasformarsi in rinoceronte perché così fanno anche gli altri, mentre soltanto una piccola pattuglia di resistenti rifiuta il doppio corno sul naso e si barrica in casa per non accettare la mutazione conformista. Spero che i lettori siano abituati alle mie notazioni personali ma chi mi conosce sa che non manco occasione per benedire i tre anni di medicina all’università di Roma perché quegli anni mi permisero di studiare genetica, chimica, fisica, biologia, corpo umano e la microbiologia, anche se le nozioni erano molto ridotte rispetto ad oggi. Ma quegli anni mi hanno vaccinato. Ed ho una reazione quasi letale assistendo in televisione all’assalto contro lo scienziato colpevole di dichiarare con forza e onestà che tutti si devono vaccinare per il bene di tutti oltre che per il proprio. È diventato un rito di cannibalismo linciarlo e ridicolizzarlo, salvo chiedergli pateticamente scusa.

Paolo Guzzanti. Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.

Da liberoquotidiano.it il 23 luglio 2021. "Mi sembra abbia detto delle cose di grandissimo buon senso": Alessandro Sallusti, ospite di Concita De Gregorio e David Parenzo a In Onda su La7, ha commentato così le parole di Mario Draghi in conferenza stampa. Parlando della campagna vaccinale, infatti, il premier ha sollecitato tutti gli italiani a immunizzarsi nel più breve tempo possibile, precisando: "L'invito a non vaccinarsi è un invito a morire". Poi il direttore di Libero ha espresso una perplessità: "Io ancora oggi non riesco a capire perché, più che i cittadini che votano centrodestra, alcuni leader del centrodestra insistano nel dire che non serve il vaccino". Una posizione che Sallusti non condivide affatto: "Noi dobbiamo vaccinarci e quindi avere il passaporto per rimanere liberi. Non è l'inverso, non è che noi non siamo più liberi se ci vacciniamo. Noi rimaniamo liberi se ci vacciniamo". Gran parte degli italiani, inoltre, la penserebbe proprio come Draghi e riterrebbe il vaccino l'unica arma per liberarci definitivamente dalla pandemia da Covid. A tal proposito il direttore ha aggiunto: "La cosa che non capisco è che tutti i sondaggi dicono che più o meno il 73-74 per cento degli italiani è d'accordo con questa tesi, anche tra gli elettori di Fratelli d'Italia e della Lega. E quindi non mi spiego questa posizione ambigua della Meloni e di Salvini, che di solito sono i più svelti di tutti a intercettare il sentimento comune".

Jacopo Iacoboni per "la Stampa" il 23 luglio 2021. Uno pensa che i "no vax", o i "ni vax", o i "free vax", siano solo qualcosa di destra, pronti a votare Salvini e Meloni, in qualche caso «fascisti!». Vero, ma solo in parte. Ieri sera in piazza Castello a Torino, nella manifestazione gremita contro il Green Pass del governo Draghi, a infiammare la folla sul palco al grido di «li-ber-tà li-ber-tà» (dopo i tempi di «o-ne-stà o-ne-stà!») c'era anche un professore torinese della gauche borghese impegnata, Ugo Mattei, già fondatore della lista "Futura per i beni comuni", sinistra partecipata, apertissima al mondo grillino (Mattei era vicino all'ex vicesindaco della giunta Appendino, Guido Montanari). No Paura day, l'hanno chiamato il loro movimento, che un po' non ha paura e un po' ci fa paura.

Jacopo Iacoboni per “La Stampa” il 24 luglio 2021. «Anche i Nuto Revelli combattevano a fianco di Edgardo Sogno». Ugo Mattei, giurista, allievo di Rodotà e amico di Zagrebelsky, lei è parte della sinistra torinese dei beni comuni, intellettuale, borghese: che diamine ci faceva in piazza dove c'erano anche sovranisti, leghisti, gente di Forza Nuova?

«In una piazza di molte migliaia di persone c'è di tutto. Ma nessuna bandiera. Ci sono temi, come fu dieci anni fa l'acqua bene comune, che sono del popolo, non di destra o di sinistra, proprio come la nostra Costituzione, che deve proteggere tutti, sopratutto i disallineati rispetto alle verità di sistema. Con Gustavo (Zagrebelsky) ho condiviso molto, ma non condivido oggi il suo atteggiamento acritico rispetto a una condizione che giudico democraticamente assai preoccupante. Io vengo da antica famiglia partigiana. Quando si combatte per una causa giusta non si chiedono le credenziali a chi sta dalla tua parte. I Nuto Revelli combattevano a fianco degli Edgardo Sogno».

Chi erano quelli che dicono no al Green pass in piazza Castello?

«Al Green pass si oppongono cittadini che non si fidano, a ragione, dei nostri governanti. Gente che dà il giusto peso all'opacità di un sistema in cui i rapporti fra Big Pharma e governi sono segretati e in cui si demonizza qualunque dissenso senza prenderne in considerazione le ragioni. Cittadini che provano a capire e informarsi senza trangugiare la "verità scientifica", un concetto che dovrebbe far accapponare la pelle».

C'erano molti grillini tra questi cittadini?

«Abbastanza. Magari grillini delusi. Anche Il Fatto ormai si è adeguato al sistema». 

C'era gente che veniva dalla lotta No Tav?

«Penso di sì, almeno alcuni». 

Però in altri paesi stanno prendendo la strada di un Green pass europeo. Alcune nazioni per esempio Francia, vanno anche più avanti. Sono tutti schiavi di Big Pharma?

«Il Green pass europeo è normato in modo ragionevole perché serve per garantire il traffico transfrontaliero rispetto a controlli e quarantene. Ma chi non ha il Green pass non è che non può più passare la frontiera! Al massimo farà la quarantena.

Trasposto nel diritto interno e legato all'esclusione arbitraria da attività quotidiane la cosa è ben diversa. Il Consiglio di Stato francese ha bacchettato Macron, e anche il popolo ha preso posizione chiara. E infatti si è fatta marcia indietro. Sono contento che finalmente anche da noi le piazze siano piene». 

Mattei, però la sanità pubblica non è anch' essa un "bene comune", indiviso, che può essere tutelato solo come comunità, con il sacrificio regolato di pezzi di libertà?

«Questo è un punto fondamentale. Come "Coop Rodotà" siamo stati fra i primi a parlare di salute pubblica bene comune. Ma ciò potrebbe ben riguardare anche i dispositivi vaccinali, che invece purtroppo sono corrotti dagli interessi di big pharma e di big tech tutti segretati nei contratti». 

E delle misure di Draghi e Cartabia che pensa, da giurista?

«Draghi è la quintessenza di una visione autoritaria e ricattatoria del potere tecnocratico. Cartabia purtroppo condivide con tanti membri della mia professione una certa attitudine ad usare il sapere giuridico per supportare il potere piuttosto che per limitarne gli abusi. Il Green pass è oggi una misura irrazionale, puro pugno sul tavolo di un potere politico condizionato e corrotto dal capitale privato multinazionale».

Da huffingtonpost.it il 23 luglio 2021. “Se fossi in Virginia Raggi, mi sarei già vaccinato e lo avrei detto pubblicamente. Sarà pure sicura dei suoi anticorpi molto alti, ma non sappiamo nulla, ad esempio, sulla resistenza degli anticorpi del vecchio Covid nei confronti della variante Delta, mentre sappiamo che i vaccini proteggono”. A parlare sulle pagine di Repubblica è Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, commentando il caso della sindaca di Roma, ancora non vaccinata dopo aver contratto ed essere guarita dal Covid nel novembre 2020. A chi in questi giorni domandava se la prima cittadina avesse ricevuto o meno il vaccino anti-Covid, il Campidoglio aveva fatto sapere: “Dopo aver contratto il virus, la sindaca Raggi ha seguito il protocollo. Ha gli anticorpi ancora alti. Segue, come chiunque, i consigli del medico rapportati alla propria condizione clinica”. Il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma prosegue commentando: “Ognuno fa la sua scelta, purtroppo non c’è l’obbligo vaccinale, anche se credo che l’Italia dovrebbe valutarlo. Ma Raggi è personaggio pubblico, non una persona qualunque [...] dovrebbe dare il buon esempio, non rafforzare i dubbi di chi già ne ha”. A chi gli ricorda che ieri il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha parlato dell’ipotesi di concedere ai guariti la possibilità di vaccinarsi entro 12 mesi dall’avvenuta guarigione, estendendo così la validità del Green Pass (che attualmente prevede, per chi ha avuto il Covid, una dose tra i 3 e i 6 mesi e due dopo i 6, ndr), Magi risponde: “La valutazione di Costa è politica, non sanitaria, è dovuta alle difficoltà burocratiche sul Green Pass. Sull’attesa di 12 mesi non sarei così sicuro. L’immunità da malattia in media dura sei mesi...”

Eric Clapton contro il Green pass: "Concerto solo per vaccinati? E allora non suono". Date a rischio in Italia. Libero Quotidiano il 22 luglio 2021. Una presa di posizione netta quella espressa da Eric Clapton per i suoi concerti in Italia e nel mondo. Il chitarrista, che ha in programma due date all'Unipol Arena a Bologna nel maggio 2022, già sold out, ha fatto sapere che non suonerà  nei club e nelle sale concerto dove è richiesta la vaccinazione anti-Covid. Lo ha annunciato lui stesso dopo le direttive di Boris Johnson sulla necessità di avere un certificato che attesti l'immunizzazione, il cosiddetto Green pass, anche nel Regno Unito per i grandi eventi. "In seguito all'annuncio del primo ministro di lunedì 19 luglio, il mio onore mi obbliga a fare un annuncio a mia volta - ha dichiarato Clapton -. Voglio dire a tutti che non suonerò mai su alcun palco alla presenza di una platea discriminata". E ancora: "Se non sarà possibile a tutti poter assistere al concerto, mi riservo la possibilità di poter cancellare lo show". L'artista inglese, inoltre, ha raccontato anche di aver avuto "un'esperienza disastrosa" con il vaccino AstraZeneca. La sua decisione potrebbe coinvolgere anche l'Italia, dove Clapton si esibirà l'anno prossimo con tappe a Milano e Bologna, mentre ha diversi concerti negli Stati Uniti a partire dal prossimo settembre. La decisione del chitarrista è molto diversa dalla posizione di Bruce Springsteen, che invece per le sue prossime performance a Broadway richiederà un pubblico completamente vaccinato.

Da twitter.com il 15 luglio 2021.

Azzurra Barbuto. L’obbligo vaccinale è una schizofrenia.E continuare ad indicare chi sceglie di non vaccinarsi quale “criminale”, “stragista”,”assassino”, “delinquente”,”irresponsabile” che non merita gli stessi diritti di cui godono i vaccinati è - lo ripeto ancora - ISTIGAZIONE ALL’ODIO SOCIALE

Luca Bizzarri. Ma non vi odiamo mica, basta che stiate a casa. 

Azzurra Barbuto. Esempio di alto civismo. 

Luca Bizzarri. Devo dire che, come nelle tue intenzioni, hai creato una notevole shitstorm: mi hanno insultato ben in sei. La manganellatrice irrilevante. 

Azzurra Barbuto. Guarda che non ho dovuto fare nulla perché ti insultassero. È stato più che sufficiente il tuo tweet dove sostenevi che i non vaccinati devono stare murati in casa. Mai ho invitato la gente alla violenza, semmai l’ho subita. Da te e dal tuo amico Parenzo.

Luca Bizzarri. “Non ho dovuto fare niente” tranne indicare col ditino. Quando tu andavi, io stavo già tornando, mascherina. I non vaccinati sono, nel migliore dei casi, dei vigliacchi. Nel peggiore, degli approfittatori. Nel pessimo, dei giornalisti che titillano i social in cerca di lavoro. 

Azzurra Barbuto. Per la cronaca, se fossi in cerca di lavoro, mi converrebbe di più assumere le tue di posizioni, che mantenere le mie. Il lavoro per le mie posizioni l’ho sempre perso. E va bene così, non morirò di fame  (dito medio) 

Luca Bizzarri. Uh ma pure il dito medio. Forse ti lasciano a casa non per le tue (poche e confuse) idee, ma per la tua classe, la ficcante sagacia e la capacità retorica nel difendere la posizione. Dopo il dito medio che fai, mi tiri i capelli?

Azzurra Barbuto. È il secondo tweet in pochi minuti in cui Bizzarri si riferisce alla mia situazione lavorativa a Libero, dove non vengo pubblicata dal 2 luglio. Preferisco non rispondere. Risponderà la vita al posto mio.

Intanto, lo ripeto, non offendo. Non mi abbasso.

Le elucubrazioni complottiste a Torino. No-vax contro il Green Pass, migliaia in piazza: “È dittatura, meglio morire liberi che vivere schiavi”. Antonio Lamorte su Il Riformista il 23 Luglio 2021. Neanche il tempo di annunciare le nuove applicazioni del Green Pass obbligatorio che i no-Vax scendono in piazza. A Torino, ieri, migliaia di persone hanno protestato. Una manifestazione in realtà lanciata un paio di giorni fa via internet. “No Paura Day”, era stato battezzato l’evento. Contro il Green Pass e contro l’obbligo vaccinale. “La Digos ha contato 2000 persone e quindi siamo almeno il doppio”, ha detto uno speaker da un furgone. “Facciamo vedere a tutti cosa vuol dire uomini liberi”, ha aggiunto mentre la gente scandiva il grido “libertà”. Un cartello recitava: “Meglio morire da liberi che vivere da schiavi!!!“. Non sarà certo l’ultima manifestazione del genere, altre sono previste nei prossimi giorni. Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto che istituisce dal 6 agosto l’obbligo della certificazione – valida con una dose – per l’accesso a bar e ristoranti al chiuso, non per la consumazione al banco. Il Pass servirà anche per grandi eventi, cinema, palestre e stadi. Confermata la chiusura delle biblioteche e i nuovi parametri di rischio per il passaggio in Zona Gialla: 10% dell’occupazione delle terapie intensive occupate e 15% dei reparti ordinari. Ancora nessuna decisione su scuola e trasporti, mentre lo Stato di Emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre. “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, il Green Pass non è un arbitrio”, ha detto il Presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa. Il New England Journal of Medecine ha riportato in uno studio che due dosi di vaccino Pfizer o AstraZeneca proteggono dalla variante mentre è lieve la diminuzione di efficacia rispetto alle altre varianti. Una ricerca britannica suggerisce di allungare a otto settimane l’intervallo di somministrazione tra prima e seconda dose del siero Pfizer per aumentare la risposta immunitaria. Niente di tutto questo smuove nè convince i No-Vax. A Piazza Castello si sono levati cori di dissenso. Criticato duramente il commissario straordinario all’emergenza, il generale Francesco Paolo Figliuolo. Il professor Ugo Mattei, docente universitario e candidato a sindaco del capoluogo piemontese per una lista civica, tra gli speaker. “Facciamo vedere a tutti cosa vuol dire uomini liberi”. L’avvocato Maurizio Giordano ha sostenuto che il Pass “è contro la normativa europea”. “Il vaccino è un veleno e io non sono un topo”, dice un dentista a La Stampa. “Siamo in una dittatura”. Dal palchetto della manifestazione le elucubrazioni complottiste degli speaker: “Dobbiamo resistere tutti uniti, lasciar perdere settarismi e personalismi e chiedere il ripristino dello stato democratico per tutti. Non vogliamo costruire una società parallela, ma loro stanno cercando di farlo. Stanno facendo una politica del capro espiatorio: hanno trovato una parte della società alla quale addossare la colpa delle prossime chiusure”. Altre manifestazioni sono previste nei prossimi giorni.

Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli. 

Giovanni Ruggiero per open.online il 23 luglio 2021. Chi farà rispettare l’obbligo del Green pass dove serve a Roma se anche tra i vigili urbani c’è chi boicotta il certificato verde? Il dubbio sorge dopo che nelle chat private di alcuni agenti della polizia municipale romana è cominciata a circolare una bandiera nazista a tinta verde, proprio come il colore del certificato. E accanto una scritta: «Green pass obbligatorio, lotta perché non accada». Il caso raccontato dal Messaggero potrebbe sembrare a prima vista il delirio di pochi agenti isolati, convinti che il nuovo decreto Covid appena varato dal governo Draghi possa solo minimamente essere accostato alle atrocità del nazismo. E invece il delirio sembra essere più diffuso di quanto si speri. Almeno stando a sentire il segretario romano del Sulpl, il sindacato dei lavoratori della polizia municipale, che al quotidiano romano arriva sostanzialmente a rivendicare quel messaggio: «Il paragone con il nazismo è improponibile? – dice Marco Milani – Forse sembrerà improponibile oggi, ma quando c’era il nazismo la stessa scienza ti diceva per esempio che l’omosessualità era una malattia e quindi se non ti curavi dovevi metterti la stella gialla. Ora, ottant’anni dopo, la scienza dice cose diverse». Secondo Milani quindi è solo questione di tempo perché un giorno l’umanità giudichi la richiesta di esibire un certificato che attesti la vaccinazione o un tampone negativo come oggi si giudicano gli orrori nazisti. Anzi non ci sarà neanche da aspettare tanto: «Fra 10 anni», risponde Milani che poi ci tiene a chiarire che le sue esternazioni su social e chat sono a titolo personale, da privato cittadino.

Il boicottaggio del Green pass tra i vigili urbani di Roma. E come si comporterà sul lavoro lui e i colleghi che la pensano allo stesso modo? «Io farò di tutto per non essere destinato ai controlli sul Green pass». Di sicuro comunque Milani non si aspetta il pugno duro dai vigili romani, dando un’interpretazione tutta sua dei decreti del governo: «Poi stiamo parlando di dpcm, sono solo atti amministrativi, hanno la stessa valenza della doppia fila: puoi fischiare e dire guarda, spostati oppure faccio la multa. Ma non c’è obbligo di contravvenzione». Multe che rischiano di non arrivare per niente: «Vedrete il tasso di applicazione delle contravvenzioni per il Green pass, sarà nullo». Le teorie spericolate per Milani vanno avanti anche quando si parla di vaccini. Ci tiene a mettere in chiaro che lui ha pensato di immunizzarsi, ma per i suoi figli se ne guarda bene: «Non sono No vax, io sono vaccinato, ma non vaccinerò i miei figli. Per tutti i minori dovrebbe essere così, non c’è motivo».

Il Green Pass paragonato al nazismo: il post choc nel gruppo dei vigili urbani di Roma. Carlo Franza il 23 luglio 2021 su Il Giornale. Boicottaggio di alcuni vigili di Roma su Whatsapp. Ecco l’elenco delle manifestazioni di domani 24 luglio 2021 in tutta Italia al grido di “Basta dittatura”. E’ il fuoco sotto la cenere che bolle e cresce. La rivoluzione sta per esplodere?  L’Italia che lavora è allo stremo, nonostante il reddito di cittadinanza che va ai nullafacenti.  Nonostante il caldo africano che infuria da Nord a Sud dell’Italia, e stringe la penisola in una morsa.  Non tutti hanno preso bene la notizia del Green pass obbligatorio per accedere ad alcuni luoghi, come i bar e i ristoranti al chiuso. E non sono solo comuni cittadini. Nelle chat dei vigili urbani di Roma parte il boicottaggio al Green pass: «È come nel nazismo». Tra questi ci sono anche i vigili urbani di Roma, che in alcuni gruppi Whatsapp, hanno addirittura paragonato il certificato verde introdotto da Mario Draghi a una misura nazista. Nelle loro chat, come scrive oggi Il Messaggero, si vede la riproduzione di una svastica su sfondo verde, e la scritta “Green pass obbligatorio, lotta perché non accada”. Oggi, il Messaggero ha riportato le dichiarazioni del segretario romano del sindacato della polizia locale Sulpl. Quest’ultimo ha senza dubbio separato le sue opinioni personali e trasmesse a mezzo social (o attraverso app di messaggistica, appunto) rispetto al suo ruolo istituzionale, ma ha comunque dichiarato che tra dieci anni si potrà paragonare il green pass alla schedatura nazista degli ebrei, prima di deportarli nei campi di concentramento. Marco Milani, il sindacalista in questione, ha affermato: «Forse sembrerà improponibile oggi, ma quando c’era il nazismo la stessa scienza ti diceva per esempio che l’omosessualità era una malattia e quindi se non ti curavi dovevi metterti la stella gialla. Ora, ottant’anni dopo, la scienza dice cose diverse». Queste sono dichiarazioni rilasciate in un contesto pubblico. Dentro la chat privata dei vigili urbani, c’è da contarci che i toni siano molto più aspri e molto più belligeranti. Del resto, una svastica su fondo verde non è propriamente il messaggio più rassicurante alla vigilia dell’entrata in vigore del green pass in maniera più estesa e capillare. A questo punto sorge spontaneo farsi una domanda: chi non avrà il Green pass a Roma sarà multato oppure i vigili lasceranno correre visto che non condividono la decisione del governo? Tra i contrari al provvedimento c’è anche Marco Milani del Sulpl, il sindacato unitario dei lavoratori della polizia locale. Il Messaggero scrive che tra le sue storie su Whatsapp è comparsa la svastica verde del Green pass. “Il paragone con il nazismo è improponibile? Forse sembrerà improponibile oggi, ma anche quando c’era il nazismo la stessa scienza ti diceva per esempio che l’omosessualità era una malattia e quindi se non ti curavi dovevi metterti la stella gialla”, ha dichiarato lui stesso al quotidiano romano. Poi però Milani ha precisato: “Quello che scrivo sui social lo dico da cittadino, non da sindacalista o da vigile, non c’entra nulla”. Sull’eventualità di fare delle multe a coloro che non avranno il certificato quando sarà obbligatorio, ha detto: “Io farò di tutto per non essere destinato ai controlli sul Green pass. Poi stiamo parlando di dpcm, sono solo atti amministrativi, hanno la stessa valenza della doppia fila: non c’è obbligo di contravvenzione”. A Torino, ad esempio, duemila persone si sono riunite in Piazza Castello per il “No paura day“, manifestazione lanciata giorni fa per protestare contro l’uso del certificato verde e dell’obbligo vaccinale. Basta Dittatura è il grido di tutte le Manifestazioni per Domani 24 luglio 2021 nelle Città Italiane (elenco fornito da Stilum Curiae).

GENOVA: PIAZZA DE FERRARI, 17:30

FIRENZE:

Piazza della Signoria, 17:30

TORINO: PIAZZA CASTELLO, 17:30

MILANO: Piazza Fontana, 17:30

NAPOLI: PIAZZA DANTE, 17:30

SALERNO: Piazza Portanuova, 17:30

BOLOGNA: Piazza Maggiore, 17:30

SAVONA: Piazza Sisto IV, 17:30

PADOVA: Piazza Duomo, 17:30

VERONA: Piazza Bra, 17:30

CAGLIARI: Piazza Garibaldi, 18:00

BERGAMO: Davanti la Procura, 17:30

BRESCIA: Piazza della Vittoria, 17:30

CATANIA: Fontana dell’Elefante, 17:30

PALERMO: Piazza Castelnuovo

(Palchetto della Musica), 17:30

MESSINA: Piazza Duomo, 17:30

RAGUSA: Piazza Libertà, 17:30

LECCE: Piazza Sant’Oronzo, 17:30

BARI: Piazza Ferrarese, 17:30

FOGGIA: Piazza Umberto Giordano, 17:30

CASERTA: PIAZZA CARLO DI BORBONE, 17:30

REGGIO EMILIA: Piazza della Vittoria, 17:30

MANTOVA: Piazza Sordello, 17:30

TRIESTE: Piazza Unità d’Italia, 17:30

BIELLA: Piazza Martiri della Libertà, 17:00

ALESSANDRIA: Piazza della libertà, 17:30

NOVARA: Piazza Puccini, 17:30

PARMA: Piazza Garibaldi, 17:30

PESCARA: Piazza della Rinascita (Piazza Salotto), 17:30

ANCONA: Piazza Cavour, 17:30

UDINE: Piazza della Libertà, 17:30

TREVISO: Piazza dei Signori, 17:30

VENEZIA: Campo SAN GEREMIA – PALAZZO DELLA RAI, 17.30

TRENTO: Piazza Dante, 17:30

BOLZANO: Piazza Walther, 17:30

VARESE: Piazza Monte Grappa, 17:30

VICENZA: Piazza dei Signori, 17.30

COSENZA: Piazza Bilotti, 17:30

Pordenone (Friuli):

piazza XX SETTEMBRE ore 17:30

Ravenna: Piazza del popolo, 17:30

LUCCA: Piazza Napoleone, 17:30

RIMINI: Piazza Tre Martiri, 17:30

FERRARA: Piazza Trento, 17:30

MODENA: Piazza Grande, 17:30

PIACENZA: Piazza Cavalli, 17:30

SANREMO: Piazza Colombo, 17:30

AOSTA: Piazza Chanoux, 17:30

PERUGIA: Piazza IV Novembre, 17:30

PESARO: Piazza del Popolo, 17:30

L’AQUILA: Prato del Duomo, 17:30

CREMONA: Piazza Stradivari, 17:30

PRATO: Piazza del Duomo, 17:30

LIVORNO: Piazza del Municipio, 17:30

TARANTO: Piazza Garibaldi, 17:30

Reggio Calabria: Piazza Italia, 17:30

Ostia : VIALE MEDITERRANEO 85, dalle 15:00 alle 20:00

Forlì: piazzale della Vittoria, 17:30

Lodi: Piazza della Vittoria, 17:30

MONZA: Piazza Trento, 17:30

Como: Piazza Cavour, 17:30

Bassano del Grappa: Piazza Libertà, 17:30

ASCOLI PICENO: Piazza del Popolo, 17:30

MACERATA: Piazza della Libertà, 17:30

CAMPOBASSO: Piazza Vittorio Emanuele II, 17:30

VITERBO: Piazza del Plebiscito, 17:30

SALUZZO (CN): Piazza Cavour, 17:30

Castelfranco Veneto: Piazza Giorgione, 17:30

Massa (MS): Piazza Aranci, 17:30

Busto Arsizio:Piazza San Giovanni, 17:30

Carlo Franza

Il popolo "no-pass" scende in piazza: da Roma a Catania è il giorno dell'ira. Maria Sorbi il 24 Luglio 2021 su Il Giornale. Dopo Torino, oggi proteste in 30 città italiane contro il certificato. Casa Pound, gilet arancioni e la rete "World wide demonstration": ecco chi soffia sul fuoco. Il Viminale rafforza i dispositivi di sicurezza. «Non chiamateci no vax, siamo free vax, vogliamo poter scegliere se vaccinarci o meno». In nome di una libertà che rischia di far naufragare l'intero piano anti covid italiano, il nuovo partito trasversale oggi pomeriggio dopo le 17 riempirà le piazze di trenta città italiane, tra cui Roma, Milano, Firenze. E Torino, dove giovedì sera c'è stata una sorta di prova generale con 2.500 persone radunate senza mascherina per opporsi al green pass nel cosiddetto «No paura day». Poichè una piazza non si riempie in cinque minuti, nonostante il tam tam social, chi c'è dietro al movimento anti green pass? Chi è il popolo che accusa il governo di una nuova «dittatura sanitaria» e mette in guardia dall'inizio del «nuovo Apartheid dei non vaccinati»? I promotori delle manifestazioni appartengono alla World wide demonstration, una rete di mobilitazione mondiale che sta spronando i cittadini d'Europa e di mezzo mondo a protestare per le strade «contro il passaporto schiavitù, contro la truffa Covid e contro la nuova dittatura». Sono gli stessi che il 20 marzo a Bologna se ne sono fregati di restrizioni e distanziamenti e hanno organizzato la «passeggiata per la libertà» contro il decreto legge sulle misure anti Covid definendolo «uno spauracchio senza rilevanza giuridica». E sono gli stessi che lo scorso 15 maggio si sono dati appuntamento al parco del Valentino a Torino per protestare contro l'uso delle mascherine. O ancora, che hanno alimentato la campagna IoApro per difendere i commercianti distrutti dalle restrizioni. Si tratta di un movimento eterogeneo, politico e non, fatto di estremisti di entrambe le parte. In piazza simpatizzanti di Forza Nuova, Casa Pound ed esponenti dei Gilet Arancioni di Antonio Pappalardo, l'ex generale dei Carabinieri che ha sempre parlato della pandemia come di «una boiata». Assieme a loro movimenti olistici e anti vaccinisti convinti. Tutti quelli, insomma, che nei mesi passati si sono identificati nelle campagne «no mask, no global, no Antifa, no lockdown». E ora no green pass. E per carità, ora non vogliono essere chiamati negazionisti ma i loro «no» si sono reiterati per tre ondate di infezione e sono pronti a essere ribaditi ora che siamo alla vigilia della quarta. In allerta le forze dell'ordine, che si stanno preparando ad affrontare il mega raduno nelle trenta città italiane. Starà a loro garantire che non ci siano episodi di violenza, che vengano rispettate le attività dei commercianti vicini alla piazza della protesta e, paradossalmente, anche che vengano rispettate un briciolo di misure anti contagio. Tuttavia c'è da immaginare che oggi non saranno molte le mascherine in circolazione. La speranza è che tutto fili liscio e non si replichino gli scontri avuti nelle manifestazioni-gemelle in Francia e in Inghilterra. La tensione è parecchia e per rendersene conto basta dare un'occhiata ai social dove lo scontro tra vaccinisti e non vaccinisti ha raggiunto picchi mai visti in un anno e mezzo di pandemia. Chi scende in piazza oggi è anche chi scrive post di solidarietà «alle vittime sacrificali di un sistema criminale», in barba alla scienza che non trova correlazioni tra le morti post vaccino e il vaccino stesso. E teme un nuovo «nazismo sanitario sulla pelle delle cavie del vaccino». Per i più politicizzati il modello è quello francese della «resistenza popolare e della guerra all'oppressione». «Uniti si vince» sostengono i manifestanti. Sicuramente ora «uniti» si alimenta la quarta ondata di virus. Maria Sorbi

Green Pass: a Roma disordini alla manifestazione. 

(ANSA) - ROMA, 24 LUG - Disordini durante la manifestazione contro il green pass a Roma. Le forze dell'ordine sono intervenute disperdendo i manifestanti anche con l'utilizzo dei mezzi blindati. (ANSA). 

Green pass: manifestazione Roma, anche cori contro Burioni.

(ANSA) - ROMA, 24 LUG - "La piazza si sta riempendo. Alla faccia dei falsi giudici, dei falsi avvocati. Questa è la risposta. Nessuno deve scaricarsi il Green pass. Lottiamo per i nostri connazionali e chiunque perderà il posto di lavoro per il green pass, saremo qui" ha detto al megafono in piazza del Popolo Giuliano Castellino, durante la protesta contro il green pass. Dalla piazza si è sollevato il coro "Resistenza". Slogan anche contro il virologo Roberto Burioni.

Green pass: a Milano corteo protesta ha raggiunto tribunale

(ANSA) - MILANO, 24 LUG - Il corteo, non autorizzato, dei no green pass a Milano continua a sfilare per le strade della città e ha raggiunto il tribunale, monitorato dalle forze dell'ordine. I manifestanti dopo aver lasciato piazza della Scala hanno sfilato per le strade del centro e si sono poi spostati in piazza Duomo dove hanno continuato ad urlare slogan contro il governo, oltre che "giù le mani dai bambini!". Ad un certo punto hanno anche intonato l'Inno di Mameli. In corteo c'è anche un cartello con un fotomontaggio che ritrae il ministro della Salute, Roberto Speranza, vestito con una divisa da nazista e la scritta: "obbedisci, fai il vaccino!". Davanti al tribunale i manifestanti hanno scandito lo slogan "Costituzione". (ANSA).

Green pass: a Firenze applausi alle forze dell'ordine

(ANSA) - FIRENZE, 24 LUG - La manifestazione non autorizzata contro il green pass in piazza della Signoria a Firenze si è trasformata in un corteo spontaneo che sta attraversando via Calzaiuoli verso piazza del Duomo. Un cordone di polizia era schierato a fermare i manifestanti, alcune centinaia, che però poi sono stati lasciati passare. A quel punto é partito un applauso verso le forze dell'ordine. I manifestanti stanno sfilando al grido: "Libertà, no green pass e giù le mani dai bambini". (ANSA).

Green Pass: un migliaio in piazza a Bologna per dire no

(ANSA) - BOLOGNA, 24 LUG - Un migliaio di persone ha partecipato, questo pomeriggio a Bologna, alla manifestazione, rilanciata sui social, per dire no al Green pass. Tra Piazza del Nettuno e l'area antistante a Palazzo d'Accursio, in Piazza Maggiore, con cartelli striscioni, con scritto 'No apartheid' o 'Libertà di scelta', uomini e donne, la maggior parte senza mascherina, hanno protestato contro i vaccini e contro le disposizioni per contenere i contagi da coronavirus. Tra il pubblico sventolava qualche bandiera tricolore, pronunciati slogan come 'Libertà, Libertà'. (ANSA).

"Green pass come Ahnenpass del 1933", un migliaio a Cagliari

(ANSA) - CAGLIARI, 24 LUG - Lo striscione più grande cita il passaporto ariano del 1933, l'Ahnenpass. Paragonandolo al Green pass che entrerà in vigore in Italia ad agosto. È uno dei messaggi lanciati in piazza Garibaldi a Cagliari per protestare contro il "lasciapassare" Covid per ristoranti e locali al chiuso. Anche in Sardegna, come nel resto d'Italia, grande mobilitazione: nello slargo al centro di Cagliari c'erano circa duemila persone. Mentre nei prossimi giorni saranno a Cagliari, Oristano e Sassari i banchetti per firmare la petizione per fermare il Green pass. Dal palco molti interventi al microfono: "Non possono discriminare - questo il messaggio - che non si vuole fare il vaccino". Alcune decine di persone si sono staccate dalla piazza e hanno percorso via Garibaldi gridando" No Green pass-No Green pass". Urlati anche slogan in lingua sarda: "Is pipius non si tocant", "i bambini non si toccano". Il corteo si è poi fermato in piazza Costituzione, davanti al Bastione. "Perché c'erano tante persone per la festa degli Europei?- ha detto al microfono una manifestante- forse quel giorno il Covid non c'era?"

Green pass: aggredito tavolo Forza Italia a Pescara

(ANSA) - PESCARA, 24 LUG - Alta tensione con i no vax a Pescara: i manifestanti contro il green pass hanno aggredito "non solo verbalmente" il gazebo e il tavolo di Forza Italia presente in Corso Umberto dove i dirigenti del partito stavano raccogliendo le firme per il referendum sulla Giustizia. Come racconta all'ANSA il senatore Nazario Pagano "la libertà di pensiero e di manifestazione è consentita, ma nei limiti del rispetto delle libertà degli altri. Gli atti di violenza che abbiamo subito sono stati prontamente fermati dalle forze di polizia, ma non mi era mai capitata una cosa simile". Al tavolo della raccolta firme erano presenti anche il presidente del Consiglio Regionale Lorenzo Sospiri e il sindaco di Pescara Carlo Masci e l 'onorevole Antonio Martino. (ANSA).

Green Pass: a Torino manifestanti in corteo

(ANSA) - TORINO, 24 LUG - Si sono mossi in corteo oggi a Torino dopo essersi ritrovati in piazza Castello i partecipanti alla manifestazione contro il Green pass. Ad aprire la sfilata, in via Po, è uno striscione con su scritto "uniti per la libertà di scelta contro ogni discriminazione". Tra i partecipanti ci sono anche alcuni attivisti dei centri sociali torinesi. In via Po gli autobus si sono bloccati e i manifestanti invitano i passeggeri a scendere e a unirsi alla marcia. "Ma per svegliarvi avete bisogno di avere una stella gialla sul petto?". "Norimberga Norimberga", in segno di richiamo al processo ai nazisti dopo la fine della Seconda guerra mondiale, è lo slogan più urlato. 

Green pass: fonti Questura, circa 3mila in piazza a Roma

(ANSA) - ROMA, 24 LUG - Sono circa tremila, secondo una stima della questura, i partecipanti alla manifestazione contro il green pass in corso a piazza del Popolo. Secondo quanto si apprende per la protesta, lanciata con un tam tam sui social, non è stato presentato preavviso. (ANSA).

Alcuni manifestanti anti green pass, a Pescara, hanno assaltato alcuni esponenti di Forza Italia mentre raccoglievano firme per il referendum sulla Giustizia. Rosa Scognamiglio il 24 Luglio 2021 su Il Giornale. Tensione a Pescara, in Abruzzo, dove i manifestanti contro il green pass hanno aggredito, questo pomeriggio, il senatore di Forza Italia, Nazario Pagano, il presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri, il sindaco di Pescara Carlo Masci e il parlamentare Antonio Martino presenti nel gazebo di Forza Italia per raccogliere firme per il referendum sulla giustizia. "Siamo tutti vicini ai nostri dirigenti e militanti aggrediti a Pescara dai novax mentre raccoglievano firme per i referendum sulla giustizia. Forza Italia non si farà intimidire. Vaccinarsi significa salvare vite umane. Grazie alla Polizia di Stato intervenuta a garantire la raccolta di firme sui referendum da parte dei militanti di Forza Italia a Pescara". Lo scrive su Twitter Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia.

L'aggressione. Stando a quanto riferisce IlCentro, l'aggressione agli esponenti locali di Forza Italia si sarebbe verificata poco dopo l'inizio della manifestazione anti green pass. Un gruppo nutrito di dimostranti sarebbe avanzato verso il centro, a Pescara, finendo per assediare la piazza dove, poco distante, era stato allestito un banchetto per la raccolta firme per il referendum sulla giustizia. Alcuni facinorosi avrebbero puntato dritto al gazebo di Forza Italia, disposto in Corso Umberto, nel tentativo di demolirlo a calci e, verosimilmente, per assaltare il presidente del consiglio regionale Lorenzo Sospiri, il sindaco Carlo Masci e il parlamentare Antonio Martino. Per fortuna, l'intervento tempestivo della polizia ha evitato il peggio sebbene ci siano stati momenti di altissima tensione. "Si sono avvicinati - ha spiegato all'AGI il senatore di Forza Italia, Nazario Pagano -e hanno iniziato ad urlare e insultare. Poi si sono avvicinati sempre di più, qualcuno ha aggredito verbalmente e poi un paio è venuto a contatto con il banchetto. Nessuno di noi ovviamente ha reagito. La polizia è subito intervenuta per fermarli".

"Solidarietà ai nostri militanti". Immediata la solidarietà espressa dagli esponenti di Forza Italia ai colleghi abruzzesi. "Solidarietà e vicinanza ai dirigenti e ai militanti di forza_italia aggrediti a Pescara da un gruppo di no-vax. Le manifestazioni sono ovviamente consentite, la violenza e le intemperanze no. Noi ribadiamo con forza le nostre convinzioni: sì al green pass, strumento di libertà", ha scritto su Twitter Maria Stella Gelmini, ministra per gli Affari regionali e le Autonomie. "Solidarietà agli amici di Forza Italia aggrediti a Pescara da un gruppo di no vax. Vaccini e green pass sono la chiave per salvare la vita dei cittadini e la ripresa economica del Paese. Non ci lasceremo intimidire dalla violenza, sempre inaccettabile", ha aggiunto Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione. Sulla vicenda è intervenuta anche Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato: "Solidarietà ai militanti di Forza Italia aggrediti a Pescara da un gruppo di no vax mentre raccoglievano le firme per i referendum sulla giustizia. - ha scritto la senatrice su Twitter - Non solo nessuno riuscirà ad intimidirci, ma rivendichiamo la giustezza della nostra posizione a tutela della salute pubblica. Diciamo sì ai vaccini per tornare a riprenderci la nostra libertà e per far ripartire finalmente il nostro sistema economico".

"Dittatura sanitaria" lo slogan della protesta. Svastiche e insulti a Draghi: il popolo no-vax e no-Green pass sfila in tutta Italia. Carmine Di Niro su Il Riformista il 24 Luglio 2021. I cori? Alcuni irripetibili contro il presidente del Consiglio Mario Draghi, altri che erano già risuonati due giorni fa a  Torino, dove un “No Paura Day” era arrivato a raccogliere migliaia di persone e a riempire piazza Castello. Il popolo no-vax e no-Green pass sfila in decine di piazze italiane per protestare contro l’obbligo, in vigore dal 6 agosto prossimo, di esibire un certificato verde (e quindi essersi sottoposto almeno ad una dose di vaccino) per poter consumare al tavolo e al chiuso in bar e ristoranti, ma anche per andare nei cinema, teatri, palestre, musei, stadi, concerti, centri benessere, fiere, sagre.

Da Bolzano a Catania due i cori simbolo: “No al green pass” e “Libertà”. Circa ottanta le città italiane in cui la galassia negazionista ha fatto capolino nelle piazze, in molti casi senza distanziamento e soprattutto senza mascherina.

MILANO – Nel capoluogo lombardo il raduno è avvenuto inizialmente in piazza Fontana, per poi spostarsi nella più capiente e vicino piazza Duomo, un corto passato anche davanti alla sede del Comune. 

Qui sono piovuti insulti contro il premier Draghi, mentre alcuni striscioni esposti recitavano: “Fuori i Big Pharma dallo Stato” e “non vaccinati = ebrei”, con tanto di stella di David, mentre su alcuni cartelli delle svastiche sono state paragonate al Green pass.

ROMA – Nella capitale il popolo negazionista si è radunato invece in piazza del Popolo, dove erano presenti anche militanti di Forza Nuova. Oggi ci chiamano ancora complottisti – ha detto il leader romano di Forza Nuova Giuliano Castellino -Siamo passati dai lockdown alle mascherine obbligatorie, ora sono arrivati a questo scempio. In questo momento non potrei essere qui, sono sotto regime di sorveglianza speciale, ma non potevo non esserci. Oggi siamo migliaia e migliaia a rischiare di più di una sorveglianza speciale. Si sta vivendo una apartheid sanitaria. Invitiamo tutti a innalzare una sola grande bandiera il tricolore della libertà”. Dalla piazza si sono sollevati cori “Libertà” e contro il premier Draghi. Nella capitale si sono registrati disordini, tanto da costringere le forze dell’ordine ad intervenire disperdendo i manifestanti anche con l’utilizzo dei mezzi blindati. Un gruppo di manifestanti, lasciando il raduno in piazza, ha invece raggiunto le vicinanze di viale Mazzini con l’obiettivo di protestare sotto la sede della Rai. “La Rai censura, la Rai è dittatura”, sono statti gli slogan dei no-Green pass.

FIRENZE – A Firenze la location scelta dai manifestanti contrati a vaccini e Green pass è stata piazza della Signoria, dove però sono intervenute le forze dell’ordine che hanno invitato i presenti a spostarsi nella vicina piazza San Firenze. Parte dei manifestanti si è quindi seduta a terra, in mezzo anche ai turisti. “Libertà” lo slogan scelto dai manifestanti, in molti senza mascherina, che hanno portato alcuni striscioni con su scritto “Green pass? No grazie. Sul mio corpo decido io” e “Per una democrazia vera! Che non fomenti l’odio, che rispetti il dissenso”.

TORINO – Ancora una manifestazione a Torino, prima città interessata dalle proteste no-Green pass. Una folla non autorizzata si è radunata in piazza  Castello, già scenario della prime protesta, intonando insulti contro il presidente del Consiglio Mario Draghi ma anche contro il virologo Roberto Burioni. In piazza tra i manifestanti anche esponenti di Forza Nuova e CasaPound.

NAPOLI – Diverse centinaia di persone in piazza anche a Napoli nella manifestazione in corso a piazza Dante, con la polizia sul posto a vigilare sull’ordine pubblico. Una folla che ha urlato anche qui slogano contro il Green pass e a favore della libertà di scelta sul vaccino. Applausi invece quando uno dei manifestanti, munito di megafono, ha citato il premio Nobel francese Luc Montagnier, noto per le sue posizioni critiche sui vaccini.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Niccolò Carratelli per “La Stampa” il 24 luglio 2021. Magari fosse solo un problema di nome. L'Accademia della Crusca consiglia di non chiamarlo "green pass", un termine "infelice ed equivoco", bensì "certificato Covid". Su Facebook, nei gruppi nati per protestare contro l'ultimo provvedimento del governo, c'è chi lo definisce "passaporto schiavitù" e chi parla di "dittatura del pass". Uno dei più numerosi, oltre 25mila iscritti, si chiama "No green pass! Adesso basta!", dov' è pubblicata la lista delle manifestazioni convocate per oggi alle 17,30, in contemporanea, in oltre venti città italiane. Dopo la piazza di Torino, sull'onda della conferenza stampa del premier Draghi, centinaia di "no pass" si sono radunati ieri a Trieste. Oggi saranno a Milano, Roma, Firenze, Bologna, Napoli, Palermo. Al momento, fanno sapere dal Viminale, nessuna allerta specifica per l'ordine pubblico, ma si temono assembramenti selvaggi. Rischia di provocare nuove tensioni nella maggioranza di governo, invece, l'appuntamento di mercoledì sera in Piazza del Popolo a Roma: una fiaccolata intitolata «Liberi di scegliere, no green pass obbligatorio», organizzata dal "Comitato libera scelta", spuntato sui social tre giorni fa. Si definisce «di liberi cittadini, apartitico e apolitico, aperto a chiunque intenda sostenere la piena libertà di scelta in materia sanitaria». In realtà, pare che tra gli ispiratori ci sia il senatore della Lega Armando Siri, che mercoledì sarà in prima fila e su Facebook dice: «Non è più una questione sanitaria, ma ideologica. Nessuna limitazione di libertà trova giustificazione. Esibire il green pass per andare al ristorante? Follia». Almeno una decina i parlamentari leghisti che aderiscono alla fiaccolata, tra cui gli economisti salviniani Alberto Bagnai e Claudio Borghi, quest' ultimo deciso a difendere «i bambini e i ragazzi dai dodici anni in su, che saranno tagliati fuori da piscine, campi da basket, musei». E ancora il senatore Simone Pillon: «Non si possono costringere le persone a vaccini che sono ancora nella fase sperimentale». Poi Emanuele Cestari, Alessandro Pagano, Matteo Micheli, Alex Bazzaro, Marco Zanni, Roberta Ferrero. Non risulta che Matteo Salvini abbia richiamato all'ordine i suoi, ricordando loro che i ministri della Lega hanno votato per il provvedimento in cdm. Un via libera duramente criticato da diversi elettori della Lega sulla pagina Facebook del partito. Le facce degli esponenti leghisti campeggiano, insieme ad altri parlamentari noti come Vittorio Sgarbi e Gianluigi Paragone, sulla pagina Facebook di chi ritiene «inaccettabile e indegno di un Paese libero il green pass obbligatorio per vivere». I disobbedienti del pass Sui social si sta organizzando anche una sorta di disobbedienza che segue l'hashtag #ilpassnonpassa. «Mi rifiuto di fare il poliziotto - dice Ernesto Milani, titolare di una pasticceria a Rovigo - si tratta di una discriminazione e non mi prendo questa responsabilità. Qui potranno entrare tutti liberamente». La palestra Gold Gym di Riva di Chieri, Torino, attaccherà all'ingresso il cartello della protesta: «Qui non chiediamo il green pass per entrare. Noi vogliamo solo fare il nostro lavoro, che non è quello dei controllori». Poi una gelateria di Orgosolo, provincia di Nuoro, la cui titolare dice: «Ogni giorno ne inventano una nuova, dietro ci sono sempre le sanzioni, per continuare a svuotare le nostre tasche». Fa discutere, infine, anche la presa di posizione di alcuni vigili urbani di Roma, che in gruppi WhatsApp hanno condiviso l'immagine di una svastica su sfondo verde e la scritta «Green pass obbligatorio, lotta perché non accada». «Farò di tutto per non essere destinato ai controlli sul green pass - dice Marco Milani, segretario romano aggiunto del Sulpl, il sindacato dei lavoratori della polizia locale - Vedrete che il tasso di applicazione sarà nullo, non faremo le multe».

Francesco Malfetano per “il Messaggero” il 25 luglio 2021. No Pass, no mask e no vax. Ieri nelle piazze italiane è sfilata l'apoteosi del negazionismo anti-Covid. Tra fumogeni, una manciata di tricolori sventolati, qualche copia di 1984 di Orwell in bella mostra e diversi volti coperti (per paradosso non dalle mascherine, ma da bandane per rendersi irriconoscibili) si sono svolte le annunciate manifestazioni contro il nuovo decreto adottato dal governo Draghi. Nel centro di Roma, Napoli e Milano ma anche di Torino, Aosta, Ragusa, Como, Cremona, Cagliari, Bolzano, Sanremo e decine di altre città dello Stivale, sono risuonati gli assurdi cori «Basta dittatura», «Noi facciamo il c...o che vogliamo» e «No Green Pass», portati in corteo da qualche migliaio di manifestanti. Non solo. Per le strade anche insulti e minacce di vario tipo indirizzati a Draghi, ai ministri, a Letta, ai governatori, ai giornalisti, alla Rai e ai virologi. Fino all'aggressione verificatasi a Pescara, dove i manifestanti contro il pass hanno aggredito «non solo verbalmente» il gazebo e il tavolo di Forza Italia presente in Corso Umberto per raccogliere le firme per il referendum sulla Giustizia. «Una situazione ovviamente grave sia per gli assembramenti creati sia anche, mi permetta di dire, per le motivazioni - attacca il primario del reparto di Malattie infettive al Policlinico di Tor Vergata Massimo Andreoni - C'è sicuramente il rischio di nuovi contagi perché è presumibile, vista la natura delle contestazioni contro il Green pass che i partecipanti alle manifestazioni non siano vaccinati. Sarebbe auspicabile che si intervenisse in maniera risoluta su iniziative del genere per evitarle». Anche perché ad esempio, come si apprende dalla Prefettura di Roma, quella partita da Piazza del Popolo era una manifestazione non preavvisata.  Un corteo a cui secondo la Questura hanno preso parte non meno di 3 mila persone, con in prima fila anche diversi rappresentanti dell'estrema destra romana (d'altronde Casapound aveva annunciato nel pomeriggio la propria partecipazione «senza simboli»). In ogni caso, le forze dell'ordine hanno monitorato la manifestazione anche quando, non senza tensione il corteo ha iniziato a spostarsi verso piazza Mazzini. In ogni caso, fanno sapere, si arriverà ad identificare e denunciare all'autorità giudiziaria gli organizzatori.  Situazioni simili si prospettano (oltre che in giro per il mondo, con le immagini di Sidney e Parigi particolarmente impattanti) anche nel resto delle città italiane scese in piazza. Anche perché, oltre che nella Capitale, anche a Napoli e Genova (dove i manifestanti hanno bloccato la sopraelevata e paralizzato il centro città) sono comparse svastiche e stelle di David. Una chiara quanto riprovevole allusione tra la discriminazione subita dagli ebrei durante la Shoah e quella che secondo gli anti-vax introdurrebbe il certificato verde per i non vaccinati. Francesco Malfetano

Irene Soave per corriere.it. Migliaia di persone sono scese in piazza oggi nelle due principali città dell’Australia, Sidney e Melbourne, per protestare contro le nuove restrizioni imposte nel tentativo di contrastare la diffusione del Covid-19. In Australia ha ricevuto la prima dose circa il 22% della popolazione, a causa delle lentezze della campagna vaccinale. E il nuovo severo lockdown annunciato ieri dalle autorità, che prolunga quello già in vigore da un mese, minaccia di protrarsi fino a ottobre. Dopo l’annuncio, sono partite le proteste di piazza. A Sidney, in particolare, si sono registrati violenti scontri: una marcia non autorizzata — di manifestanti in gran parte senza mascherina — ha violato gli ordini della sanità pubblica e diversi agenti sono stati colpiti con piante in vaso e bottiglie d’acqua. 57 gli arrestati. Migliaia di persone hanno anche affollato diverse strade di Melbourne dopo essersi riunite davanti al parlamento dello Stato. Sei fermi.

Sydney, nuova «emergenza nazionale» Covid. La strategia di «eliminazione» del virus perseguita dall’Australia durante la pandemia — con interi quartieri quarantenati al manifestarsi anche di un solo caso — aveva avuto i plausi di molti epidemiologi; eppure il virus, con la variante Delta, è tornato a manifestarsi con violenza a Sydney, dove i contagi sono diventati una «emergenza nazionale» e nemmeno un nuovo lockdown è riuscito finora a fermarne l’avanzata. La Nuova Zelanda ha bloccato il «corridoio turistico» con l’Australia. Ancora a metà giugno, appena il 3% dei 23,6 milioni di australiani aveva ricevuto almeno una dose di vaccino: un passo assai più lento della maggior parte dei Paesi sviluppati, dovuto a un ritardo nella disponibilità delle dosi, a lentezze nella distribuzione nei diversi Stati della federazione, e anche ad alcune convinte sacche di popolazione contraria al vaccino. Non sono solo appartenenti a controculture no-vax: un terzo degli australiani, secondo un sondaggio governativo di giugno, «difficilmente» avrebbe accettato di vaccinarsi dopo una serie di marce indietro governative circa la formula AstraZeneca, che il governo australiano era stato tra i primi a ordinare (e le cui forniture sono state ridotte dal contenzioso della scorsa primavera con l’Unione Europea). Ma il problema più grosso è stata la disponibilità delle dosi: non è chiaro quante il governo ne abbia effettivamente a disposizione. I principali fornitori sono AstraZeneca e Pfizer; i regolatori hanno approvato anche Moderna e Novavax. Il governo ha annunciato «quaranta milioni di dosi di Pfizer entro fine 2021», ma al momento non è chiaro quante siano effettivamente state consegnate. 

La rabbia a Sidney. E così a oggi è completamente vaccinato solo l’11 per cento della popolazione, soprattutto in fasce ad alto rischio come anziani, ospiti di case di riposo e abitanti degli insediamenti di nativi. Il più colpito è lo stato del New South Wales, di cui Sidney è la capitale, con 163 nuovi casi in un giorno e duemila casi totali: poco tempo fa tutto il Paese era a zero casi. La rabbia contro il lockdown cresce, ma l’evento di oggi — migliaia di dimostranti in strada senza mascherina — rischia di diventare un nuovo focolaio di «superuntori». 

Da rainews.it il 24 luglio 2021. Diverse migliaia di persone, divise in almeno tre diversi sit-in, hanno iniziato a manifestare a Parigi "per la libertà", contro il pass e la vaccinazione obbligatoria per il personale sanitario, parte della nuova politica del presidente Emmanuel Macron per contrastare l'avanzata dei contagi di coronavirus nel Paese. Il nuovo testo in discussione al Senato, già approvato dalla Camera, introduce per tutti la necessità di avere il cosiddetto green pass per entrare in ristoranti e altri luoghi di intrattenimento e prevede l'obbligo di vaccinazione contro il Covid-19 per tutti gli operatori sanitari. I contagi da coronavirus in Francia sono in aumento, come pure le ospedalizzazioni. Il governo sta provando ad accelerare le vaccinazioni per proteggere i più vulnerabili e gli ospedali ed evitare nuovi lockdown. Costituito essenzialmente da gilet gialli, un primo corteo è partito poco dopo le 14 da Place de la Bastille. "Non toccate il mio corpo, non siamo topi da laboratorio", indica un cartello portato in processione. Sulla Place du Trocadéro, diverse migliaia di persone si sono radunate al richiamo di Florian Philippot, ex numero due del Rassemblement National. "Siete migliaia", ha detto Philippot alla folla parlando dopo la Marsigliese. "Libertà, libertà", hanno scandito i manifestanti, venuti da Parigi e dalle province e riuniti attorno a una piattaforma circondata da decine di bandiere blu-bianche-rosse. Infine un terzo corteo, composto da poche centinaia di persone, ha lasciato le vicinanze del Consiglio di Stato diretto a Place des Invalides. Oltre a Parigi, oggi sono in programma decine di altre proteste in tutto il Paese. A Tolosa, diverse migliaia di persone hanno dato il via a un corteo con tanti gilet gialli nel centro della città, dietro striscioni sui quali si legge "nopasaran" e "libertà".   La maggior parte dei francesi adulti è completamente vaccinata e secondo i sondaggi una maggioranza di persone nel Paese sostiene le nuove misure. La scorsa settimana oltre 100mila persone avevano protestato in Francia contro le misure: fra loro, politici e attivisti di estrema destra, come pure altri dimostranti arrabbiati con il presidente Emmanuel Macron per diverse ragioni. Alcuni membri dei gilet gialli stanno usando il testo sul virus per provare a ravvivare il movimento: cominciato nel 2018 come rivolta contro quella che veniva percepita come ingiustizia economica, il movimento portò avanti due mesi di proteste sfociate in violenze fra dimostranti e polizia, ma perse intensità dopo che il governo francese affrontò molte delle preoccupazioni dei manifestanti.

Aggredito reporter de Il Riformista. Manifestazione contro il Green pass, è caccia ai giornalisti: “Terroristi!” Riccardo Annibali su Il Riformista il 27 Luglio 2021. “Libertà, libertà”, “No al green pass” risuonano in una piazza del Popolo dove è da poco iniziato l’evento di due gruppi diversi che manifestano contro il certificato verde. Uno è costituito dal gruppo Io Apro, l’altro da Forza Nuova. “Noi siamo contro il Green Pass ma a favore del vaccino”, sottolineano i leader dei commercianti di Io Apro. “Chiudo i ristoranti e mi faccio mantenere dal governo. Lo Stato ci sta dividendo”, continuano. Ma a scaldare gli animi della piazza sono i militanti di Forza Nuova e il leader romano Giuliano Castellino che ne guida una delegazione.

L’AGGRESSIONE – Posizionati di fronte ai gazebo, sulla fontana dei leoni, di li a poco innescano le tensioni con i giornalisti: “Giornalista terrorista”, “Andate via” e cori contro il premier Mario Draghi e il virologo Burioni.  Subito i toni si sono alzati contro i giornalisti a cui viene intimato di non avvicinarsi e non riprendere con la telecamera, ma della polizia che blinda la piazza nemmeno l’ombra. Insulti e qualche spintone, poi il coro: “Stampa e tv non ne possiamo più”. Si srotolano gli striscioni come allo stadio, sulla scalinata della fontana: “Non passerà”. La folla si scalda e sia io che un altro giornalista veniamo prima intimati di non riprendere e poi aggrediti fisicamente, per fortuna senza conseguenze per noi e per le nostre attrezzature.

GLI SLOGAN CONTRO SALVINI E DRAGHI – “Draghi boia, Salvini traditore”, “Green Pass come un apartheid” e ancora “la Libertà sopra tutto”, sono solo alcuni degli slogan su cartelli, striscioni e scatole di fortuna che i manifestanti espongono in piazza del popolo contro il Green Pass. Alcuni si sono sentiti traditi anche dalla Lega di Matteo Slavini ed hanno intonato: “Salvini ci hai tradito”. Tanti quelli senza mascherina che ironizzano contro chi la porta. Sventola un’enorme bandiera italiana, il tricolore è ovunque, si fanno foto “per testimoniare le persone presenti in piazza perché i media non ci mostreranno mai” dicono i manifestanti accorsi da molte parti d’Italia. Se c’è un odio che li accomuna tutti, oltre quello contro i giornalisti è quello contro la politica e le scelte dei suoi esponenti: “I politici fanno schifo, vogliono rovinare questo Paese”, nulla di nuovo sotto al sole.

DAL PALCO – “Oggi siamo qui per combattere per la libertà. Siamo contro il Green pass perché è una violazione alla libertà personale. Non per questo siamo contro chi sceglie di vaccinarsi, sia chiario. Siamo qui in modo pacifico. Non è stata invitata nessuna forza politica di estrema destra o estrema sinistra, né niente altro che riguardi la politica. Per quanto riguarda la nostra categoria il Green pass creerà dei problemi di carattere giuridico, perché noi come categoria non abbiamo il riconoscimento del pubblico, pertanto non possiamo richiedere né documenti né il Green pass. Pertanto la nostra categoria rischia denunce e questo non ha senso” ha detto Fabio Faro Pompili, capogruppo del movimento IoApro e presidente del sindacato nazionale operatori di sicurezza che prende la parola dal palco accanto al gazebo aperto per il tesseramento. “Bassetti, la Lucarelli, Burioni sono dei falliti” urlano dai gazebo di Io Apro. C’è un po’ di tutto in piazza tra le circa duecento persone riunite che manifestano contro le nuove norme che dovrebbero iniziare il 6 agosto, una data che quasi tutti promettono di non rispettare. I due gazebo sono montati sotto alla terrazza del Pincio, in mezzo il palco dove si alternano gli organizzatori e anche manifestanti chiamati a dare la propria testimonianza. Sui banchi il merchandising per l’occasione, magliette e cappelli col logo. Dagli altoparlanti si diffonde un tappeto musicale da aperitivo che accompagna tutta la durata degli interventi “Stiamo aspettando delle persone che erano in piazza Montecitorio”, spiega al microfono uno degli organizzatori. La manifestazione, infatti, era prevista davanti alla Camera ed è poi stata spostata. Tra i primi ad arrivare anche una coppia con stelle di David sul petto e la scritta No Vax. Riccardo Annibali

“Mio padre è morto di Covid”: il figlio del medico che ha affrontato i no vax. Le Iene News il 27 luglio 2021. Marco, figlio del dottor Marcello Natali, si è imbattuto in un gruppo di no vax e no pass. Dalla folla qualcuno ha detto che “tutti i morti di Covid non esistono, li uccidono in ospedale”, e lui ha raccontato allora la storia del padre morto per il Covid. Noi de Le Iene avevamo conosciuto la storia di Marcello Natali e di altri medici di base caduti nella lotta al coronavirus. “Mio padre medico è morto di Covid”: con queste semplici e crude parole Marco ha affrontato a Lodi un gruppo di No Vax e No Pass (quelli che si oppongono alle restrizioni in assenza del Green pass). Marco ha 22 anni e la sua vita, così come quella della sua famiglia, sono state segnate irrimediabilmente dal coronavirus. Il padre Marcello Natali, lo scorso anno, è stato uno dei primi medici a perdere la vita nella battaglia contro la pandemia. E quando Marco si è trovato davanti a una donna che partecipava al raduno, secondo la quale “tutti i morti di Covid non esistono, li uccidono in ospedale”, è intervenuto al raduno. “Ho cercato di spiegare che il Covid è un virus pericoloso, che esiste”, riporta Il Cittadino di Lodi. “E io e la mia famiglia lo sappiamo bene dopo tutto quello che abbiamo passato. Sono dell’idea che ognuno può fare quello che gli pare, ma se dici una cosa del genere in mezzo a una piazza stai superando il limite, perché la tua libertà finisce dove inizia la mia”, sono le parole riportate dal quotidiano locale. Una storia toccante e che fa molto riflettere, il dolore di un giovane che ha perso il padre di fronte a una folla che diffonde e difende teorie complottiste e slegate dalla realtà. Noi de Le Iene abbiamo conosciuto la storia della famiglia di Marco qualche mese fa, nel servizio di Giulio Golia e Francesca Di Stefano. Abbiamo dedicato un servizio ai medici di base morti per il Covid, ai quali non era riconosciuto l’infortunio sul lavoro. Tra le voci raccolte da Giulio Golia e Francesca Di Stefano delle persone che lottavano per vedere riconoscere questo diritto, c’erano anche i famigliari del dottor Marcello Natali: potete rivedere il servizio in testa a questo articolo.

Poche centinaia di persone hanno aderito alle proteste, vuota la piazza di Napoli. Manifestazioni “No Green pass” in 12 città: ma è flop da Milano a Palermo. Elena Del Mastro su Il Riformista il 28 Luglio 2021. “Green Pass misura dittatoriale” oppure “Noi siamo gli yes freedom”. Sono questi gli slogan che hanno aperto le manifestazioni “no green pass” organizzate in 12 città italiane. I manifestanti sono scesi in piazza contro le nuove regole che rendono il green pass obbligatorio per accedere ad alcune attività. Ma la conta delle persone che hanno aderito è esigua: alcune manifestazioni sono addirittura state annullate come è successo a Napoli e Genova.

La manifestazione “No Green Pass in Piazza del Popolo a Roma. In Piazza del Popolo migliaia di persone si sono date appuntamento dal pomeriggio fino alle 22 per una fiaccolata “per accendere una speranza”. C’era anche la Lega, con Simone Pillon, Alessandro Pagano, Armando Siri, Claudio Borghi, Alberto Bagnai, Guido Martini. In testa al corteo anche Vittorio Sgarbi, l’eurodeputato della Lega, Antonio Maria Rinaldi e Gianluigi Paragone. Presente anche l’attore Enrico Montesano. La fiaccolata è stata organizzata dal “Comitato libera scelta”. “Noi vogliamo essere liberi di fare terapia o vaccinazione, non siamo no vax – ha detto uno degli organizzatori come riportato da Repubblica – Nessuno può decidere per tutti e rendere la vaccinazione obbligatoria. Libertà ha un valore che non può essere barattata con un un green pass nelle nostre attività quotidiane. Vogliamo rispetto”. Cori contro Draghi sono stati scanditi più volte. Un lungo applauso e un minuto di silenzio per la scomparsa del dottor Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova che per primo l’anno scorso aveva iniziato la cura del Covid con le trasfusioni di plasma iperimmune. Per il comitato ‘Liberi di scegliere’ Giuseppe De Donno è un idolo. Diversi, infatti, i tributi e le dediche riservate al medico, definito “un eroe che ha nobilitato la medicina nel periodo più buio”. Ma non sono mancanti i cori contro i giornalisti. In Piazza del Popolo è partita anche la raccolta firme per le querele contro Roberto Burioni, Matteo Bassetti, Ilaria Capua e il presidente dell’ordine nazionale dei medici Filippo Anelli, rei di disinformare sul Covid. “Ne stiamo preparando una anche per Draghi”, assicura Edoardo Polacco, “penalista al servizio del cittadino violentato dallo Stato”, tra gli organizzatori dell’evento. Tra i presenti anche membri del Movimento 5 Stelle come Sara Cunial, conosciuta per le sue posizioni no-Vax. Vicino c’è Davide Barillari, Carlo Martelli, senatore ex grillino, che prende il megafono tra la folla per tracciare il parallelo tra la discriminazione degli ebrei e quella dei non vaccinati. E nella piazza, anche oggi come sabato, spuntano stelle di David esibite dai manifestanti.

La protesta “no green pass” a Milano. Forse la piazza di Roma è stata quella più piena. A Milano solo una cinquantina di manifestanti si sono radunati in piazza Fontana per la prima delle tre manifestazioni in programma oggi nel centro di Milano per protestare contro il green pass obbligatorio. Molti i manifestanti, i quali si definiscono pacifisti e rifiutano l’etichetta di No Vax, che chiedono cure domiciliari per i malati di Covid e hanno lanciato un appello “a vaccinati e non vaccinati ad unirsi per abolire il green pass del governo Draghi”. La protesta si è poi spostata in piazza della Scala. In circa duecento si sono riuniti davanti a Palazzo Marino dove hanno acceso le candele al grido di ‘libertà dai vaccini’, ‘ricatto’ e ‘giù le mani dai bambini’. Diversi i cartelli esposti dai manifestanti, da “green pass = ricatto” a “+ De Donno – Burioni”, fino a “liberi di scegliere”, ma anche alcune bandiere tricolori e una gigantografia del medico De Donno, al quale è stato dedicato anche un minuto di silenzio, un lungo applauso e il coro “verità, verità”. “È pericoloso fare la vaccinazione di massa a tutti – dice un manifestante prendendo la parola dal centro della piazza – Quella che ‘senza la vaccinazione di massa a tutti non ne usciremo’ è una favoletta. Gli italiani si stanno vaccinando solo per non avere rotture. Lo sappiamo che è un falso rimedio”. E ancora. “Il green pass è una cosa nazista, e il parallelo non è assolutamente esagerato”.

Manifestazioni “no green pass” a Torino e Bologna. A Torino una manciata di manifestanti si sono date appuntamento in piazza Castello per un presidio. “Figliuolo, Draghi, Speranza, Burioni, Bassetti giu’ le mani dai nostri figli”, recita lo striscione esposto. Per chi è sceso in piazza dai manifestanti il Covid non è altro che “un’influenza più aggressiva delle altre” e “il vaccino fa male e uccide”.

A Bologna erano circa 200 persone in piazza Galvani. La protesta si estende non solo contro “la discriminazione infame del libretto verde” ma anche contro il vaccino, definito “iniezione sperimentale”, come “unica cura possibile”: un atto di “disonestà intellettuale e di malafede”. Per questo la piazza arriva a condividere, a suon di “libertà, libertà” gridato all’unisono, il pensiero secondo cui vaccino e green pass sarebbero il “seme del nuovo nazismo che avanza e serpeggia”.

Annullate le manifestazioni a Napoli e Genova. A Napoli invece piazza Dante è rimasta vuota. La manifestazione era stata annunciata via social ma non si è presentato nessuno e addirittura qualcuno parla di una convocazione falsa. Una seconda manifestazione è annunciata per sabato alle 17.30, sempre in piazza Dante, per replicare quella che si è tenuta sabato scorso contro i Green Pass con la partecipazione di alcune centinaia di persone. Annullata la manifestazione di protesta contro l’introduzione dell’obbligo del green pass organizzata dal comitato “Libera Scelta” stasera davanti al palazzo del Comune di Genova. Gli organizzatori l’hanno comunicato con un post su Facebook. In via Garibaldi però si è radunato un centinaio di persone senza simboli politici. Un manifestante ha portato in piazza un cartello per chiedere “giustizia” per la morte di Giuseppe De Donno.

Elena Del Mastro. Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi. 

Alessandro Orsini per “il Messaggero” il 25 luglio 2021. In Italia prende piede il movimento QAnon, una frangia di estrema destra del movimento No vax, che diffonde fake news in modo attivo e massiccio, con l'ossessione del deep state o stato profondo. L'idea è che lo Stato sia guidato da una setta segreta, che vuole il male dell'umanità. QAnon ha raggiunto la massima visibilità in Italia dopo l'assalto al Congresso americano del 6 gennaio, subito dopo la sconfitta di Trump contro Biden. Da allora, i qanonisti italiani sono cresciuti di numero e utilizzano le chat, soprattutto su Telegram, per creare una comunità di soldati. Per mettere a fuoco il fenomeno, dobbiamo procedere con ordine e chiarire che i cittadini che non vogliono vaccinarsi possono essere suddivisi in tre categorie principali. La prima è rappresentata da coloro che temono le conseguenze del vaccino sul lungo periodo. La seconda è composta dai cosiddetti scrocconi, i quali non temono il vaccino, ma preferiscono che sia il vicino di casa a vaccinarsi per non avere alcun tipo di fastidio. La terza categoria, di cui fanno parte i qanonisti, è la più insidiosa, sia per l'obiettivo che persegue, sia perché nutre mire egemoniche verso le altre due categorie. I qanonisti sono una frangia estremista intelligente, non semplici scrocconi, che vuole diventare egemone di tutto il movimento no vax perché il fine che persegue, il collasso dello Stato, richiede una grande massa di seguaci. La strategia di questa frangia si può riassumere in tre fasi. Nella prima fase, la frangia cerca di portare dalla propria parte il maggior numero possibile di cittadini. Una volta raggiunto questo risultato, si entra nella seconda fase, in cui il covid-19 torna a diffondersi tragicamente e lo Stato è nuovamente costretto a chiudere tutte le attività commerciali con una crescita smisurata della disoccupazione e una crisi generalizzata che delegittima tutta la classe dirigente e, quindi, tutti gli apparati di gestione della società, incluso il Parlamento. Nella terza fase, la frangia estremista passa a incassare i risultati della profezia che si autoadempie. La frangia estremista aveva iniziato il suo percorso affermando che lo Stato è nemico dei cittadini. Questa affermazione, che è falsa nella prima fase, appare vera nella terza: se i disoccupati sono tantissimi, la colpa è dello Stato. Qual è la realtà? La realtà è che lo Stato non è nemico dei cittadini, ma finisce per sembrare tale perché tutto va a rotoli. Ma la società non va a rotoli per colpa dello Stato, bensì per colpa della frangia estremista, che ha fatto naufragare la campagna vaccinale. Che cosa è accaduto? È accaduto che il movimento ha creato un tipo particolare di crisi, che chiamiamo crisi autopoietica. L'autopoiesi è un termine che proviene dal greco autos, che vuole dire sé, e poiein, che significa fare. In sintesi, una crisi autopoietica è una crisi che si fa da sé e che, nella terminologia introdotta dal biologo cileno Humberto Maturana, si riproduce, dal proprio interno, come una cellula del corpo. Quella che la nostra frangia estremista vuole creare è una crisi che si riproduce come una cellula impazzita. Questo scenario è tragico, ma non è affatto detto che si realizzerà. È probabile che si realizzi soltanto se la frangia estremista riesce a egemonizzare il movimento collettivo in cui si muove. Ivanka Trump, temendo che il movimento QAnon proliferi, si è vaccinata ad aprile e ha pubblicato le foto del suo braccio perforato sui social. Ovviamente, molti seguaci di QAnon hanno sostenuto che fosse tutta una messa in scena e che Ivanka non si fosse mai davvero vaccinata. Advance Democracy, un gruppo di ricerca indipendente, ha trovato che i contenuti di QAnon su Twitter sono crollati dopo che quella compagnia ha chiuso 70,000 account dopo l'assalto al Congresso americano. Il problema è che molti di quegli utenti si sono spostati su Telegram, che, nelle parole di SITE Intelligence Group, è diventato il principale luogo di raccolta di QAnon. Abbiamo detto che l'idea qanonista è che lo Stato sia guidato da una setta. In realtà, la setta è QAnon, ma i suoi seguaci non lo sanno. Lo ha capito lo sciamano di QAnon, Jack Angeli, l'uomo con le corna che fece irruzione nel Senato americano, il quale ha dichiarato: «Condanno il mio ingresso in quell'edificio con ogni fibra del mio corpo». Il carcere deve averlo risvegliato. Vivere in una setta offusca la mente.

Claudia Osmetti per “Libero quotidiano” il 25 luglio 2021. Sì, ma cosa passa per la testa degli irriducibili anti-vaccino? Perché (e nonostante gli appelli, i bollettini, le misure) non schiodano di un centimetro dalle posizioni oltranziste? Secondo le recenti statistiche i no-vax sarebbero appena il 5% delle persone che, prima dell'arrivo del green pass, dichiaravano di non essere assolutamente disponibili a metterci il braccio nella campagna vaccinale. Cosa li spinge a rifiutare le fiale che noi non vedevamo l'ora di ottenere? Lo abbiamo chiesto a Domenico De Masi, sociologo tra i più noti d'Italia, professore emerito all'università La Sapienza di Roma. 

Dottor De Masi, lei li ha "studiati" i no-vax?

«Finora non è stata fatta nessuna ricerca puntuale sull'argomento. È un peccato, anche perché basterebbe molto poco. Con un campione tra le 9mila e le 10mila persone riusciremmo ad avere informazioni significative». 

Perché non ci ha ancora pensato nessuno?

«Perché questi studi costano e, se vogliono essere seri, non si improvvisano». 

Quanti no-vax ci sono in Italia?

«Circa 100mila». 

Lei ne conosce qualcuno?

«Ho parlato con diversi, un'idea me la sono fatta. Ma è un'idea personale». 

È possibile tracciare un identikit dei no-vax italiani?

«La prima cosa da dire è che il movimento di chi rifiuta il vaccino è un movimento trasversale». 

Cioè?

 «Non riguarda una sola categoria. Tra i no-vax ci sono uomini, donne, giovani e meno giovani, cittadini del Nord, del Sud, del Centro». 

Insomma, è un mix.

«Ecco, sì». 

E politicamente? Dove votano i no-vax?

«Oh, la loro non è una questione politica. Le ripeto: ci sono no-vax che militano a destra e ci sono no-vax che militano a sinistra». 

Allora cosa accomuna tutte queste persone?

«Il loro comune denominatore è la paura».

Prego? I no-vax, quelli che riempiono le piazze manifestando contro il green pass, i negazionisti del Covid, quelli che non vogliono proprio farsi la punturina salva-pelle, hanno paura?

«Sì. Non sono spaventati da quello che sta succedendo adesso, ma da quello che potrà succedergli in futuro». 

Ce lo può spiegare meglio?

«Il loro ragionamento non è quello di dire: "C'è in atto una pandemia senza precedenti allora corro ai ripari", loro pensano a ciò che potrà accadere tra dieci anni». 

Cioè?

 «Tutti quelli con cui ho conversato mi han detto la stessa cosa: "Il vaccino non lo faccio perché è sperimentale e la scienza non ha ancora chiari quali saranno gli effetti nel futuro. Nel dubbio, preferisco evitare"». 

Quindi è una questione di "bilanciamento" delle preoccupazioni?

«In un certo senso. Quella dei no-vax è una "preveggenza assoluta". Per loro è più probabile che il vaccino comporti qualche problema nel prossimo decennio piuttosto che la possibilità, ora equi, di prendersi il Covid». 

E per il resto?

«Le ripeto. Il tema c'è, ma andrebbe approfondito da un punto di vista metodologico. Al momento non abbiamo altro». 

Il virus dei no-vax circola anche fra gli “angeli” della pandemia. Specie al Nord. Pioggia di ricorsi ai Tar da parte degli operatori sanitari non vaccinati, sospesi dalle Asl. Frabrizia Flavia Sernia su Il Quotidiano del Sud il 24 luglio 2021. «L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore». Così Mario Draghi in conferenza stampa. Sono parole pesanti, magari anche esagerate, ma che denotano la difficoltà del governo a far passare nella sua stessa maggioranza la misura del green pass per accedere nei luoghi dove non è garantito un adeguato distanziamento sociale. Per chi scrive il green pass è una proposta corretta ed opportuna che, sia pure con qualche difficoltà operativa, rovescia la prassi delle chiusure e i coprifuochi per evitare gli affollamenti: una strategia che si rivelata inefficace e che è costata moltissimo all’economia. Oggi la ripresa è in atto, in modo superiore alle aspettative. In più – come ha confermato il commissario Paolo Gentiloni, è in arrivo, a giorni, la prima tranche del NGEU. Nello stesso tempo è in giro per l’Europa il fantasma di un’altra variante in grado di diffondersi rapidamente. Occorre dunque cautelarsi dal nuovo assolto virale, nel presupposto di non concedergli ‘’né un uomo né un soldo’’ dell’economia. Ovviamente si comincia sempre con un primo passo. Si prendono di mira i ristoranti al chiuso, ma si tergiversa, perché non piace a dei leader sindacali confusi e arroganti, davanti alla proposta della Confindustria di rendere obbligatorio il green pass (o la prova tampone) per entrare nelle aziende. È però interessante interrogarsi su questo fenomeno di milioni di renitenti alla vaccinazione, anche perché i suoi confini non sono più quelli del tradizionale e strutturato movimento dei No Vax, portatori di una vera e propria ideologia e protagonisti di iniziative militanti. Peraltro questi movimenti di opinione radicali (No Vax, No Tav, No Tap, ecc.)  hanno una radice populista-ambientalista che è sempre stata inquadrata nell’estrema sinistra, fino a quando non ha cercato di rappresentarli il M5S (che oggi è per il green pass, almeno in parte) mentre i loro portavoce oggi si trovano a destra, quelle destra che ha combattuto tutte le forme di ‘’No’’ finora comparse sulla terra. L’altra apparente contraddizione si riscontra nel terrore che ha suscitato il covid-19 nell’anno che abbiamo alle spalle, inducendo gli italiani ad una disciplina imprevista e a pendere dalle labbra dei virologi d’antan che hanno popolato le trasmissioni televisive, le quali, per intere giornate e molti mesi non hanno mai parlato d’altro che non fosse la pandemia. Quelle stesse persone che andavano a letto con la mascherina, che rifiutavano gli incontri con i parenti e gli amici, che erano pronti a partecipare al linciaggio di un passeggero se sullo stesso autobus gli era scappato uno strarnuto o che attraversavano la strada per non incontrare un gruppo di persone che veniva in senso opposto, molti di loro, quando è arrivato il vaccino, se la sono fatta sotto e hanno rifiutato per ora di presentarsi a centro delle somministrazioni. È grave che tra questi apostati del vaccino ci siano molti medici, personale sanitario e scolastico. A pensarci bene non vi è stata un’azione organizzata delle formazioni ufficiali No Vax. È scaturita una diaspora confusa, di varie umanità; ognuna persona o famiglia per suo conto, orientate dal medico di base o dagli inquilini della porta accanto. Grande è stato l’allarme per alcuni casi di decessi attribuiti al vaccino, aggravato dalla propaganda televisiva. Ho sentito con le mie orecchie prestigiosi conduttori televisivi affermare: "sarà anche vero che capita ad una persona su un milione, ma la gente si chiede ‘’se quella persona sono io?’’. Questa è una legittimazione televisiva di un ragionamento cretino, che incoraggia i dubbi e le esitazioni. Nell’ambito delle mie conoscenze mi sono imbattuto in prototipi di renitenti. C’è chi in famiglia ha avuto casi di trombosi e teme che il vaccino lo sottoponga a questo rischio. C’è chi non accetta il principio stesso della vaccinazione: iniettare particelle del virus per alimentare la formazione di anticorpi. Si pensi che, prima della pandemia, gli ultra65enni che vaccinavano contro l’influenza di stagione erano circa il 46%. Eppure contrarre questo virus non era un pranzo di gala. Tutti gli anni nella stagione autunno-inverno milioni di italiani si mettevano a letto e tanti ci lasciavano la pelle per complicazioni bronco-polmonari (la terza causa di decesso dopo il cancro e le malattie cardio-circolatorie). Poi le vaccinazioni rappresentano un’enorme prateria per i peracottari, i terrapiattisti, il popolo dei social: quelli che credono alle congiure dei poteri forti, al fatto che gli americani le bombe sotto le ‘’Torri gemelle’’ le hanno messe loro; quelli che raccontano che lo sbarco sulla Luna è stato girato nel deserto del Nevada; quelli che parlano di imprecisate scie chimiche di cui non si conosce l’origine. Sui vaccini anti-Covid ne ho sentite delle belle. C’è chi ha sostenuto che il virus è stato messo in giro apposta nell’interesse dei profitti delle Big-Pharma, le quali avevano già pronti i vaccini. Altrimenti non avrebbero fatto così presto a scoprirli e produrli. Ma una storia le batte tutte. Pare che su un social venga spiegata questa teoria: dopo essersi sottoposto al vaccino, si deve compiere un esperimento: occorre prendere una moneta da 5 centesimi e appoggiarla nel punto in cui è stata praticata l’iniezione. Si vedrà che la moneta rimane attaccata, mentre ciò non succede in altra parte del braccio. Perché avviene questo fenomeno? Semplice; col pretesto della vaccinazione ci hanno iniettato un microcip. Ci sono persone che hanno fatto la prova e hanno avuto conferme della teoria. Non serve spiegare loro che la Spectre protagonista di un’operazione siffatta dovrebbe avere a sua disposizione decine di milioni di medici e infermieri, di operai e tecnici, scienziati, funzionati pubblici, giornalisti disposti a rendersi complici della congiura, senza che a nessuno di loro per mesi ed anni scappino mai una parola o una confidenza, senza che una sola iniezione insospettisca una vittima o fallisca l’obiettivo. Come è capitato con il crollo delle Torri gemelle: se fosse vera la teoria del complotto – ci hanno prodotto persino un film – sarebbe stato notato, nei giorni precedenti, l’andirivieni di Tir carichi di esplosivi per le vie centrali di New York, con centinaia di persone che scaricavano tonnellate di tritolo per immagazzinarlo nel sottosuolo, senza che nessuno si ponesse delle domande. Ma come diceva Pier Paolo Pasolini in uno dei suoi film: ‘’perché sforzarsi a descrivere la realtà quando è così gratificante sognarla?’’.

Sui giornali il processo ai No Green pass. Intanto i No Tav spaccano tutto e nessuno ne parla…Leo Malaspina domenica 25 Luglio 2021 su Il Secolo d'Italia. Il giorno dopo il “No Green pass day” sulla grande stampa italiana è tutto un coro di disapprovazione e di commenti allarmistici, con la “Stampa” che vince il premio disinformazione spacciando per No Vax una mobilitazione che era tutto tranne che negazionista, con un titolo sul “virus del negazionismo”. Un po’ tutti, con la scesa in campo dei soliti partigiani dell’Anpi, hanno stigmatizzato quegli episodi minimi di tensione che si sono verificati a Roma e Pescara e la presenza dei “fascisti” di Forza Nuova e CasaPound in un popolo di arrabbiati per le misure del governo che era assolutamente trasversale.  

Tutti i giornali contro i sit sul Covid, nessuno parla dei “No Tav” violenti. Ma forse fa comodo così, enfatizzare la minaccia di chi non condivide le misure penalizzanti per l’economia per controllare una pandemia che sta riprendendo vigore grazie agli errori e alla confusione generata dal governo. Nelle stesse ore in cui in tv e sui giornali si andava a caccia dei “No Green pass”, in Val di Susa accadeva di tutto, nel silenzio generale. Il quarto giorno di campeggio di lotta organizzato dall’ala dura del Movimento No Tav, con circa 150 manifestanti, tra attivisti del cento sociale Askatasuna e antagonisti provenienti da altre regioni, ha visto un attacco violentissimo al cantiere di Chimonte, con il tentativo di tagliare le reti del perimetro, lanci di razzi pirotecnici e pietre contro le forze dell’ordine. La polizia ha risposto con lacrimogeni e idranti ed è stata guerriglia, col blocco dell’autostrada e delle strade limitrofe. Qualcuno ha letto qualcosa, fuori dal Piemonte? Avete sentito i partigiani?

Il popolo dei “No Green pass” si muove in tutta Italia. “No Green pass”, “viva l’Italia libera”. Circa 1.500 per la Questura le persone che ieri avevano sfilato nella Capitale. “Assassini, assassini, assassini”, questo il grido rivolto alle istituzioni dalla manifestazione. Alcune persone indossavano magliette in cui erano rappresentati Draghi e Speranza dietro le sbarre. Le uniche bandiere di partito erano quelle degli Animalisti Italiani. Applausi, cori, urla come “Buffoni buffoni”, “Draghi, vaffa…” connotavano e animavano la piazza, che inneggiava alla “libertà”, alla “dignità”, al “rispetto della Costituzione contro dpcm illegittimi”. Per la piazza il governo è “criminale”. “La Rai censura, la Rai è dittatura”, il grido che parte dal corteo, che era giunto a poche decine di metri da Viale Mazzini a Roma, dove ha sede la tv pubblica. “Giornalista terrorista”, “giornalisti servi del potere”, ” chi non salta un giornalista è”, gridano i manifestanti. “I giornalisti sono servi del potere, degli sciacalli. Noi siamo liberi, senza padroni e siamo pronti a lottare. La battaglia è solo all’inizio”, afferma vauno dei capi della manifestazione sotto la sede Rai.

La protesta contro le misure prese dal governo. “Siamo qui per manifestare la nostra contrarietà all’utilizzo del Green Pass. Noi non siamo contro il vaccino, ma crediamo che questa misura danneggi l’economia. Io ho un ristorante e ho pochi posti all’aperto. Con questa misura in molti falliremo”, ha spiegato all’Adnkronos uno dei manifestanti.

Al grido di “libertà, libertà” era partito anche a Milano, da piazza Fontana, il corteo contro il Green pass. Diverse centinaia i manifestanti, per lo più senza mascherina, diretti in piazza Duomo. Alla partenza del corteo ci sono state alcune tensioni con la stampa, con i manifestanti che hanno cercato di allontanare i giornalisti chiamandolo “venduti”. “Noi andiamo dove vogliamo” e “no green pass” i cori che si alternano a insulti contro il presidente del Consiglio Mario Draghi. Alla testa del corteo, che in pochi minuti ha imboccato la Galleria Vittorio Emanuele e raggiunto piazza della Scala, campeggia lo striscione “Via le multinazionali dallo Stato” e “no big Pharma”. Su molti cartelli esibiti dai manifestanti, poi, analogie tra la discriminazione dei non vaccinati e quella subita dagli ebrei. “Non vaccinati = ebrei” si leggeva su un manifesto a forma di stella di David, mentre su un altro il green pass è stato paragonato a una svastica.

A Torino anche militanti dei centri sociali. Davanti all’ingresso di Palazzo Marino, la sede del Comune di Milano, i carabinieri si sono schierati in tenuta antisommossa. “Toglietevi i caschi, noi siamo per la libertà e la pace, non per la violenza”, gridano i manifestanti ai militari. “Noi siamo il popolo, le forze dell’ordine devono essere dalla nostra parte”, “il popolo si è svegliato, non so quanto riuscire a proteggerli”, aggiungono altre persone che protestano contro il pass verde. “Non siamo contro i vaccini, ma quello anti-Covid non lo è, è una terapia genica”, dice Dario, in piazza insieme alla moglie. “Giù le mani dai bambini, no green pass” urla una frangia del corteo. Al grido di ‘no green pass’ e ‘libertà’ circa tremila persone sono scese in piazza anche a Torino contro le nuove regole sull’utilizzo del Green pass anche nei ristoranti e locali al chiuso. Tra i partecipanti, insieme a Worldwide rally for freedom, Torino Tricolore, Forza Nuova e CasaPound, ma anche alcuni esponenti dei centri sociali. “Vogliamo la libertà di scegliere, non vogliamo essere bloccati in casa da un pezzo di carta”, hanno sottolineato i manifestanti che dietro uno striscione che recita ‘uniti per la libertà di scelta’ hanno attraversato in corteo un tratto del centro città, da piazza Castello a piazza Vittorio. Dopo aver sfilato da piazza Castello a piazza Vittorio, il corteo di manifestanti si è diretto sotto la sede torinese della Rai scandendo slogan contro i giornalisti, per poi tornare in piazza Castello da dove era partito e dove si è sciolto.

Da corriere.it il 26 luglio 2021. «Le manifestazioni contro il green pass non erano autorizzate» e il ministero dell’interno terrà sotto osservazione l’evolversi della situazione. Lo ha detto la ministra dell’interno Luciana Lamorgese rispondendo alle domande dei giornalisti durante una visita a Caserta. La responsabile del Viminale ha anche sottolineato che in Italia «non c’è alcuna dittatura sanitaria» e ha stigmatizzato l’accostamento tra il pass vaccinale e la stella di David usata contro gli ebrei durante l’Olocausto. «Guardiamo con attenzione alle manifestazioni dei no-vax, che ricordo non erano autorizzate, anche perché sono stati usati simboli ormai passati; penso alla stella di David». «Nessuna dittatura sanitaria - ha proseguito - vaccinarsi è fondamentale per superare questa pandemia: tutti i provvedimenti del Governo sono stati presi per tutelare la salute pubblica, e perché la vera libertà è poter andare dove si vuole senza danneggiare gli altri». Sabato migliaia di persone hanno manifestato in decine di piazze italiane contro l’introduzione del green pass come documento indispensabile per accedere in ristoranti e altri luoghi pubblici. Oltre a non essere state autorizzate queste iniziative si sono svolte in violazione delle norme anche in vigore contro gli assembramenti. Va detto che, mentre questi gruppi manifestavano il loro dissenso contro la misura adottata dal governo (e che scatterà il 6 agosto) un numero ben più alto di persone compiva un scelta di segno opposto: venerdì poco meno di 580.000 persone si sono sottoposte al vaccino; Il generale Figliuolo aveva dichiarato che, l’indomani della conferenza stampa nella quale il premier Draghi aveva annunciato le novità sul green pass, c’era stata una corsa alle prenotazioni per immunizzarsi che in alcune regioni aveva segnato un balzo del 200%.

Coronavirus, Angelo Giorgianni ex sottosegretario di Prodi tra i no vax: "No green pass, Covid strage di Stato. Come finirà". Libero Quotidiano il 25 luglio 2021. I No vax di sinistra? C'è anche un ex sottosegretario di Romano Prodi in piazza per dire no al Green pass e rilanciare ogni tipo di complotto su Coronavirus, vaccini e dittatura sanitaria. Insomma, Ugo Mattei, esponente della borghesia di sinistra di Torino che aveva sfilato in piazza Castello giovedì sera, è tutt'altro che un caso isolato. Il Corriere della Sera, tra le altre, raccoglie la testimonianza di Angelo Giorgianni, 67 anni, magistrato ed ex sottosegretario all'Interno del governo Prodi, autore del libro La strage di Stato scritto a quattro mani con il contestato e controverso "consulente medico" no vax Pasquale Bacco e che più di un guaio ha portato anche a Nicola Gratteri, il procuratore che ne aveva firmato la prefazione e che per questo è stato travolto dalle polemiche, visto il contenuto pesantissimo del saggio. "Non sono complottista - si difende Giorgianni -, sono complottologo, smaschero i complotti degli altri". Tra questi, appunto, ci sarebbe la pandemia. "Sono contrario al green pass perché si basa sul falso presupposto che i vaccinati non siano contagiosi, ed è discriminatorio". Giorgianni è stato uno dei relatori della manifestazione No green pass di Firenze, alla Fortezza da Basso. Secondo il magistrato, il Covid è stato "voluto" dall'uomo ed è "un'arma" del "Nuovo ordine mondiale". Superata l'emergenza del virus, assicura, "la finanza internazionale ci farà fare la fine della Grecia, dovremo vendere il Colosseo".

Carlotta Rocci per repubblica.it il 26 luglio 2021. Alla manifestazione No Vax - o, come tengono a precisare gli organizzatori, No Pass - di ieri ad Alessandria c'era anche lui, Pierluigi Garavelli, primario di Malattie infettive all'ospedale Maggiore di Novara, alessandrino, Cavaliere della Repubblica da appena cinque giorni, pioniere delle cure domiciliari per il Covid con l'idrossiclorichina. Proprio per il suo curriculum c'è chi si è stupito a vederlo circondato dai contestatori del Green pass e, molti, anche contrari al vaccino. "Non ero lì per protestare - assicura - ma per fare informazione come ho sempre fatto in tutta la mia carriera professionale, nelle scuole, negli ambulatori. Ma lo sa che 10 anni fa quando non c'era il Covid ho passato una giornata intera a discutere con 300 donne per convincerle sulla necessità dei vaccini? Chiamare me No Vax è un insulto ed è ridicolo. Lo può fare solo qualcuno che non conosce il contesto. Ad Alessandria sono molto conosciuto per le mie posizioni e ieri sono stato invitato a parlare per fare informazione perché movimenti come quello No vax si creano proprio quando non c'è chiarezza". In realtà la partecipazione in piazza rischia di costargli cara. L'ospedale Maggiore di Novara sta valutando l'apertura di un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Domani il direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria Maggiore di Novara Gianfranco Zulian incontrerà i colleghi per valutare la situazione. "Voglio capire a che titolo Garavelli sia andato in piazza e con quale intento. È una vicenda da chiarire", spiega. In realtà Garavelli sostiene: "Il mio obbligo nei confronti dell'azienda mi impedisce di divulgare dati dell'ospedale, ma non certo di fare informazione in modo corretto sul Covid o su altri argomenti". In questo momento il medico si trova in congedo per malattia. "Eppure mi sono preso la briga di presentarmi anche se con il bastone perché, come membro del board nazionale che si occupa di Covid, sento il dovere di intervenire per fare chiarezza quando mi viene chiesto. Quella di ieri non è certo la prima volta". Il medico non teme ripercussioni sulla sua professione: "Ho fatto quello che faccio da molto tempo e in molti modi". E a voler entrare nel merito delle sue dichiarazioni in piazza Garavelli precisa: "Io sono vaccinato, lo è anche mia moglie, non lo sono ancora le mie figlie e sui giovani ho espresso qualche dubbio: questo non fa di me un No Vax, ma un noiosissimo professionista.  Io dico invece che il vaccino - e di conseguenza il Green pass - non possono essere un libera tutti. Il vaccino funziona se usato in concomitanza con le cure domiciliari per i contagiati e un'attenzione sempre alta nei comportamenti. Ci sono le varianti che possono "bucare" il vaccino costruito sul ceppo di Wuhan - spiega - Per questo anche con il Green pass devo continuare a mantenere comportamenti responsabili. Sono contrario al fatto che diventi un lasciapassare indiscriminato". Argomentazioni, queste, che il dottor Garavelli è certo convinceranno anche i vertici dell'ospedale in cui lavora. 

Diodato Pirone per “il Messaggero” il 25 luglio 2021. Una volta si sarebbe detto che la matematica non è un'opinione. E forse non c'è modo migliore per spiegare l'effetto delle vaccinazioni se non quello di ricorrere ai numeri per dimostrare che il Sars Cov-2, il maledetto virus che ci ha stravolto la vita da quasi due anni, ormai colpisce e ha effetti gravi solo sulla platea dei non vaccinati. Come se non bastassero i dati israeliani o quelli inglesi o quelli americani (con l'incredibile differenza di decessi da Covid determinata dal diverso livello di vaccinazione nei vari Stati) prendiamo le cifre diffuse dall'Istituto Superiore di Sanità per il periodo 21 giugno - 4 luglio. Ebbene in quelle due settimane i decessi da Covid sono stati quasi tutti concentrati fra i non vaccinati: il 100% nella fascia fra 12 e 29 anni; il 92% fra i quarantenni e i cinquantenni, l'81% fra chi aveva fra 60 e 79 anni e il 70% per i nati dal 1941 e annate precedenti. Fra i vaccinati sotto i 60 anni non è stato registrato neanche un morto causato dal Covid-19. Il vaccino insomma il suo lavoro di protezione lo sta facendo egregiamente. Non a caso la fascia di italiani più vaccinata, quella composta da persone ultraottantenni, ha visto crollare del 500% la propria quota di contagi in relazione al totale della popolazione. Il grafico che pubblichiamo in alto a destra è esplicito: all'inizio dell'anno i contagi fra gli ultraottantenni (che rappresentano grosso modo il 7% della popolazione italiana) erano il 10% del totale, oggi sono ridotti al 2% o giù di lì con un lievissimo incremento dovuto all'ingresso sul palcoscenico della ipercontagiosa variante Delta. Ma torniamo alle cifre dell'Istituto Superiore di Sanità. Un altro dato che certifica l'effetto positivo dei vaccini è quello dei ricoveri in terapia intensiva. In questa fase ce ne sono pochissimi contro i quasi 4.000 letti occupati di aprile. Ma quei pochi sono per l'85%, cioè per la quasi totalità, pazienti che non erano vaccinati quando sono entrati in ospedale. Solo il 10,6% delle terapie intensive sono assegnate a pazienti con una sola dose vaccinale. Mentre appena il 4,3% dei ricoveri più gravi è legato alle condizioni di pazienti cui sono state somministrate le classiche due dosi. Se così stanno le cose è lecito chiedersi quale scenario si sta preparando per l'Italia per il prossimo autunno. Partiamo da un paletto preciso: il vaccino protegge bene solo dopo la seconda dose. E i dati ci dicono che gli italiani che sono in questa condizione a ieri (ore 18.25) era 29 milioni e 655 mila pari alla metà della popolazione complessiva. Dunque c'è ancora un bel pezzo di strada da fare anche se altri 5,5 milioni di italiani hanno già fatto la prima dose. Che non ci sia tempo da perdere lo dimostrano le previsioni degli esperti che parlano di un livello di 25/30.000 nuovi contagi giornalieri a partire dalla seconda metà di agosto causati dalla variante Delta che è molto contagiosa. L'aumento esponenziale delle vaccinazioni è fondamentale per impedire che questa grande quantità di infezioni si trasformi in una nuova ondata di ospedalizzazioni e di decessi e, quindi, in un nuovo stop alla ripresa dell'economia. I più recenti dati inglesi, dove i vaccinati con doppia dose sono 36,5 milioni, un dato non lontanissimo da quello italiano, ci dicono che fra i nuovi contagiati con variante Delta il 2% finisce in ospedale e lo 0,4% non ce la fa a sopravvivere alla malattia. Questo significa che anche in Italia ci dobbiamo aspettare che su ogni 10.000 contagiati futuri circa 200 (il 2%) andranno ad occupare letti d'ospedale e 40 (lo 0,4%) moriranno. Dati gravi ma non terrificanti come quelli del primo Covid che erano fino a 5 volte superiori sia per i ricoveri che per i decessi. Anche su questo fronte la matematica non scherza. Ma abbiamo capito che c'è un solo modo per impedire che quei numeri per ora solo ipotetici diventino una realtà: vaccinarsi il più presto possibile. Diodato Pirone

Da huffingtonpost.it il 25 luglio 2021. “Non sono vaccinata. Non è che io sia contraria, ma sono molto timorosa. È un vaccino d’emergenza, e siccome anche in gravidanza ho avuto dei problemi per quanto riguarda le trombosi, devo stare molto attenta”. A dirlo è l’attrice Claudia Gerini, ospite dell’ultima giornata del Filming Italy Sardegna Festival che si conclude oggi al Forte Village di Santa Margherita di Pula. Gerini prosegue: “Mia figlia diciassettenne l’ha fatto, quindi non è che io sia contraria ma ho tantissimi timori. Bisogna fare tanti esami prima di farsi inoculare una cosa così, perché non l’ho detto io: la Food and Drug Administration l’ha approvato in emergenza visto che non c’è una cura. Speriamo che piano piano si scoprano delle cure”. “Mi spaventa il fatto delle trombosi, io ho una predisposizione e anche in gravidanza ho dovuto fare particolare attenzione”, spiega l’attrice. A proposito del Green Pass obbligatorio dal 5 agosto prossimo, osserva: “Non sono sicura che il green pass sarà per sempre, ho dei dubbi. Ma in ogni caso adesso, se ho dei problemi, non entrerò nei teatri o nei posti al chiuso, che altro devo fare. Oppure farò i tamponi, quello non è un problema. Ormai è un anno che li facciamo, sono stata su tanti set. Meglio quello che un rischio così. Ma non voglio influenzare nessuno”, sottolinea.

Coronavirus, botto di contagi tra le star del cinema in Sardegna: "Non risponde al telefono", la situazione sfugge di mano?. Libero Quotidiano il 30 luglio 2021. Il focolaio vip, un clamoroso botto e filotto di contagi da coronavirus tra le star del cinema. Una vicenda di cui dà conto Repubblica, una storia che arriva dalla Sardegna, dove - assicura il quotidiano - "nel mirino degli esperti delle Asl ci sono da qualche giorno i festival e le cene, i red carpet e i round table con la stampa. In particolare uno". Nel mirino, in particolare, una festa che si è tenuta al resort Forte Village di Cagliari, 50 ettari di vegetazione che si affacciano sulle meravigliose sabbie bianche di Santa Margherita di Pula. In questo contesto, dal 21 al 25 luglio, si è infatti svolto il festival Filming Italy, diretto da Tiziana Rocca, con Harvey Keitel e Claudia Gerini, e Elena Sofia Ricci, che è stata la madrina dell'evento. Un evento interamente svolto all'aperto e con un cast di eccezione. Di seguito, alcuni dei nomi che lo hanno animato: Elizabeth Olsen, Heather Graham e Vanessa Hudgens arrivate dagli Usa, e poi Valeria Golino, Valeria Mazza, Claudio Bisio, Sabrina Impacciatore, Paola Cortellesi, Giulia Bevilacqua, Maria Sole Tognazzi, Remo Girone, Daniele Pecci e molti altri. Un festival svolto teoricamente in sicurezza, una bolla con tamponi obbligatori e presidio sanitario. Ma pare non essere bastato. La Asl Rm 1, spiega sempre Repubblica, ha confermato che uno degli ospiti del festival è risultato positivo pochi giorni dopo il rientro. Ma il contagiato, per ora, non risponde al telefono: "Irraggiungibile da due giorni", spiegano i dottori. E dunque il tracciamento diventa impossibile, anche se sarebbe fondamentale. E sembra essere troppo tardi: indiscrezioni riferiscono che crescerebbe il numero dei positivi. L'unica ad aver confermato di essere in quarantena è Sabrina Impacciatore, che però forisce una spiegazione differente: "Sono ancora in attesa di tampone, ma sono in isolamento il 27 è risultata positiva una persona della troupe sul set del film su cui sto lavorando. Anche i miei colleghi sono in quarantena", spiega a Repubblica, escludendo collegamenti col Festival.

Riccardo Galli per "blitzquotidiano.it" il 3 agosto 2021. Quarantena? Ci sarebbe la quarantena per chi ha avuto contatto diretto e prolungato con un contagiato. Ci sarebbe…La quarantena sarebbe la garanzia di non aver una catena di contagi, la quarantena sarebbe spezzare l’anello di questa catena. Quarantena prima e ovvia e doverosa misura di salute pubblica. Sarebbe…Doverosa per chi? Cresce il numero di coloro che dicono e fanno: quarantena doverosa non per me. Evadere, evitare, fuggire, sfuggire al pericolo della quarantena sta diventano il cruccio e l’abilità di un bel po’ di gente.

Il focolaio Vip e anche il campeggio pop. Due storie parallele: il ritrovarsi in Sardegna di gente del cinema. Qualcuno era positivo. Alla notizia molti, troppi di quelli che c’erano hanno avuto la preoccupazione di evitarsi il fastidio della quarantena. Come? Praticando omertà, elusione, evasione. Proprio come si fa con le tasse. La quarantena vissuta infatti come una tassa imposta, qualcosa da aggirare facendosi astuti. Pare che nella astuzia evita quarantena si siano distinte signore del cinema. Campeggio nel basso Lazio. Qualcuno era positivo. Alla quarantena possibile si sono sottratti con riflesso immediato e di massa in circa 400 su 500.

Rendersi irreperibili. Come si fa ad evadere la tassa quarantena? Ci si rende irreperibili. Non si risponde al telefono, tanto meno si aderisce ad alcuna convocazione. Meglio ancora se si è stati previdenti e si è fornito recapiti falsi. L’importante poi è evitare il tampone. Il tampone, se positivo, ti manda in quarantena ancora più lunga e fastidiosa e quindi ecco il sorgere ed espandersi di un comportamento, spontaneo e genuino, di Vip e di gente comune. Ed ecco il No Tampone come altra figura viaggiante della nostra vita pubblica e associata. Fuggo dalla quarantena e acqua in bocca se siamo stati vicini o insieme con contagiati, mi raccomando… E, se finiti in qualche elenco di cosiddetti “contatti”, negarsi al tampone come fosse una cartella esattoriale. I No Tampone, l’ultima furbata ammala cristiani. 

Arianna Di Cori per “la Repubblica - Edizione Roma” l'1 agosto 2021. Stavolta nemmeno Mister Wolf potrà risolvere il problema. Le star del Filming Italy Sardegna festival dovrebbero, per legge, stare tutti in quarantena, non tra aperitivi e bagni al mare. Questo prevede il protocollo, almeno dal 27 luglio, quando è stato rilevato il primo positivo del "cluster degli attori" (che ora ne conta almeno 5), di ritorno dalla kermesse al Forte Village, vicino Cagliari, che dal 21 al 25 agosto ha visto la partecipazione di Harvey Keitel e Claudia Gerini, Remo Girone e Valeria Golino, Elena Sofia Ricci, Giulia Bevilacqua, Sabrina Impacciatore e tanti altri. Ma nemmeno l'ospite più in vista dell'evento, l'82enne Keitel, scolpito nella memoria del grande pubblico nei panni di Mister "risolvo problemi" Wolf, è esente da quella che il presidente dell'ordine dei Medici di Roma, Antonio Magi, definisce «un'ondata di irresponsabilità, resa ancora peggiore dal fatto che si tratta di personaggi pubblici». Forse Keitel non è a conoscenza delle leggi italiane in tempi di pandemia, ma restano i fatti: il 28 luglio l'attore, insieme alla moglie e accompagnato da Tiziana Rocca (direttrice di Filming Italy), è stato ospite dell'Ambasciata Americana. «Siamo entrati con tampone», ha sottolineato Rocca giovedì, durante l'unica occasione in cui ha deciso di parlare con Repubblica. Ma essere negativi non basta. La variante Delta, ormai dominante al 95%, impone 10 giorni di quarantena con tampone (negativo) a tutti i contatti dei contagiati, non solo quelli stretti, e fino a 14 giorni prima: in questo caso le regole si applica a tutti i partecipanti al festival sardo. Ma in un clima di totale omertà, dopo il primo caso il corollario di vip si è spaccato. Alcuni hanno deciso di restare chiusi in casa. E' il caso di Dino Abbrescia e la moglie, Susi Laude, o di Remo Girone. Entrambi erano attesi al Magna Graecia Film Festival, a Catanzano. «Susi avrebbe presentato qui la sua opera prima il 1 agosto, Girone invece aveva una masterclass il 4, ma per rispetto e cautela hanno annullato la loro presenza - spiega Gianvito Casadonte, direttore della kermesse sul litorale - sono molto preoccupato da questa situazione». In quarantena è anche Sabrina Impacciatore, che ha dichiarato di un caso sul set dove lavora, emerso anch' esso il 27 luglio. Claudia Gerini, invece, è stata il 29 luglio al Giffoni film festival, e ieri ci ha tenuto a pubblicare una storia su Instagram: «Volevamo dire che io sono negativa al test del Covid, quindi tranquilli, grazie», dice l'attrice, che si mostra in video in compagnia dell'anziana nonna. Sempre i social rivelano che Elisa Amoruso ieri era "spiaggiata", al mare, mentre Elena Sofia Ricci, dopo un viaggio in auto, è giunta «finalmente a casa» dalla figlia. Impossibile sapere davvero chi sta rispettando le disposizioni, il tracciamento è impossibile. «Nessuno dei positivi risponde al telefono, non possiamo disporre ufficialmente quarantene», spiegano le autorità sanitarie, che confermano cinque positivi tra registi e attori romani - tutti tra gli ospiti tornati dal Forte Village - e alcuni contagi tra i loro familiari. Chi mostra la sintomatologia più grave non era vaccinato. A invitare alla collaborazione è persino l'assessore regionale alla Sanità Alessio D'Amato: «il tracciamento vale per tutti, attori compresi», mentre Magi ricorda che «chi non si fa trovare è passabile di guai con la legge».

Adriano Scianca per “La Verità” il 30 settembre 2021. La superstar del basket americano, Lebron James, si è vaccinata contro il Covid-19. E, sin qui, la notizia potrebbe avere un interesse relativo, almeno da queste parti. Più interessanti, tuttavia, sono le parole con cui l'asso dei Los Angeles Lakers ha motivato la sua scelta, rifiutandosi di indossare i panni del testimonial entusiasta e acritico della vaccinazione di massa, a differenza di tanti altri Vip: «Posso parlare per me stesso. Penso che ognuno debba scegliere di fare ciò che ritiene il meglio per se stesso e per la sua famiglia. Ero molto scettico sul vaccino, ma dopo essermi informato mi sono reso conto che non era soltanto la scelta migliore per me, ma anche per la mia famiglia e i miei amici». Ma non chiedete a LeBron di lanciare appelli per l'inoculazione: «È importante capire che parliamo di scelte individuali che riguardano i nostri corpi, non di qualcosa di politico o sociale. Non penso di dovermi intromettere in ciò che altri reputano la scelta migliore per il loro corpo: ognuno fa ciò che ritiene il meglio per sé e per la sua famiglia». Parole di buon senso, venate di dubbi e perplessità, che stonano nel coro parareligioso che ha accolto il vaccino come un elisir salvifico, la cui somministrazione va sostenuta con ogni mezzo. Lebron James non è, peraltro, solo uno dei più importanti sportivi del pianeta: si tratta di un personaggio pubblico noto per il suo impegno antirazzista e sostenitore attivo di Black lives matter. Ma va detto che tutto il mondo dell'attivismo nero statunitense si mostra quanto meno tiepido nei confronti del vaccino, causando un cortocircuito non da poco nelle schiere dei «buoni». Qualche giorno fa, da Carmine's, un ristorante italiano nell'Upper West Side di Manhattan, tre donne nere del Texas sono state arrestate per aver aggredito una dipendente del locale, dopo che quest'ultima aveva considerato false le loro credenziali vaccinali, necessarie per accedere all'interno del locale. La lite ha presto assunto connotazioni razziali e Blm ne ha approfittato per lanciare una campagna contro la natura «razzista» del pass. Chivona Newsome, cofondatrice della sezione newyorchese di Black lives matter, ha spiegato: «Non sono no vax, non sono un conservatore che guarda Fox News. Molte persone di colore non lo sono, semplicemente non si fidano di questo vaccino». Spiegazioni che, da noi, verrebbero derubricate a paranoie antiscientifiche. Alla data del 21 settembre 2021, i vaccinati americani che hanno ricevuto almeno una dose del vaccino e di cui era nota l'appartenenza etnica erano così suddivisi: quasi i due terzi erano bianchi (60%), il 10% neri, il 17% ispanici, il 6% asiatici, l'1% indiani d'America o nativi dell'Alaska. E in effetti, secondo i dati diffusi dal Center for disease control and prevention, i neri americani hanno il doppio delle probabilità di morire rispetto alle loro controparti bianche. Ecco perché, per i gruppi antirazzisti, chiedere il green pass sarebbe «razzista»: percentuali alla mano, c'è molta più probabilità di trovarsi a fermare sulla porta di un locale un nero sprovvisto di certificazione vaccinale anziché un bianco. Il punto, però, è che il gap vaccinale non si è creato per colpa dell'uomo bianco cattivo che ha deciso di lasciar morire gli abitanti dei quartieri neri, ma perché la popolazione afroamericana è più refrattaria alla vaccinazione rispetto al resto del Paese. Lo spiegava efficacemente qualche mese fa Federico Rampini, su Repubblica: «Gli afroamericani si vaccinano molto meno della media nazionale, non perché siano discriminati, ma perché nei movimenti antirazzisti una sottocultura del vittimismo alimenta inquietanti teorie del complotto, come la paura che i black siano "cavie" degli esperimenti di Big Pharma». Persino in carcere, secondo un'indagine del New England Journal of Medicine, la metà dei detenuti afroamericani rifiuta il vaccino per sfiducia verso le autorità carcerarie e sanitarie. L'origine di questa sfiducia affonda nelle contraddizioni del modello americano. In molti ricordano lo studio sulla sifilide di Tuskegee, dove le autorità dell'Alabama evitarono scientemente di curare i neri affetti dalla malattia per verificare gli effetti della sua progressione naturale su un corpo infetto non curato. «All'improvviso», tuonava al Guardian Yolanda Corbett, una donna nera di Washington, «un Paese che ci ha letteralmente tenuto un piede sul collo per anni, e che anche durante la pandemia ha dimostrato di non avere alcun interesse a sostenerci collettivamente come esseri umani o come persone di colore, chiede di mettere la mia vita e la vita della mia famiglia nelle sue mani e di fidarci del fatto che vuol darci improvvisamente un vaccino che ci salverà». Ed è forse recependo tali istanze che, quando Joe Biden, nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, invitò gli americani a indossare la mascherina per 100 giorni, la sua vicepresidente, Kamala Harris, precisò che non ci sarebbe stata «nessuna punizione» per i trasgressori. Tutte cose che solo chi ha il colore della pelle giusto può permettersi di dire.

"Ho chiuso con gli amici no vax". La decisione drastica di Jennifer Aniston. Marco Leardi il 5 Agosto 2021 su Il Giornale. La star hollywoodiana ha raccontato di aver interrotto i rapporti con gli amici che hanno rifiutato il vaccino. "Le loro opinioni basate solo sulla paura e la propaganda". Jennifer Aniston è rimasta senza "friends". O meglio, senza amici no vax. La popolare attrice hollywoodiana, protagonista della serie cult di fine anni Novanta, ha raccontato in un'intervista al magazine InStyle di aver interrotto i rapporti con alcuni amici che si erano rifiutati di fare il vaccino o che avevano sostenuto posizioni contrarie alla puntura anti-Covid. Una scelta drastica, che tuttavia non stupisce: l'ex moglie di Brad Pitt, infatti, sin dall’inizio della pandemia si era apertamente schierata in favore delle misure di contenimento dei contagi. "C'è un gran numero di persone no vax o che semplicemente non danno retta ai fatti. È un vero peccato. Ho perso alcune persone nella mia routine settimanale che si sono rifiutate di fare il vaccino e di dire se lo avevano fatto", ha testimoniato l’attrice, che si appresta a tornare su AppleTv+ con la seconda stagione della serie tv The Morning Show, girata proprio al tempo dell’emergenza. Una circostanza che ha ulteriormente sensibilizzato l’interprete statunitense sul tema della prevenzione e dei vaccini, diventato un suo cavallo di battaglia soprattutto nei confronti degli scettici. "Ognuno ha diritto alla propria opinione, ma molte opinioni non sono basate su nient'altro che sulla paura o sulla propaganda", ha lamentato l’attrice al riguardo. Già più di un anno fa, la Aniston aveva preso posizione sui social a favore dell’utilizzo della mascherina. "Capisco che sia scomoda. Ma non pensi che sia peggio che le aziende stiano chiudendo, si stanno perdendo posti di lavoro e gli operatori sanitari stanno raggiungendo lo sfinimento assoluto?", aveva scritto l’attrice, postando una propria foto con indosso il dispositivo di protezione. "Le persone sembrano preoccupate che i loro diritti vengano portati via quando gli viene chiesto di indossare una mascherina. Questa raccomandazione semplice ed efficace viene politicizzata a spese della vita delle persone. E in realtà non dovrebbe essere un dibattito", aveva inoltre osservato la star hollywoodiana. Con il passare dei mesi, l’argomento è diventato particolarmente d’attualità anche sui set cinematografici, al punto che recentemente Netflix ha comunicato l’estensione all'obbligo vaccinale anche a tutti i suoi dipendenti e a coloro che dovranno fare visita ai loro uffici. Già nelle scorse settimane, un’altra star del cinema americano come Sean Penn si era schierata apertamente in favore dei vaccini. L’attore aveva infatti comunicato di non voler tornare sul set della serie tv Gaslit finché tutti i lavoratori della produzione non avessero fatto la puntura anti-Covid.

Marco Leardi. Classe 1989. Vivo a Crema dove sono nato. Ho una Laurea magistrale in Comunicazione pubblica e d'impresa, sono giornalista. Da oltre 10 anni racconto la tv dietro le quinte, ma seguo anche la politica e la cronaca. Amo il mare e Capri, la mia isola del cuore. Detesto invece il politicamente corretto. Cattolico praticante, incorreggibile interista.

Covid, Sharon Stone: “Ho chiesto il vaccino obbligatorio sul set, sono stata minacciata di licenziamento”. Ilaria Minucci il 31/07/2021 su Notizie.it. Sharon Stone ha chiesto alla produzione del suo film di rendere il vaccino Covid obbligatorio sul set ma è stata minacciata di licenziamento. L’attrice americana Sharon Stone, impegnata in un nuovo progetto cinematografico, ha rivolto alla produzione della pellicola una richiesta legata alla pandemia da coronavirus in seguito alla quale è stata minacciata di licenziamento. Sharon Stone, attrice statunitense che ha esordito nel mondo dello spettacolo nel 1980, ha recentemente iniziato a dedicarsi a un nuovo progetto cinematografico. In questo contesto, ha deciso di rivolgersi alla produzione del film, sollevando il problema della pandemia e dei vaccini sintetizzati contro il SARS-CoV-2. L’attrice, infatti, ha chiesto di rendere obbligatorio il vaccino per tutti coloro che avrebbero preso parte al nuovo progetto che la vedeva coinvolta.

La risposta della produzione, tuttavia, è stata estremamente diversa dalle aspettative dell’artista che ha raccontato di essere stata minacciata. I produttori del film, il cui titolo non è stato svelato, hanno infatti invitato Sharon Stone ad abbandonare una simile idea, facendole intendere che il suo impiego fosse gravemente a rischio. In merito alla vicenda, Sharon Stone ha deciso di parlare pubblicamente di quanto accaduto, postando un video online. Nel corso del suo discorso, l’attrice ha scelto di fare riferimenti superficiali alla produzione con la quale è in contatto e ha rivelato soltanto che le riprese del film verranno effettuate ad Atlanta. A questo proposito, quindi, l’artista ha dichiarato: “Se parteciperò prima che chiunque sia vaccinato? No, non lo farò. Sono stata minacciata di perdere il lavoro? Sì. Perderò il lavoro se qualcuno sul set non sarà vaccinato? Sì”. La causa sposata da Sharon Stone affonda radici profonde nel contesto della pandemia vissuta negli Stati Uniti d’America e si inserisce sulla sia della decisione annunciata anche da Sean Penn. Soltanto pochi giorni fa, infatti, l’attore ha abbandonato il set della serie tv Gaslit annunciando che avrebbe ripreso il suo ruolo soltanto nel momento in cui tutti i membri della troupe e del cast si fossero vaccinati contro il SARS-CoV-2. Per quanto riguarda la posizione di Sharon Stone, inoltre, la donna ha spesso raccontato che molti dei suoi familiari sono stati contagiati dal virus, compresa sua sorella. In queste circostanze, l’artista ha ripetutamente attribuito la responsabilità della diffusione del Covid a tutti coloro che non fanno uso della mascherina. La decisione, infine, possiede anche un valore strategico in quanto Sharon Stone è determinata a portare avanti la sua candidatura per ottenere un posto nel board del sindacato americano che si occupa di rappresentare oltre 160.000 attori.

Dagoreport il 29 luglio 2021. Nell'India devastata dal Covid, un popolare guru attacca: "I morti? Colpa delle medicine", ha dichiarato il guru indiano Baba Ramdev invitando a seguire cure alternative. Tipo: "Le bombole d'ossigeno non servono, respirate l'aria": il Ministero della Salute lo ha ammonito. Fin quando si tratta di fare i predicatori con il culo degli altri non c’è problema, si possono suggerire anche cure del Seicento, come curare il cancro (allora chiamato granchio) con la camomilla. Lo scrittore irlandese Oscar Wilde era figlio di un grande scienziato, uno dei padri dell’otologia, sir William Wilde. Passò la vita tra bizzarrie edonistiche e stravaganti invitando a una vita di eccessi lontanissimi da quelli suggeriti da una sana ed equilibrata gestione del corpo. Quando si ammalò, e morì precocemente a causa di quelle complicanze endocraniche proprio dell’otite cronica che il padre aveva studiato, si diede immediatamente alle cure scientifiche del suo tempo. Il leader spirituale indiano Sai Baba invitava a non curarsi del proprio corpo, un ammennicolo insignificante rispetto all’anima. Quando si ammalò si ritirò, però, in un ospedale dell'Andhra Pradesh, dove restò ricoverato circa un mese, ma non riuscirono a salvarlo. Dopo l’11 settembre, di fronte alla presa di posizione di Oriana Fallaci (allora in cura per un cancro in vari ospedali) Tiziano Terzani prese le difese del mondo anti Occidentale, quello che opponeva alla scienza e alla guerra una vita panteistica con la Natura. Poi, quando si ammalò di tumore, andò a farsi curare in un ospedale americano. Fosco Maraini, si legge nelle cronache dei giornali il giorno della sua scomparsa, 9 giugno del 2004, “era un Bodhisattva, qualcuno che ritorna, che ha fatto voto, ha promesso di ritornare in questo mondo anche se si è Illuminato e liberato dal peso del samsara, per compassione, per saggezza e magari per un’infinità di altre cose meno noiose di quel lungo sonno pieno di speranza e paura che chiamiamo vita, la nostra vita”. Accendiamo anche noi un bastoncello d’incenso, riempiamo le ciotole d’acqua davanti all’infuocata immagine di Amitabha, il Buddha della Grande Transizione che lo accompagna nel viaggio. Ma se tutto è così fantastico perché era ricoverato nel miglior ospedale della sua città, Firenze? Silvia Browne, sedicente veggente e medium nonché acclarata celebrità televisiva (dieci libri tradotti in italiano), prevedeva le morti altrui invitando a prevenirle con pratiche alternative. Ma non seppe schivare la propria, avvenuta il 20 novembre 2013, comunque nel mega-ospedale Good Samaritan di San Josè, in California. Molti adepti di Scientology, star che seguono i precetti di Dianetics come John Travolta, Tom Cruise o Kirstie Alley, alla bisogna si rifugiano negli ospedali. E siamo pronti a scommettere che anche quel tal “scrittore” supermontanaro tanto amato da Bianchina, quando verrà il suo momento – il più tardi possibile, speriamo – non si curerà con i fiori delle piante alpine ma scenderà a valle alla ricerca del più qualificato ospedale hi-tech.

In onda, "non mi voglio vaccinare": chi è questa donna e cosa spunta dal suo passato. Libero Quotidiano il 24 luglio 2021. "Non mi voglio vaccinare ma non chiamatemi no-vax". A parlare e raccontare la propria visione in merito al vaccino e al Green pass è Elisa, insegnante di francese. "Ho 34 anni e insegno alle scuole superiori da sette anni, sono ancora precaria", esordisce la donna ai microfoni di In Onda, il programma di La7 condotto da David Parenzo e Concita De Gregorio. Proprio qui prosegue: "Il vaccino non è l'unico strumento senza il quale non si torna in classe". Elisa, che ha un passato nel Movimento Sociale Fiamma Tricolore, confessa: "Ho deposto le armi nei primi mesi di quest'anno, se io non voglio vaccinarmi in questo periodo storico non lo voglio perché sono di destra o di sinistra. Io non escludo di non farlo in futuro". Elisa vorrebbe tornare in classe con altri strumenti di protezione individuale: dalla tuta alla mascherina. Infine il monito ai suoi studenti: "Ai miei alunni dico di valutare bene e tutto e di decidere con la propria testa". Non diverso il ragionamento di Alessandra Ghisla, casalinga intervistata da In Onda, che non vuole vaccinarsi: "Sono una mamma a tempo pieno e sarò una di quelle persone che non farà il vaccino anti Covid. Non nego la pandemia, i morti, l'emergenza sanitaria", semplicemente non vuole farsi inoculare il vaccino anti-Covid.

Irene Famà Lodovico Poletto per "la Stampa" il 23 luglio 2021. «Il vaccino è un veleno e io non sono un topo» sentenzia mister «nome di fantasia», professione dentista nella piazza dei non vaccinati che contestano ciò che - per ora - nessuno ha. Il Green pass. «Siamo diecimila stasera» urla qualcuno. Ma la verità è ben lontana da quei numeri. Ma non importa, stasera ciò che conta è protesta. L'urlo della piazza dei senza mascherina che contesta il governo, le scelte che fa, la dittatura Sanitaria, i media mainstream che cercano di manipolare la gente, le multinazionali dei farmaci, le statistiche dei morti di Covid, è fin più forte di quello della notte in cui l'Italia ha vinto gli europei: «no Green pass», ripetuto come un mantra. Ed è quasi un'invocazione al Dio web, «l'unico dove riesce ancora trovare la verità, l'unico che non si piega a questa dittatura». Ma sono i toni di questa notte che sono più forti del solito. «Nazismo, la storia del Green pass mi ricorda molto quel periodo. La carta con cui dovevano andare in giro chi non era ebreo». Ecco, in questa piazza dove alle undici di sera ci saranno 2 mila persone, quasi tutte senza mascherina, pochissime disposte a parlare con i media che non sono apertamente schierati contro i vaccini, si mescolano le più diverse anime politiche. «Gli unici che dicono la verità sono Salvini e la Meloni» dice un signore gentile in T-shirt verde che però anche lui come tutti gli altri si rifugia dietro l'anonimato. «Ci vogliono rendere schiavi, non ci dicono la verità, questa non è una pandemia vogliono controllare il popolo». Le parole del premier draghi: «L'invito a non vaccinarsi è un appello a morire» adesso le sbeffeggiano tutti. Non perché le abbiano sentite oppure lette, ma perché sono esattamente il contrario dei concetti che dal furgoncino diventato palco, vengono ripetuti all'infinito dagli oratori. Infermiera No vax, farmacisti No vax, casalinghe studenti, operai e professionisti. Più variegato di così il mondo di chi non vuole saperne di andare in giro con un documento elettronico che dica «Mi sono vaccinato» non potrebbe essere. Non manca in piazza ovviamente Ugo Mattei, candidato sindaco a Torino per la lista «Beni comuni». È lui che introduce, è lui che scalda gli animi, è lui che arringa la folla quando sono da poco passate le 22. Da quel momento sul palco sale chiunque abbia qualcosa da dire. Compreso Alessandro che dice: «Se non cancellano il Green pass sarà rivoluzione». Quando scende gli amici lo abbracciano, l'idolo del momento, immediatamente soppiantato da una signora in camicia bianca il foulard colorato, che denuncia come per curare il coronavirus «ci sono delle medicine. Ma io quando ero malata non sono riuscito a trovarle, ho dovuto farlo arrivare dall'estero. Questa è una dittatura - dice - questa è la nostra Italia che si è piegata alla logica delle multinazionali del farmaco».  Che tutti siano così convinti che il vaccino non serva, che sia soltanto una terapia genica sperimentale, che il Green pass sia una limitazione della libertà, non è così vero. Qua e là c'è anche chi - ammette - il vaccino lo farà. Quando? «Non ora, ma lo farò» dice Alessio, agente immobiliare, «Aperto a tutte le idee, ma per ora perplesso». Arriva un furgone: «No bufale.it». Da che parte state? «Mi sembra chiaro, sul vaccino abbiamo posizioni molto nette». Poi, quando manca mezz' ora alla mezzanotte, la piazza si svuota. Tutti a casa. Nei bar di piazza Vittorio, uno dei polmoni della movida di Torino, i ragazzi scolano birre portate da casa. L'ordinanza anti assembramenti funziona bene. Ma a macchia di leopardo qualche bar trasgredisce. No Vax? No, chi vende lo fa pensando agli incassi. 

Nic.Car. per "la Stampa" il 23 luglio 2021. «Possono anche mettere l'obbligo, ma io questo vaccino non lo farò mai». Elisa Alessandrini ha 34 anni e da 7 insegna francese alle superiori, in provincia di Roma, «precaria, cambio scuola ogni anno». Non si ritiene una no vax, «in passato gli altri vaccini li ho fatti, quelli sicuri, con una sperimentazione vera e lunga». 

Questo non è sicuro?

«Lei lo sa? Nemmeno chi lo ha prodotto sa con certezza cosa può succedere, è impossibile conoscere tutti gli effetti collaterali sul proprio corpo. Comunque, per me può essere anche una pozione magica, sicura al 100%, l'obbligo non lo accetto, non possono impormi un trattamento sanitario sulla mia pelle».

Però possono decidere che, se lei non si vaccina, non va in classe a fare lezione «Vedremo, sarebbe una discriminazione sotto diversi punti di vista. Può stare sicuro che io e i tanti colleghi che la pensano come me siamo pronti a ricorsi e battaglie legali, come stanno già facendo molti operatori sanitari, che hanno impugnato le sospensioni presso i vari Tar. Dobbiamo fermare questa strategia». 

Quale strategia?

«È chiaro che c'è la volontà di allargare gradualmente l'obbligo. Prima i sanitari, poi noi, poi altri lavoratori a contatto con il pubblico, tipo gli autisti degli autobus. Una categoria dopo l'altra proveranno a imporre il vaccino».

Pronta a ritrovarsi a casa senza stipendio per rivendicare la sua libertà?

«Sì e saremo in migliaia, voglio vedere se lo Stato davvero ci toglie il posto di lavoro e se la prende con madri e padri di famiglia. Tra l'altro, non è detto che sappiano come sostituirci, per garantire la tenuta del sistema scolastico». 

Ma se andate a scuola e vi contagiate? Nuovi focolai e didattica a distanza

«La Dad è un incubo e sono la prima a dirlo, ma sostenere che se noi non ci vacciniamo non si torna a scuola in presenza è pretestuoso, non è certo questo il problema. Sono gli spazi inadeguati, le classi pollaio. Invece di obbligare noi alla vaccinazione, lo Stato investa sulla scuola». 

Proprio per questo, non è meglio essere tutti protetti?

«Chi vuole vaccinarsi può farlo, qui non discutiamo l'utilità del vaccino, non entro nel merito delle questioni scientifiche. Il punto è che, con l'obbligatorietà, viene meno lo Stato di diritto».

La spiegherebbe così a un suo studente che le chiede un consiglio sul vaccino?

«Il ruolo dell'educatore è sviluppare il senso critico. Direi al mio studente che la medicina e i vaccini sono una bella cosa, ma che questo vaccino è sperimentale e che, prima di farsi iniettare qualcosa, bisogna conoscerne bene gli effetti. Soprattutto, gli direi che deve sentirsi libero di scegliere». 

Sicura che sia la migliore lezione di senso civico?

«Possiamo discutere sul fatto che chi si adegua dimostri più senso civico di chi si oppone. Ma non bisogna trasformarla in una battaglia tra tifoserie, tra vaccinati e non. Io rivendico il diritto di non vaccinarmi contro il Covid e non lo farò. E rifiuto l'idea che mi impediscano di insegnare».

La “coerenza” dei no vax pronti a vaccinarsi per andare al ristorante, al bar e in palestra. Giulio Cavalli il 23/07/2021 su Notizie.it. L'impennata delle prenotazioni dei vaccini dopo l'introduzione del Green pass obbligatorio per accedere a determinati servizi dimostra che migliaia di italiani hanno evitato di vaccinarsi per un becero egoismo. La bellezza dei numeri è che parlano chiaro, non hanno bisogno di troppe interpretazioni: i duri e puri “no vax” di casa nostra, quelli che intonano peana per andare a sconfiggere la “dittatura sanitaria” e hanno contribuito al dilagare della variante Delta rivendicando il diritto di non vaccinarsi sono pronti a smutandarsi per non perdere il loro diritto costituzionale di bersi uno spritz. Certo ci saranno quelli che ora alzeranno i toni dello scontro, sono gli stessi che oggi ci hanno offerto la pessima esperienza di un vilipendio di cadavere riportando tra i trend topic il nome di Primo Levi per il loro scellerato parallelismo tra l’esigenza di una tutela della salute pubblica con un olocausto (che tra l’altro molti di loro sminuivano o addirittura negavano fino a qualche settimana fa). Ora li scorgeremo gli eroici ultimi giapponesi che proveranno a lucrare per trovare un po’ di spazio, quelli che non riuscendo a emergere nella lettura della realtà se ne inventano una nuova senza nessun fondamento per giocare nel loro campo immaginario. Ed è un peccato perché una sana discussione invece sull’equilibrio tra libertà costituzionali e decisioni del governo è importante e seria e perché l’opportunità e la legittimità delle scelte dovrebbero sempre essere analizzate e messe in discussione. I numeri invece dicono che tra i presunti “no vax” ci sono decine di migliaia di persone che sono state pronte a buttare i loro presunti ideali nel cesso per essere liberi di andare al ristorante e questo la dice lunga sulla superficialità (tra l’altro pericolosissima) di chi vorrebbe risultare un guerriero e invece è solo ronzino. Letizia Moratti in Lombardia scrive su Twitter che “cresce l’adesione alla campagna vaccinale, ieri circa 49mila cittadini si sono prenotati. Per venire incontro a queste nuove richieste saranno disponibili ulteriori 100mila nuovi posti per prime dosi, da oggi fino a fine agosto”. La crescita delle prenotazioni è avvenuta nei giorni scorsi appena si è paventata l’introduzione del Green Pass (basta perfino la percezione, tanto per capirsi) e l’annuncio di Draghi ha prodotto quasi 50mila prenotazioni in un giorno mentre in Lombardi si viaggiava in media sotto le 20mila nel mese di luglio. L’assessore al Welfare della Regione Lazio Alessio D’Amato ha comunicato che “dall’annuncio di ieri, da parte del presidente del Consiglio Mario Draghi in merito al Green Pass abbiamo avuto oltre 38mila nuove prenotazioni per i vaccini”. In Piemonte il presidente Cirio spiega che l’annuncio di Draghi ha avuto “l’effetto di raddoppiare le richieste per le vaccinazioni: ogni ora sul nostro portale registriamo il doppio delle adesioni rispetto alle media dei giorni precedenti”. Stessa cosa in Veneto (anche se non si anno i numeri ufficiali perché il presidente Zaia ovviamente non può fare perdere la faccia al suo gran capo Salvini) e Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, parla di “un probabile picco nella giornata odierna, dato che alle 11 di questa mattina i sistemi regionali hanno già registrato 2.728 prenotazioni”. Una considerazione vale la pena farla: in un momento di pandemia mondiale, nella delicata fase di riaperture delle attività e di ripresa quasi normale della vita dei cittadini migliaia di italiani hanno evidentemente evitato di vaccinarsi per un becero egoismo. Quello stesso egoismo che oggi li vede scapicollati mentre corrono a prenotarsi per non perdere i loro privilegi, certificando che se ne fottono (e se ne sono fottuti) di quelli degli altri. Siamo sempre lì: una nazione che non riesce a essere comunità nei diritti e nei doveri e che è immatura nella responsabilità collettiva. E no, non è una buona notizia. E no, non ne siamo usciti migliori.

Da tgcom24.mediaset.it il 23 luglio 2021. L'ufficializzazione delle nuove misure varate dal governo Draghi per far fronte alla pandemia, Green pass in testa, hanno prodotto in poche ore un marcato aumento delle prenotazioni dei vaccini. E' il cosiddetto effetto Green pass: in Francia nei primi tre giorni dopo l'analogo annuncio fatto dal presidente Macron si erano registrati per la prima dose oltre 3 milioni di francesi.

Lazio: 55mila prenotazioni in poche ore - "Dall'annuncio da parte del presidente del Consiglio Mario Draghi in merito al Green Pass abbiamo avuto oltre 55mila nuove prenotazioni per i vaccini, una spinta importante in una regione come il Lazio che oggi ha superato le 6,5 milioni di dosi di somministrazioni e in cui il 62% della popolazione adulta ha completato il ciclo vaccinale". Lo ha detto l'assessore alla sanità della Regione Lazio Alessio D'Amato, secondo il quale questo risultato "spinge la campagna vaccinale del Lazio con una proiezione a regime di copertura con i nuovi prenotati di oltre l'80%".

Boom anche in Campania: 10mila prenotazioni - Registrano un'impennata anche in Campania le adesioni dei cittadini al portale per la somministrazione della prima dose del vaccino. "Nelle ultime settimane la media era di 4mila-5mila adesioni al giorno. Ma già ieri c'è stato un boom, con la giornata che si è chiusa con 10mila nuove adesioni". Attualmente nella Regione sono stati somministrati 6.207.899 vaccini e 2,7 milioni di cittadini hanno avuto la doppia dose. Gli abitanti totali sono 5,7 milioni.

In Lombardia la media settimanale di 11.481 prenotazioni giornaliere registrata il 13 luglio è passata alle quasi 20mila degli ultimi sette giorni, con il picco da quasi 30mila registrato mercoledì. Prenotazioni quasi raddoppiate a Bergamo. A Piacenza in due giorni sono aumentate da 350 a 1.000 al giorno. 

Zaia: "Assalto alla diligenza per vaccinarsi" - "Per vaccinarsi, dalle telefonate ricevute dai call center, registriamo un assalto alla diligenza", ha invece affermato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. "Le forniture restano costanti, ma il nostro 'tran tran' sul livello vaccinale ha visto un impennarsi delle richieste".

Cirio: "In Piemonte raddoppiate le adesioni al vaccino" - In Piemonte è già visibile un "effetto Draghi" legato al Green Pass. A poche ore dalle decisioni del Governo in materia, "le prenotazioni per le vaccinazioni contro il Covid-19 sono raddoppiate". Lo ha detto il presidente Alberto Cirio, a margine di un appuntamento in Regione. "Le decisioni del Governo - ha sottolineato Cirio - hanno avuto in Piemonte l'effetto di raddoppiare le richieste per le vaccinazioni: ogni ora sul nostro portale registriamo il doppio delle adesioni rispetto alle media dei giorni precedenti".

In Friuli Venezia Giulia tornano a crescere decisamente le prenotazioni del vaccino anti-Covid: seimila in poche ore. Effetto green pass anche in Liguria con più di 5.500 prenotazioni nelle due ore successive all'ufficializzazione dell'uso esteso del green pass. "È il segnale che sempre più italiani stanno scegliendo la migliore strada percorribile - ha detto il presidente della Regione Toti - e la scelta di usare il green pass è stato, senza dubbio, un incentivo.  Le prenotazioni registrate nelle ore successive alle parole di Draghi - ha spiegato - credo dimostrino che c’è un’Italia che ragiona, che ha voglia di normalità e non ha voglia di tornare a chiudersi in casa a causa di decisioni sconsiderate o di libertà tutte supposte, perché la libertà delle persone è quella di poter girare in sicurezza non di poter stare chiuse in casa". 

"In Liguria abbiamo raggiunto quota 5.500 vaccini prenotati in due ore. È il segnale che sempre più italiani stanno scegliendo la migliore strada percorribile e la scelta di usare il green pass e' stato, senza dubbio, un incentivo". Ha detto il presidente della Regione Liguria e assessore alla Sanità Giovanni Toti in merito alle misure adottate dal governo sull'utilizzo del green pass. 

In Toscana non si registra una corsa alla prenotazione del vaccino anti Covid all'indomani del via libera del Consiglio dei ministri al decreto che introduce l'uso del green pass per l'accesso ad alcuni servizi ed eventi, ma le prenotazioni sul portale regionale della Toscana nel corso di questa settimana sono aumentate rispetto alla precedente. "Dalla calma piatta registrata alla riapertura del portale il 10 luglio, siamo passati da lunedì 19 luglio ad un aumento delle prenotazioni - spiega Andrea Belardinelli, responsabile Sanità digitale e innovazione di Regione Toscana -: questa settimana abbiamo registrato 40mila prenotazioni in più rispetto alla scorsa. 

La corsa al vaccino. Effetto Draghi (e Green Pass) sui vaccini, prenotazioni aumentate fino al 200%: ma un 50enne su 4 senza una dose. Carmine Di Niro su Il Riformista il 24 Luglio 2021. È stato già ribattezzato ‘effetto Draghi’, dopo le parole pronunciate dal presidente del Consiglio giovedì sera sulla vaccinazione, col premier che aveva sottolineato come “l’appello a non vaccinarsi è un appello a morire”, invitando quindi tutti gli italiani a farsi somministrare il vaccino perché “devono proteggere se stessi e le proprie famiglie”. Nella giornata di ieri, come certificato anche dal commissario all’emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo, c’è stato un vero e proprio boom di prenotazioni sulle piattaforme regionali.  “Oggi abbiamo registrato un boom di prenotazioni che vanno dal +15 al +200% in base alle Regioni” ha detto il commissario, mentre la la soglia di dosi somministrate ha superato i 64 milioni. Le persone che hanno completato il ciclo vaccinale sono 29.198.814, il 54,06% della popolazione over 12. Ma ci sono numeri che ancora preoccupano, e non poco: sono infatti oltre 4,8 milioni gli italiani con più di 50 anni che non hanno ancora fatto nemmeno una dose, rimanendo altamente scoperti contro il Coronavirus e la variante Delta. In particolare nel report settimanale della struttura commissariale non hanno ricevuto la prima dose o dose unica: nella fascia 50-59 anni, 2.469.692 (il 25,59%); nella fascia 60-69, 1.327.306 (il 17,57%); nella fascia 70-79, 713.124 (l’11,85%) tra gli over 80, 319.369 (il 7,01%).

DALLE REGIONI – Piemonte – A poche ore dalle decisioni del Governo in materia, “le prenotazioni per le vaccinazioni contro il Covid-19 sono raddoppiate”, ha spiegato il governatore Alberto Cirio, a margine di un appuntamento in Regione. “Le decisioni di ieri del Governo – ha sottolineato Cirio – hanno avuto in Piemonte l’effetto di raddoppiare le richieste per le vaccinazioni: ogni ora sul nostro portale registriamo il doppio delle adesioni rispetto alle media dei giorni precedenti”.

Lazio – “Dall’annuncio di ieri, da parte del presidente del Consiglio Mario Draghi in merito al Green Pass abbiamo avuto oltre 38mila nuove prenotazioni per i vaccini, una spinta importante in una regione come il Lazio che oggi ha superato le 6,5 milioni di dosi somministrazioni e in cui il 62% della popolazione adulta ha completato il ciclo vaccinale”. Lo ha detto l’assessore alla sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato.

Lombardia – Cresce l’adesione alla campagna vaccinale anche Lombardia. Ieri, infatti, circa 49mila cittadini si sono prenotati per la vaccinazione sul portale di Poste Italiane e Regione. Ben 30mila in più rispetto a mercoledì 21 luglio, quando le prenotazioni furono 28.368. In realtà, dopo una prima parte del mese di luglio in cui le prenotazioni raramente avevano superato quota 15mila, da lunedì 19, proprio da quando si è fatta largo l’ipotesi del Green Pass, sono stabilmente sopra i 20mila.

Campania – Anche in Campania si impennano le adesioni dei cittadini al portale per la somministrazione della prima dose del vaccino contro il covid19. “La media – spiega Massimo Bisogno, dell’Unità di Crisi regionale – era nelle ultime settimane di 4-5.000 adesioni al giorno. Ma già ieri c’è stato un boom con la giornata che si è chiusa con 10.000 nuove adesioni. Oggi intorno alle 15.30 c’erano già 8.000 nuovi prenotati”. Attualmente in Campania sono stati somministrati 6.207.899 vaccini, 2,7 milioni di cittadini hanno avuto la doppia dose. Gli abitanti della regione sono 5,7 milioni.

Puglia – “Ho fatto una verifica questa mattina e in tutte le Asl pugliesi”, dopo l’annuncio dell’obbligo del Green pass “abbiamo assistito ad un incremento delle richieste di prenotazione” dei vaccini anti Covid: spiega all’Ansa l’assessore alla Sanità della Regione Puglia, Pierluigi Lopalco. Al momento non è ancora possibile fare un conteggio definitivo dell’aumento ma, secondo i dati dell’Asl, si viaggia al momento attorno ad un +10%. Anche se, riferiscono fonti sanitarie, bisognerà attendere qualche giorno per valutare con maggiore precisione l’effetto Green pass.

Abruzzo –  Boom di prenotazioni per il vaccino contro il Covid-19, in Abruzzo, dopo l’annuncio del premier Mario Draghi relativo all’estensione del Green pass. Ieri ci sono state 800 prenotazioni in più rispetto al giorno precedente e rispetto alla media quotidiana dell’ultimo periodo, mentre stamani, alle 10.30, le richieste erano 1.611, dato di poco inferiore al totale che, negli ultimi giorni, si registrava nelle 24 ore.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Effetto Green pass: in Puglia aumentano le prenotazioni per i vaccini. Federfarma: «Subissati di richieste». L'assessore Lopalco: «Assistiamo a incremento delle richieste». La Gazzetta del Mezzogiorno il 23 Luglio 2021. «Ho fatto una verifica questa mattina e in tutte le Asl pugliesi», dopo l’annuncio dell’obbligo del Green pass «abbiamo assistito ad un incremento delle richieste di prenotazione» dei vaccini anti Covid: lo dice all’ANSA l'assessore alla Sanità della Regione Puglia, Pierluigi Lopalco. Al momento non è ancora possibile fare un conteggio definitivo dell’aumento ma, secondo i dati dell’Asl, si viaggia al momento attorno ad un +10%. Anche se - dicono fonti sanitarie - bisognerà attendere qualche giorno per valutare con maggiore precisione l’effetto Green pass. In Puglia «siamo subissati dalle richieste di green pass e le notizie sull'ulteriore provvedimento governativo hanno accentuato ancor di più questa richiesta»: lo comunica Francesco Fullone, presidente di Federfarma Puglia. «Le farmacie - prosegue - stanno rispondendo come sempre con il loro sostegno ai cittadini emettendo il pass e rispondendo a tutte le richieste che arrivano. Potremmo davvero chiederci, a questo punto, cosa sarebbe stata la gestione della pandemia senza l’aiuto delle farmacie. Credo che il riconoscimento del lavoro che stiamo facendo sia doveroso. Ci siamo resi disponibili sempre, e continuiamo a farlo, pur affrontando una serie di difficoltà. È talmente grande la mole di richieste che ci arrivano che talvolta siamo costretti a sacrificare le altre attività per farvi fronte». Il green pass è possibile scaricarlo online collegandosi al sito del ministero della Salute oppure recandosi dal proprio medico di famiglia. «Sono stato personalmente al banco - spiega Fullone - arrivano i ragazzi che devono partire, anziani che non hanno dimestichezza con i servizi informatici, persone che hanno necessità di ricevere informazioni più precise per capire il funzionamento del sistema e anche di stampa fisica del pass, anche con la creazione di code che non possiamo purtroppo evitare. Per questo chiediamo a tutti di essere sempre attenti al mantenimento delle misure di sicurezza».

Dieci avvertenze per la rivoluzione No Vax. Ragù di capra di Gianfrancesco Turano su L'Espresso il 23 luglio 2021. Nella storia delle rivoluzioni si è visto di tutto. Per la prima volta l'obiettivo della lotta è un composto farmacologico. Pur non appartenendo alla schiera rivoluzionaria, ci sia consentito illustrare alcune semplici avvertenze di metodo.

1.Le rivoluzioni non riescono quasi mai, leggere bene il foglietto informativo.

2.Questa rivoluzione ha probabilità di successo molto basse. In Italia oltre il 50% di chi ha più di dodici anni si è già vaccinato e la cifra aumenta ogni giorno. Nelle file dei controrivoluzionari si contano sì e no una decina di morti. Forse. Fra i No Vax siamo quanto meno nell'ordine delle migliaia.

3.Le rivoluzioni interclassiste, come la rivoluzione No Vax, hanno ancora meno probabilità di successo delle rivoluzioni socialmente coese.

4.A tutt'oggi nessuna rivoluzione social ha avuto successo. Essere un'appendice del proprio cellulare sembra essere più controrivoluzionario che rivoluzionario.

5.La rivoluzione non si fa né con il telefonino né con i gradi di separazione e i rivoluzionari fanno una vita grama. Devono essere disposti a subire persecuzioni, torture e spesso morte prematura. Insomma pagano in prima persona.

6.Chiedere la protezione dei diritti civili è incompatibile con lo status di rivoluzionario.

7.Il vero rivoluzionario non denuncia complotti, li ordisce. Il complotto del No Vax quale sarebbe? Morire male in mezzo a controrivoluzionari che fanno di tutto per salvargli la vita?

8.Il leader rivoluzionario, ancora più del rivoluzionario comune, deve essere capace di resistere a pressioni psicologiche e fisiche. Dire “non mi vaccino perché ho paura” è accettabile ma non è rivoluzionario.

9.Anche il vero leader rivoluzionario, quando prova le comodità del potere dopo le scomodità della rivoluzione, tende a vaccinarsi.

10.Prima di aderire alla rivoluzione chiedetevi se Meloni o Salvini sono disposti al ricovero in terapia intensiva per difendere l'Idea o se si sono vaccinati di nascosto, ma solo perché zia poco bene o per entrare alla Sagra del Porco Fritto nella Sugna.

Filippo Limoncelli per blitzquotidiano.it il 29 luglio 2021. Un cartello esplicito contro i no-vax, con tanto di dito medio, è stato appeso all’ingresso del Tasca, noto ristorante di Porta Ticinese a Milano, scatenando centinaia di commenti su Facebook. Cartello che è stato rimosso neanche 24 ore dopo per le minacce, anche al telefono, ricevute dal titolare del locale. “L’ho dovuto togliere perché sono stato bersaglio di insulti e minacce sia sui social e sia al telefono. A un certo punto ho dovuto smettere di rispondere. Mia moglie ha avuto paura. Io penso a lei e alle mie tre figlie da tutelare”, spiega Erwan Maze a Il Giorno, il proprietario del locale. 

Milano, polemiche per un cartello esposto da un ristorante. A poco più di una settimana dall’annuncio del Green pass obbligatorio per l’accesso ai locali pubblici, il proprietario del ristorante Tasca di Milano ha preso posizione. Contro i no-vax. Scelta che ha scatenato centina di commenti, molti negativi ma non solo, sulla pagina Facebook del locale, dove l’immagine del cartello è stata postata accompagnata dall’invito a vaccinarsi. In molti hanno minacciano di denunciarli per discriminazione, altri si augurano il loro fallimento. La replica del ristorante è arrivata via social: “Grazie a tutti! Siete fantastici! però ora dobbiamo andare a lavorare. Però voi, che non avete un lavoro e non fate un c…. dalla mattina alla sera, potete rimanere qui a commentare quanto volete! Tanto amore a tutti loro”, è stato il post di risposta pubblicato sempre sulla pagina Facebook. Erwan Maze, parlando all’Adnkronos, ha rilanciato: “Il messaggio è chiaro. Se sei vaccinato vai dove ti pare, se non lo sei vai a casa e non rompi le palle gli altri. La sostanza è questa”. 

No-vax contro il cartello esposto dal ristorante Tasca. Sui gruppi Facebook dei no-vax, molti utenti hanno detto che il cartello ricorda “i tempi più bui della storia recente” del continente. “Mi danno del nazista, dicono che devo morire e fallire – sottolinea Maze –. Da stamattina mi stanno tartassando di chiamate e messaggi”. Le critiche però se la lascia scivolare addosso: “Siamo in una democrazia. Chi vuole commentare commenti pure chi non vuole non lo faccia. La maggior parte dei clienti sta mettendo like e dice che siamo bravi, degli altri non me ne frega niente. Ho 50 anni, sono stato vaccinato per tubercolosi, difterite, vaiolo, li ho fatti tutti, e adesso queste persone di 50 e 60 anni fanno i no vax. Fanno ridere, anche loro sono tutti vaccinati, ma di che parliamo? È un’assurdità”.

Da notizie.virgilio.it il 23 luglio 2021. Il virologo Roberto Burioni è tornato a criticare la posizione dei no vax su Twitter. In un post pubblicato sul suo profilo ufficiale, l’esperto ha scritto: “Propongo una colletta per pagare ai novax gli abbonamenti Netflix per quando dal 5 agosto saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci".

Protesta anti Green Pass a Torino: la reazione di Burioni. In un altro tweet, lo stesso Burioni ha commentato la manifestazione di protesta anti Green Pass organizzata a Torino nella serata di giovedì 22 luglio. A commento di un articolo dal titolo “In piazza a Torino per dire no al Green Pass dopo il via libera del governo: ‘Ma non chiamateci No Vax'”, il virologo ha scritto: “Idea molto intelligente: tutti insieme a gridare, tutti non vaccinati, vicini e senza mascherina. Non si vogliono vaccinare, ma otterranno l’immunità (e il green pass) attraverso la malattia”. Poi ha aggiunto: “Mi spiace per gli innocenti che infetteranno, ma non ci si può fare niente”. 

Il messaggio di Burioni a Salvini. Sul suo profilo Twitter, Roberto Burioni ha anche inviato un messaggio al leader della Lega Matteo Salvini. Le sue parole: “Chi afferma che le persone sotto i 40 anni non devono vaccinarsi mette in pericolo gli italiani, la loro salute, il loro lavoro, la loro libertà. Salvini, non si intesti questa battaglia senza senso, sarebbe un peccato”.

Roberta Scorranese per il "Corriere della Sera" il 26 luglio 2021. Roberto Burioni la vuole chiudere così: «Certamente quel tweet non lo riscriverei, perché qualcuno si è sentito offeso». È un eufemismo, viste le migliaia di insulti arrivati al professore di Virologia del San Raffaele di Milano dopo il tweet più contestato degli ultimi giorni. Che dice, testualmente: «Propongo una colletta per pagare ai no-vax gli abbonamenti a Netflix per quando, dal 5 agosto, saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci». Burioni si riferisce a quelli che non avranno il green pass perché non vaccinati. Sarà stato per il tono sarcastico, sarà stato quel «sorci» un poco ardito, fatto sta che è dal 23 luglio che su Twitter non si parla d'altro o quasi. Il professore, impegnato da anni nella divulgazione scientifica che dimostra l'efficacia dei vaccini (non solo quelli contro il Covid-19), non risparmia mai la sua ironia puntuta sui social network, ma stavolta la reazione è stata particolarmente violenta. Il commento più gentile: «Sarebbe lei il sorcio da laboratorio in qualità di cavia per le case farmaceutiche». Quello più inquietante: «Questo tweet ha un che di hitleriano». C'è stato naturalmente chi ha evocato un provvedimento disciplinare e così, puntuale come la risalita dei contagi dopo le riaperture, è arrivata la reazione del Codacons, che ha annunciato di avere in preparazione un esposto all'Ordine dei medici contro lo scienziato per chiederne la radiazione. Burioni non aggiunge altri commenti a queste dichiarazioni che fa al Corriere della Sera : «Il mio era un tweet ironico, ma io ho dimenticato che Twitter non è il luogo dell'ironia (e dell'autoironia). Colpa mia comunque». Eppure sempre con ironia risponde alle due ali della curva parlamentare che lo hanno attaccato più duramente, Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia e Marco Rizzo, segretario del Partito comunista. Alla prima, che parla di parole «vergognose», Burioni ricorda che le vaccinazioni obbligatorie sono iniziate molti anni fa, nel 1939, senza nessuna protesta. E rispondendo a Rizzo, che lo accusa di «arroganza e odio di classe», aggiunge: «Mi odiano i neofascisti, ma mi odiano anche i veterocomunisti: penso proprio di essere nel giusto». Infine, il virologo conclude: «Però che uno finisca ricoperto di insulti perché dice che bisogna vaccinarsi è roba da non credere nel 2021, dopo quello che abbiamo passato».

Da adnkronos.com il 25 luglio 2021. "Il Codacons, pienamente favorevole ai vaccini anti-Covid e alla campagna di vaccinazione avviata in Italia, non può accettare che un medico, onnipresente sui mass media e sui canali televisivi privati e pubblici, possa lasciarsi andare ad affermazioni disgustose e insulti raccapriccianti nei confronti dei cittadini che, per i più disparati motivi, non possono o non vogliono vaccinarsi". Lo fa sapere l’associazione che comunica che "per tale motivo chiede oggi ufficialmente la radiazione dall'albo per Roberto Burioni, che in un post ha definito ‘sorci’ coloro che non si sottopongono al vaccino augurando agli stessi gli “arresti domiciliari”". "Stiamo preparando un esposto urgente all'Ordine dei Medici chiedendo di procedere alla radiazione immediata dall'albo nei confronti di Roberto Burioni - spiega il Codacons - E' certamente giusto spingere i cittadini a vaccinarsi per far contribuire tutti alla lotta al covid ed evitare un nuovo lockdown, ma quanto scritto dal virologo è oggettivamente disgustoso, poiché un medico e un divulgatore scientifico non può definire ratti i cittadini che non si vaccinano, né augurare loro mali come gli arresti domiciliari, anche in considerazione del fatto che esistono categorie di utenti che, pur volendo, non possono sottoporsi al vaccino anti-Covid". "Le gravissime affermazioni di Burioni vanno a contrastare proprio l'opera del Governo per convincere gli indecisi a vaccinarsi -prosegue il Codacons- e fanno un danno enorme alla battaglia contro il covid, poiché gli insulti del medico spingono una consistente fetta di dubbiosi a non vaccinarsi, sentendosi immotivatamente insultati e aggrediti". Per tali motivi il Codacons presenterà lunedì un esposto all'Ordine dei Medici chiedendo la radiazione immediata di Roberto Burioni. 

Isteria millenarista. Quell’insopportabile moralismo conformista verso chi non ha fatto ancora il vaccino. Iuri Maria Prado il 24/7/2021 su L'Inkiesta. Le esigenze di tutela della sanità pubblica non c’entrano nulla. Non è per proteggere le possibili vittime che si attacca chi ha ancora non ha fatto la prima dose, quanto piuttosto il voler apporre un sigillo infamante dello stato peccaminoso in cui persevera il potenziale portatore dell’infezione. Non serve credere che il vaccino sia l’invenzione degli usurai apolidi che vogliono impiantarci sotto pelle il chip globalista per osservare che c’è qualcosa che non va, una piega di smodatezza, un tratto d’isteria millenarista, un riflesso di conformismo fideistico e forsennato, nella pubblica riprovazione verso chi non si vaccina. Attenzione: qui non si tratta di far questione circa l’obbligo di vaccinarsi, obbligo sulla cui possibile introduzione, persino generalizzata, ciascuno può avere l’idea che vuole. Né è qui in discussione l’adozione di questa o quella misura (per esempio la cosiddetta certificazione verde) rivolta a più o meno surrettiziamente fare le veci di quell’obbligo che non c’è, e dunque a stimolare (altri direbbe a istigare) i riluttanti a farsi la dose. Piuttosto, e su tutt’altro piano, è quell’osservazione a venire in conto, checché si pensi di quegli obblighi e di quelle misure d’induzione/persuasione: e cioè il rilievo del carattere moraleggiante e inquisitorio del giudizio riservato all’inadempiente, all’insubordinato, al bandito dal consorzio vax friendly, uno che quando va bene è aspirante suicida e se no è oggettivamente una specie di assassino. A incurvare in questo modo l’atteggiamento giudicante è quel che oscuramente lavora in profundo: il terrore bestiale per la capacità infettiva del contaminato, l’orrore primitivo per la sua idoneità a ledere senza che il male si veda, la paura dell’intimo maligno che si dissimula nell’irriconoscibilità del corpo apparentemente sano. Le esigenze di tutela della sanità pubblica non c’entrano nulla. E non nel senso che l’infetto scorrazzante non possa metterla a rischio, ma nel senso che non sono quelle esigenze a eccitare lo strillo dell’incolpazione. Non è cioè il nocumento che può arrecare il non vaccinato a determinarne la condanna, ma l’origine subdola e impercettibile di quel danno; non è a tutela delle possibili vittime che si eleva l’accusa d’inottemperanza vaccinale: è a sigillo infamante dello stato peccaminoso in cui persevera il potenziale portatore dell’infezione. Immagino a questo punto l’obiezione alata: «Ma che cazzo stai dicendo?». Dico, dico. Perché l’abuso di alcol, in puri termini di danno arrecato agli altri (a tacere del danno che si infligge chi beve troppo, che a sua volta arreca sofferenza economica alla società), espone a bilancio voci altrettanto se non più nefaste: ma gli alcolisti che producono incidenti stradali, rapine, stupri, omicidi, sono semmai riguardati dalla medesima società come criminali punto e basta, magari pure da linciare, ma non come toccati dal male. Dice ancora: «E che, l’alcolismo si trasmette?». A parte che un po’ sì, ma il punto non è questo: il punto è che fa indubbiamente danni anche agli altri, molti danni e molto gravi, senza che chi ne è responsabile sia destinatario della sanzione moralista e confessionale invece irrogata al trasgressore della regola vaccinista.  Ferma restando la perfetta ammissibilità, anche per chi scrive, di regolamentazioni obbligatorie anche rigidissime, ha il profilo del barbaro analfabeta l’adoratore della compiutezza immunitaria. E sa di castigo, sa di comando all’espiazione, la pubblica pretesa sanzionatoria nei confronti di quelli che vi si sottraggono. E – eccoci – sa di purificazione il processo inoculatorio che dovrebbe condurre loro e noi a salvezza.

Burioni e l'intolleranza della ragione. Vittorio Macioce il 24 Luglio 2021 su Il Giornale. È mattina presto e il virologo si sveglia nervoso. È tempo di sbeffeggiare la malacarne dei non vaccinati. È mattina presto e il virologo si sveglia nervoso. È tempo di sbeffeggiare la malacarne dei non vaccinati. Roberto Burioni ti ha fatto compagnia i primi giorni della pandemia con il suo Virus, la grande sfida. È un libro che vale la pena di leggere. Solo che anche lui ogni tanto non si riconosce. Questo accade quando il leone da tastiera acquartierato nelle sue viscere prende il sopravvento e batte veloce una manciata di caratteri. Il risultato è questo. «Propongo una colletta per pagare ai no vax gli abbonamenti Netflix per quando dal 5 agosto saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci». Il virologo, sciagurato, controfirma. Prima di lui ci ha pensato Ilaria Capua, che in televisione dichiara: «I no vax paghino il ricovero in ospedale». Lo dice come provocazione, ma si capisce che la considera una punizione efficace. Non si può essere troppo indulgenti con chi si mette dalla parte sbagliata della storia. È l'intolleranza della ragione e sta diventando contagiosa. Non lascia quartiere. Non c'è tempo. Non c'è redenzione. Non contano i dubbi, le paure, le incertezze. Non si può essere recalcitranti. Questo vale per chi ne fa una questione ideologica e per chi sta nella zona grigia dei tentennanti. È una questione di fede. Il dubbio è se l'approccio «puritano» sia quello più saggio. Il puritano si riferisce al governo delle teste rotonde di Oliver Cromwell. È l'idea che per il bene di tutti non ci può essere spazio per chi diserta. È davvero questa la strada per vaccinare il numero più alto di persone? È l'insolenza, il livore, la demonizzazione, il puntare l'indice con disprezzo verso chi non merita più il diritto di cittadinanza. È definirli sorci, come cavie da laboratorio, per alimentare ancora di più i sospetti. Magari no. Tutto questo finisce solo per rendere odioso il passaporto vaccinale. È ottusità che risponde a ottusità. È il tradimento degli scienziati. Non è questo il volto della scienza. Non lo è mai stato. Nel discorso scientifico non c'è spazio per gli anatemi. Non ci sono peccatori. La scienza non è religione. Burioni e Capua naturalmente non lanciano le loro invettive, le provocazioni, le scomuniche da scienziati. Lo fanno da opinionisti. Solo che in questa storia bene o male hanno un ruolo. Sono diventati personaggi influenti in quanto scienziati. Il confine non è poi così netto. Il virologo che nel discorso pubblico indossa, per fastidio, per civetteria, i panni di sacerdote della ragione non aiuta chi pensa che il vaccino sia la strada più breve per uscire dalla pandemia. Alla piazza risponde con un pulpito. Vittorio Macioce

Dagospia il 23 luglio 2021. Riceviamo e pubblichiamo: Esimio Dago. Se i “no-vax” prima delirano e poi piangono quando si trovano intubati in un letto di ospedale a causa del Covid-19, prova a pensare cosa passa nella testa di un “sì-vax” quando si trova nella medesima situazione. È notizia riportata anche da te qualche giorno fa: gli ultimi dati ufficiali in UK indicano che 1/3 dei morti per Covid-19 si erano vaccinati. Alla faccia del cacasentenze Dragoniano: "Chi non si vaccina, muore!". Saluti dai Ministeri della Speranza e della Verità. Timbrius 

PS: un consiglio spassionato; non fare di tutta un'erba un fascio. Molti "no-vax" (come li chiami anche tu) hanno solo paura di farsi inoculare un farmaco la cui sperimentazione terminerà nel 2023, motivo per cui nessuno si prende la responsabilità degli effetti collaterali, dalle case farmaceutiche al medico che li somministra, passando per EMA ed AIFA. Riesci a darti e a darci un'altra spiegazione in proposito? 

Caro Dago, Burioni fa dell'ironia sui non vaccinati che "saranno chiusi in casa agli arresti domiciliari, come dei sorci". Invece di essere ironico dovrebbe fare un po' di autocritica, perché proprio per colpa dei vari esperti, medici, virologi, che un giorno dicono una cosa e il giorno dopo la smentiscono, gran parte della popolazione ha deciso di non vaccinarsi, un po' per paura, un po' per ignoranza. La confusione l'hanno generata loro, mica la popolazione e percorrendo la strada della strafottenza si ottiene l'effetto contrario. Un caro saluto, Mary

Da ilmessaggero.it il 23 luglio 2021. Due lastre a confronto. E la prova che i vaccini funzionano. A fotografare gli effetti del Covid nei polmoni su chi è vaccinato e chi no è il dottor Faheem Younus, specialista in malattie infettive a Bel Air, nel Maryland, e affiliato a diversi ospedali della zona, tra cui l'Università del Maryland Upper Chesapeake Medical Center e l'Harford Memorial Hospital dell'Università del Maryland. Nel tweet sul suo account ha caricato due radiografie: in una si vedono i polmoni di una persona che è stata contagiata con il Covid, ma era stata vaccinata; nell'altra quelli di un individuo che, invece, aveva scelto di non vaccinarsi. Nell'immagine di destra si vedono delle opacità che rappresentano delle lesioni polmonari. 

Gli effetti sui polmoni. Entrambe le lastre si riferiscono a pazienti negli Stati Uniti. Sono passati sette mesi dall'inizio della campagna vaccinale in America, dove sono stati somministrati tre tipi di vaccini: Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson. Che, però, è stato poi sospeso per i rari casi di trombosi accaduti in alcune persone. Ma i farmaci anti-Covid non stanno fermando l'avanzare della variante Delta. «Oltre l'80% dei nuovi casi di coronavirus appartengono al nuovo ceppo del coronavirus», ha indicato il virologo Antony Fauci. In grado di diffondersi molto velocemente e far anche salire il numero medio di morti giornaliere: che sono 239, con un aumento del 48% rispetto alla settimana precedente. 

Il confronto. Sulla sinistra c'è una radiografia del torace di un uomo di 30 anni che ha COVID-19. La dottoressa Nandita Nadig, specializzata in medicina polmonare, ha sottolineato alla tv locale Wis news che le aree bianche rappresentano ciò che può causare difficoltà di respirazione e infiammazione. Sulla destra c'è il torace di una persona sana. La dott.ssa Nadig ha spiegato che le aree nere rappresentano l'aria e indicano che il paziente può respirare facilmente.

Ilaria Ravarino per “Il Messaggero” il 26 luglio 2021. Al Festival di Giffoni, dove ieri ha incontrato i ragazzi ospiti della manifestazione, ci è andato da vaccinato «senza alcun dubbio in merito», con «mascherina, distanziamento, tamponi e prudenza», disposto - a domanda diretta - anche a difendere la causa del green pass. Per il comico di Lol, il conduttore e musicista romano Pasquale Petrolo in arte Lillo, che con il Covid lo scorso autunno ha avuto - a 58 anni - un incontro ravvicinato, pieno di paura e complicato dalla terapia intensiva, il green pass «non si può discutere. Così come sono pro-vaccino, sono anche pro-green pass. È una cosa molto semplice da capire e da attuare: se entri in un luogo pubblico, devi poter dimostrare che stai tutelando anche il prossimo. Punto. È una cosa semplicemente fondamentale e non vedo come lo si possa screditare». Lillo è convinto che vaccino e green pass siano decisivi anche per la ripartenza di tutti i settori economici e fondamentali per cinema, musica e teatro. Di fronte a chi lamenta una presunta riduzione della libertà personale, come i manifestanti in piazza contro la cosiddetta dittatura del green pass, Lillo scuote la testa e si oppone: «Non c'è un obbligo. Magari può sembrare un obbligo. O meglio: davvero rispettare la salute propria e quella degli altri è vissuta come un obbligo? Quello che la gente non capisce è che il vaccino, e misure indispensabili di tutela come il green pass, sono gli unici modi per contrastare il Covid. Non esistono alternative: non è che si può dire io non li voglio, datemi un'altra opzione. Questa soluzione non piace? Pazienza, è l'unica che c'è. Vaccinarci tutti e tutelarci, anche per difendere chi per davvero non può proteggersi con una iniezione, magari perché ha dei problemi concreti di salute». Sul fatto che anche i vaccinati possano farsi portatori del virus, e che dunque il green pass non garantisca la completa certezza sulla neutralità dell'ambiente, Lillo non lo ritiene un motivo sufficiente per opporsi a un documento «che permette alle persone di sentirsi protette in un luogo chiuso o durante gli spostamenti. I vaccinati che contraggono il virus sono pochi: in ogni caso, tracciare il contagio è sempre indispensabile». L'avventura dell'artista con la malattia, contratta «in modo banale», semplicemente abbassandosi la mascherina per respirare dopo l'estate, ha segnato profondamente il suo rapporto con le misure di sicurezza, che oggi rispetta con scrupolo e attenzione. «Sono stato molto male. Mi hanno portato in terapia intensiva, per fortuna non mi hanno messo il casco né mi hanno intubato, ma per quattro giorni sono stato lì da solo e non è stato bello. Poi il Covid l'ha preso anche mia moglie, per fortuna in modo meno violento di me. Io me la sono cavata, ma la situazione poteva precipitare in ogni momento. Ho avuto la polmonite interstiziale, è stato spaventoso e doloroso». Il green pass, tra le altre cose, potrà permettere a chi è ricoverato negli ospedali di ricevere visite, per non trascorrere la degenza da soli: per Lillo, nei giorni di terapia intensiva, il telefonino è stato «fondamentale» per le videochiamate con la moglie Tiziana e i messaggi di auguri degli amici e dei fan. «Sarei impazzito da solo». Per questo, «oggi non capisco davvero chi non vuole vaccinarsi e chi dice no al green pass perché senza, magari, non potrà andare a ballare in discoteca. Vorrei dire ad alta voce, vorrei ricordare anche ai ragazzi che fuori e dentro le discoteche, tutto intorno a noi, c'è una emergenza mondiale. Non è una questione di scelta. È una guerra, forse non tutti hanno capito bene che cosa stiamo vivendo. Molti, ne sono convinto, sottovalutano che si tratta di un'emergenza grave, che non è ancora finita». Ma come convincere le persone a superare la diffidenza, o l'egoismo, è la questione aperta che rimane sul tavolo: «Naturalmente io non auguro a nessuno di provare quello che è successo a me, così come a tanti altri malati di Covid. Però trovo sconfortante che la gente capisca per davvero la portata della malattia solo quando viene toccata in prima persona. Non rendersene conto significa aver perso completamente una qualità fondamentale della persona e del cittadino: il senso civico».

Francesco Semprini per “La Stampa” il 27 luglio 2021. Si mette male la situazione negli Stati Uniti secondo Anthony Fauci il quale guarda preoccupato i dati sulla ripresa dei contagi del Covid-19, mentre l'amministrazione Biden annuncia che manterrà in vigore tutte le restrizioni agli ingressi nel Paese da parte di cittadini stranieri. Mentre si allarga la fronda repubblicana che invoca misure di sostegno alle vaccinazioni andando a creare crepe sul fronte della diffidenza e dello scetticismo. «In questo momento è davvero una pandemia tra i vaccinati. È come se avessimo due Americhe», afferma Fauci che punta il dito su chi ancora non si è vaccinato, ovvero circa la metà degli americani. Secondo il capo virologo della Casa Bianca il Paese sta «marciando nella direzione sbagliata». I contagi sono aumentati del 314% dalla metà di giugno, i ricoveri da Covid sono cresciuti del 40% negli ultimi sette giorni, con tre Stati in cima alla classifica, Arkansas, Louisiana e Florida colpiti dal dilagare della variante Delta. La Casa Bianca ha deciso di mantenere per il momento tutte le restrizioni sui viaggi non essenziali dai Paesi stranieri compresi quelli dell'Unione europea. Questo nonostante fortissime siano le pressioni sull'amministrazione Biden per una riapertura dei confini, non solo di alleati e partner, ma anche delle compagnie aeree e di molti membri del Congresso che vedono un eventuale allentamento della stretta come una boccata di ossigeno per l'economia, a partire dal settore del turismo. «Capiamo l'importanza di ripristinare i viaggi internazionali, ma lo vogliamo fare in maniera sicura e sostenibile», spiega alla Casa Bianca. Anche le aziende Usa attivano misure precauzionali ritardando ulteriormente il ritorno in ufficio, a cominciare dalla Apple che lo sposta da settembre a metà ottobre. Altre aziende impongono test o vaccino, mentre il "passaporto vaccinale" sarà adottato da città come San Francisco e Pasadena, ma si tratterà di una regolamentazione a macchia di leopardo. Dopo Los Angeles, anche a Filadelfia e a St Louis scatterà di nuovo l'obbligo di mascherina al chiuso. La città di New York si avvia a richiedere il vaccino obbligatorio per tutti i lavoratori pubblici dipendenti del municipio, in caso contrario il sindaco Bill de Blasio imporrà tamponi e test settimanali. Alti funzionari della Casa Bianca sono ora convinti che ci vorrà un terzo richiamo per gli ultra 65 enni e per le persone immunodepresse. Così il governo federale compra altre 200 milioni di dosi di Pfizer. L'estendersi della variante Delta e il crescere dei contagi in alcuni Stati a bassissimo tasso di vaccinazione spingono politici e commentatori repubblicani ad ammorbidire le loro posizioni e fare campagna pro-vaccino. La governatrice dell'Alabama Kay Ivey, che a maggio aveva firmato una legge con cui si vietava alle aziende di richiedere la vaccinazione, si è spinta oltre: «È ora di iniziare a individuare i responsabili tra i non vaccinati per l'aumento dei casi nel nostro Stato». Il governatore repubblicano dell'Arizona Doug Ducey ha invece fatto ricorso a toni accorati: «Vi supplico, vaccinatevi. Grazie al miracolo della scienza abbiamo qualcosa che non avevamo l'anno scorso, il vaccino».

Niccolò Zancan per "la Stampa" il 27 luglio 2021. Stava male da sette giorni. Ma dal letto di casa a Miami, in Florida, il guru del marketing Marco De Veglia si ostinava a non chiedere aiuto. «Nella penultima telefonata mi ha detto: "Da una settimana ho questa brutta influenza e non passa". E io: "Ma quale influenza! Hai il Covid. Ti sei fatto il tampone?". "No, non c'è bisogno", continuava a insistere. Era coerente con le sue convinzioni sbagliate. Nell'ultima telefonata, mercoledì 21 luglio, era ricoverato nel reparto di terapia intensiva e aveva il casco per l'ossigeno. Mi ha mandato una foto in cui aveva una brutta cera, ma era comunque fiducioso. Le ultime parole che mi ha detto sono state queste: "Ci sentiamo entro fine mese per riprendere il lavoro"». La mattina di sabato 24 luglio Marco De Veglia, che aveva fatto della sua ostilità ai vaccini quasi una seconda professione, è morto di Covid. L'amico conosciuto negli Anni Novanta in un'agenzia di pubblicità di Milano chiede di restare anonimo, ma si tormenta e vuole parlare: «Ho fatto il calcolo. Dai primi sintomi all'ultimo respiro sono passati 14 giorni. Marco aveva la variante Delta. Mi sento profondamente in colpa per non aver insistito di più. Doveva andare subito in ospedale a farsi quel dannato tampone. Il suo primo errore è stato non vaccinarsi. Ma senza il secondo errore forse adesso sarebbe ancora vivo». Marco De Veglia aveva 55 anni, lascia la moglie Daniela Novati e il figlio Ettore. Nato a Trieste dove si era laureato, dopo gli anni di apprendistato a Milano si era trasferito negli Stati Uniti per specializzarsi in marketing aziendale, prima a New York e poi a Miami. Era ritenuto uno dei più bravi «brand positioning» d'Europa. E ciò di quei professionisti che sanno consigliare a un'azienda come rendersi speciali sul mercato, la comunicazione e la migliore strategia per affermarsi. Nel mondo di Facebook era una piccola celebrità. Faceva lezioni e conferenze, aveva un modo di parlare molto diretto e chiaro. Ma accanto a quella passione per il marketing, altre idee si erano fatte largo sulla sua bacheca social. Era stato sostenitore di Donald Trump anche ai tempi delle bufale sui disinfettanti da inalare e sul potere mai provato degli antimalarici contro il Covid. Marco De Veglia negli ultimi mesi era diventato un No Vax convinto. Di più: un complottista. Il 19 luglio condivideva queste parole: «Il problema è che nella narrazione pandemica fatichiamo a trovare anche solo un 1% di verità. Eppure ci proviamo, ma niente da fare, una contraddizione dietro l'altra a fare da eco a una propaganda buffa quanto asfissiante. L'ultima sparata è quella dei pass». Riteneva i vaccini inutili e dannosi. Sosteneva che il green pass fosse una stortura democratica, se non peggio. Firmava petizioni per radiare dall'albo gli immunologi impegnati in prima linea sul fronte della pandemia. Seguiva alcuni No Vax italiani che hanno molto successo, pubblicando notizie false e supposizioni senza alcun riscontro. Anche lui le offriva ai suoi seguaci così: «Alert: questo testo contiene fatti scientifici inequivocabili che non possono essere scritti su Facebook e fanno incazzare Burioni». Di marketing e di case farmaceutiche. Del Covid che è solo un'influenza. Battute infelici: «I vaccini come gli iPhone. Attendiamo il lancio del nuovo modello a settembre». Frasi che adesso mettono profonda tristezza: «Se Bill va in Congo e ha paura di morire di colera, si vaccina. Non vuole che tutti gli abitanti del Congo si vaccinino. Non pretende che tutti gli abitanti non vaccinati del Congo non vadano al ristorante. Se hai paura di morire di una malattia, fai come Bill. Vaccinati e lascia in pace il resto dell'umanità». Affrontare l'argomento vaccini con Marco De Veglia era diventato quasi impossibile. «Ho dovuto chiudere la questione, ho deciso di non scrivergli più su Facebook», ricorda un altro amico in lutto. Si chiama Stefano Versace, è un imprenditore che vive a Miami, dove è proprietario di una catena di gelaterie. «Eravamo amici e colleghi. Lui era arrivato in questa città cinque anni fa. Abbiamo collaborato e lavorato insieme molto bene. Le uniche discussioni le abbiamo avute sul Covid. La pensavamo in maniera opposta. A un certo punto, ho dovuto bloccarlo. Io gli dicevo che vaccinarsi era importantissimo. E lo dicevo per esperienza diretta. A maggio, durante una festa, ho preso il virus. Quindici positivi. Gli undici che avevano fatto il vaccino, me compreso, hanno avuto una forma leggera. Gli altri quattro sono finiti tutti in ospedale, anche un giocatore di basket dell'Nba. Ma persino di fronte a questo esempio concreto, Marco continuava a sostenere che i vaccini fossero delle fesserie». E adesso? «Adesso mi viene da piangere. Ho perso un amico per non discutere con lui e per non litigare, ma che cavolo di amico sono? Marco era sommerso dalle fake news. E più l'algoritmo gliene mandava, più lui ci credeva. Ho sbagliato ad arrendermi. Dovevo insistere. Dovevo prenderlo a pugni, piuttosto. Dovevo convincerlo a farsi il vaccino in tutti i modi».

DA ilmessaggero.it il 22 luglio 2021. Un medico dell'Alabama, Brytney Cobia, racconta sui propri social in un post franco e straziante la sua esperienza quotidiana in reparto Covid. La dottoressa racconta che molti pazienti giovani in gravi condizioni, «prima di essere intubati», la implorano di ricevere il vaccino quando è però ormai «troppo tardi». «Pochi giorni dopo scrivo l'ora del decesso». «Ho fatto molti progressi incoraggiando le persone a farsi vaccinare ultimamente! Vuoi sapere come? Sto ricoverando in ospedale giovani sani con infezioni da COVID molto gravi. Una delle ultime cose che fanno prima di essere intubati è pregarmi per il vaccino. Prendo loro la mano e dico loro che mi dispiace, ma è troppo tardi», scrive la dottoressa Cobia su Facebook. Il medico racconta poi del diffido scetticismo da vaccino, e del dolore dei genitori delle giovani vittime. «Pochi giorni dopo, quando indico l'ora del decesso, abbraccio i loro familiari e dico loro che il modo migliore per onorare la persona amata è farsi vaccinare e incoraggiare tutti quelli che conoscono a fare lo stesso. Loro piangono. E mi dicono che non lo sapevano. Pensavano fosse una bufala. Pensavano fosse politico. Pensavano che, poiché avevano un certo gruppo sanguigno o un certo colore della pelle, non si sarebbero ammalati così tanto. Pensavano che fosse "solo l'influenza". Ma si sbagliavano. E vorrebbero poter tornare indietro. Ma non possono. Quindi mi ringraziano e vanno a farsi vaccinare». «E torno nel mio ufficio, - continua- scrivo il loro messaggio di morte e dico una piccola preghiera affinché questa perdita salverà più vite. Come sempre, sono un libro aperto. Per favore, portami le tue domande e ti dirò tutto ciò che so e tutto ciò che non so. Non è troppo tardi, ma un giorno potrebbe esserlo. Grazie Dr. David B Wilhelm per aver condiviso le tue conoscenze mediche con tutti noi. Brytney Cobia, dottore in medicina». L'Alabama è all'ultimo posto negli Stati Uniti per il suo tasso di vaccinazioni e ha visto il 33,7% della popolazione completamente vaccinato. In un'intervista con Al.com la dottoressa aveva detto: «Nel 2020 e all'inizio del 2021, quando il vaccino non era disponibile, era solo tragedia dopo tragedia dopo tragedia. Sai, così tante persone che hanno fatto tutte le cose giuste, eppure sono venute comunque, ed erano gravemente malate e sono morte». «È davvero difficile perché tutti noi medici e altro personale medico lo facciamo da molto tempo e tutti noi siamo molto, a questo punto, stanchi, emotivamente svuotati e cinici». 

L'appello di Biden. Nelle scorse ore il presidente americano Joe Biden alla Cnn ha ribadito l'importanza della vaccinazione. «È importantissimo» per il presidente degli Stati Uniti che gli americani si vaccinino contro il Covid-19, «C'è una pandemia tra coloro che non sono vaccinati». «Se siete vaccinati, non verrete ricoverati, non andrete in terapia intensiva, non morirete», ha affermato. E quindi «è importantissimo - ha proseguito - che tutti ci comportiamo come gli americani che si preoccupano per i connazionali».

Gr. Mel. per "il Messaggero" il 23 luglio 2021. Diffidare delle fiale anticovid quando si sta bene è facile. Diverso è il caso di chi si ritrova all'improvviso in un letto di ospedale e rischia di essere persino intubato. Tra le corsie degli ospedali, i medici che da mesi si occupano di pazienti covid sanno bene che di fronte alla malattia il rammarico di non essere vaccinati è un atteggiamento comune a tutti i no vax. «I pazienti che ho avuto in cura e che si sono dichiarati non vaccinati - racconta Massimo Antonelli, direttore del dipartimento di Anestesia e rianimazione del Policlinico Gemelli di Roma - si sono mostrati dispiaciuti del loro atteggiamento precedente, ed erano pentiti di non essersi vaccinati o per paura o per disinformazione». Hanno tra i 35 e gli 80 anni. Molti finiscono in terapia intensiva e spesso vengono intubati. «Sono persone che di fronte alla malattia grave seria si pentono di non essersi protetti - conferma Massimo Andreoni, direttore di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali - Alla domanda ma lei è vaccinato oppure no? capiscono subito che effettivamente se si fossero vaccinati probabilmente non sarebbero lì, o comunque avrebbero una prognosi sicuramente diversa. Questo ravvedimento è successo, succede e certamente è frequente». Solo allora tutti si rendono conto dell'errore che hanno commesso. «Appartengono più frequentemente agli indecisi più che alle persone fermamente convinte - spiega Andreoni - Si tratta per lo più di soggetti avanti con gli anni, ma solo perché statisticamente sono più numerosi. Ma di persone pentite ne abbiamo viste di tutte le età». La reazione è uguale dappertutto. «Nel corso di tutti questi mesi di esperienza clinica - ricorda Andrea Vianello, direttore di Fisiopatologia respiratoria dell'Ospedale Università di Padova - mi è capitato più di qualche paziente che appartenesse ai no vax che poi è andato incontro a complicazioni respiratorie importanti. Addirittura, gli ultimi ricoveri gravi erano quasi esclusivamente di persone che non avevano voluto vaccinarsi. Poi generalmente si ravvedono e sono dispiaciuti per non essersi protetti». Spesso però non si tratta di no vax convinti. «In alcuni casi - prosegue Vianello - la decisione di non vaccinarsi era dovuta a fatti logistici. Qualche anziano mi ha detto: nessuno mi poteva accompagnare a fare il vaccino'. Adesso per fortuna molte difficoltà organizzative nella campagna vaccinale sembrano superate». Ma non si può dimenticare la sofferenza di tutte le persone che invece sono finite in ospedale perché il vaccino non era ancora disponibile. «Noi abbiamo osservato soprattutto il rammarico di chi all'inizio della campagna vaccinale si è ammalato senza aver avuto il tempo di potere ricevere l'inoculazione - ammette Francesco Menichetti, ordinario di malattie infettive dell'Università di Pisa - Molti ci dicevano avessi fatto il vaccino prima, non mi sarei trovato in questa triste condizione. Purtroppo, è stata una situazione ricorrente. I ritmi della campagna vaccinale si sono dipanati in modo distonico e sono state tante le persone rimaste fuori a lungo pur avendone diritto anche solo per l'età». Al rifiuto incosciente del vaccino in alcuni casi subentra la richiesta di un farmaco miracoloso. Brytney Cobia, una dottoressa che, come riporta il quotidiano The Mirror, si prende cura di pazienti in un reparto covid in Alabama, negli Stati Uniti, di giovani disperati che chiedono il vaccino prima di non essere intubati ne ha visti tanti, troppi. Purtroppo, però, poi non si torna indietro. Ecco perché l'esortazione degli esperti dunque è di vaccinarsi, il prima possibile, per non doversene pentire. Nessuno è immune dal rischio di ammalarsi di covid e di avere bisogno di cure.

Chi non si immunizza deve almeno pagare i danni che provoca. Rifiutare la vaccinazione significa creare “esternalità negative” sul resto della società. Per questo è giusto sospendere medici e insegnanti no-vax. La Repubblica il 20 luglio 2021. Secondo Giorgia Meloni il patentino sanitario è «raggelante, l’ultimo passo verso la realizzazione di una società orwelliana». Orwell non sarebbe d’accordo. Quando fumo danneggio non solo i miei polmoni, ma anche quelli di chi mi sta intorno. È solo un esempio di “esternalità negativa” delle nostre azioni sugli altri. Un concetto non chiaro a Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, che nell’intervista di domenica su Repubblica, ha invitato gli under 40 a non vaccinarsi perché «al di sotto di quell’età la letalità è inesistente». Anche se fosse vero che il rischio è inesistente (e non lo è), vaccinarsi serve a proteggere ancor più gli altri, i propri genitori, gli amici, i colleghi, che se stessi. Moltissime nostre azioni comportano esternalità negative. La famosa frase «la mia libertà finisce dove iniziano i diritti degli altri» quindi non è una questione costituzionale o etica, ma pragmatica. Il legislatore proibisce di fumare in pubblico in ambienti chiusi perché l’effetto dannoso sugli altri è immediato; non proibisce di fumare in cima a una montagna, sia perché la esternalità è meno immediata (i soldi che la collettività dovrà spendere per curare i polmoni del fumatore incallito) sia perché sarebbe comunque difficile far rispettare la norma. Lo Stato scoraggia però l’esternalità negativa con una tassa. Ovviamente ci sono miriadi di aree grigie: quando una attività genera esternalità così negative da meritare di essere proibita, o tassata? Non c’è una regola e la Costituzione non può aiutare. Fino al 2005 si poteva ancora fumare a piacimento in molti locali pubblici, poi la società ha deciso che gli effetti negativi sulla collettività prevalevano sulla libertà di fumare. Una delle lezioni della pandemia è la forza e la pervasività delle esternalità negative. La decisione di concentrare i vaccini quasi esclusivamente tra i Paesi ricchi si è ritorta contro di loro, perché ha favorito la nascita di varianti nei Paesi più poveri che rischiano di devastare anche i Paesi più ricchi. Se si fa un rapido calcolo del costo di una dose di vaccino e dei danni economici (per non parlare più in generale dei danni umani) della variante Delta nei Paesi ricchi, è probabile che a questi ultimi converrebbe fornire i vaccini gratis e al più presto a tutta la popolazione mondiale. Più vicino a casa nostra, la libertà di un individuo di non vaccinarsi ha ovvie esternalità negative sul resto della popolazione, perché crea enormi costi alla società per curare i no-vax che si ammalano e perché impedisce il ritorno a una vita sociale normale. Una ulteriore importante complicazione della pandemia sta nel fatto che mentre un individuo che fuma è immediatamente riconoscibile e, al limite, si può scegliere di allontanarsene, un individuo non vaccinato non è esternamente riconoscibile e la comunità non ha i mezzi per evitarne l’esternalità negativa. D’altra parte, una campagna di vaccinazione forzata è impensabile: sarebbe immorale, incostituzionale, e inattuabile in pratica. Anche qui, la soluzione non può che essere pragmatica: ci sono esternalità negative più forti di altre, su cui la società ha il diritto di intervenire. I due casi ovvi sono scuola e ospedali. I risultati delle prove Invalsi resi pubblici nei giorni scorsi ci hanno dato una misura dei danni causati dalla chiusura delle scuole: è come se in alcune materie si fosse cancellato un intero ciclo scolastico. Se vogliamo che le scuole riaprano tutte in presenza a inizio settembre non rimane che impedire l’accesso fisico alle classi a chi, studente o insegnante, non si è vaccinato, non è guarito dal coronavirus o non ha un test negativo rinnovato quotidianamente. Gli insegnanti che non rispettano queste condizioni verranno temporaneamente sospesi e potranno più in là svolgere attività didattiche di recupero in remoto, con una retribuzione inferiore a chi opera in presenza. Gli studenti delle scuole secondarie che non volessero vaccinarsi potranno seguire le attività a distanza che le scuole continueranno ad offrire. Non è necessario soffermarsi sul caso dei medici no-vax, e sulle enormi esternalità negative che generano a contatto con pazienti già fragili. Oltretutto, qui il problema della non riconoscibilità è enorme. Se sono ricoverato d’urgenza in ospedale come posso sapere se il medico che mi visita o mi opera è no-vax? Anche in questo caso la società ha il diritto di proibire a un medico no-vax di esercitare la sua professione, se non in privato previa adeguata informazione al paziente. Poi ci sono i casi solo apparentemente meno eclatanti. Con buona pace di Salvini, studi e simulazioni (ma basterebbe il buon senso) mostrano che i ristoranti chiusi sono tra gli ambienti più pericolosi per la trasmissione del virus. E, come negli ospedali, non ho modo di difendermene da solo, perché nessuno sa chi tra i clienti sia vaccinato e chi no. Ovviamente tutto questo coinvolge il ruolo della privacy. Non informare che non mi sono vaccinato esercita una enorme esternalità negativa se sono un medico, un insegnante, o se mi siedo in un ristorante affollato. Dove finisce il mio diritto di non far sapere che non mi sono vaccinato? Anche qui è una questione pragmatica su cui decide la società, non un assoluto costituzionale che prevale sempre e ovunque. Il Garante della privacy è un agente della società, non un sovrano assoluto. La società, tramite il legislatore, ha diritto di dire al garante cosa deve garantire. Non possiamo imporre alle persone di vaccinarsi. Ma, come abbiamo fatto con il fumo, possiamo e dobbiamo disincentivare le esternalità negative di chi si mette nella condizione di danneggiare gli altri.

Camilla Mozzetti per “Il Messaggero” il 31 agosto 2021. «I no vax che contraggono il Covid e finiscono nelle Terapie intensive degli ospedali del Lazio dovranno pagare i ricoveri». È perentorio l'assessore alla Sanità della Regione Alessio D'Amato «perché - dice - queste persone che rifiutano la vaccinazione, mettendo a rischio la libertà altrui, devono assumersi la responsabilità fino in fondo delle proprie scelte e delle proprie azioni». Non è solo una boutade quella di D'Amato. Si può fare? Tecnicamente è possibile accreditare le spese dei ricoveri nel più delicato reparto che esista ai pazienti che ci finiscono in un sistema di sanità pubblica? «Ci stiamo lavorando - prosegue l'assessore - e ci sono dei modelli a cui, ad esempio, facciamo riferimento e sono quelli della Lombardia dove un tempo veniva spedito a casa del paziente, prima ricoverato e poi dimesso, una sorta di memorandum su quanto la sua degenza fosse costata all'ente regionale». «Naturalmente - prosegue D'Amato - non si chiedeva un centesimo, era solo per mostrare al paziente il costo sostenuto per le sue cure ma con i no vax siamo intenzionati ad andare oltre». Il Lazio ad oggi è una delle Regioni con il più alto numero di vaccinati contro il Sars-Cov-2.

I NUMERI Ben 7,7 milioni sono le dosi somministrate e il prossimo primo settembre si raggiungerà la soglia di 4 milioni di residenti coperti in seconda dose e dunque con il ciclo vaccinale concluso. Ma resta uno zoccolo duro di refrattari al percorso di immunizzazione che del vaccino non vuole proprio sentire parlare. Principalmente per posizioni ideologiche, la maggior parte degli attuali non vaccinati comprende persone dai 50 anni in su. Quelle che - studi e analisi sugli attuali ricoveri nelle Terapie intensive - hanno più probabilità di finire nelle rianimazioni se contraggono il virus. Nel Lazio attualmente ci sono 70 persone ricoverate in rianimazione e l'età media supera i 45 anni. «La libertà di tutti non deve essere messa a rischio da posizioni ideologiche di pochi», prosegue D'Amato che aggiunge: «La Regione sta studiando il modo di contestare ai no vax le spese per le cure mediche, lo faremo è ora di mettere un punto».

LE SPESE L'assessore, al termine della visita a Villa Monte Mario (una delle nove strutture messe a disposizione dalla Regione per l'accoglienza di 950 profughi afghani arrivati da Kabul), sciorina anche i costi. «Giornalmente ogni ricovero in Terapia intensiva costa circa 1.500 euro - prosegue - per degenze medie non inferiori ai 17 giorni». L'obiettivo però è chiaro: si punta a vaccinare quanto più possibile per garantire un futuro a tutti senza più l'incubo della pandemia e non per mero calcolo economico. «L'aspetto più difficile da accettare - conclude l'assessore - è che queste persone no vax nel momento esatto in cui finiscono ricoverate si rendono conto del dramma e del pericolo che stanno correndo e tutti si pentono di non essersi vaccinati». Nella Regione, stando all'ultimo report della cabina nazionale che monitora settimanalmente l'andamento delle vaccinazioni, ci sono 250.152 residenti tra 50 e 79 anni che non hanno chiesto né prenotato una dose di vaccino.

«CAGNARA IMMONDA» Sui no-vax interviene anche il Governatore del Lazio Nicola Zingaretti commentando l'aggressione contro alcuni giornalisti: «Chi ha aggredito un altro cittadino italiano, un giornalista o chiunque sia, deve essere garantito alla giustizia e punito secondo le leggi della Repubblica italiana. Nessuno può aggredire un altro cittadino e restare impunito. Non dimentichiamoci mai che questi folli estremisti no-vax sono tutti vaccinati perché da bambini hanno avuto il vaccino per la pertosse, o l'epatite che in Italia, per fortuna, sono malattie sconfitte grazie a quei vaccini. È folle, invece, che dei vaccinati stiano alzano questa cagnara immonda contro un virus ancora in circolazione e pericoloso. E lo se dico io, oggi, lo faccio anche con assoluta cognizione di causa, per motivi personali. Con queste minoranze estremiste non bisogna avere nessun dialogo, soprattutto se negano liberata agli altri».

Coronavirus, la proposta di Ilaria Capua contro i no vax: "Quanto dovete pagare per ogni giorno di ricovero". Libero Quotidiano il 21 luglio 2021. Chi non si vaccina paghi: è la proposta avanzata dalla nota virologa Ilaria Capua che, sulle colonne del Corriere della Sera, ha detto la sua: "A chi non si vaccina per scelta, si potrebbe immaginare di addebitare una piccola franchigia in caso di ricovero Covid. Si tratterebbe di una sorta di ticket che vada a coprire almeno i costi non sanitari dell'ospedale: letto, biancheria, mensa, servizio di pulizia, utenze". Parole che hanno subito acceso la polemica. "In cambio della libertà di scegliere se vaccinarsi o no, si potrebbe chiedere un piccolo contributo rispetto al costo totale del ricovero in terapia intensiva - ha continuato la virologa direttrice dell'One Health Center of Excellence dell'Università della Florida -. Si tratterebbe solo di 1000-2000 euro al giorno. Il resto, ovvero i costi di medici, infermieri, medicine e altro necessario alla cura, sarebbero esclusi dal compito perché quelli ce li passa lo Stato, visto che la sanità è pubblica. Per ora, e fintanto che il sistema non finisca dissanguato". La Capua ha spiegato di aver fatto questa proposta perché "ogni malato di Covid, ricoverato in terapia intensiva o subintensiva, costa decine e decine di migliaia di euro". Poi ha aggiunto: "Le vittime di oggi, e dei tempi a venire, saranno individui che non hanno iniziato o completato il ciclo vaccinale. Sono solo i non vaccinati a finire in ospedale e a prescindere dall'età anagrafica, saranno solo i non vaccinati a incidere sul bilancio degli ospedali".

Ilaria Capua per il "Corriere della Sera" il 21 luglio 2021. Che brutto momento. Le voci incontrollate sulle proprietà trasformate della variante Delta si oppongono all'esercito di illusi che credono che questa crisi sanitaria scomparirà per miracolo spazzata via dai venti estivi. Già, perché se così non fosse, appena si ricomincia a frequentare più i luoghi chiusi invece degli spazi aperti il nostro Sars-CoV-2 si troverà nella condizione di nuocere ancora alla nostra salute e alla nostra economia. Ricapitoliamo gli ultimi sei mesi: abbiamo iniziato e portato avanti una campagna vaccinale con risultati straordinari. I vaccini di nuova generazione, messi a regime, hanno praticamente azzerato le morti in tutti i Paesi che sono riusciti a immunizzare le fasce a rischio ospedalizzazione. La scienza ha fatto il suo dovere. I vaccini funzionano e i dati raccolti indicano che sono molto più sicuri di qualsiasi altro vaccino utilizzato sino ad oggi. I grandi numeri parlano chiaro: il rischio di subire i danni che il virus può provocare anche in soggetti che sviluppano la forma asintomatica è di gran lunga maggiore degli eventuali effetti associati alla vaccinazione. I dati di tutti i Paesi occidentali sono concordi: i nuovi vaccini registrati presso le Autorità Ue e Usa sono pienamente efficaci nei confronti della forma grave provocata dalle varianti esistenti. Ma cosa possiamo volere di più? Vi ricorderete che all'inizio, anche nei Paesi occidentali, il vaccino non si trovava e sembrava che ce l'avrebbero fatta solo gli americani. Adesso che ce n'è in abbondanza per noi europei (a neanche 8 mesi dalla produzione del primo flacone) c'è una parte di noi che fa i capricci. Non parlo degli estremisti, di quelli che mai e poi mai si farebbero inoculare un preparato biotecnologico come un vaccino (o come molti fermenti lattici o l'insulina, peraltro) perché temono di diventare creature geneticamente modificate. Sto parlando di quelli che fra chiacchiere da bar, cose sentite in tv e una sana dose di egoismo miope oltre che insopportabile si sono trasformati in dei convinti sostenitori del «ma io anche no» e stanno creando i presupposti per un altro inverno di chiusure e di ambulanze a sirene spiegate, di esami di screening o controllo oncologico posticipati che si porteranno via ancora vite oltre ad aggiungere dolore e sofferenza a questi anni durissimi. Ma davvero. Basta pensare che tanto a me non (mi) viene, basta voltarsi dall'altra parte mentre i nuvoloni si caricano di pioggia e di tempesta. Basta credere che ci penserà qualcun altro a vaccinarsi e che ci si può sentire esonerati o giustificati da un atto di responsabilità civile che serve a fermare l'emorragia di vite ma anche di soldi dal nostro sistema sanitario. Perché c'è anche un aspetto che sfugge ai più. Ogni malato di Covid ricoverato in terapia intensiva o subintensiva costa decine e decine di migliaia di euro. I pazienti Covid del nostro recente passato - il mondo prima dei vaccini - hanno gravato inevitabilmente, loro malgrado, sulla Sanità europea in termini di centinaia di milioni euro. Le vittime di oggi, e dei tempi a venire, saranno individui che non hanno iniziato o completato il ciclo di vaccinazione. In altre parole, sono solo i non vaccinati a finire in ospedale. E a prescindere dall'età anagrafica saranno soltanto i non vaccinati a incidere sul bilancio degli ospedali. Ma allora ai non vaccinati per scelta - ovvero coloro che rifiutano di assumere una misura di salute pubblica necessaria a tenere l'emergenza sotto controllo, e di conseguenza uno strumento essenziale per mantenere in equilibrio il sistema sanitario nazionale - si potrebbe immaginare di proporre una piccola franchigia, per non dire ticket, in caso di ricovero Covid che vada a coprire almeno i costi «non sanitari» dell'ospedale: letto, biancheria, mensa , servizio di pulizia, utenze. In cambio della libertà di scegliere se vaccinarsi o no, si potrebbe chiedere un piccolo contributo rispetto al costo totale del ricovero in terapia intensiva. Si tratterebbe soltanto di 1.000-2.000 euro al giorno. Sì, al giorno. Il resto, ovvero i costi di infermieri, medici, medicine ed altro necessario alla cura, sarebbero esclusi dal computo perché quelli ce li passa lo Stato. Per ora, e fintanto che il sistema non finisca dissanguato.

Sul caso a "Ballando con le Stelle" interviene perfino Roberto Burioni. Mietta replica alla “gogna”, la polemica con Selvaggia Lucarelli: “Non posso vaccinarmi, mi aspetto delle scuse”. Vito Califano su Il Riformista il 25 Ottobre 2021. Mietta adesso si aspetta le scuse: le scuse di Selvaggia Lucarelli, si capisce. Ma sul caso esploso a Ballando con le Stelle non è tutto visto che interviene anche il virologo Roberto Burioni che chiede conto alla cantante. Insomma vaccino sì, vaccino no, Green Pass e No Green Pass, e la polemica esplosa nello show di Rai1 di Milly Carlucci si allarga perfino. Sono gli stessi bisticci che si verificano in tutta Italia in questi giorni. Lucarelli nella serata di sabato sera aveva chiesto alla cantante, che non aveva potuto partecipare alla gara per via della sua positività al coronavirus, se fosse vaccinata. E la cantante, in competizione con il ballerino Maykel Fonts aveva nicchiato. “Perché dobbiamo parlare di questo? – aveva detto – Nessuno vuole mettere a rischio la salute di nessuno. Non sono sulla difensiva, forse sono solo delusa perché volevo stare lì e non parlare da casa”. Apriti cielo: polemica, bufera, pettegolezzi. Mietta quindi è tornata sul caso dicendosi “profondamente dispiaciuta per quanto accaduto” e “per l’attacco a cui sono stata sottoposta e che mi costringe a chiarire alcune cose che dovevano rimanere nella mia sfera privata”. La cantante si è detta non “contraria al vaccino, ma non l’ho ancora effettuato per motivi di salute che riguardano esclusivamente me. Quando ci saranno le condizioni non avrò problemi a farlo, ma al momento non posso. Trovo vergognoso dovermi giustificare ed essere costretta a mettere in piazza una situazione così privata per la quale non mi ero ancora confrontata con chi intendevo confrontarmi. Proprio per questo ieri sera sono rimasta spiazzata, perché non volevo condividere il mio privato in diretta. In queste settimane ho lavorato regolarmente effettuando una serie di tamponi che mi hanno garantito il rilascio del Green Pass, unica vera discriminante per poter lavorare. La legge prevede obbligo di green pass non di vaccinazione. Ne approfitto per ringraziare Milly Carlucci e tutta la famiglia di Ballando con le Stelle per la solidarietà ricevuta e non vedo l’ora e di tornare in pista per tornare a divertirmi col mio amico Maykel Fonts. Resta inteso che agirò in ogni sede a tutela della mia privacy e della mia dignità e che mi aspetto delle scuse da chi mi ha messo inopinatamente alla gogna“. Questa la durissima replica della cantante. Sul caso però, inaspettatamente, è arrivato perfino il virologo Roberto Burioni, intervenuto su Twitter a chiedere conto a Mietta: “In nome della privacy la domanda non si può fare, ma mi farebbe molto piacere sapere quale ‘motivo di salute’ impedisce a Mietta di vaccinarsi, visto che la controindicazione esiste sostanzialmente per quelli con meno di 12 anni e per chi ha recentemente ricevuto un trapianto”. Una questione in bilico tra politica e privacy che promette ancora scintille. 

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Da leggo.it il 29 ottobre 2021. Selvaggia Lucarelli minaccia l'addio a Ballando con le Stelle. La giornalista è tornata a parlare del caso di Mietta, la concorrente risultata positiva al Covid che ha spiegato di non essersi vaccinata per motivi di salute. La vicenda ha acceso un vero caso in Rai, tanto che è intervenuta anche la conduttrice del programma Milly Carlucci che ha cercato di mediare tra Selvaggia e Mietta. Se da un lato Selvaggia non accetta il fatto che un concorrente non sia vaccinato, la cantante ha spiegato di non averlo fatto per motivi di salute, motivazione che però è sembrata poco attendibile visto che allo stato attuale il vaccino contro il Covid è sconsigliato a persone che sono state trapiantate da poco e per i minori di 12 anni. Durante l’ultima puntata di Piazzapulita su La7, Selvaggia Lucarelli ha spiegato che la domanda sul vaccino, per cui Mietta ha annunciato provvedimenti legali, le è venuta spontanea e le è sembrata lecita: «Se una persona si prende il Covid in un contesto in cui siamo tutti vaccinati e dove ci sono anche ultraottantenni e persone con malattie serie, io mi domando se lei sia vaccinata. Mi sembrava importante che lei lo dicesse». Poi ha parlato della denuncia spiegando che provvederanno i suoi avvocati ma ha continuato: «Io non sono disposta a lavorare con continuità con una persona che non si è vaccinata, non voglio parrucchieri, truccatori, persone sedute accanto a me non vaccinate. E lo chiedo, mi è successo di chiederlo. Non è solo una questione di salute, per me è una scelta. Io voglio che le persone che lavorano con me abbiano la mia stessa sensibilità su alcuni temi».

Taranto, dati di agosto: i no Vax finiscono in ospedale cinque volte in più rispetto ai vaccinati. Nel corso del mese di agosto, presso le strutture ASL Taranto, si sono registrati 35 nuovi ricoveri per Covid. La Voce di Manduria martedì 31 agosto 2021. Dai dati a disposizione di ASL Taranto, risulta che la probabilità di essere ricoverati a causa del Covid è di circa cinque volte superiore nella popolazione dei non vaccinati rispetto a quella che si rileva tra i vaccinati. Infatti, ogni 100 mila vaccinati (viene considerato qui il dato medio tra l’inizio e la fine del periodo di riferimento) si registrano 2,7 nuovi ricoveri, mentre se ne registrano ben 13,4 su un pari numero di non vaccinati. Nel corso del mese di agosto, presso le strutture ASL Taranto, si sono registrati 35 nuovi ricoveri per Covid. Di questi, 25 (pari a oltre il 71%) hanno riguardato persone non vaccinate, mentre 10 ricoverati (meno del 29%) erano vaccinati. La distribuzione di vaccinati e non vaccinati tra i ricoverati per Covid non rispecchia quella della popolazione ionica, in cui vi è una prevalenza piuttosto netta dei vaccinati. Infatti, all’inizio del mese (2 agosto) il 64,2% della popolazione residente in provincia di Taranto aveva ricevuto almeno una dose di vaccino anti-covid, quota salita fino al 69,1% alla fine del mese (dato del 27 agosto). In altri termini, appare decisamente più probabile contrarre il Covid con conseguenze tali da richiedere l’ospedalizzazione per chi non è vaccinato, il che è in linea con quanto ormai è stato dimostrato da diversi studi a livello internazionale. Il fatto che vi siano dei ricoverati vaccinati è da considerarsi del tutto normale: come accade per tutte le vaccinazioni, i vaccini anti-covid non annullano completamente la possibilità di contrarre il virus. Tuttavia, è ormai accertato che tali vaccini riducono enormemente la possibilità di essere contagiati; inoltre, tra i soggetti positivi al virus, l’essere stati vaccinati riduce la probabilità di conseguenze cliniche di rilievo. L’Istituto Superiore di Sanità, alcuni giorni fa, ha reso noto che il ciclo vaccinale completo protegge all’88% dalla possibilità di essere contagiati, al 94% dal ricovero in ospedale per Covid, al 97% dal ricovero in terapia intensiva e al 96% dal decesso a causa della malattia. L’ASL Taranto, dunque, rinnova l’invito ad aderire alla vaccinazione, nelle modalità già note (prenotazione sul portale regionale “La Puglia ti Vaccina”, tramite il Numero Verde 800.713931, attivo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20, o presso le farmacie accreditate al servizio FarmaCUP). La vaccinazione è l’arma più potente di cui oggi disponiamo per arginare il Covid, evitando che questo riprenda vigore e ci costringa a nuove, ulteriori restrizioni.

(ANSA il 10 agosto 2021) - "I responsabili delle terapie intensive ci dicono che quasi tutti i loro pazienti affetti da Covid, il 90%, non sono vaccinati, e ciò conferma che il vaccino è l'arma più efficace a nostra disposizione per contrastare la pandemia e i suoi effetti peggiori." Lo spiega Giovanni Migliore, Presidente della Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere (FIASO). "L'allarme sulla ripresa dei ricoveri, alcuni gravi da richiedere la rianimazione, conferma la necessità di non abbassare la guardia e di proseguire nella campagna di vaccinazione". "Le Aziende sanitarie pubbliche - ha proseguito Migliore - sono impegnate in questi giorni a vaccinare le fasce di popolazione ancora non immunizzate, ricorrendo alle iniziative più varie per raggiungere gli italiani anche nei luoghi nei quali trascorrono le vacanze. Il lavoro intenso del management della sanità italiana ad agosto ci metterà al riparo, grazie a soluzioni organizzative e gestionali innovative, da scenari peggiori nel prossimo autunno". 

Da corrieredellosport.it il 10 agosto 2021. Ancora un caso di Coronavirus nella famiglia di Iva Zanicchi. Dopo la morte del fratello Antonio, è ora la sorella della cantante a dover fare i conti col maledetto virus. "Mia sorella di 85 anni si è presa la variante Delta nonostante abbia fatto tutte le vaccinazioni ma non ha praticamente nessun sintomo. Se n'è accorta per caso perché aveva un po' di mal di gola e si sentiva stanca e dovendo andare al mare si è fatta un tampone ed è risultata positiva. Ora sta chiusa in casa aspettando di negativizzarsi ma grazie al vaccino sta abbastanza bene, se non li avesse fatti sarebbe probabilmente morta", ha fatto sapere Iva, che è favorevole alla vaccinazione obbligatoria.

Le parole di Iva Zanicchi sui vaccini. "Io so cosa significa avere il Covid, ci sono passata e sono per la vaccinazione obbligatoria. I vaccini ci hanno salvato da malattie orribili, poi se uno non vuole vaccinarsi è libero di farlo ma io lo devo sapere. Deve essere isolato non perché sono antidemocratica ma per la salvaguardia degli altri. Per fare questo serve il Green pass? Allora mettano regole più rigide e chiare. Oggi tanta gente ha paura del vaccino perché l'abbiamo spaventata con una cattiva informazione. Dobbiamo ringraziare i tanti signori e signore che ogni giorno vanno in tv a fare gli esperti senza avere alcuna competenza'', ha ribadito Iva Zanicchi.

Mauro Evangelisti per "il Messaggero" il 12 agosto 2021. «I vaccini stanno funzionando. E bene. Stanno fermando i casi gravi. Ai 4,5 milioni di over 50 che rifiutano il vaccino dico solo: guardate i dati. E tenete conto che la variante Delta ha una capacità di trasmissione da 6 a 8 volte più alta del ceppo originale. Se non si è vaccinati, è quasi impossibile non essere contagiati» dice il professor Massimo Ciccozzi, direttore del laboratorio di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell'Università Campus Bio-medico di Roma che insieme ad alcuni colleghi ha pubblicato una lettera sul Journal of Medical Virology dal titolo d'impatto: «Mentre discutiamo sui vaccini, il virus se la ride». Guardatevi i dati, dice il professor Ciccozzi.

SCENARIO E l'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità, sulla base dell'esperienza italiana, dice questo: con il ciclo completo della vaccinazione la protezione dal decesso è del 96,6 per cento. Tra l'11 giugno e l'11 luglio di 180 morti per Covid presi in considerazione, i vaccinati erano solo 34. «E di questi - ricorda Ciccozzi - 29 erano over 80 con varie patologie». Non solo: in un reparto di terapia intensiva, 9 pazienti Covid su 10 non sono vaccinati. Travolti da dichiarazioni, notizie che rimbalzano dai vari Paesi, numeri non sempre semplici da interpretare, i cittadini si domandano: ma i vaccini stanno funzionando? La sintesi, che emerge dall'ultimo studio dell'Istituto superiore di sanità, e che coincide più o meno con gli studi che arrivano anche dall'estero, è: sì, stanno funzionando, stanno riducendo il numero dei ricoveri, anche se con la variante Delta c'è una minore efficacia nel fermare l'infezione. Cosa significa? Semplificando: se sei vaccinato, hai molte meno possibilità di finire in ospedale rispetto a una persona che non è vaccinata. Hai anche molte meno possibilità di infettarti, ma in questo caso il margine di incertezza sale. Per questo motivo ieri il direttore dell'Oxford Vaccine Group, Sir Andrew Pollard, ha affermato: «Non è possibile raggiungere l'immunità di gregge con l'attuale variante Delta del coronavirus. La variante Delta infetterà ancora le persone che sono state vaccinate. E questo significa che chiunque non sia ancora vaccinato a un certo punto incontrerà il virus e non abbiamo nulla che possa fermare completamente quella trasmissione».

FUTURO Per questo, ormai molti virologi ed epidemiologi sono concordi: Sars-CoV-2 diventerà endemica, continuerà a circolare normalmente, ma non sarà un grande problema, perché se la maggioranza di noi sarà vaccinata, se lo saranno soprattutto le categorie più fragili, di conseguenza ricoveri e decessi saranno pochi e dunque la convivenza sarà accettabile. Perché ancora non siamo a questo punto? Malgrado l'Italia sia uno dei Paesi al mondo che ha vaccinato più persone, siamo ancora lontani dal traguardo: tra gli over 12, vale a dire i vaccinabili, c'è ancora oltre il 30 per cento di persone che ha rifiutato l'iniezione e non è protetto.

CONVIVENZA L'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità analizza nel dettaglio infezioni, ricoveri e decessi per Covid tra il 25 giugno e il 25 luglio. Immaginate di entrare in un reparto di terapia intensiva che raccoglie tutti i malati che, purtroppo, in Italia hanno dovuto affrontare questa esperienza: gli ingressi sono stati 203, ma di quelli la stragrande maggioranza, 180, non è stata vaccinata o, in misura minore, ha ricevuto solo una dose di vaccino. Andiamo oltre, analizziamo i decessi sempre attingendo dai dati dell'Istituto superiore di sanità: su 180 morti i vaccinati sono solo 34 (dati del periodo 11 giugno - 11 luglio). Non solo: di quei 34, 29 sono over 80, la fascia di età per la quale il tasso di letalità è molto più alto; per fortuna il 90 per cento degli over 80 è protetto con la doppia iniezione, se non lo fosse stato quel dato sarebbe molto più doloroso. I ricoveri ospedalieri, dunque considerando anche quelli in area medica, riflettono lo stesso scenario: su 3.000 pazienti Covid, solo un settimo sono vaccinati, 404. Ancora: di quei 2.526 ricoveri di non immunizzati, 932 hanno meno di 40 anni, a dimostrazione che non è vero che se sei giovane non rischi nulla. Conclude il professor Massimo Ciccozzi: «Il nostro obiettivo non è più l'immunità di gregge, ma la protezione di più persone possibile. Se il vaccino evita la malattia grave e il ricovero, allora possiamo convivere con Sars-CoV-2, così come facciamo storicamente con altri virus».

Marina Amaduzzi per "corrieredibologna.corriere.it" il 12 agosto 2021. «Se non ci fosse il vaccino avremmo il triplo dei ricoveri, vista la contagiosità della variante Delta. Su dieci pazienti nove non sono vaccinati: qualcosa vorrà dire no?». Andrea Zanoni dirige la Covid Intensive Care, la terapia intensiva Covid al padiglione 25 del Sant’Orsola dove sono ricoverate 42 persone in degenza ordinaria e 10 appunto in terapia intensiva. 

Com’è la situazione?

«I ricoveri sono aumentati molto rispetto all’agosto dell’anno scorso. Abbiamo aperto due reparti di degenza ordinaria invece di uno mezzo vuoto l’estate scorsa. In terapia intensiva ho 10 pazienti, contro i 3-4 dell’anno scorso. Insomma, c’è una pressione maggiore, ancora niente di drammatico sia ben chiaro, ma la situazione è più impegnativa».

Sono cambiati i pazienti?

«Sì decisamente. Ci sono più pazienti giovani, in terapia intensiva abbiamo avuto anche un ragazzo di 23 anni, senza comorbilità, che è stato intubato e poi estubato. L’età media dunque si è molto abbassata anche nelle degenze ordinarie dove però arrivano forme di malattia più leggere. Gli anziani sono pochissimi, così come i non vaccinati». 

Anche in terapia intensiva non sono vaccinati?

«Di quelli che ho ricoverati ora tutti, a parte uno, hanno la polmonite bilaterale, l’altro è entrato per altre patologie e dallo screening pre-ricovero è risultato positivo. I 9 con la polmonite sono tutti non vaccinati, a parte uno». 

È una ulteriore dimostrazione della differenza che fa il vaccino no?

«Assolutamente, non c’è alcun dubbio. Se non avessimo i vaccini avremo il triplo dei malati. I vaccini poi non coprono al 100% ma al 98%, per cui c’è sempre quel 2% di possibilità di sviluppare la malattia che però non è una forma lieve, breve, leggera. È vero anche che i vaccinati possono essere contagiosi, ma gli studi mostrano che il tempo di contagiosità si riduce a un quarto, quindi con meno possibilità di far circolare il virus. A meno di nuove varianti il vaccino funziona. Stiamo proteggendo le parti ricche del mondo, dove non è stata fatta una campagna vaccinale e dove c’è un’ampia circolazione del virus le probabilità che si sviluppino altre varianti è alta». 

Tornando alla comunità bolognese, cosa si aspetta per settembre?

«In realtà di questi tempi pensavo di essere vuoto come l’anno scorso, di essere in una situazione migliore. Questo stato di cose ci ha colto di sorpresa, pensavamo di passare un’estate più tranquilla, invece la passiamo con più pazienti e più pazienti intubati. Le previsioni degli esperti dell’Università di Bologna dicono che ci sarà un incremento ulteriore tra fine agosto e l’inizio di settembre. È il picco previsto da loro, anche se non è paragonabile a quello che abbiamo vissuto a marzo. Dovrebbe essere un’onda più breve e con un numero di ricoveri molto inferiore. Ci aspettiamo di essere un po’ sotto stress a fine agosto».

E dopo?

«Tutto dipende dalla campagna vaccinale. Siamo ancora dentro questa pandemia, credo che ne avremo ancora per tutto il 2022, ma per restare all’autunno molto dipenderà anche dalle decisioni che saranno prese sulla scuola. Solo i ragazzini vaccinati andranno a scuola in caso di focolaio e i non vaccinati in dad? Sono decisioni che conteranno. Tornando ai miei 10 pazienti di adesso, otto sono no vax, persone di 60-70 anni che sono stati contagiati dai figli o dai nipoti». 

Ma quando un no vax viene ricoverato si pente?

«In genere quando ti senti dire ti addormentiamo perché ti intubiamo il pentimento viene da sè. A parte una signora che ha detto chiaramente che se la vaccinavamo mentre era sotto anestesia ci avrebbe denunciato. La testa della gente è anche questa. Devo essere sincero: sono quasi più stanco degli atteggiamenti di chi non vuole vaccinarsi che del Covid in sé, ne sentiamo di tutti i colori».

Melania Rizzoli per “Libero quotidiano” il 14 agosto 2021. Chi non si vaccina non è un negazionista, ma ha semplicemente paura. Una paura mascherata da scetticismo, diffidenza, perplessità e sfiducia nelle istituzioni, un timore che va ben al di là dei movimenti anti-vax che protestano ideologicamente nel nostro Paese. La maggioranza dei soggetti paurosi che rifiutano il vaccino contro il Covid infatti, ha un sistema neurobiologico che li porta a valutare le informazioni in modo pessimistico, cioè dando più peso a quelle negative e scoraggianti, ha riserve nei confronti dei farmaci dei quali evidenzia gli effetti collaterali piuttosto che i benefici, e per questo interpreta in maniera errata dati de-contestualizzati, arrivando a convinzioni personali senza validità logica e scientifica, perché la paura, si sa, non è mai razionale. Lo studio e l'analisi delle caratteristiche psicologiche delle persone che ancora esitano o resistono alla vaccinazione, che la rifiutano oche hanno dubbi sulla utilità, validità e sicurezza, un'indagine eseguita su decine di migliaia di soggetti residenti in tutte le Regioni, conferma che la paura e la diffidenza sono i due sentimenti prevalenti riguardo a questo tema, che andrebbero gestiti sullo stesso piano da cui si generano, quello emotivo, che in queste persone appare fragile e vulnerabile, scosso da emozioni radicate che riemergono associando il siero preventivo ad eventi avversi, a rischi certi o ad elevata probabilità di morte. La paura è un sentimento che non può essere ignorato o represso, che spesso produce comportamenti aggressivi, rabbiosi e irresponsabili, e più questo sentimento cresce, più sfoga nel diniego, nella negazione dell'esistenza stessa del virus, della pericolosità dell'epidemia e del suo miracoloso rimedio. Coloro che ammettono chiaramente di avere paura sono le persone più evolute intellettualmente e culturalmente, mentre la maggioranza dei soggetti che si ritengono coraggiosi a rifiutare il vaccino, che lo dichiarano pubblicamente, vivono questa loro resistenza come un'occasione liberatoria per dare sfogo al proprio desiderio latente di vivere in guerra contro tutto e tutti, di distinguersi mettendosi in trincea, tipico atteggiamento delle personalità frustrate, sociopatiche, ansiose per natura, depresse, vittime nella vita quotidiana e nel lavoro di continui sensi di persecuzione e di ingiustizia per non essere valorizzati secondo le loro aspirazioni, cosa che li spinge ad assumere comportamenti contrari, ossessivi, paranoidi o maniacali, che arrivano all'urlo di piazza e nei social per dare valore al proprio io, per ottenere consensi fuori dal pensiero di gruppo e cercare una realizzazione personale finalmente soddisfacente in nome di una libertà di pensiero e azione che pure nessuno gli nega. In pratica queste persone sono passate dalla paura del Coronavirus, che le ha perseguitate per oltre un anno, con le notizie di migliaia di morti al giorno, tutti non vaccinati, alla paura del vaccino salvifico, nel quale non credono, non hanno fiducia, nonostante l'evidenza dei fatti dimostri come la vaccinazione di massa in atto abbia fatto crollare contagi, ricoveri e migliaia di decessi in tutta Italia, tranne che nei non vaccinati, per i quali sarà quasi impossibile non restare contagiati. La responsabilità di tutto questo in parte è dovuta alla comunicazione disastrosa e spesso contraddittoria che è stata fatta in tv e sui media nei mesi passati, la quale ha contribuito a rafforzare false credenze e superstizioni che hanno viaggiato velocissime sui social, influenzando migliaia di utenti più del virus, in un passaparola da pianerottolo divenuto immediatamente virale. È sulla base di queste paure che gli attivisti.       

Fabio Savelli per corriere.it il 14 agosto 2021. Chi si contagia di Covid tra gli over 80 e non è vaccinato ha una probabilità di morte venti volte maggiore di chi è immunizzato con due dosi nella stessa fascia d’età. Tra i 60 e i 79 anni la differenza di letalità tra i vaccinati e chi non lo è diventa ancora più eclatante: 30 volte maggiore il rischio di morte per chi non si è coperto. Tra i 40 e i 59 anni diminuisce invece di cinque volte il rischio di finire in ospedale. Tra i più giovani, 12-39 anni, siamo al rischio zero per casi in terapia intensiva tra i vaccinati. In quattro mesi, dal 4 aprile all’8 agosto, neanche un episodio. Sono i dati che l’Istituto superiore di Sanità ha diffuso ieri. Prendono in considerazione contagiati, ricoveri ordinari o in terapia intensiva e decessi legati al Covid. Sono gli stessi mesi in cui la campagna vaccinale ha accelerato diventando massiva, arrivando a coprire oltre 35,3 milioni di connazionali con doppia dose e circa 38 milioni con una. Il rapporto dell’Iss, presieduto da Silvio Brusaferro, è il frutto dell’analisi congiunta dei dati dell’anagrafe nazionale vaccini con quelli della sorveglianza Covid-19 che affluiscono dalle regioni. 

Gli over 80. Il rischio decesso tra gli over 80 diverge enormemente tra chi si è coperto e chi no. Senza due dosi chi appartiene a questa fascia d’età ha il 96,69% in più di probabilità di morire a causa del virus rispetto a chi si è immunizzato. Con una dose soltanto la differenza scende al 74,22%, un divario comunque ampio. I numeri assoluti sono più chiari: da aprile ad oggi sono deceduti 28 over 80 che avevano ricevuto due dosi e appartenevano dunque ai 4 milioni di vaccinati di questa fascia. Tra i non vaccinati il rapporto è completamente diverso: sono morti 54 anziani sui 418 mila non coperti. I contagi sono stati 756: la letalità è ancora oggi molto alta, oltre l’8%, se non ci si vaccina. Tra chi è immunizzato i contagiati sono stati invece 2.017, un numero superiore. Questo perché si è verificato quello che gli esperti chiamano «paradosso vaccinale». I numeri di casi Covid tra i vaccinati sono superiori a chi non lo è perché abbiamo coperto oltre il 93% della platea. 

La fascia 60-79 anni. In questa fascia si trovano le stesse differenze. Ancor più interessanti in caso di ospedalizzazioni in terapia intensiva, un rischio concreto per chi contrae il Covid. Chi ha completato il ciclo vaccinale, che l’Iss considera 14 giorni dopo dalla somministrazione della seconda dose, il rischio di finire allettati in carenza di ossigeno scende del 97,79% rispetto a chi non è vaccinato. E del 90,57% per chi ha ricevuto una dose sola. Ci sono stati appena 17 vaccinati con doppia dose finiti in carenza di ossigeno in questi 4 mesi. E 6 decessi su oltre 8,3 milioni di vaccinati di queste due decadi. Tra i non immunizzati i numeri divergono chiaramente: 104 persone sono finite in area medica critica (con 64 decessi) su una platea di gran lunga inferiore: 2,8 milioni di non vaccinati. 

La fascia 40-59 anni. Anche in queste due decadi differenze sostanziali tra le due categorie: vaccinati e non. Il calcolo sui ricoveri in via ordinaria a causa del Covid è esemplificativo: in quattro mesi in questa fascia d’età sono stati ricoverati 1.081 persone non vaccinate su oltre 16.800 contagiati. Significa che tra i non coperti c’è una probabilità su 16 di essere ricoverati, seppur in posti letto di degenza ordinaria. Se invece ci si vaccina la proporzione cambia sensibilmente. Appena 89 vaccinati con doppia dose sono stati ricoverati per Covid su 7,3 milioni di immunizzati. I contagi tra i vaccinati sono stati 6.873. Significa che c’è un caso ogni 77 contagi che finisce in ospedale. 

La fascia 12-39 anni. È quella dove l’analisi sull’efficacia vaccinale è più complicata perché è minore la capacità di tracciamento dei contagi. Scrive l’Iss che «una quota di infezioni asintomatiche o con sintomi lievi non siano diagnosticate, e questo è verosimile si verifichi più frequentemente nella popolazione giovane». In più tra i giovani non vaccinati c’è un altro elemento: «Lo stigma e la paura di eventuali restrizioni alla loro vita sociale conseguenti un’eventuale diagnosi» determinano una «sottostima del rischio». Significa che i numeri dei casi Covid sono sottostimati e quindi cambiano le proporzioni complessive. L’Iss registra la diminuzione del 68,32% del rischio di contagiarsi per i vaccinati con doppia dose rispetto a chi non lo è. Che scende al 41,34% con una dose soltanto. Ma si tratta, come dicevamo, di stime per difetto. Perché l’efficacia vaccinale è probabilmente molto superiore.

Da "liberoquotidiano.it" il 5 settembre 2021. Si parla di obbligatorietà del vaccino, green pass e terza dose a In Onda su La7, nella puntata del 3 settembre, condotta da Concita De Gregorio e David Parenzo e Franco Bechis fa commuovere tutto quando racconta con gli occhi gonfi la storia della sua mamma, morta di Covid dopo essersi fidata del suo medico di base molto scettico sul vaccino. Il direttore del Tempo racconta: "È un’esperienza che ho vissuto sulla mia pelle. Purtroppo, mia mamma si fidava molto di uno di questi medici che era quello che ce l'aveva in cura, non ha mai avuto niente, aveva delle allergie quello le ha messo in testa che se lei avesse fatto il vaccino sarebbe morta. Mia mamma ha preso il Covid ed è morta di Covid e l’ho vissuto perché quell'ospedale dove è stata ricoverata in Piemonte è stato uno dei primi a non consentire la procedura per cui i familiari stretti potevano entrare, con gli scafandri e quindi ho visto cos'è successo a mia mamma". Quindi conclude Bechis: "Quel medico lì io lo brucerei perché eravamo quasi riusciti a convincerla, avevo un appuntamento con un medico per fissare il vaccino purtroppo invece è stato troppo tardi. A quei medici non succede niente perché ci sono procedure lunghissime dell'ordine dei medici se non appartengono alla sanità, esercitano in proprio e non succede niente". Un racconto drammatico che ha commosso tutti, conduttori e ospiti. 

Da "corriere.it" il 14 settembre 2021. Affranto per la morte della madre e comprensibilmente infuriato con il medico torinese che le aveva suggerito di non vaccinarsi contro il Covid. Il giornalista Franco Bechis, direttore del quotidiano Il Tempo, ha raccontato la vicenda dopo aver presentato un esposto all’Ordine dei medici. «Le aveva scombinato da tempo la vita non consentendo che mangiasse più niente, mettendole in testa che aveva milioni di allergie che per tutta la vita non aveva mai avuto - ha dichiarato alla Stampa - e noi ci ridevamo sopra e le dicevamo che era un santone poi le ha detto che sarebbe morta se avesse fatto il vaccino e invece mia madre è morta di Covid. Purtroppo non sono testimone diretto dei fatti perché vivo a Roma ho solo i racconti di mia madre e delle mie sorelle che stanno a Torino». Bechis ricorda anche che l’opera di persuasione in favore del vaccino da parte della famiglia stava per dare frutti, anche dopo aver raccolto molti pareri medici. «A quel punto mia sorella ha accompagnato mamma dal medico e gli ha riportato tutti i pareri che aveva raccolto. Bene lui, ma l’ho saputo da poco, l’ha guardata negli occhi e le ha detto tu vuoi uccidere tua madre».

"Neanche un vaccinato nelle terapie intensive, la battaglia la vinciamo". Alberto Giannoni il 4 Settembre 2021 su Il Giornale. Il virologo del San Raffaele ottimista sui dati "Se i no-vax resteranno sotto il 20%, è fatta". Milano. Massimo Clementi, docente e direttore del laboratorio di virologia e microbiologia del San Raffaele, i dati lombardi attestano che ora, in terapia intensiva, ci sono solo persone non vaccinate. Chi si vaccina, dunque, non finisce in terapia intensiva.

«E molto raramente in ospedale. I vaccini, anche se in modo non assoluto, proteggono, fino al 95%, dalla malattia. L'infezione può attecchire ma la malattia molto difficilmente».

Si confermano le previsioni più ottimistiche?

«Tutti ci stiamo facendo un'esperienza su questo. Non è vero che procediamo sperimentando, ma certamente, questa infezione, alcuni elementi di novità li ha. La stiamo combattendo bene, come confermano questi dati, e altri che abbiamo. Stiamo vincendo una battaglia difficile».

La stiamo vincendo?

«Io sono molto ottimista. Se ci vacciniamo sì. L'aspetto più rilevante consiste nel fatto che, malgrado i vaccini siano stati progettati tenendo conto della sequenza del 2019, quella di Wuhan, proteggono dalle varianti più aggressive. La stessa Delta, nel nostro Paese, ha fatto salire inizialmente il numero dei ricoverati, poi rimasto stabile, ma non si è vista una ripresa come in altri Paesi che hanno attuato una strategia diversa. Dobbiamo essere soddisfatti per aver tenuto testa a questa variante più insidiosa e diffusibile».

Chi è vaccinato non si ammala ma può contagiare?

«Sì. La vaccinazione, avvenendo per via parenterale, non dà immunità nell'apparato respiratorio, il punto di ingresso del virus. Questa transitoria positività, questa possibilità di replica, fa sì che il soggetto vaccinato, a bassi titoli e per pochi giorni, sia comunque infettante. È possibile il virus possa albergare e trasmettersi. La vaccinazione non è sterilizzante. Ma protegge dalla malattia».

Scuole, cosa suggerisce?

«Quel che si sta facendo: andare avanti vaccinando il più possibile, anche ragazzi giovani, e quella quota, circa 2 milioni circa di over 50, che per diversi motivi non si sono vaccinati. Più riusciamo in queste due fasce più ci avvicineremo a un'immunità di popolazione che ci protegge. Al tempo stesso, visto che i primi, personale ospedaliero e anziani, sono stati vaccinati fra gennaio e marzo, e visto il decremento dell'immunità in 9-11 mesi, occorre iniziare i richiami con terza dose, importantissima, in grado di dare una protezione forte e di bloccare qualsiasi variante. Ce lo dicono gli israeliani con 2 milioni di terze dosi, un quinto degli abitanti».

Vedremo un decremento costante dei casi o un andamento «a ondate»?

«È impossibile che una pandemia scompaia dalla mattina alla sera come altre più piccole, come la Sars 1 del 2003. Lo scenario migliore prevede casi residuali e una convivenza con il virus, che diventerà uno dei tanti, fastidiosi agenti infettanti, senza darci troppe preoccupazioni. Al contrario, se questa fascia di non vaccinati resterà sopra il 20% è possibile che una qualche ripresa - attraverso la circolazione del virus - possa dare origine a nuove varianti. Io confido che si possa raggiungere un'immunità sempre maggiore. Anche alla luce di questi dati lombardi».

Si avverte un po' di stanchezza e una certa insofferenza nella popolazione.

«Comprensibile, ma ho visto dei ragazzi, che giocano a basket, che si sono tutti vaccinati per avere il green pass, e alcuni avevano i genitori non vaccinati e contrari. Lo considerano un valore. Quindi ci sono luci e ombre. Tanta gente è stanca, ma c'è voglia di chiudere la partita».

Terza dose: sarà l'ultima o avremo richiami annuali?

«Potrebbe essere quella definitiva ma è difficile fare previsioni. Potrebbe bastare, in ogni caso non sarebbe un gran danno, come il vaccino anti-influenzale».

La sanità italiana, in particolare quella lombarda, hanno tenuto o devono ripensarsi?

«Confrontandoci con gli altri direi che, dopo forse un iniziale sbandamento, c'è stata una risposta importante, efficiente e adeguata. E l'organizzazione della campagna vaccinale, anche grazie al generale degli Alpini, ha marciato come doveva». Alberto Giannoni

Covid, lo studio Iss conferma: ospedalizzazione 7 volte più alta per i non vaccinati, aumentano i contagi tra i bambini. Redazione su Il Riformista il 14 Agosto 2021. Aumentano i casi di contagio tra i bambini con età inferiore ai 9 anni. Mentre il tasso di ospedalizzazione per i non vaccinati è stato oltre sette volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo negli ultimi 30 giorni. A fotografare la situazione Covid in Italia è il rapporto di sorveglianza integrata settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità, che mette in risalto anche come la variante Delta, ormai diffusa in Europa così come in Italia, continui a far aumentare le infezioni da Sars-Cov2 nel nostro Paese.

Allerta contagi tra i bambini. Secondo il rapporto Iss, da fine giugno si è osservato un aumento dell’incidenza settimanale tra 0 e 40 anni. Nonostante il dato non sia ancora consolidato, il documento sottolinea come nell’ultima settimana sia stato registrato un incremento particolare nella fascia di età 0-9 anni, con un’incidenza di poco superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: è la prima volta che accade da inizio maggio. 

I numeri, simili alla settimana precedente, indicano che l’incidenza nella fascia di età 10-19 è pari a 156 per 100.000 abitanti; nella fascia 20-29 a 146 per 100.000 abitanti. Mentre nelle fasce 30-39 e 40-49 è rispettivamente a quota 79 e 56 per 100.000 abitanti.

Il confronto tra vaccinati e non vaccinati. Il report evidenzia inoltre come negli ultimi 30 giorni, il 26,3% delle diagnosi di Sars-Cov2, il 40,7% delle ospedalizzazioni, il 61,3% dei ricoveri in terapia intensiva e il 62,1% dei decessi negli over 80 siano avvenuti tra non vaccinati. Stesso discorso per ciò che riguarda il tasso di ospedalizzazione negli ultimi 30 giorni, con  52 ricoveri tra coloro che non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino contro i 7 dei vaccinati.

L’effetto “paradosso”. Quando le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura, ecco verificarsi il fenomeno denominato “effetto paradosso”, per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra vaccinati e non vaccinati, a causa della progressiva diminuzione nel numero di questi ultimi. Per esempio, si legge nel rapporto dell’Iss, nella fascia di età 80+, dove la copertura vaccinale si attesta intorno al 90%, il numero di ospedalizzazioni tra vaccinati con doppia dose è pari a 294, mentre nei non vaccinati è leggermente più basso, a quota 220.

Casi in aumento. Nel mese di agosto i contagi risultano in aumento a livello nazionale, passando a 68 per 100.000 abitanti nella settimana 2-8 agosto contro i 62 del periodo tra il 26 luglio e il 1° agosto, con un’incidenza settimanale che rimane superiore rispetto alla soglia settimanale di 50 casi ogni 100.000 abitanti “che potrebbe consentire il controllo della trasmissione basato sul contenimento ovvero sull’identificazione dei casi e sul tracciamento dei loro contatti” si legge sul documento. Resta così fondamentale rispettare le regole anti-covid, evitando comportamenti a rischio. “Una più elevata copertura vaccinale ed il completamento dei cicli di vaccinazione rappresentano gli strumenti principali per prevenire ulteriori recrudescenze di episodi di aumentata circolazione del virus sostenuta da varianti emergenti con maggiore trasmissibilità” sottolineano gli esperti.

IL 99 PER CENTO DEI MORTI PER COVID NON ERA VACCINATO. In Italia sono soprattutto i non vaccinati a finire in ospedale o a morire a causa del Covid. Dei 35.776 decessi dal 1° febbraio al 21 luglio, 423 erano vaccinati. Federico Cenci su Il Quotidiano del Sud il 28 luglio 2021. Sono soprattutto i non vaccinati a finire in ospedale o a morire a causa del Covid in Italia. È quanto emerge da un approfondimento del rapporto periodico sui decessi dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Il testo riferisce che «quasi 99 deceduti per Covid su 100 dallo scorso febbraio non avevano terminato il ciclo vaccinale, e fra quelli che invece lo avevano completato si riscontra un’età media più alta e un numero medio di patologie pregresse maggiori rispetto alla media».

IL RAPPORTO. Il periodo preso in considerazione arriva fino al 21 luglio: in quella data sono state 423 le vittime del virus cinese che avevano completato il ciclo vaccinale, pari a una percentuale dell’1,2% di tutti i decessi per Covid avvenuti dallo scorso primo febbraio, per un totale di 35.776 morti. L’Iss spiega che il primo febbraio è stato scelto «come data indice perché corrisponde alle cinque settimane necessarie per il completamento del ciclo vaccinale a partire dall’inizio della campagna». Gli esperti rilevano inoltre che l’età media di questi 423 morti risulta più elevata di quella delle vittime del Covid in generale (86,6 anni contro 80). Altra indicazione emersa dal rapporto dell’Iss è quella relativa al numero di patologie pregresse delle vittime: sono mediamente 5, un dato – osservano gli esperti – «molto più elevato rispetto ai decessi della popolazione generale». In quest’ottica, dopo l’insufficienza respiratoria acuta, «le sovrainfezioni sono le complicanze maggiormente diffuse nelle persone decedute con ciclo vaccinale completo». L’Iss offre due possibili letture a questo risultato: la prima è che «i pazienti molto anziani e con numerose patologie possono avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all’infezione da Sars-Cov-2 e alle sue complicanze pur essendo stati vaccinati»; la seconda è che la categoria degli anziani «rappresenta la popolazione con maggiore prevalenza di vaccinazione a ciclo completo alla data in cui è stata eseguita questa valutazione» in quanto ad anziani e vulnerabili è stata data priorità nella campagna vaccinale.

NUMERI RELATIVI E ASSOLUTI. Va inoltre rilevato che quattro mesi dopo l’inizio della rilevazione, il 2 giugno, data in cui la campagna vaccinale è stata aperta a tutta la popolazione, soltanto il 20,7% degli italiani aveva completato il ciclo, per un totale di 12.506.509 di persone. Quest’ultimo aspetto dimostra che nel periodo di maggior impeto del virus, a cavallo tra l’inverno e la primavera scorsi, il numero di persone che avevano completato il ciclo vaccinale in Italia era ancora scarso (il 31 marzo aveva ricevuto due dosi 3.245.884 persone, vale a dire il 5,4% della popolazione), motivo per cui era statisticamente molto più probabile che i non vaccinati potessero essere contagiati. Per avere dunque un dato comparativo efficace, le percentuali di vaccinati e non vaccinati dovrebbero essere equamente distribuite. Del resto lo stesso Iss la scorsa settimana ha pubblicato un altro rapporto in cui precisava la distinzione tra numeri assoluti e numeri relativi: «Se le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura, si verifica l’effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati». Per esempio, spiegava l’Iss in quel rapporto, «nella fascia di età 80+, dove la copertura vaccinale è alta, si osserva che il numero di ospedalizzazioni fra vaccinati con ciclo completo e non vaccinati è simile». Dall’altra parte, si legge ancora, «il tasso di ospedalizzazione negli ultimi 30 giorni nei non vaccinati è circa dieci volte più alto rispetto a quello dei vaccinati con ciclo completo (28 vs 3 per 100 mila abitanti)».

VACCINI INNOVATIVI A MESSINA. Sul fronte delle vaccinazioni si registra inoltre che la città di Messina potrebbe fare da apripista per la somministrazione attraverso una tecnologia innovativa già utilizzata negli Stati Uniti, in Australia e in India. Essa consiste in un getto ad alta velocità che sostituisce completamente l’utilizzo dell’ago, quindi della tradizionale puntura, e garantisce un totale assorbimento del vaccino per via intramuscolare. Il dispositivo medico “Comfort-in”, certificato CE, è ideato per somministrazioni sub-cutanee o intramuscolari di sostanze medicamentose.

Variante Delta, ragazzo di 21 anni in terapia intensiva. L'annuncio choc di Zaia: "Non era vaccinato". Libero Quotidiano il 21 luglio 2021. Un ragazzo di 21 anni è ricoverato in terapia intensiva all'ospedale di Verona dopo aver preso il coronavirus mentre era in vacanza. A darne notizia è il governatore del Veneto Luca Zaia che ha parlato in una intervista a ReteVeneta. Il giovane, ha spiegato il presidente Zaia non era vaccinato ed era appena rientrato da una breve vacanza a Barcellona, una delle città che registra una impennata di contagi da coronavirus. Appena tornato in Italia, il ragazzo ha fatto un tampone che è risultato positivo e dopo pochi giorni si è aggravato, tanto da essere portato in rianimazione. "Abbiamo ricoverato molti 50enni, ma sono tutti non vaccinati", spiega il governatore. "Non abbassiamo la guardia - avverte Zaia -. Non posso vedere quegli assembramenti che vedo e che sembrano la festa della Liberazione. Ho l'obbligo morale di dire le cose come stanno. Tutti i ricoverati delle ultime ore sono non vaccinati: questa è la realtà". Per cercare di contenere la diffusione del virus, soprattutto per la variante Delta che è molto contagiosa, lo stesso Zaia, pochi giorni fa, ha firmato un'ordinanza che stabilisce misure di sicurezza negli aeroporti veneti. "E' un'attività prudenziale - sostiene- che riguarda in particolar modo alcuni Paesi europei per i quali l'Ecdc (European centre for disease prevention and control) segnala criticità. Anche in Veneto abbiamo casi di positività al rientro". Per questa ragione, la nuova restrizione impone l'obbligo di sottoporsi ad un tampone, che  può essere effettuato nell'aeroporto stesso o in uno dei centri tampone del territorio. "Nelle ultime 24 ore - aggiunge l'assessore alla Sanità Manuela Lanzarin - abbiamo quattro ricoveri in area non critica, mentre gli accessi in terapia intensiva sono dodici in tutto a partire dal 6 luglio".  Intanto, continua la campagna di vaccinazione che, in Veneto, ha superato le 5 milioni di dosi somministrate: ad oggi, il 58,7 per cento della popolazione ha ricevuto la prima dose di vaccino. Bisogna proseguire. 

Da open.online.it il 16 agosto 2021. Il cardinale statunitense Raymond Burke è attaccato a un ventilatore dopo essere risultato positivo al Coronavirus ed aver contratto Covid-19. A scriverlo è l’account Twitter del religioso, che a maggio 2020 in un incontro aveva espresso scetticismo su vaccini ed obbligo vaccinale: «Deve essere chiaro che la stessa vaccinazione non può essere imposta, in modo totalitario, ai cittadini», affermava Burke, che sosteneva anche che «una sorta di microchip che deve essere posto sotto la pelle di ogni persona, in modo che in qualsiasi momento possa essere controllata dallo Stato in merito alla salute e ad altre questioni che possiamo solo immaginare». A ogni modo, aggiungeva, «deve essere chiaro che non è mai moralmente giustificato sviluppare vaccini tramite l’uso di linee cellulare di feti abortiti», una posizione successivamente smentita dalla congregazione per la Dottrina della fede. Fondatore del Santuario di Nostra Signora di Guadalupe a La Crosse e arcivescovo emerito di St. Louis oltre che Prefetto della Segnatura Apostolica, Burke risiede attualmente a Roma. Nel 2016 aveva affermato che la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane era un trionfo per i pro-vita. Successivamente si era dimesso dall’istituto Dignitatis Humanae, di cui era presidente onorario, prendendo le distanze da Steve Bannon. L’11 agosto scorso aveva annunciato sempre su Twitter la sua positività: «Sia lodato il Signore, è mio desiderio informarvi che di recente sono risultato positivo al Covid-19. Grazie a Dio sto riposando e sto ricevendo cure mediche eccellenti, Vi prego di pregare per me mentre inizio a riprendermi».

Da Lastampa.it il 17 luglio 2021. No vax convinto e in gravi condizioni nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso. Non è l’unico, anche perché, come sottolineano a più riprese virologi e immunologi «la maggior parte delle persone che ricoveriamo sono tutte persone non vaccinate». Questo paziente di 71 anni, però, ha una storia del tutto particolare. Motivo: mentre i medici lo stavano intubando lui, con un filo di voce, ci ha tenuto a sottolineare di non essersi vaccinato e non vorrà farlo nemmeno quando uscirà dall’ospedale: «Sono un No Vax convinto». A raccontare questa vicenda è la Tribuna di Treviso che ripercorre l’episodio accaduto a questo 71enne affetto da obesità. Ora l’uomo è in gravissime condizioni nel reparto Covid dell’ospedale di Treviso, dopo che il virus responsabile della Sars Cov 2 ha aggredito in modo molto serio i suoi polmoni. A rivelare alla Tribuna di Treviso il retroscena è stato il direttore generale dell'Ulss 2 Francesco Benazzi. «Un caso così grave non lo vedevamo da settimane». Secondo la ricostruzione l’uomo non ha fatto altro che sottolineare e ribadire la sua netta avversione nei confronti dei vaccini. Anche di fronte al primario anestesista che gli chiedeva come mai non si fosse immunizzato. La notizia che è stata ripresa anche dal professor Roberto Burioni su Facebook, con il post: «Tempi duri per i no-vax».

Chiara Baldi e Franco Giubilei per “La Stampa” il 13 agosto 2021. L’aria che si respira nei reparti Covid italiani trasuda l’insofferenza crescente del personale sanitario, già messo a durissima prova da diciotto mesi di pandemia, verso i pazienti no vax costretti al ricovero dopo essersi rifiutati di vaccinarsi. Un clima che, come osserva il direttore della Terapia intensiva del Policlinico di Modena, Massimo Girardis, potrebbe pure sfociare in episodi spiacevoli: «Soprattutto fra gli infermieri c’è una sorta di sentimento difficile da gestire, perché non capiscono il comportamento di questi pazienti. Rivivono una grande sofferenza fisica ed emotiva, non si rassegnano a vedere gente che si comporta così. Non mi meraviglierei se ci fosse qualche screzio fra malati e curanti. Il personale viene da un anno e mezzo di lavoro pesantissimo, qui abbiamo avuto oltre 500 pazienti in terapia intensiva».

L’insofferenza degli operatori. Oggi a Modena nove ricoverati in intensiva su dieci non sono vaccinati, circostanza che alimenta l’insofferenza degli operatori. L’anestesista spiega che quanti sono costretti a rivolgersi al suo reparto oggi si dividono in due gruppi: «Indecisi che aspettano fino all’ultimo di vaccinarsi e arrivano qui molto spaventati e un 30% di negazionisti che pensano sia un complotto per vendere farmaci. Questi ce li ritroviamo in ospedale quando non ce la fanno più a respirare». Al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, il direttore del «Covid intensive care» Andrea Zanoni riferisce di nove pazienti su dieci non vaccinati in terapia intensiva: «Le persone che approdano qui o hanno addosso l’angoscia, oppure sono informati in modo molto grossolano: quando proponiamo la terapia o l’intubazione, si oppongono. Solo quando non respirano più giungono a più miti consigli, ma c’è una presunzione nel conoscere le cose anche fra i parenti. Vorrebbero fosse dato il plasma iperimmune o gli anticorpi monoclonali e piantano grane». Parla di «nervosismo, perché la loro libertà di non vaccinarsi lede la nostra». Stesse sensazioni all’ospedale di Parma, dove se la videro bruttissima durante la prima ondata pandemica: «Nei reparti siamo tutti stanchi, anche perché i tre pazienti in terapia intensiva, così come i sette in semi-intensiva, sono tutti non vaccinati - spiega Sandra Rossi, direttrice di Anestesia e rianimazione -. Poi ci sono quelli che come ultima cosa prima di essere intubati ti dicono “se mi vaccinate vi denuncio”. E poi c’è molta gente superficiale che alla domanda sul perché non si è vaccinata risponde che preferiva aspettare, o che doveva farsi un viaggio in Spagna». Fra gli operatori sanitari non siamo all’aperta ostilità, «ma all’insofferenza sì». Giovanni Migliore, direttore generale del Policlinico di Bari e presidente della Federazione aziende ospedaliere e sanitarie italiane, sottolinea un aspetto: «Abbiamo calcolato che, per ogni paziente in terapia intensiva in meno, avremmo risorse per dieci sedute operatorie. Se con il vaccino avessimo i nove decimi di malati in meno, potremmo impiegare le risorse in modo diverso». All’ospedale Sacco di Milano la situazione peggiora di giorno in giorno e per accogliere i pazienti Covid si è dovuto riconvertire un reparto. «Nell’85% dei casi si tratta di malati non vaccinati per scelta», spiega l’infettivologo Amedeo Capetti. «Alcuni sono anche molto gravi». Anche all’ospedale di Crema, in prima linea già a marzo 2020, è tornata l’angoscia. «Eravamo diventati Covid-free, poi da qualche giorno abbiamo tre pazienti in terapia sub-intensiva, tutti con il casco. Due non sono vaccinati e uno ha una sola dose. Il quarto, un 84enne, è morto: anche lui non era vaccinato», racconta il direttore sanitario Roberto Sfogliarini. «È avvilente vedere che ancora ci siano persone che non hanno capito l’importanza della vaccinazione». 

Obbligo vaccinale necessario. A Bergamo, il direttore sanitario del Papa Giovanni XXIII Fabio Pezzoli è ancora più duro: «Chi sta fuori a fare campagna contro i vaccini dovrebbe vedere cosa sta succedendo nei reparti». Oggi la sua struttura ospita 14 pazienti di cui 11 senza neanche una dose, «numeri sconfortanti». In Liguria, a fronte di 13 positivi in rianimazione, il 90% è no vax. «La fascia più ostinata è quella tra i 50 e i 70 anni, infatti l’età media dei ricoverati è 61 anni. Curare loro, che avrebbero potuto evitare il ricovero, ci obbliga a sottrarre forze a tutte le altre cure», spiega Angelo Grattarola, coordinatore del dipartimento emergenza regionale. Che rimpiange l’obbligo vaccinale: «Lo abbiamo per tanti altri vaccini ma non per quello contro il Covid, che è stata una tragedia sanitaria, economica e sociale. È incomprensibile». 

Mauro Evangelisti per “il Messaggero” il 13 agosto 2021. Agosto ha causato una forte frenata delle vaccinazioni. Prendiamo la settimana di luglio compresa tra il 22 e il 28: si viaggiava con una media giornaliera di iniezioni notevole, 530.711; in quella successiva il vento sulla campagna vaccinale si è attenuato: 451.971. Con l'avvicinarsi di Ferragosto la situazione è peggiorata: tra il 5 e l'11 agosto la media giornaliera è scesa ancora, siamo a 372.312. In pratica, abbiamo perso 150mila vaccinazioni al giorno. Secondo il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, «è semplicemente l'effetto delle ferie, molti italiani sono partiti, ma a settembre recupereremo certamente, ed entro la fine di quel mese arriveremo al traguardo prefissato dell'80 per cento di immunizzati; così non fosse, potremmo ipotizzare altri tipi di interventi, ma ad oggi non ha senso parlarne perché siamo comunque uno dei paesi europei con la più alta percentuale di vaccinati». Ieri il commissario per l'emergenza, il generale Francesco Figliuolo, ha fatto notare: «Il 65 per cento degli italiani che hanno più di 12 anni sono vaccinati contro il Covid con entrambe le dosi. Un grande risultato che si deve anche ai giovani nella fascia 12-19 anni che, da soli, hanno richiesto negli ultimi giorni oltre il 20 per cento delle dosi, ottenendo così la massima protezione nei confronti del Covid». Stesso entusiasmo tra i ragazzi della fascia 20-29 anni. Quasi inspiegabile: giovani e giovanissimi, che per fortuna rischiano meno in caso di contagio, stanno correndo a vaccinarsi, mentre si è sedimentato uno zoccolo duro di cinquantenni e sessantenni No vax, benché il tasso di letalità in caso di contagio sia assai alto.

OK BOOMER Rispetto al tormentone che parla di giovani irresponsabili, i numeri della vaccinazione sembrano raccontare altro e chiamare in causa invece le generazioni di coloro che sono nati alla fine degli anni Cinquanta, negli anni Sessanta e negli anni Settanta (i boomer, se vogliamo, anche se in realtà l'applicazione di questa definizione tornata di moda è una forzatura). Alcuni numeri: tra i 50 e i 59 anni (tasso di letalità 0,6 per cento, dunque su 1.000 contagiati uno muore) sono quasi 2 milioni quelli che ormai possiamo definire No vax, perché non hanno ricevuto neppure una dose. Sono il 20,84 per cento di tutti i cinquantenni, con punte in alcune Regioni come la Sicilia che ha una percentuale di non vaccinati in quella classe di età al 27 per cento. Preoccupazione anche per la fetta di non immunizzati consistente tra i 60 e i 69 anni (tasso di letalità 2,8 per cento, su mille contagiati 28 muoiono): oltre 1 milione in Italia ha scelto di non vaccinarsi, siamo al 14,1 per cento, ma in Sicilia addirittura questa percentuale sale al 20,6 per cento (un sessantenne su 5 non è protetto, detto in altri termini nell'Isola), dati simili nella provincia autonoma di Bolzano (18,3 per cento). Contando anche settantenni e ottantenni (che però hanno una percentuale di adesione molto più alta) in Italia abbiamo ancora 3,6 milioni di over 50 che ancora non hanno ricevuto neppure una dose di vaccino. In autunno, come hanno spiegato tutti gli esperti, a causa della variante Delta che ha un indice di trasmissione elevatissimo, saranno i soggetti maggiormente a rischio. L'effetto del Green pass, da quando il presidente Draghi ha annunciato che per alcune attività sarebbe stato obbligatorio, c'è stato soprattutto tra i giovani, probabilmente più scafati nello sgamare le fake news che circolano in rete e più desiderosi di difendere la loro libertà. Osserva Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe (fondazione che si occupa del monitoraggio dei dati della sanità): «La fascia di età 20-29 anni con almeno una dose supera quella 30-39 e tallona quella 40-49». Non solo: sta avvicinandosi anche ai cinquantenni, a cui pure la possibilità di vaccinarsi è stata data molto tempo prima. Raffaele Donini, assessore alla Sanità dell'Emilia-Romagna: «Da noi circa il 50 per cento dei ragazzi tra 12 e 19 anni ha già ricevuto almeno una dose». Nelle Regioni, per superare questa fase di impasse di agosto, si stanno attivando varie iniziative: nel Lazio sono stati offerti biglietti per una amichevole della Roma a chi si vaccinava; a Messina, questa sera, ci si potrà vaccinare in coincidenza con il concerto di Piero Pelù.

Coronavirus e variante Delta, focolaio nello Spezia Calcio: sconcertante, "Chi ha contagiato 11 giocatori". Libero Quotidiano il 19 luglio 2021. Focolaio di Coronavirus nello spogliatoio dello Spezia Calcio e sedute di allenamento in vista della prossima stagione di Serie A sospese. Dopo la mazzata della sentenza Fifa che ha bloccato il mercato dei liguri per 4 sessioni fino al 2022 a causa di irregolarità nel tesseramento di calciatori minorenni negli scorsi anni, ora il club dell'americano Platek deve fare i conti con il Covid. All'origine del contagio ci sarebbe un giocatore, no vax dichiarato, che ha finito per infettare anche i compagni.  Come spiega il professor Vincenzo Salini, medico sociale dello Spezia e membro della Commissione medica Figc, intervistato ai microfoni di Radio Punto Nuovo, i"bbiamo provveduto ad effettuare la prima dose di vaccino. Due calciatori non hanno voluto effettuare il vaccino e si ritengono no vax e si è creato un piccolo cluster dal punto di vista clinico. Per fortuna, tutti i ragazzi stanno bene. Tutti i club stanno procedendo alle vaccinazioni". "Non convocare i no-vax? Questo spetta ai club - precisa il professor Salini -, comunque è una percentuale bassa. Penso che questo aspetto spinga ancora di più i calciatori a vaccinarsi. I calciatori vaccinati sono risultati positivi perché non abbiamo una copertura completa tra prima e seconda dose. Un calciatore, dei due no-vax, è risultato positivo e gli altri vaccinati avevano avuto da troppo poco la prima dose per la copertura. Come Commissione medica Figc abbiamo un protocollo più light perché prevede la vaccinazione. Stiamo lavorando per portare gli spettatori negli stadi. Io sono fiducioso perché i numeri dell’ospedalizzazione sono bassi e quelli che vanno incontro al ricovero sono non vaccinati. Io sono sicuro che allo Spezia, dopo la seconda dose, non avremo più problemi e così come con il green pass avremo gli stadi pieni per percentuali importanti. I calciatori dovrebbero vaccinarsi, ma noi possiamo fare solo opera di persuasione".

"Non convocare chi rifiuta vaccino? Decidono i club". Calciatori no-vax rifiutano vaccino, focolaio nello Spezia: 11 positivi e allenamenti individuali. Giovanni Pisano su Il Riformista il 19 Luglio 2021. Due giocatori dello Spezia hanno rifiutato la prima dose del vaccino e pochi giorni dopo uno dei due atleti è risultato positivo al covid-19 contagiando altri compagni di squadra, undici in totale. Il focolaio è esploso nel ritiro di Prato allo Stelvio, in Trentino-Alto Adige. Una circostanza che ha costretto il club a sospendere temporaneamente gli allenamenti di gruppo, annullare la prossima amichevole in programma mercoledì ed effettuare, dopo l’ok dell’Asl di Bolzano, allenamenti individuali in attesa che l’intera rosa esca dall’isolamento. A far luce sull’accaduto è il professor Vincenzo Salini, medico social della società ligure, protagonista di un buon campionato disputato lo scorso anno in serie A. “Abbiamo provveduto come tutte le società ad effettuare la prima dose di vaccino a tutti i calciatori, ma due di loro non hanno accettato, e si ritengono no vax, per questo si è creato un piccolo cluster dal punto di vista clinico. Per fortuna tutti i ragazzi stanno bene” ha spiegato a Radio Punto Nuovo  il professor Vincenzo Salini, già membro della Commissione Medica Figc. “Credo sia stato un caso sfortunato. Un calciatore dei due no-vax è risultato positivo e gli altri vaccinati avevano avuto da troppo poco la prima dose per la copertura”. “Non convocare i no vax? Questo spetta ai club, ma la percentuale è bassa – ha detto Salini -. Penso che questo aspetto spinga ancora di più i calciatori a vaccinarsi. Io sono sicuro che allo Spezia, dopo la seconda dose, non avremo più problemi e con il green pass avremo gli stadi pieni per percentuali importanti. I calciatori dovrebbero vaccinarsi, ma noi possiamo fare solo opera di persuasione”, ha concluso Salini.

Giovanni Pisano. Napoletano doc (ma con origini australiane e sannnite), sono un aspirante giornalista: mi occupo principalmente di cronaca, sport e salute.

Lorenzo Mottola per “Libero quotidiano” il 25 agosto 2021. Che la situazione stesse sfuggendo di mano si era capito da tempo, più o meno da quando dagli Stati Uniti è arrivata in Italia la voce che i farmaci della Pfizer trasformassero le persone in zombie come nel film "Io sono leggenda". Ora, però, la faccenda si sta spostando su un piano diverso. Tutto è partito dalla semplice paura per gli effetti della medicina. Poi sono arrivate i teorici antivaccinisti e i movimenti di piazza. Ora si tracima nel vero e proprio fanatismo. Non si trova infatti traccia di razionalità nella scelta di due sorelle di Rimini, di cui ha raccontato la storia ieri Repubblica Bologna, che hanno rifiutato il consenso a effettuare una trasfusione per salvare il padre novantenne. Le due signore romagnole pensavano di rischiare grosso, perché se per caso fosse stata usata una sacca di plasma di un vaccinato con un prodotto a Rna anche il loro papà sarebbe stato "contagiato" dal prodotto. Erano convinte che l'uomo avrebbe subito una mutazione genetica. Il medico che si è occupato del caso, dopo aver passato qualche minuto a bocca aperta, ha spiegato che non solo non si trasmette il virus attraverso una trasfusione, ma neanche l'Rna: «Il sangue subisce una lavorazione, una minima quantità di plasma è presente, ma questo aspetto riguarda decine di vaccinazioni. Non fa la differenza». In altre parole, con il sangue di un vaccinato, non ci si vaccina. In realtà sarebbe comodo, ma non è così. La coppia, tuttavia, ha provato a insistere, chiedendo l'origine del plasma in arrivo all'"Infermi" di Rimini. Richiesta cui non è stato possibile dare seguito. La donazione di sangue è anonima e viene tutelata la riservatezza. Così alla fine le sorelle hanno detto no. L'uomo, comunque, pare che se la caverà lo stesso: la terapia serviva non per salvargli la vita, ma per rimetterlo in piedi prima. E bisogna dirlo: ci sono No-vax cui è andata anche peggio. Qualche giorno fa i quotidiani locali hanno raccontato di un uomo, 44enne della provincia di Napoli, che non ha retto all'idea di aver contratto il Coronavirus. E ad abbatterlo non è stata la paura degli effetti del virus, ma la vergogna: aveva sempre sostenuto che la malattia non esistesse. Così si è piantato un coltello in pancia e poi si è lanciato dal balcone. Per fortuna, non viveva ai piani alti e la polizia l'ha raccolto prima che passasse al creatore per dissanguamento. Un caso di doloroso pentimento. Ma come ben sappiamo non sempre va così. Le cronache di tutto il mondo sono piene di storie di antivaccinisti finiti in terapia intensiva al grido "per carità non vaccinatemi". Nel precedente anno di pandemia lo stesso capitava per i negazionisti, che prima di essere intubati sostenevano di essere vittime solo di una semplice polmonite. E ovviamente, come spesso capita, su questa nuova "religione" c'è anche chi ci lucra. Negli Stati Uniti vanno di moda le raccolte fondi di No-vax per sostenere la causa. Una giornalista - licenziata per aver cercato di rivelare in diretta notizie choc contro la campagna di immunizzazione - ha racimolato più di 200.000 dollari per portare avanti la sua battaglia. Un dipendente di Facebook - fatto fuori per la stessa ragione - è arrivato a mezzo milione. E mentre c'è chi incassa, c'è chi ai soldi rinuncia. Per esempio, i proprietari di una compagnia di taxi americana che ha scelto di sviluppare un Green pass al contrario: sulle loro auto non sono ammessi vaccinati. In Italia, tuttavia, sono i medici a dover affrontare i No vax più turbolenti. Scritte con minacce ai medici continuano a comparire fuori dai centri vaccinali e dagli ospedali in mezzo Paese ("non siamo cavie, ci ricorderemo di voi", gli slogan più frequenti). Per arrivare a quanti cercano con la violenza di costringere i dottori a rilasciare certificati per essere esentati dal vaccino. Una crociata per la libertà (di ammalarsi). Finita con alcune denunce.

Martina Luoni è morta a 27 anni: era stata testimonial contro il Covid. Debora Faravelli il 14/09/2021 su Notizie.it. Martina Luoni, malata oncologica e testimonial contro il Covid durante il primo anno di pandemia, è morta 27 anni: "La leonessa ha perso la sua battaglia". Nel 2020 aveva raccontato sui social il suo calvario di malata oncologica durante la pandemia di Covid, quando si era vista rimandare un’operazione chirurgica decisiva per la sua vita: a distanza di un anno Martina Luoni ha perso la sua battaglia ed è morta a 27 anni. Ad annunciarlo sono stati i familiari: “Da oggi chiunque guarderà un tramonto si ricorderà della leonessa Martina”. Durante il primo anno pandemico Regione Lombardia l’aveva scelta come testimonial contro il Covid dopo il suo video denuncia in cui parlava dello stop alle cure per i pazienti oncologici. Malata di un cancro al colon da oltre quattro anni, Martina si era sottoposta a infiniti cicli di chemio e radio ma si era vista rimandare un’operazione chirurgica molto importante a causa della saturazione degli ospedali dovuta all’emergenza sanitaria. Il suo video aveva raggiunto i 3 milioni di visualizzazioni ed era stato condiviso anche da volti noti dello spettacolo. Il suo obiettivo era stato fin da subito quello di sottolineare come le scelte di tutti in tempo di pandemia potessero influire anche sulla vita di persone come lei che attendono delle cure che non potranno ricevere: “La mia è sia una denuncia sia un appello: una denuncia perché mi pare incredibile che non sia stato fatto di più per farsi trovare pronti alla seconda ondata ma anche un appello ai cittadini affinché rispettino le regole in modo da non sottoporre le strutture sanitarie a una pressione eccessiva“. La sua scomparsa ha lasciato attoniti gli amministratori lombardi, che l’avevano scelta come testimonial contro il Covid. Il governatore Attilio Fontana ha ricordato il suo contributo convinto e importante nel sostegno alla campagna per contrastare la pandemia. “La malattia che l’affliggeva da tempo purtroppo ha avuto il sopravvento. Non dimenticheremo mai il suo sorriso e l’energia di una ventisettenne caparbia e determinata”, ha aggiunto.

La mamma rischia la vita. Positiva al Covid partorisce prematuramente, la piccola Sharon non ce l’ha fatta. Elena Del Mastro su Il Riformista il 9 Settembre 2021. Sharon è nata appena 20 giorni fa ma il suo piccolo cuore ha smesso di battere. La mamma l’aveva potuta tenere nella pancia solo 24 settimane: aveva contratto il Covid e i medici dell’ospedale Federico II di Napoli sono stati costretti ad anticipare il parto. Le condizioni di mamma Antonietta erano e restano disperate. I medici ci hanno creduto e hanno fatto di tutto per salvare anche la piccola Sharon. La bimba ha lottato per 20 giorni ma non ce l’ha fatta, si è spenta nel reparto di terapia intensiva neonatale della Federico II. La famiglia, originaria di Ascea, è distrutta dal dolore. La mamma non si era ancora vaccinata perché per la gravidanza le era stato sconsigliato di farsi inoculare il vaccino, come riportato dal Mattino che ha ricostruito la vicenda. Antonietta aspettava la sua seconda bambina e aveva portato avanti quella gravidanza senza alcun problema. Poi alla vigilia di Ferragosto erano comparsi i primi sintomi del Covid. Poco dopo è arrivata al Pronto Soccorso del presidio ospedaliero di Vallo con difficoltà respiratorie. Nei primi giorni è stata ricoverata nel reparto di emergenza del San Luca poi per l’aggravarsi delle sue condizioni i sanitari ne hanno disposto il trasferimento in terapia intensiva. Il feto stava bene ma le condizioni della mamma peggioravano. Con il sopraggiungere della polmonite bilaterale i medici avevano deciso di trasferirla a Napoli dove aveva partorito d’urgenza. Sharon è nata ma dopo 20 giorni si è spenta. Mamma Antonietta ancora lotta tra la vita e la morte nel reparto di terapia intensiva. Tutta la comunità di Ascea si stringe intorno alla famiglia. “Dolore – scrivono su un gruppo Facebook della cittadinanza – Oggi nella nostra piccola comunità c’è solo un immenso dolore. La piccola Sharon non ce l’ha fatta. Ha lottato con tutte le sue forze, ma il suo piccolo cuoricino ha smesso di battere stamattina. Dolore e silenzio. Un intero paese si stringe intorno alla famiglia, ancora impegnata in una lunga e difficile battaglia contro un male che da due anni ci ha sconvolto le vite. Ascea è con voi, pronta a darvi sostegno e conforto”. “Ancora una volta – ha detto il dottor Salvatore Ronsini, primario del reparto di Ginecologia del presidio ospedaliero di Vallo – rinnovo l’appello a tutte le donne incinte, non devono avere paura della vaccinazione, non devono aspettare e farla subito, sappiamo che non succede nulla a loro e al feto”. Il Primario tiene a precisare che “il sistema anti Covid per quanto riguarda la maternità è ben collaudato al San Luca. Fortunatamente i casi sono stati sporadici durante la pandemia e nessuno grave come la giovane mamma di Ascea”.

Elena Del Mastro. Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

Anna Santini per corriere.it l'11 settembre 2021. Aveva 28 anni, aspettava il suo quarto figlio e insieme con la sua famiglia aveva deciso di non vaccinarsi. Ha lottato con tutte le sue forze ma purtroppo il virus ha preso il sopravvento: Palma Reale, originaria di Santa Maria Capua Vetere, è deceduta al Policlinico Federico II di Napoli, dove era ricoverata a causa dell’infezione da Coronavirus. La donna, già madre di tre bambini piccoli, era stata ricoverata nell’ospedale universitario mentre era nuovamente incinta, dopo che aveva scoperto la positività al Covid-19: nessuno dei componenti della sua famiglia aveva deciso di vaccinarsi. A causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute, era stato deciso di far nascere il bambino, che è venuto alla luce qualche giorno fa ed è in buone condizioni di salute. Palma, invece, purtroppo non ce l’ha fatta, a causa delle complicazioni ai polmoni che erano sopraggiunte dopo la positività. Il marito di Palma, Alfonso Vozza, anch’egli positivo al Coronavirus e in isolamento domiciliare insieme agli altri tre figli, aveva raccontato qualche giorno fa a Fanpage.it la storia della 28enne: «Siamo risultati positivi lo scorso 18 agosto, ma al pronto soccorso dell’ospedale di Caserta ci hanno rimandato a casa, dicendo che potevamo curarci presso il nostro domicilio. Ciò, nonostante mia moglie fosse all’ottavo mese e mezzo di gravidanza. Ore a telefono per far arrivare un’ambulanza, non sapevano neanche loro cosa fare. Alla fine, per fortuna, è intervenuto il sindaco, e finalmente si è mosso qualcosa e mia moglie è stata portata al Policlinico a Napoli». Aveva sperato, pregato ed era anche sua moglie attraverso qualche wapp a tranquillizzarlo. Ma la situazione si è aggravata e anche Palma, giovane mamma di 28 anni, si è dovuta arrendere al virus.

Dal gazzettino.it il 17 settembre 2021. Sabrina Pattarello, la maestra negazionista di 45 anni che a fine dell'anno scorso era stata allontanata dalle elementari "Giovanni XXIII" di Treviso perché diceva agli alunni di non usare la mascherina e che il Covid non esiste, è stata ricoverata e intubata all'ospedale all'Angelo di Mestre, per una grave forma di coronavirus. La donna, che risiede ed è originaria di Mestre, ma lavorava nel capoluogo della Marca, si trova in terapia intensiva. «Purtroppo tutti i ricoverati sono non vaccinati - commentano da Treviso i genitori che animarono la protesta per allontanarla da scuola - e siamo certi che lei lo sia. Umanamente ci dispiace, ma i nostri figli con lei hanno corso un grosso rischio». «Il Covid non esiste» diceva la maestra ai bambini. Una teoria ribadita con fierezza in manifestazioni e trasmissioni televisive in cui sosteneva che il virus «colpisce solo gli anziani, e chi si vaccina rischia di più». Le sue posizioni negazioniste (no mask e no vax) avevano fatto scattare l'allontanamento dalla scuola su segnalazione dei genitori.

Da leggo.it il 9 settembre 2021. Una donna No Vax di 39 anni, mamma di un bambino di 2 anni e di una bambina di sette, è morta a Milano dopo aver contratto il Covid. Residente a Piancogno, nel Bresciano, era risultata positiva dopo essere tornata da una vacanza con la famiglia. Secondo quanto ricostruito dal Giornale di Brescia, la 39enne era una No Vax convinta e l'intera famiglia non era era vaccinata. Si sono infettati anche il marito, il padre e la madre. Quest'ultima è ricoverata in gravi condizioni agli Spedali Civili di Brescia.

Da "Ansa" il 15 settembre 2021. Sui vaccini "anche nel collegio cardinalizio ci sono alcuni negazionisti: e uno di questi, poveretto, è ricoverato col virus". Lo ha detto papa Francesco rispondendo ai giornalisti durante il volo di ritorno dalla Slovacchia. "In Vaticano sono tutti vaccinati - ha comunque spiegato - tranne un piccolo gruppetto che si sta studiando come aiutare". L'aborto è "un omicidio", è come "affittare un sicario per risolvere un problema", ma sulla comunione ai politici che difendono la possibilità di scelta delle donne "i vescovi devono agire come pastori: nella storia della Chiesa, tutte le volte che i vescovi hanno gestito un problema non come pastori si sono schierati sul versante politico". Lo ha detto papa Francesco rispondendo ai giornalisti sul volo di ritorno dalla Slovacchia. "Il matrimonio - ha detto il Papa - è solo tra un uomo e una donna: è un sacramento e la Chiesa non ha il potere di cambiare i sacramenti. Ma ci sono leggi che civilmente cercano di aiutare tanta gente di orientamento sessuale diverso: è importante aiutare la gente, ma senza imporre cose che, per loro natura, nella Chiesa non vanno". Il Pontefice ha fatto anche l'esempio della legge francese sui Pacs, "senza però che questo abbia a che vedere con le nozze omosessuali: possono usarli ma il matrimonio come sacramento è uomo-donna".

Da "liberoquotidiano.it" il 15 settembre 2021. Un conduttore radiofonico Usa è morto di Covid. Bob Enyart convinto sostenitore di posizioni antiabortiste e novax, è morto dopo aver rifiutato il vaccino perché convinto che fosse stato fatto con i feti abortiti. Dai microfoni della sua radio aveva apertamente detto di rifiutare il vaccino a chiunque sostenendo che per i test erano state usate cellule di feti umani abortiti. Il 66enne era apparso in pubblico l'ultima volta a Ferragosto a San Antonio, in Texas. Qualche settimana fa poi si era ammalato insieme alla moglie. Per lui non c'è stato nulla da fare mentre la donna, anche lei no vax, si trova ancora ricoverata in gravi condizioni in ospedale. Tutti e due sono stati convinti no vax che hanno portato avanti una campagna di protesta contro i vaccini sostenendo che fossero stati creati da sperimentazioni su feti abortiti. Una tesi che si è diffusa anche sul web ma che ogni esperto ha smentito bollando come bufala. Il conduttore si era opposto a ogni forma di contenimento del virus, arrivando anche a negare lo stesso. All'inizio della pandemia avave anche sostenuto inutile l'obbligo della mascherina e bollando come "nazisti" o "burocrati maniaci del controllo" le autorità che imponevano simili obblighi. L'uomo era pastore della Denver Bible Church che a sua volta si oppone alle misure contenitive anti Covid previste dal governo.

Articolo di "The Guardian" dalla rassegna stampa di "Epr Comunicazione" il 21 settembre 2021. Trasmissioni pericolose: i programmi radiofonici anti-vax raggiungono milioni di persone negli Stati Uniti mentre le star muoiono di Covid. 

Phil Valentine, un importante conduttore radiofonico di destra del Tennessee, aveva pubblicato una canzone chiamata Vaxman, una canzoncina contro la vaccinazione Covid basata sul brano Taxman dei Beatles.

Marc Bernier, un conduttore di Daytona Beach, Florida, si era dichiarato "Mr Anti-Vax".

Dick Farrel, anche lui della Florida, esortava i suoi ascoltatori a non farsi vaccinare, e Jimmy DeYoung chiedeva in onda se il vaccino potesse essere una "forma di controllo governativo sul popolo".

Tutti e quattro gli uomini sono morti in agosto di coronavirus. Un quinto conduttore radiofonico conservatore, Bob Enyart, è morto il 13 settembre, settimane dopo aver detto ai suoi ascoltatori di boicottare i vaccini che sono stati "sviluppati immoralmente". 

La morte degli uomini, a poche settimane di distanza, ha mostrato sia la profondità del sentimento anti-vaccino tra alcuni conservatori, ma ha anche accennato ai problemi che la talk radio di destra, insieme ad altri media conservatori, sta causando mentre i tassi di vaccinazione negli Stati Uniti hanno rallentato. La talk radio locale non è spesso menzionata nelle discussioni sui media conservatori e sulla comunicazione in America. 

Fox News e i canali televisivi di destra ancora più estremi come Newsmax e One America News attirano i titoli dei giornali, e Facebook è spesso indicato come fonte di teorie cospirative, ma dietro le quinte migliaia di piccole stazioni radio compongono un mosaico di media conservatori in tutti gli Stati Uniti che è apprezzato da milioni di persone – scrive The Guardian. In termini di diffusione della disinformazione, l'impatto della talk radio non è compreso, ha detto Angelo Carusone, presidente di Media Matters, un cane da guardia dei media progressisti. "È chiaramente una forza trainante. Molte persone si concentrano comprensibilmente sull'online, specialmente quando si tratta di informazioni anti-vax. Ma la realtà è che, quando la polvere si deposita, penso che quello che scopriremo è che la vera fonte di un sacco di messaggi anti-vax più dannosi è stata guidata in gran parte dai media tradizionali: la radio e le forze tradizionali di destra come Fox News", ha detto. "Quando pensiamo alla radio, la ragione per cui ha avuto una tale influenza è la portata. Sta ancora raggiungendo il maggior numero di persone. Fox [News] raggiunge un paio di milioni di persone al giorno. La talk radio raggiunge 40 milioni, 60 milioni di persone a seconda del giorno, forse anche di più. Questi conduttori radiofonici possono essere ancora più espliciti dei loro equivalenti su Fox News. I personaggi della rete televisiva di destra tendono ad essere cauti su come affrontano l'opposizione ai vaccini, esortando gli spettatori a "parlare con un medico" e a prendere le proprie decisioni prima di farsi vaccinare, piuttosto che dire alla gente di evitare le iniezioni. C'è meno comunicazione diretta anti-vax su Fox News, ma un recente rapporto di Media Matters ha ancora trovato che il 60% della copertura vaccinale della rete "includeva affermazioni che minano o sminuiscono le vaccinazioni". Queste affermazioni e la produzione della rete lasciano Fox News aperta a suggerimenti di ipocrisia: questa settimana è stato rivelato che la stragrande maggioranza dei dipendenti della Fox Corporation, che comprende Fox News, sono vaccinati, e quelli che non lo sono devono intraprendere test Covid giornalieri per continuare a lavorare. Un portavoce di Fox News ha indicato al Guardian uno studio del Washington Post che ha scoperto che le persone che ricevevano le loro notizie da Facebook avevano meno probabilità di essere vaccinate di quelle che ricevevano le loro notizie da Fox News. Lo stesso studio ha scoperto che gli spettatori di Fox News avevano meno probabilità di essere vaccinati rispetto alla popolazione generale. Sulle stazioni radiofoniche di destra in tutto il paese, i conduttori rimangono fedeli alle loro armi - come indicano le recenti morti. "La radio ha sempre criticato le élite e i media tradizionali, e penso che sia un'estensione di questo mettere in discussione i professionisti della salute pubblica che sono quelli che consegnano, apparentemente dall'alto, questi editti di salute pubblica sempre mutevoli legati a mascherine e vaccini e altre cose", ha detto Brian Rosenwald, uno studioso in residenza presso l'Università della Pennsylvania e autore di Talk Radio's America: How an Industry Took Over a Political Party That Took Over the United States. Mentre i conduttori radiofonici potrebbero essere la voce pubblica di questo scetticismo, è un malinteso comune che il pubblico sia "burattini", ha detto Rosenwald. Invece, sono i conduttori radiofonici che potrebbero trovarsi "intrappolati da ciò che il pubblico vuole sentire". All'inizio della pandemia, molti conduttori radiofonici di destra erano pubblicamente scettici e, non volendo perdere gli ascoltatori, e con loro gli inserzionisti, si erano messi all'angolo. "Non c'è un momento facile per dire: 'Guarda, so di aver messo in discussione i professionisti della salute pubblica, ho messo in discussione l'intera faccenda, ma ora dovresti ascoltarli, vai a farti vaccinare'. In una certa misura il genio è fuori dalla bottiglia a quel punto". Almeno due dei cinque conduttori radiofonici che sono morti hanno avuto un ripensamento quando si sono ammalati gravemente. Alla fine di luglio, dopo che Valentine era stato ricoverato da Covid-19, suo fratello Mark Valentine è apparso lui stesso sulla WWTN-FM di Nashville. "Per coloro che ascoltano, so che se fosse in grado di dirvi questo, vi direbbe: 'Andate a farvi vaccinare. Smettete di preoccuparvi della politica. Smettete di preoccuparvi di tutte le teorie della cospirazione", ha detto Mark Valentine. Suo fratello è morto il 21 agosto. Anche Farrel, morto il 4 agosto, ha cambiato idea, ha detto al Washington Post la sua amica Amy Leigh Hair. "Quando si è ammalato molto, mi ha mandato un messaggio e mi ha detto: 'Questa pandemia non è uno scherzo. Fai l'iniezione", ha detto Hair. "Ha decisamente ammesso di non averla presa sul serio. Alla fine della giornata, era dispiaciuto per questo".

Da "ilgazzettino.it" il 15 settembre 2021. Era un'attivista del QAnon (il movimento secondo cui un presunto Deep State, o poteri occulti, avrebbero agito contro Donald Trump) e una No vax. Veronica Wolski, 64 anni, è morta a causa di una polmonite dovuta al Covid, che si è aggiunta al suo ipertiroidismo. Il ricovero all’Amita Health Resurrection Medical Center ha fatto rumore perché la donna di Chicago era conosciuta nell'ambiente negazionista per i suoi video sui social. Su un gruppo Telegram aveva raccontato - spiegano i media americani - di aver chiesto di essere curata con l'ivermectina. Dopo il "no" dell'ospedale, i suoi fan si sono scatenati proprio davanti all'ospedale chiedendo a gran voce che fosse quella la terapia per farla guarire, oltre a tantissime telefonate di protesta. 

La richiesta di cura con l'ivermectina. L'ivermectina è usato per trattare malattie causate da vermi parassiti, ma alcune teorie senza alcuna prova scientifica sostengono sia una cura per il Covid-19. L'ospedale di Chicago è stato costretto la scorsa settimana a dichiarare che i suoi medici, seguendo la guida della Food and Drug Administration e dei Centers for Disease Control and Prevention, non usano l'ivermectina per i casi di coronavirus. L'ospedale si è rifiutato di commentare la diagnosi di Wolski, citando le leggi federali sulla privacy. Durante il fine settimana, alcuni sostenitori di Wolski hanno cercato di convincere l'ospedale a dimetterla. Un video pubblicato domenica sera sul canale Telegram dell'avvocato di destra Lin Wood fa vedere lui mentre chiede al telefono che l'ospedale rilasci Wolski a una persona che detiene la sua procura medica. «C'è un'ambulanza che la aspetta fuori, c'è un medico che la aspetta per curarla. Se non la rilasciate, sarete colpevoli di omicidio». Sempre lui aveva chiesto ai suoi 814 mila follower su Telegram di chiamare l’ospedale in cui Wolski era ricoverata per chiedere ai medici di curarla con l’ivermectina. Un appello che aveva causato una tempesta di telefonate. La notizia della morte di Veronica Wolski è arrivata anche in Italia, dove il virologo Roberto Burioni ha commentato così la storia: «Non esiste nessuna cura “domiciliare” efficace per poliomielite, morbillo, rosolia, parotite, epatite A, COVID-19. Esistono invece vaccini efficaci in grado di prevenire queste malattie. Chi vi dice che le “cure domiciliari” esistono è un irresponsabile. Vaccinatevi».

DA corriere.it il 14 settembre 2021. Hai Shaulian in Israele era uno dei più noti organizzatori di proteste contro green pass, mascherine e vaccini: è morto ieri di covid in un ospedale a Holon. Ma fino all’ultimo momento ha incitato i suoi a proseguire con le manifestazioni. I media israeliani ricordato infatti che Shaulian, pochi giorni fa, aveva postato su Facebook una sua foto dall’ospedale attaccato al ventilatore polmonare e al tubo dell’ossigenoterapia. Sotto l’immagine, un post: «Cari amici, le mie condizioni sono estremamente critiche, non posso parlare o rispondere alle persone. Non ho ossigeno e non riesco a stabilizzarmi. Mi sono svegliato questa mattina bagnato fradicio come se qualcuno avesse lanciato diversi secchi d’acqua. Mi ci è voluta circa un’ora per capire chi sono, dove sono e cosa ci faccio qui. La mancanza di ossigeno è una cosa orribile». Nello stesso messaggio spronava a non interrompere le proteste contro l’obbligo vaccinale: «Lo stato agisce con metodi coercitivi criminali contro di noi. Non arrendetevi! Il Green pass non verrà introdotto in Israele, non ha nulla a che fare con il Coronavirus e non ha nulla a che fare con i vaccini, ma ha a che fare con la coercizione».

Salvatore Riggio per corriere.it l'8 settembre 2021. Il mondo del motociclismo piange la scomparsa, all’età di 46 anni, dell’ex pilota spagnolo Jorge Lis. È morto di Covid in terapia intensiva nell’ospedale La Fe di Valencia. Era ricoverato da 45 giorni e la sua storia di No Vax pentito aveva fatto il giro del mondo. In tutto questo periodo era stata la sorella Elena a rendere pubblico il percorso del fratello attraverso una lettera ai giornali spagnoli e diverse interviste. Così si era saputo che Jorge Lis era passato da un comportamento timoroso a inizio pandemia nel 2020 a un comportamento negazionista, fino addirittura a consigliare ad amici e parenti (compresa la madre ultra ottantenne) di non vaccinarsi. Poi, però, il contagio, il ricovero, il pentimento per le sue posizioni No Vax e la morte. Secondo quanto Elena aveva raccontato al quotidiano di Valencia Levante, una tendenza alimentata dal fatto di avere vissuto a lungo negli Stati Uniti: «Sosteneva l'ex presidente Donald Trump e la sua rete politica, che difendono le teorie negazioniste. Una influenza tira l'altra, e un canale Youtube porta all'altro. E poi visse un inferno a causa della dipendenza da un medicinale, il Fentanil, per cui aveva una pessima opinione dell'industria farmaceutica». «In questa settimana ho avuto improvvisamente una delle mie più grandi lezioni di vita. Passare molto tempo sui social mi aveva radicalizzato all’estremo. Mi sarei dovuto vaccinare», era stato il messaggio inviato su Whatsapp dall’ex pilota alla famiglia il 13 luglio scorso, pochi giorni prima di essere ricoverato. Jorge «Coco» Lis è stato vicecampione di Spagna nella categoria 125 cc nel 1996 ed era allenatore e manager di piloti Superbike. Le due ruote erano la sua passione: è stato lui a dirigere la carriera di Bernat Martínez (morto sei anni fa in un incidente a Laguna Seca) verso il campionato nordamericano, si è occupato anche di guidare i giovani piloti e, quest'anno, è stato il manager del pilota sudafricano Steven Odendaal nella competizione Supersport del Campionato Mondiale Superbike. «Non ho né la forza né la voglia di addentrarmi in polemiche», scriveva la sorella in un articolo del 15 agosto. E ancora: «La realtà è molto semplice: il Covid-19 uccide e i vaccini salvano vite. Potrebbero non fermare completamente le infezioni, ma impediscono di finire in terapia intensiva. E questo è più che sufficiente».

Anna Paola Merone per il Corriere.it l'8 settembre 2021. Stringe fra le mani una lettera. Quella che suo marito le ha scritto lo scorso 25 giugno. Con la sua grafia minuta e una prosa diretta Paolo Tortora racconta a Valentina Abbruzzeso cosa rappresenta per lei, le dice del suo amore, le chiede di essere paziente per le sue intemperanze caratteriali, le confida le sue prospettive per l’azienda che infine le affida. Presagendo quasi una fine vicina. Paolo Tortora — figura di prima grandezza nel mondo del catering, del banqueting e della ristorazione — è morto a 61 anni domenica mattina a causa del Covid. «Questi sono gli ultimi messaggi che mi ha mandato dall’ospedale — racconta Valentina —. Li ha scritti dopo che ci eravamo visti per dirmi che stare vicini era stata “una grande iniezione di vita”. Poi tutto è precipitato». 

Quando è stato intubato?

«Il 22 agosto. Aveva chiesto ai medici di vedermi, non accettava un no, ha insistito tanto chiedendo una strappo alle regole. E loro, prima di trasferirlo in rianimazione, hanno acconsentito». 

Quanto tempo vi hanno concesso?

«Quaranta minuti. Poi la sera alle 21.09 lo hanno intubato e hanno indotto il coma farmacologico. Lui non voleva. Mi aveva ripetuto mille volte che non voleva l’accanimento terapeutico. Io gli ho detto che era una piccola sedazione, non che lo avrebbero addormentato...».

Quando aveva incominciato a stare male?

«All’inizio di agosto. I primi dieci giorni l’ho curato a casa e né io né le bambine ci siamo contagiate anche se abbiamo continuato a stare tutti insieme. Io ho anche dormito con lui. Tanto eravamo comunque costretti alla quarantena». 

Poi è stato necessario il trasferimento al Cotugno.

«Sì il 12 agosto. Lui voleva che io restassi sempre fuori dall’ospedale, voleva avere la percezione di una mia vicinanza. C’è stato un momento in cui ci sembrava anche che le cose andassero meglio. Poi dopo giorni passati con il casco e qualche miglioramento la situazione è precipitata nel giro di due ore».

Suo marito non era vaccinato. Era un no vax?

«Le cose non stanno esattamente così. Paolo aveva già avuto il Covid». 

Quando era rimasto contagiato?

«Lo scorso ottobre, anche se era stato attentissimo». 

Già da qualche mese avrebbe però dovuto fare il vaccino.

«Sì, ma aveva detto che lo avrebbe fatto ad ottobre per poi affrontare l’inverno».

Dunque è finito nella morsa della variante Delta.

«Sì. E lui aveva anche una fragilità polmonare, che si portava dietro da anni. Aveva dolori alle spalle, ma prendeva un antinfiammatorio e via. Infatti i medici gli hanno trovato tessuto cicatriziale ai polmoni quando è stato ricoverato, segno di vecchi problemi». 

In queste ore si è mai rammaricata per non aver insistito affinché facesse il vaccino?

«Me lo sono chiesto, certo, ma poi mi sono anche detta che se era destino...»

Lei è vaccinata?

«Solo una dose, Pfizer». 

E la seconda?

«Lo scorso anno ho avuto un serio problema di salute e non me la sono sentita». 

Lei ha due figlie...

«Azzurra e Giulia Pia, hanno 13 e 16 anni e Paolo le ha adottate». 

Le ragazze sono vaccinate?

«La piccola ha appena compiuto 13 anni e dunque fino ad ora non si poneva neanche la questione. La grande qualche anno fa ha avuto una reazione terribile al vaccino contro la meningite e non era perciò consigliabile sottoporla ad un nuovo vaccino». 

Lei e Paolo come vi siete conosciuti?

«Per caso ed è stato un colpo di fulmine. Io sono di Foggia, lui di Napoli: ci siamo conosciuti a Brescia e fidanzati e Bergamo. Ci siamo sposati il 19 maggio 2019 ad Anacapri, al Cesare Augustus».

Lei è giovane e adesso ha un notevole peso sulle spalle.

«Ho 36 anni, ma la differenza d’età io e Paolo non l’abbiamo mai avvertita. Per lui ho lasciato Foggia e il mio lavoro, avevo una scuola materna. Grazie a lui ho scoperto e amato Napoli e incominciato ad affiancarlo in azienda. Lui ha visto in me la persona giusta per supportarlo nella vita e anche nel lavoro. Sarò all’altezza della sua fiducia, portando avanti anche i suoi tanti progetti di beneficenza».

Le esequie di Paolo Tortora si svolgeranno oggi alle 11, alla chiesa di Sant’Antonio a Posillipo. «Lui è già stato cremato — aggiunge Valentina — e dopo il funerale porterò le sue ceneri a casa con me, per tenerlo sempre vicino».  

Il decesso a 30 anni, aveva provato un cocktail di farmaci. Leader dei no-mask muore per Covid dopo tre settimane in terapia intensiva: organizzava le marce dei "dissidenti". Redazione su Il Riformista il 30 Agosto 2021. Era uno dei no-mask più noti degli Stati Uniti, diventando un paladino di complottisti e organizzatori di più manifestazioni contro il vaccino anti-Covid in Texas. Ma Caleb Wallace, 30 anni, è morto proprio dopo aver contratto il Sars-Cov-2. Il 26 luglio scorso i primi sintomi da Covid-19 ma anziché affidarsi alle cure mediche degli specialisti, ha preferito assumere un cocktail di farmaci poi rivelatisi inutili, in particolare aspirina, vitamina C e invermectina, un farmaco antiparassaitario che le autorità sanitarie americano sconsigliano come trattamento in quanto inefficace. Quattro giorni dopo la comparsa dei sintomi, la situazione è degenerata e Wallace è stato trasportato in ospedale. Qui è finito in terapia intensiva, poi la sera del 27 agosto è stato trasferito in un hospice vicino la sua abitazione, a San Angelo, per essere "accompagnato" alla morte. A comunicare il decesso di Caleb è stata la moglie Jessica, incinta e già madre di tre figli, con una quarta bambina attesa tra un mese. “Caleb è morto in pace «Vivrà per sempre nei nostri cuori e nelle nostre menti”, ha scritto sui social il 28 agosto. Jessica Wallace aveva anche organizzato una raccolta fondi su GoFundMe per fare fronte alle spese sanitarie del marito: “A coloro che gli hanno augurato la morte, mi dispiace che i suoi punti di vista e le sue opinioni vi abbiano ferito. Ho pregato che ne uscisse con una nuova prospettiva e più apprezzamento per la vita – aveva scritto sui social.- Non posso dire molto di più perché posso non parlare per lui”. Wallace era diventato un punto di riferimento nella galassia no-mask e no-vax. Nel luglio dello scorso anno, quando i vaccini ancora erano in fase di sviluppo, aveva organizzato la “Manifestazione per la libertà”, una protesta contro il governo americano contro l’obbligo di indossare la mascherina e contro le altre misure restrittive prese per fare fronte all’emergenza Covid. Non solo. Wallace aveva anche fondato i San Angelo Freedom Defenders: un gruppo nato con l’obiettivo di porre fine alla “dittatura sanitaria”, uno slogan in voga anche in Italia nell’universo no-vax.

"Chiese chiuse per il Covid? Un abuso di potere". Robert Sarah il 28 Settembre 2021 su Il Giornale. Il cardinale Sarah accusa: "Da certi vescovi misure più restrittive di quelle previste". I grandi difensori della laicità dello Stato si richiamano alla celebre espressione «Libera Chiesa in libero Stato». Solo in apparenza quest'espressione è una traduzione in altri termini del detto evangelico: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». In realtà, l'idea che soggiace a tale slogan è che la Chiesa è libera, ma all'interno (in) della libertà dello Stato. Lo Stato possiede, secondo questa visione, una libertà più ampia, in grado di garantire ma anche all'occorrenza di limitare la libertà della Chiesa. Costoro non dicono «libera Chiesa e libero Stato», bensì «libera Chiesa in libero Stato». Bisogna comunque ammettere che, nelle recenti vicende legate al Covid- 19, gli Stati hanno potuto facilmente commettere abusi di potere proibendo il culto divino, a causa dell'intiepidirsi della fede, della debolezza e acquiescenza soprattutto di noi vescovi. Nel mondo sono state numerose le situazioni in cui noi Pastori non abbiamo combattuto per preservare la libertà di culto del gregge di Cristo. In certi casi, i vescovi hanno preso decisioni ancor più restrittive dei governi civili, per esempio decidendo la chiusura delle chiese anche lì dove lo Stato non lo imponeva. Di tutto questo dovremo certamente rendere conto al giudice supremo. Oltre a trasmettere ai fedeli la falsa idea che «partecipare» a messa in streaming o anche non parteciparvi affatto è lo stesso che recarsi alla domenica in chiesa, questo atteggiamento di noi Pastori ha rafforzato la convinzione che, in fondo, pregare e dare culto a Dio sia qualcosa di meno importante della salute fisica. Quanti Pastori hanno affermato pubblicamente, durante la pandemia, che la Chiesa metteva al primo posto la salute dei cittadini! Ma Cristo è morto sulla croce per salvare la salute del corpo o per salvare le anime? È chiaro che la salute è un dono di Dio e la Chiesa da sempre la valorizza e se ne prende cura in molteplici modi. Ma più ancora della salute del corpo, per noi Pastori conta quella dell'anima, la quale è la «suprema lex», la legge suprema, nella Chiesa. Abbiamo permesso che i nostri fedeli restassero per lungo tempo senza la liturgia, senza la Comunione eucaristica e la Confessione, quando invece come si è visto bastava organizzarsi per offrire i Sacramenti in modo sicuro anche dal punto di vista sanitario. Avremmo potuto e dovuto protestare contro gli abusi dei governi, ma quasi mai lo abbiamo fatto. Molti fedeli sono rimasti scandalizzati da questa immediata e silenziosa sottomissione dei Pastori alle autorità civili, mentre queste compivano un vero abuso di potere, privando i cristiani della libertà religiosa. D'altro canto, va lodato l'esempio contrario di quei Pastori che hanno agito secondo il Cuore di Cristo, quale, per citarne solo uno, l'arcivescovo di San Francisco, mons. Salvatore Joseph Cordileone. La sua testimonianza dimostra che lottare per la giusta causa costa fatica e attira critiche ingiuste e persino calunnie o persecuzioni di vario tipo, ma che alla fine il Signore concede la vittoria. Robert Sarah

Rinaldo Frignani per "corriere.it" il 26 settembre 2021. «Non so nemmeno io come ho fatto a salire sul palco, ma penso che la gente abbia bisogno di parole vere: il green pass è illegittimo». A parlare è un vicequestore della polizia di Stato, Nunzia Alessandra Schilirò, già capo della sezione violenze sessuali della Squadra mobile romana e adesso in forza alla Criminalpol, ma anche autrice di romanzi sul disagio femminile («La ragazza con la rotella in più»). Ieri, fra lo stupore generale, ha preso la parola in piazza San Giovanni davanti a migliaia di manifestanti riuniti come ogni sabato per protestare contro il lasciapassare verde. Tremila persone per la Questura, «100 mila» per gli organizzatori. Al termine scontri in via Appia fra teppisti incappucciati e polizia, con bottiglie lanciate contro il cordone e una decina di denunciati. «Non ho fatto un discorso per il mio mestiere, è irrilevante, l’ho fatto per chiunque si sia sentito discriminato — aggiunge la funzionaria, parlando con il sito Byoblu —. Ero tutti e nessuno. Sono una persona che ama il proprio Paese e le bellezze del mondo, e lotterò sempre per esse». Fra i colleghi più di qualcuno non avrà preso bene che un dirigente della Ps si sia esposto in questo modo. È infatti ieri sera è già stata avviata un’azione disciplinare da parte del Dipartimento di Ps per i fatti di San Giovanni. «Per fortuna gli articoli 17 e 21 della Costituzione vengono in mio aiuto — replica Schilirò —: ho parlato da libera cittadina, i vertici non avranno gradito. Un’amica mi ha sconsigliato di prendere la parola. «Pensa alla carriera, tanto il male ha già vinto. Pensa a Falcone e Borsellino», mi ha detto. Ma io le ho risposto che alla fine nella storia il male ha sempre perso, altrimenti noi non saremmo qui». «Ho esercitato i miei diritti e il mio mestiere è pubblico, nessuno mi può accusare di niente. Ho giurato sulla Costituzione e non ho paura di nulla — conclude —: ripeto, sul green pass niente compromessi. Per una sentenza della magistratura ci vorrà tempo, ma noi cittadini possiamo fare molto: siamo milioni senza lasciapassare, se restiamo a casa il Paese come va avanti?». 

Roma, la poliziotta sul palco dei no vax, la doppia anima di una funzionaria pluripremiata. Romina Marceca per La Repubblica il 27 settembre 2021. Per quattro anni alla sezione della squadra mobile che si occupa della violenza su donne e minori, Nunzia Alessandra Schilirò, 43 anni, vicequestore della Criminalpol, ha risolto diversi femminicidi, ha collezionato riconoscimenti e ha scritto due libri. Ma contro vaccini e Green Pass per la ministra Lamorgese ha detto pubblicamente "frasi gravissime". E lei risponde: "Sono serena". La poliziotta No Green Pass non si arrende. Mette le cose in chiaro: "Andrò avanti sempre, con o senza divisa, per amore del mio Paese". Nunzia Alessandra Schilirò, vicequestore della Criminalpol, è un fiume in piena. Scrive senza sosta sul suo canale Telegram "Nandra", sul quale pubblica da agosto le posizioni No Vax, e che in mezza giornata è passato da mille e cinquecento a cinquemila iscritti.

Estratto dell'articolo di Romina Marceca per "la Repubblica" il 28 settembre 2021. Non ci dorme la notte. «Il Green Pass viola gli articoli della prima parte della Costituzione. E se una legge è illegittima ho il dovere di dirlo proprio perché sono una rappresentante dello Stato. Sono una poliziotta. Non ho commesso alcun reato», è ferma sulle sue posizioni Nunzia Alessandra Schilirò, la vicequestore di Roma finita al centro delle polemiche dopo le sue dichiarazioni dal palco di San Giovanni.

Il dipartimento ha aperto nei suoi confronti un'azione disciplinare. Ieri è tornata al lavoro, alla Criminalpol. «Alcuni colleghi non mi salutano più, mi vedono come un mostro. Per altri sono un'eroina. Non mi sento né l'uno, né l'altra», spiega dalla scrivania del suo ufficio.

Lo sa che rischia il posto per le sue dichiarazioni?

«Assolutamente sì. Temo che possa finire così. Ma ci tengo a chiarire che su quel palco ero una libera cittadina. Non indossavo la divisa, stavo esercitando il mio diritto di espressione. Sono conosciuta come poliziotta perché la stessa amministrazione mi ha mandata per anni in televisione a rappresentarla. Adesso mi indicano come una terrorista. È assurdo, io sono una pacifista».

Ma è anche una poliziotta. Non pensa che come donna di Stato dovrebbe aiutare le posizioni del governo e non remare contro?

«Ho lasciato l'avvocatura per fare la poliziotta, è stata una mia scelta. Ripeto, il Green Pass è uno strumento di discriminazione. Non ho commesso alcun illecito, impugnerò qualsiasi provvedimento nei miei confronti e non mi fermerò. Non potevo dire quello che penso? Lo vedremo».

Il Green Pass rientra nella strategia di lotta al Covid del governo. Non ha pensato che con le sue dichiarazioni si sarebbe messa nei guai?

«Sì, lo sapevo che sarebbe finita così ma c'è la Costituzione a tutelarmi. Lo Stato si sta sbagliando e non ho commesso un errore a dirlo in piazza».

Ha parlato di Stato "dispotico e corrotto". Gli oltre 100 mila morti di Covid sono frutto di un complotto, secondo lei?

«Ma no, assolutamente. Ma non c'entrano niente col Pass».

Lei è pro o contro il vaccino?

«Sono per la libertà di scelta. Non andrò da nessuno a dire di non vaccinarsi. Non scherziamo». 

Si è vaccinata?

«Non intendo rispondere per motivi di privacy. Diciamo che potrei ottenere il Green Pass con facilità. Ma non voglio una tessera che certifica il mio stato di salute se devo andare al cinema o a cena in un ristorante».

Valentina Errante per "il Messaggero" il 27 settembre 201. Ha preso la parola dal palco dei No Green pass a piazza San Giovanni in qualità di «libera cittadina» per esercitare i suoi «diritti sanciti dalla Costituzione» e per rimarcare che il certificato verde - «tessera di discriminazione», varato da un governo che si fa scudo di una stampa di «propaganda» - è «illegittimo» in quanto «viola l'articolo 36 del decreto 953 dell'Unione europea istitutivo del Green pass». Ma prima di impugnare il microfono, Nunzia Alessandra Schilirò è stata presentata al pubblico come «dirigente della Polizia di Stato». Perché questo è Nandra, catanese di 43 anni: vice questore con un passato nella Squadra Mobile di Roma dove ha guidato la Sezione specializzata contro i reati di genere e dal giugno 2020 in forza alla Criminalpol, la Direzione centrale della polizia criminale. Sarebbe potuto bastare questo. Poi sono arrivate le sue parole dal palco che le sono valse l'apertura di un procedimento disciplinare avviato dal Dipartimento di pubblica sicurezza. Le si potrebbe contestare la deplorazione, articolo 5 del Dpr 25 ottobre 1981, che regola le sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza. Ora rischia il richiamo ma non si escludono provvedimento più severi, invocati anche da diversi parlamentari, come la sospensione se non addirittura la destituzione, tenuto conto anche del danno indiretto recato all'immagine e al ruolo della Polizia di Stato, chiamata a far rispettare norme e decreti legge varati dal governo. Di certo la sua carriera ne esce pregiudicata. Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese ha definito «gravissime» le sue parole. «Sto seguendo la vicenda personalmente con il capo della Polizia Lamberto Giannini - aggiunge il ministro - affinché vengano accertate, con assoluta celerità, le responsabilità sotto ogni profilo giuridicamente rilevante a carico dell'interessata». «Non era in divisa, ha espresso una sua opinione», interviene a difesa Salvini, attaccando Lamorgese «non altrettanto solerte - sostiene - contro i clandestini».  Le sue idee la Schilirò non le ha mai nascoste tant' è vero che tempo fa ha aperto un canale Telegram per promuovere la battaglia contro il certificato verde. Sabato pomeriggio quelle idee le ha rivendicate ancora: «Oggi sono qui per ricordarci che esistono i divergenti». Non le importa il futuro che la aspetta: «Andrò avanti sempre, con o senza divisa, per amore del mio Paese». Dal palco parla della necessità di una «disobbedienza civile, dovere sacro quando lo Stato diventa dispotico o corrotto», dice che «il Green pass non ha nessuna base scientifica, i vaccinati si contagiano, si ammalano a volte anche gravemente come tutti gli altri» per chiudere poi con un'esortazione: «uniamoci tutti insieme per chiedere la revoca di questa tessera verde». Intanto anche i poliziotti, come tutti gli altri dipendenti pubblici, dal 15 ottobre potranno restare in servizio soltanto se forniti di Green pass. Dopo l'incontro dei sindacati con il capo della Polizia Giannini, la prossima settimana è attesa una circolare sull'applicazione delle nuove regole e l'organizzazione nel Dipartimento di pubblica sicurezza. Non sono previste deroghe per la polizia, anche gli agenti saranno costretti a rimanere a casa senza stipendio se non si vaccineranno. Attualmente, su 97.000 poliziotti, sono in 68.969 ad avere aderito alla campagna vaccinale, numeri che crescono se si considerano altri 11.500 dipendenti che hanno contratto l'infezione. Non tutti, però, avrebbero fatto il vaccino attraverso i canali del Viminale, per questo i numeri si attestano all'83 per cento dell'interno del corpo. Dopo l'incontro di Giannini con i rappresentanti di Silp Cgil e Uil, che hanno chiesto chiarimenti sull'eventuale sospensione dal lavoro per i non vaccinati, sulla revisione nella formulazione delle assenze, attualmente considerate ingiustificate, e certezze sul fatto che non ci siano conseguenze disciplinari per chi non abbia il Green pass, in settimana è attesa una circolare, che stabilirà le linee guida per evitare la discrezionalità nell'applicazione del decreto ed evitare anche che eventuali carenze di organico dovute a possibili sospensioni costituiscano un aggravio per chi invece resti in servizio. Intanto, l'11 e il 12 ottobre, ma solo a Roma, sono stati previsti due giorni di open day vaccinale dalla Direzione centrale per il personale che non abbia ancora aderito alla campagna e per quanti, avendo contratto l'infezione, non abbiano ricevuto l'unica dose prevista. Valentina Errante Camilla Mozzetti

Parla la vice questore no Green pass: "Delusa dalla polizia, non ho commesso alcun reato". Redazione Tgcom24 il 28 settembre 2021. "Su quel palco ero una libera cittadina. Non indossavo la divisa, stavo esercitando il mio diritto di espressione". Parla la vice questore Nunzia Alessandra Schilirò, la poliziotta che sabato è salita sul palco di piazza San Giovanni a Roma a una manifestazione no Green pass invocando la "disobbedienza civile". "Alcuni colleghi non mi salutano più, mi vedono come un mostro. Per altri sono un'eroina", dice intervistata da Repubblica. Nonostante l'azione disciplinare avviata nei suoi confronti, lei non arretra di un passo: "Il Green pass viola gli articoli della prima parte della Costituzione - ribadisce -. E se una legge è illegittima, ho il dovere di dirlo proprio perché sono una rappresentante dello Stato. Sono una poliziotta. Non ho commesso alcun reato". La poliziotta è tornata al lavoro da qualche giorno. "Alcuni colleghi non mi salutano più - dice -, mi vedono come un mostro. Per altri sono un'eroina. Non mi sento né l'uno, né l'altra". "Su quel palco ero una libera cittadina. Ero Nunzia Alessandra Schilirò, non indossavo la divisa. Stavo esercitando il mio diritto di espressione. Sono conosciuta come poliziotta - dice la vice questore - perché la stessa amministrazione mi ha mandata per anni in televisione a rappresentarla per le indagini che ho svolto. Adesso mi indicano come una terrorista. E' assurdo, io sono una pacifista e mi ispiro a Ghandi". A suo avviso, il Green pass "è uno strumento di discriminazione" ed è "illegittimo", e lei è pronta a impugnare "qualsiasi provvedimento" disciplinare. Sul vaccino dice di essere per la libertà di scelta, ma non rivela se è vaccinata o meno per rispetto della sua privacy. Poi conferma le  molte proposte arrivate dalla politica, ma "al momento sono una poliziotta, non ho intenzione di fare politica". E a chi chiede le sue dimissioni, replica sostenendo di non aver "foraggiato" alcun atteggiamento di violenza. "Incolparmi degli scontri è pura fantascienza".

Nunzia Alessandra Schilirò con i no vax, Luciana Lamorgese: "Gravissimo, accertare le sue responsabilità". Libero Quotidiano il 26 settembre 2021. "Riguardo alle gravissime dichiarazioni rese dal vice questore Schilirò durante la manifestazione no vax di ieri sera (25 settembre) a Roma, sto seguendo la vicenda personalmente con il capo della Polizia, Lamberto Giannini, affinché vengano accertate, con assoluta celerità, le responsabilità sotto ogni profilo giuridicamente rilevante a carico dell'interessata". A parlare del caso della partecipazione di Nunzia Alessandra Schilirò alla protesta contro il green pass in Piazza San Giovanni è il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese. La Schilirò infatti non è una qualunque: è un vicequestore della Polizia, già a capo della sezione violenze sessuali della Squadra mobile romana e ora in forza alla Criminalpol. Un curriculum di tutto rispetto che peraltro le ha consentito di sbarcare anche nel mondo dell'editoria con romanzi sul disagio femminile. Su Covid, vaccini e Green pass è però all'opposizione, totale. Talmente convinta dalle "barricate" da voler salire sul palco e prendere la parola. "Non ho fatto un discorso per il mio mestiere, è irrilevante, l'ho fatto per chiunque si sia sentito discriminato - si difende la funzionaria -. Ero tutti e nessuno. Sono una persona che ama il proprio Paese e le bellezze del mondo, e lotterò sempre per esse".  

Nunzia Schilirò sfida Lamorgese. La vicequestore no green pass: "Avanti lo stesso, con o senza divisa". Leone Gentile su Libero Quotidiano il 27 settembre 2021. Ci risiamo. Nella Milano di Sala, quella dei "compagni" figli di papà dei centri sociali, accade che negli immobili occupati abusivamente si possa ballare e sballare senza che il sindaco intervenga, e chissenefrega poi se i residenti non riescono a chiudere occhio. Le discoteche ormai sono chiuse dai tempi del "Gioca jouer", centinaia di titolari non riapriranno più, ma nel frattempo c'è chi approfitta del lassismo della sinistra per infrangere ogni regola, non solo relativa al Covid. Sabato notte l'ennesimo episodio di inciviltà, scenario il centro sociale Leoncavallo. Andirivieni di giovani su di giri, musica a tutto volume, casino dentro e fuori. Il presidente del Municipio 2, il leghista Samuele Piscina, è partito all'attacco: «Sala continua a permettere tutto ciò. Gli antagonisti, come amano essere chiamati anche se a Milano sono amici di chi governa la città, hanno occupato la strada fino alle 3 del mattino impedendo ai cittadini di dormire». A Roma i vigili hanno appena chiuso un'area pubblica dopo che un migliaio di ragazzi l'avevano adibita a discoteca all'aperto. E dell'assenza di rigore di Sala non ne approfittano solo i facinorosi, ma pure gli studenti che in assenza di controlli pensano sia consentito ritrovarsi a centinaia in piazza, come per la sbronza collettiva di piazza Leonardo da Vinci, il 3 settembre. A proposito di piazze, Nunzia Schilirò, il vicequestore di Roma che sabato è salita sul palco di piazza San Giovanni, ha detto, tra le altre cose, che «il green pass è assolutamente incompatibile con la Costituzione», e per questo dovrà affrontare un processo disciplinare. «Ero solo una libera cittadina che esercita i propri diritti» s' è difesa ieri, «se l'amministrazione non gradisce la mia fedeltà alla Costituzione e al popolo italiano, mi spiace, andrò avanti lo stesso». A quanto risulta il procedimento partirebbe dal fatto che è stata presentata dai promotori come dirigente della polizia e non come privata cittadina. Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, si è mobilitata. «Riguardo alle gravissime dichiarazioni rese dal vice questore» ha detto, «sto seguendo la vicenda personalmente con il capo della Polizia, Lamberto Giannini, affinché vengano accertate, con assoluta celerità, le responsabilità sotto ogni profilo giuridicamente rilevante». Il portavoce dell'Associazione nazionale funzionari dei Polizia, Girolamo Lacquaniti, ha invitato Schilirò a dimettersi, «per coerenza, visto che serve uno Stato nel quale sembra non credere». Schilirò aveva arringato i manifestanti definendo il green pass anche «una tessera di discriminazione» invitando alla «disobbedienza civile». L'ipotesi contestata sarebbe quella del danno d'immagine. È poi in corso una valutazione per capire se ci siano gli estremi per contestarle pure il reato d'istigazione a disobbedire alle leggi. In serata, sui social, arriva la replica esplosiva della vicequestore: "È bello apprendere dai giornali, anziché dalla propria amministrazione, di essere già sotto procedimento disciplinare. Sono molto serena. Ieri mi è capitata l'occasione di esercitare i miei diritti previsti dalla Costituzione e l'ho fatto. Il mestiere che svolgo è pubblico. Ho ricevuto quattro premi dalla società civile per i miei risultati professionali. Sono stata in moltissime trasmissioni televisive rappresentando l'amministrazione". Quindi la sfida al Viminale: "Google dedica alla professione che svolgo molte pagine. Ieri ero solo una libera cittadina che esercita i propri diritti. Se l'amministrazione non gradisce la mia fedeltà alla Costituzione e al popolo italiano, mi dispiace, andrò avanti lo stesso. Ho scelto il mio mestiere, perché credevo che non ci fosse niente di più nobile del garantire la sicurezza di ogni cittadino, in modo che chiunque fosse libero di esprimere il proprio vero sé. Se questo mi viene negato, il mio mestiere non ha più senso. Andrò avanti sempre, con o senza divisa, per amore del mio Paese".

"I miei vertici non avranno gradito". Adesso rischia azione disciplinare. Nunzia Schilirò, la poliziotta che infiamma i no vax: “L’unico virus che esiste è la paura”. Ciro Cuozzo su Il Riformista il 26 Settembre 2021. ‘Il Green pass italiano è illegittimo, è la tessera della discriminazione” e bisogna “unire le nostre energie per indicare una via migliore” perché “è vero, esiste un virus potentissimo che si chiama paura“. Sono le parole di Nunzia Alessandra Schilirò, vice questore di Roma che sabato 25 settembre è intervenuta nel corso della manifestazione contro il green pass in piazza San Giovanni a Roma organizzata da Ancora Italia, Movimento 3V, No paura day, Primum non nocere, Fisi e Fronte del dissenso. Migliaia le persone presenti  (100mila per gli organizzatori, 3mila per la Questura) che hanno applaudito lungamente il discorso, durato circa una decina di minuti, del pubblico ufficiale che ha ricordato, tuttavia, di essere “qui come libera cittadina“. Le sue parole non sono state gradite dai vertici della polizia, con il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno che ha avviato un’azione disciplinare nei suoi confronti. Intervistata successivamente dal canale Byoblu di Claudio Messora, Schilirò ha ammesso: “Sicuramente i miei colleghi non avranno gradito. Ma io ho esercitato i miei diritti, i miei diritti previsti dalla Costituzione. Il mestiere che faccio è pubblico, perché se uno mette il mio nome su Google esce esattamente chi sono, cosa ho fatto, manca solo l’indirizzo di casa… E quindi nessuno mi può accusare di niente. Io sono un libero cittadino che difende la Costituzione, sulla quale ho giurato e vado avanti per la mia strada. Non ho paura di nulla”. Nunzia Alessandra Schilirò, che su Facebook, dove è molto seguita, si fa chiamare Nandra, ha 43 anni, lavora a Roma ma è di origini catanesi. Nel corso del suo intervento ha citato addirittura Gandhi invocando la “disobbedienza civile” perché è un “dovere sacro quando lo Stato diventa dispotico“. In passato è stata a capo della sezione romana contro i reati sessuali, mentre adesso è in servizio alla Criminalpol. Da circa un mese ha inaugurato anche un canale Telegram che conta 1500 iscritti dove porta avanti tese complottiste contro il covid-19. L’ultimo post sui social nella mattinata di domenica 26 settembre: “La macchina del fango è già partita, evidentemente ci temono. Non sanno che per me è un onore essere in questa foto. Voliamo alto, se restiamo uniti, non cadremo mai” dopo che il giornale Open ha associato la sua immagine a quella di Carlo Freccero, giornalista ed ex consigliere dell’amministrazione Rai, che ha deciso di non vaccinarsi.

Ciro Cuozzo. Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.

Muore di Covid l'agente contagiato nell'hotspot: è polemica. Federico Garau il 30 Agosto 2021 su Il Giornale. L'agente si era beccato il Covid prestando servizio all'hotspot di Taranto che ospita 300 migranti. Dopo un mese è morto: "Siamo carne da macello". Si era contagiato un mese fa a causa del contatto con alcuni migranti ospiti dell'hotspot di Taranto che erano risultati positivi al Covid: oggi, come denunciato dal Movimento sindacale autonomo di polizia, l'agente di 58 anni è deceduto. "Un altro collega ci lascia a causa di questo maledetto Covid", spiega all'Agi il segretario generale del Mosap, che già lo scorso luglio aveva lanciato l'allarme per le condizioni registrate nel centro d'accoglienza. Tanti gli stranieri ospitati all'interno della struttura, si parla di ben 300 persone.

La denuncia del Mosap. Tanta l'amarezza di Fabio Conestà, segretario generale del Movimento sindacale autonomo di polizia, che racconta quanto accaduto al collega. Il poliziotto era "in forza al Reparto Mobile di Taranto e dal 13 al 23 luglio". Si trovava in trasferta a Taranto, dove era stato assegnato al servizio di guardia dell'hotspot locale, in cui si trovavano ben 300 migranti. Di questi, come dichiarato da Conestà, 33 erano risultati positivi al Sars-Cov-2. "Denunciammo già all'epoca questa situazione e, a distanza di un mese, arrivano le terribili conseguenze: uno dei colleghi risultato positivo, ci ha lasciato", spiega il segretario generale del Mosap. Tante le norme e le limitazioni imposte ai poliziotti, ma evidentemente il rispetto delle stesse non è dovuto a tutti. "Ci impongono assurde regole come il Green pass nelle mense e poi ci mandano al macello, in mezzo alla folla, negli hotspot, a contagiarci e a mettere a rischio le nostre famiglie oltre che i nostri colleghi", affonda ancora Conestà. "Non sappiamo se il collega fosse meno vaccinato, ma al di là di ciò non è ammissibile permettere sbarchi in modo incontrollato in piena pandemia", conclude.

La segnalazione a luglio. Il Mosap aveva segnalato la gravità della situazione già dal mese scorso, spiegando che quanto stava avvenendo all'interno del centro d'accoglienza di Taranto non doveva essere sottovalutato dalle autorità. "33 ospiti sono risultati positivi dopo essere stati a contatto con gli altri migranti, con volontari e con personale della Polizia di Stato", aveva infatti dichiarato a luglio Fabio Conestà. "Molti di loro hanno avuto anche contatti all’esterno allontanandosi dalla struttura e questo è ancora più grave". Una situazione fuori controllo, andata avanti senza il rispetto delle regole. Il rischio, aveva spiegato il segretario generale del Mosap, era che a causa di una gestione superficiale dell’immigrazione incontrollata fossero buttati al vento i molti sacrifici compiuti dal popolo italiano.

Conestà aveva quindi chiesto una tutela particolare per il personale impegnato nel controllo del centro d'accoglienza, denunciando una scarsa attenzione da parte delle istituzioni: "Chi di dovere non può fare finta di nulla: il concetto di umanità non è solo un argomento da passerella. La vita umana va rispettata sempre, soprattutto quando la salute di tante persone, in questo caso immigrati, poliziotti, volontari e personale sanitario, è messa a serio rischio da politiche infauste sull’immigrazione". 

Federico Garau. Sardo, profondamente innamorato della mia terra. Mi sono laureato in Scienze dei Beni Culturali e da sempre ho una passione per l'archeologia. I miei altri grandi interessi sono la fotografia ed ogni genere di sport, in particolar modo il tennis (sono accanito tifoso di King Roger). Dal 2018 collaboro con IlGiornale.it, dove mi occupo soprattutto di cronaca.

Coronavirus, poliziotto muore a 58 anni: contagiato tra i migranti dell'hotspot di Taranto. I colleghi: "Ci mandano al macello". Libero Quotidiano il 30 agosto 2021. Un poliziotto è morto dopo aver lottato per un mese contro il Covid che aveva preso nell'hotspot di Taranto. A darne notizia oggi 30 agosto è Fabio Conestà, segretario generale del Movimento Sindacale Autonomo di Polizia (Mosap). "Un altro collega ci lascia a causa di questo maledetto Covid - sbotta l'agente - era in forza al Reparto Mobile di Taranto e dal 13 al 23 luglio era in trasferta a Taranto, dove è stato impegnato presso l'hotspot che ospitava 300 migranti, 33 dei quali positivi". Una situazione drammatica che il sindacato denunciò all'epoca dei fatti. "A distanza di un mese, arrivano le terribili conseguenze" di questa condizione di lavoro della polizia. "Uno dei colleghi risultato positivo, ci ha lasciato", annuncia Conestà. Che non riesce a non polemizzare contro un certo doppiopesismo in materia di coronavirus. "Ci impongono assurde regole come il green pass nelle mense e poi ci mandano al macello, in mezzo alla folla, negli hotspot, a contagiarci e a mettere a rischio le nostre famiglie oltre che i nostri colleghi". Al momento non si sa "se il collega fosse meno vaccinato, ma al di là di ciò non è ammissibile permettere sbarchi in modo incontrollato in piena pandemia", conclude Fabio Conestà. Secondo quanto riporta l'Agi, l'agente non era vaccinato.

I Radicali sulla morte del poliziotto contagiato nell'hotspot: i silenzi di Asl e Regione. Non si trovavano nel bollettino ufficiale di Taranto quei positivi  nè registrati come fuori regione nè come interni. La Voce di Manduria lunedì 30 agosto 2021. «La notizia della morte di un poliziotto che lavorava a Taranto durante quel focolaio è la peggiore che potesse arrivare». E' quanto si legge in un comunicato stampa dell'Associazione tarantina "Marco Pannella" che mette allo scoperto le "falle" nella gestione della pandemia in provincia di Taranto. «Per settimane - si legge - l'Associazione Pannella ha chiesto lumi alle autorità preposte che hanno sempre nascosto il focolaio covid all'hotspot di Taranto dal bollettino ufficiale. Per settimane - prosegue la nota - l'Associazione Pannella ha controllato quel bollettino urlato che non venivano inserite di pari passo le persone positive di cui invece venivamo a sapere dai sindacati di polizia che prestano servizio presso quell'hotspot. E mentre i sindacati lanciavano l'allarme del focolaio - aggiunge l'associazione Radicale - non si trovavano nel bollettino ufficiale di Taranto quei positivi  nè registrati come fuori regione nè come interni. Atteggiamento in contiguità con tutta la gestione covid caratterizzata per Taranto da una totale mancanza di trasparenza tantè che ancora oggi dopo due anni di pandemia non viene quotidianamente fornito il numero delle persone testate impedendo di avere la reale conoscenza del contagio».  «A questo punto - conclude la nota dell'associazione. - l'assessore regionale Lopalco, il Sindaco di Taranto e la Asl locale non possono più nascondere quanto accaduto e devono relazionare alla cittadinanza l'entità di quel focolaio e quante persone si sono contagiate, sono state curate, isolate e guarite. Non possono esistere luoghi bui o dimenticati dalla tutela dell'assistenza sanitaria e del rispetto dei diritti umani». 

Sembra che l'agente fosse no vax. Redazione Norbaonline il 30 agosto 2021. E’ morto il poliziotto del reparto mobile di Padova che avrebbe contratto il virus mentre prestava servizio all’hot spot di Taranto. Candido Avezzù, veneziano 58enne, aveva prestato servizio al centro di accoglienza dal 13 al 23 luglio, in concomitanza con l’arrivo di un gruppo di migranti risultati positivi al covid. Il 28 luglio la certezza della positività al virus ed il ricovero a Jesolo. Ieri il decesso, sembra che il poliziotto fosse no vax. I colleghi, che hanno prestato servizio in quegli stessi giorni a Taranto, erano tutti vaccinati. Nessuno di loro è stato contagiato. 

Da "leggo.it" il 31 agosto 2021. Si era contagiato mentre prestava servizio nell'hotspot di Taranto, dove erano arrivati 300 migranti, 33 dei quali positivi al Covid (quasi tutti minorenni): Candido Avezzù, 58 anni, poliziotto, lo scorso 10 agosto su Facebook aveva annunciato che le sue condizioni si erano aggravate, con un post che recitava «Entro in terapia intensiva, sulla lapide lo scudetto del 2, grazie». Un omaggio al 2° Reparto Mobile di Padova, a cui apparteneva. Candido, ‘Chicco’ per gli amici, di fronte al contagio non era protetto perché non era vaccinato: ‘no vax’ convinto, scrive il Corriere della Sera, secondo cui il 58enne era tra coloro che non avevano ricevuto neanche la prima dose perché contrari alla vaccinazione. A Taranto fino al 23 luglio, ha scoperto di essere positivo il 27, quattro giorni dopo. «Si è presentato all’ospedale di Jesolo ma gli hanno prescritto una cura antibiotica da fare in casa», racconta al Corriere la sua ex compagna, Monica Valotto, insieme a lui per 13 anni fino all’anno scorso. Le sue condizioni sono peggiorate, tre giorni dopo è stato trasferito a Dolo». La diagnosi era drammatica: i suoi polmoni erano devastati. Durante il ricovero, Avezzù scherzava: «Mi sono sposato col Covid», scriveva sui social. «Lui era contrario - racconta Monica - temeva che gli avrebbe causato una trombosi. E non credeva neppure che il virus fosse pericoloso, diceva ‘io sono più forte del Covid’». A prescindere dalle sue convinzioni su coronavirus e vaccino, comunque, la famiglia del poliziotto vuole intraprendere le vie legali contro l’ospedale perché Candido poteva essere ricoverato prima, anziché essere rispedito a casa. E nel mirino sono finite anche le condizioni di lavoro dei poliziotti, nell’hotspot di Taranto come in altri posti a rischio: i suoi colleghi già all'epoca accusavano le condizioni proibitive e il rischio contagio elevato per via dell'altissimo numero di migranti e di alcune sommosse sedate a fatica, scrive il Quotidiano di Puglia. «Un altro collega ci lascia a causa di questo maledetto Covid», le parole di Fabio Conestà, segretario generale del sindacato autonomo di polizia, Mosap. «L’importante è il green pass, per il resto andiamo al macello».

Poliziotto no-vax muore per Covid, l’ultimo messaggio: “Entro in intensiva, sulla mia lapide lo scudetto del reparto”. Redazione su Il Riformista il 31 Agosto 2021. Diceva all’ex compagna “Io sono più forte del covid”, ma aveva sottovalutato il pericolo derivante da una infezione da Sars-Cov-2 ad un non vaccinato. È morto domenica all’ospedale di Dolo, piccolo centro della città metropolitana di Venezia, Candido “Chicco” Avezzù, poliziotti 58enne del reparto mobile di Padova. Coronavirus che aveva fatto la comparsa con i primi sintomi il 27 luglio, quattro giorni dopo la fine del suo servizio a Taranto, dove Avezzù era stato dal 13 al 23 assieme alla sua squadra per una missione nell’hotspot di Taranto, che ospita i migranti appena sbarcati. “Si è presentato all’ospedale di Jesolo ma gli hanno prescritto una cura antibiotica da fare in casa ma le sue condizioni sono peggiorate e tre giorni dopo si è presentato di nuovo davanti ai medici, che solo a quel punto l’hanno trasferito a Dolo”, spiega oggi al Corriere la sua ex compagna Monica, per 13 anni al suo fianco. Una situazione medica precipitata anche per un motivo: Avezzù non era vaccinato, anzi, era un convinto no-vax. “Lui era contrario al vaccino – spiega Monica – temeva gli avrebbe causato una trombosi, non si fidava. E non credeva neppure che il coronavirus fosse così pericoloso. Mi diceva: “Io sono più forte del covid”. Forse aveva sottovalutato il pericolo…”. Inizialmente dopo il ricovero a Dolo Avezzù prende ‘con ironia’ la sua battaglia contro il virus. Scherza con chi gli chiede delle sue condizioni, fino a quando il 10 agosto scorso su Facebook scrive un post eloquente, l’ultimo sui social: “Entro in terapia intensiva. Sulla lapide lo scudetto del 2 grazie”, riferimento allo stemma del Secondo reparto mobile al quale apparteneva. ‘Chicco’ insomma aveva capito che la situazione stava precipitando, fino al decesso di domenica con una polmonite gli ha devastato entrambi i polmoni. I familiari intanto chiedono chiarezza e si riservano di intraprendere azioni legali contro i medici che hanno preso in cura Candido: da parte loro vi sono dubbi sul perché il poliziotto non sia stato ricoverato subito il 27 luglio. Ma altra fonte di polemica arriva dal Sap, il Sindacato autonomo di polizia, che tira in ballo le condizioni di lavoro precarie degli agenti: “centro di accoglienza di Taranto – attacca Stefano Paoloni, segretario generale del Sap – ospita più di 300 immigrati, alcuni dei quali positivi al Covid: probabilmente sono state le pessime condizioni di lavoro a determinare l’accaduto”. Più cauto invece Luca Capalbo, segretario provinciale della Federazione Sindacale di Polizia, sindacato che vedeva tra gli iscritti proprio Avezzù: “Impossibile dire con certezza se c’è una correlazione tra il lavoro a Taranto e la malattia. Per quanto ne sappiamo potrebbe essersi contagiato prima, sebbene proprio da quel viaggio anche un secondo agente di Padova sia tornato positivo al Covid. Ad ogni modo indagheremo per capire se c’è correlazione. Fosse così, sarebbe molto grave”. Redazione

Andrea Galli per corriere.it il 2 Novembre 2021. Il rispetto per la prematura morte di un uomo e il dolore dei famigliari; ma, insieme e forse mai come in questo periodo un processo inevitabile, perfino doveroso, la contestualizzazione dei fatti di cronaca. Il luogotenente Marco Mazzone, in forza al Secondo Nucleo sicurezza di Milano, carabiniere alla pari della moglie, lei medico ed effettiva del Comando interregionale Pastrengo, si è spento a 59 anni dopo una settimana di agonia all’ospedale Fatebenefratelli e in seguito all’iniziale trasporto al Sacco. Mazzone, originario di Cuneo, aveva contratto il virus. Sia lui che la compagna, ugualmente colpita dal Covid ma non in gravi condizioni — e così la figlia di 9 anni — avevano rifiutato il vaccino. Non sono stati gli unici, poiché nonostante le opportunità di ricevere la dose in largo anticipo rispetto a milioni d’altri, nelle forze dell’ordine, carabinieri o poliziotti che siano, permangono quote di contrari, se non di tenaci oppositori. Che siano quote minoritarie, e non soltanto perché parliamo di un mestiere a forte esposizione con il prossimo, quindi a un alto potenziale di rischio di contrarre la malattia e veicolarla, nulla importa perché nulla cambia. Dicono i colleghi di Mazzone, premettendo di voler rifuggire dalla classica retorica, che lui era un brav’uomo, ma — sono loro medesimi ad affidarsi all’avversativa — aveva fatto coincidere questo no al vaccino con una sorta di personale regola ferrea da non violare, semmai da rafforzare. Come è possibile che, nonostante gli studi in Medicina e le specializzazioni, anche o soprattutto la moglie, della quale si ripete una «convinzione» maggiore, raggiungendo posizioni oltranziste, sia rimasta ferma sulle proprie posizioni, è una domanda che dalla mattinata di domenica tormenta chi con il luogotenente, anche in via Moscova, ha trascorso anni di operazioni, di quotidiano confronto con la casualità della vita e le sue fatali coincidenze, i rischi e i pericoli, e ancor prima le obbligatorie precauzioni, la famosa messa in sicurezza anche di se stessi. Tutto poteva essere evitato, si sente ripetere, ed è una frase — una riflessione — ovvia nella sua devastante e inutile semplicità. Ad aggravare in misura letale le condizioni di Mazzone sono state complicazioni respiratorie in un quadro clinico già grave fin dall’immediata contrazione del virus, quando anche la sua bambina era sembrata subire tremendamente la malattia e poter entrare in una situazione di estrema minaccia.

Covid, commissario di Polizia muore a 59 anni: era vaccinato con due dosi. Il Quotidiano del Sud il 10 Novembre 2021. Un commissario di polizia di 59 anni, Massimo Biazzetti, è morto per complicanze legate al Covid-19 nonostante fosse vaccinato con doppia dose. È successo a Frascati (Roma) dove l’uomo era molto conosciuto. Era risultato positivo al Covid diverse settimane fa ed era ricoverato in ospedale, poi ieri notte la tragica notizia. Lascia la moglie e due figli. La notizia della morte di Massimo Biazzetti, ha lasciato nel dolore e nello sgomento tutti quelli che lo conoscevano. Biazzetti, in polizia da tempo, sarebbe andato in pensione presto, ma il Covid non gli ha lasciato scampo.

Il cordoglio del Sindacato di Polizia

Al Commissariato di Polizia di Frascati era arrivato da circa 5 anni da Roma. Vicinanza alla famiglia del 59enne è stata espressa anche dal segretario Generale di Roma Luca Andrieri del Sindacato della Polizia di Stato LeS: “Esprimo le mie più sentite condoglianze, ribadendo che come sindacato ci stiamo attivando su più fronti per contenere le situazioni di rischio di contagio in cui possono trovarsi gli operatori di polizia a contatto con l’utenza del territorio. Non deve passare il concetto di No vax. Capitano sempre più spesso situazioni paradossali in cui l’operatore si trova a fare un arresto e la persona arrestata non porta la mascherina, ciò aumenta inevitabilmente la probabilità di contagio. Gli operatori di polizia sono sempre a rischio. Non è la divisa che fa da scudo al virus”.

Alessandro Avico per "blitzquotidiano.it" l'11 ottobre 2021. Un carabiniere di Collepasso, in provincia di Lecce, di 52 anni e in servizio nella compagnia di Gallipoli, è morto in ospedale dov’era ricoverato da due settimane. Gravi sono le condizioni del compagno di pattuglia, un militare originario di Matino anche lui non vaccinatosi per scelta e ricoverato nello stesso ospedale di Lecce. Il contagio sarebbe avvenuto durante il servizio e avrebbe coinvolto anche un terzo carabiniere, quest’ultimo asintomatico, che è in isolamento nella sua abitazione di Casarano. 

Il carabiniere morto di Covid e il vaccino

Per paura di eventuali complicanze il carabiniere aveva rifiutato il vaccino. “Era convinto che il vaccino avrebbe potuto provocargli conseguenze piuttosto gravi e per questo aveva preferito rimanere scoperto” racconta un suo collega. L’appuntato non aveva problemi di salute particolari. Poi però inizia a stare male accusando i primi sintomi. Così dopo un tampone emerge la positività al Covid.

La morte del carabiniere

Nella mattinata di sabato 9 ottobre l’appuntato perde definitivamente la propria battaglia con il virus lasciando anche due figli. “Dispiace dover commentare una simile tragedia – commenta sempre un collega del carabiniere – Guido era un rappresentante dell’Arma che indossava con orgoglio la divisa ed era una brava e buona persona. Era amico di tutti, un pezzo di pane ed è triste che, dopo quasi due anni di pandemia, ci siano ancora vittime per colpa di questo virus”. 

Michele Di Branco e Francesco Bisozzi per "il Messaggero" il 14 settembre 2021. L'estensione del green pass rischia di prendere in contropiede un dipendente pubblico su quattro. Secondo una stima della Funziona pubblica il maxi certificato verde dovrebbe coinvolgere altri 1,2 milioni di lavoratori della Pa, dopo quelli di sanità e istruzione: si va dai ministeriali ai dipendenti degli enti locali, dai poliziotti ai vigili del fuoco. Ma, di questi, circa 300 mila, il 25 per cento appunto, potrebbero non essere coperti da vaccini e, quindi, impossibilitati ad accedere ai luoghi di lavoro.

IL DATO La cifra, spiega sempre la Funzione pubblica, non riflette la situazione presente in tutte le amministrazioni pubbliche (i senza pass si concentrano al Sud) e risulterebbe in costante calo (per effetto del potere di convincimento che il certificato verde sta avendo sugli indecisi a metà). Inoltre, il dato dei 300 mila è al lordo degli esenti, quelli che in quanto affetti da patologie non compatibili con l'inoculazione del farmaco proprio non possono vaccinarsi. Insomma, bisogna usare le pinze: nel comparto della sicurezza, per esempio, che abbraccia più di 500 mila tra uomini e donne, l'asticella dei vaccinati sale molto in alto, mentre se si guarda agli enti locali ci sarebbero casi in cui supera a fatica la soglia del 70 per cento. A favore della Pa non gioca l'età avanzata della maggior parte degli statali e le stime fatte elaborare dalla Funzione pubblica, che partono proprio dalle quote di vaccini somministrati ai cittadini sul territorio nazionale suddivise per fasce di età, per poi calare quei dati nell'ambito del pubblico impiego, lo riflettono: nei ministeri l'età media dei lavoratori supera i 54 anni, poco più sotto si posizionano agenzie fiscali ed enti pubblici non economici (53 anni circa). Considerato che sul territorio nazionale i vaccinati con un'età compresa tra i 50 e i 59 anni oltrepassano di poco il 78 per cento, i conti sembrano tornare. Come detto, però, le cifre cambiano (e parecchio) a seconda della regione, ma anche in base al comparto di appartenenza. Dicevamo: in caso di obbligo di green pass esteso a tutta la Pa altri 1,2 milioni di lavoratori dovranno esibire il certificato verde per accedere al luogo di lavoro, 406 mila in forza agli enti locali, 230 mila per le funzioni centrali, poi poliziotti, forze armate, vigili del fuoco. Le vaccinazioni nel comparto sicurezza sono molto più avanti anche perché in molti, qui, hanno prestato attività di protezione civile in emergenza. «In caserma siamo tutti vaccinati con AstraZeneca, portavamo le bombole nelle case dei malati, c'era urgenza, su 35 mila uomini quelli non immunizzati sono una goccia nel mare, forse meno del 5 per cento», racconta Franco Giancarlo della federazione nazionale Confsal Vigili del Fuoco. I poliziotti con il green pass sarebbero 82 mila su circa 94 mila. I carabinieri con il pass arriverebbero a 105 mila (su 111 mila). La situazione si complica negli enti locali dove si fa sentire il peso dei mancati accessi alla campagna vaccinale sul tacco d'Italia. Così in Comuni e Regioni, che assorbono 400 mila persone, i senza pass potrebbero essere almeno 100 mila. L'estensione del green pass, nei piani del ministero della Pa, deve fare rima con il ridimensionamento dello smart working. E per chi, senza motivazioni valide, risulterà sprovvisto del passaporto, si prospetta l'esclusione dall'ufficio, tout court. Un meccanismo che secondo i sindacati rischia di mettere in difficoltà i piccoli Comuni, dove gli impiegati sono pochi e l'assenza di uno di questi può rallentare l'erogazione dei servizi essenziali.

L'ESPERIMENTO E il governo, come noto, vuole ora rendere il Green pass obbligatorio per tutti gli statali. Pena la sospensione (ma il posto resta salvo, per il momento) e lo stop dello stipendio. Attualmente già circa 2 milioni di statali devono esibire il certificato verde per poter lavorare, entro la fine della settimana l'obbligo riguarderà altri 1,2 milioni di lavoratori coprendo così l'intero universo della pubblica amministrazione italiana. Il decreto è pronto e, secondo quanto filtra, l'obbligo scatterà dal 10 ottobre. Le regole saranno esattamente quelle già entrate in vigore dal 7 agosto scorso. E già sperimentate in questi primi giorni di scuola. Professori e personale non docente devono infatti avere ed esibire la certificazione e se non lo fanno scattano le sanzioni: il mancato rispetto delle disposizioni, dice IL decreto licenziato da Palazzo Chigi in piena estate (il 5 agosto) «è considerata assenza ingiustificata» e dopo 5 giorni il rapporto di lavoro «è sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento». Attenzione: scatta la sospensione, non il licenziamento. Il che vuol dire che il governo offre a chi non si vaccina la possibilità di ripensarci e di rientrare nei ranghi dell'amministrazione.

Effetto green pass: ecco quanti sono i vaccinati in Italia.  Rita Querzè, Fabio Savelli e Claudia Voltattorni su Il Corriere della Sera il 15 ottobre 2021. Code per i tamponi, vaccinazioni che decollano persino in Sicilia, l’ultima regione per immunizzati, in cui ieri le prime dosi hanno leggermente superato i richiami con una crescita del 68% rispetto a giovedì scorso. Oggi il primo test in uffici, studi professionali e fabbriche: il green pass diventa obbligatorio per entrare nei luoghi di lavoro. Tutti i dipendenti pubblici e privati, le partite Iva, che siano titolari di ditte individuali, freelance o professionisti dovranno averlo fino al 31 dicembre 2021, fine dello stato di emergenza. Riaprire in sicurezza e far ripartire il Paese aumentando il più possibile la copertura vaccinale è l’obiettivo del governo. Ma i numeri, nell’inchiesta del Corriere della Sera, dicono che l’effetto green pass si è già in parte verificato: dal 16 settembre, quando il governo ha varato il decreto per rendere il certificato obbligatorio in tutti i luoghi di lavoro, le prime dosi sono cresciute del 46% e solo ieri sono state scaricate 563.186 certificazioni verdi. 

Effetto Green Pass

Fonti vicine alla struttura commissariale guidata dal generale Francesco Figliuolo, spiegano che la tendenza discendente di luglio, agosto e settembre — che si attestava a circa 10mila prime somministrazioni al giorno — avrebbe portato a circa mezzo milione di dosi in meno se non si fosse deciso l’obbligo del Certificato. Ecco perché sarebbero 559.954 le prime dosi aggiuntive. Ne ha giovato anche la media dei tamponi giornalieri di 274mila. Ieri, sono stati 315mila i test antigenici rapidi e molecolari effettuati, segnala Federfarma, l’associazione delle farmacie. Un rimbalzo non legato alla curva epidemiologica considerando l’attuale tasso di positività fermo allo 0,82%. E in tutta Italia si sono registrate code davanti alle farmacie oltre ad un boom di prenotazioni di pacchetti da effettuare ogni 48 ore fino alla fine di dicembre. Cosa che potrebbe creare presto dei problemi di approvvigionamento. Restano però ancora molti i lavoratori non vaccinati. Sarebbero oltre 3 milioni. È una stima conservativa, perché la fondazione Gimbe li calcola tra i 4 e i 5 milioni in età di lavoro. Non sono contabilizzati però gli inoccupati e i disoccupati, gli studenti, gli esenti da vaccinazione per patologie (circa 500mila), gli expat formalmente residenti in Italia ma che vivono altrove.

Trasporto locale

Il green pass obbligatorio da oggi mette alla prova il trasporto pubblico locale. Le aziende hanno iniziato tardi a fare la verifica sui turni del personale perché fino all’altro ieri le bozze dell’ultimo Dpcm parlavano della possibilità per il dipendente di comunicare la disponibilità del green pass al massimo con 48 ore di anticipo. Il testo definitivo parla di un «congruo anticipo» e molte aziende si stanno quindi attrezzando ad anticipare le ricognizioni sui dipendenti per agevolare la composizione dei turni. Ma come sarà la giornata di oggi? Atm, l’azienda milanese dei trasporti fa sapere che su 9.700 dipendenti, 272 hanno dichiarato l’indisponibilità del green pass. A questi vanno aggiunti quelli in malattia, aumentati del 15%. Morale: ieri sera Atm stimava una riduzione del servizio in superficie del 4%. L’aumento dei dipendenti in malattia è segnalato a taccuini chiusi da diverse aziende del settore. Un escamotage che permette di poter contare sulla retribuzione invece di rimanere a casa senza stipendio ma che non può essere utilizzato per periodi troppo lunghi. A Verona le corse cancellate saranno 400 su 4.650, poco meno del 10%. A Vicenza il 4%. A Torino Gtt, Gruppo torinese trasporti, stima che sarà assente il 10-15% dei dipendenti mentre Trenitalia ha predisposto servizi sostitutivi per 27 treni sospesi. 

Nelle fabbriche

Nelle aziende metalmeccaniche da segnalare lo sciopero a oltranza, da oggi fino al 31 dicembre, per avere i tamponi gratis annunciato ieri dalla Fiom dello stabilimento Leonardo di Caselle (Torino). «La situazione nelle fabbriche non è facile, c’è una quota di non vaccinati del 15-20%», stima Francesca Re David, alla guida della Fiom Cgil. Sempre la Fiom ha annunciato un’ora di sciopero a fine turno oggi negli stabilimenti dell’Emilia Romagna. Iniziative che hanno suscitato qualche frizione interna al settore: «Le azioni di sciopero che la Fiom ha dichiarato in maniera unilaterale e da sola in alcune realtà sono strumentali e non fanno altro che indebolire lo spirito unitario», dice il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia. In molte aziende la questione centrale resta il pagamento dei tamponi. E in effetti sono aumentate negli ultimi giorni le imprese che li mettono a disposizione, anche per evitare ritardi nella produzione: Michelin, Pirelli, Natura Sì, Cucinelli, Ima, Coesia, Piquadro, Metro. Sciopero alla Electrolux di Susegana: nello stabilimento trevigiano su 1.500 dipendenti, circa il 10% non sarebbe vaccinato

Nelle filiali

Abi e sindacati dei bancari non segnalano particolari timori per la continuità dei servizio. Le sigle del settore avevano chiesto contributi delle aziende al pagamento dei tamponi ma la risposta dell’Abi è stata negativa. «Crediamo che non si sia voluto creare precedenti utilizzabili da altre categorie di lavoratori — dice il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni —. A dare fiducia al settore hanno contribuito gli accordi sulla prevenzione antiCovid firmati fin dall’inizio della pandemia». 

Nei supermercati

Il settore non prevede criticità. «La situazione nei punti vendita delle nostre aziende ci pare sotto controllo, non temiamo disagi se non in casi isolati», dice Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione —. Stimiamo che la media complessiva di lavoratori privi di certificazione possa essere nell’ordine del 8-9%, se non inferiore». 

Gli autotrasportatori

Su 350mila autotrasportatori italiani, invece circa il 30% non è ancora vaccinato, con rischi di disagi per tutta la filiera. Tanto che a Genova i consorzi di imprese Confcommercio Genova e Fai-Conftrasporto Liguria stanno pensando di fornire presidi mobili nelle aree portuali del porto dove poter fare i tamponi, anche agli stranieri senza green pass. Ma nel frattempo scoppia il caso autisti stranieri. I ministeri di Infrastrutture e Salute ieri hanno dato le indicazioni su come comportarsi con i lavoratori non italiani senza green pass che viaggiano per l’Italia: potranno arrivare fino alle aree di carico e scarico merci ma senza scendere dal camion. Scelta incomprensibile per Unatras, l’unione delle principali associazioni dell’autotrasporto. Gli autisti italiani senza green pass non possono infatti lavorare né viaggiare per il Paese, ma così invece gli stranieri potranno muoversi liberamente, pur senza scendere dal camion: «Avevamo chiesto che venissero garantite anche per le imprese estere, le medesime condizioni applicate a quelle italiane».

Le forze dell’ordine

Le stime di non vaccinati tra i rappresentanti delle forze dell’ordine si aggirano intorno alle 60mila persone, cosa che, avvertono i rappresentanti dei lavoratori, rischia di creare problemi nella copertura dei turni, tanto che viene chiesto di allungare la durata dei tamponi a 96 ore. Una circolare del capo della Polizia Lamberto Giannini spiega che in caso di green pass scaduto, il turno potrà essere completato. Su 105mila carabinieri, i vaccinati sono 94.356. Ma tra esenti, vaccinati in autonomia ed ex malati di Covid, vengono stimati circa 3mila militari non vaccinati. Più alta la percentuale in Polizia: 13mila su 96mila, ma di questi molti si stima abbiano provveduto al di fuori della campagna organizzata apposta per le forze dell’ordine.

I dipendenti pubblici

Tra i 3 milioni e 200mila lavoratori della Pubblica amministrazione, i non vaccinati sono scesi a 250mila: erano 300mila poche settimane fa. Per il pubblico impiego oggi è anche il giorno del rientro in ufficio dopo mesi di lavoro da remoto, con non pochi disagi per i cittadini. Lo smart working verrà mantenuto solo per alcuni giorni a settimana, ma se non si potrà lavorare in ufficio senza green pass, non sarà possibile farlo neanche da remoto.

Lorena Loiacono per leggo.it il 15 dicembre 2021. Docenti e forze dell’ordine: per loro, da oggi, il vaccino anti-Covid diventa obbligatorio. Chi non ce l’ha, resta fuori e senza stipendio. Parte la linea dura sui no vax, dunque, anche sul posto di lavoro. A rischio quindi nei prossimi giorni la sospensione dal servizio, con effetto anche sugli scatti di anzianità, per oltre centomila persone.

FORZE DELL’ORDINE. Sono circa 50mila i non vaccinati tra poliziotti, carabinieri e forze armate. La circolare emanata dal Viminale per le forze dell’ordine prevede che tutto il personale, anche quello assente per legittimi motivi, deve presentare la documentazione dell’avvenuta vaccinazione. Se la documentazione non arriva, scatta l’invito a presentarla entro 5 giorni, altrimenti il lavoratore sarà sospeso senza stipendio. Non solo, è previsto anche il ritiro temporaneo della «tessera di riconoscimento, la placca, l’arma in dotazione e le manette».

DOCENTI E BIDELLI. Da oggi scatta l’obbligo anche per tutti coloro che lavorano nelle scuole, dai docenti ai bidelli e i presidi: si tratta di circa 60mila persone in tutta Italia. Anche nel caso dei docenti, chi non è in regola riceve l’invito a presentare la documentazione. Senza certificato, arriva la sospensione. I controlli avvengono attraverso il sistema informatico Sidi, lo stesso usato negli istituti per il green pass di base, che consente ai dirigenti scolastici di controllare lo stato vaccinale delle ultime 72 ore del personale in servizio in ogni scuola. Ci sarà un sistema di alert per segnalare possibili mutamenti dello status con le scritte: “In regola” o “Non in regola”. Chi non è in regola ha 5 giorni per presentare la prenotazione del vaccino o, eventualmente, l’esenzione per patologia. Nei 5 giorni può lavorare esibendo il green pass di base.

SANZIONI SALATE. Se un agente di polizia o un agente vengono trovati in servizio senza vaccinazione prendono una multa da euro 600 a euro 1.500 e la sanzione, da 400 a mille euro, tocca anche a chi doveva controllarlo e non lo ha fatto.

Fra scuole e caserme i non vaccinati sono oltre 6mila. Corsa alle prenotazioni. Rinaldo Frignani e Diana Romersi su Il Corriere della Sera il 16 Dicembre 2021. Problemi per le forze dell’ordine per la mancata partenza di una piattaforma informatica che fornisce in tempo reale dati sui dipendenti vaccinati e non. Rischio sospensione dal servizio e di restare senza stipendio. La corsa a mettersi in regola, e a proteggersi dal virus, è scattata da giorni, ma ieri ha avuto il suo apice. Operatori delle forze dell’ordine, insegnanti e personale sanitario e socio-sanitario non ancora vaccinati hanno cominciato a prenotarsi, anche per non incappare nelle inevitabili sanzioni previste dalla legge, come la sospensione dal lavoro e dallo stipendio. Ma nel primo caso ieri c’è stato qualche contrattempo per la mancata partenza della piattaforma che consente in tempo reale ai dirigenti di uffici e reparti di accedere all’elenco di coloro che non si sono ancora vaccinati (per vari motivi, non solo perché no vax), leggendo il codice fiscale collegato alla posizione sanitaria dell’operatore in divisa. Quindi si è dovuto procedere in molti casi nome per nome, non soltanto con chi si trovava in servizio, ma soprattutto con chi è attualmente in permesso, in malattia o comunque non è al lavoro da tempo per altre ragioni.

Almeno tremila fra poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili urbani, ma anche pompieri e appartenenti alle forze armate - su circa 33 mila solo a Roma in servizio attivo e in parte incaricati del controllo del territorio - avranno adesso cinque giorni per comunicare se sono vaccinati (da quanto tempo e con quante dosi), guariti, esentati dal medico, no vax oppure se devono prenotarsi e nel frattempo potranno continuare a lavorare in questo secondo caso con il green pass base, ovvero un tampone ogni 48-72 ore. Entro 20 giorni però dovranno dimostrare di essere protetti dal vaccino altrimenti scatterà la sospensione dal servizio. Almeno la metà dei tremila sarebbe già corsa ai ripari. «Ma la negazione dell’assegno alimentare per il personale sospeso ci appare una penalizzazione spropositata», afferma il segretario generale nazionale della Consap polizia, Cesario Bortone.

Sul fronte scuola invece ognuna ha contato in media tre o quattro dipendenti non vaccinati: la stima è dell’Associazione nazionale presidi. Roma, con 753 istituti, è circa a quota 2.600. «I numeri sono contenuti, ma ora stanno arrivando le diffide degli avvocati», commenta il presidente romano dei presidi, Mario Rusconi. Come temuto i no vax daranno battaglia. L’Associazione nazionale insegnanti e formatori ha già presentato il primo ricorso al Tar per circa mille lavoratori della scuola, di cui un centinaio sono del Lazio. Spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale di Anief: «Si attende la risposta del presidente della III sezione bis sulla richiesta di sospensione urgente in attesa della prima camera di consiglio utile». Alcuni lavoratori hanno invece deciso di non presentarsi, come rivela Cristina Costarelli, presidente dei presidi del Lazio e dirigente del liceo Newton: «Da me due assenti su cinque non erano in regola con la vaccinazione».

Intanto fuori dalle statistiche ci sono alcune scuole che già da oggi si sono trovate in difficoltà. Nell’istituto comprensivo Villaggio Prenestino la preside Giusy Ubriaco ha contato più non vaccinati di quanti previsti: «Pensavo sarebbe stati quattro o cinque, invece erano irregolari in dieci». È andata ancora peggio nell’istituto superiore Luca Paciolo di Bracciano, dove la dirigente Stefania Chimienti ha contato 24 non vaccinati di cui sei esentati dal medico. «Ci rimetteranno gli studenti», è la preoccupazione della preside. Per chi non può vaccinarsi per ragioni mediche il ministero dell’Istruzione ha disposto la ricollocazione immediata fuori dalle classi. «Non sappiamo come sostituirli sul portale amministrativo del ministero - spiega Chimienti -: non esiste un codice corrispondente alla loro tipologia di assenza, anche perché di fatto non sono assenti».

L'emergenza vaccini. Allarme carceri, un terzo degli agenti non è vaccinato. Angela Stella su Il Riformista il 19 Settembre 2021. «La decisione del Governo di imporre l’obbligo del possesso del green pass nei luoghi di lavoro introduce una serie di problemi aggiuntivi nelle carceri. Dai dati forniti dal Dap aggiornati al 13 settembre scorso si evince infatti che sono ben 13mila, più di un terzo, gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria che non si sono ancora sottoposti neppure alla prima dose della vaccinazione anti-covid. Cosa succederebbe, allora, in caso di sospensioni dal servizio che si andrebbero a sommare alla gravissima deficienza degli organici già esistente e quantificata, dallo stesso Dap, in 17mila unità mancanti?»: a lanciare l’allarme è Gennarino De Fazio, segretario generale della UilPa Polizia Penitenziaria. In base ai dati su 36.939 agenti di polizia penitenziaria, sono ‘avviati alla vaccinazione’ 24.196 unità. ‘Avviato alla vaccinazione’ non significa essere vaccinati. Quando furono aperte le vaccinazioni in base a specifiche fasce, quello era il numero potenziale di agenti che poteva vaccinarsi. Solo con la presentazione del green pass dal 15 ottobre si saprà davvero quanti agenti sono vaccinati. Per quanto riguarda invece i detenuti, aggiunge De Fazio: «Dai report forniti dal Dap non è deducibile il numero dei detenuti non ancora vaccinati, essendo indicato solo il totale delle somministrazioni dall’inizio della campagna vaccinale e comprendente, pertanto, anche coloro che sono successivamente stati scarcerati». In realtà i dati pubblicati da via Arenula sono quelli che fornisce l’Anagrafe nazionale dei vaccini, istituita presso il Ministero della Salute. Al momento, quello che leggiamo sul sito del Ministero della Giustizia è: ‘Totale somministrazioni ai detenuti 74.209’ ma non si è in grado di dire esattamente a cosa corrisponde quel numero: detenuti vaccinati o totali dosi fatte, ad esempio. La Ministra Cartabia lo scorso 9 settembre nel suo saluto alla presentazione del docufilm Rebibbia Lockdown al Festival del cinema di Venezia aveva scritto: «Ad oggi sono 15 i detenuti morti per covid; e 13 i poliziotti penitenziari. Ad oggi possiamo però anche dire che i vaccini hanno raggiunto circa l’80% della popolazione reclusa. E questo è un dato di cui possiamo andare fieri». Rimane il fatto che non si conosce il numero dei detenuti vaccinati attualmente rinchiusi in carcere. Per questo non sta comunque tranquilla Rita Bernardini, Presidente di Nessuno Tocchi Caino: «Senza voler criminalizzare le scelte personali di ciascuno in materia di vaccinazioni, ci si dovrebbe seriamente preoccupare che gli agenti, il personale amministrativo e gli educatori possano portare da fuori il virus ai reclusi. Occorre subito predisporre una liberazione anticipata speciale per diminuire drasticamente la popolazione detenuta. Inoltre, bisogna ripristinare i colloqui effettivamente. La circolare emanata dal Dap sembra lettera morta in molte carceri dove ne vengono fatti solo due al mese, mentre l’ordinamento penitenziario ne prevede uno a settimana. E spesso, anche se i detenuti e i familiari hanno il green pass sono separati dal vetro». Angela Stella

L.Loi. per “il Messaggero” il 12 dicembre 2021. Potrebbe essere una settimana molto difficile quella che arriverà a ridosso delle festività natalizie: senza prof in cattedra e senza supplenti pronti a sostituirli. L'obbligo vaccinale per il personale scolastico, a partire dal 15 dicembre prossimo, si farà sentire proprio sulla presenza dei docenti in cattedra e dei bidelli addetti alle pulizie e alle sanificazioni ma anche alla sorveglianza, qualora dovesse mancare la maestra no vax. La decisione del Governo di imporre l'obbligo vaccinale nasce dalla necessità di alzare i livelli di sicurezza in questa fase difficile, con la curva dei contagi in continua crescita. Ma non tutti si adegueranno e così gli ultimi giorni di scuola, in molti casi, potrebbero saltare per l'assenza dei non vaccinati. Tra il personale scolastico infatti, secondo le ultime stime ministeriali, il 6% resta ancora senza la prima dose: si tratta di una minima parte rispetto ai numeri complessivi ma, su un totale di circa un milione di persone, rappresenta comunque 60mila tra docenti e bidelli che mercoledì, se non sono in regola almeno con la prima dose, non entreranno a scuola. Alcuni di loro sono esentati dal vaccino per motivi di salute, altri hanno scelto di non aderire alla campagna ed è presumibile che continueranno su questa linea per motivi ideologici. Anche la quota di non vaccinati nelle scuole è ferma da settimane ormai. Nella pratica quanti saranno in ogni scuola gli assenti? Dagli uffici scolastici regionali si parla di circa 3, tra docenti o bidelli, per istituto. In alcune scuole non ce ne sono in altre invece si arriva anche a dieci. Senza vaccino comunque non potranno entrare a scuola e saranno considerati assenti ingiustificati. Al quinto giorno di assenza, invece, verranno sospesi del tutto e resteranno senza stipendio. E i loro alunni resteranno senza docente. Anche perché chiamare un supplente, sotto Natale, è un'impresa impossibile: in molti non accettano per paura di finire in quarantena con la classe dove, comunque, restano per pochi giorni. «Nella mia scuola - spiega Valeria Sentili, preside dell'istituto comprensivo Francesca Morvillo di Roma - credo che siano 10 i non vaccinati, su un totale di 150 tra docenti, bidelli e personale impiegato nelle segreterie. Non conto di trovare supplenti da qui a Natale, perché c'è la paura dei contagi e delle quarantene. Negli ultimi giorni ho trovato solo una mad, una messa a disposizione, quindi non proviene dalle graduatorie tradizionali. Tra i non vaccinati c'è chi prende tempo per capire e decidere cosa fare, magari ha dei dubbi su patologie non ancora certificate e decide di mettersi in aspettativa non retribuita o in congedo. C'è anche chi si mette in malattia e, con pochi giorni, prende tempo fino a gennaio. Tra questi c'è chi deciderà di vaccinarsi: da me è accaduto. E poi ci sono i no vax convinti, quelli che andranno avanti per la loro strada: verranno sospesi». 

"Untori dell’ordine". E la polizia risponde a Crozza. Francesca Galici il 5 Dicembre 2021 su Il Giornale. Due battute di Maurizio Crozza hanno fatto infuriare le forze dell'ordine, che rivendicano la dedizione e l'impegno quotidiano per la sicurezza del Paese. Una battuta di Maurizio Crozza ha fatto infuriare le forze dell'ordine. Il comico genovese in queste settimane è in onda con Fratelli di Crozza, il programma satirico del venerdì sera in onda su Discovery. Anche Crozza, la cui ironia tagliente è spesso incentrata sulla stretta attualità, ha preso spunto dagli ultimi eventi del Paese, dove la discussione è per lo più incentrata sulle vicende che ruotano attorno ai vaccini e al Green pass. Nel corso di un monologo proprio su questo tema, Maurizio Crozza ha definito "untori dell'ordine" gli uomini delle forze di polizia e militari non ancora vaccinati. Una battuta che non è piaciuta agli agenti, che è stata seguita da un'altra una chiusura di monologo: "Italiani vaccinatevi prima che vi contagi la polizia". Le divise hanno lamentato una mancanza di sensibilità da parte del comico. In una nota del sindacato di polizia Fsp, infatti, si legge: "Non ci saremmo aspettati da una persona preparata e d’esperienza come Crozza l’infelice battuta sui poliziotti definiti ‘untori dell’ordine’. Questa volta il comico, di grande arguzia e meritato successo, non ha fatto ridere un’intera categoria, quella degli appartenenti alle forze dell’ordine che, pur rispettosi della legge, difensori della legalità, pronti a sacrifici che nessun altro farebbe e unici italiani mortificati in molte loro libertà compresse e frustrate, hanno dei diritti come gli altri cittadini, e meritano rispetto". Queste le parole di ValterMazzetti, segretario generale Fsp polizia di Stato. Gli agenti della polizia, ma anche i carabinieri, i finanzieri e gli uomini della polizia locale, sono quotidianamente impegnati nei controlli sul territorio oltre che nel servizio di sicurezza durante le manifestazioni contro il governo del sabato pomeriggio. Da domani, inoltre, seppur senza indicazioni precise, sono chiamati anche a verificare i Green pass sui mezzi pubblici e a effettuare controlli a campione nei ristoranti, nei bar e nei luoghi della socialità, dove verrà richiesto il certificato rafforzato. Un impegno enorme per le divise italiane, che non ci stanno a essere definite in quel modo da Maurizio Crozza. "Non c’è ironia che giustifichi un messaggio così orrendo che, sottilmente, alimenta un odioso messaggio di delegittimazione di chi porta la divisa, attentando a quel rapporto di fiducia così prezioso e delicato che lega le forze dell’ordine ai cittadini", spiega Mazzetti, che quindi aggiunge: "I poliziotti che vanno in servizio hanno il green pass, a differenza di ciò che Crozza ha voluto far pensare. Fino ad ora, chi non ha voluto vaccinarsi ha potuto, trovando soluzioni diverse, e nessuno, neppure per strappare una risata, può insinuare che sol perché si indossa una divisa non si è liberi di scegliere in materie così delicate e costituzionalmente garantite". Inoltre, così come negli altri settori, anche tra le forze dell'ordine la maggior parte degli uomini e delle donne hanno ottenuto la somministrazione del vaccino. Alcuni di questi hanno già effettuato anche la terza dose. In conclusione, il segretario generale Fsp ha sottolineato: "È appena il caso di far notare a Crozza che solo gli operatori della sicurezza e pochi altri sono stati obbligati a fare qualcosa rispetto a cui il governo non trova il coraggio di imporsi con tutti".

Francesca Galici. Giornalista per lavoro e per passione. Sono una sarda trapiantata in Lombardia. Amo il silenzio.

Forze dell’ordine e Esercito uno su cinque senza vaccino. Open days l’ultima chance. Viola Giannoli,  Romina Marceca su La Repubblica il 2 ottobre 2021. Il Viminale chiama gli agenti l’11 e il 12 ottobre. Su circa 490 mila donne e uomini in divisa — tra carabinieri, poliziotti, agenti della Penitenziaria, Fiamme gialle, militari dell’Esercito, dell’Aeronautica e della Marina — ce ne sono circa 100 mila non vaccinati. Uno su cinque. Non tutti, ovviamente, sono No vax per ideologia. Anzi: ci sono i titubanti ma pure chi si è messo in fila per età anagrafica e non per professione e rientra in altri conteggi, chi è appena guarito dal Covid e non ha fatto dosi o al più solo la prima, chi allergico. E i dati sensibili hanno un margine d’incertezza per la non obbligatorietà del vaccino. Ma dopo il caso della vicequestora di Roma, Nunzia Schilirò, convinta che il Green Pass vìoli le libertà personali, si sono iniziati a fare i conti. Il 15 ottobre si avvicina a grandi passi: la deadline oltre la quale non si potrà accedere ai luoghi di lavoro senza certificazione. E forze dell’ordine e armate non sono escluse. Ecco perché dal dipartimento di Pubblica sicurezza del Viminale è partita una circolare che nel ricordare l’obbligo del Pass sottolinea la necessità di «condurre alla vaccinazione il maggior numero possibile di dipendenti, a garanzia anche della salute della collettività», attivando, se necessario, «sedute straordinarie a livello locale». La Direzione centrale di Sanità dello stesso ministero, guidata da Fabrizio Ciprani, ha indetto due Open days, 11 e 12 ottobre, per tutto il personale di polizia. L’ultima chiamata utile al vaccino. Una corsa contro il tempo nonostante le forze dell’ordine siano state inserite tra le priorità della campagna vaccinale. Dalla questura di Roma sono arrivate 60 adesioni, non si aspettano oltre i 200 disposti a ricevere il farmaco presso la Direzione sanità. Altrove il modello sarà ibrido: alle somministrazioni saranno chiamati i medici delle Asl negli hub e il personale interno nei commissariati. Ma torniamo ai numeri. Tra i 98mila poliziotti d’Italia, in 79.096 hanno aderito alla campagna vaccinale terminata a maggio, 72.932 hanno fatto due dosi. Resta quasi un 20 per cento nel limbo. «Dei 19 mila rimanenti, ci sono 11.500 poliziotti che hanno contratto il virus. Gran parte di questi si sarebbero vaccinati ma non abbiamo dati certi», spiega Ciprani. Nelle principali città il dato dei vaccinati oscilla: peggio Napoli (70,6%) e Milano (73,8%), meglio Roma (80%) e Palermo (80,6%). «Nei conteggi mancano però coloro che si sono vaccinati autonomamente», ribadisce Ciprani. Per la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese solo l’8% è senza copertura. Ma il problema dei non vaccinati è reale. Racconta un poliziotto: «Ogni giorno, soprattutto nelle sezioni volanti, c’è chi si rifiuta di salire nell’auto dove sa che c’è un collega non vaccinato». Mentre tra gli uomini in divisa No Vax, in vista del 15 ottobre, c’è chi dice: «Spero che il governo pensi a una deroga per le forze di polizia». La maggior parte dei sindacati chiede tamponi gratis, come accade davanti alla Questura di Brescia su iniziativa però di un’azienda privata, per «evitare discriminazioni», dicono Siulp, Siap e Usip. Tra le Fiamme gialle, dove l’organico conta 58.300 finanzieri, ci sono 8 mila non vaccinati. E ancora: sul sito del ministero della Giustizia si legge che su 36.939 agenti della Penitenziaria un terzo non ha fatto il vaccino. Il ragionamento è lo stesso che vale per gli altri: sono numeri che vanno scremati dai già infettati. «Ma cosa succederebbe in caso di sospensioni che si andrebbero a sommare alla gravissima deficienza degli organici già esistente e quantificata dal Dap, in 17mila unità mancanti?», chiede Gennarino De Fazio, segretario generale della UilPa Polizia penitenziaria. In coda: tra le Forze armate, fanno sapere dallo Stato maggiore della Difesa, l’83% ha ricevuto una dose, il 72% ha completato il ciclo vaccinale. Ultimo in classifica ci sarebbe l’Esercito, i carabinieri hanno i numeri più alti: su 108mila, i vaccinati sono 93.224, l’86 per cento. All’appello ne mancano 15 mila. Ma secondo il tenente colonnello della direzione di Sanità dell’Arma, Giuseppe Cenname, «il dato dei vaccinati è sottostimato»: dall’inizio della pandemia sono stati 12.500 i carabinieri positivi, di questi una quota ha fatto la singola dose.

Forze dell’ordine e Esercito uno su cinque senza vaccino. Open days l’ultima chance. Viola Giannoli, Romina Marceca su La Repubblica l'1 ottobre 2021. Su circa 490 mila donne e uomini in divisa — tra carabinieri, poliziotti, agenti della Penitenziaria, Fiamme gialle, militari dell’Esercito, dell’Aeronautica e della Marina — ce ne sono circa 100 mila non vaccinati. Uno su cinque. Non tutti, ovviamente, sono No vax per ideologia. Anzi: ci sono i titubanti ma pure chi si è messo in fila per età anagrafica e non per professione e rientra in altri conteggi, chi è appena guarito dal Covid e non ha fatto dosi o al più solo la prima, chi allergico. E i dati sensibili hanno un margine d’incertezza per la non obbligatorietà del vaccino. Ma dopo il caso della vicequestora di Roma, Nunzia Schilirò, convinta che il Green Pass vìoli le libertà personali, si sono iniziati a fare i conti. Il 15 ottobre si avvicina a grandi passi: la deadline oltre la quale non si potrà accedere ai luoghi di lavoro senza certificazione. E forze dell’ordine e armate non sono escluse. Ecco perché dal dipartimento di Pubblica sicurezza del Viminale è partita una circolare che nel ricordare l’obbligo del Pass sottolinea la necessità di «condurre alla vaccinazione il maggior numero possibile di dipendenti, a garanzia anche della salute della collettività», attivando, se necessario, «sedute straordinarie a livello locale». La Direzione centrale di Sanità dello stesso ministero, guidata da Fabrizio Ciprani, ha indetto due Open days, 11 e 12 ottobre, per tutto il personale di polizia. L’ultima chiamata utile al vaccino. Una corsa contro il tempo nonostante le forze dell’ordine siano state inserite tra le priorità della campagna vaccinale. Dalla questura di Roma sono arrivate 60 adesioni, non si aspettano oltre i 200 disposti a ricevere il farmaco presso la Direzione sanità. Altrove il modello sarà ibrido: alle somministrazioni saranno chiamati i medici delle Asl negli hub e il personale interno nei commissariati. Ma torniamo ai numeri. Tra i 98mila poliziotti d’Italia, in 79.096 hanno aderito alla campagna vaccinale terminata a maggio, 72.932 hanno fatto due dosi. Resta quasi un 20 per cento nel limbo. «Dei 19 mila rimanenti, ci sono 11.500 poliziotti che hanno contratto il virus. Gran parte di questi si sarebbero vaccinati ma non abbiamo dati certi», spiega Ciprani. Nelle principali città il dato dei vaccinati oscilla: peggio Napoli (70,6%) e Milano (73,8%), meglio Roma (80%) e Palermo (80,6%). «Nei conteggi mancano però coloro che si sono vaccinati autonomamente», ribadisce Ciprani. Per la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese solo l’8% è senza copertura. Ma il problema dei non vaccinati è reale. Racconta un poliziotto: «Ogni giorno, soprattutto nelle sezioni volanti, c’è chi si rifiuta di salire nell’auto dove sa che c’è un collega non vaccinato». Mentre tra gli uomini in divisa No Vax, in vista del 15 ottobre, c’è chi dice: «Spero che il governo pensi a una deroga per le forze di polizia». La maggior parte dei sindacati chiede tamponi gratis, come accade davanti alla Questura di Brescia su iniziativa però di un’azienda privata, per «evitare discriminazioni», dicono Siulp, Siap e Usip. Tra le Fiamme gialle, dove l’organico conta 58.300 finanzieri, ci sono 8 mila non vaccinati. E ancora: sul sito del ministero della Giustizia si legge che su 36.939 agenti della Penitenziaria un terzo non ha fatto il vaccino. Il ragionamento è lo stesso che vale per gli altri: sono numeri che vanno scremati dai già infettati. «Ma cosa succederebbe in caso di sospensioni che si andrebbero a sommare alla gravissima deficienza degli organici già esistente e quantificata dal Dap, in 17mila unità mancanti?», chiede Gennarino De Fazio, segretario generale della UilPa Polizia penitenziaria. In coda: tra le Forze armate, fanno sapere dallo Stato maggiore della Difesa, l’83% ha ricevuto una dose, il 72% ha completato il ciclo vaccinale. Ultimo in classifica ci sarebbe l’Esercito, i carabinieri hanno i numeri più alti: su 108mila, i vaccinati sono 93.224, l’86 per cento. All’appello ne mancano 15 mila. Ma secondo il tenente colonnello della direzione di Sanità dell’Arma, Giuseppe Cenname, «il dato dei vaccinati è sottostimato»: dall’inizio della pandemia sono stati 12.500 i carabinieri positivi, di questi una quota ha fatto la singola dose.

Vaccini e divise: allarme per i no vax tra poliziotti, carabinieri e militari. Adriana Logroscino su Il Corriere della Sera il 19 settembre 2021. Le forze dell’ordine tra le categorie prioritarie: hanno iniziato le somministrazioni da febbraio. Non immunizzati il 23% dei carabinieri, il 13% dei finanzieri e il 16% dei poliziotti. La chiamata a vaccinarsi, per loro, è arrivata prima che per tanti altri. Subito dopo i medici e i fragili, e insieme a over 80 e insegnanti, toccava a forze di polizia e forze armate. Lo disponeva a metà febbraio, il «programma prioritario» che l’allora commissario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, aveva predisposto con le Regioni. Poco dopo, cambiato il commissario — il primo marzo il nuovo presidente del Consiglio, Draghi, ha nominato Francesco Paolo Figliuolo — è cambiata anche la strategia: ordine di vaccinazione non in base alla professione ma all’età. Del resto le categorie da privilegiare per via dei rischi maggiori e dell’interazione con il pubblico derivanti dal lavoro, dovevano aver già quasi completato il ciclo delle due somministrazioni. Vero, ma non del tutto. È vero, cioè, che la gran parte di carabinieri, poliziotti, appartenenti alla guardia di finanza e alle forze armate si sono vaccinati e da tempo. Tuttavia, finora chi non ha voluto farlo ha subìto, come unica restrizione, quella di non potersi sedere a mensa con i colleghi, visto che in ogni ambiente in cui si consumano pasti già vige l’obbligo di green pass. Ora, in vista dell’obbligo di esibire la certificazione per entrare in ufficio come per prendere servizio in caserma, dal 15 ottobre, alcune sigle sindacali hanno lanciato il loro allarme: cosa si fa con i no vax in divisa, dovranno tutti essere sospesi e lasciare il servizio? I numeri rassicurano. I carabinieri che hanno completato il ciclo di vaccinazione sono 81.368 su 107.723, cioè il 76,5%. E altri 11 mila e 200 sono in attesa del richiamo che con ogni probabilità riceveranno prima dell’entrata in vigore dell’obbligo di green pass. Altissima la percentuale di vaccinati nella guardia di finanza: l’87% dei 58.300 finanzieri ha completato il ciclo, e dei circa ottomila rimanenti, duemila sono guariti dall’infezione e aspettano, come previsto dalle indicazioni mediche, l’unica dose necessaria per la completa immunizzazione. A metà, tra carabinieri e finanzieri, si collocano i poliziotti: l’83,7%, cioè circa 82 mila agenti su 98 mila, è stato vaccinato. Inoltre la polizia ha avuto un alto numero di contagiati, 11 mila agenti che si sono immunizzati per effetto dell’infezione: non tutti hanno già ricevuto la prescritta dose di vaccino. È possibile che, nel boom di prenotazioni seguite al decreto del «super green pass», ci siano anche tanti poliziotti, magari giovani, che non avevano voluto approfittare della priorità. Tuttavia se tutti gli agenti non vaccinati dovessero essere sospesi dal servizio, l’ordine pubblico potrebbe risentirne. La situazione è ancora diversa nelle forze armate. Collocate anch’esse tra le categorie con diritto alla priorità nella campagna di vaccinazione, hanno regolamentato le somministrazioni uniformandosi al calendario fissato per i civili: prima i militari sanitari, quelli impiegati a supporto delle forze di polizia in attività di ordine pubblico (la campagna Strade sicure) e quelli in missione all’estero, poi tutti gli altri. Con un ritmo condizionato dalla disponibilità di dosi. Così dei 167 mila appartenenti all’esercito, alla marina e all’aeronautica, finora il 70 per cento ha completato il ciclo vaccinale e l’80% ha ricevuto la prima dose.

L'esercito peggio della scuola: immune solo uno su due. Enza Cusmai il 31 Agosto 2021 su Il Giornale. Differenze tra i vari Corpi: più avanti i Carabinieri, seguono l'Aeronautica e la Marina. I poliziotti non sono gli unici a snobbare, per il 20%, gli hub vaccinali. Anche i militari italiani, Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, in fatto di numeri, si allineano ai membri della polizia di Stato. Scorrendo tabelle riservate a loro dedicate, infatti, si scopre che più di due componenti dell'Esercito su dieci non si sono ancora neppure accostati ad un hub vaccinale. E molti di loro sono ancora alla prima dose. Per la precisione, attualmente il 78,8% dell'intero personale ha effettuato prima o entrambe le dosi. La percentuale va ovviamente spezzettata e ci sono differenze nei quattro corpi dei militari che superano complessivamente i 282mila addetti. Prendiamo l'Esercito, di cui si contano poco meno di 100mila uomini. Qui solo il 53% ha completato il ciclo vaccinale, cioè una doppia dose. Il 16% invece ne ha fatta una sola. In totale siamo al 69%, addirittura inferiore al numero dei vaccinati a livello nazionale che ormai sfiora il 70%. Eppure lo stesso generale Figliuolo, in qualità di commissario straordinario anti Covid, vaccinandosi in un hub in tuta mimetica, avrebbe dovuto dare il buon esempio ai suoi sottoposti. Invece i militari sono uomini come gli altri, con paure e reticenze. Più rigorosi gli uomini dell'Aeronautica. Quasi 8 su 10 sono completamente immunizzati, solo uno sparuto 3% ha fatto una sola dose e alla fine la copertura del Corpo si attesta all'81,3%. Analoga situazione nella Marina. Quasi 40mila addetti e l'81,3% di copertura: 7 su 10 già immunizzati, 3 su 10 solo una dose. Poi c'è l'Arma. Qui, ci si aspetta che la copertura sia «bulgara» anche perché sono stati i primi, assieme alla polizia, ad essere beneficiati di una dose quando ancora le vaccinazioni si dovevano dedicare alle categorie prioritarie, tra cui le forze dell'ordine. Invece i dati riflettono qualche diffidenza. Il 75% del personale ha ricevuto due dosi, il 9,34% solo una dose. Risultato, siamo all'85,13%. Insomma, non sono valori simili ai sanitari, ma superano quelli dell'ex immunità di gregge fissata all'80%. «Ex» immunità visto che, la variante Delta, altamente contagiosa, non ci permette di ambire alla copertura ideale nazionale poiché ha la capacità di infettare (però senza grossi guai) anche i vaccinati. Ma dall'Arma forse la gente si aspetta abnegazione assoluta anche sul piano vaccinale. Eppure qualche opera di convincimento c'è stata. Come lo spot di sensibilizzazione diffuso sui canali interni dell'Istituzione. Alla realizzazione avevano partecipato il campione olimpico Luigi Busà, l'attore Francesco Pannofino e perfino il direttore dello Spallanzani, Francesco Vaia. Ma la diffidenza è dura a morire e nonostante il green pass obbligatorio nelle mense, nonostante il ruolo di affidabilità che ispirano alla popolazione, qualche frangia dei carabinieri scrolla la testa dinnanzi al vaccino. Ad analizzare questa parziale disaffezione è Fabio Ciciliano, dirigente medico della Polizia di Stato e membro del comitato tecnico scientifico: «Dai dati emerge che questa popolazione di lavoratori si è vaccinata più della popolazione generale anche se molti di loro erano stati messi in condizione di immunizzarsi all'inizio della campagna vaccinale come elementi importanti di una collettività». Ma non ci siamo ancora. «L'80% ormai non basta più aggiunge Ciciliano Bisogna proseguire con le vaccinazioni come tutela personale e per la tutela collettiva visto che le forze dell'ordine sono a contatto con le persone. E penso anche ai vigili del fuoco, ai vigli urbani». Per loro servirebbe l'obbligo? «Tecnicamente sarebbe la soluzione migliore - spiega Ma se non c'è intesa politica, si dovrebbe pensare ad un obbligo per tipologia di lavoro per tutti coloro che stanno a contatto con il pubblico». Enza Cusmai 

Da lastampa.it il 4 agosto 2021. Un'esperienza tremenda che le ha fatto rischiare la vita. Maria Paola Grisafi, 56enne di Caltabellotta ricoverata al Covid-Hospital di Ribera (Agrigento) e No-Vax convinta lancia un accorato appello a quanti rifiutano ancora il vaccino, pubblicando un video su Facebook. «Sono stata malissimo - racconta Grisafi trattenendo le lacrime dietro la maschera dell'ossigeno -. Lo dico a tutti: vaccinatevi perché io ho sbagliato a non farlo e ho rischiato la vita. È una malattia bruttissima. Si sta malissimo, se si riesce a superarlo. Tutti quelli che siamo qua - aggiunge - siamo tutti senza vaccino e abbiamo sbagliato tutti, siamo pentiti. Il Covid è una cosa bruttissima, si sta malissimo». Nel video la donna ringrazia il medico che l’ha curata in ospedale perché, dopo le cure, inizia a stare meglio e spera con il suo post di poter convincere chi aveva deciso di non vaccinarsi. La toccante testimonianza dal letto d'ospedale è stata diffusa sui social dall'Asp di Agrigento e in poche ore ha raggiunto centinaia di condivisioni e commenti.

DA tgcom24.mediaset.it il 2 settembre 2021. E' morto si Covid a soli 40 anni Marcus Birks, il cantante inglese dei The Chameleonz noto per essere un convinto no-vax. L'artista si è spento al Royal Stoke University Hospital dopo un lungo calvario in terapia intensiva. Proprio in quelle drammatiche condizioni aveva scoperto che la moglie Lis era in dolce attesa. Birks si credeva immune dal virus, convinto che la perfetta forma fisica (si allenava infatti cinque giorni a settimana) potesse in qualche modo fermare il virus. Per questo, una volta scoperto di essere stato contagiato, aveva ammesso in un'intervista alla Bbc di essere rimasto sconvolto, di essersi pentito per essere stato "un po’ ignorante" e aver rimandato la vaccinazione. Proprio in quello che sarebbe stato il suo ultimo messaggio, il cantante aveva lanciato un appello in favore della campagna vaccinale: "Se non ti sei ammalato non pensi che ti ammalerai, quindi ascoltami. Quando ti senti come se non riuscissi a respirare a sufficienza, questa è la sensazione più spaventosa del mondo". Dopo la morte la moglie Lis gli ha reso omaggio con un messaggio straziante, rivolto alla loro futura famiglia distrutta: "Il mio cuore è stato completamente strappato via e non so come affrontare il dolore, ma sapere che sto crescendo una parte di lui dentro di me, mi sta aiutando a superare questo momento". "La mia anima e il mio mondo sono completamente distrutti. Mio marito, il mio migliore amico, la mia anima gemella, Marcus, è morto ieri mattina", ha continuato. "Gli ho fatto una promessa: che dirò al nostro bambino ogni giorno quanto lo ama, quanto è speciale e come sarebbe stato / è il miglior papà che un figlio potesse desiderare".

Aveva solo 40anni e stava per diventare padre. Morto di covid il cantante no-vax Marcus Birks, il suo ultimo appello: “Vaccinatevi”. Redazione su Il Riformista il 2 Settembre 2021. Ha abbandonato  il suo scetticismo quando ha iniziato a capire che con il Covid-19 non si può scherzare. Purtroppo, però, il virus l’ha portato via, lasciando sola sua moglie in attesa del loro primo figlio. Non ce l’ha fatta Marcus Birks, il cantante quarantenne del duo The Chameleonz, morto di coronavirus il 27 agosto scorso al Royal Stoke University Hospital, nella contea inglese di Staffordshire, dove era ricoverato dall’inizio di agosto. Birks, convinto no-vax, si è presentato al nosocomio quando hanno iniziato a presentarsi sintomi di simil-influenza; poi la sua condizione fisica è andata peggiorando sempre di più, causandogli difficoltà respiratorie che avevano reso necessario il suo ingresso in terapia intensiva. Durante il ricovero, Birks ha cambiato la sua posizione e idea sui vaccini. In una intervista rilasciata alla BBC, il quarantenne aveva dichiarato di aver sottovalutato la forza devastante del virus, tanto che aveva ammesso di essere stato “un po’ ignorante” per la sua presa di posizione no-vax. Infine, l’appello lanciato a favore della campagna vaccinale, la stessa osteggiata prima di entrare in ospedale. “Se non ti sei ammalato, non pensi che ti ammalerai – ha detto il cantante alla BBC – Quando ti senti come se non riuscissi a respirare a sufficienza, questa è la sensazione più spaventosa del mondo. La prima cosa che dirò di fare a tutta la mia famiglia e a chiunque vedrò è di fare il vaccino”. Birks lascia sua moglie Lis darà alla luce il loro primo figlio. Lis, salutando sui social il marito scomparso, ha scritto su Facebook un commovente messaggio rivolto al futuro nascituro: “Gli ho promesso che ogni giorno dirò a nostro figlio quanto lo amasse, quanto speciale fosse e che sarebbe stato il padre migliore che un figlio potesse desiderare”.

"Dottoressa, ho cambiato idea, mi vaccini". Ma era troppo tardi: il covid uccide Maddalena Amiti, edicolante coraggio. Laura Gozzini su La Repubblica il 4 agosto 2021. L'edicola a Castiglione nella Bassa Lodigiana, tra gli epicentri della pandemia con 77 decessi per Sars-Cov-2, era sempre rimasta aperta. "Temeva che vaccinandosi sarebbe morta", ripete il secondogenito Luigi senza darsi pace. "Dottoressa ho cambiato idea, mi faccia il vaccino". Fanno tremare le parole di Maddalena Amiti, storica edicolante di Castiglione d'Adda deceduta lunedì per Covid-19, a un medico dell'ospedale di Lodi poco prima del suo aggravarsi e del ricovero in terapia intensiva. Affetta da un'osteoporosi in fase avanzata, più volte operata, la settantottenne aveva deciso di non vaccinarsi nonostante le preghiere dei figli che temevano per la sua salute.

Flavia Amabile e Niccolò Carratelli per “La Stampa” il 30 agosto 2021. Si può essere convinti sostenitori No Vax e trasformarsi in fieri paladini delle vaccinazioni? In questa Italia divisa tra favorevoli e contrari, mentre le piazze si riempiono di persone che denunciano complotti e trame oscure dietro la campagna di vaccinazione, c'è anche chi da quel drappello decide di uscire e passare dalla parte opposta della barricata. Paolo Viviano vive a Barletta, lavora all'Asl, trasporta farmaci e frequenta i reparti degli ospedali ogni giorno. Fino a sette mesi fa sul suo profilo rilanciava link e post di chiara matrice No Vax. A marzo, invece, qualcosa è cambiato. «Ho visto i morti, le persone intubate. Giovani che stavano male. Ho capito che quello che si diceva del Covid non erano chiacchiere. Mi sono informato, ho parlato con i medici, ho ascoltato e mi sono deciso». Il 27 marzo è andato a fare la vaccinazione, Pfizer come tutti gli operatori sanitari. Effetti collaterali? «Mal di testa, un po' di stanchezza, cose così per due giorni, nient' altro», assicura. Nelle settimane successive qualcosa però è accaduto. «Intorno a me c'erano persone di famiglia che erano titubanti. Ho parlato con loro così come i medici avevano parlato con me. Non ho imposto nulla, non è quello il modo giusto. Ho usato gli argomenti, ho raccontato quello che avevo visto e alla fine li ho convinti a vaccinarsi». Parole simili arrivano da Fiesole, in Toscana. Catia Elena Dell'Orso lavora come ostetrica all'ospedale Careggi di Firenze. «Non si rendono conto», pensa ogni volta che vede in tv le immagini delle manifestazioni No Vax: «Mi danno fastidio, c'è un misto di incoscienza e di ignoranza, non immaginano l'inferno che si vive nei reparti di rianimazione» dice. Nell'ospedale Careggi è stata ricoverata per quasi due mesi, di cui uno passato in terapia intensiva. E alla fine ammette: «Anche io ero come loro, non mi fidavo, non ascoltavo i consigli, non mi sono voluta vaccinare e ho sbagliato». Il racconto è simile a molti altri: «Pensavo che adottando tutte le precauzioni, senza andare nei locali o frequentare posti affollati non sarebbe successo niente - racconta -. Invece, una notte di fine marzo, mi sono svegliata e non respiravo più, così sono andata in pronto soccorso». Il casco per la ventilazione, la maschera per l'ossigeno, giorni interminabili: «Sono stata tra la vita e la morte, uscirne è stato un percorso lungo e doloroso - spiega Catia - oggi porto i segni della malattia, sono invecchiata di colpo». Sono tante le storie simili che arrivano da tutt' Italia. Giuseppe Marcianò, 61, anni, di professione meccanico a Palermo ha confessato a Repubblica la sua diffidenza nei confronti del vaccino. «Poi ho avuto il Covid. Ho chiamato il medico e gli ho detto "Dottore ho sbagliato, ora che faccio?"». E ha fatto vaccinare moglie e figlia a cui prima consigliava di aspettare. Anche agli altri indecisi ora lancia un appello a vaccinarsi perché «è importante». Oppure Pietro Marino, torinese, fino all'inizio dell'estate in piazza contro il Green Pass obbligatorio. Poi il fratello ha avuto il Covid, è finito in terapia intensiva e si è reso conto che i vaccini sono necessari. Ha prenotato la sua dose e ha iniziato a convincere altri a farlo. Giuseppe Silano di Palermo, invece, ha ammesso di «aver visto la morte con gli occhi» dopo 33 giorni in terapia intensiva e di aver deciso che, quando sarà il momento, anche lui si vaccinerà

TUTTI NO VAX FINO A QUANDO NON SI AMMALANO. Maria Sorbi per "il Giornale" il 18 giugno 2021. «Dottore, la prego mi aiuti. Lo so, ho fatto una cavolata». Quando la fame d' aria ti assale, non c' è ideologia che tenga, c' è solo l'istinto di sopravvivenza. Lo sanno bene i no vax ricoverati in questi giorni. Pentiti di non essersi vaccinati per tempo, hanno gli occhi spaventati e imploranti di chi non riesce a respirare. Qualcuno di loro, prima di essere isolato sotto i C-Pap, ha perfino chiesto scusa al medico. Giovanni, poco più di 40 anni, ricoverato all' ospedale Niguarda di Milano, era fermamente convinto che la pandemia fosse un'esagerazione e che i vaccini fossero una follia «da gregge» manovrato dalla mala informazione. Dopo giornate attaccato al respiratore e ore scandite solo dal rumore delle spie dei macchinari, ora ha cambiato idea. «Ci sono capitati più casi di persone contrarie al vaccino che si sono ricredute nel momento del bisogno - spiega Massimo Puoti, direttore di Malattie infettive al Niguarda - Ma c' è anche stato un paziente che ha insistito in tutti i modi per avere cure alternative, che ovviamente in ospedale non somministriamo. È ancora intubato in terapia intensiva e speriamo se la cavi». I pochi ricoverati di questi giorni sono per lo più no vax (non tutti militanti sui social), ma anche, come segnala Puoti, famiglie di immigrati «che non sono in grado di accedere alle cure preventive perchè non hanno gli strumenti culturali e linguistici. Usano come unico strumento di cura il Pronto soccorso. Ci è capitato più di una volta di ricoverare una famiglia intera. Anche loro fanno parte di quel 20% di persone che si ammalano ora». Lo stesso fenomeno del «dottore, se tornassi indietro mi vaccinerei» c' è in quasi tutti i reparti, dove gli anti vaccinisti si trovano a fianco del letto di chi è stato colpito dal virus tra una dose di vaccino e l'altra. All' ospedale di circolo di Varese, il direttore del dipartimento di Medicina Interna Francesco Dentali, racconta: «I pazienti non vaccinati e ricoverati da noi capiscono da soli di aver commesso un errore e si pentono per non essersi protetti prima». Alcuni si rendono conto che la loro ideologia ha messo a rischio la vita della famiglia, dei figli, dei nonni. Altri restano convinti, fino al foglio di dimissione, di essersi ammalati di un altro tipo di polmonite, che nulla ha a che fare con il Covid. I medici non stanno a convincerli. Li curano e basta. Il timore è che nei prossimi mesi saranno quasi esclusivamente i non vaccinisti l'obbiettivo dello stesso virus che negano, come nel più surreale degli scenari. La variante delta colpisce infatti dove trova terreno e al momento i bersagli sono i giovani non ancora vaccinati e quella fetta di popolazione (15%) che si rifiuta di farsi iniettare il vaccino. Nella maggior parte dei casi, vista l' età, le conseguenze non sono gravi. Ma, come testimoniano i primari dei reparti, i casi gravi ci sono ancora. Nulla di paragonabile ai numeri di qualche settimana fa ma ci sono. «I no-vax nel Nord-Est del Paese sono il 18%, nelle altre Regioni siamo al 10-12%» aveva stimato il commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo in occasione della manifestazione no vax a Roma di maggio. Sui social, Roberto Burioni, ordinario di Microbiologia e virologia all' università Vita-Salute San Raffaele di Milano, non si stanca di ripetere l'importanza della vaccinazione. E lo fa nonostante abbia ricevuto da popolo no vax accuse pesanti, tra cui, per citarne solo una delle ultime, quella di fare da spalla a «un nazismo sanitario pericoloso e assassino». Il virologo si lascia scivolare addosso insulti a raffica - ormai ci ha fatto il callo - e spiega: «Questa malattia non è uno scherzo. Chi non si vaccina ha un'altissima probabilità di ammalarsi. Questa volta rifiutare il vaccino sulla base di una superstizione porta a un rischio molto grosso». «Cari amici che non amate i vaccini spiega il medico social fate bene per voi a vaccinarvi, non solo per la comunità. Io sono vaccinato e se incontro uno che non si è vaccinato mi dispiace per lui, ma non mi ammalo. Mi dispiace però per chi ha magari una leucemia, ha risposto peggio al vaccino e può essere contagiato da un antivaccinista. Io sono convinto che la storia dei prossimi mesi convincerà molti a vaccinarsi». Che non vuole essere una gufata ma una proiezione di chi il virus lo ha studiato in laboratorio e di chi sa che la guerra non è ancora finita. E sarebbe davvero grottesco se gli unici a fare da veicolo al Covid e a tenere viva la pandemia fossero proprio quelli che lo hanno negato.

Pietro Senaldi tombale sul caso Nicola Gratteri: "Tutti contro il pm non Vax, ma nessuno si indigna se vengono incarcerati degli innocenti. Libero Quotidiano il 07 aprile 2021. Il direttore di Libero Pietro Senaldi oggi parla di giustizia e del curioso caso che riguarda il procuratore Gratteri: "Continuano a montare le polemiche sul caso del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che nella prefazione al libro di un collega ha espresso delle tesi "No Vax" o comunque scettiche rispetto alla vaccinazione di massa. A  me non indigna tanto questo, perché io non andrei mai da Gratteri per curarmi dal Covid, ma neanche da un mal di pancia, quindi che un giudice non sappia nulla di profilassi o di medicina non mi stupisce. A me però fa specie che il giudice venga processato perché ha delle tesi No Vax e non perché negli anni ha arrestato centinaia di persone con delle accuse pesantissime che poi sono state scarcerate...". "...E'curioso come ai pm non si perdonino posizioni fuori dal coro su argomenti non loro e invece non si vada mai a indagare quanto fanno bene, quanto fanno male e se sbagliano gli si chieda conto. La conseguenza di tutto questo è che ormai siamo un Paese di pm, processiamo gli altri senza torto o ragione, ma semplicemente per il fatto che ci stanno antipatici o che non condividiamo le loro tesi...".  

Da huffingtonpost.it il 7 aprile 2021. “Se Nicola Gratteri ha scritto la prefazione senza leggere il libro, siamo di fronte a qualcosa di imperdonabile. Se l’ha scritta dopo averlo letto, è un’aggravante”. Il caso commentato da Giuseppe Ayala sulle pagine del Foglio è quello della prefazione di Nicola Gratteri al libro “Strage di Stato. Le verità nascoste della Covid-19 ” scritto da Angelo Giorgianni e Pasquale Bacco, che rilancia teorie complottiste e negazioniste. “Sono tesi ai confini della psichiatria” afferma il magistrato siciliano. “Apprendo che uno degli autori è un magistrato”, dice riferendosi ad Angelo Giorgianni, “non è un problema di sanzioni, non bastano provvedimenti anche se il Csm delle valutazioni dovrà pur farle”. Al posto di Gratteri, prosegue Ayala, avrebbe ammesso che ”è stata una gravissima leggerezza. Che ha sbagliato. Serve una presa di distanza inequivocabile. Una frase come questa: Non mi riconosco assolutamente nelle tesi degli autori”. Ayala rilancia poi una considerazione di Carlo Nordio a Huffpost sulla necessità di un esame psichiatrico per l’accesso alla magistratura: “Non solo è una buona idea. Io credo che servano esami psichiatrici periodici per i magistrati. Non solo all’entrata in magistratura. Negli anni, la capacità di giudizio si può appannare, deteriorare. Servono esami costanti”.

La foglia di fico di politici incapaci. Gratteri è intoccabile e riverito dalla stampa perché arresta calabresi, a Milano invece…Ilario Ammendolia su Il Riformista il 7 Aprile 2021. Mai come in questo momento avverto un senso di frustrazione e di impotenza per il fatto che della Calabria non gliene fotte proprio niente a nessuno. Da quaranta anni sosteniamo che un vasto arco di forze ha trovato comodo ridurre la drammatica questione calabrese a mera questione criminale e, in tale ottica, Gratteri è stato letteralmente costruito, soprattutto dai media, come strumento dietro cui nascondere la scelta politica e istituzionale di non dare risposte credibili a una regione che si è andata disgregando giorno dopo giorno. E mai come oggi la Calabria è stata uno “sfasciume” umano, sociale e politico “pendulo sul mare”. La ‘ndrangheta fa da padrona e se non si sente è perché ha deciso di non farsi sentire. Questa è la vera grande colpa di quanti si sono prestati (Gratteri in primis) a un gioco che ha aiutato a cancellare la Calabria da ogni agenda di governo. Senza sconfiggere né la criminalità organizzata né tanto meno quella comune. Quindi, sono rimasto sorpreso e perplesso quando ho letto l’editoriale di Sallusti “Gratteri, don Chisciotte e Sancho Pancia” con il direttore de Il Giornale nella parte di cavaliere dell’Ideale per il presunto coraggio di criticare Gratteri ritenuto un “intoccabile”. Di vero c’è solo l’imbarazzato silenzio dei giornali che hanno dedicato intere paginate a Gratteri e tutte grodanti “ inni e canti “ al magnifico procuratore che il Cielo avrebbe destinato alla Calabria. Per il resto Sallusti si sbaglia e lo sa bene. Il procuratore di Catanzaro è realmente un intoccabile ma solo se arresta calabresi, meglio se “sciancati”, interpretando gli umori delle caste che comandano in Italia. Ma se pensa a Milano troveranno mille modi per sbarrargli il passo. Sto leggendo il libro Strage di Stato e, da quanto ho finora letto, mi sembra indubbio il fatto che Gratteri abbia sbagliato a fare la prefazione al libro. Ma una prefazione rispetto a quanto è successo in Calabria negli ultimi trenta anni, è nulla. Eppure tutto è stato colpevolmente ignorato da quanti avevano l’obbligo di sapere. Era il 2009 quando con un editoriale su Calabria ora diretto da Piero Sansonetti abbiamo denunciato quanto era avvenuto a Plati (Rc). E poi abbiamo parlato di “Metropolis” , di “Circolo Formato”, delle varie inchieste (sommarie) sulla sanità calabrese e sul delitto del vicepresidente del Consiglio regionale, on. Fortugno. Sino ad arrivare a “Rinascita Scott”, al confinamento (illegale) del presidente della Regione e all’arresto (illegittimo) del presidente del Consiglio regionale. E ancora (e soprattutto) , di vite spezzate, di democrazia sospesa, di economia al lastrico ad opera della mafia e dell’antimafia, di oltraggi costanti alla Costituzione. Abbiamo combattuto in solitudine e non senza rischi, mai contro le persone ma solo per rompere il muro di sopraffazione e di indifferenza verso la Calabria. I fatti ci hanno dato ragione su tutto…. ma – ed in questi giorni è più evidente che mai- la Calabria non è Milano.

Il procuratore sposa le tesi no-vax. “Vaccini sono acqua di fogna”, Gratteri firma la prefazione del libro dei negazionisti. Carmine Di Niro su Il Riformista il 25 Marzo 2021. Nicola Gratteri come il peggiore dei cospirazionisti no-vax. Il procuratore di Catanzaro firma la prefazione di un libro, “Strage di Stato – Le verità nascoste della Covid-19”, che mette insieme alcune delle peggiori bufale e teorie del complotto su Coronavirus, vaccini e ruolo di fantomatiche lobby dietro la pandemia che ad oggi ha provocato nel mondo 125 milioni di casi e quasi 3 milioni di decessi, di cui 100mila solo in Italia. Autori del libro in questione sono Pasquale Bacco e Angelo Giorgianni: il primo è un medico con un passato nell’estrema destra, da CasaPound a Fiamma Tricolore, amministratore delegato della società Meleam, che si occupa d medicina legale e sicurezza nei luoghi di lavoro; il secondo è invece un collega di Gratteri, magistrato presso la Corte di appello di Messina e con un passato anche lui di politico ma sul fronte opposto, arrivando anche al ruolo di sottosegretario all’Interno nel primo governo Prodi. A "scovare" il passo falso di Gratteri e il suo sposare tesi negazioniste è Luciano Capone su Il Foglio, che riporta passi del libro di Bacco e Giorgianni. All’interno infatti si possono trovare affermazioni da mani nei capelli, tesi che circolano nei peggiori blog di “contro-informazione” che rimandano la pandemia ad un complotto orchestrato da ebrei, Big Pharma, Bill Gates and company. L’antisemitismo di fondo nelle tesi di Bacco e Giorgianni, da cui Gratteri non prende le distanze, è evidente in passaggi come questo. “Vogliamo dire chi comanda nel mondo? Comandano gli ebrei! Sta tutto in mano a loro! Tutte le lobby economiche e le lobby farmaceutiche, hanno tutto in mano loro… la grande finanza…”. Pare evidente che Gratteri non si sia informato sul curriculum dei due autori o, peggio, che ne condivida le tesi. Bacco infatti lo scorso luglio, intervenendo ad una conferenza alla Camera promossa da Sara Cunial, deputata no-vax eletta con il M5S e poi espulsa dai grillini per le sue tesi ormai indifendibili, diceva questo palando dal virus: “E’ un virus ridicolo. Il Covid, dobbiamo dirlo sempre con più forza, non ha ucciso nessuno”. Quanto al vaccino, per Bacco al suo interno c’è “acqua di fogna”, “tutte le schifezze possibili e immaginabili”, urlava lo scorso ottobre durante una manifestazione a Taranto contro il lockdown. Non meno pesanti sono le teorie di Giorgianni, che in qualità di magistrato avrebbe un ruolo pubblico che dovrebbe spingerlo a mordersi la lingua. Niente da fare invece, perché per il magistrato della Corte di appello di Messina la pandemia “è uno strumento di ingegneria sociale che serve per realizzare un colpo di stato globale” e, riprendendo le parole di monsignor Viganò, si tratta di una “glia biblica tra i Figli della Luce e i Figli delle Tenebre”. Come Bacco, anche Giorgianni si oppone con tutte le sue forze ai vaccini anti-Covid, che vogliono trasformare “l’uomo in Ogm” e che “potrebbe determinare la sterilità nell’uomo e nella donna”. Con questi curricula è possibile che Gratteri non abbia pensato di evitare di mettere la firma sul libro di Bacco e Giorgianni? Ebbene il procuratore di Catanzaro sembra sposare e supportare il complottismo dei due autori: per Gratteri infatti ci troviamo di fronte a “un libro-inchiesta che ricostruisce la successione degli eventi, la fonte dei provvedimenti, le correlazioni talvolta insospettabili tra fatti e antefatti, sollevando angosciosi interrogativi – degni di approfondimento nelle sedi competenti – sulla gestione dell’emergenza pandemica”. Un supporto tale alle strampalate teorie degli autori da spingere Gratteri ad essere ospite d’onore del dibattito che terranno i due autori sulla loro pagina Facebook “L’Eretico” sabato prossimo.

Coronavirus, Nicola Gratteri accusato dal Foglio: "Fa il no vax e intanto si vaccina". Calabria, l'accusa al super pm. Libero Quotidiano il 26 marzo 2021. Di questi tempi basta poco per distruggere la propria reputazione, è il caso del temerario pm anti 'ngrangheta Nicola Gratteri. Nella giornata di ieri, il Foglio ha rivelato che Gratteri ha partecipato alla pubblicazione del saggio definito "no-vax" Strage di Stato (edito da Lemma Press), scritto dal magistrato Angelo Giorgianni e dal medico Pasquale Bacco. Gratteri ha curato la prefazione del volume. Gli autori del saggio vengono descritti da il Foglio come autori di "tesi cospirazioniste e completamente deliranti su un presunto colpo di stato globale orchestrato da Big Pharma, Oms, Bill Gates, Soros e Rockefeller". Accusato di negare l'esistenza del virus, Gratteri risponde senza fronzoli: "Io negazionista? In Procura siamo tutti vaccinati". Come fa notare il Giornale, è interessante come in Calabria migliaia di over 80 siano ancora in attesa del vaccino, mentre ci sono "gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale, per dirla con le parole del premier Mario Draghi". Gratteri risponde spavaldo alle critiche: "Mi sono limitato a cogliere l'occasione per lanciare l'allarme contro le mafie". Il libro non mira soltanto a sbriciolare la comunità scientifica e l'operato del Cts, ma rivolge pesanti accuse alla gestione pandemica del Conte II, in particolare a Bergamo. Probabilmente le uniche accuse sensate dell'intero volume. Nel saggio, gli autori sostengono che il vaccino sia prodotto esclusivamente per alterare il genoma dell'essere umano, con un conseguente impatto sulla fertilità. Nel capitolo "Armiamoci, e vaccinatevi!", secondo gli autori il vaccino porterebbe ad "un'alterazione genetica tale da scompaginare l'intero sistema immunitario, trasformando in pericolosi killer dei normalissimi virus con cui conviviamo tranquillamente". Tra gli scienziati citati a supporto delle loro tesi, il premio Nobel Luc Montagnier che dall'inizio della pandemia ha esternato alcune dichiarazioni, insolite per una personalità della sua caratura. In precedenza aveva per esempio definito gli ideatori dei vaccini "apprendisti stregoni". Intanto, Angelo Giorgianni, uno dei due autori, non ha digerito la reazione dei media e dell'opinione pubblica, affermando in un'intervista esclusiva ad Adnkronos che "in quell'articolo (quello del Foglio) e in altri che poi sono stati pubblicati, ci sono affermazioni che hanno un contenuto diffamatorio". Il giudice presso la Corte d'Appello di Messina ha difeso fermamente la propria posizione: "Siamo in uno stato di diritto in cui uno può esprimere la propria idea, a maggior ragione quando io la mia idea la esprimo sulla base di una documentazione scientifica. Dunque, mi sembra quantomeno fuori le righe questo attacco. Non si può ingiuriare una persona ingiustamente" afferma, ribadendo la querela per diffamazione.

La difesa del procuratore di Catanzaro. Gratteri firma la prefazione dei no-vax ma tira in ballo la mafia: “L’ho fatto per lanciare l’allarme sui loro guadagni”. Carmine Di Niro su Il Riformista il 25 Marzo 2021. Quando la toppa è peggiore del buco. Nicola Gratteri tenta di respingere la pioggia di accuse arrivate in queste ore dopo la notizia della sua firma, come autore di una prefazione, sul libro dei negazionisti Angelo Giorgianni e Pasquale Bacco "Strage di Stato – Le verità nascoste della Covid-19". Il procuratore di Catanzaro usa le colonne (web) di Repubblica per tentare di riposizionarsi su una vicenda scomoda che lo ha messo in grande difficoltà, col suo nome in risalto nella copertina di un libro che contiene alcune delle peggiori teorie cospirazioniste sul Covid-19, sui vaccini e sui complotti della onnipresente lobby ebraica. Gratteri nega di essere un negazionista, rivendicando che per il suo ufficio giudiziario “sono state acquistate migliaia di mascherine e siamo tutti vaccinati”. Anzi, la sua procura si “blindata” contro il Covid: “Plexiglass in tutti gli uffici, dispenser di disinfettanti ogni cinque metri, sanificazioni regolari, accesso al pubblico limitato e tre nuove pec per il deposito degli atti” elenca il magistrato “questo non mi sembra certo l’ufficio di qualcuno che non crede nella pericolosità del Covid“. Quanto ai magistrati, nessuno ha rifiutato il vaccino che in Calabria è stato già somministrato a tutte le toghe, spiega ancora Gratteri al quotidiano. Ma allora perché Gratteri ha firmato la prefazione di quel libro? “Mi sono limitato a cogliere l’occasione che mi è stata offerta per lanciare per l’ennesima volta l’allarme sulla pandemia come nuova occasione di crescita e guadagno per le mafie. Un tema che da troppo tempo viene ignorato”, spiega il procuratore di Catanzaro. Argomentazione che però non regge perché Gratteri non può non sapere cosa scrivono nel libro i due autori, molto lontano da qualsiasi tipo di allarme su mafie e criminalità organizzata. Bacco e Giorgianni descrivono il Coronavirus come un “virus assolutamente banale”, mettono in dubbio le scene con la "sfilata" dell’esercito a Bergamo con i camion carichi di salme definendolo un “macabro scoop dei camion dell’Esercito che portavano le salme a Bergamo” per “convincere la città dell’esistenza della peste”. Gratteri nella sua difesa dimentica altre parti del libro, come quando nel capitolo “La matematica non è un’opinione. Forse” i due autori mettono in dubbio le cifre ufficiali sui morti per Covid-19 diffuse da Istat e Istituto Superiore di Sanità, oltre 100mila, e fanno poi riferimento nel capitolo conclusivo ad un “processo di Norimberga” nei confronti di chi ha cercato di contrastare il Coronavirus citando un fantomatico tribunale peruviano, ricorda Il Foglio, che accuserebbe “i creatori dell’ordine mondiale come Bill Gates, Soros e Rockefeller, che l’hanno gestita e continuano a dirigere con estrema segretezza all’interno dei loro ambienti e delle multinazionali”. Le argomentazioni di Gratteri nella sua autodifesa, insomma, non tornano: le idee dei due autori del libro erano arcinote e riscontrabili con una semplice ricerca online. Dal procuratore di Catanzaro serve ben altra chiarezza sulla questione…

Il pm ammette "il doppio errore". Gratteri e la prefazione al libro negazionista e antisemita: “Testo discutibile, non l’ho letto”. Redazione su Il Riformista il 10 Aprile 2021. “Ho fatto un doppio errore, di eccesso di affidamento e di generosità mal riposta”. Ci sono volute oltre due settimane per spingere Nicola Gratteri, capo della procura di Catanzaro, a prendere ufficialmente le distanze dal libro “Strage di Stato: le verità nascoste della Covid-19” scritto dal magistrato Angelo Giorgianni e dal medico Pasquale Bacco e di cui lo stesso Gratteri è stato autore della prefazione. Saranno forse state le festività pasquali recentemente trascorse a spingere uno dei magistrati più mediatici di sempre a fare un passo indietro e a pronunciare giusto qualche parola sul libro negazionista e antisemita che lo ha visto protagonista. In una intervista rilasciata a Repubblica, Gratteri si dichiara estraneo a queste tesi perché “la prefazione è assolutamente neutra, sarebbe bastato leggerla per escludere ogni collegamento. Nella mia vita di magistrato mi sono tenuto sempre lontano da teorie complottiste, ho cercato sempre prove, non trame”. Gratteri si giustifica ammettendo una cosa gravissima: ovvero di aver scritto la prefazione senza conoscere i contenuti del libro, nonostante le idee di Giorgianni e Bacco fossero tutt’altro che ignote. “La mia prefazione nasce da un abstract non del tutto corrispondente, inviatomi dal collega Giorgianni: in quel testo si faceva esclusivo riferimento alla situazione pandemica e ai riflessi economici e criminali. Nessun riferimento ai vaccini, né a un complotto internazionale a matrice ebraica, secondo categorie culturali utilizzate da negazionisti e no vax, di cui tra l’altro nel libro non c’è traccia”. Il procuratore di Catanzaro arriva finalmente alla conclusione che il libro è “certamente discutibile” anche se subito dopo il polverone dello scorso 25 marzo si era limitato a ripetere il solito ritornello: “Mi sono limitato a cogliere l’occasione che mi è stata offerta per lanciare per l’ennesima volta l’allarme sulla pandemia come nuova occasione di crescita e guadagno per le mafie“. Così come scriveva Tiziana Maiolo qualche settimana fa sul Riformista, nel libro emergono concetti come “vogliamo dire chi comanda nel mondo? Comandano gli ebrei! Sta tutto in mano a loro! Tutte le lobby economiche e le lobby farmaceutiche…”. Il che, inserito in un contesto in cui prima si nega l’esistenza stessa del virus che “non ha ucciso nessuno”, poi si strilla contro l’uso delle mascherine che andrebbero “buttate nel cesso” e si definisce il vaccino “acqua di fogna”, per poi emettere la sentenza su una “strage di Stato”, significa anche chiamare per nome e cognome i colpevoli da condannare. Gli ebrei, prima di tutto, perché governano il mondo e possiedono le banche (già sentita). E sono componente fondamentale della “strategia globale del terrore”, fanno parte di quel “governo mondiale da parte del Deep state guidato dalle alte vette del Vaticano, dalla famiglia Windsor, Rockefeller e Rotschild”.

Prefazione al libro no vax, Gratteri alla fine s'arrende. Il pm si scusa ma scarica sull'autore: "Mi sono basato su un abstract poco corrispondente". Massimo Malpica - Dom, 11/04/2021 - su Il Giornale. Mea culpa, ma non troppo. Il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri alza le mani e ammette, in un'intervista a Repubblica, di aver sbagliato a firmare la prefazione al libro «negazionista» sul Coronavirus Strage di Stato: le verità nascoste della Covid-19, opera del suo collega magistrato Angelo Giorgianni e di Pasquale Mario Bacco. Così, dopo le polemiche degli ultimi giorni, deflagrate dopo che il Foglio aveva rivelato il «suggello» dello stimato magistrato su quel libro quantomeno controverso, ecco che ora Gratteri da quella fatica letteraria prende le distanze. «Non sono l'autore del libro e non rispondo del contenuto, certamente discutibile», sospira. Sostenendo di aver scritto la prefazione incriminata basandosi su «un abstract non del tutto corrispondente, inviatomi dal collega Giorgianni», nel quale non si parlava di vaccini ma «si faceva esclusivo riferimento alla situazione pandemica e ai riflessi economici e criminali». Quanto al resto dei contenuti del libro, che disegna scenari che ipotizzano un possibile colpo di stato, la riprogrammazione sociale e genetica (tramite i vaccini), il «nuovo ordine mondiale» al lavoro dietro le quinte della pandemia, Gratteri finalmente si dissocia. Rimarcando la «neutralità» della sua prefazione rispetto a queste tematiche, e non nascondendo una vena polemica per le critiche che gli sono piovute addosso. «Sarebbe bastato leggerla per escludere ogni collegamento. Nella mia vita di magistrato mi sono tenuto sempre lontano da teorie complottiste, ho cercato sempre prove, non trame», ringhia Gratteri, che poi mette un paletto anche quanto alle accuse di strizzare l'occhio ai teoremi cari ai no vax. «Mi sono vaccinato continua - ho sollecitato tutti i colleghi e gli amministrativi del mio ufficio a farlo. Tutti i miei familiari sono vaccinati e quelli che ancora non lo sono, per ragioni di età, sono in attesa. Un dato oggettivo, resto distante anni luce da quelle posizioni». Gratteri però difende anche il libro, che non avrebbe i contenuti di cui si è parlato, come la definizione di «acqua di fogna» per il vaccino anti-Covid, che non è nell'opera, ma è stata detta proprio dal dottor Bacco in una intervista di ottobre scorso. E ammette sì di aver fatto un «doppio errore», di «eccesso di affidamento e di generosità mal riposta», ma quando gli si chiede se lo rifarebbe, il procuratore capo di Catanzaro dice di no, ma non per la mal riposta generosità, bensì per quella che definisce una «incredibile strumentalizzazione» che, tra l'altro, «ha solo inasprito di più gli animi». Le accuse per quella prefazione proprio non gli vanno giù, insomma, tanto da insinuare che dietro i venti polemici per la sua scivolata si potesse nascondere altro: «È oggi evidente il rischio di infiltrazione delle mafie in tutti i settori dell'economia», ribadisce Gratteri, spiegando che «sembra quasi che intenzionalmente si voglia spostare l'attenzione su altri temi, soprattutto da parte di amministratori del bene pubblico o aspiranti tali», e questo, conclude, «per me è inaccettabile». Errore sì, insomma, ma «mai in malafede».

Alessio Candito e Giuseppe Smorto per “la Repubblica” il 10 aprile 2021. Procuratore Nicola Gratteri, lei ha scritto la prefazione di un libro controverso, "Strage di Stato: le verità nascoste della Covid-19", firmato dal suo collega magistrato Angelo Giorgianni e dal dottor Pasquale Bacco, negazionista, in passato candidato per liste di estrema destra. Lo ha letto?

«Non sono l'autore del libro e non rispondo del contenuto, certamente discutibile. La mia prefazione nasce da un abstract non del tutto corrispondente, inviatomi dal collega Giorgianni: in quel testo si faceva esclusivo riferimento alla situazione pandemica e ai riflessi economici e criminali. Nessun riferimento ai vaccini, né a un complotto internazionale a matrice ebraica, secondo categorie culturali utilizzate da negazionisti e no vax, di cui tra l'altro nel libro non c'è traccia».

Si parla di un colpo di Stato globale, di riprogrammazione sociale possibile grazie al Covid. Di nuovo ordine mondiale gestito da Gates, Soros, Rockefeller. Lei si dichiara estraneo a queste tesi?

«Certamente: la prefazione è assolutamente neutra, sarebbe bastato leggerla per escludere ogni collegamento. Nella mia vita di magistrato mi sono tenuto sempre lontano da teorie complottiste, ho cercato sempre prove, non trame. Mi sono vaccinato, ho sollecitato tutti i colleghi e gli amministrativi del mio ufficio a farlo. Tutti i miei familiari sono vaccinati e quelli che ancora non lo sono, per ragioni di età, sono in attesa. Un dato oggettivo, resto distante anni luce da quelle posizioni».

Lei cosa si rimprovera in questa vicenda?

«Ho fatto un doppio errore, di eccesso di affidamento e di generosità mal riposta».

Lo rifarebbe? Riscriverebbe quella prefazione?

«No, non la rifarei, per due ragioni. Primo perché, per motivi che non mi spiego, c'è stata una incredibile strumentalizzazione che mai mi sarei aspettato, ma della quale, anche a futura memoria, devo prendere atto e farne tesoro; secondo perché questo battage mediatico ha solo inasprito di più gli animi».

Non crede sia stato solo giornalismo? Esattamente cosa non si spiega?

«Molte cose. Prima di tutto non comprendo quali ulteriori chiarimenti dovrei fornire. Non comprendo come abbiano potuto attribuirmi impostazioni e convincimenti distanti anni luce dalla mia cultura e dalla mia formazione, vista la mia storia, personale e professionale. Non comprendo le dichiarazioni rese da autorevoli studiosi del diritto che hanno evidentemente espresso opinioni senza aver letto il libro e, soprattutto, senza aver letto la mia prefazione. Non comprendo perché si concentri su altro anche chi dovrebbe conoscere certe dinamiche: è oggi evidente il rischio di infiltrazione delle mafie in tutti i settori dell'economia. Spero di sbagliarmi, ma sembra quasi che intenzionalmente si voglia spostare l'attenzione su altri temi, soprattutto da parte di amministratori del bene pubblico o aspiranti tali: per me è inaccettabile».

Francesco Merlo ha parlato di "concorso esterno in pataccheria". Lei si sente messo in discussione?

«No. Sbaglio, come tutti, ma mai in malafede. Quanto è accaduto mi servirà senza dubbio da lezione. Vi dico una cosa scontata, ma necessaria. La libertà di pensiero, l' eguaglianza tra tutti i cittadini senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione o opinioni politiche sono diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione, inviolabili e non negoziabili».

Anche in seguito a questa vicenda, viene contestata la sua candidatura per Milano.

«Escludo che la polemica nasca dal timore che io possa concorrere alla Procura della Repubblica di Milano. Un magistrato, come tutti sanno, non può suscitare allarme, agisce solo secondo legalità. Preferisco, comunque, non fare dietrologia».

Facendo domanda per Milano, non pensa di lasciare a metà il lavoro sull' inchiesta "Rinascita-Scott" e il maxiprocesso di Lamezia Terme?

«Sto benissimo a Catanzaro, voglio portare a compimento le attività di lotta alla criminalità organizzata, senza lasciare forze dell' ordine e Sostituti a metà del percorso, non ho nessuna fretta. Valuterò se chiedere Milano, subordinando il mio trasferimento al compimento dei percorsi intrapresi. In ogni caso, mi affiderò in maniera piena ed esclusiva alle sagge valutazioni del Csm, come ho sempre fatto».

Che intende per percorsi?

«Sicuramente il completamento di molte indagini e di processi in corso, ma anche, dopo la realizzazione dell' aula-bunker di Lamezia, l ultimazione dei lavori dell' ex ospedale militare, che dovrà accogliere la nuova Procura».

Lei da tempo ha lanciato l'allarme: l' economia indebolita dalla pandemia è sotto attacco della mafia.

«Il rischio che con la crisi le mafie si sostituiscano allo Stato è altissimo. Proveranno ad accedere a tutte le misure di sostegno, compreso il Recovery Fund. Sfruttano il disagio sociale e da sempre sono pronte a rilevare imprese e attività in sofferenza. Purtroppo è un film già visto, l' assalto delle mafie ai contributi erogati per fronteggiare pandemie e terremoti continua, ormai si è consolidata una sorta di economia e di politica della catastrofe. Ho più volte messo in guardia sui pericoli di infiltrazione, soprattutto in un momento caratterizzato da una crisi che molti paragonano alla Grande Depressione. Mai abbassare la guardia».

E per lei che futuro vede?

«Ma perché siete concentrati sul mio futuro professionale e non su quello di tanti altri colleghi procuratori in scadenza, anche prima di me e a capo, come me, di Procure medie o grandi? Ad ogni modo, dico sinceramente che non lo so: l' unica cosa che posso dire è che se potessi non lascerei mai la Calabria».

Intervenga Mattarella o la magistratura muore. Un giorno di ordinaria (in)giustizia: dall’antisemitismo di Gratteri alla lottizzazione di Palamara. Piero Sansonetti su Il Riformista il 26 Marzo 2021. Dio mio, stavolta interverrà qualcuno? E quando dico qualcuno penso all’unica persona che ha ancora la credibilità e l’autorevolezza per intervenire. Mattarella. Vi faccio il riassunto della giornata di ieri sul fronte giustizia. Di prima mattina un articolo del Foglio ci informa che è uscito un libro firmato da un importante magistrato in attività (Angelo Giorgianni, che in passato è stato persino sottosegretario nel governo Prodi) oltre che da un medico ex Casapound, nel quale si sostengono tutte le tesi negazioniste possibili sul Covid e sui vaccini, e poi si mettono sul banco degli accusati Big Pharma, Bill Gates, Soros, Rockefeller e soprattutto gli ebrei. Sì: gli ebrei. Si legge nel libro: «Vogliamo dire chi comanda nel mondo? Comandano gli ebrei! Sta tutto in mano a loro! Tutte le lobby economiche e le lobby farmaceutiche, hanno tutto in mano loro… la grande finanza». Ancora sbigottiti dalla notizia che esistono in giro per le Procure italiane magistrati così ferocemente antisemiti, e per di più così suggestionabili dalle ipotesi più strampalate e infondate (è con questo rigore scientifico che eseguono le indagini e chiedono i mandati di cattura?) cerchiamo di scoprire cosa ha chiesto il Csm a Palamara e cosa Palamara ha risposto. E veniamo a sapere che il Csm ha chiesto a Palamara di parlare della procura di Milano e della procura di Roma, e Palamara ha spiegato per filo e per segno come gli stati maggiori di quelle procure siano stati perfettamente lottizzati dalle correnti. Non con criteri meritocratici o di cultura giuridica, o di esperienza, ma con puri criteri di camarilla. Palamara ha parlato di Milano e Roma, cioè delle casematte del nostro sistema giustizia, ma perché solo di quelle due procure gli hanno chiesto. Probabilmente se gli avessero chiesto di parlare di qualunque altra procura avrebbe detto le stesse cose. Cioè, Palamara ci ha informato che quando finiamo nella mani di una Procura, noi magari pensiamo di finire nelle mani di un credibile e oggettivo sistema giudiziario, invece andiamo alla mercé di una macchina di partito, che però – a differenza della vera macchina di partito – non ha neppure nessuna investitura popolare. e le inchieste, e le sentenze, saranno largamente influenzate non dalla legge ma da questi orientamenti e rapporti di potere. Ecco, vi abbiamo fatto un riassunto breve breve della mattinata. Se dobbiamo mettere un titolo al riassunto non possiamo che tornare a ripetere: al vertice della magistratura c’è una loggia segreta molto più potente, più arrogante, più pericolosa, più sovversiva della famosa Loggia P2 di Licio Gelli. Nel libro di Palamara abbiamo scoperto che però esistono, anche ai vertici della magistratura, frange che sono fuori dal sistema. Per esempio? Per esempio, appunto, c’è Gratteri che è fuori dai giochi. ma Gratteri è il Procuratore che avalla le follie di un libro antisemita e terrapiattista. Siamo proprio messi bene. Alla fin fine dobbiamo arrenderci a Di Matteo. Capite? Sì, a Di Matteo (col quale siamo in polemica furiosa, e anche in causa, da anni): lui è l’unico che ieri ha bersagliato di domande Palamara, come giorni fa era stato l’unico a incazzarsi per il modo nel quale la procura e il Csm avevano rinviato per anni l’esame della chat di Palamara. E Di Matteo, grazie a Dio, non va nemmeno appresso alle vecchie teorie naziste…Capite che non siamo messi bene se a cercare una lucina piccola piccola nel buio di un sistema giudiziario ormai andato a male, dobbiamo rivolgerci all’uomo del fantasiosissimo processo Stato-Mafia, dove il principale imputato è l’uomo che ha catturato Riina e mezza cupola. Vabbé. Però torniamo un momento a Gratteri, che nel pomeriggio ha rilasciato a Repubblica un’intervista da fare rizzare i capelli in testa a chiunque. Cosa ha detto, per giustificarsi della colpa di aver avallato il libro dei suoi due amici antisemiti e no vax? Ha detto che in Procura, a Catanzaro, lui ha fatto vaccinare tutti. Cioè, capiamoci bene: ha rilasciato una intervista senza dire una parola di pentimento per le tesi negazioniste e antisemite, non ha emesso neppure un fiato di condanna per quel libro vergogna, e per di più ha detto che lui fa il no vax in libreria e poi vaccina tutti i giovani virgulti della Procura. E perché li vaccina? E chi gli ha dato i vaccini? E come ha potuto passare davanti a migliaia e migliaia di ottantenni e di settantenni, e forse persino a qualche novantenne che ancora aspettano il vaccino? E con che diritto? E in nome di quale principio e di quale legge? E con quale carica di sfida al discorso tenuto appena il giorno prima dal presidente Draghi, furioso per l’assalto della corporazioni che danneggiano i deboli e gli anziani? Adesso io faccio un ragionamento semplice semplice. Ci sono consiglieri comunali della Lega o di FdI costretti a dimettersi per avere messo un cuoricino, su Twitter, a un messaggio un pochino antisemita, o nostalgico del duce o cose così. Non posso nemmeno immaginare cosa succederebbe se qualcosa del genere la facesse un deputato nazionale. È possibile che un Procuratore della Repubblica non senta la responsabilità, di fronte a uno scandalo morale così grande, di lasciare l’incarico? Ma se non succede questo, dico, cosa parlate a fare di questione morale? C’è una questione morale più grande di quella aperta dall’ammiccamento a vecchie tesi naziste? Poi c’è un altro problema. Più tecnico. Qualche Gip, se onesto, può dar retta a un Pm che gli porta una richiesta di arresto sulla base di congetture che – a occhio – possono essere basate sullo stesso rigore con il quale questo Pm avalla tesi folli sul Covid e sugli ebrei? Il Csm non è in grado di intervenire? E il ministro? Presidente Mattarella, metta da parte ogni ragionamento sull’opportunità politica. L’Italia ha bisogno di qualche gesto che almeno in minima parte riabiliti una magistratura la cui credibilità, ormai, è allo stremo. Intervenga in qualche modo, Mattarella. Intervenga. Almeno dica a voce alta di non dar retta ai Pm. Dica che il mondo non è in mano ai congiurati di Sion.

L'incredibile avallo del Procuratore. La follia di Gratteri: approva negazionisti e antisemiti, può ancora fare il Pm? Tiziana Maiolo su Il Riformista il 26 Marzo 2021. È possibile indossare la toga di magistrato e contemporaneamente avallare tesi antisemitiche e razziste? Guidare l’operazione “Rinascita Scott” e privare della libertà centinaia di persone mentre si va a braccetto con chi grida contro gli ebrei “che comandano il mondo” e chi accusa governi, medici e scienziati di aver attuato, tramite l’imbroglio del Covid (“che non uccide”), una “strage di Stato”? «Gratteri lo ha letto, e ha deciso di firmarne la prefazione, per noi questo presenta un avallo eccezionale». L’avallo è a un libro che si chiama La strage di Stato, un vademecum non solo negazionista sul Covid e i vaccini, ma complottistico, paranoico e decisamente razzistico. Non è solo questione di opinioni discutibili, qui siamo su un crinale molto serio che sfiora il codice penale. Anche se la legge Mancino è criticabile da chi non crede nei reati d’opinione, la sua violazione da parte di un magistrato qualche problema lo crea. Per la credibilità delle sue inchieste e delle sue azioni, prima di tutto. Ecco alcuni dei concetti che il procuratore Gratteri avrebbe “avallato”, secondo quanto dicono gli stessi autori del testo. «Vogliamo dire chi comanda nel mondo? Comandano gli ebrei! Sta tutto in mano a loro! Tutte le lobby economiche e le lobby farmaceutiche…». Il che, inserito in un contesto in cui prima si nega l’esistenza stessa del virus che «non ha ucciso nessuno», poi si strilla contro l’uso delle mascherine che andrebbero «buttate nel cesso» e si definisce il vaccino «acqua di fogna», per poi emettere la sentenza su una “strage di Stato”, significa anche chiamare per nome e cognome i colpevoli da condannare. Gli ebrei, prima di tutto, perché governano il mondo e possiedono le banche (già sentita). E sono componente fondamentale della «strategia globale del terrore», fanno parte di quel «governo mondiale da parte del Deep state guidato dalle alte vette del Vaticano, dalla famiglia Windsor, Rockefeller e Rotschild». Follia antisemitica, o semplicemente follia? Sembrerà strano (e ringraziamo il giornalista del Foglio Luciano Capone per avercelo segnalato), ma i nomi degli autori di questo libro, che si fa fatica anche a tenere in mano, non sono neppure rilevanti. Uno si chiama Pasquale Maria Bacco, è un medico il cui titolo fasullo di professore è già stato smascherato dai segugi di Striscia. È amministratore delegato della società Meleam, che si occupa di medicina legale, e sostiene di aver svolto 23 autopsie e di aver verificato che nessuna della persone ufficialmente dichiarate morte di Covid in realtà lo era. Erano anziani o malati di altro, dice. «Abbiamo smascherato tutto», scrive nel suo libro. Salvo poi ammettere, in un’intervista ad Affari italiani: «Da quando ho fatto le autopsie, ogni settimana ho un procedimento in corso. Per fortuna la società per cui lavoro mette a disposizione un avvocato». L’altro autore del libro è un magistrato della corte d’appello di Messina, Angelo Giorgianni, vecchia conoscenza della politica, eletto al Parlamento nel 1996 con Rinnovamento italiano di Lamberto Dini, per un breve periodo sottosegretario all’Interno del primo governo Prodi, poi silurato per quel “verminaio Messina”, un’accusa infondata su rapporti sospetti tra imprenditori, professori e magistrati, poi finita in niente. La sua esperienza politica finirà poi con l’adesione all’Udeur di Clemente Mastella e infine il ritorno alla toga. I due autori del libro sono accomunati dall’adesione al gruppo “L’Eretico”, molto attivo su Facebook, che da più di un anno, mescolando tesi antiscientifiche e propaganda su arbitrii travestiti da libertà, svolgono attività da imbonitori. Sono pericolosi, inutile nascondere la realtà. Perché se qualcuno si dovesse convincere che il virus non ha mai ucciso nessuno e che i centomila morti in realtà non esistono, perché sarebbero morti comunque, o perché erano troppo vecchi o troppo malati per poter continuare a vivere, tutto diventerebbe inutile, la prevenzione come le cure. Tanto erano tutte sbagliate, dicono gli autori con l’avallo di Gratteri, e quei medici colpevoli hanno solo accelerato le morti. E i medici sono quindi assassini? Lei dottor Gratteri “avalla” questa accusa? Dobbiamo farli arrestare? E quegli imbroglioni che hanno messo in scena le finte bare di Bergamo? Arrestiamo anche loro per il concorso esterno così diffuso in Lombardia? Se questo è il quadro, vediamo quale è il ruolo del procuratore Gratteri. Nella sua prefazione, il magistrato mostra di apprezzare moltissimo questa “inchiesta”. Quasi quasi gli ricorda il metodo di quelle che svolge lui. Se è così, è preoccupante. Perché il libro «ricostruisce la successione degli eventi, la fonte dei provvedimenti, le correlazioni talvolta insospettabili tra fatti e antefatti, sollevando angosciosi interrogativi –degni di approfondimento nelle sedi competenti- sulla gestione dell’emergenza pandemica». L’inchiesta sul Covid come “Rinascita Scott”. Con la stessa credibilità, lo stesso metodo investigativo. Manca solo il nome dell’avvocato Pittelli, al posto di quello di Rotschild. Questo ci sta dicendo tra le righe il magistrato inquirente. Che in fondo qualche reato lo sta già annusando. La cosa ci preoccupa, e ci induce a qualche riflessione. Ci sono tanti mestieri che si possono fare con la laurea in giurisprudenza che, come si diceva una volta, apre tutte le porte. O anche con la maturità scientifica. Magari in qualche ufficio in cui non si possano fare danni. Non è obbligatorio che il dottor Nicola Gratteri faccia il procuratore della Repubblica, cioè colui che dirige la polizia giudiziaria e ha il potere assoluto (salvo smentite successive, cosa che a lui succede piuttosto spesso), sulla libertà e sulla vita dei cittadini. Non è obbligatorio, ma lui lo fa, in quel di Catanzaro, Calabria, terra di povertà e anche di mafia. Nei suoi blitz le manette scattano a centinaia, colpevoli e innocenti insieme in un mosaico in cui tutto si incastra secondo una logica spesso non costruita sui fatti ma su connessioni che ricordano i finti sillogismi che studiavamo al liceo, del tipo “acqua salata fa bere e ribere, bere e ribere estingue la sete, quindi acqua salata estingue la sete”. Vorremmo sapere se è un po’ lo stesso mosaico che mette insieme le grandi famiglie ebraiche che governano il mondo insieme al Vaticano e ai poteri finanziari e che imbrogliano le persone “per trasformarle in Ogm”, mettendo in campo torme di medici e scienziati assassini che inoculano vaccini velenosi. E se il procuratore Gratteri “avalla”. E intanto, dalle colonne di Famiglia Cristiana con uno scritto di suo pugno che denota scarsa dimestichezza con la letteratura, lui di persona augura una sorta di Buona Pasqua in chiave anti-‘ndrangheta a «chi usa la parola garantismo per attaccare chi combatte le mafie». Anche i garantisti complottano insieme agli ebrei, a quanto pare.

Gratteri e il libro negazionista diventano un caso. Calenda: «Va rimosso». Il commento del premier Draghi: «Lo avesse detto uno scienziato o uno stimato virologo...» Il Dubbio il 28 marzo 2021. «Lo avesse detto uno scienziato o uno stimato virologo…». Il premier Mario Draghi preferisce buttarla sull’ironia e non alimentare la feroce polemica nata attorno al libro “Strage di Stato-Le verità nascoste della Covid-19”. Un libro scritto da Angelo Giorgianni, 66 anni, giudice presso la Corte d’Appello di Messina, a quattro mani assieme al medico Pasquale Bacco, secondo i quali la pandemia altro non sarebbe se non un grande complotto finalizzato al controllo del mondo. Nessuno, dunque, sarebbe morto per Covid, al punto da arrivare a parlare di “strage di Stato”. «In questo libro tratteremo di omicidi, di sequestri di persona, di violenze private. Nella consapevolezza di usare le parole come macigni. Lo facciamo per rendere onore alla verità, perché solo la verità può renderci liberi», si legge nella sua presentazione. Parole, appunto, pesanti come macigni. Ma ciò che più ha fatto discutere, al di là delle (discutibili) tesi del libro, è la prefazione a firma di Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro. Prefazione che non smonta la teoria dei due autori, di fatto – questa la contestazione mossa al procuratore – avallandole. La polemica, ad oggi, ha prodotto un sicuro effetto: il libro è il primo nella classifica vendite di Amazon. E tutti ne parlano, anche il premier, che interpellato in conferenza stampa si è visto costretto a smontare la questione con ironia, forse consapevole dell’effetto pubblicità del tam tam mediatico. Ma la polemica infuria. Al punto che oggi l’ex ministro e leader di Azione Carlo Calenda ha chiesto la rimozione di Gratteri. «Deve semplicemente essere rimosso. Abbiamo già visto cose inaudite, discussioni sui media su inchieste in corso, interventi politici, ma l’avallo da parte di un magistrato di tesi antisemite non si può accettare. A casa. Subito». Il procuratore di Catanzaro, però, non ci sta ad essere definito negazionista. «Plexiglass in tutti gli uffici, dispenser di disinfettanti ogni cinque metri, sanificazioni regolari, accesso al pubblico limitato e tre nuove pec per il deposito degli atti. Questo non mi sembra certo l’ufficio di qualcuno che non crede nella pericolosità del Covid», ha dichiarato a Repubblica. «Io negazionista? Ma se per l’Ufficio sono state acquistate migliaia di mascherine e siamo tutti vaccinati», ha sottolineato, spiegando che il suo contributo al libro è stato quello di «lanciare per l’ennesima volta l’allarme sulla pandemia come nuova occasione di crescita e guadagno per le mafie. Un tema che da troppo tempo viene ignorato». La prefazione è, dunque, una conferma di quanto scritto nel libro “Ossigeno illegale”, scritto a quattro mani con il professore Antonio Nicaso, nel quale si affronta il tema della pandemia vista come ennesima emergenza sfruttata dalla criminalità organizzata per accrescere potere e consensi. «Ho più volte sottolineato – scrive Gratteri nella prefazione al volume di Giorgianni e Bacco – l’urgenza del fare. Ne sono ancora più convinto, alla luce dei tanti contrattempi che rischiano di favorire le mafie, come è sempre successo con le pandemie e le calamità del passato che hanno finito per creare una sorta di economia e di politica della catastrofe. La ricostruzione è sempre stata molto più appetibile della prevenzione: garantisce infatti molti più margini di lucro. Il rischio dell’impasse e dei ritardi è quello di dover arrancare nel singhiozzo delle indagini, cercando di contrastare un’attività criminale alla quale non si deve fornire l’occasione di manifestarsi».

Giorgianni contro i dpcm di Conte. L’intervento di Giorgianni alla Camera. «Siamo stati bollati come due dei peggiori negazionisti del Covid, antivaccinisti, e diffusori di pericolose fake news. E il mio collega Gratteri è stato attaccato, solo per avere accettato di firmare la prefazione del libro gli è stato appioppato l’epiteto di negazionista. Basta. Farò la querela», ha commentato Giorgianni. Nel libro lui e Bacco spiegano quali sarebbero stati, a suo modo di vedere, «gli errori commessi» dall’inizio della pandemia. «È un libro-inchiesta in cui ogni affermazione è circostanziata ed è legata a un riferimento preciso», spiega il giudice che ha già fatto sapere che non si vaccinerà ma che non vuole essere definito un «no vax». Nei mesi scorsi, insieme con Bacco, Giorgianni ha più volte ribadito i suoi «dubbi» sulla pandemia. E nel luglio 2020 aveva anche partecipato, alla Camera dei deputati, a una conferenza stampa in cui aveva detto: «Questa pandemia è uno strumento di ingegneria sociale, che serviva per realizzare un colpo di Stato globale. Quello che vediamo è la punta di un iceberg di un progetto di governo mondiale». Secondo Giorgianni abbiamo avuto «una strage di Stato, omicidi di Stato», convinto che in questo Paese ci sia stata «una dittatura sanitaria». Ma la notizia, apparsa l’altro ieri su Il Foglio, della prefazione firmata da Gratteri, ha sollevato un polverone. Adesso Giorgianni, che è anche Presidente dell’Associazione L’Eretico, Associazione che raggruppa scienziati eretici, giuristi e persone della società civile e portavoce dell’Organizzazione Mondiale della Vita, va al contrattacco e spiega perché, a suo dire, ha subito «attacchi ingiusti» sul libro e perché anche il magistrato Gratteri, firmando la prefazione, «è stato diffamato». «Siamo in uno stato di diritto in cui uno può esprimere la propria idea, a maggior ragione quando io la mia idea la esprimo sulla base di una documentazione scientifica. Dunque, mi sembra quantomeno fuori le righe questo attacco. Non si può ingiuriare una persona ingiustamente», dice, ribadendo la querela per diffamazione.

Bacco: «Il Covid non ha ucciso nessuno». L’intervento di Bacco alla Camera. Ma perché la scelta di Nicola Gratteri per la prefazione? «Perché Nicola è un collega che stimo e con cui ho lavorato, è una persona apprezzata», dice sempre Giorgianni all’Adnkronos. Entrambi sono calabresi, reggini. «L’ho scelto io e gli ho chiesto io di fare la prefazione al libro e lui ha accettato di buon grado – dice – ma mi è sembrato davvero eccessivo chiamarlo in causa e appioppare anche a lui l’epiteto di negazionista». E aggiunge: «Si addebita a Nicola Gratteri la prefazione di un libro e nella prefazione si da per scontato che Gratteri approvi alcune tesi che non sono assolutamente nel libro. Questa è la verità. Si addebitano espressioni che sono delle vere e proprie fake news e nello stesso tempo si dice che sono nel libro».

 Il caso. Prefazione a libro antisemita, Gratteri ha perso prestigio: deve lasciare. Guido Neppi Modona su il Riformista il 27 Marzo 2021. Ho l’impressione che l’infortunio – se così possiamo chiamarlo – in cui è inciampato il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri firmando la prefazione di un libello di impianto palesemente antisemita, sia stato sottovalutato. Questo quotidiano ha riservato ieri ampio spazio alla vicenda, e il caso vuole che lo stesso giorno La Stampa di Torino abbia dedicato una pagina intera alle aspirazioni di carriera del Procuratore di Catanzaro, che punterebbe a dirigere la Procura della Repubblica di Milano e in un momento successivo la Direzione Nazionale Antimafia. La Stampa non riserva alcun cenno alla prefazione del libello antisemita intitolato La strage di Stato. Eppure quel libello sembra riportarci alle più odiose e abbiette invenzioni della campagna razzista contro gli ebrei del 1938, allora si parlava di congiura “demo-pluto-giudaica-massonica” che si proponeva di dominare il mondo e più tardi, con l’avvento nel 1943 della Repubblica sociale italiana, di complotto dell’internazionale ebraica, responsabile del crollo del regime fascista e della sconfitta dell’Italia in guerra. Ne La strage di Stato si leggono frasi di questo tenore: «Vogliamo dire chi comanda nel mondo? Comandano gli ebrei! Sta tutto in mano a loro! Tutte le lobby economiche e le lobby farmaceutiche…»; gli ebrei sarebbero inoltre responsabili di una non meglio precisata «strategia globale del terrore», e via dicendo. Il tutto basato su una sorta di inchiesta che mira a negare la gravità e la diffusione della pandemia da coronavirus e il numero delle vittime. Vi sarebbero cioè governi, medici, scienziati che, sfruttando “l’imbroglio” del Covid, si propongono di attuare una “strage di stato”. A fronte di questi demenziali stereotipi antisemiti e dell’irreale impianto negazionista, il dottor Gratteri scrive nella sua prefazione che il libro «ricostruisce la successione degli eventi, la fonte dei provvedimenti, le correlazioni talvolta insospettabili tra fatti e antefatti, sollevando angosciosi interrogativi – degni di approfondimento nelle sedi competenti – sulla gestione dell’emergenza pandemica». Si tratta di una adesione senza riserve all’ipotesi complottistica della strage di stato, per di più proveniente da un soggetto che, per la carica istituzionale ricoperta, ha il potere di esercitare l’azione penale, potere espressamente adombrato in quell’inquietante inciso in cui il dr. Gratteri parla di angosciosi interrogativi «degni di approfondimento nelle sedi competenti». Vi è quanto basta per concludere che il dr. Gratteri ha perso il prestigio di cui un magistrato – specie se posto a capo di un importante ufficio quale è la Procura della Repubblica – deve godere nei confronti della popolazione e dei suoi colleghi, e pertanto a norma dell’ordinamento giudiziario deve quantomeno essere trasferito in un’altra sede e con funzioni che non comportino alcun incarico direttivo. In diversi contesti si sono purtroppo verificati nelle ultime settimane altri episodi di antisemitismo di cui sono stati protagonisti soggetti che ricoprono cariche pubbliche. Il 27 gennaio di quest’anno, Giorno della Memoria, sul sito istituzionale di San Francesco al Campo, piccolo comune della provincia di Torino, il sindaco ha scritto che la persecuzione e la morte di sei milioni di ebrei sono fatti riportati dalle «tesi storiche tradizionaliste dominanti», dando spazio alle posizioni revisioniste secondo cui le morti sono state «sovrastimate» e causate dalle «condizioni igieniche» dei campi. Pochi giorni dopo una consigliera comunale di Torino del Movimento 5 Stelle ha inserito nella sua bacheca Facebook un post polemico nei confronti del gruppo editoriale Gedi (cui appartengono tra altri i quotidiani La Stampa e La Repubblica) in cui figurano atroci vignette antisemite (l’ebreo rappresentato con naso pronunciato, sorriso malvagio, coltello impugnato dietro la schiena), commentate dalla medesima consigliera come «interessante». Attualmente la consigliera, unanimemente censurata da tutte le forze politiche, è indagata per il reato di istigazione all’odio razziale. Vi è da chiedersi – ma purtroppo la domanda rimane senza risposta – cosa mai abbia indotto il sindaco e la consigliera comunale a occuparsi così maldestramente di questi temi e se si sono resi conto della portata delle loro esternazioni. In sé e per sé si tratta di episodi di non grande rilievo, che sollecitano però alcune riflessioni. Nel 1938 l’antisemitismo era razzismo di stato, sapientemente preparato passo per passo dall’inizio dell’anno sino alla promulgazione il 17 novembre del regio decreto legge sulla tutela della razza ariana (o italiana). Il regime fascista aveva evidentemente bisogno di un potenziale capro espiatorio, che era appunto stato individuato con quel decreto nei circa 40.000 ebrei presenti in Italia. Ora, nella nostra repubblica democratica, vi sono leggi che puniscono severamente la propaganda e l’istigazione all’odio razziale. Ma il problema non si risolve solo con il ricorso alla repressione penale. Gli episodi sopra menzionati si riferiscono a giovani che presumibilmente nel loro curriculum scolastico non hanno acquisito conoscenze sul passato razziale del regime fascista. È dalla scuola quindi che bisogna ripartire per estirpare questa lebbra dell’antisemitismo, che purtroppo continua a serpeggiare in pieghe profonde e non facilmente individuabili e raggiungibili della società italiana.

Fabrizio Caccia e Virginia Piccolillo per corriere.it il 27 marzo 2021. Perfino Mario Draghi ieri si è sentito d’intervenire: «Lo avesse detto uno scienziato o uno stimato virologo...». Battuta al vetriolo. A chi e a cosa si riferiva? A una recensione su Il Foglio e a un titolo che ha scatenato un putiferio: «I deliri del libro sul Covid che Gratteri ha scelto di elogiare». Deliri del tipo: «I vaccini? Acqua di fogna» o «Il virus non uccide». Cose così.

L’icona della lotta alla ‘ndrangheta. Il libro s'intitola Strage di Stato: le verità nascoste della Covid-19, lo hanno scritto il medico No Mask Pasquale Bacco e il giudice presso la Corte d’Appello di Messina Angelo Giorgianni, noti per le loro posizioni negazioniste. E la prefazione, ecco il punto, è proprio di Nicola Gratteri, non un nome qualsiasi, il procuratore capo di Catanzaro. L’icona della lotta alla ‘ndrangheta. Draghi, dunque, si riferiva a lui?

«A Catanzaro ho convinto anche gli impiegati a farsi vaccinare». Vaccini, acqua di fogna: davvero Gratteri pensa questo? «Ora ho un nervosismo addosso - dice - Se io considerassi in questo modo i vaccini, non mi sarei mai vaccinato come invece ho già fatto. Dico di più: non mi sarei messo al telefono con il medico dell’Asp di Catanzaro per farmi spiegare i possibili effetti collaterali per un archivista del mio ufficio che aveva timore di farlo. Non avrei convinto a vaccinarsi gli impiegati che tengono ogni giorno rapporti con il pubblico. La mia prefazione? Si tratta di due paginette in cui parlo solo di come le mafie possono approfittare della pandemia...».

Un milione di euro a chi trova la frase. Anche il giudice Angelo Giorgianni, coautore del libro, non ci sta: «Sfido chiunque a trovare la frase sui vaccini acqua di fogna, anzi a chi la trova darò un milione di euro! Io non sono un negazionista e non sono un no vax, vorrei solo che su questi vaccini anti Covid si approfondisse di più. Perciò attenzione: aspetterei qualche giorno per capire qual è l’obiettivo vero di questa polemica, quali saranno i suoi effetti. L’obiettivo, secondo me, è Nicola Gratteri».

Dalla Calabria alla Procura di Milano. Il quotidiano La Stampa ieri ha scritto che Gratteri presenterà la sua candidatura per succedere al procuratore capo di Milano, Francesco Greco (che lascerà a fine anno) ma anche per la superprocura antimafia. É tutto vero? «Sì», conferma lui. Vuole lasciare Catanzaro? «No, ma qualunque incarico direttivo dura 8 anni. Io qui ne ho trascorsi quasi 5 e quindi devo cominciare a presentare domanda altrove. Presenterò domanda come procuratore di Milano quando sarà bandito il posto, credo a luglio. E poi quello di capo della procura nazionale antimafia. Naturalmente, deciderà il Csm di assegnarlo a chi ne ha più titolo».

Felice Manti per “il Giornale” il 27 marzo 2021. «Se lo avesse scritto uno scienziato magari lo avrei letto...». Con una frase lapidaria Mario Draghi risponde a una domanda in merito al libro negazionista Strage di Stato (Lemme edizioni) scritto da Angelo Giorgianni, 66 anni, giudice presso la Corte d'Appello di Messina e dal medico Pasquale Bacco, con la prefazione del pm antimafia Nicola Gratteri. La frase incriminata nella domanda a Draghi, («leggerebbe un libro in cui si dice che i vaccini sono acqua di fogna?») ha fatto infuriare uno dei due autori, il giudice Giorgianni, che in una lunga intervista alle agenzie ha annunciato una raffica di querele contro i giornalisti che a suo dire hanno scritto il falso sul libro: «Siamo stati bollati come due dei peggiori negazionisti del Covid, antivaccinisti, e diffusori di pericolose fake news. E il mio collega Gratteri è stato attaccato, solo per avere accettato di firmare la prefazione del libro gli è stato appioppato l'epiteto di negazionista», dice Giorgianni, portavoce dell'Organizzazione Mondiale della Vita e presidente dell'Associazione L'Eretico che raggruppa scienziati, giuristi e persone della società civile. È lui a puntare il dito contro l'articolo del Foglio di qualche giorno che per primo ha definito «negazionista» il libro: «In quell'articolo, e in altri che poi sono stati pubblicati, ci sono affermazioni che hanno un contenuto diffamatorio. Il nostro invece è un libro-inchiesta in cui ogni affermazione è circostanziata, si documentano una serie di errori diagnostici, errori terapeutici, emergono delle carenze che poi oggi sono sotto gli occhi di tutti», ha spiegato il giudice Giorgianni. Che non vuole essere definito no-vax ma che ha già detto e fatto sapere che non ha alcuna intenzione di vaccinarsi, dice di non essere un negazionista eppure solo nel luglio scorso durante una conferenza stampa Giorgianni disse: «Questa pandemia è uno strumento di ingegneria sociale, che serviva per realizzare un colpo di Stato globale. Quello che vediamo è la punta di un iceberg di un progetto di governo mondiale». «Ma in uno Stato di diritto io ho il diritto di esprimere, a maggior ragione se le esprimo sulla base di una documentazione scientifica», ha aggiunto. Il giudice ha provato anche a giustificare il collega Gratteri, finito nella graticola per una prefazione nella quale si parla certamente più degli affari della 'ndrangheta che di vaccini. «Nicola è un collega che stimo e con cui ho lavorato, è una persona apprezzata», dice sempre Giorgianni, «mi è sembrato davvero eccessivo chiamarlo in causa e appioppare anche a lui l'epiteto di negazionista». Anzi, le fake news non sarebbero quelle contenute nel libro ma negli articoli che ne hanno parlato. «Si addebitano espressioni che sono delle vere e proprie fake news e nello stesso tempo si dice che sono nel libro. Ma non si parla di Bill Gates (che controllerebbe l'Oms assieme a Big Pharma, ndr) né della bufala sul vaccino contro il tetano usato in Kenya che ha portato alla sterilizzazione di oltre 1,5 milioni donne inconsapevoli». In realtà, alcune frasi rimbalzate ieri tipo «Il macabro scoop dei camion dell'Esercito che portavano le salme a Bergamo è stata una messa in scena per convincere la città dell'esistenza della peste», sono riconducibili solo a uno degli autori (Pasquale Bacco) ma di Kenya e di ormone abortista si parla a pagina 321, quando dopo i dubbi dell'ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli si riporta la «storia agghiacciante delle donne keniote che, se non fosse stato per l'intervento dei medici cattolici, sarebbero state sottoposte a una vaccinazione di massa contro il tetano, che nascondeva però la somministrazione di un ormone, il beta hcg, che produce anticorpi abortivi. Operazione malthusiana patrocinata dall'Oms e dall'Unicef», come correttamente riportato ieri dal Giornale. I libri, oltre a scriverli, bisognerebbe ricordarseli...

·        Gli Arricchiti del Covid-19.

Striscia la Notizia, lo scandalo-ibuprofene nelle farmacie italiane: come speculano sulla nostra salute. Libero Quotidiano il 23 dicembre 2021. Scandali italiani, vizi tricolori: prezzi gonfiati, anzi gonfiatissimi, anche quando si tratta della nostra salute, di prodotti medici e da farmacia. Questo è l'ultimo filone su cui sta indagando Striscia la Notizia, il tg satirico di Canale 5. E così ecco che dopo la prima recente puntata sul paracetamolo, nell'edizione di Striscia in onda su Canale 5 ieri sera, mercoledì 22 dicembre, eccone una seconda dedicata al secondo farmaco più diffuso a livello nazionale: l'ibuprofene. L'inchiesta è stata affidata anche in questo caso a Max Laudadio, che ha verificato il prezzo dell'ibuprofene in molteplici farmacie per poi confrontare il risultato con i paesi esteri. E il confronto è davvero impietoso. O meglio, scandaloso. In Belgio per esempio una confezione da 30 compresse, per quel che riguarda il prezzo unitario della pastiglia, viene al costo di 0,18 euro a compressa, dunque in Italia paghiamo il 61% in più. Poi l'Albania: 20 compresse a 0,11 euro, per un rincaro in Italia del 163 per cento. Rispetto ai prezzi dell'Olanda, paghiamo il 222% in più. Infine, gli sconcertanti dati relativi a Spagna e Regno Unito: il rincaro in Italia è rispettivamente del 383% e del 625 per cento. Una vergogna sulla quale Max Laudadio ha chiesto informazioni e spiegazioni. Che, come potete vedere nel servizio, sono arrivate ma non convincono nemmeno un po'...

Da "la Stampa" il 30 dicembre 2021. È così che le compagnie assicurative si conquistano la gratitudine dei clienti e la stima dell'opinione pubblica: nel 2020, grazie ai lockdown e al crollo degli incidenti stradali, gli assicuratori hanno speso molto meno per liquidare i sinistri, ma hanno girato agli automobilisti solo una parte minima di questo vantaggio in forma di taglio delle polizze Rc Auto, e così grazie al Covid le compagnie hanno festeggiato un aumento degli utili del 135%, che significa quasi due volte e mezza. È una straordinaria operazione simpatia. I numeri, incontestabili, arrivano dall'Ivass , cioè dall'istituto di vigilanza sul settore assicurativo. Gli incidenti seguiti da richiesta di denaro nel 2020 sono stati 1,6 milioni, con un calo del 30% rispetto al 2019, e gli oneri totali per i sinistri a carico delle compagnie sono crollati del 18,7%. Ma il premio medio, al netto di oneri fiscali e parafiscali, è sceso solo del 3,6%. Considerando anche i rendimenti finanziari e le cessioni in riassicurazione, l'utile complessivo del ramo Rc Auto è salito a 1 miliardo e 505 milioni (+134,8%). Con la crisi non tutti facciamo sacrifici.

Articolo del “Wall Street Journal” - dalla rassegna stampa estera di “Epr comunicazione” il 29 ottobre 2021. Google ha registrato una crescita storica delle vendite e quasi raddoppiato il suo profitto nel terzo trimestre, in quanto le piccole imprese hanno versato denaro negli annunci digitali rivolti ai clienti i cui acquisti si sono spostati online. I forti risultati hanno sottolineato come la pandemia ha messo il turbo al core business pubblicitario dell'azienda. Con il traffico al dettaglio in calo, i commercianti si sono rivolti a Google per promuovere i loro prodotti, fornendo in un solo anno il tipo di crescita delle vendite trimestrali che il gigante della ricerca registra tipicamente su un periodo di due anni. Alphabet ha detto martedì che le entrate sono aumentate del 41% a 65,12 miliardi di dollari, il suo più grande in 14 anni. Ha registrato un profitto di 21,03 miliardi di dollari, quasi tre volte quello che ha riportato prima della pandemia – riporta il WSJ.  Il rovente mercato degli annunci digitali ha accelerato quest'anno, con una spesa globale che crescerà del 26%, rispetto alle precedenti proiezioni del 15%, secondo GroupM, una società di media-buying. Gran parte di questa manna è andata a Google, che ha una quota dominante delle ricerche internet a livello mondiale, della navigazione digitale e dei video online. Il business pubblicitario dell'azienda - guidato da Search, Maps e YouTube - ha registrato 53,13 miliardi di dollari di vendite dalla pubblicità, un aumento del 43%. Gran parte della crescita di Google è venuta dagli inserzionisti di e-commerce desiderosi di raggiungere i clienti le cui ricerche di prodotti iniziano online. L'azienda si è unita con Shopify Inc. quest'anno per semplificare gli elenchi di ricerca e gli acquisti di annunci per 1,7 milioni di commercianti. Lo sforzo, che mirava a ravvivare il suo segmento e-commerce, ha contribuito a trasformare gli annunci al dettaglio nel più grande contributore di crescita di Google. Negli ultimi mesi, il segmento degli annunci al dettaglio del gigante della ricerca ha beneficiato della nuova politica sulla privacy che Apple Inc. ha lanciato. Da aprile, il produttore di iPhone ha richiesto alle applicazioni di chiedere agli utenti se vogliono essere tracciati. I cambiamenti hanno indebolito le prestazioni degli annunci su Facebook Inc. e Snap Inc. secondo gli acquirenti di annunci e le piccole imprese. Molti marchi hanno spostato la spesa su Google come risultato. "Nella terra dei ciechi, l'uomo con un occhio solo è il re", ha detto Brian Wieser, presidente globale della business intelligence di GroupM. "Qualsiasi dato che hanno [a Google] è migliore di quello che hanno molti altri". YouTube è stato un altro importante motore dei guadagni pubblicitari di Google. Il colosso dei video ha riferito che il fatturato è cresciuto del 43% a 7,21 miliardi di dollari nel trimestre. Il business è sulla buona strada per generare quasi la stessa quantità di entrate quest'anno di Netflix Inc, un business in abbonamento valutato a quasi 300 miliardi di dollari. Mentre Snap e Facebook hanno avvertito che le regole di Apple avrebbero ridotto le vendite future, Google deve ancora segnalare se si aspetta di essere colpita. L'azienda si basa sui dati da iPhone e iPad per indirizzare e misurare alcuni inventari che vende. Di conseguenza, gli analisti si aspettano che la sua attività di ricerca non sia influenzata, ma che le sue attività di YouTube e di posizionamento degli annunci mobili soffrano. I regolatori e i legislatori presentano forse la più grande sfida al continuo successo commerciale di Google. La scorsa settimana, il Texas e più di una dozzina di procuratori generali dello stato hanno presentato una denuncia non censurata contro Google. Hanno evidenziato come l'azienda prende un prelievo dal 22% al 42% della spesa pubblicitaria che passa attraverso il suo sistema, da due a quattro volte di più degli scambi pubblicitari concorrenti. Google affronta anche cause antitrust da parte del Dipartimento di Giustizia e una coalizione separata di stati, sostenendo che l'azienda ha stretto accordi segreti per favorire il suo motore di ricerca e le attività pubblicitarie e contrastare i concorrenti. A luglio, una terza coalizione di stati guidata dallo Utah ha intentato una causa contro l'app store Play di Google. Google ha chiamato le cause viziate e ha detto che raccoglie tariffe più basse per gli annunci rispetto alla media del settore. In riferimento alla causa dell'app-store, l'azienda ha detto che il suo sistema operativo aperto permette ai clienti di scaricare applicazioni direttamente dai siti web degli sviluppatori. L'azienda ha già apportato modifiche al suo business che affrontano alcune critiche normative. La scorsa settimana, ha ridotto il suo taglio delle tasse di abbonamento alle app al 15% dal 30%, una mossa che gli analisti si aspettano di tagliare le entrate totali il prossimo anno. Gli investitori hanno ampiamente scontato tali cambiamenti, fino a quando il core business di ricerca di Google rimane forte. Le azioni di Alphabet sono salite di quasi il 60% quest'anno fino alla chiusura di lunedì. "La sfida più difficile per Google, accanto alla gestione dell'animosità normativa, è la legge dei grandi numeri", ha detto l'analista Richard Kramer, fondatore della società di consulenza Arete Research con sede a Londra. In assenza di minacce competitive, ha detto che la domanda è: "Come fanno a sostenere la crescita quando il 10% di crescita significa trovare altri 10 miliardi di dollari di entrate?" Le nuove scommesse di Google devono ancora mostrare quel tipo di potenziale. Quasi un decennio dopo aver iniziato a sviluppare auto senza conducente, la controllata Waymo del gigante tecnologico deve ancora produrre fatturato. La sua unità Verily Life Sciences, che conduce ricerche sulla salute, non ha generato il tipo di vendite trasformanti di cui avrebbe bisogno. L'attività di cloud-computing di Google ha mostrato la maggior parte delle promesse. Dopo aver investito molto negli ultimi anni, la divisione ha iniziato a guadagnare quote di mercato dietro i leader Amazon.com Inc. e Microsoft Corp. che rappresentano rispettivamente il 41% e il 20% del mercato. Google, che rimane indietro con il 6% di quota, ha riferito che le vendite di cloud sono aumentate del 45% a 4,99 miliardi di dollari nel periodo.

PANDEMIA. ECCO CHI SONO I GRANDI ‘PREDATORI’, DA GATES A FAUCI. Andrea Cinquegrani su La Voce delle Voci il 19 ottobre 2021. Chi ci guadagna sulla pandemia. Chi specula sulla salute dei cittadini alle prese con il Covid-19. Chi vede crescere il suo potere e la sua ricchezza sulla pelle della gente. E’ questo lo scopo basilare di "Covid-19 and the Global Predators", un libro che tutti dovrebbero leggere perché fa luce sui mega interessi che ruotano intorno alla pandemia e identifica i veri burattinai che tirano le fila di un tragico copione che coinvolge l’umanità intera. L’autore è Peter Breggin, 85 anni e una mente lucidissima, psichiatra di fama negli Stati Uniti, controcorrente, spesso odiato dai colleghi perché si è sempre apertamente schierato contro l’industria degli antidepressivi, l’uso dell’elettroschock, e invece tutto a favore di un approccio umano, di un dialogo interattivo medico-paziente. Un basagliano convinto, diremmo nel nostro Paese. “Breggin rafforza il mito che la malattia mentale non esiste ed è tutto condizionato dall’ambiente esterno”, è il capo d’accusa che più comunemente gli viene rivolto. E’ autore di best seller come ‘Toxic Psychiatry’, ‘Talking back to Prozac’, ‘Brain-Disability Treatments in Psychiatry’. Tra le molteplici esperienze professionali ne ricordiamo ad esempio una: è stato il perito di un sopravvissuto al massacro nel 1999 alla ‘Columbine High School’ del Colorado, sopravvissuto che ha citato in giudizio la casa farmaceutica produttrice di un antidepressivo. 

ATTENTI A QUEI TRE   

I burattinai individuati con precisione da Breggin sono tre. Il fondatore di Microsoft Bill Gates, con la sua ‘Bill and Melinda Gates Foundation’; il super virologo Anthony Fauci, direttore del ‘National Insitute of Allergy and Infectuous Deseases’ (NIAID); Klaus Schwab, ingegnere/economista e direttore del ‘World Economic Forum’ che ogni anno riunisce i potenti della terra a Davos, promotore di quel ‘Great Reset’ che in tempi brevi disegnerà il Nuovo Ordine Mondiale e soprattutto ne delineerà i profili socio-economici. Leggiamo cosa scrive la giornalista Patricia Harrity sul potente j’accuse di Breggin. “Breggin sostiene che è stata questa partnership (fra i tre big, ndr) a creare la pandemia di Covid per spingere i vaccini mortali su un pubblico ignaro e ad inaugurare un Nuovo Ordine Mondiale”. “Questa partnership denominata ‘Coalition for Epidemic Preparadness Innovations’ (CEPI) aveva creato un business plan di 65 pagine preparato da Bill Gates nel 2016, che può essere trovato sul sito web di Klaus Schwab. E’ un piano per la prossima pandemia e sembra esattamente ciò che sta accadendo ora nel mondo, secondo Breggin. Il quale dice che è stato nel lontano 2010 che Bill Gates ha proclamato ‘il decennio del vaccino’ e il suo partner nella dichiarazione era proprio Anthony Fauci”. Proprio così: Dio li fa e poi li accoppia. “Breggin continua dicendo che Gates ha fondato il progetto ‘Decade of Vaccines’ nel 2010, ha riunito un comitato composto da globalisti, tra cui Fauci, per attuare un Piano d’azione globale sui vaccini (GVAP). Questo è stato approvato dai 194 Stati membri dell’Assemblea mondiale della sanità nel maggio 2012 e doveva coinvolgere l’Organizzazione Mondiale della sanità”. 

TUTTI I COMPLICI

Continua la disamina di Patricia Harrity. “Ormai non sorprende che la leadership fosse la ‘Bill & Melinda Gates Foundation’, la ‘GAVI Alliance’ (sempre Gates), l’UNICEF, l’Istituto nazionale delle allergie e delle malattie infettive negli Stati Uniti (Fauci) e l’OMS. Entro il 2015 Gates era pronto e ha continuato ad organizzare un evento ‘in previsione della pandemia’. Breggin afferma testualmente: ‘ha reso evidente che stavano lavorando alla creazione di una pandemia e di un vaccino mortale per accompagnarla’”. Parole che si commentano da sole e lasciano poco spazio ai dubbi. Continua la giornalista. “A questo punto Gates e soci avevano il loro team già preparato, pronto e preparato, ed il piano ‘aziendale’ di CEPI attendeva solo il 2021 per essere portato a compimento. Il piano includeva anche la collaborazione della ‘Food and Drug Administration’ (che ha dato l’ok ai vaccini ‘emergenziali’ bypassando tutta la necessaria fase di sperimentazione, ndr), dei ‘Centers for Desease Control’ (i CDC americani che, tra l’altro, ‘danno i numeri’ sugli effetti collaterali dei vaccini e i decessi, ndr), del ‘NIAID’, del ‘National Institute of Health’ (NIH) e del ‘Biomedical Advanced Research and Development Authority’ (il potente ‘BARDA’, ndr). Essenzialmente avevano raggruppato tutti, dalla ricerca e sviluppo, alle compagnie farmaceutiche, ai governi e alle banche mondiali”. Altro che arsenali di guerra, corazzate e portaerei: gli scenari delle ‘biologic wars’ sono ormai totalmente cambiati. Prosegue Patricia Harrity seguendo il filo dell’analitico ragionamento di Breggin: “Tutto ciò che restava da fare era far temere abbastanza alla gente, terrorizzarla al punto giusto da poter introdurre agevolmente il vaccino e portare questo livello di cambiamento nella società. Ciò si è verificato per tutta la durata della pandemia utilizzando fondamentalmente l’appello alla paura, ovvero messaggi persuasivi che tentano di suscitare la paura. Una tecnica simile fu usata in Germania dai nazisti in tempo di guerra che perfezionò anche le tecniche di propaganda. Uno strumento utilizzato anche dal nostro governo (si riferisce agli Usa, ndr) dall’inizio del 2020 per creare e rafforzare la paura attraverso il controllo sui media, sulla stampa e sulla sfera sociale, consentendo di ascoltare solo il proprio punto di vista parziale, demonizzando e rendendo un capro espiatorio le voci dell’opposizione”. E’ lo stesso, identico scenario che possiamo osservare, ogni giorno, nel nostro Paese, che nel giro di pochi mesi – quelli bollenti della pandemia -s’è trasformato nel perfetto gendarme europeo degli Stati Uniti, con un Mario Draghi perfetto servitore alla Casa Bianca guidata dal neo inquilino (s’è insediato a gennaio 2020) Joe Biden. Continua sui media Harrity: “Ne è scaturito un gioco di successo alla Simon Says, con i media al controllo delle persone che eseguono ogni singolo comando, non importa quanto sproporzionati o privi di senso siano tali comandi. Lo fanno, a causa della paura indotta, credendo che sia per il loro bene”. Tanti robottini crescono. Con milioni di chip da inserire sottopelle, tanto per essere controllati meglio. Parola di un esperto dei meccanismi della mente del calibro di Breggin. Ricordiamo che negli Stati Uniti sta per uscire un altro libro che tutti dovrebbero leggere, ‘The Real Anthony Fauci – Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health’. Ne è autore Robert Kennedy junior, figlio del mitico Robert e nipote di John Fitzgerald. Avvocato per l’ambiente (‘environmental lawyer’, così si chiamano negli Usa), Robert da anni è impegnato in prima fila per la tutela e la salvaguardia della salute, soprattutto dei bambini. Si batte da sempre per un uso consapevole, ‘cauto’ dei vaccini tradizionali, da utilizzare sotto rigido controllo medico, e con tutte le precauzioni dovute, tenendo ben presenti le condizioni fisiche dei piccoli. Ha fondato, Robert, la battagliera associazione ‘Children’s Health Defence’, proprio per alzare il livello di sensibilizzazione su questi fondamentali temi.

ANTHONY FAUCI & C. DALLA PANDEMIA AL VACCINO UNIVERSALE, ECCO IL ‘DREAM’ DI BIG PHARMA. Andrea Cinquegrani su La Voce delle Voci il 9 ottobre 2021. Era necessario pianificare una colossale pandemia, dai catastrofici esiti mortali a livello mondiale, per poter attivare in tutti i cittadini uno stato di panico. E quindi creare il clima adatto, le condizioni ad hoc per convincere le persone ad ottenere un vaccino universale, il vero, autentico obiettivo di Big Pharma. Può sembrare la trama essenziale di un horror movie tutto a base di complottismo, tra scenari distopici che si susseguono a ritmo incalzante. Ed invece si tratta della tragica, cruda realtà. Che vede dei protagonisti ben precisi, con un nome e cognome altisonante, pezzi da novanta del sistema sanitario statunitense e una star   che non poteva certo mancare: il super virologo a stelle e strisce Anthony Fauci, per oltre un quarto di secolo al fianco di ben 6 presidenti degli Usa come super consulente per la salute. 

GRAZIE, INFOWARS

La tragica sceneggiata è immortalata grazie ad un lungo video, qualche giorno fa trasmesso in uno special tivvù dal giornalista investigativo Alex Jones di ‘Infowars’. Non si tratta, quindi, di voci raccolte qua e là, di ‘si dice’, chiacchiere da bar o fake news di seconda e terza mano. No: perché il video parla chiaro, si commenta da solo e i protagonisti rimangono inchiodati alle lapidarie frasi che pronunciano. In sostanza, si tratta di tre lunghe clip, raccolte nel corso di un super meeting che si è svolto ad ottobre 2019, vale a dire due mesi prima dello scoppio ‘ufficiale’ della pandemia. I tempi, quindi, sono proprio quelli bollenti del pre-Covid: a fine dicembre, infatti, cominciano a rimbalzare dalla Cina le prime voci dell’infezione virale, che trovano conferma a gennaio, con il caso Wuhan che impazza sui media di tutto il mondo. Di ‘previsioni’ circa catastrofiche pandemie ce ne erano già state, ma mai come questa. Basti pensare a quanto affermato, nel 2015, da Bill Gates, che aveva previsto con largo anticipo eventi pandemici dagli effetti devastanti e fatto riferimento ad una drastica riduzione della popolazione mondiale. Per non parlare delle sempre azzeccate previsioni presentate in occasione dell’annuale summit dei grandi della Terra a Davos, il ‘World Economic Forum’ organizzato dall’inossidabile Klaus Schwab, un tempo giovane colonnello della Gestapo e da anni in prima linea per elaborare quel ‘Great Reset’ che sta già ridisegnando i destini del mondo, non solo sul fronte sanitario, ma soprattutto sul versante sociale ed economico. Vediamo allora cosa è successo ad ottobre 2019 nel corso di un summit organizzato a Washington dal ‘Milken Institute’, uno dei più grossi think tank economici a livello internazionale, fondato a Santa Monica, in California, esattamente 30 anni fa, nel 1991, da Michael Milken, all’epoca banchiere alla ‘Drexel Burnham Lambert’. Ecco in rapida carrellata alcuni tra i protagonisti del summit e dei tre esplosivi video presentati da Alex Jones. 

PARLANO I PROTAGONISI AL MILKEN

Oltre a Fauci, direttore del ‘National Institute of Allergy and Infectious Deseases’, si tratta di Michael Specter, giornalista di grido e bioingegnere, Rick Bright, direttore dello strategico ‘BARDA’, Margaret Hamburg, medico e politico statunitense, Bruce Gellin, tra i protagonisti della potente ‘Rockfeller Foundation’ e delle sue molteplici iniziative, Casey Wright, Ceo di ‘Flu Lab’. Spiega Jones: “In uno dei tre video, gli interlocutori hanno concettualizzato un nuovo focolaio di un nuovo virus dell’influenza aviaria dalla Cina, in modo da poter aggirare il metodo di approvazione della ‘Federal and Drug Administration’ e applicare il vaccino mRNA alle masse”. E ancora: “Questa tavola rotonda si è concentrata su ciò che percepivano come la necessità di un vaccino antinfluenzale universale, ma hanno ammesso che il vecchio modo di produrre vaccini non era sufficiente per i loro scopi e che avevano bisogno di una sorta di evento globale dal quale potesse scaturire la voglia di poter lanciare un nuovo vaccino da testare sul pubblico”.

Commenta il notista politico italoamericano Umberto Pascali: “Erano tutti d’accordo sul fatto che il virus dell’influenza annuale non fosse abbastanza spaventoso da creare un evento che convincesse le persone ad ottenere un vaccino universale. E come sappiamo oggi, circa due anni dopo questo evento, quel ‘virus terrificante’ che è stato introdotto era il Sars Covid-19”.

E poi: “E così ora sappiamo perché l’influenza è semplicemente ‘scomparsa’ nella stagione influenzale 2020 -2021. E’ stata semplicemente sostituita da Covid-19 in una ‘pandemia’ abilmente pianificata in tutto il mondo per lanciare i primi vaccini mRNA universali al mondo. Questo è sempre stato l’obiettivo e gli sforzi precedenti, attraverso varie influenze, Aids, Ebola e altri virus, non hanno avuto successo nel portare allo sviluppo di un vaccino universale da iniettare nell’intera popolazione mondiale”.

Passiamo in rapida carrellata alcune ‘chicche’, ossia frasi pronunciate dai vip della sanità a stelle e strisce nel corso del meeting di Washington organizzato dal celebre think tank.

Michael Spectre: “Abbiamo bisogno che molte persone muoiano perché si verifichi quel senso di urgenza?”.

Margaret Hamburg, a proposito del vaccino universale: “E’ ora di smettere di parlare, è ora di agire. Penso che sia anche perché fino ad oggi non abbiamo avuto un senso di urgenza”.

Rick Bright, sulle carenze nella distribuzione annuale dei vaccini antinfluenzali: “Distribuiamo 150 milioni di dosi di vaccini stagionali ogni anno, non sappiamo nemmeno quante persone vengono vaccinate dalle dosi che vengono consegnate alle persone, quali dosi hanno ricevuto e quale è stato il vero risultato”.

Hamburg: “Ci sono già molte persone che muoiono di influenza ogni anno”.

Spectre: “Mi sembra che una delle maledizioni del mondo della sanità pubblica sia, se voi ragazzi fate bene il vostro lavoro, tutti vanno d’accordo e in salute”.

Qualche cenno in più sui nostri protagonisti. 

MA ECCO CHI SONO

Spectre è un noto giornalista americano, specializzato soprattutto in scienza, tecnologia, salute pubblica ma anche in scenari di guerra (è stato inviato in Cecenia). Ha lavorato per il ‘Washington Post’, il ‘New York Time’s e attualmente per il ‘New Yorker’. Dal 2019 è professore a contratto di ‘Bioingegneria’ presso la ‘Stanford University’. Durante la pandemia, ha curato un audiolibro griffato Fauci.

Bruce Gellin è il capo della ‘strategia di sanità pubblica globale’ per l’  ‘Istituto di prevenzione della pandemia’ promosso dalla ‘Rockfeller Foundation’. Ha guidato le principali iniziative federali sui vaccini, tra cui lo sviluppo del ‘Piano nazionale sui vaccini’presso l’HHS. E’ tra i più ascoltati consulenti di ‘GAVI’, la ‘Vaccine Alliance’ promossa da Bill Gates. Così come è tra i più influenti consulenti dell’Organizzazione Mondiale per la Sanitàsui vaccini antinfluenzali e sui problemi di ‘esitazione vaccinale’: tra l’altro, presiede il team consultivo ‘Global Action Plan for Influenza Vaccines’ della stessa OMS. E’ stato presidente inaugurale di ‘Global immunization’ presso il ‘Sabin Vaccine Institute’ ed è oggi membro del ‘COVAX Independent Allocation of Vaccines Group’.

Rick Arthur Bright è un immunologo, ricercatore sul fronte dei vaccini e potente funzionario della sanità pubblica a stelle e strisce. E’ stato infatti al vertice di una delle sigle basilari nello scacchiere della sanità americana, ossia la ‘Biomedical Advanced Research and Development Authority’ (BARDA per i suo fans), istituita 15 anni fa, nel 2006, attraverso il ‘Pandemic and all-Hazard Preparedness Act’. Nel corso della pandemia, vale a dire nell’horribilis 2020, Bright è entrato in rotta di collisione con il presidente Donald Trump, che l’ha retrocesso tra i ranghi del ‘National Institute of Health’. E’ tornato ai auge con Joe Biden, che lo ha nominato, a pochi giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca, il 9 novembre 2020, membro del ‘Comitato consultivo sul coronavirus’.

Margaret Ann Hamburg, 66 anni, medico e politico, è l’attuale Commissario della strategica ‘Food and Drug Administration’, che ha poche settimane fa dato il suo definitivo ok ai vaccini di Pfizer e Moderna, bypassando tutte le sperimentazioni previsto fino a dicembre 2023. La sua carriera è cresciuta sotto lo stellone di Barack Obama. E’ stata anche ‘Commissario alla Salute’ per la città di New York.

Casey Wright è il fondatore e Ceo di ‘Flu Lab’, che nel corso degli anni ha sviluppato un ‘Programma filantropico’ (sic) per aumentare i tassi di vaccinazione in età scolare e ha avviato – guarda caso – “nuove iniziative di innovazione per lo sviluppo di vaccini antinfluenzali universali”. Fitto il pedigree di Casey, che ha prima lavorato ai ‘Center for Control Desease and Prevention’ (CDC), poi al ‘Dipartimento della salute e dei servizi umani’ (HHS) degli Usa e quindi direttamente presso il ‘Dipartimento di Stato’, occupandosi in particolare di ‘biologic wars’, una delle nuove, bollenti frontiere delle ‘politiche’ internazionali.

Per procedere in tempi rapidi alla ricerca del vaccino universale si stanno rimboccando le maniche non pochi negli States. Come all’Università di Chicago e all’ ‘Istituto di Ricerca Scripps’, che hanno appena pubblicato uno studio su ‘Science Translation Medicine’. E soprattutto alla ‘University of Washington – School of Medicine’, i cui ricercatori lavorano in collaborazione – guarda caso – con quelli del ‘National Institute of Allergy and Infectious Diseases’, il celebre NIAID storicamente diretto da Anthony Fauci: la pubblicazione dei relativi studi, stavolta, è stata curata da un’altra prestigiosa rivista scientifica, ‘Nature’.

PARLA L’EX NUMERO UNO DI PFIZER. IL VACCINO DI MASSA E’ UN OMICIDIO DELIBERATO. Andrea Cinquegrani su La Voce delle Voci il 15 ottobre 2021. Michael Yeadon è oggi il direttore scientifico degli ‘America’s Frontline Doctors’, l’associazione di camici bianchi che si batte per le terapie e le cure anti covid e critica aspramente la campagna vaccinale Usa, e non solo. E’ stato vicepresidente e direttore scientifico di Pfizer, la prima azienda   farmaceutica a lanciare il suo vaccino a livello mondiale. Nessuno più di lui, quindi, conosce i ‘segreti’ dei vaccini. Yeadon ha appena terminato un documentario intitolato ‘Covid Shot or  not?’, in pratica ‘Vaccino anti covid, sì o no?’. Ecco alcune sue affermazioni contenute nel documentario, un vero j’accuse contro i vaccini, questi vaccini. 

COSI’ AMMAZZO CITTADINI E DEMOCRAZIA

“Pfizer ha riferito che il suo vaccino ha mostrato un’efficacia del 95 per cento, cioè sembra che ti protegga il 95 per cento delle volte. Ma in realtà non è questo il significato di quel numero. Quel 95 per cento si riferisce alla ‘riduzione del rischio relativo’ (RRR), ma non ti dice quanto il tuo rischio complessivo è ridotto dalla vaccinazione. Per questo, abbiamo bisogno di ‘riduzione assoluta del rischio (ARR)”. Yeadon non ritiene affidabili gli studi fino ad oggi presentati, che giudica non essere propriamente “a doppio cieco”, e afferma che “anche senza il vaccino, il rischio di contrarre il Covid-19 era estremamente basso, pari allo 0,88 per cento, che il vaccino ha poi ridotto allo 0,04 per cento”. Passa poi ad alcune considerazioni generali sulle “incredibili contraddizioni della politica internazionale e delle politiche governative per affrontare la pandemia”. “La storia di come un grande stato, quale l’India, ha risolto la sua crisi Covid-19 non è una sorpresa per quelli di noi che hanno saputo dalla primavera 2020 che i nostri governi, media e titani della tecnologia hanno agito contro i nostri interessi, contro la nostra salute e contro la democrazia”. “Sappiamo, ad esempio, che medici e scienziati altamente qualificati sono in grado di curare e salvare la maggior parte delle persone infette da SARS-CoV-2. La metodologia è semplice: attaccare il virus e le fasi della malattia infiammatoria e infine trombotica in modo razionale, somministrando trattamenti mirati e mutifarmaco. Questi includono la vitamina C e la vitamina D, ma in particolare l’invermectina, lo zinco e uno ionoforo di zinco come uno dei tanti vecchi antibiotici, ad esempio l’azitromicina. Utilizzati in sequenza a secondo della presentazione, oltre l’80 per cento dei pazienti evita il ricovero e la morte, anche in coorti che consideriamo ad alto rischio”. “Peter McCullough e colleghi si sono messi in pericolo professionalmente nel portare a casa questi semplici messaggi. Due notevoli meta-analisi (il più alto livello di prove mediche, una revisione di studi clinici randomizzati e controllati), scritta da Tess Lawrie e Pierre Kory, mostrano in conclusione che se potessi scegliere un solo trattamento medico, sarebbe l’invermectina. E’ sicuro, tollerato, senza brevetto ed economico da realizzare, ma altrettanto efficace come trattamento per Covid-19. Gli studi di Tess Lawrie e Pierre Kory sono tra i paper più letti quest’anno”. “Eppure nessuno dei principali media si è preso la briga di dircelo. Invece hanno mentito sui farmaci ‘sverminanti per cavalli’ (così è stata bollata l’invermectina, ndr) e hanno fatto false affermazioni sulla sicurezza”. “Questo (l’invermectina, ndr) è ciò che l’Uttar Pradesh ha usato in poche settimane per schiacciare le crescenti morti di Covid-19 nel grande stato indiano. Non hanno fatto molte vaccinazioni”. “Il team di Steve Kirsch ha dimostrato, separatamente, che la vaccinazione ha portato ad una stima mediana di 150 mila decessi poco dopo la vaccinazione nei soli Stati Uniti”. “Cosa hanno fatto nel frattempo i nostri governi, i media e i giganti della tecnologia? Hanno insultato gli esperti, attaccato le pubblicazioni, soppresso le informazioni ovunque e vietato gli account che si ostinano   a dire la verità”. “Avendo fatto tutto ciò per oltre un anno, sono convinto che le loro azioni costituiscano un omicidio di massa deliberato. Il loro obiettivo sembra quello di mantenere le persone il più timorose possibile e disponibili alla vaccinazione. Tutte queste affermazioni sono supportate da abbondanti fonti pubbliche”. “Lo scandalo di privare le persone di cure efficaci costringendole a sottomettersi a pericolose vaccinazioni è la cosa peggiore che sia successa al mondo da decenni, probabilmente da sempre”. 

IL GREEN PASS? “UN’APARTHEID MEDICA”

Parla anche del passaporto vaccinale, del nostro Green Pass, Yeadon nel suo documentario. Lo definisce senza mezzi termini “illegale” e comparabile ad una vera e propria “apartheid medica”. “Il vaxpass è un sistema completamente nuovo. Mai prima d’ora tutti gli individui sono stati rappresentati in un unico database interoperabile come un ID digitale univoco, accompagnato da un campo modificabile relativo alla salute. Chiunque controlli quel database, e gli algoritmi che governano ciò che esso permette e nega, ha letteralmente il controllo totalitario dell’intera popolazione”. “La mia convinzione è che lo scopo sia, come minimo, quello di stabilire un sistema di controllo totalitario che significherà l’estinzione della democrazia”. “I governi di tutto il mondo hanno mentito, mentito e mentito su ognuno dei punti narrativi centrali di questo virus”. 

I 150.000 MORTI AMERICANI PER VACCINO  

Ad un certo punto, Yeadon fa riferimento ad una cifra da brividi: parla infatti di 150 mila morti che fino ad oggi avrebbero causato, nei soli Stati Uniti, i vaccini, secondo le stime elaborate da un ricercatore, Steve Kirsh, con la sua equipe. Ecco cosa leggiamo in un sito americano. “Estrapolando gli ultimi dati calcolati dal ‘Vaccine Adverse Event Reporting System’ (VAERS), si stima che circa 160 mila americani potrebbero essere morti finora a causa dei ‘vaccini’ contro il coronavirus. Dallo scorso dicembre, quando le iniezioni sono state inoculate per la prima volta come parte dell’Operazione ‘Warp Speed’, ci sono stati 16,310 decessi ufficialmente segnalati per le iniezioni di vaccino, secondo il VAERS”. Dal momento che lo stesso VAERS, a concorde giudizio di esperti e ricercatori, con il suo metodo calcola circa il 10 per cento del totale globale (ed effettivo), una semplice operazione matematica porta la cifra dei decessi a 163.100. Prosegue il sito a stelle e strisce. Molti ormai “concordano sul fatto che i decessi per iniezione vaccinale vengono massicciamente sottostimati”. Come ad esempio la dottoressa Jessica Rose, PhD, immunologa e biologa computazionale e molecolare, la quale “stima che circa 150 mila persone negli Stati Uniti siano morte a causa dei vaccini”. Meglio non far conoscere queste cifre al mago di tutti i Vaccini, l’allergologo-massone Roberto Burioni. Che due settimane fa, nel salottino domenicale di Fabio Fazio, sentenziò: “Sapete qual è la verità? Al mondo fino ad oggi c’è stato solo un morto, 1 di numero, per il vaccino. E’ successo in Nuova Zelanda”. Ma forse il Mago di Provette & Vaccini ha sbagliato trasmissione: pensava di stare su “Scherzi a parte”.

Covid, il business dietro ai tamponi: così il prezzo quintuplica. Michele Bocci su La Repubblica il 20 ottobre 2021. Dai tre euro dei distributori ai 15 in farmacia: “Ma i costi di personale e materiali azzerano i guadagni”. Un giro d'affari che è improvvisamente raddoppiato. La corsa al tampone per ottenere il Green Pass muove tra i 5 e i 7,5 milioni di euro al giorno. In farmacia prima dell'obbligo se ne facevano circa 200 mila, all'inizio di questa settimana si è arrivati a 4 o 500 mila. Nel conto, va specificato, devono essere aggiunti anche i tamponi molecolari, circa 150 mila al giorno, che passano prevalentemente dal servizio pubblico e che servono per i sintomatici.

Da leggo.it il 20 agosto 2021. Le farmacie «non "rilasciano" un certificato, ma "lo mettono a disposizione della popolazione"». Precisato questo «sembra tutt'altro che scontata la lettura della norma secondo cui essa sarebbe impositiva di un obbligo, a carico di una impresa privata come la farmacia, di mettere al servizio di chiunque e gratuitamente la propria struttura, i propri materiali e la propria forza lavoro, sostanzialmente senza limiti, per la stampa dei green pass». Così in una lunga lettera il presidente di Farmacieunite, Franco Gariboldi Muschietti, in merito al green pass gratuito in farmacia e «all'eco data al caso delle farmacie "furbette" che chiedevano un obolo per la stampa» del documento. La gogna «cui sono sottoposti i colleghi presuppone - scrive Gariboldi Muschietti - che sia certa e sicura l'interpretazione di legge secondo cui il farmacista deve fornire ai cittadini la stampa del green pass gratuitamente, senza se e senza ma» e fa riferimento al principio contenuto nel Regolamento (Ue) 2021/953 secondo il quale il rilascio del green pass, a cui provvede il ministero della Salute, è gratuito, «ma se un cittadino che ha libero accesso al certificato (gratuito) si avvale di un altro cittadino, terzo e privato, per ottenerne la disponibilità, dobbiamo davvero pensare che quest'ultimo sia obbligato a operare sempre e comunque a proprie spese a favore del primo?», chiede il presidente di Farmacieunite. «L'Ue, quando ha organizzato il sistema green pass per i cittadini dell'Unione, ha sì previsto che esso fosse rilasciato dagli Stati gratuitamente, ma ha anche stanziato a loro favore i fondi necessari per farlo», sottolinea il presidente di Farmacieunite evidenziando che «diverso, però, è il caso del green pass richiesto alla farmacia da colui che, presso la medesima, si sia sottoposto a tampone o a vaccinazione: in questo caso la stampa del green pass può ritenersi una componente accessoria della prestazione principale».

Donne, immigrati, poco istruiti: chi sono le persone più colpite dalla pandemia. Gloria Riva su L'Espresso il 27 luglio 2021. No, il Covid-19 non è una livella che si abbatte su tutti indistintamente. Anzi. Contribuisce ad allargare il divario sociale. E la disuguaglianza continuerà a incidere anche sulle ricadute successive (foto di Luca Santini). Totò, ai tempi della pandemia, l’hanno citato in tanti: «Il Covid-19 19 è una livella, colpisce tutti indistintamente, ricchi e poveri». E l’hanno citato a sproposito. Perché il coronavirus si è in realtà accanito maggiormente sulle persone meno istruite, sulle donne, sui lavoratori poco qualificati e sugli anziani soli, contribuendo ad allargare il divario di disuguaglianza nell’accesso alle cure sanitarie che in Italia già c’era ben prima che il virus entrasse nelle nostre vite. A confermarlo sono i dati Istat e quelli dell’Istituto Superiore della Sanità fin qui pubblicati, che un gruppo di ricercatori del ministero della Salute sta esaminando per capire come si possa “Guarire dalla pandemia tornando a una salute più uguale”, che è anche il titolo della ricerca commissionata dal ministero. Il professor Giuseppe Costa, medico epidemiologo e professore di Igiene all’Università di Torino, da anni segue l’andamento delle disuguaglianze di salute nel nostro paese: «Una società più equa è fondamentale per il benessere della popolazione, perché solo il 25 per cento delle buone condizioni psicofisiche dei cittadini è merito di adeguate cure mediche, il restante 75 per cento deriva proprio dalla qualità di vita. Michael Marmot, pioniere di questi studi, a tal proposito ricorda: «Perché curare il malato e poi rimandarlo nelle stesse condizioni di vita che lo hanno fatto ammalare? In effetti il Covid-19 ha peggiorato le condizioni di vita di chi già viveva in situazioni di povertà materiale ed educativa, precarietà e isolamento. E ha minacciato l’accessibilità alle cure, che sempre meno riescono a stare al passo con l’elevata richiesta di assistenza». Il coronavirus e il confinamento hanno compromesso in modo disuguale la salute degli italiani perché alcuni meccanismi del Servizio sanitario nazionale non erano adeguatamente strutturati per tutelare la parte più debole della popolazione. Il rapporto annuale dell’Istat evidenzia come la pandemia abbia accentuato la probabilità di morte per le persone con basso grado d’istruzione. Non solo, sempre l’Istituto di Statistica rileva che per i meno istruiti la morte sopraggiunge prima rispetto agli italiani con un alto grado di istruzione. Un fenomeno, quest’ultimo che era già vero prima della pandemia, ma che ora si sta aggravando, fino quasi a raddoppiare. «Dai dati si osserva che nelle Regioni più colpite dal virus, la distanza nel rischio di morte tra meno e più istruiti è drasticamente aumentata. Ad esempio, nella fascia di età tra i 65 e i 79 anni, se prima della pandemia gli uomini con meno istruzione avevano un eccesso di morte del 28 per cento rispetto alla media, nel 2020 quel dato è schizzato al 58 per cento. Per le donne va ancora peggio: l’eccesso di decessi è passato da più 19 per cento a più 68 per cento», dice il professore. Prima in Piemonte, poi in Emilia Romagna, successivamente nelle altre Regioni è partita un’indagine a tappeto per capire come mai queste persone morissero di più e se questo fenomeno fosse evitabile. «Siamo partiti dal Piemonte perché in questo territorio è possibile classificare i residenti per livello di svantaggio sociale, ed è risultato subito evidente che, ad esclusione dei lavoratori della sanità, che per ragioni professionali erano più colpiti dal virus nonostante fossero benestanti, la probabilità di infezione accertata con un tampone aumentava col crescere del numero di svantaggi sociali patiti: ovvero bassa istruzione, permanenza in una casa povera, affollamento abitativo, residenza in un quartiere deprivato. Le persone a cui corrispondevano tre o quattro di questi svantaggi avevano una probabilità di infettarsi superiore del 70 per cento rispetto alla media nazionale», racconta Costa. Quando a luglio 2020 l’Istat ha contato le persone che avevano tracce di anticorpi - quindi ha considerato anche gli asintomatici sfuggiti al tracciamento e non solo chi aveva un tampone positivo - si è visto che si erano infettati maggiormente - oltre agli addetti alla sanità e coloro che svolgevano attività di servizio al pubblico - le persone con basso grado di istruzione e i migranti. In particolare tra gli adulti tra i 35 e i 65 anni con appena la scuola dell’obbligo le infezioni aumentano del 2,1 per cento, fra i migranti del 4,5 per cento. Anche la mortalità da Covid-19 è risultata maggiore fra la popolazione con svantaggi sociali: «I più fragili non solo sono risultano essere più esposti al contagio, ma sono anche stati uccise con maggiore frequenza dall’infezione», puntualizza il professor Costa. Anche la probabilità di essere ricoverati per Covid-19 è aumentata con il crescere del numero di svantaggi sociali, in media del 60 per cento tra gli uomini e del 49 per cento tra le donne: «Sulle persone più socialmente vulnerabili e quindi clinicamente più fragili la pandemia si è abbattuta con maggiore virulenza: si sono verificate più infezioni, casi più gravi e un maggior numero di ricoveri ospedalieri», argomenta il professore. Poi, una volta presi in cura dall’ospedale, le disuguaglianze si sono azzerate, perché l’assistenza ospedaliera è stata equamente ripartita in proporzione al bisogno: «La probabilità di essere trasferito in terapia intensiva e quella di di morire per Covid-19 sul letto di un ospedale è risultata la stessa tra ricchi e poveri». Un’amara consolazione, perché comunque le persone socialmente svantaggiate si sono infettate maggiormente dei cittadini abbienti e sono morte in maggior numero. «Questo accade soprattutto perché poveri sono più spesso affetti da malattie croniche, che aggravano gli effetti dell’infezione e, per questo, vengono colpiti dal rischio di morte in modo più intenso e disuguale, senza che l’assistenza ospedaliera, seppur offerta equamente, possa evitarlo», spiega l’epidemiologo Costa, che aggiunge come questo fatto si rifletterà anche su un allargamento delle disuguaglianze sociali per quanto riguarda la sopravvivenza: «A causa della mortalità in eccesso da Covid-19 l’aspettativa di vita nel 2020 si è ridotta di 1,4 anni per gli uomini e un anno tra le donne. Essendo l’eccesso di mortalità cresciuto di più fra le persone di basso status sociale, anche la disuguaglianza sociale di aspettativa di vita si allargherà». Se i sistemi sanitari territoriali e, in generale, le politiche locali, avessero lavorato sulla riduzione dei divari, soprattutto migliorando le condizioni di vita in alcuni quartieri particolarmente deprivati e difendendo alcune fasce professionali, segnate dal precariato e dalla scarsità di misure di sicurezza, allora si sarebbe potuto ridurre il volume dei contagi. Mentre, a proposito della mortalità disuguale, «bisognerebbe che la sanità territoriale fosse più attrezzata per prendere in carico attivamente le malattie croniche predisponenti l’aggravamento dell’infezione. Al contrario, spesso manca iniziativa e ci si limita ad attendere che il paziente si presenti ai presidi medici con un peggioramento delle condizioni di salute», dice il professore. Chi è meno istruito e ha scarse risorse economiche con il post Covid-19 sta patendo gravi effetti sulla salute mentale. A rivelarlo è il sistema di sorveglianza Passi dell’Istituto Superiore di Sanità che ha monitorato gli aspetti soggettivi e comportamentali della pandemia. I dati mostrano che le persone socialmente svantaggiate lamentano nella vita quotidiana un’alta ricorrenza di pensieri intrusivi, cioè di pensieri incontrollabili e negativi di allarme o minaccia. Anche l’indagine Mimico, il monitoraggio dell’impatto indiretto del Covid-19, compiuta in Emilia Romagna, Lazio, Piemonte e Puglia, mostra che il recupero delle liste di attesa per interventi oncologici e ortopedici sta avvenendo in modo disuguale e le persone più disagiate hanno minore probabilità di accedere a un intervento: «Chi è benestante ha più mezzi e competenze per rivolgersi alla sanità privata a pagamento ed evitare le liste d’attesa, oltre ad avere maggiori conoscenze e reti sociali per orientarsi meglio nell’offerta», commenta Costa. L’ultimo elemento che rischia di far esplodere le disuguaglianze sul fronte del benessere psicofisico riguarda gli effetti del confinamento provocato dal lockdown. «Sono reazioni non ancora percepibili, ma che nei prossimi anni avranno ricadute importanti sulla salute delle persone. In particolare colpiranno gli indigenti, i disoccupati o sotto occupati, chi ha meno opportunità abitative, gli anziani soli e chi ha ricevuto meno aiuto sociale. Il fenomeno più allarmante riguarda i bambini di famiglie povere che, a causa di svantaggi nella fruizione della didattica a distanza, hanno perso significative opportunità di sviluppo e mesi di apprendimento. Come ricorda Michel Marmot, questi svantaggi sono i principali determinanti del benessere e, una volta passata la pandemia, eroderanno la salute fisica e mentale di questi futuri adulti», dice l’epidemiologo. Pagheranno un effetto negativo a lungo termine anche i lavoratori meno qualificati e i pensionati, i primi perché faranno ancora più fatica ad uscire dalla situazione di sotto occupazione, i secondi perché devono far fronte a maggiori spese per convivere con la pandemia. «La pandemia ha interrotto la favorevole serie di diminuzione assoluta delle disuguaglianze nella mortalità. Se la sanità vuole evitare che questi effetti si trasformino in aumento della domanda sanitaria nel futuro, deve diventare il più esigente avvocato degli investimenti del Pnrr, sia quelli per l’inclusione sociale, sia quelli destinati alla sanità territoriale», dice il rapporto “Proposte per l’attuazione del Pnrr in sanità: governance, riparto, fattori abilitanti e linee realizzative delle missioni” messo a punto da sedici professori di sei Università italiane per meglio spendere il denaro che arriverà dall’Europa. La fotografia di quanto le disuguaglianze rischiano di impattare negativamente sulla salute degli italiani è stata nitidamente scattata dai ricercatori del ministero della Salute nel report “Guarire dalla pandemia tornando a una salute più uguale”. Il dossier indica le aree strategiche di intervento e i territori su cui intervenire, peccato che quel documento non sia ancora stato reso pubblico e resti chiuso in un cassetto. Nel frattempo il tempo scorre ed entro fine anno le Regioni dovranno presentare i propri progetti a Roma, con il rischio di trascurare proprio il fenomeno della disuguaglianza sanitaria e di mancare l’obiettivo di favorire la creazione di una società più giusta.

Dagotraduzione dal Business Insider il 30 agosto 2021. La pandemia ha portato notevoli difficoltà finanziarie negli Stati Uniti, ma gli ultra-ricchi sono rimasti relativamente illesi. Anzi, i miliardari sono diventati collettivamente più ricchi di 1,8 trilioni di dollari, abbastanza per pagare l'intera crisi del debito studentesco. Gli Americans for Tax Fairness (ATF) e l'Institute for Policy Studies Program on Inequality (IPS) hanno pubblicato martedì un rapporto che ha rivelato quanta ricchezza i miliardari hanno guadagnato durante il COVID-19 a partire dal 17 agosto. Gli enti hanno scoperto che la loro ricchezza è salita del 62%, arrivando dopo la pandemia a 4,8 trilioni di dollari dai 3 trilioni del marzo 2020. Secondo il rapporto, la ricchezza del CEO di Tesla Elon Musk è aumentata di 150 miliardi di dollari durante la pandemia – con un guadagno del 600% - e la ricchezza del CEO di Amazon Jeff Bezos è cresciuta di 75 miliardi nello stesso lasso di tempo. «La grande fortuna di questi miliardari negli ultimi 17 mesi è tanto più spaventosa se confrontata con l'impatto devastante del coronavirus sui lavoratori», afferma il rapporto. «Oltre 86 milioni di americani hanno perso il lavoro, quasi 38 milioni si sono ammalati e oltre 625.000 sono morti a causa del virus». Questo rapporto è arrivato dopo un rapporto di ProPublica a giugno che descriveva in dettaglio come gli americani più ricchi, tra cui Bezos e Musk, sono riusciti a pagare poco o niente di tasse federali. Mentre la ricchezza dei miliardari statunitensi è cresciuta durante la pandemia, è aumentata anche la crisi del debito studentesco, che ora ammonta a 1,7 trilioni di dollari. Sebbene il presidente Joe Biden abbia cancellato 8,7 miliardi di dollari di debiti studenteschi per alcuni gruppi di persone, questa cifra rappresenta meno dell'1% dell'intero onere del debito studentesco, e i mutuatari in tutto il paese stanno lottando per mantenere i loro pagamenti mentre il loro debito continua a crescere. I pagamenti del debito studentesco, insieme agli interessi, sono stati sospesi per tutta la durata della pandemia e Biden ha recentemente annunciato una "proroga finale" della pausa fino alla fine di gennaio per dare ai mutuatari ulteriore tempo a preparare il riavvio dei pagamenti. Ma, come riportato in precedenza da Insider, sebbene la pausa abbia fornito un significativo sollievo ai mutuatari, non saranno ancora pronti a ricominciare a effettuare pagamenti a febbraio e riterranno che senza la cancellazione del debito studentesco, non c'è via d'uscita dal loro debito studentesco. «Ho rimborsato quasi tutti i miei prestiti, ma devo ancora l'intero importo», ha detto a Insider Alexendria Mavin, che si è laureata con 117.000 dollari in debiti studenteschi, ne ha pagati 70.000 e ne deve ancora 98.000. «È un ciclo senza fine». «I miliardari americani hanno fatto grandi cose durante questa pandemia», ha scritto la senatrice Elizabeth Warren su Twitter. «Le famiglie lavoratrici americane? Non così tanto. È tempo che una #WealthTax sugli ultra-ricchi aumenti le entrate necessarie per investire nell'assistenza all'infanzia, espandere la copertura sanitaria e combattere i cambiamenti climatici».

Alessandro Barbera per "La Stampa" l'1 luglio 2021. Quasi cinque miliardi di euro a favore dei più ricchi mentre un milione di italiani finiva in povertà. Il giudizio di Mario Draghi sul cashback di Stato voluto dal governo Conte è senza appello. Ieri il consiglio dei ministri ha approvato un decreto con diverse misure, la più importante delle quali è la sospensione fino al primo gennaio dei rimborsi per l'uso dei pagamenti elettronici. La promessa di reintrodurlo, accompagnata dall'impegno a rafforzare la lotta all'evasione, ha evitato uno scontro con il Movimento Cinque Stelle, ma le ragioni esposte dal premier durante la riunione danno l'impressione che qualunque cosa arriverà dopo sarà molto diverso. «Il cashback di Stato ha carattere regressivo». Draghi ha fra le mani le statistiche preparate dal ministero del Tesoro, secondo le quali il profilo del perfetto utilizzatore della carta ha tre caratteristiche: meno di 65 anni, un reddito medio alto e vive in una città del Nord. Il cashback nasce con due precisi obiettivi: colpire l'evasione e stimolare i consumi. Draghi è convinto che fin qui i costi hanno superato di gran lunga i benefici. «La misura rischia di accentuare la sperequazione fra i redditi, favorendo i più ricchi con una propensione al consumo presumibilmente più bassa, determinando un effetto moltiplicativo sul Pil non sufficientemente significativo a fronte del costo della misura». Non solo: «Non esiste alcuna obiettiva evidenza della maggiore propensione all'utilizzo dei pagamenti elettronici». Infatti, «quasi il 73 per cento delle famiglie già spende tramite le carte più del plafond previsto dal provvedimento». I nuclei del quinto più povero «dovrebbero aumentare la loro spesa con carte di quasi il 40 per cento, mentre quelle più abbienti solo dell'uno». A sostegno della sua tesi Draghi offre altri numeri: le transazioni che hanno raggiunto l'obiettivo previsto per l'erogazione del rimborso (cinquanta nel semestre) rappresentano solo la metà del totale, mentre il 40 per cento dei beneficiari ha comunque effettuato un numero di transazioni tali da far ritenere che si tratti di persone che già usano le carte di credito. E dunque, poiché la misura è costata 4,75 miliardi, «va valutata non solo in relazione ai benefici, ma anche al costo e all'attuale quadro economico e sociale che nel 2020 ha visto entrare in povertà assoluta 335mila nuclei familiari e un milione di persone». Detta più esplicitamente, un enorme spreco di denaro senza «effetti significativi» sul gettito fiscale. Al contrario «è probabile che le transazioni elettroniche crescano per effetto del cashback soprattutto in settori già a bassa evasione come la grande distribuzione organizzata». Difficile non leggere in filigrana un giudizio sullo sponsor numero uno della misura, ovvero l'ex premier Giuseppe Conte. In Consiglio dei ministri, nel quale più d'uno viene dal governo precedente, non c'è stata grande discussione. Stefano Patuanelli, ministro dell'Agricoltura e fedelissimo dell'ex premier, si è per ora accontentato della promessa di reintrodurre la misura dopo un monitoraggio dell'evoluzione dei pagamenti elettronici. Non ha trovato alleati: sia il leader leghista Matteo Salvini che la capogruppo al Senato di Forza Italia Annamaria Bernini hanno applaudito allo stop. In compenso Salvini ha dovuto digerire l'ennesimo stop alla riapertura delle discoteche. Il consiglio ha anche approvato il disegno di legge delega per rendere certi i tempi degli appalti proposto dal ministro Enrico Giovannini. La delega punta a rendere più stretto il legame fra normativa nazionale e direttive europee, a semplificare le procedure negli investimenti in tecnologie verdi e digitali, i protagonisti del Recovery Plan europeo.

Tavolini ovunque e licenze facili: per rilanciare la ristorazione è partito il far west. Per aiutare bar e ristoranti si è permesso agli esercenti di stravolgere le città. Ma nessuno mette mano ai veri mali del settore come paghe basse e in nero. Antonio Fraschilla e Gianfrancesco Turano su L'Espresso/La Repubblica il 30 giugno 2021. Fra bar, ristoranti, strutture di accoglienza, ci sono più sfumature di nero e di grigio di quanto ne contenga una fortunata serie di libri erotici. Ma le sfumature non si adattano al discorso politico e sui pubblici esercizi in età di pandemia le opinioni sembrano piuttosto adatte a una guerra di religione. Secondo gli schieramenti, l’esercito dei pubblici esercenti è un’armata barbarica di evasori fiscali, sfruttatori del lavoro, parassiti da ristoro, accaparratori di spazi urbani, complici di movide criminali, opportunisti dediti a socializzare le perdite e privatizzare i profitti oppure una colonna sbandata di oppressi, investiti in prima linea dal fuoco della pandemia, assediati dagli avvoltoi delle organizzazioni criminali, vittime dell’esosità dei locatori nonostante il loro apporto al pil, dalla piccola trattoria al grande museo, dalla pensione di Romagna all’albergo cinque stelle lusso su Riva degli Schiavoni a Venezia valga il 13 per cento del prodotto interno lordo. I due governi del Covid-19 non hanno lesinato aiuti. Benché in ritardo, nel 2020 sono stati erogati 9 miliardi di euro e per l’anno in corso se ne aggiungeranno altri 15. Ciò non toglie che i dati restino terrificanti. Secondo Confesercenti, tra il 2020 ed il 2021, il commercio al dettaglio, i pubblici esercizi e le attività ricettive hanno registrato complessivamente un saldo negativo tra nuove iscrizioni e cessazioni di 52.310 unità. Nel 2020 280 mila lavoratori indipendenti sono in povertà assoluta, 95mila in più rispetto al 2019, quando erano 185mila. Dal marzo dello scorso anno, la spesa delle famiglie è diminuita complessivamente del 9 per cento, con punte del -11 per cento nel non alimentare. Nello stesso periodo, l’e-commerce ha messo a segno una crescita del 40 per cento delle vendite. Nelle fasi di chiusura più restrittive le vendite online hanno goduto di una posizione di monopolio di fatto, visto che negozi erano chiusi per limitare i contagi. Bisogna aggiungere al contesto il fenomeno iniziato appena prima del periodo pandemico e amplificato dai lockdown, cioè l’asporto organizzato attraverso le piattaforme digitali che è cresciuto del 20 per cento superando i 700milioni di euro di valore di mercato. In tempi di turismo normale i 334 mila bar e ristoranti sono tanti (1 su 181 residenti, il tasso più alto in Europa). In tempi di Covid è un’offerta che non ha senso. Questo elenco di disastri ha giustificato la precedenza assoluta al malato in codice rosso, a costo di creare distorsioni che si vorrebbero momentanee, se non fosse che in Italia nulla è più irreversibile del provvisorio. Nei quartieri più animati, come Trastevere a Roma o il Sempione a Milano, i residenti che prima non dormivano ora nemmeno parcheggiano perché i tavolini sono dovunque e, a volte, sono stati sgomberati a forza perché circondavano i pali del trasporto pubblico dell’Atac o dell’Atm. Le forze dell’ordine sono sovrastate dalle risse e i comuni si regolano in base a un’autonomia federalista che ha già creato disastri nelle fasi acute del contagio. Puntuale come un tormentone estivo, è tornato il tema dei fannulloni. «Sono bastate le dichiarazioni provocatorie di quattro o cinque imprenditori», dice Fabrizio Russo, uno dei cinque segretari nazionali della Filcams-Cgil, «per fare esplodere l’esasperazione dei lavoratori. Le rilevazioni Inps hanno sottolineato che non esiste correlazione fra reddito di cittadinanza e mancanza di personale. In realtà, il tema è ciclico e precedente alla pandemia. Noi abbiamo un panorama molto vario di lavoratori stagionali, somministrati, a chiamata, esternalizzati, a tempo determinato, magari con lettera di assunzione da venti ore a settimana che diventano ottanta, quando la lettera di assunzione c’è. Quando si parla di riforme chieste dal Pnrr, si parla sì di cambiare la burocrazia ma anche di lotta al lavoro sommerso. Ma negli anni non abbiamo avuto grandi riscontri da politica e istituzioni. Abbiamo discusso di turismo con il Mise, con il Lavoro, con l’ex Mibact, con l’Agricoltura, ma a oggi non abbiamo avuto convocazioni dal nuovo ministero». Il nuovo ministero, con portafoglio, è appunto quello del Turismo ripristinato dal governissimo di Mario Draghi dopo oltre un quarto di secolo e affidato al leghista Massimo Garavaglia, esponente di un partito vicino all’ala più becera del settore, quella che condanna la guerra al contante, fa l’occhiolino al nero e denuncia il reddito di cittadinanza come unico responsabile della penuria di camerieri e baristi. «Il dialogo con il ministro è buono ma è a una fase iniziale», dice Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti e imprenditrice in proprio. «Insieme dobbiamo approfittare del Pnrr per dare al settore una visione di insieme condivisa da tutti. A differenza dei grandi centri commerciali, le imprese di prossimità sono in linea con l’economia verde, non consumano territorio ed evitano la desertificazione urbanistica delle aree periferiche. Poi è chiaro che la moda di aprire un ristorante deriva dalla tendenza ad andare dove ci sono, o dove si crede che ci siano, le vacche grasse. Cucinare bene non significa fare impresa. Eppure molti hanno investito le liquidazioni senza il sostegno di una formazione adeguata. Con la pandemia si è aggiunto il tema del caro affitti, che ha costretto molti alla chiusura. Una volta c’era la cedolare secca anche per il nostro settore e bisogna reintrodurla insieme al credito di imposta. Diversamente gli spazi sfitti saranno occupati da chi ha soldi da riciclare. Sulle infiltrazioni e sui tavolini selvaggi siamo noi i primi a chiedere più controlli». 

CONTROLLI ZERO

Di fronte ai controlli, invocati da tutti ma di fatto irrealizzabili e spesso sconsigliati per non intralciare la ripresa, c’è l’ostacolo aggiuntivo delle autonomie locali. Ogni comune ha le sue regole per aiutare i titolari di ristoranti e bar ad aumentare la capienza all’aperto. L’Anci ha emanato delle linee guida generali. Ma poi ogni sindaco ha deciso per conto suo. A Roma è stato consentito di incrementare l’area all’aperto per sedie e tavolini fino al 70 per cento in più rispetto all’autorizzazione vigente fuori dal centro storico e al 50 per cento nei siti Unesco. A Bari l’aumento è stato consentito a tutti fino al 50 per cento. A Firenze gli ampliamenti sono stati resi possibili fino al 25 per cento della superficie già autorizzata negli spazi pedonali e nelle aree del centro storico e fino al 50 per cento nel resto della città.

A Bologna il Comune ha consentito di poter realizzare dehors un po’ ovunque, anche nei giardini pubblici e nelle aree verdi, dove prima era vietato: i locali che già avevano dehors hanno potuto raddoppiare la superficie fino a un massimo di 30 metri quadrati. A Milano è stato approvato un nuovo regolamento, in vigore fino al 2022, con un iter semplificato sulle occupazioni di suolo pubblico per mettere tavoli, sedie, ombrelloni, tende e fioriere su aree a verde, marciapiedi, carreggiate e isole pedonali. Secondo la Fiepet Confesercenti nel 2021 le imprese della somministrazione hanno allestito «per il consumo nuovi spazi esterni per un totale complessivo di quasi 750mila metri quadri, in grado di ospitare 180mila tavoli». «Un risultato ottenuto grazie alla sollecita collaborazione dei Comuni, che in tutta Italia hanno semplificato, accelerato e ridotto o cancellato le tariffe di occupazione del suolo pubblico», dicono dall’associazione di categoria. Il numero maggiore di nuovi dehors, gazebi e spazi esterni è stato autorizzato soprattutto nelle grandi città, in particolare a Roma (quasi 65mila metri quadri in più), a Milano (40mila mq) e Napoli (38mila mq). Per tutti i Comuni il vero tema è quello dei controlli, pochi e sporadici. Così spesso gli spazi occupati sono stati più che raddoppiati in molti casi e senza farsi troppi problemi. 

CERCASI CAMERIERE DISPERATAMENTE

Albergatori e ristoratori lamentano con forza la mancanza di personale qualificato da assumere per i mesi estivi. «Un tema molto delicato», dice Nico Torrisi, presidente di Federalberghi Sicilia e titolare dell’hotel Baia Verde tra Catania e Aci Trezza. «Anche offrendo buone paghe abbiamo ricevuto risposte negative. Colpa del rdc, che garantisce 700 euro in media e che quindi non rende vantaggioso lavorare per 400 euro in più. Questa è la verità, al di là di imprenditori che offrono paghe da fame. Anche offrendo più di mille euro al mese per la stagione estiva molti rifiutano. Inoltre abbiamo un secondo problema: quello del personale qualificato. Non tutti possono improvvisarsi camerieri, responsabili di sala, addetti all’accoglienza o bagnini». C’è però un altro motivo che porta molti percettori di reddito a rifiutare proposte di lavoro stagionale ed è quello della rigidità della misura e dell’assenza di Centri per l’impiego (Cpi) davvero funzionanti. «Molti temono di uscire dal rdc perché non hanno fiducia nella burocrazia italiana, tra Inps e ministero del Lavoro che cambiano spesso le regole in corsa e sono lenti nello smaltire le pratiche», dice Salvo Barone, titolare del Caf Asia nel centro storico di Palermo che da solo ha “lavorato” 1.500 domande di reddito di cittadinanza. Una tesi confermata da Emanuele Scalici, 33 anni, palermitano, sposato e senza figli, che oggi riceve 800 euro al mese come rdc. «Non è vero che non vogliamo lavorare, io nella mia vita ho fatto di tutto, dall’operaio edile all’addetto alle pulizie in albergo», dice Scalici, «ma come faccio ad accettare un lavoro di tre mesi sapendo che poi rischio di restare fuori dalla misura per chissà quanto tempo? L’Inps non è veloce nel fare i calcoli e chissà quanti mesi ci vorrebbero poi prima di essere riammesso al reddito e all’assegno da 800 euro al mese. Ma c’è di più: non ci sono regole chiare su come verrà calcolato l’eventuale stipendio stagionale per poter fare poi la domanda di rdc per il prossimo anno. Temo di essere messo fuori dalla misura perché magari poi per l’Inps quei tre mesi di lavoro mi fanno superare la soglia minima per accedere agli aiuti. Insomma, il problema è burocratico». La burocrazia, come il maggiordomo dei gialli inglesi, incassa l’ennesima condanna. Da un pezzo si è deciso che i piani di commercio comunali, che vietavano troppi esercizi dello stesso tipo nella stessa strada, erano limiti burocratici intollerabili alla libertà d’impresa. Il risultato si osserva a Milano, via Pacini, in zona Politecnico: tre pizzerie al taglio in fila, due nuove. Con gli studenti in Dad quanto reggeranno? E se una chiude, sarà davvero colpa della burocrazia e dei giovani scansafatiche o di un paese che ha puntato più sulle enoteche che sulla ricerca?

Andrea Bassi per "il Messaggero" il 25 giugno 2021. C'è chi si è spaventato ed è corso in banca a ritirare i soldi. E c'è chi invece ha immediatamente fiutato che nell'emergenza si potevano fare grandi business. Soprattutto nella prima fase, quella del lockdown. Quando le mascherine e i gel disinfettanti erano scomparsi dal mercato c'è chi ne ha approfittato per importare e vendere materiali contraffatti, per fare milioni con triangolazioni e intermediazioni con l'estero, per speculare vendendo ai cittadini spaventati e al sistema sanitario i dispositivi di protezione a prezzi esorbitanti. Ma c'è anche chi, nella seconda fase, quella degli aiuti economici da parte dello Stato alle imprese, ha provato ad arricchirsi accaparrandosi fondi non dovuti. Quello descritto nella relazione dell'Uif, l'unità di informazioni finanziaria presso la Banca d'Italia che riceve le segnalazioni di operazioni sospette da banche, notai, commercialisti, Poste e guidato da Claudio Clemente, è facilmente battezzabile come il «business della pandemia». Un business sul quale, come è emerso dalle indagini e dalle segnalazioni, si sono buttati anche i politici (persone politicamente esposte e altri soggetti che hanno rapporti con la politica). Le segnalazioni che hanno riguardato contesti di rischio legati alla pandemia nel 2020 sono state 2.277 per un valore complessivo di «operatività sospetta» di 8,3 miliardi. Di queste, l'80 per cento, si legge nella relazione, ha riguardato, nella prima fase, principalmente la compravendita di materiale sanitario e di dispositivi di protezione individuale a cui si sono aggiunti, in una seconda fase, l'erogazione e l'utilizzo incongruo di finanziamenti garantiti o contributi a fondo perduto. Circa il 64% di tali segnalazioni ha ricevuto, si legge ancora nel documento, un feedback positivo da parte degli organi investigativi. Il restante 20 per cento delle segnalazioni classificate nell'area di rischio Covid-19 ha riguardato invece fenomeni di prelievi di contante, per lo più indotti, spiega la relazione, apparentemente dal timore di carenza di liquidità connessa all'avvio della fase di lockdown e al generale clima di insicurezza dei primi mesi della pandemia. Insomma, una parte dei cittadini, spaventati dalla pandemia e dal lockdown, è corsa in banca a ritirare i soldi. Da un punto di vista del rischio riciclaggio, si tratta tuttavia di un comportamento con minore rischiosità. Circostanza confermata, spiega la relazione, dal fatto che solo il 9,2 per cento di queste segnalazioni ha avuto un esito di interesse in sede investigativa. Delle 2.277 segnalazioni, ce ne sono 281 per un valore di oltre 5 miliardi, che riguardano tentativi di frode sui finanziamenti pubblici del governo per aiutare le imprese nella fase della pandemia. Ma si tratta, spiega l'Uif, di operazioni «prospettate» ma poi non eseguite. Segno che i meccanismi di prevenzione hanno in qualche modo funzionato. Ma finito l'assalto al business dell'emergenza legato alla pandemia, la criminalità economica già si prepara al prossimo appuntamento: quello con i 248 miliardi di spesa pubblica legata al Recovery plan. «Le attività criminali innescate dalla pandemia», ha spiegato Clemente durante la sua relazione, «non si esauriranno con il riassorbimento dell'emergenza sanitaria ma, se non adeguatamente fronteggiate, continueranno a gravare sul nostro futuro, trovando ulteriori importanti opportunità anche nei nuovi interventi pubblici». Intanto i rischi di riciclaggio arrivano anche da altri fronti: i bancomat privati, non di una banca, che sono installati da società finanziarie nelle strade dei centri storici o in esercizi commerciali particolarmente esposti. Da lì arrivano flussi di contanti sospetti o di conversione di criptovalute. Proprio sulle operazioni online di criptovalute peraltro la Uif ha rafforzato i controlli che subiranno una ulteriore stretta con il decreto ministeriale in arrivo. Sui contanti in generale, Clemente sottolinea come in Italia ci sia un uso ancora molto forte e spesso riconducibile ad attività di riciclaggio. Le segnalazioni totale all'Uif nel 2020 hanno raggiunto i 215 miliardi di euro.

Graziella Melina per "il Messaggero" il 9 giugno 2021. Mentre la campagna vaccinale procede spedita e gli hub sono presi d' assalto persino dai giovani, dietro le quinte non è infrequente assistere a qualche mugugno. Perché, seppure le inoculazioni siano le stesse, in realtà i vaccinatori sono pagati in modo differente. E non tutti ovviamente ne sono contenti. Per il momento la profilassi si svolge negli hub, ma presto potrebbe passare alle strutture del territorio. Proprio ieri il segretario nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale, Silvestro Scotti, ha provato ad alzare la voce: «Basta open day - ha detto - bisogna vaccinare negli studi dei medici di famiglia per puntare sulla qualità della vaccinazione, somministrata da un medico che conosce bene il paziente che ha di fronte». In realtà, i medici vaccinatori che ora somministrano le dosi preferirebbero forse continuare con le inoculazioni negli hub. Per molti di loro, in effetti, il servizio è ben pagato. «Nel caso di medici dipendenti che somministrano il vaccino extra orario di lavoro - spiega Carlo Palermo, segretario nazionale dell' Anaao Assomed, l' associazione dei medici dirigenti ospedalieri - si tratta di produttività aggiuntiva, e quindi ogni ora viene pagata 80 euro lordi. Si chiama libera professione a favore dell'azienda, ed è regolata da leggi emanate durante l'emergenza. Sono stati stabiliti infatti finanziamenti ad hoc». La questione è diversa per gli specializzandi, che invece «vengono pagati 40 euro l'ora». Ma per tutti c' è un limite. «Non possono superare mediamente le 10 ore settimanali». Quindi, un medico può arrivare a guadagnare 3200 al mese, oltre allo stipendio; uno specializzando 1600, oltre alla borsa di studio. Per i medici di famiglia, i conti cambiano. «Se somministriamo il vaccino negli hub - sottolinea Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani - ci vengono riconosciuti 6,16 euro a iniezione. Se invece lo facciamo nei nostri studi, abbiamo un surplus di 2,50 solo per la prima dose, per l' acquisto di dispositivi di protezione. Ricordiamo che gli Usca prendono 40 euro all' ora, altri medici che hanno risposto al bando di Arcuri 60. Mentre i peggio pagati siamo noi. Persino i farmacisti, nel Lazio prendono 12 euro a vaccino». I TEMPI Nel caso in cui la vaccinazione venisse fatta negli studi, molti medici lamentano però di non riuscire a conciliare la profilassi con le attività ordinarie. A meno che non si disponga di un periodo più lungo per completare le inoculazioni, come per la campagna antinfluenzale. E visto che ogni medico di famiglia può avere al massimo 1500 pazienti, i più organizzati alla fine potrebbero superare gli ottomila euro. Tra gli aspiranti vaccinatori, da diverso tempo anche i pediatri lamentano di essere stati tagliati fuori dalla campagna vaccinale. «Il protocollo di intesa che abbiamo sottoscritto quasi tre mesi fa - rimarca Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri - rimanda ad accordi regionali. Prevedeva la vaccinazione dei caregiver, ossia dei genitori di pazienti fragili, che poi è stata fatta senza il nostro intervento. La prenotazione, infatti, è stata effettuata presso gli hub più o meno in tutte le regioni. Ora stiamo cercando di utilizzare quel protocollo per la vaccinazione dei bambini». Ma spetta alle Regioni stabilire un compenso. «Le tariffe vengono decise in base ad accordi regionali. Per la vaccinazione degli adulti si era stabilito un compenso di 6,16 lordi a somministrazione. Per i bambini mi auguro venga riconosciuto qualcosa di più». Se, come sperano, si arriverà a 15 euro a inoculazione, considerato che ogni pediatra nella fascia di età tra 12-16 anni ha in carico circa 200 bambini, a conti fatti si potrebbe arrivare a 3mila euro complessivi. Fuori dagli hub, pronti a vaccinare si sono pure i farmacisti. «Abbiamo firmato un accordo quadro nazionale che prevede 6 euro netti a inoculo - precisa Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma - Poi, sono stati stipulati a livello regionale accordi integrativi con gli assessorati alla salute e, nella maggior parte dei casi, vanno a compensare spese che le farmacie devono sostenere per vaccinare. La disponibilità da parte nostra è massima, il problema è che devono arrivare i vaccini». Nel Lazio per la prima settimana sono stati distribuiti 25 dosi a farmacia (quindi 150 euro il compenso finale). «Speriamo di arrivare almeno a 100 a settimana, la potenzialità delle farmacie è sicuramente più elevata». E in un mese si potrebbe così arrivare a un compenso di 2400 euro. LA TERZA DOSE Intanto, c' è chi si sta attrezzando già per la terza dose. Nelle Marche si prevede di iniziare nell' ultima settimana di settembre, ricominciando dal personale sanitario.

Milena Gabanelli e Rita Querzè per il "Corriere della Sera" il 7 giugno 2021. Fabbriche di elettrodomestici, mobili, alimentari, automobili, a singhiozzo si stanno fermando tutte. Proprio ora che riparte la domanda. La questione è che pressoché tutte le materie prime sono diventate introvabili e costosissime. Gli inglesi la chiamano «everything bubble»: la bolla sui prezzi di qualunque cosa. Per un Paese trasformatore come l’Italia, che deve importare quasi tutto, sta diventando un problema serio. Quanto sta accadendo è il risultato di tre fattori che si sommano: reali, finanziari e logistici.

Le cause. Partiamo da quelli «reali». Nei primi mesi della pandemia i valori dei prezzi delle materie prime sono crollati del 20-30%. La Cina, che ha un’economia pianificata, ne ha subito approfittato per fare scorte, avvantaggiata anche dal fatto di essere ripartita con quattro mesi di anticipo. Ma subito dopo i prezzi hanno ricominciato a salire, e ora sono alle stelle, perché tutti i Paesi sono ripartiti di scatto, con i magazzini di ogni continente vuoti per colpa dell’organizzazione «just in time» (le imprese si sono abituate, per essere più efficienti, a non accumulare scorte) e, quindi, adesso vanno riempiti da zero. Poi ci sono cause che hanno a che fare con i mercati finanziari. Le materie prime sono diventate un investimento interessante perché sono prezzate in dollari, moneta debole in questo momento, quindi sono convenienti per chi le acquista in euro o altre valute. Inoltre: investire in titoli di Stato dà rendimenti bassissimi, quindi tanto vale mettere soldi in materie prime e sui titoli derivati a esse legati. A tutto questo bisogna aggiungere l’aumento a dismisura dei costi di trasporto. Il Dry Baltic Index, indice che sintetizza gli oneri di nolo marittimo per prodotti secchi e sfusi (minerali, cereali, eccetera), ha registrato nell’ultimo anno un +605%. Tra le cause anche l’introduzione del nuovo regolamento approvato dall’Organizzazione marittima internazionale che impone a tutte le navi di abbassare la quota di zolfo nell’olio combustibile: dal 3,5% (massa per massa) dal gennaio 2020 si passati allo 0,5%. Questo cambiamento ha comportato la «rottamazione» di parte delle navi e «revamping» di altre, anche per le navi portacontainer e portarinfuse che trasportano merci dalle Americhe, dall’Africa, dall’Asia e dall’Australia, e il costo si è scaricato sui prezzi.

Terre rare, litio, cobalto. Secondo il professor Achille Fornasini, docente di tecnica dei mercati finanziari a Brescia, «questa situazione si sgonfierà, perché i livelli produttivi sono ancora più bassi di quelli del 2019, quindi nel giro di alcuni mesi i prezzi scenderanno a livelli che rispecchiano la domanda reale». Ma questo ragionamento non si applica a tutte le «commodities». Ci sono infatti alcune materie prime necessarie in quantità mai utilizzate finora, perché sono indispensabili alle due rivoluzioni in corso nel sistema produttivo: la transizione green e quella digitale. Parliamo di rame, litio, silicio, cobalto, terre rare, nickel, stagno, zinco. In appena un anno lo stagno, usato per le microsaldature nel settore elettronico, ha registrato un incremento del 133%, e la domanda continuerà a crescere a fronte di un’offerta contratta. Il prezzo del rame è aumentato del 115%. Il rodio è una «terra rara» utilizzata per collegamenti elettrici e per la realizzazione di marmitte catalitiche: più 447%. Il neodimio serve soprattutto nella produzione di super-magneti per i sistemi di illuminazione e l’industria plastica. Richiestissimo: più 74%.

La Cina pigliatutto. Oggi i ricavi dalla produzione di carbone sono dieci volte superiori a quelli realizzati con la produzione dei minerali utilizzati nel processo di transizione. Ma, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, la situazione si capovolgerà entro il 2040. I più lungimiranti sono stati i cinesi. A casa loro sono grandi estrattori di rame, litio, terre rare. E quello che gli manca se lo vanno prendere nei Paesi produttori: il nichel nelle Filippine e in Indonesia, in Congo possiedono le principali miniere di cobalto. Minerali che poi trasformano direttamente nella madre patria. Secondo Benchmark Mineral Intelligence, società di analisi britannica, l’80% dei materiali grezzi necessari per la costruzione delle batterie agli ioni di litio proviene da aziende cinesi.

L’Europa sempre più in difficoltà. La Commissione europea fa presente che le materie prime critiche sono trenta, tra le quali proprio il litio. Per l’approvvigionamento di terre rare dipendiamo dalla Cina per il 98%, idem per il borato dalla Turchia, dal Sud Africa per il 71% del fabbisogno di platino. Secondo le stime della Commissione, per le batterie dei veicoli elettrici e lo stoccaggio dell’energia nel 2030 l’Ue avrà bisogno di un approvvigionamento di litio fino a 18 volte superiore a quello attuale, e 5 volte di cobalto. Quantità che triplicheranno nel 2050, mentre decuplicherà la domanda di terre rare utilizzate nei magneti permanenti (veicoli elettrici, tecnologie digitali, generatori eolici).

Come se ne esce. Con vent’anni di ritardo rispetto alla Cina, lo scorso ottobre l’Unione Europea ha costituito l’Alleanza per le materie prime. La strategia è quella di diventare più autonomi puntando su tre obiettivi. Il primo: favorire l’attività estrattiva dei metalli presenti sul territorio europeo utilizzando tecnologie avanzate. La domanda di litio, per esempio, può essere soddisfatta internamente per l’80% entro il 2025. Oggi i metalli strategici estratti in Europa, come il litio, vengono poi trasformati principalmente in Cina. Il processo di lavorazione andrà invece sviluppato rapidamente a casa nostra. Sono stati creati sei centri d’innovazione, di cui uno a Roma, con lo scopo di implementare il settore creando partnership tra imprese e tra imprese e università. In Italia abbiamo un po’ di cobalto in Sardegna e a Punta Corna, in Piemonte, dove si trova anche il nichel; mentre a Gorco, in provincia di Bergamo, c’è lo zinco. Certo, si tratta di attività invasive. Ma andrà deciso una volta per tutte se lasciarle nelle mani di Paesi che, oltre a renderci dipendenti economicamente ed esposti ai ricatti dei prezzi, hanno regole meno rigorose delle nostre e utilizzano tecnologie più inquinanti.

I danni del mancato riciclo. Secondo punto: potenziare l’attività di riciclo dei metalli pregiati. Abbiamo dimostrato di saperlo fare con carta e alluminio, ma non con i rifiuti elettronici, a partire dalle batterie dei cellulari. Per quel che riguarda il riciclo delle batterie, mandiamo il grosso in Cina, che ormai domina il mercato mondiale, e la paghiamo svolgere questo tipo di attività. Poi dalla Cina compriamo le batterie nuove e buonanotte. Un minerale strategico è il cobalto. Dai dati dello European Institute of Innovation Tecnology Rowmaterials: l’Ue paga per importarne 40.000 tonnellate ogni anno, la metà finiscono in prodotti che restano all’interno della Ue, dove il riciclo a fine vita però è minimo, quando invece una percentuale che può sfiorare il 50% è recuperabile. Inoltre andiamo a buttare migliaia di tonnellate di computer e telefonini usati nelle discariche di casa nostra e in Africa. Un comportamento irresponsabile che, da un lato, provoca un inquinamento gigantesco e, dall’altro, deturpa l’ambiente perché rende necessario estrarre nuovo cobalto. Per questo si dovrà puntare su filiere di raccolta, stoccaggio e riciclo, che oggi mancano completamente. Terzo punto: costruire una politica estera e industriale comune per ottenere le concessioni dei minerali che non abbiamo. Sicomines, un consorzio di società statali cinesi, nel 2008 ha firmato un accordo con il Congo per diritti di estrazione di rame e cobalto fino al 2033, per un valore stimato in 84 miliardi di dollari. In cambio si è impegnata a investire 6 miliardi di dollari nelle infrastrutture del Paese e circa 3 miliardi nel settore minerario. Da anni in quelle miniere è scandalosamente sfruttato il lavoro dei bambini, provocando l’indignazione di mezzo mondo. Offrire condizioni migliori non è solo una necessità. È un dovere.

Affari di Covid. Report Rai PUNTATA DEL 31/05/2021di Rosamaria Aquino. Durante l'emergenza Covid-19 ditte minuscole, che si occupano di tutt'altro, o nate pochi giorni prima della firma dei contratti, si sono aggiudicate appalti milionari. Hanno venduto gel igienizzante, tute protettive, guanti e mascherine. Come ci sono riusciti? Un viaggio tra facilitatori che avrebbero mediato appalti con le loro conoscenze politiche e imprese improvvisate che hanno venduto dpi alla pubblica amministrazione. 

AFFARI DI COVID di Rosamaria Aquino Collaborazione Norma Ferrara Immagini Dario D'India, Alfredo Farina, Davide Fonda, Cristiano Forti

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO La Protezione Civile dall’inizio, dai primi mesi dell’emergenza, ha speso circa 328 milioni di euro in dispositivi di protezione. Non tutti sono stati usati. Poi ci sono i 146 milioni di euro che sono frutto delle donazioni attraverso sms degli italiani, ma non sono i soli perché la fondazione Openpolis ha stimato che la Pubblica Amministrazione ha speso circa 12 miliardi di euro in appalti per le protezioni anti-Covid, cioè tra tute, gel, mascherine, guanti. Insomma, il piatto è ricco e ovviamente ci si sono ficcati dentro imprenditori improbabili, società che erano inattive fino al minuto prima di siglare un contratto, consorzi last minute che sono stati poi amministrati da ex casalinghe e che hanno potuto amministrare addirittura contratti da 80 milioni di euro. La nostra Rosamaria Aquino.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Il 12 novembre 2020 la struttura dell’ex commissario Arcuri affida un appalto da far tremare le vene ai polsi: 83 milioni 600mila euro, per 11 milioni di tute. Se lo aggiudica il consorzio GAP, che fa capo a Cristiana Ferraccioli. Non riuscendo però a trovare una sede operativa, le andiamo a far visita a Ladispoli, in provincia di Roma, dove troviamo il compagno della signora titolare della commessa.

GABRIELE FARGNOLI – VIGILE DEL FUOCO Venga venga, solo due carezze…

ROSAMARIA AQUINO Io purtroppo sono dovuta venire sino a casa vostra…

GABRIELE FARGNOLI – VIGILE DEL FUOCO Metto una mascherina.

ROSAMARIA AQUINO Prego prego.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Gabriele Fargnoli, vigile del fuoco, è stato anche consigliere comunale a Ladispoli nella scorsa consiliatura. Uomo di relazioni, al ministero dell’Interno è conosciuto anche per la sua attività politica e sindacale nella Cisl.

ROSAMARIA AQUINO Non ci spiegavamo come una società così piccola riuscisse ad avere una commessa così grande.

GABRIELE FARGNOLI – VIGILE DEL FUOCO Abbiamo risposto a una chiamata di Invitalia. Invitalia aveva esigenza di creare una filiera nazionale che facesse ‘ste tute.

ROSAMARIA AQUINO Dove le state facendo queste tute?

GABRIELE FARGNOLI – VIGILE DEL FUOCO Però per qualunque delucidazione se lei mi lascia il telefono, io chiamo il portavoce, chiamo qualcuno, non so me invento qualcosa, in che questa cosa… è tutto trasparente… a me non mi pare vera ‘na cosa del genere, so un po’ nervoso anche io… perché… lei se immagina ‘sta roba qui.

ROSAMARIA AQUINO 83 milioni 600mila euro… infatti….

ROSAMARIA AQUINO Perché si sono rivolti a voi? Il criterio, volevo capire.

GABRIELE FARGNOLI – VIGILE DEL FUOCO In questo momento con fatica, non riesco a darvi delle risposte perché non sono io.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Ma la Provvidenza vuole che finalmente arrivi anche lei! Cristiana Ferraccioli, la manager del consorzio che si è aggiudicato 83 milioni.

ROSAMARIA AQUINO Buongiorno.

CRISTIANA FERRACCIOLI - CONSORZIO GAP Buongiorno.

GABRIELE FARGNOLI – VIGILE DEL FUOCO È Report!

ROSAMARIA AQUINO Le va di fare un’intervista con noi?

CRISTIANA FERRACCIOLI - CONSORZIO GAP No, adesso non posso.

ROSAMARIA AQUINO Stiamo facendo un’inchiesta sugli appalti che sono stati affidati durante il covid. Abbiamo visto che l’azienda a cui voi fate riferimento era una piccola azienda e non capivamo come avesse potuto avere un appalto da 83 milioni e 600mila euro. Il capo di questa azienda è una casalinga, è vero o no?

CRISTIANA FERRACCIOLI - CONSORZIO GAP Eh sì, eh… sì. Ero una casalinga… poi ho avuto la possibilità….

ROSAMARIA AQUINO Quello che vorremmo capire, soltanto, è come ha fatto una piccola società a prendere un appalto così grosso.

CRISTIANA FERRACCIOLI – CONSORZIO GAP Io adesso non ho veramente tempo.

ROSAMARIA AQUINO Ma se uno dice: 83 milioni 600mila euro, 11 milioni di tute a chi sono andate alla casalinga di Ladispoli?

GABRIELE FARGNOLI – VIGILE DEL FUOCO Abbiamo risposto a una chiamata di Invitalia, gli stiamo, gli stanno garantendo le tute.

ROSAMARIA AQUINO Loro che dicono di avere risposto a una chiamata di Invitalia.

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Era stata fatta una richiesta di offerta pubblica a tutte le aziende che volevano presentarsi. Se questo vuole chiamarsi una chiamata, ma non è una chiamata.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Dopo difficoltà iniziali nel rispettare le consegne, la fornitura viene rimodulata, il consorzio Gap si allarga, passa da dieci a 57 aziende, come questa tessile di Bologna che si è consorziata ad hoc e ora fa il taglio delle tute.

ROSAMARIA AQUINO La gara viene vinta il 12 novembre e vi siete costituiti in consorzio, invece voi siete entrati praticamente…

DAVIDE BREDA - TITOLARE TAGLIO SD SRLS Come consorziati, come consorziati.

ROSAMARIA AQUINO Un giorno prima della vittoria dell’appalto, perché l’appalto viene assegnato…

DAVIDE BREDA - TITOLARE TAGLIO SD SRLS Mi sembra di sì, mi sembra di sì….

ROSAMARIA AQUINO Quindi prima di quella data non eravate….

DAVIDE BREDA - TITOLARE TAGLIO SD SRLS Eh prima di quella data….

 ROSAMARIA AQUINO Un giorno prima.

DAVIDE BREDA - TITOLARE TAGLIO SD SRLS Un giorno prima …

 ROSAMARIA AQUINO Ho capito.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO La Gap è una società nata nel ’93, che si occupava di gestione immobiliare. Ad agosto 2020 fa entrare due società, una di servizi e una che gestisce supermercati e si trasforma in consorzio, ma solo l’11 novembre, il giorno prima di firmare il contratto con Arcuri entrano le aziende tessili riconvertite per gestire la commessa, e poi si aggiungono le altre.

ROSAMARIA AQUINO La signora Ferraccioli come la incontrate?

SISTILIO MONTORFANO - COORDINATORE ATTIVITA ’OPERATIVE GAP È il nostro presidente. No questo non glielo so dire.

ROSAMARIA AQUINO Sa che lavoro fa la signora?

SISTILIO MONTORFANO - COORDINATORE ATTIVITA ’OPERATIVE GAP No. Mi presentano uno che mi dicono “è l’amministratore delegato”….

ROSAMARIA AQUINO Chi è che firma?

SISTILIO MONTORFANO - COORDINATORE ATTIVITA ’OPERATIVE GAP No, firma la signora è chiaro, però firma dopo che io per esempio gli preparo i costi, tutti quanti, glieli spiego…

ROSAMARIA AQUINO Posso aiutarla io?

SISTILIO MONTORFANO - COORDINATORE ATTIVITA ’OPERATIVE GAP Prego.

ROSAMARIA AQUINO La signora è una casalinga.

SISTILIO MONTORFANO - COORDINATORE ATTIVITA ’OPERATIVE GAP Mmmmm… guardi… mi… onestamente io ho parlato con la signora, la vedo quasi tutti i giorni che è in azienda, e…

ROSAMARIA AQUINO Secondo lei un appalto da 83 milioni 600mila euro, cioè non le sembra un po’ ’strano?

SISTILIO MONTORFANO - COORDINATORE ATTIVITA ’OPERATIVE GAP Non saprei cosa risponderle onestamente. Però dopo voglio sapere anche io le risposte che le danno, perché son curioso.

ROSAMARIA AQUINO La sua presidente non ha voluto farsi intervistare, purtroppo.

SISTILIO MONTORFANO - COORDINATORE ATTIVITA ’OPERATIVE GAP Ah.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO È curioso il signor Sistilio, vuole sapere anche lui perché un’ex casalinga è l’amministratrice del consorzio per cui lavora, dice tenetemi poi informato. Insomma, proviamo, guardi la nostra trasmissione. E insomma, la signora Ferraccioli è amministratrice del consorzio Gap ma la socia unica fino a poco prima che la società Gap diventasse, si trasformasse in un consorzio, era la signora Laura Tamburrelli. Perché ci interessa la signora Tamburrelli? Perché è la consorte di Samuele Piccolo, l’enfant prodige della politica del centro destra romana, coinvolto in vicende giudiziarie. Ora, Laura Tamburrelli lascia la società che poi si trasformerà in un consorzio mesi prima che acquisisca le commesse milionarie, al suo posto però subentrano la mamma di Samuele Piccolo, la signora Elena Ceravolo, e lo stesso Samuele Piccolo viene assunto come dipendente dal consorzio. Insomma, è una famiglia interessante quella dei Piccolo, esperta in consorzi. Quando nel 2008 Samuele Piccolo fu nominato vicepresidente del consiglio comunale, sindaco Alemanno, in molti si chiesero come mai quel giovane, definito “Mister preferenze”, ebbe un’affermazione così prepotente, ecco, chi ci fosse dietro Samuele Piccolo. Quattro anni dopo Piccolo fu arrestato con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti e i finanziamenti sarebbero arrivati attraverso una rete di consorzi che facevano riferimento proprio alla famiglia Piccolo. Il regista secondo gli inquirenti era proprio il fratello di Samuele Piccolo, Massimiliano, ma la faccia la mettevano alcuni testa di legno, dei nonni reclutati nei centri anziani. E come si finanziavano i Piccolo secondo il magistrato? Si finanziavano perché vantavano dei falsi crediti d’Iva, che lo stato rimborsava in maniera non dovuta e così loro finanziavano l’attività politica. Alla fine, gli investigatori hanno stimato un danno per l’erario di decine e decine di milioni di euro, è stata coinvolta nell’inchiesta giudiziaria tutta la famiglia Piccolo, compresa mamma Elena Ceravolo. Ora, durante le attività della magistratura, durante l’inchiesta, è emerso anche un rapporto particolare tra l’autista personale di Samuele Piccolo e il clan dei Casamonica, un potente clan mafioso, che ha le radici proprio nel feudo elettorale di Samuele Piccolo. Vediamo come funzionava il meccanismo dei consorzi.

ROSAMARIA AQUINO Come era strutturata questa organizzazione?

FABRIZIO GALLO - AVVOCATO Il primo livello era formato da società cooperative, con amministratori reperiti nei centri anziani dove anche il Samuele Piccolo faceva la festa dei nonni… Poi c’era un secondo livello che era composto dai consorzi filtro e poi c’era un terzo livello che erano i consorzi capofila: cioè acquisivano i lavori dai clienti finali e li smistavano al consorzio filtro.

 ROSAMARIA AQUINO Lei ha difeso due signore, che sono due prestanome.

FABRIZIO GALLO - AVVOCATO Due prestanome inconsapevoli. TESTIMONE ANONIMA Mia suocera mi chiama e mi dice che una sua amica che praticamente è la responsabile del centro anziani le aveva chiesto se potevamo io e lei fare da amministratrici uniche della società del genero perché lui col fatto che aveva fallito, se lo potevamo fare noi.

ROSAMARIA AQUINO E quando lei la portano dal notaio chiede…

TESTIMONE ANONIMA No, veramente no perché comunque dopo alla fine mi ero fidata.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO La donna comincia realizzare di essere finita in una truffa quando la banca le nega un prestito personale e la guardia di finanza si presenta a casa sua.

TESTIMONE ANONIMA M’hanno perquisito tuta casa, m’hanno aperto tutti gli armadi. M’hanno portato in tutte le banche del centro e a ogni direttore: la conosce la signora? Mai vista. A tutti i dipendenti: la conosce la signora? Mai vista.

ROSAMARIA AQUINO Quindi venivano fatte operazioni bancarie a suo nome e nessuno la conosceva?

TESTIMONE ANONIMA No. Noi eravamo una famiglia semplice, una famiglia di lavoratori, di gente normale, però eravamo felici.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Su 36 indagati le prestanome difese dall'avvocato sono le uniche che fino a ora hanno pagato per questa truffa: hanno patteggiato per uscire dal procedimento. Mentre le signore saldavano il loro conto con la giustizia, il resto dell'inchiesta andava in prescrizione.

FABRIZIO GALLO - AVVOCATO Sono personaggi pubblici e politici: purtroppo non avranno alcun tipo di pena. Lui che aveva fatto la festa dei nonni… credo che Samuele Piccolo abbia fatto una bella festa ai nonni.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Secondo i pm la famiglia Piccolo aveva procurato un danno erariale di circa 60 milioni di euro allo Stato proprio grazie al meccanismo dei consorzi. Quei soldi sono stati restituiti? Non lo sappiamo. Sappiamo invece che lo Stato ha affidato 80 milioni di euro a un consorzio che ha origine da una società si sua moglie, e dove poi ci si sono infilati madre e figlio. Mamma Piccolo firma i verbali, Samuele sostiene di esserne un semplice dipendente, anche se non abbiamo capito cosa fa.

ROSAMARIA AQUINO Abbiamo dato soldi pubblici ad un’azienda che ha una storia del genere?

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Ma i soggetti sono diversi, non può… se un soggetto non risulta, diciamo, oggetto di indagini piuttosto che addirittura di condanne…

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Samuele Piccolo, dopo gli arresti, aveva trasferito i diritti di proprietà degli immobili di famiglia a Londra, dove ha aperto la Trade in commodities e la Fivos. Ad aiutarlo nell’operazione una vecchia conoscenza delle procure: Fabio Castaldi, il professionista a cui si sono rivolti, come emerge dalle carte di Mafia Capitale, uomini vicini a Carminati, per aprire alcune attività a Londra. A lui si sono rivolti riciclatori e imprenditori in rapporti con la 'ndrangheta. Il commercialista Castaldi, però, dalla City si sarebbe trasferito ai Castelli romani. Dopo tutte quelle indagini avrebbe smesso di aprire società estere, per dedicarsi a un’attività più e aderente al momento storico…

ROSAMARIA AQUINO Ma adesso di cosa si occupa di risarcimento per danni per il covid?

FABIO CASTALDI Risarcimenti sì.

ROSAMARIA AQUINO In che senso? Nel senso che la gente si rivolge a lei per avere risarcimenti per i cari defunti? FABIO CASTALDI Sì, sì. Assolutamente.

ROSAMARIA AQUINO A cosa serviva aprire queste società a Londra che poi erano praticamente le sorelle esterovestite di quelle italiane?

FABIO CASTALDI Ma normalmente si apre una società per lavorare.

ROSAMARIA AQUINO Eh però in questo caso l’accusa sarebbe quella di aprire queste società per fare transitare dei capitali che poi il fisco italiano non avrebbe potuto aggredire, no? Con Piccolo è successo così? Con Piccolo è successo questo?

FABIO CASTALDI Io non so nemmeno se Piccolo ha mai avuto un conto corrente a Londra, mi perdoni.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e a volte ritornano. La nostra Rosamaria avrebbe voluto parlare con Samuele Piccolo, però ha rifiutato ogni tipo di colloquio. Gli avrebbe voluto chiedere se la sua famiglia e lui hanno un ruolo in questo consorzio, visto prima la presenza della moglie, che è la base della società dalla quale poi si è costituito il consorzio, e la presenza della madre e di lui stesso come dipendente. Avremmo voluto anche chiedergli se ha restituito quelle decine e decine di milioni di euro di danno all’erario che gli investigatori contestavano a lui e alla sua famiglia per via di quei consorzi che avevano messo in piedi. Sappiamo per certo che invece la sua vicenda giudiziaria è finita prescritta, prescritta anche la posizione della mamma, Elena Ceravolo, mentre invece hanno pagato solo i nonnetti, quelli che erano le teste di legno di quei consorzi e che avevano reclutato alle feste dei circoli per anziani. Ora, ci ha scritto invece l’amministratrice del consorzio Gap, l’ex casalinga, la signora Ferraccioli, che ci diffida dal raccontare questa storia, cioè di accostare il consorzio alla storia dei Piccolo, non li abbiamo certo accostati noi, stanno dentro. Noi riteniamo che questa sia invece una storia di interesse pubblico e la raccontiamo, per via che non sappiamo se i Piccolo hanno restituito quel denaro pubblico che è stato loro contestato. Poi, sempre la Ferraccioli, ci diffida anche dal sottolineare che lei è una ex casalinga e ci chiede se addirittura abbiamo qualche forma di discriminazione nei confronti delle casalinghe, tutt’altro, ci mancherebbe altro, anzi, noi auguriamo a tutte le casalinghe di diventare prima o poi manager di un consorzio con in pancia una commessa da 83 milioni di euro. Sempre la Ferraccioli… ecco, insomma, ci siamo solamente meravigliati, del resto se si è meravigliato suo marito che fa il vigile del fuoco consenta anche a noi di meravigliarci un poco, e la Ferraccioli dice che il consorzio Gap si è messo a disposizione dello Stato, che ha mantenuto i livelli occupazioni e grazie solo all’intervento del nuovo commissario Figliuolo è stata pagata la prima tranche. Ora, chissà se la struttura del commissario Figliuolo però conosce la genesi di questo consorzio, che abbiamo potuto ricostruire grazie al fatto che l’ex struttura commissariale di Arcuri ha reso pubbliche le evidenze, le forniture, perché, insomma, questo l’ha fatto dopo pressioni di Openpolis e anche di Report stesso, mentre invece la struttura commissariale del generale Figliuolo a oggi non ha pubblicato nulla in merito alle nuove commesse e alle nuove forniture. Ci ha scritto che presto lo farà. Vedremo, adesso poi passiamo invece dai camici ai guanti.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Roma, metà luglio: l’Italia sta cercando di dotarsi di una sua autonomia dalle importazioni cinesi di dispositivi di protezione e tra poco, inoltre, inizierà la scuola…

UOMO Tu che sei grande amico di Arcuri, lanciati nel business delle scrivanie, hai sentito questa storia delle scrivanie?

VITTORIO FARINA - IMPRENDITORE Sì, ma come faccio? Troppo. Trenta milioni di mascherine al giorno, per le scuole, tra studenti, corpo insegnante, autisti di scorta.

UOMO Non riesce ad inserirti in questo business qua, con Arcuri?

VITTORIO FARINA - IMPRENDITORE Quello delle mascherine, quello che non fornisce Luxottica e Fiat, se non ce la fanno, subentriamo noi.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Vittorio Farina ambisce a entrare nel maxiappalto per le mascherine. E il tramite con Arcuri sarebbe Roberto De Santis, amico fraterno di Massimo D’Alema. Per la sua abilità di muoversi dietro le quinte lo chiamano l’uomo invisibile. Ora è indagato per traffico d’influenze. È grazie a De Santis che Farina sarebbe riuscito a vedere Arcuri e a ottenere delle rassicurazioni. Al punto da esternare la sua felicità al socio.

ROSAMARIA AQUINO In una delle varie cose in cui ci siamo imbattuti, diciamo, si legge così: “Domenico mi ha promesso che se gli arriva la lettera autorizza quell’acquisto. Gliel’ho scritto proprio io quello che deve scrivere”.

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Non so a che cosa si riferisca, ma nell’ambito delle procedure che noi abbiamo adottato, eseguito e perseguito, tutto questo non è successo.

ROSAMARIA AQUINO Come mai una persona, pedinato dalla Guardia di finanza, va via da Invitalia, chiama il suo socio e dice una frase come: “Gliel’ho scritto proprio io quello che deve scrivere”?

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Eh, dovrebbe chiederlo a lui… non saprei. Quando si esce di qui chiunque può dire quello che vuole.

VITTORIO FARINA - IMPRENDITORE Domenico mi ha promesso che se gli arriva la lettera, autorizza quell’acquisto. Lo dovrebbe fare oggi. Tu lasciami lavorare. Ti faccio diventare molto, moooolto benestante.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Molto benestante ma non ha fatto in tempo perché il 3 marzo scorso Farina, Vittorio Farina e i suoi soci sono finiti agli arresti domiciliari. Vittorio Farina è già noto alle cronache, perché è finito nel processo per bancarotta, il crack delle pagine gialle, è noto come “lo stampatore”, socio in affari immobiliari con Luigi Bisignani, ora è finito indagato per frode in pubblica fornitura e truffa aggravata, perché avrebbe cercato di vendere mascherine, dispositivi di protezione non conformi, alla Regione Lazio. Fummo noi per primi, un anno e mezzo fa circa, a documentare il sequestro presso la dogana a Fiumicino, ma Farina ha anche millantato un rapporto con la struttura commissariale di Arcuri, un rapporto che secondo i magistrati sarebbe stato favorito da Roberto de Santis, definito l’uomo invisibile di D’Alema, i rapporti con D’Alema per la barca Ikarus, con la quale ogni tanto l’ex premier D’Alema va veleggiando in mare. Ora de Santis è anche accusato di traffico di influenze, perché avrebbe percepito una consulenza dalla società ENT, la società che rappresenta Farina, questo, secondo i magistrati, per ringraziarlo per gli appalti che si aspettavano dovessero arrivare.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Cosa era successo? Che il 17 di agosto, Vittorio Farina aveva pranzato in Puglia, in questo bellissimo resort immerso in un ficheto storico di proprietà della moglie di Roberto De Santis e, oltre l’uomo invisibile, c’era Massimo D’Alema. In Puglia la famiglia De Santis, in rapporti con Flavio Briatore, stava per aprire il Twiga salentino su questo splendido pezzo di costa a Otranto, un’impresa finita sotto la scure della magistratura, che ha sequestrato tutto per abusivismo edilizio. De Santis, secondo i magistrati, avrebbe avuto un ruolo nel creare un contatto con Arcuri finalizzato all’assegnazione dell’appalto. Per questo la società Ent di farina gli avrebbe riconosciuto una consulenza.

ROSAMARIA AQUINO Dottor De Santis, scusi, una parola. Buongiorno. Aquino di Report.

ROBERTO DE SANTIS – CONSULENTE AZIENDALE Di?

ROSAMARIA AQUINO Report.

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Report chi è?

 ROSAMARIA AQUINO Report, Rai tre.

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE E quindi?

ROSAMARIA AQUINO Niente la stavamo cercando volevamo fare due chiacchiere su una cosa.

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE No no no no no. Grazie.

 ROSAMARIA AQUINO Mi spieghi soltanto una cosa, dottor De Santis…

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Va bene ti chiamo dopo…

ROSAMARIA AQUINO Come mai sono stati bonificati questi 30mila euro sul suo conto da Ent?

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Io ho un contratto di consulenza non a “success fee”, che ho presentato anche alla Procura per chiedere l’archiviazione, tutto qui.

ROSAMARIA AQUINO Ok, ma come mai dopo che la incontrano a Proger spa poi dopo…

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Non parlo più perché sono indagato.

ROSAMARIA AQUINO Ci dica soltanto se i rapporti sono di natura professionale o se lei li ha aiutati ad avere appalti.

 ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE No. Io non faccio né il faccendiere né altre cose strane. Io sono un consulente d’azienda. La mia dazione non è una dazione che mi sono stati dati 30mila euro per fare qualcosa perché io non faccio il faccendiere.

ROSAMARIA AQUINO Farina si incontra con lei e due giorni dopo va da Arcuri…

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Non lo so, questi sono fatti che a me non…mi interessano.

ROSAMARIA AQUINO … va da Arcuri ed è tranquillo di avere il contratto, è sicuro.

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Ripeto, io non faccio questo di mestiere.

ROSAMARIA AQUINO Ci dice solo perché questo pranzo con D’Alema? Che cosa si dice con D’Alema…

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Niente! Era ospite mio, qui.

 ROSAMARIA AQUINO Di cosa avete parlato?

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Di cose conviviali non di… altre cose, punto.

ROSAMARIA AQUINO Le date, le date sono molto vicine.

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE Ma queste sono ricostruzioni che fate voi.

ROSAMARIA AQUINO Non noi, la Procura.

ROBERTO DE SANTIS - CONSULENTE AZIENDALE No, no, no.

ROSAMARIA AQUINO Lo abbiamo letto sugli atti giudiziari, dottore.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO L’appalto delle mascherine poi salterà. Ma a metà settembre, Farina è in un ristorante dietro Palazzo Madama e a pranzo con lui c’è Saverio Romano, deputato Udc e Forza Italia per diverse legislature ed ex ministro dell’Agricoltura all’epoca del Governo Berlusconi. Per i magistrati stavano parlando proprio dell’affare allora in ballo col commissario.

VITTORIO FARINA -IMPRENDITORE Non si accontenta mica di 50mila euro.

SAVERIO ROMANO - MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 Quanto ti hanno chiesto? E adesso sono arrivati a chiedere i soldi!

SAVERIO ROMANO - MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 Mi fa ridere perché captano un’intercettazione dove io dico: ti hanno chiesto tanti soldi…

 ROSAMARIA AQUINO Si sono messi a chiedere pure i soldi!

SAVERIO ROMANO - MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 No, no no no!

ROSAMARIA AQUINO Quello che lei dice a piazza Sant’Eustachio.

SAVERIO ROMANO - MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 Sì, brava, brava, mi viene da ridere perché: in una conversazione che dura più di un’ora si parla di tutto.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Si parla di tutto… e lì a Roma dice che parlavano di un immobile non di appalti. Ma a noi resta ancora qualche dubbio.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO L’ex commissario Arcuri ci scrive che Farina & company non hanno mai messo piede negli uffici di Invitalia, né gli è mai stata inviata alcuna comunicazione, né le loro proposte sono mai state prese in considerazione. Insomma in effetti a Farina qualcosa non è andata bene, perché non è riuscito a entrare negli appalti, nei residui degli appalti delle mascherine di Luxottica e FCA. Però Farina parla anche con l’onorevole Francesco Saverio Romano, deputato di lunga data, ex deputato di lunga data del centro destra, considerato uno dei viceré in Sicilia per l’influenza che ha sull’isola, dove la ENT ha degli interessi, ha ottenuto una commessa per una fornitura di guanti in nitrile, e ha ottenuto anche un anticipo di quattro milioni di euro, ma secondo i magistrati la fornitura sarebbe stata invece di guanti in lattice che è un materiale più economico, più fragile, si lacera più facilmente, espone di più al contagio con il virus. Ecco, un funzionario della protezione civile si sarebbe accorto del difetto, ha sollevato anche il problema, avrebbe anche notato la presenza di talco, tuttavia viene autorizzata la fornitura e anche il pagamento dall’ex capo del dipartimento della protezione civile Calogero Foti.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Un funzionario aveva sollevato dubbi su quella partita di guanti. E Farina gli aveva detto di averne parlato con Foti. Perché l’ha accettata ugualmente?

ROSAMARIA AQUINO Lei ho visto che ha firmato proprio dei pagamenti per loro. Degli anticipi, no? Su questa fornitura di guanti…

CALOGERO FOTI - DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA Probabilmente.

ROSAMARIA AQUINO … che la Procura contesta.

CALOGERO FOTI - DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA I guanti che abbiamo commissionato erano in nitrile.

ROSAMARIA AQUINO E come sono arrivati?

CALOGERO FOTI DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA E questo non glielo so dire, perché bisogna chiedere a chi controllava poi i guanti in arrivo…

ROSAMARIA AQUINO E chi controllava?

CALOGERO FOTI - DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA Eh, non lo so, qualcuno, non ricordo adesso chi fosse.

ROSAMARIA AQUINO Ma qualcuno gliel’aveva segnalata questa ditta? Siccome loro facevano tutt’altro.

CALOGERO FOTI - DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA Loro avevano mandato una serie di mail. Avevano anche già fatto vedere contratti che avevano fatto con altri.

ROSAMARIA AQUINO Poi ha visto come sono andati a finire i contratti con altri?

CALOGERO FOTI - DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA Eh, purtroppo i fatti hanno fatto vedere dopo.

 ROSAMARIA AQUINO Qualcuno poteva controllare prima?

CALOGERO FOTI - DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA Tutto si può fare, ma gli elementi che avevamo allora…

ROSAMARIA AQUINO C’avevate altro da fare forse non lo so…

CALOGERO FOTI - DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA Assolutamente no.

ROSAMARIA AQUINO E allora perché non avete controllato prima?

CALOGERO FOTI –

DIRETTORE DIP. ACQUA E RIFIUTI REGIONE SICILIA Guardi è uno spirito veramente fuori luogo il suo. ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Un mese dopo questo anticipo sul primo appalto, Vittorio Farina si godeva le vacanze in Sicilia, proprio nella sua barca tesseva già le sue ragnatele per cercare di mettere le mani su altre forniture pubbliche. E per questo si rivolge all’onorevole siciliano Saverio Romano.

VITTORIO FARINA - IMPRENDITORE Sono in ardente attesa che tu vada. Poi lo vedi stasera?

SAVERIO ROMANO Eh, certo che lo vedo, certo che lo vedo.

VITTORIO FARINA - IMPRENDITORE Ah, va beh, allora. Niente, volevo soltanto… so che se lo vedi darai grandi soddisfazioni al tuo amico Vittorio.

SAVERIO ROMANO Ci mancherebbe.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO La soddisfazione per Farina, secondo i magistrati, sarebbe quella di portare a casa un appalto da 15 milioni, una “cosa grossa”. L’onorevole Romano avrebbe dovuto segnalare la ENT, al nuovo direttore della protezione civile, Salvo Cocina, anche lui non indagato nella vicenda.

ROSAMARIA AQUINO … l’ex ministro Romano. Avete fatto proprio una cena voi due o no?

SALVO COCINA - DIRETTORE PROTEZIONE CIVILE SICILIA No.

ROSAMARIA AQUINO Che rapporti avete, siete amici?

SALVO COCINA - DIRETTORE PROTEZIONE CIVILE SICILIA Conoscenti sì.

ROSAMARIA AQUINO È un amico tale che se chiede un favore lo ottiene?

SALVO COCINA - DIRETTORE PROTEZIONE CIVILE SICILIA Non ha chiesto favori, non si chiedono favori, segnalazioni semmai…

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Anche a Romano, la società di Farina, riserva lo stesso trattamento usato per l’uomo invisibile di D’Alema, De Santis. Il 24 giugno, due settimane dopo aver incassato l’anticipo dalla protezione Civile per l’appalto dei guanti in nitrile, la Ent gli bonifica 58mila 784 euro, senza causale. Un’operazione sospetta che gli costerà un’indagine per traffico di influenze.

 ROSAMARIA AQUINO Con questo signor Farina e lei che rapporti avete?

SAVERIO ROMANO – MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 Noi abbiamo dimostrato che la fattura è del 13 di maggio, che ha la causale, che è relativa a un contratto del 13 di marzo, e per una attività professionale che non è per nulla legata alla vicenda.

ROSAMARIA AQUINO 58mila euro non è una consulenza grossa?

SAVERIO ROMANO – MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 No. Io eh… le dico che una consulenza è sempre commisurata al valore… Sono una bella somma, ma non mi stravolgono la dichiarazione dei redditi ecco.

ROSAMARIA AQUINO Ma la cena con Cocina c’è stata o no? Ci dica solo questo.

SAVERIO ROMANO- MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 Ora lasci stare questa… tutto questo aspetto…

ROSAMARIA AQUINO Sì io lascio stare, però ci chiarisca solo se la cena c’è stata.

 ROSAMARIA AQUINO Uno come lei, che è stato ex ministro che qua dentro, che qua in Sicilia è uno dei tre viceré di Sicilia… no?

SAVERIO ROMANO - MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 Io? Non lo dica mai. Se io fossi stato quel politico potente che lei dice e se io avessi trafficato, c’è un sinallagma perfetto: l’uomo potente che traffica ottiene il risultato. Se non l’ho ottenuto due sono le cose: non sono potente o non ho trafficato….

ROSAMARIA AQUINO Non è più potente?

SAVERIO ROMANO - MINISTRO POLITICHE AGRICOLE 2011 Arrivederci. Sentiamoci.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Si schernisce Romano, però anche lui come il dalemiano De Santis ha preso, percepito una consulenza un po’ più ricca, 60 mila euro, però lui dice “non mi cambia la vita”. Ma sulla natura di queste consulenze vuole vederci chiaro la magistratura che ha aperto un’indagine, lo ha indagato anche a lui per traffico di influenze. Insomma, ma che cosa ci insegna questa storia? Intanto che Farina ha cercato di lucrare sfruttando il momento dell’emergenza, durante il quale non era possibile fare dei controlli seri sulla qualità del prodotto che offriva, poi che imprenditori improvvisati che magari si occupavano di altre cose si sono infilati nell’affare dell’emergenza e qui ha un’importanza il fatto che in queste condizioni non viene imposta, obbligata, un’evidenza pubblica, e possono giocare un ruolo nell’elargizione delle commesse, i rapporti personali, la fragilità umana, i rapporti con la politica e anche i rapporti, vedremo, con qualche fantasma del passato, e qui entriamo nel mondo delle commesse sul gel.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO A un imprenditore che vuole restare anonimo, era stato chiesto di subentrare a un appalto per garantire la fornitura di gel per le scuole.

IMPRENDITORE Io lavoro nell’ambito cosmetico e il gel rientra in questa categoria di prodotti.

ROSAMARIA AQUINO Come è entrato in questo giro di appalti? Chi è che la chiama da Roma per dirle di partecipare?

IMPRENDITORE Franco Moschetti, si presenta come storico segretario di Giulio Andreotti. Era presidente della Fealp, una sorta di federazione autonoma per le professioni e aveva anche un partitino: Alleanza democristiana. ROSAMARIA AQUINO Lui si è posto come cosa, come mediatore?

IMPRENDITORE “Io ti posso far partecipare a bandi, comando io nell’ufficio di Arcuri”. Avendo lui dominato, diciamo, la politica per tantissimi anni aveva ancora le sue entrature. Fabbrocini piuttosto che Arcuri…

ROSAMARIA AQUINO Cosa doveva fare per iscriversi a questa gara?

IMPRENDITORE In una prima battuta mi chiedeva esclusivamente un’iscrizione alla Fealp. Un bonifico di duemilacinquecento euro.

ROSAMARIA AQUINO E il resto? IMPRENDITORE La differenza tra la mia offerta e il prezzo del bando di gara se la sarebbero spartita: parliamo di 75 centesimi a flacone per 10 milioni di flaconi.

ROSAMARIA AQUINO Una tangente?

IMPRENDITORE Sì.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Ma il presunto accordo salta perché Moschetti muore per Covid. La sede della Fealp è effettivamente a pochi passi dalla sede di Invitalia e Moschetti era ben informato sulle commesse della struttura di Arcuri. Aveva detto al nostro imprenditore anonimo che sarebbe subentrato a fornitori che avevano ottenuto commesse ed erano in difficoltà. E in effetti Report ne ha trovati. Tra questi c’è un’azienda di Pomezia, LCM, con bilancio fermo al 2017. Il proprietario, cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme, si occupa di aerospazio… Per il commissario avrebbe dovuto produrre da settembre a dicembre 7 milioni e mezzo di litri di gel, a 2 euro e cinquanta a flacone. Valore della commessa: 46 milioni e mezzo di euro.

ROSAMARIA AQUINO Stavamo cercando qualcuno della L.C.M. COMMERCIANTE E qua non ci sta quasi mai nessuno. Viene giusto ogni tanto, apre, poi richiude, è sempre chiuso. Io so tre anni che lavoro qua ed è sempre stato chiuso.

ROSAMARIA AQUINO Un appalto da 46 milioni di euro mi immaginavo una super azienda, insomma.

COMMERCIANTE Porca miseria!

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Lcm ha altre aziende e altri indirizzi collegati. Prima arriviamo all’estrema periferia romana, sotto ai ponti del famoso Laurentino 38. Poi a Trigoria… dove finalmente troviamo il cavaliere Morelli.

ROSAMARIA AQUINO Salve, siamo di Report.

MARCO MORELLI – L.C.M INDUSTRIES Sì. Praticamente ho rinunciato e la cosa è morta lì.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Morelli ci spiega perché l’appalto sarebbe morto là. Ci dice che avrebbe dovuto anticipare il 10 per cento dell’intero importo… accortosi dell’impossibilità, ha rinunciato.

ROSAMARIA AQUINO Che tipo di controlli sono stati fatti sulla L.C.M. industries di Morelli? Questo signore si occupa di aerospazio, fa tutt’altro, cosa l’aveva legittimato a sedersi al tavolo della trattativa?

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Ha partecipato a una richiesta di offerta pubblica, ma la struttura commissariale non ha sottoscritto nessun contratto.

ROSAMARIA AQUINO Non ha sottoscritto un contratto però una lettera di ingaggio per lui c’è, tanto è vero che lo avete diffidato, quindi…

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Non è stato sottoscritto nessun contratto.

ROSAMARIA AQUINO Vabbè.

ROSAMARIA AQUINO FUORI CAMPO Alla fine, il commissario Arcuri è costretto per fornire il gel alle scuole a rivolgersi a un’altra ditta. I litri di gel si dimezzano a 3 milioni e 600mila. Perché? L’appalto se lo è aggiudicato Italyam, un’altra ditta neonata. E con la quale Arcuri sarà costretto a risolvere il contratto perché il gel nelle scuole arrivava in ritardo…. Quando arrivava.

ROSAMARIA AQUINO L’appalto affidato a Italyam, come è andata a finire?

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI A seguito di una serie di ritardi e di inadempimenti, quindi anche di mancate forniture, il contratto è stato risolto.

ROSAMARIA AQUINO Voi avevate visto, prima di sottoscrivere il contratto, da quanto tempo era nata questa azienda?

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Sì, certo.

ROSAMARIA AQUINO Da quanto tempo?

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Beh, adesso non me lo può chiedere così perché non…

ROSAMARIA AQUINO Glielo dico io: due settimane prima della firma del contratto.

PASQUALE AMBROGIO - AVVOCATO STRUTTURA COMMISSARIALE ARCURI Le verifiche sono state fatte, inseriamo nei contratti delle clausole che consentono alla struttura commissariale di risolvere il contratto in ogni momento nel caso in cui le verifiche fatte successivamente dovessero avere esito negativo.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Franco Moschetti si presentava come l’ex segretario storico di Giulio Andreotti, in realtà apparteneva semplicemente alla segreteria, giocava sul cognome Moschetti che era poi quello del cugino, lui sì, segretario storico di Andreotti. Franco Moschetti è anche, era il leader di un piccolo partito, Alleanza Democristiana, che ha ereditato i valori della vecchia DC. E poi, secondo questo nostro imprenditore che abbiamo intervistato, in cambio di un aiuto per ottenere appalti da parte della struttura commissariale di Arcuri avrebbe chiesto l’iscrizione, un bonifico alla Fealp, l’associazione di cui Moschetti era presidente. Poi l’imprenditore parla anche di presunte tangenti che sarebbero state poi pagate al momento della fornitura, dell’avvio della fornitura. Ma noi su questo ci fermiamo, non abbiamo la possibilità ovviamente di fare verifiche né può farlo Moschetti che purtroppo è deceduto a causa del virus. Sulla vicenda invece dei suoi rapporti tra Moschetti e la struttura di Arcuri, ci scrive Arcuri e dice che non ha mai incontrato Moschetti, non ha mai parlato con lui, come molti ha millantato una conoscenza inesistente però, effettuati dei controlli interni, ammette che Moschetti avrebbe avuto un contatto telefonico con la sua struttura, a cui avrebbe anche fatto seguito un confronto con altri funzionari, però al termine del quale non ci sono state poi degli appalti, non hanno avuto seguito quei colloqui. Dobbiamo anche ricordare appunto che Moschetti è morto per Covid. Tuttavia quello che abbiamo potuto appurare noi è che Moschetti aveva sicuramente delle buone informazioni all’interno della struttura commissariale, perché quando parlava al nostro imprenditore di poter subentrare a dei fornitori che erano entrati in crisi, effettivamente la nostra Rosamaria Aquino li ha riscontrati questi fornitori che erano entrati in crisi, uno dei quali è il cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme che aveva ottenuto quella fornitura, il proprietario dei magazzini vuoti a Pomezia che si occupava di materiale aereospaziale – che c’entra poi con i gel? – aveva ottenuto una commessa per sette milioni di litri di gel per un valore di 46 milioni di euro, ma il cavaliere, quando ha sentito che bisognava anticipare di tasca propria cinque milioni di euro, ha riposto la spada e si è sfilato. Ma come li scelgono questi fornitori? Certo la fotografia che abbiamo scattato questa sera non è rassicurante, come non è rassicurante la fotografia che ha scattato la Corte dei Conti, che ha avviato addirittura 136 istruttorie sulle forniture, le commesse che sono state concesse in periodo di emergenza Covid.

Irene Pivetti, nuovo sequestro di mascherine per 3 milioni di euro. Piovono guai, cos'hanno trovato nei magazzini. Libero Quotidiano il 23 luglio 2021. Piovono guai su Irene Pivetti. La società della ex presidente leghista della Camera è stata oggetto di un nuovo sequestro di mascherine. La Only Italy Logistic Scarl importa dispositivi di protezione individuale dalla Cina. A metà giugno scorso, le Fiamme gialle di Savona avevano bloccato 1 milione e 200 mila Ffp2 nei magazzini di Segrate, mascherine destinate alla Protezione civile. Il secondo stock, ricorda il Fatto quotidiano, di altre 147mila mascherine modello Kn95 si trovava a Pisa nel deposito dell'Ente di supporto tecnico amministrativo della Toscana (Estar). La Pivetti è ora indagata a Busto Arsizio per frode nell'esercizio del commercio, e il sequestro è stimato in 3,2 milioni di euro. "Le mascherine fornite sono significativamente diverse da quelle pattuite", annota la gip Luisa Bovitutti, con "potere filtrante molto inferiore rispetto allo standard promesso, e non possono essere neppure commercializzate in assenza di certificazione". A inizio giugno 2020 la Pivetti aveva saputo di essere indagata anche per riciclaggio dopo la perquisizione da parte della Guardia di finanza della sua abitazione, a maggio, e l'acquisizione di documenti e materiale informativo. Il blitz di buon mattino nell'abitazione della ex deputata a Milano, in zona Porta Venezia. La vicenda della Only Italy Logistic Scarl e l'inchiesta sulle mascherine non ha però alcun collegamento con questa seconda inchiesta.  

Vittorio Feltri, commento spiazzante: "A Irene Pivetti hanno sequestrato 1 milione di euro? Beata lei..." Libero Quotidiano il 10 settembre 2020. Il caso, per Irene Pivetti, si complica. Si parla dell'indagine che la vede protagonista per una partita di mascherine importate dalla Cina e che poi non sono risultate a norma. Nella serata di mercoledì 9 settembre si è appreso che nell'ambito di questa indagine sono stati sequestrati alla Pivetti la bellezza di 1,2 milioni di euro. Una notizia che ha attirato il breve, laconico e spiazzante tweet di Vittorio Feltri. Di seguito il cinguettio del direttore di Libero: "A Irene Pivetti hanno sequestrato un milione di euro. Beata lei che ha tanti soldi", conclude tranchant il direttore.

Da ilfattoquotidiano.it il 23 luglio 2021. Ancora un sequestro ai danni della Only Italia Logistics della ex presidente della Camera Irene Pivetti, indagata per frode nelle pubbliche forniture ed evasione di dazi doganali e Iva. Questa volta l’operazione della Guardia di finanza su delega della Procura di Busto Arsizio ha riguardato oltre 1,3 milioni di mascherine di provenienza cinese per un valore complessivo di 3,2 milioni di euro. Dispositivi originariamente destinati in parte alla Protezione civile e in parte all’Ente di supporto tecnico amministrativo per la Regione Toscana (Estar). Ma che sono risultate, come spiega il decreto di sequestro, “significativamente diverse da quelle pattuite in particolare per qualità, in quanto hanno un potere filtrante inferiore rispetto allo standard promesso, e non possono neppure essere commercializzate in assenza di adeguata certificazione”. Il sequestro odierno, avvenuto in alcuni magazzini in Lombardia e in un magazzino in provincia di Pisa, è uno sviluppo dell’indagine che la procura di Savona aveva avviato l’anno scorso in piena prima ondata di Covid dopo il sequestro di una fornitura di mascherine in una farmacia della città ligure. Andando a ritroso nella filiera di distribuzione gli inquirenti erano risaliti alla Only Italia Logistic della Pivetti, che già un anno fa ha subito più di un sequestro preventivo di merce. Oltre al successivo sequestro, disposto dalla procura di Busto Arsizio, cui nel frattempo erano stati trasferiti gli atti per competenza, di 1,2 milioni di euro. Una vicenda cui si aggiunge anche l’indagine per riciclaggio su altre operazioni di import-export con la Cina condotta dalla Procura di Milano che nel giugno del 2020 ha inviato le Fiamme gialle a perquisire l’abitazione della Pivetti e la sede di alcune società a lei riconducibili. Tornando al sequestro di oggi, scrive il gip: “Le mascherine in questione sono corpo del reato destinate ad essere confiscate e che potrebbero essere commercializzate o immesse sul mercato con le gravi conseguenze che si possono immaginare, attesa l’inidoneità delle stesse a garantire un’adeguata protezione a chi le indossi”. Come detto, una parte delle mascherine era destinata alla Protezione Civile, in virtù di un ordine sottoscritto nel marzo del 2020 per 10 milioni di ffp2 senza valvola per un totale di 23 milioni di euro Iva esclusa. Di queste, Only Italia Logistics ne consegnò meno di 500mila, anche perché in seguito alle verifiche del Cts e dell’Inail le mascherine importate furono giudicate inadeguate all’immissione in commercio. L’ordine di Estar riguardava invece 150mila pezzi per un valore di 547mila euro Iva esclusa e anche in questo caso le mascherine erano risultate prive delle certificazioni e dei requisiti di sicurezza per essere utilizzate in Italia. Oltre che al reato di frode nelle pubbliche forniture, a Pivetti viene contestata anche l’evasione di dazi doganali e Iva. Sotto emergenza, la Commissione europea aveva deciso di esentare dal pagamento di Iva e dazi le mascherine destinate a enti pubblici che fossero distribuite gratuitamente ai cittadini. Un’esenzione che Pivetti chiese per tutti i lotti importati dalla Cina, benché una parte fosse destinata a essere venduta a privati. “La Only Italia Logistics a mezzo di autocertificazioni parzialmente mendaci sottoscritte da Pivetti Irene – si legge nel decreto di sequestro – attestava di aver diritto all’esenzione con riferimento alla totalità delle importazioni di Dpi operate in data 30 e 31 marzo 2020, omettendo quindi il versamento dei dazi e dell’Iva dovuti sulla parte delle stesse destinate a soggetti privati”. Per un’evasione stimata dalla Guardia di finanza in 239mila euro di dazi e 876mila di Iva.

Questione di zeri. Report Rai PUNTATA DEL 31/05/2021 di Manuele Bonaccorsi. Report torna sul caso delle mascherine cinesi importate dalla società dell’ex presidente della Camera Irene Pivetti e sequestrate dalla Procura di Savona. Un affare che a distanza di un anno rappresenta ancora un salasso per le casse pubbliche. Anche per colpa di un clamoroso errore della Protezione civile.

“QUESTIONE DI ZERI” di Manuele Bonaccorsi collaborazione Lorenzo Vendemiale immagini Fabio Martinelli montaggio Riccardo Zoffoli

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Su come sono stati spesi soldi pubblici, lo vedremo, e parleremo di uno zero in più messo per errore. Quanto ci è costato? Il nostro Emanuele Bonaccorsi.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO È la fine di marzo 2020 e la Protezione civile sta effettuando i versamenti degli anticipi alla Only Italia di Irene Pivetti per due commesse per l’acquisto di mascherine. In uno dei due contratti, invece di versare l’anticipo previsto di 1,3 milioni, ne versano 13 di milioni. Uno zero in più.

MANUELE BONACCORSI Da questa lettera emerge che lei abbia ricevuto un anticipo con uno zero in più, invece di 1,3 milioni, 13 milioni di euro.

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Sì è vero.

MANUELE BONACCORSI Ma lei quando ha ricevuto il bonifico non si è accorta dell'errore, non avrebbe dovuto ritornarli subito all’amministrazione?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Non mi sono accorta della differenza. In realtà Protezione civile si era sbagliata nei giorni precedenti perché mi avevano protocollato 4 contratti invece di 2, e mi avevano dato due volte il numero dell'appalto invece che una.

MANUELE BONACCORSI Quanto è passato dall'arrivo del bonifico a quando la Protezione Civile si è accorta dell'errore?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Qualche giorno.

MANUELE BONACCORSI Non se ne sono accorti subito?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS La prima telefonata credo di averla ricevuta due tre giorni dopo, un paio di giorni dopo, la mail è di qualche giorno ulteriormente dopo.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO A quel punto il 28 marzo Gianfranco Sorchetti, direttore dell’ufficio bilancio della Protezione civile scrive questa pec alla Only Italia. Ammette un “mero errore di digitazione” e chiede la restituzione della differenza non dovuta, 11 milioni e 880mila euro, entro il 3 aprile.

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS E io ho risposto al dott. Sorchetti dicendogli: facciamo il conto rispetto alla chiusura della partita.

MANUELE BONACCORSI Cioè l'errore era nell'anticipo e lei dice la differenza la consideriamo come saldo della consegna.

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Perché tanto la sto facendo nell'arco di pochissimi giorni.

MANUELE BONACCORSI Questa mail lei ce l'ha?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Sì sì, certo. Ecco 31 marzo è la data. Buongiorno dottor Sorchetti. Mi chiedo quindi se non sarebbe più logico procedere a una compensazione fra il rimborso dell'eccesso di anticipo a voi dovuto e il pagamento del saldo dovuto all'Italia Logistics. Facciamo i conti.

MANUELE BONACCORSI Cosa le rispondono?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Non mi rispondono.

MANUELE BONACCORSI Ma al telefono le avranno detto va bene ok andiamo a compensazione?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Mi han detto va bene e sta nei fatti perché loro nei giorni successivi ritirano la merce che atterra.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ma a inizio aprile la procura di Savona sequestra in una farmacia una partita di mascherine della Pivetti e scopre che hanno un certificato falso. I magistrati le fanno anche analizzare.

GIOVANNI CIOLINA – GIORNALISTA SECOLO XIX Sono assolutamente non conformi alle normative di legge.

MANUELE BONACCORSI Quindi non sono mascherine che possono essere utilizzate in un contesto ospedaliero.

GIOVANNI CIOLINA – GIORNALISTA SECOLO XIX Assolutamente no, infatti l'azienda sanitaria locale savonese li ha stoccati in un container perché sono inutilizzabili.

 MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il container è questo. E scopriamo che è pieno di mascherine irregolari inviate da Protezione civile. Non solo quelle di Irene Pivetti.

FABIO CAOCCI – RESPONSABILE PREVENZIONE ASL 2 LIGURIA Dai test che abbiamo fatto non rientrano pienamente nei parametri necessari per garantire che siano Ffp2.

MANUELE BONACCORSI Scusi, ma la Protezione civile quando vi manda le mascherine non dovrebbero essere già verificate da loro.

 FABIO CAOCCI – RESPONSABILE PREVENZIONE ASL 2 LIGURIA Loro le verificano. Il processo con cui verificano queste maschere non lo conosciamo appieno e le abbiamo fatte valutare tutte.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il 12 maggio 2020 la guardia di finanza su ordine della Procura di Savona sequestra a Malpensa un carico di 1,5 milioni di mascherine, importate dalla Cina da Irene Pivetti.

MANUELE BONACCORSI Quelle mascherine, sostengono le procure, non sono regolari.

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS No, non è vero perché sono state espressamente approvate dal comitato tecnico scientifico.

MANUELE BONACCORSI E lei ha le prove che siano state approvate?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Certo, certo, io qua ho una pec della protezione civile che mi dice: confermo che il Comitato tecnico scientifico ha espresso parere favorevole.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Irene Pivetti è indagata per frode in commercio e ricettazione, ma il sequestro qualche problema lo crea anche alla protezione civile, che ha già pagato la merce ma rischia di ritrovarsi senza nulla in mano. In questa riunione interna, di cui Report può mostrare la registrazione, perfino l’ex capo della Protezione civile Angelo Borrelli va su tutte le furie e si dice pronto ad attivarsi per sbloccare le mascherine sequestrata dai pm.

ANGELO BORRELLI – EX CAPO PROTEZIONE CIVILE - REGISTRAZIONE Noi vorremmo chiedere il dissequestro perché noi riteniamo che quelle mascherine per i quali il comitato tecnico scientifico ci ha dato parere favorevole, quelle mascherine noi le possiamo tranquillamente prendere. Perché noi le abbiamo pagate, sono buone. Vorrei che ci fosse anche l’avvocatura dello Stato perché non c'abbiamo anche noi gli anelli al naso.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il riesame ha poi convalidato il sequestro. Resta il buco nei conti pubblici.

MANUELE BONACCORSI Lo Stato le chiede indietro 21 milioni 863 mila 134 euro virgola 23. Sono soldi che lei tornerà a protezione civile?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS No, non sono soldi che tornerò a protezione civile. Perché contesto integralmente questa richiesta perché è infondata.

MANUELE BONACCORSI Quindi questi soldi dove sono andati a finire?

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Sono stati spesi in mascherine e voli per portarli qua. MANUELE BONACCORSI Risulta dalla documentazione che la sua società abbia un attivo circolante pari a 10 milioni 840 mila 348 virgola 28.

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS È il valore, più o meno è il valore delle mascherine che sono in Cina.

MANUELE BONACCORSI Sono soldi che lo Stato italiano ha speso, ma le mascherine sono ferme lì.

IRENE PIVETTI – AMMINISTRATRICE ONLY ITALIA LOGISTICS Esatto. In questo caso dico andate a prenderle voi perché in questo momento l'azienda me l'avete distrutta, il conto è stato sequestrato, eccetera, quindi io non ho più i mezzi.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Andatevele a riprendere in Cina le mascherine, se le volete. È il pensiero dell’ex presidente della Camera, Pivetti. Insomma, stanno marcendo in Cina da un anno e più, va da sé che non vale la pena neppure prendere un aereo per andare a ritirarle. Altre mascherine stanno invece marcendo a Milano, in un container. Insomma, il danno è servito. Al quale si aggiunge anche quello conseguente ad un errore di un funzionario della Protezione Civile che ha messo uno zero in più sulla cifra dell’anticipo della commessa della Pivetti e con un colpo di bacchetta magica si è passati da 1,3 milioni a 13 milioni di euro, che ha incassato la Pivetti. Ha detto io non ve li restituisco perché insomma mi avete sequestrato le mascherine, altre le ho comprate, stanno in Cina, e poi dice, insomma, quelle mascherine che mi avete sequestrato erano anche buone e ci fa anche vedere un video inedito del capo della Protezione Civile, l’ex capo Borelli che ci dice, guardate che quelle mascherine sono idonee, lo abbiamo visto, sono state approvate dal Cts, il comitato tecnico scientifico. Non abbiamo l’anello al naso, dice Borelli. Insomma, non abbiamo ben capito a che cosa si riferisse, non abbiamo capito bene quello che è successo, se non che è un grande pasticcio. Ecco. Quanto ci è costato questo pasticcio? Secondo un documento inedito che ha recuperato dal nostro Manuele Bonaccorsi dell’Avvocatura di Stato, il danno per le casse dello Stato tra lo zero in più del bonifico, frutto dell’errore del funzionario della Protezione Civile, le mancate consegne, le penali, insomma, il danno per la vicenda Pivetti è stimato intorno ai 21,8 milioni. Ecco, chi risarcisce? Insomma, qualche sospetto ce l’avremmo… La Protezione Civile dall’inizio, dai primi mesi dell’emergenza, ha speso circa 328 milioni di euro in dispositivi di protezione. Non tutti sono stati usati. Poi ci sono i 146 milioni di euro che sono frutto delle donazioni attraverso sms degli italiani, ma non sono i soli perché la fondazione Openpolis ha stimato che la Pubblica Amministrazione ha speso circa 12 miliardi di euro in appalti per le protezioni anti-Covid.

Gino Gullace Raugei per “Oggi” il 14 maggio 2021. "Scrocconi" (Piemme) è un libro che dovrebbe vendere 5 milioni di copie: una per ogni italiano che, guadagnando più di 35 mila euro lordi annui, viene spennato dal Fisco. Lo ha scritto il giornalista e conduttore di Mattino 5 Francesco Vecchi che, numeri, dati e statistiche alla mano, dimostra che «ogni italiano che lavora e paga le tasse ne ha dieci che vivono alle sue spalle». L'Italia appare come una Repubblica fondata non sul lavoro ma sull'imbroglio in cui lo Stato chiude entrambi gli occhi e perpetua l'inganno. Proprio durante la pandemia sono emerse alcune criticità. «Partiamo dalla sanità pubblica: ognuno di noi dovrebbe contribuire, ogni anno, con circa 1.800 euro a testa. Il problema è che 44 milioni di cittadini non versano tasse a sufficienza; 11 milioni pagano la propria fetta; e 5 milioni, quelli da 35 mila euro lordi in su, sborsano tutta la differenza. Sette cittadini su 10, insomma, non si fanno carico delle spese sanitarie, vanno a scrocco. Poi ci stupiamo se col coronavirus abbiamo scoperto di avere poche terapie intensive...», dice Vecchi. Altra chicca: i ristori. Vecchi racconta di quella volta che ha ospitato a Mattino 5 la titolare di un centro estetico che piangeva perché col lockdown rischiava il fallimento e i 600 euro versati dallo Stato coprivano appena un paio di bollette. «Sono corso a vedere le statistiche dell'Agenzia delle entrate e alla voce "Beauty center" ho letto: 6.500 euro di reddito annuo dichiarato in media, 541 euro al mese. Se con 600 euro dì ristoro non si può campare, figuriamoci con 541!».

UN PAESE DI STRACCIONI? «Stando alle dichiarazioni dei redditi, i più fortunati sono i ristoratori, con una media di 18 mila e 400 euro lordi annui; poi i baristi (17 mila e 400). I parrucchieri dicono di portare a casa 1.091 euro al mese; chi ha un negozio di vestiti, 617. I gestori delle discoteche dicono che tre mesi di chiusura hanno comportato un danno di 4 miliardi di euro, un milione a discoteca. Ma all'Agenzia delle entrate questi incassi non si sono mai visti: coi 18 mila euro all'anno di guadagni dichiarati, chi ha una discoteca, per il fisco, è "povero"». Ma come ha fatto un Paese in cui i gioiellieri dichiarano meno di 20 mila euro lordi all'anno a mettere in banca 10 mila miliardi di patrimonio? Come è possibile che l'80 per cento degli italiani siano proprietari di case se solo il 20 per cento dichiara di guadagnare abbastanza per potersele permettere? Come è possibile che in Italia si vendano ogni anno oltre 200 mila auto di lusso (Ferrari, Lamborghini, Mercedes...) al prezzo medio di 103 mila euro a vettura, se gli italiani che dichiarano più di 200 mila euro sono appena 76 mila, il due per mille dei contribuenti?

UNO SU DUE NON VERSA Altro luogo comune: in Italia la pressione fiscale è insopportabile. «Se prendiamo la tassa più diffusa, l'Irpef, non è vero. Nel 2019, un italiano su due ha versato zero euro perché ha dichiarato di non aver guadagnato abbastanza. A pagare ben oltre la metà di questa imposta sono i cittadini che dichiarano più di 35 mila euro lordi l'anno. Chi dichiara fino a 20 mila euro l'anno non può lamentarsi: nella peggiore delle ipotesi, ha versato 2 mila euro di Irpef, il 10 per cento del suo reddito. La classe dove si trovano più italiani è quella tra i 10 e i 12 mila euro: per loro le tasse, al netto delle detrazioni, sono il due per cento. non certo vessatorie. Va peggio ai lavoratori dipendenti che guadagnano più di 100 mila euro all'anno: rispetto alla metà del Paese che versa poco o nulla, le tasse che versano queste persone sono 300 volte più alte». In base alle statistiche fiscali, l'Italia è un Paese del terzo o quarto mondo: a fronte di pochissimi "ricchi", che guadagnano più o meno come un operaio specializzato tedesco, c'è una massa di poveracci. La cosa assurda è che la politica, di tutti i colori, sembra credere ciecamente a questa immagine palesemente falsa. Ogni anno, l'Italia versa 130 miliardi di euro per aiutare i più bisognosi, una montagna di denaro pari a tre o quattro leggi finanziarie "lacrime e sangue" e all'8 per cento del Pil: tutti questi soldi vanno a finire nelle tasche di chi dichiara di guadagnare meno di 20 mila euro all'anno: tanti poveri e moltissimi furbetti. «Questa classe è composta da 23 milioni di contribuenti che versano allo Stato circa 780 euro annui a testa di tasse e ricevono in cambio aiuti vari per 5 mila euro cadauno», dice Vecchi. «Quelli che dichiarano più di 35 mila euro, pagano 18 mila euro di tasse e ricevono in cambio mille euro di aiuti». «Dopo quasi 30 anni di stagnazione. è forse l'ora di chiedersi se il nostro sistema fiscale non sia proprio una delle cause della nostra bassa crescita». prosegue l'autore di "Scrocconi".

CHE COSA SI PUÒ FARE? Dal 2006 a oggi gli italiani in povertà assoluta - dice l'lstat - sono triplicati passando da 4 a 12 milioni: «Ma siamo sicuri che questi dati siano veri visto che, negli ultimi 10 anni, ciascun nucleo familiare ha incrementato il suo patrimonio di 17 mila euro e i consumi di palestre, telefonini, cure termali, centri estetici, abbonamenti alla pay tv sono andati alla grande?». «Se lo Stato - si chiede ancora Vecchi - chiude un occhio, anzi due, davanti a dichiarazioni palesemente false e lo fa per avere il consenso di questi falsari, possiamo parlare di voto di scambio e di corruzione?». Eppure, per sistemare le cose basterebbe replicare lo schema della riforma 2015 dell'Isee, l'Indicatore della situazione economica equivalente, necessario per accedere agli aiuti di Stato che hanno 6 milioni di famiglie, cioè 14 milioni di persone. «Prima si compilava un modulo autodichiarando la consistenza del proprio conto corrente, che non veniva sottoposto a controlli. Nel 2015 si è passati al sistema che prevede l'incrocio dei dati col circuito bancario. Morale: sono scomparsi 2 milioni e mezzo di "poveri"!».

Coronavirus, Pfizer fa il botto: "Utili raddoppiati rispetto alle previsioni". Pioggia di miliardi per Big Pharma. Libero Quotidiano il 04 maggio 2021. Astrazeneca guadagnerà 1 miliardo quest'anno grazie ai vaccini, Pfizer oltre 15 (se non il doppio). Gli affari di Astrazeneca nel primo trimestre grazie ai vaccini anti-Covid hanno garantito ricavi per 224 milioni di euro solo in Europa. E gli analisti prevedono che da qui a dicembre, tali ricavi potrebbero raggiungere i 2 miliardi. Ma per i diretti concorrenti Pfizer-BioNTech e Moderna i ricavi sono intorno ai 20 miliardi di dollari solo nel 2021. Pfizer e il laboratorio tedesco che ha sviluppato il vaccino (la BioNTech) sono quelli che sembrano avviati a ottenere i maggiori introiti dalla vendita del loro vaccino Comirnaty. Un introito di circa di 3,1 miliardi di euro, Pfizer prevede ricavi per 15 miliardi di dollari nel 2021. Ma il bottino potrebbe raddoppiare qualora dovessero scattare nuovi ordini. Anche la statunitense Moderna ha ottenuto un buon anticipo dall'Ue: circa 318 milioni di euro per 80 milioni di dosi, ha rivelato Report. Secondo la stessa azienda, l'ammontare delle vendite per il 2021 dovrebbe portare alle sue casse intorno ai 18 miliardi di dollari. Stando ai dati del marzo scorso, invece, Astrazeneca ha subito una contrazione del valore delle azioni dell'8% circa. Ma la casa farmaceutica prevede comunque di incassare ricavi alla fine del 2021 pari almeno a 1 miliardo di dollari. Gli analisti di SVB Leerink sostengono che questi potrebbero sfiorare anche i 2 miliardi. Il prezzo per dose di Astrazeneca è nettamente inferiore a quello di Pfizer e Moderna: circa 3 euro, un prezzo “no profit”, scrive Report, "ma che vale però solo fino a luglio 2021. Da quel momento la casa farmaceutica potrà autonomamente cambiare i prezzi, a meno che non dovesse ritenere, 'a sua coscienza' che la pandemia non sia finita". 

Estratto dell'articolo di Michele Serra per "la Repubblica" il 25 marzo 2021. Nel delicato e inevitabile tira e molla sui ristori, […] dispiace sentire, quasi in ogni tigì, rappresentanti di categoria lamentarsi perché i quattrini in arrivo non coprono la perdita subita, se non in parte. Ci si domanda chi abbia risarcito i nostri nonni, i nonni dei nostri nonni, […] dei lutti e dei rovesci indotti dalla caterva di guerre e pestilenze […] Ve lo dico io: zero risarcimenti, e un sospiro di sollievo se si era ancora vivi e con un po' di pane in dispensa. […] Pretendere che TUTTO quello che è stato perduto a causa della pandemia ora piova dal cielo, è abbastanza protervo e parimenti sciocco: la sfiga esiste […] per tutti, da sempre, così come non esiste il diritto alla fortuna, alla ricchezza, al reddito invariato nei secoli. […] alcune delle categorie più indignate per l'esiguità dei ristori sono le stesse che hanno contribuito […] a fare cassa comune, ovvero a pagare le tasse in proporzione agli incassi. Avessero almeno l'eleganza di fare finta di niente […]

Dagospia il 25 marzo 2021. Riceviamo e pubblichiamo: Leggo da Michele Serra che nessuno dei nostri predecessori è mai stato risarcito in caso di pestilenza. Ce lo dice lui, “zero”, scrive. Ma ce lo dice solo lui! Perché gli Archivi di Stato sono pieni dei provvedimenti che vennero assunti durante le pestilenze per sostenere le famiglie colpite. Durante la grande epidemia del 1666 a Londra sorsero le mutue comunità. Durante le pestilenze si moltiplicavano i Pia loca che si occupavano del sostentamento delle fasce più deboli con l’organizzazione di elemosine, distribuzione di cibi, bevande e abiti anche con l’obiettivo di evitare possibili tensioni sociali. Federico Borromeo distribuì alle famiglie colpite dall’epidemia gran parte delle rendite ecclesiastiche e convertì in elemosine le somme destinate agli edifici. Così anche a Venezia e in Sicilia dove, nel 1526, le autorità cittadine, poiché rimanevano insoluti i tributi, la regia Corte “dovette concedere un ingente prestito per subveniri a li necessitati bisogni chi tenìa la gente per la pesti” ecc ecc nei secoli dei secoli. Amen

Michele Farina per il “Corriere della Sera” il 3 gennaio 2021. Il club dei super poveri si allarga, quello dei super ricchi si rimpinza. È la pandemia, bellezza: dallo scorso marzo a oggi la rivista Forbes ci comunica che dieci grandi paperoni globali hanno immesso nelle loro casse già colme ben 400 miliardi di dollari, più di quanto abbia speso la Gran Bretagna per l'emergenza Covid. Mentre 150 milioni di persone secondo la Banca Mondiale si aggiungono alla cerchia di chi vive in «estrema povertà» (con 1,9 dollari, un euro e 60 centesimi, al giorno), le 500 persone più ricche del mondo hanno visto aumentare il loro patrimonio di 1.800 miliardi di dollari (fino a un totale di 7.600 miliardi): un incremento del 31%, che vale da solo quanto il Pil dell'Italia. Mai, in otto anni di storia, il dorato pallottoliere del Bloomberg Billionaire Index aveva fatto registrare un simile exploit. Mentre gli Stati Uniti si ritrovano con 10 milioni di posti di lavoro in meno, gli effetti del coronavirus e i pacchi dell'ecommerce hanno confezionato per Jeff Bezos, che era già l'uomo più ricco del creato, un regalo da 76 miliardi di dollari. È come se il vostro conto in banca fosse cresciuto del 66%: il patron di Amazon adesso sta seduto su 192 miliardi di dollari, e può sognare programmi spaziali fino a Urano. Sempre che Elon Musk con i suoi razzi lo lasci passare: mister Tesla (che ancora possiede il 20% della sua fabbrica di auto elettriche) è l'uomo che ha guadagnato di più, e più velocemente, in questo tempo di pandemia. Nel marzo 2020 il sudafricano trapiantato in California aveva 25 miliardi di dollari in tasca ed era al 35° posto nella classifica dei grandi nababbi; adesso se ne ritrova 167, ed è il numero due assoluto dietro al rivale Bezos. Uno smista pacchi mentre i negozi sono chiusi, l'altro tiene la spina dell'EV su cui scommettono i mercati immaginando un mondo post Covid e post benzina. Può sorprendere, nell'era della grande penuria globale, che il re del lusso francese non abbia sentito la crisi? Bernard Arnault, l'uomo più ricco d'Europa, titolare dei marchi LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton, da quando il coronavirus ha cominciato a mordere ha ammassato 76,90 miliardi di dollari: dieci volte il Pil del Malawi. Gli effetti nefasti del Covid peseranno per anni sui Paesi poveri (e sulle tasche dei comuni mortali) ma non intaccano le casse di Arnault, che con i suoi 115 miliardi è diventato il quarto super paperone dopo Bezos, Musk e Gates. Lusso e social, shopping therapy: nei dieci mesi che hanno sconvolto il mondo il valore di Facebook in Borsa è cresciuto dell'85%. Mentre la gente si rifocillava il cuore tra Instagram a WhatsApp, Mark Zuckerberg vedeva lievitare il suo patrimonio dell'80% fino a superare i 100 miliardi di dollari (poco meno della metà del Pil del Portogallo). I cofondatori di Google, Sergey Brin e Larry Page, sono andati peggio di mister Facebook, raddoppiando comunque la loro ricchezza oltre l'asticella dei 70 miliardi. Così si sono arricchiti anche altri veterani del settore Big Tech, da Larry Ellison di Oracle a Bill Gates, la cui fortuna è cresciuta «soltanto» di 20 miliardi (e le azioni della Microsoft di oltre il 50%). Lo 0,001% della popolazione mondiale ha goduto della crescita delle borse mondiali, un balzo da 3 mila miliardi dal marzo scorso. Cinque individui valgono oggi più di 100 miliardi, altri venti veleggiano intorno ai 50. Nella lista dei 651 miliardari Usa ci sono «new entry» la cui ascesa è legata direttamente all'emergenza pandemia come Eric Yan, il cinese che ha fondato Zoom in California, e John Foley di Peloton, il nuovo trainer del fisico a distanza. Sul palcoscenico globale spuntano i nuovi «ricchi e vaccinati» come il francese Stephane Bancel, ceo di Moderna. O lo scienziato tedesco Ugur Sahin, figlio di immigrati turchi, che con la moglie Ozlem Tureci (responsabile medico di BioNTech) ha messo a punto il primo vaccino a essere autorizzato negli Stati Uniti. Un colpo per la scienza che ora gli vale 3,6 miliardi di dollari in azioni. Nel pallottoliere dei miliardari dell'Indice Bloomberg svettano anche i cinesi, che hanno accresciuto le loro fortune di 569 miliardi di dollari, secondi solo agli americani. La sfida Usa-Cina si vede anche da lassù. Zhong Shanshan detto Lupo Solitario, in tempo di pandemia è diventato l'uomo più ricco dell'Asia. In quale settore: vaccini, social, e-commerce? No: il cinese Zhong è il re dell'acqua minerale.

Da ilmattino.it il 28 dicembre 2020. «Con il virus qualcuno si sta arricchendo», si sente spesso dire in giro. Qualcuno sì, in effetti. Sono pochi, ma ricchissimi. «La pandemia Covid-19 ha aiutato 50 scienziati e medici a diventare miliardari», sostiene Forbes, che ha stilato la lista dei più ricchi nel mondo. E 28 di questi medici provengono proprio dalla Cina, dove il coronavirus è esploso per la prima volta nel dicembre 2019. Il primo caso è stato segnalato a Wuhan lo scorso anno prima di diffondersi rapidamente in tutto il mondo, dove al momento ha ucciso più di 1,7 milioni di persone. Solo negli Stati Uniti, ci sono più di 19 milioni di infezioni confermate e almeno 332.723 americani sono morti. I funzionari del governo si sono immediatamente rivolti al settore sanitario per chiedere aiuto nell'introduzione di una vaccinazione. Moderna e Pfizer hanno mantenuto entrambi le promesse di creare un vaccino entro la fine del 2020. Così è stato, tanto che sono iniziate le prime vaccinazione ovunque, anche in Italia. Ma chi sono questi miliardari? Sicuramente la maggior parte di loro è legata a scoperte sul vaccino, ma non solo: sono 50 medici, scienziati e imprenditori sanitari che quest'anno si sono guadagnati lo status di miliardario. I nuovi miliardari più importanti sono Ugur Sahin, il medico che ha co-fondato BioNTech, che ha contribuito a sviluppare il vaccino Pfizer, e Stéphane Bancel, CEO di Moderna con sede nel Massachusetts. Sahin ha accumulato un patrimonio netto di 4,2 miliardi di dollari da gennaio e Bancel ha raggiunto 4,1 miliardi, secondo Forbes. Lo stock di BioNTech è aumentato del 160% da quando ha collaborato con Pfizer per sviluppare uno dei vaccini. Bancel, cittadino francese, è diventato amministratore delegato di Moderna nel 2011. Ha raggiunto lo status di miliardario a marzo dopo aver venduto più di un milione di azioni mentre le azioni dell'azienda sono aumentate di oltre il 550%. Altri importanti nuovi arrivati includono Yuan Liping, il cui patrimonio netto è salito alle stelle a 4,1 miliardi dopo il suo divorzio da Du Weimin a giugno. Yuan possiede il 24% delle azioni dei vaccini, Shenzhen Kangtai Biological Products. Anche Hu Kun, che presiede la cinese Contec Medical Systems, è diventato un miliardario quest'anno con un patrimonio netto di 3,9 miliardi di dollari. L'azienda produce prodotti medici per ospedali che includono nebulizzatori, stetoscopi e misuratori della pressione sanguigna. Carl Hansen, del Canada, vale ora 2,9 miliardi come CEO e co-fondatore di AbCellera. AbCellera è un'azienda biotecnologica che utilizza l'intelligenza artificiale per identificare promettenti trattamenti anticorpali per le malattie. Timothy Springer ha accumulato un patrimonio netto di 2 miliardi: è stato un investitore fondatore di Moderna nel 2010, quando ha investito 5 milioni di dollari nella società. L'immunologo ha attualmente una quota del 3,5% in Moderna che ora vale circa 1,6 miliardi. Nella "hit" c'è anche un italiano: è Sergio Stevanato, con un patrimonio netto di 1,8 miliardi di dollari come presidente della società italiana di imballaggi medicali Stevanato Group, il secondo produttore mondiale di fiale di vetro. La sua azienda è un importante fornitore di fiale per oltre 40 vaccini Covid-19.

Ecco la lista completa dei 50 super ricchi

1. Ugur Sahin, Germania: 4.2 billioni

2. Stéphane Bancel, Francia: 4.1 billioni

3. Yuan Liping, Canada: 4.1billion

4. Hu Kun, Cina: 3.9 billioni

5. Carl Hansen, Canada: 2.9 billioni

6. Timothy Springer, Usa: 2 billioni

7. Sergio Stevanato: Italia: 1.8 billioni

8. Robert Langer, Usa: 1.5 billioni

9. Premchand Godha, India: 1.4 billioni

10. August Troendle, Usa: 1.3 billioni

11. Li Juanquan & family, Cina: 7.9 billioni

12. Jian Jun, Cina: 4.4 billioni

13. Ye Xiaoping, Cina: 4.2 billioni

14. Hao Hong, Usa: 3.4 billioni

15. Jin Lei, Cina: 3.2 billioni

16. Liu Fangyi, Cina: 3.2 billioni

17. Lv Jianming, Cina: 3.1 billioni

18. Gan Zhongru, Cina: 2.8 billioni

19. Weng Xianding, Cina: 2.8 billioni

20 Chen Xiao Ying, Cina: 2.7 billioni

21. Xie Juhua & family, Cina: 2.6 billioni

22. Dai Lizhong, Cina: 2.5 billioni

23. Miao Yongjun, Cina: 2.5 billioni

24. Hu Gengxi & family, Cina: 2.3 billioni

25. Li Zhibiao, Cina: 2.3 billioni

26. Lin Zhixiong & family, Cina: 2.1 billioni

27. Alberto Siccardi & family, Svizzera: 2.1 billioni

28. Gao Yi & family, Cina: 2 billioni

29. Lin Zhijun, Cina: 2 billioni

30. Xie Liangzhi & family, Cina: 2 billioni

31. Chen Baohua, Cina: 1.8 billioni

32. Zhu Yiwen & family, Cina: 1.8 billioni

33. Li Wenmei & family, Cina: 1.7 billioni

34. Lin Jie & family, Cina: 1.7 billioni

35. Liu Xiucai & family, Usa: 1.6 billioni

36. Pu Zhongjie & family, Cina: 1.6 billioni

37. Rao Wei & family, Cina: 1.6 billioni

38. Ren Jinsheng & family, Cina: 1.6 billioni

39. Xiong Jun & family, Cina: 1.5 billioni

40. Yi Xianzhong & family, Cina: 1.5 billioni

41. Felix Baker, Usa: 1.4 billioni

42. Julian Baker, Usa: 1.4 billioni

43. Rajendra Agarwal, India: 1.3 billioni

44. Banwarilal Bawri, India: 1.3 billioni

45. Girdharilal Bawri, India: 1.3 billioni

46.  Benedicte Find, Danimarca: 1.3 billioni

47. Alan Miller & family, Usa: 1.3 billioni

48. Zhong Ming & family, Cina: 1.3 billioni

49. Yuan Jiandong & family, Cina: 1.1 billioni

50. Fan Minhua, Cina: 1.1 billioni