Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, calunnia o pazzia le accuse le provo con inchieste testuali tematiche e territoriali. Per chi non ha voglia di leggere ci sono i filmati tematici sul 1° canale, sul 2° canale, sul 3° canale Youtube. Non sono propalazioni o convinzioni personali. Le fonti autorevoli sono indicate.
Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro.
Dr Antonio Giangrande
PROBLEMI DI MORALITA' DEL PARTITO
FUTURO E LIBERTA' PER L'ITALIA
L'INCOERENZA DI GIANFRANCO FINI
QUANTI GUAI CON LA GIUSTIZIA PER GLI EX AN.
Quanti guai con la giustizia per gli ex An. Così la destra si riunisce (davanti al giudice). Matteoli inquisito per corruzione. Gasparri imputato per peculato. Alemanno a rischio processo per finanziamento illecito. E altri vari ex con problemi giudiziari. Così è scomparsa la diversità morale rivendicata ai tempi del Msi, scrive Paolo Fantauzzi su “L’Espresso”. “L’Italia onesta in piazza con la Destra”, “Tangentocrazia, ti spazzeremo via”. Sabato 17 ottobre 1992 il Movimento sociale italiano sfilava per il centro della capitale in guanti bianchi. Oltre 50 mila neofascisti (definizione rivendicata con orgoglio, anche se ancora per poco) che a 70 anni dalla marcia su Roma manifestavano a sostegno di Mani pulite. Contro i partiti corrotti ma anche per simboleggiare, proprio attraverso quei guanti bianchi, la diversità di un partito non toccato dagli accertamenti della magistratura. Per una serie di coincidenze, unica ma significativa, a poco più di vent’anni di distanza alcuni dei principali protagonisti di quel corteo sono inquisiti contemporaneamente. Col paradosso che la diaspora degli ex An, divisi in quattro partiti, sembra riunita proprio dalle inchieste dei pm. L’ultimo è l’ex ministro Altero Matteoli, all’epoca già parlamentare missino da una decina d’anni e oggi berlusconiano convinto. La Procura di Venezia ha inviato al Senato la richiesta di autorizzazione a procedere nell’ambito dell’inchiesta sul Mose. Corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, il reato ipotizzato: Matteoli avrebbe ricevuto complessivamente 550 mila euro in contanti per favorire l’assegnazione al Consorzio Venezia Nuova e alle imprese consorziate i finanziamenti per la bonifica dei siti industriali di Marghera. Nei giorni scorsi la Giunta delle autorizzazioni di Palazzo Madama ha iniziato l’esame della vicenda, che si preannuncia lunga e complessa. Chissà se finirà come nel 2009, quando Montecitorio negò l’autorizzazione nei suoi confronti per un’indagine che lo vedeva accusato di favoreggiamento: aveva informato il prefetto di Livorno di un'inchiesta che lo riguardava. Ma Matteoli è solo l’ultimo dei colonnelli di Alleanza nazionale finiti nel mirino della magistratura negli ultimi mesi. Non se la passa troppo bene nemmeno Maurizio Gasparri, altro ex An rimasto in Forza Italia ( e nel 1992 appena eletto deputato ), dal momento che è sotto processo per peculato: nel 2012, da presidente dei senatori del Pdl, si sarebbe appropriato di 600 mila euro del gruppo per stipulare una polizza vita a lui intestata, indicando i suoi eredi legittimi come beneficiari in caso di morte (la somma è stato poi restituita un anno dopo attraverso due bonifici). Gasparri ha respinto l’addebito, sostenendo di essersi limitato a tutelare il gruppo parlamentare in previsione di una serie di contenziosi ai quali stava andando incontro. Ma il giudice dell’udienza preliminare non ha ritenuto la motivazione convincente, visto che lo scorso aprile lo ha rinviato a giudizio. Chi invece un processo lo rischia a breve è un altro federale di peso della Alleanza nazionale che fu: Gianni Alemanno, oggi in Fratelli d’Italia, accusato di finanziamento illecito. Secondo la Procura di Roma, dietro un falso sondaggio sulla qualità dei servizi scolastici realizzato nel 2010 si sarebbe in realtà nascosta una attività di telemarketing a favore della candidatura di Renata Polverini, nel cui listino era candidata la moglie, Isabella Rauti. Secondo il gip l’allora sindaco sarebbe stato il regista dell’operazione, avendo di fatto commissionato il sondaggio alla società di consulenza Accenture, che poi a sua volta lo avrebbe pagato con 30 mila euro ricavati da false fatture. Luogo dell’incontro, ha sostenuto un manager dell’azienda: lo studio di fisioterapista. I pm un mese e mezzo fa hanno chiesto il rinvio a giudizio ma la decisione del gup non è ancora arrivata. Da un anno si sono invece perse le tracce di un’altra inchiesta che vede l’ex sindaco inquisito, sempre con l’accusa di finanziamento illecito: quella sulle presunte tangenti versate dalla Menarini per la fornitura di 45 filobus. Indagine divenuta involontariamente trasversale alla diaspora di Alleanza nazionale: oltre ad Alemanno fra gli indagati c’era infatti anche Paolo Di Paolantonio, attualmente capogruppo di Nuovo centrodestra alla Regione Lazio e marito della deputata Barbara Saltamartini, anche lei altra ex An di rito alfaniano. “Ma quale immunità parlamentare: il popolo, il popolo deve giudicare” gridavano i giovani missini in quel lontano autunno del ‘92. D’altronde l’abolizione dello scudo giudiziario per gli onorevoli era uno dei cavalli di battaglia del Movimento sociale e dell’Alleanza nazionale dei primi tempi. «Un privilegio medievale che va abolito» tanto per usare la definizione dell’epoca di Gianfranco Fini. E invece, solo per restare a questa legislatura, il sistema dell’autorizzazione a procedere ha già “salvato” un ex An. Si tratta di Francesco Proietti Cosimi, stretto collaboratore di Fini dai tempi del Msi e suo segretario particolare dopo la svolta di Fiuggi. Una fiducia tale da averlo spinto a seguire il leader anche nella disastrosa esperienza di Futuro e libertà. L’anno scorso la Procura di Roma voleva utilizzare dieci conversazioni telefoniche di Proietti Cosimi in un’inchiesta sul crac della Keis srl, in cui era indagato per bancarotta fraudolenta, emissione di fatture per operazioni inesistenti e finanziamento illecito ai partiti. Ma prima la Giunta delle autorizzazioni (presieduta da un altro ex colonnello di An, Ignazio La Russa) e poi l’Aula di Montecitorio hanno detto “no”. Questa la discutibile motivazione: è vero che le intercettazioni erano avvenute fortuitamente sui cellulari della figlia e del nipote, inquisiti prima di lui, ma “ponendo sotto controllo le utenze di suoi strettissimi parenti vi era una certezza quasi assoluta di incorrere in comunicazioni” del deputato. Di fatto una sorta di estensione dell’immunità parlamentare anche ai familiari. L’anno precedente era invece toccato ad Amedeo Laboccetta (altro ex Msi-An rimasto in Forza Italia) essere oggetto di una richiesta di autorizzazione a procedere, per una vicenda divenuta celebre per la sua unicità: la perquisizione a casa del re delle slot machine Francesco Corallo nell’inchiesta sui finanziamenti concessi dalla Bpm (148 milioni nel caso in questione). In quell’occasione Laboccetta sottrasse ai finanzieri un pc portatile sostenendo fosse suo, lasciando i militari stupefatti e impossibilitati a intervenire proprio in virtù dell’immunità parlamentare. Circostanza che valse al deputato un’accusa di favoreggiamento. La Giunta della Camera intimò all’onorevole di restituire il laptop e prima che l’Aula si esprimesse, il deputato lo consegnò ai pm come forma di “rispetto della decisione” e quale segno di “leale collaborazione”. Peccato, si scoprì poi, che il pc era stato nel frattempo manomesso e che alcuni file cancellati risultavano irrecuperabili. Insomma, una casistica dai variegati capi d’imputazione. In ogni caso guai a parlare di “vendetta e accanimento nei confronti di Alleanza nazionale”, come fece nel 2006 Francesco Storace rivolgendosi al pm Henry John Woodcock : per quelle parole il leader de La Destra la scorsa primavera è stato condannato per diffamazione dal tribunale di Roma.
Il 25 settembre del 2010 Gianfranco Fini ha fatto questa promessa a tutti gli italiani: "Se dovesse emergere che l'appartamento di Montecarlo appartiene a Tulliani lascerò la presidenza". E’ stato dimostrato che la casa ex AN è stata venduta a prezzi non di mercato al cognato, ma la promessa del Presidente della Camera e di Futuro e Libertà per l’Italia non è stata mantenuta: per la serie, quando la parola data è un impegno d’onore…..Affari di famiglie secondo Maurizio Caverzan su il Giornale.it. Anzi, di famiglie allargate: mogli, cognati, figli, amici e parenti vari. I tre moschettieri Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata, fedelissimi del presidente della Camera Gianfranco Fini, il D’Artagnan della situazione, grandi moralizzatori della vita politica che hanno combattuto la crociata separatista del Fli «non sembrano immuni dal morbo familistico». Come scrive Panorama nel numero in edicola il 28 gennaio 2011, «negli ultimi anni milioni di euro pubblici sono andati a società amministrate o partecipate da parenti dei tre finiani». In Sicilia ci sono le società che fanno capo alla famiglia Granata e quelle del clan Briguglio. A Napoli invece c’è la ragnatela di Bocchino e consorte. Ricerca e innovazione, corsi di formazione, sport e eventi sono i campi di azione della galassia di Granata. Dal 2001 al 2006 lui è assessore regionale ai Beni culturali e poi al Turismo. Così, tra il 2005 e il 2006, la Lucas Engine di cui è amministratore Luigi Martines, sposato con Sabrina Cortese, sorella di Paola, moglie di Granata, percepisce la bellezza di 423.450 euro per attività di «promozione e sostegno al sistema regionale per la ricerca e l’innovazione». Interpellato da Panorama Granata dichiara di non aver «mai dato direttamente contributi a mio cognato, al limite lo hanno fatto altri assessorati». Ma la Lucas Engine che privilegia il settore energetico, ottiene casualmente denaro pubblico (24mila euro) anche per un progetto di studio su bizantini, normanni e svevi in Sicilia proprio durante il suo mandato. Quando Granata torna a Siracusa come vicesindaco, il palazzo a cinque piani che ospita la ragioneria comunale acquistato dalla solita Lucas Engine viene affittato allo stesso comune con contratti prima di sei poi di 10 anni, con una procedura che «ricorda alla lontana quella del cognato per eccellenza: Giancarlo Tulliani». Si resta sempre a Siracusa ma si cambia campo d’intervento con i 351mila euro assegnati in dieci anni da Regione, Provincia e Comune al club sportivo Match Ball (nove campi da tennis e due piscine), a cento metri dal Teatro Greco di Siracusa, di proprietà della moglie di Granata. Con la Cuiform i fondi (non ancora definiti) arrivano invece per un progetto sulla formazione. Ma la formazione è il terreno d’azione privilegiato dell’altro campione del futurismo, Carmelo Briguglio, messinese che, insieme a Granata, vara il Cufti (Consorzio universitario per la formazione turistica internazionale), ente pubblico con le quote distribuite a metà tra l’Azienda del turismo di Taormina (area Briguglio) e quella di Siracusa (Granata). Ma anche qui c’è di mezzo una donna. È Crocifissa Maltese, detta Fina, che ha sposato Briguglio in seconde nozze. È lei il dominus del Consorzio, nel quale, distribuiti nei vari organismi, si trovano amici d’infanzia e cognati vari fino a un totale di cinque parenti dell’inflessibile onorevole. Morale, scrive Panorama «dal 2002 a oggi il Cufti, o l’“Ente Briguglio” come l’hanno malevolmente ribattezzato nel Messinese, ha ricevuto dalla regione quasi 16,6 milioni di euro». Per scavare nell’«impero di carta di Bocchino», invece bisogna spostarsi a Napoli, dove il braccio destro di Fini sfoga la sua «passionaccia per l’editoria». E dove si pubblica il Roma, quotidiano da 4.500 copie che percepisce, attraverso la società di cui è azionista di maggioranza Gabriella Buontempo, mogli di Bocchino, la cifra spropositata di quasi 2,5 milioni di euro l’anno di fondi pubblici. Poi ci sono i finanziamenti ottenuti da L’Indipendente fino a prima della cessione della testata...